Filottete tra Sibarie Crotone
Osservazioni sulla tradizione letteraria1
p. 37-53
Texte intégral
1Le tradizioni relative alle presenze eroiche in Occidente di età anteriore alla colonizzazione sono state assoggettate ad interpretazioni d’assieme in sé diverse, e non di rado opposte. Sembra perciò evidente che ogni ulteriore riflessione in proposito debba anzitutto proporsi di individuare modelli interpretativi più pertinentie persuasivi. Ma altrettanto necessario in molti casi risulta prestare puntuale attenzione alle testimonianze, al fine di cogliere le connotazioni peculiari di certe tradizionie valutarne il significato in relazione ai contesti locali di diffusionee riferimento. Ora, proprio riguardo a Filottete una analisi dettagliata non appare inopportuna. Prima discuterò alcuni elementi del dossier delle testimonianze: quello raccolto a suo tempo da Giannelli è ancora utile, ma non attendibile2. Quindi cercherò di interpretare i testi principali, discutendo poi gli elementi caratteristici della tradizione. Infine proporrò qualche riflessione sia intorno a cronologiae natura della tradizione, sia a proposito della funzione di quest’ultima entro il contesto storico e culturale locale.
2Quanto alle testimonianze, di qualcuna pare consigliabile dubitare (è il caso di Euforione, come si vedrà), laddove ad altre va fatto più spazio. Si tratta della Biblioteca dello Ps. Apollodoro, la cui fonte mitografica conosceva l’arrivo di Filottete pros Kampanous, che poi anche Tzetze menziona; ma anche dei dati lessicografici, risalenti, come dimostra un lemma dell’Etymologicum Genuinum, al grammatico tardoantico Oros, ed in ultima istanza alle fonti erudite degli scholia Vetera a Licofrone. Riguardo invece al frammento di Euforione, una serie di considerazioni induce quanto meno a porre tra parentesi la testimonianza in sede di valutazione storica della tradizione su Filottete.
3Quello che è considerato pressoché unanimemente un frammento, peraltro non testuale, del poeta calcidese3, costituisce una sorta di enciclopedico abrégé della tradizione relativa a Filottete in Italia meridionale. Nella pertinente sezione del commento di Tzetze a Licofrone, che ne è il testimone unico, si legge dell’arrivo dell’eroe pros Kampanous e della lotta con questi ultimi ingaggiata, dell’insediamento a Krimissa, della fondazione del tempio di Apollo Alaios, della dedica nel medesimo di arcoe frecce4. Ma sulla scorta di certe osservazioni formulate da Reitzensteine Wentzele soprattutto dei progressi registratisi nella conoscenza della tradizione testuale del commento di Tzetzee della lessicografia bizantina è possibile avanzare quanto meno fondati dubbi circa la matrice euforionea degli elementi in questione.
4In tal senso orientano preliminarmente osservazioni di ordine contenutistico. È ben difficile dubitare che la fonte diretta della prima parte del passo di Tzetze, dov’è menzionato l’arrivo di Filottete pros Kampanous, sia la Biblioteca dello Ps. Apollodoro5. Inoltre l’indicazione della posizione topografica di Krimissa trova un perfetto riscontro testuale nel corrispondente lemma di Stefano di Bisanzio6. Ma soprattutto, quanto segue in Tzetze (fondazione del tempio di Apollo Alaiose dedica di arcoe frecce) coincide con il lemma Alaios dell’Etymologicum Genuinum. Ora, la subscriptio relativa menziona il grammatico tardoantico Oro7. Questi è in effetti una delle fonti di Stefano di Bisanzio, e quel che più conta è alla base appunto delle glosse geografiche del Genuinum, cui ha trasmesso anche i dettagli mitografici connessi ai toponimi8. A loro volta tali dettagli derivano a Oro dal commento a Licofrone di Sestione, tramite il quale l’erudizione tardo antica beneficiò dell’esegesi dell’Alessandra compiuta dal grammatico di età augustea Teone9. E proprio gli scholia vetera basati su Sestione sono da annoverare tra le principali fonti del Genuinum 910, a sua volta utilizzato dagli Etymologica di epoca successiva11.
5Ma c’è di più: nell’Etymologicum Magnum il lemma Alaios, dal codice vaticano attribuito ad Orione, non è evidentemente altro che il lemma del Genuinum, ed inoltre è strettamente legato al lemma Eilenia12, anch’esso incentrato su Filottete, in cui sono citati Oroe gli scoli a Licofrone. Come ha sostenuto con validi argomenti Wentzel, i due lemmi dell’Etymologicum Magnum derivano entrambi da Oro, il quale utilizzava uno scholìon vetus a Licofrone appartenente ad una redazione più completa di quelle giunte sino a noi13. Poiché il passo di Tzetze in questione non trova confronto in un ms. degli scholia vetera e la sua stesura dev’essere dunque pp. XXX – XXXII) quanto da Tzetze, e proprio in una sezione del commento dipendente dalla Biblioteca (vd. SCHEER II, pp. 294 – 295), la quale del resto egli conosceva a fondo (di sua mano era l’Epitome vaticana: WAGNER, op. cit., pp. XXVI – XXIX; C. WENDEL, RE, VII A [1948], c. 1987). A sua volta il testo del cod. Sabbaiticus garantisce che l’arrivo di Filottete προς Καμπανούς non è un autoschediasma del dotto bizantino. attribuita al dotto bizantino14, sembra lecito sospettare che Tzetze citi in realtà Oro (probabilmente tramite il Genuinum) e che sia dunque questa la via attraverso la quale gli giungano dettagli derivanti da una redazione degli scoli a Licofrone più ampia di quella presente negli scholia vetera a sua disposizione, dettagli che a sua volta egli dovette fondere con materiali dello Ps. Apollodoro15.
6A questo punto appare decisivo il fatto che in Tzetze il nome di Euforione sia tutt’altro che sicuro dal punto di vista testuale. Esso è lezione di un solo codice, laddove i codici della seconda classe, nella terminologia di Scheer, recano Ώριων16. Ora, come presto apparve chiaro dopo la pubblicazione dell’edizione curata da quest’ultimo, non esistono in realtà ragioni per privilegiare le lezioni della prima classe: essa rappresenta in effetti niente di più che una redazione abbreviatae lacunosa del commento di Tzetze, e non la redazione primaria. Occorre dunque invertire le scelte di Scheer, e relegare in apparato non le lezioni della seconda classe, bensì quelle della prima17. Ne risulta la precisa possibilità che non Euforione, bensì Oro sia citato in Tzetze. L’errore (Orion invece di Oros) è del resto comunissimo nella tradizione manoscritta18, e fu indubbiamente facilitato da una abbreviazione (effettivamente attestata nel testimone della glossa Alaios del Genuinum)’, allo stesso modo, probabilmente, dovrà spiegarsi la menzione di Euforione19.
I. L’INTERPRETAZIONE DELLE TESTIMONIANZE
7Il contenuto del passo di Licofrone è noto. Prima è identificata l’area interessata dal nostos dell’eroe ed è presentata la figura di quest’ultimo (è la sezione che chiameremo A, da v. 911 a v. 918, articolata a sua volta in due parti, di contenuto rispettivamente topografico e mitografico, A1: vv. 911 – 913e A, : vv. 914 – 918) quindi è indicato il luogo della sepoltura dell’eroe ed esposta la sua vicenda conclusasi con la morte (è la sezione B, da v. 919 a v. 926, anch’essa articolata in due parti, B1: vv. 919 – vv. 919 – 921e B2: vv. 923 – 926) secondo lo schema della sezione precedente; infine è esattamente precisato il luogo della tombae del culto indigeno di Filottete (è la sezione C, da v. 927 a v. 929).
8Le tre sezioni scandiscono la vicenda di Filottete in arrivo, mortee culto e si aprono ognuna con dettagli topografici progressivamente più precisi, sui quali peraltro si è discusso. In A A1 la menzione di Krimissae dell’Esaro è solo in apparenza confusa: come altrove nel poema, due punti distanti della costa delimitano ed al tempo stesso identificano un contesto territoriale20. In questo caso è l’area compresa tra Krimissa a Νe l’Esaro a S, che "accoglie" (v. 913) Filottete. In è chiaro sia che i luoghi della morte dell’eroe sono in rapporto (eurax) con il tempio di Apollo Alaios, sia che questo a sua volta è visto in relazione con la foce del Neto. Sono questi ultimi i luoghi che il Crati "vedrà" (v. 919); il famoso fiume sibarita, insomma, introduce una prima approssimazione geografica, peraltro immediatamente circostanziata con il riferimento al Neto, e sembra in effetti concepito come una sorta di’spettatore’lontano della morte dell’eroe21. Quanto alla sezione C, la struttura complessiva della pagina licofroneae la logica degli eventi la collegano alla sezione B, rispetto alla quale essa porge un’ulteriore determinazione topografica del sito del sepolcro e l’ideale conclusione della vicenda mortale di Filottete, vale a dire il culto che questi riceve22. Ove tale nesso si voglia negare, allora il luogo del sepolcroe del culto, cioè Makalla, dovrebbe essere posto altrove rispetto all’area del Neto evocata in B1; in tal caso però occorrerebbe ammettere la menzione di due diverse sepolture23. Viceversa, la menzione di Makalla in C si presta bene ad essere concepita come un dettaglio erudito che precisa la localizzazione della morte dell’eroe delineata in B1: in questa interpretazione, Makalla da un lato sarebbe in rapporto con il tempio di Apollo Alaios; dall’altro, ed ancora più strettamente, con la zona della foce del Neto. In realtà è questa la soluzione che appare preferibile24.
9Infine, qualche osservazione sulla morte di Filottete. Egli cade per mano degli Ausoni Pelleni, cioè gli Achei che abitano la terra di Ausonia: infatti Pelleni è pars pro toto, e sta per Achei tout court25. Ora però, dal momento che Licofrone chiama Nauaithos il fiume Neto, con una trasparente paretimologia che sembra implicare un’allusione alla tradizione delle Nauprestides26, si è indotti a sospettare che gli Achei di terra ausone siano detti Pelleni anche con un intento allusivo concomitante alla menzione del Nauaithos: infatti l’episodio dell’incendio delle navi da parte delle prigioniere troiane fa parte della tradizione di fondazione della calcidica Skione ad opera degli Achei Pelleni di ritorno da Troia27. Dunque in Licofrone è presente una tradizione concernente la colonizzazione della regione del Neto da parte di Achei peloponnesiaci reduci da Troia. È la stessa prospettiva di Timeo, nella quale, per il tramite del medesimo motivo dell’incendio delle navi achee, la presenza achea in Crotoniatide è collocata nell’epoca dei nostoi 2728. Quanto ai Rodi, essi arrivano successivamente, epoikoi in terra altrui29.
10Nel passo dello Ps. Aristotele possono essere identificati alcuni interessanti elementi peculiari. La tomba di Filottete è presso il fiume Sibari ed il culto è praticato dai Sibariti. Viceversa è Makalla il luogo dell’insediamento dell’eroe. Questi dedica le sue armi nei tempio di Apollo Alaios, di cui poi i Crotoniati si impadroniscono. Ora, due dettagli soprattutto non sono perspicui: la posizione di Makalla da una parte ed il luogo della morte di Filottete dall’altro. Si è pensato che Makaila fosse vicino a Sibari, perché sarebbe difficile credere che la distanza di centoventi stadi potesse essere misurata a partire da un’area, la Crotoniatide, e non da un punto preciso30. Ma in realtà l’indicazione della distanza nel testo (apechein) può ben implicare un riferimento ad sensum a Crotone. E d’altra parte Makaila è detta appartenente alla Crotoniatide. Bisognerebbe allora pensare che questa fosse concepita in un’accezione comprensiva anche dell’area sibarita31 ? Poiché il termine non è attestato con tale valore, sembra singolare che sia stato utilizzato proprio in un contesto interessato a sottolineare il rapporto di Makaila con Crotone, ed anzi a calcolarne l’esatta distanza da questa. Tale menzione della Crotoniatide potrebbe spiegarsi, all’epoca del Paradossografo, solo ammettendone la dipendenza direttae testuale da una fonte che, come appena detto, includeva nella Crotoniatide l’ambito sibarita. Ma siffatto, non attestato, valore’esteso’, se mai fu in uso, dovette comunque essere stato abbandonato al più tardi con la fondazione di Turi32. Ne consegue, con palese inverosimiglianza, che lo Ps. Aristotele qui dipenderebbe strettamente da un autore di V sec., a rigore della prima metà!
11Quanto poi al luogo della morte di Filottete, il greco del passo non è certamente limpido;e tuttavia, sembra più lineare riferire ekei alla regione di Makaila, attraverso il precedente ekeithen, piuttosto che intendere l’avverbio come prelettico rispetto a peri ton Sybarin. al che sembra fare difficoltà Vordo verborum. Dunque, morto B, a Makaila. Filottete avrebbe avuto un sepolcro, e verosimilmente un culto eroico, nella Sibaritide33. Del resto questo aspetto sibarita della tradizione confluita nello Ps. Aristotele, di cui si cercherà di individuare il significato, non è a priori necessario che coinvolga oltre alla localizzazione del culto anche quella dell’intero scenario del nosTos dell’eroe.
12Quanto al frammento di Apollodoro di Atene, sono importanti soprattutto alcuni dettagli che interessano la topografia della tradizione. Si tratta da un lato del rapporto tra Filottete ed i centri indigeni di Krimissae Chone, dall’altro dell’espressione Krimissa akra. Gli editori moderni leggono Krimissan akran oikisai34. Certo, in moltissimi casi l’infinito aoristo di oikizo viene confuso nella tradizione manoscritta con quello di oikeo35, ma in questo caso esistono due difficoltà. La prima è che, leggendo oikisai, si dovrebbe intendere akra nel senso di centro abitato, cittadella, oppidum: viceversa in questa sfera semantica è attestato soltanto il significato di acropoli, di parte alta di un più ampio centro abitato, che è nozione magari non lontanissima, ma certo diversa36. La seconda difficoltà risiede nel fatto che la tradizione su Krimissa, la quale è sostanzialmente unitaria, non conosce una fondazione da parte di Filottete; in particolare in Licofronee negli scoli, Krimissa preesiste a Filottetee da questi è solamente occupata. Perché allora introdurre la nozione della fondazione di un centro abitato (Krimissa), leggendo oikisai 37 ? La menzione di Krimissa in Strabone nella sezione immediatamente precedente la citazione di Apollodoro non sembra poi far troppa difficoltà. L’espressione di Strabone ο della sua fonte Φιλοκτήτου δ’ἐστὶ καὶ ή παλαιὰ Κρίμισσα infatti non implica necessariamente la nozione della fondazione, bensì solo quella della’appartenenza’di Krimissa a Filottete.
13Su di un altro piano, poi, è da chiedersi se sia stato sempre ben inteso il valore dell’espressione ή παλαιὰ Κριμισσα38. Com’è noto, palaios non indica l’antichità assoluta, ma si limita a designare qualcosa che esisteva un tempo (palai), in modo particolare in relazione a monumenti ο centri abitati39. In questi casi palaios è sovente funzionale ad una contrapposizione rispetto ad un monumento ο un sito’nuovo’, ovvero indica semplicemente una realtà non più vitale40. Certo non è facile indicare nel contesto topografico locale un referente per questa indicazione. Si dovrà cercare la palaia Krimissa in un sito la cui vita si è interrotta in un certo momento, forse prima dell’età ellenistica, ο all’inizio di questa?
14Riguardo infine alle altre testimonianze del dossier, esse non sollevano particolari problemi. Vale la pena, piuttosto, passare a considerare l’insieme della tradizione, cercando di intenderne gli elementi caratterizzanti.
II. GLI ELEMENTI DELLA TRADIZIONE
15Un primo punto concerne il ruolo di Filottete, e precisamente le modalità del rapporto che nella tradizione l’eroe intrattiene con il contesto locale. Si può parlare con sicurezza di’presenza’per Makalla, Krimissae in certa misura per Petelia, mentre il ruolo di fondatore è in realtà molto più sfumato. Di Krimissa si è detto. Riguardo a Makalla, non si vedono ragioni per privilegiare lo scolio a Tucidide, che è il solo a fare di Makalla una fondazione di Filottete41. Lo è invece Petelia per Strabone, ma non per Catone. Il problema è naturalmente se quest’ultimo effettivamente polemizzasse in prima persona contro una tradizione di fondazione’filottetea’42. Resta il dato della fondazione di Turi in Giustino. La valutazione dipende da quella del passo nel suo complesso; equivoco, banalizzazione, ovvero riflesso di una connessione con Sibari della tradizione su Filottete? Si vedrà dopo che quest’ultima può essere l’ipotesi più plausibile. In ogni caso però sembra difficile che una tradizione locale arcaico-classica abbia potuto considerare Filottete il fondatore di Sibari ο Turî – dati i rapporti dell’eroe con la Crotoniatidee considerando che a questo non giungeva nemmeno la tradizione confluita nello Pseudo Aristotele, nella quale pure emergono componenti sibarite – e dunque almeno sotto questo profilo la testimonianza di Giustino deve considerarsi deformante. Riguardo infine alla fondazione del tempio di Apollo Alaios, si è già rilevato che è da considerarsi notevolmente incerto che essa fosse affermata da Euforione: ci si deve pertanto chiedere se la fondazione del tempio non sia un autoschediasma erudito in funzione della spiegazione dell’appellativo Alaios43.
16In definitiva, si può dire che nel complesso della tradizione il ruolo di fondatore di Filottete come minimo non è preminente. L’eroe insomma non rappresenta veramente l’archegete delle realtà locali indigene. Un elemento, quest’ultimo, che occorrerà utilizzare al momento della valutazione del significato della tradizione leggendaria su Filottete.
17Anche la soluzione di alcune questioni di ordine topografico è in grado di portare contributi in questo senso. Krimissa innanzitutto. Evidentemente è necessario pensare ad un’area, certo ristretta, con un centro abitato, un corso d’acqua ed io credo un promontorio con questo nome44. Strabone, comunque, fornisce l’indicazione topografica più dettagliata: Krimissa è «negli stessi luoghi» di Petelia, dunque non lontano da Strangoli, nella Crotoniatide a Ν del Neto. Questo è un punto fermo. Una conferma potrebbe inoltre venire dalla localizzazione del tempio di Apollo Alaios. Ma il passo Capitale è l’oracolo diodoreo, dove Krimissa è detta hiera. Non si può così evitare di pensare che si trattasse di un significativo sito cultuale. Ora, a Punta Alice si è scoperto un notevolissimo santuario45. Se questo non fosse il tempio di Apollo Alaios bisognerebbe ammettere da un lato che un luogo di culto già arcaico, il quale ancora in età ellenistica ospitava uno dei maggiori templi della regione46, fosse tuttavia rimasto sconosciuto alla tradizione antica, e dall’altro che invece un diverso santuario (quello dell’Alaios), situato nella stessa zona, sia sfuggito alla ricerca archeologica. Tutto ciò è in sé poco verosimile, a prescindere dal fatto che nemmeno i templi... sunt multiplicanda praeter necessitatem. Non sembra consigliabile in definitiva dubitare dell’identità del tempio scoperto da Orsi a Punta Alicee della contiguità di Krimissa47.
18Quanto a Makalla, si è visto come l’interpretazione più soddisfacente di Licofrone consenta di collocarla dalla parte del fiume Neto, nell’area compresa tra questo e Krimissa, il che apre la strada ad intendere in prospettiva’crotoniate’le indicazioni topografiche dello Ps. Aristotele48. Circa Chone, infine, non disponiamo di elementi precisi. Il frammento di Apollodoro induce a cercarla nell’interno, e nulla esclude un’area anche un po’più a Ν di Ciro49.
19Dopo aver esaminato sia il ruolo di Filottete rispetto alla realtà locale, sia gli aspetti topografici di questa, sembra opportuno prestare attenzione alle relazioni che nelle testimonianze principali intercorrono fra i protagonisti della vicenda leggendaria. Dunque Filottete, gli Achei, i Rodi. Si è visto come in Licofrone siano gli Achei gli avversari di Filottete. Essi sono rappresentati come già presenti nella regione al momento dell’arrivo dell’eroe, il quale a sua volta è dalla parte dei Rodi; con loro, probabilmente, sono gli indigeni. Diversa la situazione nello Ps. Aristotele, dove l’eroe greco ed i Rodi combattono contro i barbari che abitano i luoghi. Ora, si tende in genere a trascurare queste differenze, e le altre che qui si è già avuto modo di rilevare, nella convinzione che i due passi derivino da una fonte comune50. Jean Bérard peraltro aveva visto il problema, ma la sua soluzione di compromesso, per cui la fonte comune avrebbe parlato solo di indigeni, in effetti non soddisfa51. La menzione degli Ausoni Pelleni in Licofrone difficilmente rappresenta solo una variazione erudita sul tema. Essa implica, come già notato, una tradizione di nostoi, quella dell’incendio delle navi achee, che è anche in Strabone, e risale verosimilmente a Timeo. In più, l’introduzione degli Achei al posto degli indigeni altererebbe notevolmente il senso della tradizione, al punto che si potrebbe esitare a ritenere la variante compatibile con il più generale atteggiamento di Licofrone rispetto alle sue fonti52. D’altra parte, ad una mera semplificazione dello Ps. Aristotele si potrebbe pensare solo se non si registrassero in questo testo altre differenze significative rispetto a Licofrone. La presenza di queste, al contrario, potrebbe far pensare ad una forma diversa di tradizione. Perché Filottete vi figura in effetti come l’eroe sepolto e venerato nella Sibaritide, e perché le città di Filottete sono considerate, implicitamente, ma chiaramente, parte dell’ambito sibarita prima che Crotone costituisse il suo dominio politico (l’epikrateia). Viceversa, nell’oracolo di fondazione di Crotone in Diodoro, la regione della "sacra Krimissa" è ascritta ab originibus alla sfera crotoniate53. Dunque nello Ps. Aristotele c’è una prospettiva diversa, che lascia intravedere anche sotto questo profilo elementi di matrice sibarita. È possibile che tale prospettiva, caratteristica del passo in questione, sia il prodotto dell’accumulazione, durante il processo di trasmissione della notizia, di diversi fraintendimenti? Non è in realtà preferibile ammettere che siamo di fronte al riflesso di una versione della leggenda di Filottete di ispirazione sibarita, nella quale questi era l’eroe della lotta contro gli indigeni?
20A proposito dei protagonisti della tradizione resta qualcosa da dire riguardo ai Rodî. È Filottete che viene in aiuto di questi ultimi. Un dettaglio questo, che già di per sé istituisce una distinzione degli uni rispetto agli altri. In più, la prospettiva della tradizione è imperniata senz’altro su Filottetee non sui Rodi. I testi, in altri termini, fanno pensare ad una tradizione di ambiente acheo su Filottete che fa riferimento all’arrivo di elementi rodi nella regione54. Se mai Filottete fu parte integrante dell’orizzonte mitico-culturale rodio, è un fatto che tale circostanza non appare riflettersi nitidamente nella tradizione confluita nei testi esaminati qui55. Sembra dunque che così si siano potuti mettere in luce gli elementi necessari a discutere cronologiae natura della tradizione.
III. NATURA E CRONOLOGIA DELLA TRADIZIONE.
21A Licofrone ed allo Ps. Aristotele perviene, forse attraverso canali diversi56, una tradizione su Filottete che ha inequivocabilmente sapore locale, che è legata a particolari realtà topografichee nella quale si rilevano tracce dell’influenza dei due principali ambienti greci della zona, Sibarie Crotone. È dunque una tradizione che nel III secolo ha già una sua storia, che ha già subito un processo di evoluzione, e pertanto deve ritenersi di origine più antica57. Ma le già riscontrate tracce di un livello di impronta sibarita invitano a pensare che una forma della tradizione su Filottete esistesse prima della fine di Sibari. In ogni caso, risaliamo alla stessa epoca sulla base di un diverso elemento, peraltro in genere trascurato. La notizia del trasporto a Crotone, all’epoca dell’epikrateia, dell’arco di Eracle posseduto da Filottete sembra attendibilee storicamente fondata. Coerente con la mentalità arcaica58, essa inoltre affiora in una tradizione che come minimo è estranea alla propaganda crotoniate, la quale si riflette invece nel quadro territoriale presentato dall’oracolo di fondazione in Diodoro59. D’altra parte si sa che l’attacco crotoniate a Sibari fu condotto in nome, per così dire, di Eracle. Il grande agonistae sacerdote crotoniate Milone avrebbe guidato l’esercito nei panni di un novello Eracle. Questi del resto era anche per altri versi una figura’erculea’60.
22Eracle rivestiva in effetti un ruolo di notevole rilievo a Crotone: si pensi soltanto alle tradizioni, garantite dalla monetazione di V secolo, che lo inseriscono nelle tradizioni di origine della città61. Inoltre è noto che Krimissa divenne un punto di privilegiato riferimento simbolico per Crotone, come mostra ancora l’oracolo di fondazione in Diodoro62. È legittimo pertanto ritenere che i Crotoniati abbiano considerato il possesso dell’arco di Eracle di cui Filottete era il depositario come necessario al conseguimento del completo controllo sui territori indigeni a Ν del fiume Neto, così come secondo la tradizione era stato necessario per la presa di Troia63.
23Se dunque appare giustificato il recupero di una dimensione cronologica arcaica per la tradizione su Filottete, cosa è possibile dire circa il significato fondamentalee quindi la funzione della medesima?
24Non sappiamo invero molto della versione di ispirazione sibarita della tradizione, la cui esistenza sembra peraltro verosimile ammettere. Anche nel passo di Giustino, se ha qualche valore, devono infatti riconoscersi tracce di Lokalpatriotismus turino, dietro le quali verosimilmente si colloca appunto una versione di matrice sibarita del tipo di quella che confusamente si riflette nello Ps. Aristotele, nella quale Filottete è il campione della lotta contro gli indigeni64. Sembra di poter intuire che in questa la figura di Filottete fosse dunque utilizzata secondo un modulo tipico, per il quale l’eroe grecoe la sua aggressiva condotta sono l’emblema del rapporto di dominio sugli indigeni dai Greci realizzato, prefigurato ο soltanto accreditato sul piano ideologico. Se è così, alla dimensione sibarita della tradizione non doveva appartenere la particolare relazione che nelle testimonianze, intese nel modo che si è detto, Filottete intrattiene con Chone, Krimissa ed il tempio dell’Alaios. Queste realtà locali non traggono origine da Filottete. Esse preesistono all’arrivo dell’eroe, il quale vi trova un’armonica collocazione: l’insediamento, il rapporto con il culto apollineo, infine la venerazione tributata dagli indigeni configurano una’presenza’di Filottete nel contesto, una collocazione sul versante, per così dire, degli abitanti del luogo. Non è un caso che manchi una marcata caratteristica di archegetee fondatore delle realtà epicoriee che dunque Filottete non figuri quale un’eroe della precedenza’, tale da affermare ο legittimare, tramite una proiezione nel tempo del mito, rapporti di subordinazione dell’elemento anellenico rispetto a quello coloniale65.
25Probabilmente, viceversa, è agli ambienti crotoniati che si devono i principali elementi caratterizzanti la tradizione nella forma nota da Licofrone, Apollodoro, lessicografie scoliasti. A quanto appena detto circa l’inserimento di Filottete nell’ambito topografico e cultuale di Krimissa si deve aggiungere che, del tutto coerentemente, secondo la tradizione confluita in Licofrone, l’eroe viene venerato in ambiente indigeno, dopo la morte che lo avrebbe colto mentre combatteva contro gli Achei. Si può dunque affermare che Filottete è più dalla parte degli indigeni che non da quella degli Achei. Nondimeno egli è greco, e la tradizione non può che essersi formata in ambiente ellenico, in questo caso crotoniate. L’ipotesi pertanto è che Filottete sia stato messo in relazione con il mondo indigeno da parte crotoniatee che la localizzazione della sua vicenda abbia a che vedere con la connotazione che agli occhi dei coloni quel mondo assumeva.
26Prima di procedere sarà bene far posto ad una considerazione di ordine generale. Nel mondo arcaico greco il passato eroico in generale rappresenta un punto di riferimento essenziale (sia come paradigma diretto, sia nel senso di una relazione di ordine per così dire contrastivo) non solo per le singole personalità aristocratiche, ma anche per le comunità nel loro complesso. Si tratta di un rapporto che era funzionale all’elaborazione, alla formulazione ed all’esibizione della propria identità da parte dei singolie dei gruppi, e dunque intrinsecamente connesso alla consapevolezza, da questi nutrita, del proprio ruolo rispetto a quanto era’esterno’e diverso. Di ciò naturalmente molto potrebbe dirsi, nell’ambito di una discussione dei casi in cui il rapporto col mondo eroico si lascia recuperare non nei termini, invero un po’modernizzanti, di un semplice orpello propagandistico di atteggiamentie comportamenti altrimenti motivati, bensì quale parte integrantee dimensione costitutiva della dinamica storica che interessava concreti contesti locali. Ma per limitarsi al mondo coloniale, in cui più che altrove pesavano i problemi posti dal rapporto con orizzonti culturalie realtà strutturali anelleniche, converrà sottolineare quanto proprio qui la coscienza dell’identità collettiva presupponga il confronto con gli’altri’e dunque anche la definizione dell’identità di questi ultimi. Ora, il mondo coloniale arcaico non disponeva in fondo che del patrimonio epico e del’linguaggio’del mito eroico per fornire di un’immaginee contrassegnare con un significativo emblema le realtà anelleniche alle quali era legato da esperienze talora profonde di contatto e interscambio a più livelli.
27Così, nel caso specifico in esame, vale la pena di chiedersi se Crotone, per mezzo della figura di Filottetee di una particolare tradizione circa la vicenda di questo nel contesto locale, non avesse interpretato, e’letto’, per così dire, definendone le peculiarità ed inserendola in un quadro di riferimento ideale significativo, quella realtà costituita dal mondo indigeno a Ν del Neto che fu per alcuni secoli, prima della definitiva assimilazione, un referente di concrete relazioni, rilevanti per lo sviluppo tanto del contesto indigeno, quanto di quello coloniale66. Il che equivale a chiedersi, in definitiva, perché l’eroe vi sia stato collocato, ed in qual senso dunque il comprensorio a Ν del Neto potesse rappresentare per l’ambito crotoniate il’mondo’di Filottete.
28Figura epica di inequivocabile notorietà in quell’orizzonte epico che rivestiva un valore paradigmatico e svolgeva un ruolo culturale vitale per la società arcaica; figura, per di più, legata a quell’ambiente acheo-tessalico cui gli Achei peloponnesiaci della colonia non potevano non guardare con interesse67, Filottete esibiva una fisionomia senza dubbio peculiaree significativa. Egli era nell’epos un eroe greco sì, ma in un certo senso marginale ed escluso, confinato nella Lemno non-grecae’selvatica’, non più partecipe dell’arete fisica e militare del guerriero, né, in quanto evidentemente ridotto a vivere della caccia che gli consentiva il suo arco, della’civile’attività dell’agricoltura68. Ora, tanto Crotone si voleva città della hygieia, della prosperità agricolae dell’avete atletico-militare 6869, quanto Filottete era’malato’, ormai partecipe di una naturalità’selvatica’, non più capace di vestire le armi dell’oplita. E quanto alla realtà concreta del paesaggio e della cultura del mondo indigeno a Ν del Neto, sarebbe inutile sottolineare in questa sede come essa nelle sue fondamentali caratteristiche corrisponda alla connotazione già epica dell’eroe. Si può dire dunque che le coordinate entro cui si inscrive la fisionomia di Filottete nel mito e nell’epos sembrano essere state idonee a rappresentare un’filtro’pertinente attraverso il quale i Greci di Crotone potevano intenderee rappresentarsi questo mondo indigeno con cui essi venivano a contatto. Un mondo marginalee frontaliero rispetto all’ambito della polis, opposto, nella sua realtà naturale, ai "bei campi arabili" fra i quali sorgeva la colonia70, e nondimeno inserito entro l’orizzonte politico-territoriale di quest’ultima. Dunque forse proprio l’ambiguità della fisionomiae della vicenda mitica di Filottete, posta tra malattiae salute, tra sauvagerie e cultura, tra emarginazionee centralità rispetto alla guerra, permise la collocazionee utilizzazione della leggenda eroica in rapporto ad una situazione reale. Quella del contesto indigeno in questione, dalle caratteristiche appena ricordate, un contesto che non era greco, ma era aperto al contatto e destinato alla lunga all’ellenizzazione.
29D’altra parte Filottete era pur sempre stato colui senza il quale non si sarebbe potuto prendere Troiae che gli Achei dovettero reintegrare tra le proprie fila. Così, al momento dell’acquisizione di un dominio diretto sull’area delle’città’di Filottete, Crotone recupera le reliquie dell’eroe. Dunque l’ambiguità insita nella connotazione’filottetea’attribuita da Crotone al mondo indigenoun eroe greco’del margine’, ma pur sempre greco, posto a emblema di un contesto culturale non più semplicemente indigeno e non ancora ellenizzatoviene sciolta. È il momento dell’epicrazia, dell’organizzazione territoriale promossa da Crotone vittoriosa su Sibari, quando il rapporto del centro coloniale con il comprensorio a Ν del Neto conosce una svolta decisiva. Nella prima metà del V secolo Krimissa appare ormai un centro’satellite’di Crotone, ampiamentee forse totalmente ellenizzato71. Così, l’interesse dei vincitori alle reliquie di Filottete (che sono però anche quelle di Eracle!) ora non soltanto sembra sancire sul piano simbolico i nuovi sviluppi, ma anche segnare il riconoscimento e l’integrazione nell’orizzonte della città tanto dell’eroe quanto delle realtà locali, cui la precedente funzionalizzazione della leggenda lo aveva legato.
Notes de bas de page
1 Il testo rappresenta una versione in lieve misura riveduta, e corredata delle note più essenziali, della relazione letta al convegno.
Alle opere elencate si fa riferimento nelle note con il solo nome dell'autore:
J. Bérard, La Magna Grecia, Torino 1963 6.
E. Ciaceri, La Alessandra di Licofrone. Testo, traduzione e commento, Catania 1901 [Napoli 1982],
G. Giannelli, Culti e miti della Magna grecia. Contributo alla storia più antica delle colonie greche in Occidente, Firenze 1963 2.
J. de La Genière-C. Sabbione, Indizi della Macalla di Filottete? (Le Murge di Strongoli), AMSMG, n.s. XXIV-XXV, 1983-1984, pp. 163-244.
C. Holzinger, Lykophron. Alexandra, griechisch und deutsch mit erklàrenden Anmerkungen, Leipzig 1893 [Hildsheim-New York 1973].
F. Lasserre, Strabon. Géographie, Tome III (Livres V et VI), Paris 1967.
F. Lasserre-N. Livadaras, Etymologicum Magnum Genuinum. Symeonis Etymologicum una cum Magna Grammatica. Etymologicum Magnum auctum I, Romae 1976.
G. Maddoli, Filottete in 'Italia', Magna Graecia, XV, 5-6, 1980, pp.1-15.
A. Mele, Crotone e la sua storia, in Crotone. Atti del XXIII Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 7-10 ottobre 1983, Taranto 1984, pp. 9-87.
R. Reitzenstein, Geschichte der griechischen Etymologika. Ein Beitrag zur Geschichte der Philologie in Alexandria und Byzanz, Leipzig 1897 [Amsterdam 1964].
E. Scheer, Lycophronis Alexandra I-II, Berolini 1881-1908 [1958].
Va inoltre ricordato che di alcune questioni connesse al tema in discussione hanno trattato: S. Calderone, in Atti del XV Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 5-10 ottobre 1975, Napoli 1976, p. 42 sgg; L. Lacroix, La legende de Philoctète en Italie méridionale, RBPhH, XLIII, 1965, pp. 5-21; S. Luppino, Strabone VI, 1, 3: I Lucani a Petelia, ASCL, XLVIII, 1980, pp. 37-48, in partic. 46-48; H.H. Schmidt, Philoktetes in Unteritalien, in Bonner Festgabe Johannes Straub zum 65 Geburtstag am 18 Oktober 1977 dargebracht von Kollegen und Schülern, Bonn 1977, pp. 55-66. Prescindo qui dal fornire peraltro una bibliografia su Filottete nella tradizione letteraria ed iconografica antica.
2 Di Lycophr., 911-929 non è riprodotto il testo di Scheer, che invece era da preferirsi per l’interpunzione ai vv. 913, 915, 918e forse per l’emendamento a v. 926 (torna ora a differenziarsi da Scheer, L. Mascialino, Lycophronis Alexandra, Lipsiae 1964, pp. 41-42); è omesso Strabo, 6, 1, 3 con il frammento di Apollodoro di cui è testimone; il luogo di Tzetze nel quale sarebbe citato Euforione è offerto senza apparato e in una lezione vulgata inferiore anche al testo costituito da Scheer (su cui vd. infra)·, della tradizione degli Etymologica bizantini è riportato unicamente Etym. Magn., v. Αλαῑος, senza apparato; lo Ps. Apollodoro è menzionato solo di sfuggita; infine è omesso Diod., 8, 17, 1.
3 Vd. ad esempio A. Meineke, Analecta Alexandrina, Berlin 1843, p. 75 (fr. 40); G. Schultze, Euphorionea, Diss. Argentorati 1888, pp. 11-12; F. Scheidweiler, Euphorionis fragmenta, Bonnae 1908, p. 42 (fr. 43); F. Skutsch, V. Euphorion, RE, VI (1909), c. 1185; J. U. Powell, Collectanea Alexandrina..., Oxonii 1925, p. 39 (fr. 45); B. A. Van Groningen, N, Euphorion, Amsterdam 1977, p. 115 (fr. 49); L. A. de Cuenca, Euforion de Calcis. Fragmentes y Epigramas, Madrid 1976, p. 173 (fr. 74). Perplessità circa il frammento di Euforione non si ravvisano nemmeno nella restante letteratura su Filottete e sulla Magna Grecia; soltanto Powell, che pure accoglieva il testo costituito da Scheer, riteneva dubbio il frammento di Euforione, peraltro senza addurne ragioni.
4 Vd. Tzetz., ad Lycophr., 911, p. 294, 10-14.
5 Ciò è garantito dal fatto che la destinazione di Filottete è precisata tanto nell’Epitome sabbaitica della Biblioteca (sul codice vd. R. Wagner, Mythografi Graeci I, Lipsiae 19362,
6 Κρίμισα, πόλις’Ιταλίας πλησίον Κρότωνος και Θουρίου. Λυκόφρων... κτλ.
7 Nella subscriptio del Laur. gr. S. Marci 304 (Β) – che è codex unicus del Genuinum per la lettera α, fino alla glossa nr. 425-Oros è indicato con l’abbreviazione corrente cp. Per lo scioglimento, vd. Reitzenstei N, pp. 319, 27, 29 e 320 in adp. ; cfr. anche l’edizione Lasserre-Livadaras del Genuinum e, per un’ulteriore conferma, R. Pintaudi, ASNP, S. III, X. 1, 1979, pp. 185, 194, in part. p. 192 dove non si apportano modifiche alla lezione delle glosse 396-414. In generale su Oro, dopo F. Ritschl, De Oro et Orione commentatio..., Vratisla-viae 1834 (= Opuscula philologica, I Lipsiae 1866, 582-673) e Reitzenstein, 287 sgg., vd. C. Wendel, V. Oros, 4, RE, XVIII, 1 (1939), cc. 1178-1183, in partie. 1181 circa l’οpera’Όπως τὰ ἐθνικὰ λεκτέον, in cui doveva essere discussa l’epiclesi Άλαῑος, ed ora soprattutto K. Alpers, Das attizistische Lexicon des Oros. Untersuchung und kritische Ausgabe der Fragmente, Berlin-New-York 1981, pp. 87-101, in partie. p. 90 per la cronologia dell’opera (438-450 d. C. ca.).
8 Su Oro in Stefano, dopo Reitzenstein, p. 324 sgg., vd. Honigmann, S. V. Stephanos 12, RE, III, A. 2 (1929), cc. 2380-2382 e Wendel, op. cit. ; circa il rapporto intercorso tra Oro ed il Genuinum, Reitzenstein, p. 325; Wendel, op. cit. ; Alpers, op. cit., p. 90.
9 Su Sestione vd. SCHEER, II, p. XXIX sgg. e p. XLVI per la dipendenza di Oro dal suo hypomnema. Circa la storia dell’esegesi licofronea antica, ancora Scheer, II, p. XXIX sgg. ; per Teone vd. ora C. Wendel, S. V. Theon 9, RE, V A. 2 (1934), cc. 2054-2059.
10 Vd. al riguardo Reitzenstein, p. 47, 137; Schee R, II, p. XXVII; Κ. Alpers, Bericht über Stand und Methode der Ausgabe des Etymologicum Genuinum (mit einer Ausgabe des Buchstaben Λ), København 1969, p. 11.
11 Per le redazioni degli Etymologica successive al Genuinum vd., dopo Reitzenstein e Alpers, Bericht..., cit., G. Β. Berger, Etymologicum Genuinum et Etymologicum Symeonis (β), Meisenheim an Glan 1972, IX-XXIX; A. Anastassiou, Hermes, C, 1972, 550-558; Lasserre-Livadaras, XII-XXI.
12 Per il testo del lemma Είλενία nel Genuinum vd. Reitzenstei N, p. 321, 6-9 e nel Magnum, G. Wentzel, De grammaticis Graecis quaestiones selectae I. ΕΠΙΚΛΗΣΕΙΣ sive de deorum cognominibus per grammaticorum Graecorum scripta dispersis, Gottingae 1890, p. 8 n. 1.
13 Cioè gli scolii di Sestione: cfr. Wentzel, op. cit. e Reitzenstein, pp. 319, 321 (in adp., rispettivamente alle ll. 27-29 e 8, 9). Quanto all’attribuzione a Oro, Wentzel notava che invece Orione non si occupò di esegesi licofronea, e che d’altra parte i due lemmi (Eilenia ed Alaios) sono accomunati dalla nozione della fondazione filottetea dei templi di Apollo e di Atena (un particolare questo, privo di alcun riscontro altrove), al punto che sarebbe lecito considerarli due spezzoni, diversamente collocati da Oro, di una sola preesistente nota di commento.
14 Com’è noto, non possediamo il codice (s 4) degli scholilia Vetera che qui ed in altri luoghi secondo Scheer sarebbe stato utilizzato da Tzetze; gli unici mss. esistenti degli scholl. vett, sono s2 ed s3 (rispettivamente il Marc. gr. 476 ed il Neap. II D. 4).
15 Resta il problema della coincidenza tra Tzetze e Stefano Bizantino a proposito di Krimissa. Poiché il primo non sembra aver utilizzato il secondo (Scheer, II, p. XIV n. 3), ci si deve chiedere se egli non dipenda allora, anche per il particolare della collocazione topografica di Krimissa, da una redazione del Genuinum più ampia di quella attualmente disponibile (vd. in proposito Reitzenstein, pp. 53, 153).
16 Εὐφορίων si legge nel Paris. 2723 (a), l’unico rappresentante di una redazione che Scheer considerava quella primaria, vale a dire l’originale del commento, ed attribuiva ad Isacco Tzetze. Invece i codd. della seconda classe, cioè h, y1 e y2 (rispettivamente Vatic. 1306; Ambr. C 222; Pal. 18) rappresenterebbero diversi stadi di una rielaborazione, con aggiunte e modifiche, operata da Giovanni Tzetze, del commento del fratello.
17 Quanto osservato presuppone la revisione di alcuni esiti del lavoro di Scheer compiuta da H. Schulz in sede di recensione (vd. GGA, CLXXII, 1910, pp. 19-35); cfr. anche, nello stesso senso, C. Wendel, V. Tzetzes, RE, VII (1948), cc. 1978-1980 e O. Masson, Emerita, XIX, 1951, pp. 107-111.
18 Cfr. in proposito F. W. Sturz, Orionis Thehani Etymologicon, Lipsiae 1820, [Hildesheim 1973], p. VI; Ritschl, op. cit., ma soprattutto Reitzenstein, pp. 10, 100 n. 2, 318-324 (in adp.).
19 A ciò si aggiunga la frequenza delle citazioni, generalmente testuali, negli scolii a Licofrone: su tredici citazioni sicure, undici sono testuali.
20 Così K. Ziegler : «Natürlich wird kein Land (ausser wenig bekannte) mit seinem Namen benannt, sondern durch Stâtte, Berge oder Flüsse in ihn oder an seinen Grenzen gekennzeichnet» (v. Lykophron 8, RE, XIII, 2 [1927], c. 2346). Un interessante parallelo è rappresentato dai vv. 717-718, in cui è identificato il tratto di costa campana su cui il mare getta la sirena Partenope: τὴν μὲν Φαλήρου τύρσις... /... Γλάνις τε ῥείθροις δέξεται... ; per l’interpretazione dei riferimenti topografici, vd. M. Giangiulio, in Neapolis. Arti del XXV Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 3-7 ottobre 1985, Napoli 1986, pp. 135-138 e nn. 87, 89-90.
21 Nel luogo in questione le precisazioni geografiche più specifiche sono formulate per il tramite dei due avverbi eurax ed entha, i quali stabiliscono un rapporto rispettivamente con il tempio di Apollo e con il Neto; al confronto il ruolo del Crati non può che essere giudicato generico: si tratta del particolare geografico di gran lunga più noto già in antico, fra quelli citati nel contesto, e dunque del più adatto ad identificare complessivamente il teatro della vicenda. Per spunti in questa direzione, cfr. Ciaceri, p. 272 sgg. ; Holzinger, p. 305; Giannelli, p. 165 (dove i particolari delle esegesi proposte peraltro non sempre convincono).
22 In altri termini, sembra abbastanza chiaro che la sezione C completi la sequenza costituita da A e B: a due indicazioni topografiche progressivamente più precise (luoghi del nostos in A1 ; luogo della morte e sepoltura in Β 1) seguirebbe in C la designazione esatta del luogo della sepoltura (Makalla); laddove la descrizione del culto per l’eroe defunto (vv. 927-929) concluderebbe la sequenza mitologico-leggendaria (A, e B2) Ove non si volesse invece accogliere quest’interpretazione, occorrerebbe pensare che dopo A e Β Licofrone in C passi repentinamente ad altro, nominando Makalla e localizzando in essa un nucleo tematico fondamentale della tradizione (il culto dell’eroe), senza averla precedentemente presentata e contestualizzata topograficamente.
23 Solo a questa condizione, evidentemente, si può evitare di collegare C con Β1. Alla tesi delle due sepolture aderivano J. Geffken, Timaios’Geographie des Westens, Berlin 1892, p. 18 n. 2; Holzinger, p. 306 (n. a v. 927, ma in una certa contraddizione con n. p. 305 a v. 919); G. Türk, S. V. Philoktetes, in W. H. Roscher, Ausf. Lex. griech. u. röm. Myth., III 2 (1902-1909), cc. 2325-2326; K. Fiehn, S. V. Philoktetes, RE, XIX (1938), c. 2507. Turk e Fiehn pensavano che Licofrone avesse combinato due tradizioni, riferenti Filottete l’una all’ambito sibarita (cfr. Β1) e l’altra a Makalla: cioè, in altri termini, ritenevano che B1 eC evocassero orizzonti topografici diversi. Ma se B1 non rimanda affatto all’ambito sibarita, come si è cercato di mostrare, viene meno anche la differenza tra B1 e C e niente impedisce di istituire uno stretto rapporto fra le due sezioni, e dunque di intendere Makalla in rapporto con il Neto ed il tempio dell’Alaios.
24 Per un’ulteriore discussione, con bibliografia, circa la topografia di Makalla, vd. M. Giangiulio, in Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche (a cura di G. Nenci e G. Val l et), Pisa-Roma 1977 sgg. (d’ora in avanti BTCGI), s. v. Macaila, in corso di stampa; in DE LA GENIÈRE-SABBIONE, p. 164 si insiste soprattutto sul rapporto con Crotone che emerge nello Ps. Aristotele.
25 Con tipica movenza dotta Licofrone chiama in causa qui i Pelleni, vale a dire gli Achei di un preciso contesto peloponnesiaco, per designare, senza farne il nome, come sarebbe troppo ovvio, gli Achei in generale. Se dunque Pellenioi sta per Achei, Ausones serve a indicarne la localizzazione; si tratta perciò dei coloni delle città achee d’Italia (cfr. Holzinger, p. 305; Ciaceri, p. 273; Giannelli, p. 165 e n. 2).
26 Vd. Tzetz., ad Lycophr., 921 (p. 297, 10-25 Scheer) = [Apollod.], bibl., 6, 15c (e cfr. Tzetz., ad Lycophr., 1075, p. 326, 28-327, 1; Steph. Byz., S. V. Ναύαιθος): le figlie di Laomedonte Aithilla, Astyoche e Medesikaste e le altre prigioniere troiane incendiano le navi achee a bordo delle quali erano giunte presso il fiume che avrebbe preso il nome, dall’accaduto, di Nauaithos. Al tema fondamentale di questa tradizione si riallaccia quanto è detto in Strabone, sempre a proposito del Neto (vd. 6, 1, 12 C 262, verosimilmente di matrice timaica).
27 Vd. in partie. Polyaen., 7, 47; ma il nostos degli Achei originari di Pellene a Skione è già in Thuc., 4, 120 (esplicitamente una tradizione locale. Diversamente, la vicenda delle prigioniere troiane fa parte del nostos di Protesilao in Conon, FGrHist 26 F 13, forse da Hegesyppos di Mekyberna [IV sec. a. C. ?], autore di Palleniaka: cfr. U. Höfer, Konon, diss. Greifswald 1890, p. 53 sgg. ; FGrHist III b Kommentar [Text], 188-191; [Noten], 123- 123-124). Non sembra peraltro probabile che questa divergenza indebolisca la plausibilità di un’allusione di Licofrone alla tradizione accolta da Polieno, ma evidentemente più antica, stante il nesso eponimico che lega gli eroi achei Pelleni e la regione di Skione (si tratta dunque di un elemento costitutivo della locale tradizione delle origini). Vale poi la pena di ricordare che C. Robert riteneva la ktisis di Skione il Vorbild di tutte le altre tradizioni incentrate sul motivo dell’incendio delle navi achee da parte delle Troiane (vd. Die griechischen Heldensage III. 2, Berlin 1926, p. 1501 sgg., con ampia documentazione, cui si aggiunga però Holzinger, p. 305 n. a v. 921). Robert riteneva persino che la tradizione delle Nauprestides cui Licofrone allude fosse parte integrante del nostos di Filottete (p. 1500); ma una connessione di questo tipo non emerge né in Licofrone, né in Strabone e per di più risulta abbastanza evidente che, nella’logica’della tradizione, l’arrivo degli Achei non è collegato a (ed anzi precede) quello di Filottete: le prigioniere troiane saranno state condotte dai primi e non dal secondo.
28 Vd. Strabo, 6, 1, 12 C 262 dove, nella contrapposizione con la visione antiochea della presenza achea in Crotoniatide (colonizzazione di età’storica’) diviene chiara la prospettiva di Timeo, propenso invece a far risalire tale presenza all’epoca post-troiana: cfr. al riguardo, ed in partic, sull’impostazione «continuista» ravvisabile in Timeo, D. Musti, ArchClass, XXIII, 1981, pp. 1-26.
29 Vd. Lycophr., 922 sgg., in partie. 926.
30 Così R. H. Klausen, Aeneas und die Penaten, Gotha 1839, p. 43; O. Groppe, Griechische Mythologie und Religionsgeschichte, Miinchen 1906, p. 363 n. 10, ed ora Maddoli, p. 2, in alternativa all’ipotesi per la quale i 120 stadi potrebbero riferirsi «alla distanza intercorrente fra i due luoghi unitariamente noti come "i Macalla"». Pressoché generale invece la convergenza intorno all’interpretazione di cui nel testo (per una bibliografia, cfr. Giangiulio,, v. Macalla, cit.).
31 Così Maddoli, p. 2.
32 Dal cenno tucidideo (7, 35, 1-2) alla sosta a Turî nella tarda estate del 413 di un contingente ateniese si evince che il fiume Hylias rappresentava il confine tra Crotoniatide e Turiatide. Il che prova, se ce ne fosse bisogno, che quantomeno dalla fondazione di Turi la Crotoniatide non poteva cominciare che a S del territorio turino; anzi, a S del territorio di Sibari sul Traente. E poiché quest’ultima era una realtà vitale nel corso degli anni Trenta del V sec. (avendo essa fatto parte, con Crotone e Caulonia della Lega achea: vd. Polyb., 2, 39, 5, con le annotazioni, da ultimo, di Mele, p. 86 n. 546) il fiume Hylias dovrà essere collocato a S del Traente (odierno Trionto). La invalsa identificazione dello Hylias con il Fiumenicà (ad es. H. Nissen, Italische Landeskunde, Berlin 1902, II. 2, p. 935) è dunque assai verosimile, per quanto, naturalmente, non certissima.
33 Se l’osservazione coglie nel segno, saremmo allora di fronte ad un’altra differenza rispetto a Licofrone: dunque nella tradizione della rivendicazione sibarita di Filottete (la quale del resto ritorna, riferita però a Turî per banalizzazione ovvero per un riflesso dell’orgoglio locale turino, in Iustin., 20, 1, 16).
34 L’emendamento (οίκίσαι pro οἰκῆσαι si deve a Joh. Ph. Siebenkees : vd. p. 219 del Tomus secundus, II. IV-VII, della sua edizione di Strabone (Lipsiae 1798, pubblicata, dopo la sua morte avvenuta nel 1796, per cura di K. H. Tzschucke, il quale editò per parte sua il I. VII). Va peraltro ricordato che οἰκίσαι è presupposto nella traduzione (condidisse) presente nella versione latina di G. Xilander che accompagna l’edizione di Casaubon (Genevae 1587, p. 175) nonché in quella tedesca di A. J. Penzel, (Des Strabo, eines stoischen Weltweisen aus der Stadt Amasia geburtig allgemeine Erdbeschreibung... I-IV, Lemgo 1775-77, II, p. 771). L’emendamento di Siebenkees trovò ampio consenso, a parti re da Ch. G. Heyne, Apollodori Atheniensi Bibliothecae libri tres et fragmenta..., Gottingae 1803, p. 442, ed è oggi spesso accolto (cfr. Lasserre, p. 128 e F. Sbordone, Strabonis Geographica. II, libri III-VI, Romae 1970, p. 283, laddove in W. Aly, Strabonis Geographica. II, Bonn 1972, p. 331 in adp. lo si ritiene superfluo); non si accoglie la nozione di "fondazione" di Krimissa nelle traduzioni di H. C. Hamilton (The Geography of Strabo... I-III, London 1854-1857, I p. 378); E. Malgeri (Strabone. Il VI libro della Geografia (...), Palermo 1897, p. 3); Bérard (p. 337); H. L. Jones (The Geography of Strabo... III, London-Cambridge Mass. 1967), p. 11.
35 Una discussione delle più note oscillazioni tra le due forme verbali nella tradizione ms. soprattutto di Erodoto e Tucidide (ma sarebbe interessante ampliare il raggio di osservazione) si trova ora in M. Casevitz, Le vocabulaire de la colonisation en grec ancien. Étude lexicologique: les familles de κτίζω et de οἰκέωοἰκίζω, Paris 1985, pp. 77-80.
36 Intendevano akra nel senso di oppidum Xilander, Penzel, Tzschucke ; cfr. anche K. Kärcher, Strabos’Geographie übersetzt, I, Stuttgart 1831, p. 480; C. G. Grosskurd, Strabons Erdbeschreibung in XVII Buchera..., Berlin- Stettin 1831-1834, I, p. 444 e n. 4; F. Ambrosoli, Della Geografia di Strabone libri XVII..., I-IV, Milano 1827-1833, I, p. 97; Α. Forbiger, Strabos’Erdbeschreibung iibersetzt..., Stuttgart 1856-1862, III, pp. 4-5; A. Tardieu, Géographie de Strabon..., I-IV, Paris 1867-1890, I (18862) p. 424; Lasserre, p. 128. Sul senso di akra, in riferimento a quanto osservato supra nel testo, vd. la documentata dissertazione di U. Finzenhagen (Die geographische Terminologie des griechischen, Berlin 1939, pp. 78-79), dove si segnala Xenoph., Hell., 4, 4, 15 (την πόλιν ΚαῚ τήν ακραν; nel Thesaurus dello Stephanus sono inoltre citati Aeschin., 3, 240 (p. 633 Reiske) e Plut., V. Cor., 18, 4, in cui è chiaro il senso di "parte alta di una città"; si aggiunga anche Xenop H., Hell., 6, 1, 2-3 in cui, ancora, akra è sinonimo di akropolis e non designa un centro fortificato posto in alto.
37 La tradizione antica su Krimissa, rappresentata da Licofrone, Apollodoro di Atene, Strabone, scoli e parafrasi a Licofrone, Stefano di Bisanzio e Tzetze (indicazioni in M. Giangiuli O, V. Crimis(s)a, BTCGI, V, Siti. Carancino-Crotone, Pisa-Roma 1987, p. 460) fa evidentemente capo a Timeo e comunque non mostra significative articolazioni al suo interno. Ora, il fatto che leggere οίκίσαι (ed intendere conseguentemente) in Apollodoro ne isolerebbe la testimonianza, opponendola a quelle in cui è chiaro che Filottete non fonda Krimissa (Lycophr., 913; Schol. ad 911, p. 293, 3-5 Scheer ; Tzetz. ad 911, p. 294, 12), unitamente alla menzionata difficoltà semantica connessa con il termine akra, sembra consigliare una diversa interpretazione, fondata sulla lezione οἰκῆ’σαι. Per una puntualizzazione dell’area semantica ricoperta da questo verbo in ambito coloniario, vd. ora Casevitz, op. cit.. pp. 75-81.
38 Si suole intendere "l’antica Krimissa", laddove più si avvicinano alla diversa interpretazione possibile le versioni Crimissa vetus (Xylander, op. cit. : P. Cluverius, Italia antiqua, Lugduni Batavorum 1624, II p. 1313) ovvero "old Crimissa" (Jones, op. cit.). Non è affatto escluso che sulla base del senso dell’aggettivo palaios (cfr. infra nn. 39-40) si debba intendere "quella che fu Krimissa e ora non esiste più".
39 Questa valenza dell’aggettivo, nella quale esso, nel senso del latino vetus e dell’inglese old, si definisce in opposizione a νε’ος, laddove ἀρχαῑος denota l’antichità intesa in assoluto e non in comparazione con qualcosa d’altro (nel senso insomma del latino priscus e dell’inglese ancient) intuita da J. H. H. Schmidt (Synonimik der griechischen Sprache I-IV, Leipzig 1876-1886, p. 79 sgg.) fu ribadita da E. Carps, CPh, II, 1907, p. 33 sgg. e quindi precisata da A. Frickenhaus, BJ, CXVIII, 1909, p. 27 sgg. Interessante è ora lo spoglio di materiali erodotei e tucididei di recente compiuto da R. Weil (Storia della storiografia, VII, 1985, pp. 28-36) il cui esito va nella direzione definita dall’indagine linguistica.
40 In particolare Frickenhaus, art. cit., pp. 29-30 ha insistito sul riferimento di palaios a "ciò che esisteva un tempo e ora non è più", meglio puntualizzando i fatti linguistici sulla base soprattutto di un’ampia serie di esempi concernenti toponimi ovvero il termine polis. Proprio l’ambito toponomastico e monumentale è quello in cui tale valenza di palaios resta particolarmente vitale, perdurando anche in autori ed epoche in cui la distinzione archaiosl palaios tende in generale a scomparire.
41 Si deve sottolineare che il κατοικῆσαι dello Ps. Aristotele non implica la nozione di una fondazione; sulla semantica del verbo vd. ora Casevitz, op. cit., pp. 161-163. Una fondazione ammettono Bérard, 337; A. Giannini, Paradoxographorum graecorum reliquiae, Milano s. d. [ma 1967], p. 275; H. Flashar, Aristoteles. Mirabilia (Aristoteles Werke... B. 18 Οpuscula, Berlin 1972), p. 24; corretta invece la traduzione di W. S. Hett (Aristotle.. Minor Works, Cambridge Mass.-London 1955, p. 289).
42 In altri termini, non sappiamo se Catone fosse stato il primo a considerare Petelia soltanto occupata e fortificata da Filottete, ovvero se nel prendere le distanze rispetto alla nozione di fondazione egli non si rifacesse ad una tradizione preesistente (alla luce di Vero., Aen., 3, 402 risulta peraltro pressoché impossibile che la distinzione in Catone tra fortificazione e fondazione si debba al riassunto del contesto operato da Servio).
43 In questo caso, insomma, l’elemento costitutivo della tradizione circa il rapporto di Filottete con il santuario dell’Alaios sarebbe la dedica di arco e frecce e non la fondazione del tempio. Dunque Filottete entra in contatto con realtà a lui preesistenti: gli insediamenti locali da un lato, il santuario dall’altro.
44 Per Krimissa come polis vd. Lycophr., 911-913 e paraphraseis ad loc. ; Steph. Byz., s. v. ; Schol. Lycophr., 911; Tzetz., ad loc. ; per il fiume vd. Steph. Byz. Quanto al promontorio, vd. Strabo, 6, 1, 3; anche nell’oracolo di fondazione in Diodoro Krimissa appare (in una prospettiva assimilabile a quella di un periplo) come un punto di riferimento costiero simmetrico al capo Lacinio rispetto all’Esaro, dunque più verosimilmente un promontorio che non una rocca. Per una discussione delle fonti di interesse topografico su Krimissa vd. anche Giangiulio, V. Crimissa, cit.
45 Vd. P. Orsi, Templum Apollinis Alaei ad Crimissa promunturium, AMSMG, V, 1932, pp. 7-182 ed ora D. Mertens, I santuari di Capo Colonna e Crimisa: aspetti dell’architettura crotoniate, in Crotone. Atti del XXIII Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 7-10 ottobre 1983, Tarantto 1984, pp. 207-228.
46 Sul tempio ellenistico e la sua peculiarità e importanza per struttura e dimensioni, vd. Mertens, op. cit., pp. 223-228.
47 Accettano la tesi di Orsi, T. J. Dunbabin, The Western Greeks, Oxford 1948, p. 160 e Bérard, p. 338. La collocazione del tempio a Makalla, sostenuta da Geffken (op. cit., p. 18), Ciaceri, pp. 272-273 e Giannelli, p. 166 non può giovarsi di alcun elemento positivo a suo favore: il sekos megas cui, per Makalla, fa riferimento Licofrone (927 sgg.) è esplicitamente l’heroon sulla tomba di Filottete (l’enfasi descrittiva e la connotazione divina del culto sono da attribuirsi al poeta dell’Alessandra); né il passo dello Ps. Aristotele autorizza a credere, come fa Giannelli, che il tempio dell’Alaios fosse a Makalla.
48 Alcune osservazioni su Makalla anche in M. Giangiulio, s. v., BTCGI, in corso di stampa.
49 Per una discussione in tale prospettiva di fonti e bibliografia vd. M. Giangiulio, v. Cone, in BTCGI, V, ... cit., pp. 388-390.
50 Com’è noto, si deve a P. Guenther (De ea quae inter Timaeum et Lycophronem interceditt catione, diss. Leipzig 1889) e J. Geffken (op. cit.) una forte accentuazione della presenza di materiale timaico di ordine mitico-leggendario in Licofrone, Strabone, Diodoro e Trogo-Giustino. Sebbene da un punto di vista generale si sia talora motivatamente riconosciuto che soprattutto Geffken è andato troppo oltre in tal senso (cfr. ad es. Β. Niese, GGA, 1893, pp. 353-360 ed ora Flashar, op. cit., p. 45), occorre dire però che non sempre da ciò si traggono le dovute conseguenze a proposito dei singoli problemi. E’il caso dello Ps. Aristotele e in particolare del passo in questione, che è appunto generalmente considerato di matrice timaica (Guenther, p. 49 sgg. ; Geffken, p. 18 Giannelli, p. 164; Flashar, op. cit., p. 125). Sembra essenziale viceversa non sottovalutare le differenze tra lo Ps. Aristotele, Licofrone e Strabone; la tradizione, in altri termini, è meno unitaria di quanto sembra e pare lecito in realtà sospettare la presenza di una fonte diversa da Timeo, secondo la prospettiva seguita nella fine analisi di K. Müllenhoff (Deutsche Altertumskunde I, Berlin 1870, p. 426 sgg., in partic. 434 sui capp. 106-110 del Paradossografo).
51 Cfr. Berard, p. 340.
52 Vd. al riguardo K. Ziegler, S. V. Lykophron 8, RE, XIII. 2 (1927), 2337, 21-26; 2343, 1-16.
53 Sull’importanza che riveste la presenza di Krimissa nell’oracolo quale fondamentale punto di riferimento (insieme all’Esaro, fiume di Crotone, ed al capo Lacinio) per la definizione di estensione e caratteristiche dell’ambito territoriale affermato nella tradizione locale come crotoniate’da sempre’, insiste opportunamente Mele, pp. 36-37, sottolineando al tempo stesso l’esigenza crotoniate, cui l’oracolo rispondeva, di legittimare l’espansione verso Ν connessa allo scontro con Sibari.
54 Insomma la tradizione su Filottete accolta da Licofrone, nel mettere in campo i Rodî, sembrerebbe conoscere l’originario nucleo locale (magno-greco) di quella tradizione circa la presenza rodia a Sibari registrata, prima che in Strabo, 14, 2, 10, nello Ps. Aristotele.
55 Sebbene non si intenda qui negare a priori la possibilità di presenze’protocoloniali’rodio e micrasiatiche sulla costa ionica ed in Italia meridionale in generale (la delicata questione non può peraltro essere affrontata in questa sede) non risulta agevole pervenire a considerare la tradizione su Filottete «conseguenza e appendice di culti e tradizioni mantico-iatriche (Macaone, Podalirio, Apollo Patareo) seminate sulla costa ionica da’protocoloni’di Cos, Rodi, delle città costiere della Caria e della Licia» (Cosi Maddoli, p. 6). In ogni caso, la tradizione, nella forma pervenutaci, distingue con sufficiente evidenza (per quanto implicitamente) l’arrivo di Filottete ed il (successivo) arrivo dei Rodî, e fa del primo il protagonista della vicenda in cui i secondi ricoprono un ruolo in realtà accessorio. Ed è dunque questa configurazione della tradizione nella documentazione disponibile che preme intendere, alla luce del contesto storico (rapporti tra i coloni acheie mondo indigeno) all’interno del quale essa fu vitale.
56 Cfr. supra n. 49; se si tiene fermo, come sembra necessario. che in Licofrone gli Occidentalia in generale ed il contenuto dei vv. 911-929 in particolare siano di matrice timaica, si potrebbe identificare in Lico di Reggio il collettore di una diversa tradizione locale, i cui termini essenziali leggiamo nel modesto excerptum dello Ps. Aristotele.
57 Naturalmente non ha senso, alla luce del carattere epicorio delle tradizioni in questione, ritenerle (così F. Prinz, Grundungsmythen und Sagenchronologie, Miinchen 1979, pp. 161-162) posteriori al Filottete di Sofocle, per il fatto che qui (vv. 1421-1430) si presuppone il felice ritorno in patria dell’eroe. Si può affermare peraltro che nemmeno nella logica di Prinz sarebbe lecito affermare l’esistenza di una contraddizione con la tradizione di Filottete in Occidente, perché in effetti in un filone di quest’ultima Filottete prima ritorna in patria e quindi se ne allontana di nuovo (Strabo, 6, 1, 3).
58 L’episodio dev’essere inserito nel novero dei ben noti casi di’politica delle reliquie eroiche’che possono ascriversi ai VI e V secolo; si tengano presenti in particolare quelli riferiti alle figure di Oreste (HDT., 1, 67-68; Paus., 3, 3, 6-7; 3, 11, 10); Tisameno (Paus., 7, 1, 8; cfr. D. M. Leahy, Historia, IV, 1955, pp. 26-38); Teseo (Plut., Cirri., 8, 1-7; Thes., 36; Paus., 3, 3, 7; Aristid., 3, 409 Lenz-Behr = 241, 9 sgg. Jebb; Schol. ad loc. (III p. 688 Dindorf); Schol. Aristoph. Plut., 627, p. 359, 24-33 Diibner; Tzetz., in Aristoph. Plut., 627b, pp. 146-147 Massa-Positano); Minosse (Diod., 4, 79, 3-4). Non è possibile in questa sede esaminare il problema del significato storico e ideologico di ogni episodio, ma vate forse la pena di rilevare che ognuno di essi si inserisce in un contesto di conflitto politico-territoriale, latente ο in atto, tra ambienti diversi, e che la traslatio delle reliquie si pone in stretto rapporto con l’affermazione, ovvero la concreta sanzione, dell’egemonia su, ο della conquista di, un ambito territoriale. In questa prospettiva dovrà essere visto anche l’episodio del’prelievo’delle armi di Filottete.
59 Cfr. supra n. 52. La nozione tendenziosa dell’originaria pertinenza a Crotone di Krimissa riscontrabile nella tradizione confluita in Diodoro dev’essere confrontata con la sottolineatura della conquista (dunque di un elemento di violenta appropriazione) crotoniate presente nel passo dello Ps. Aristotele; un elemento, quest’ultimo, che fa evidentemente parte della prospettiva sibarita che appare caratterizzarlo.
60 Per l’atteggiamento di’promachos’erculeo assunto da Milone, vd. Diod, 12, 9, 6; quanto ai tratti erculei, essi emergono in alcuni comportamenti (polifagia, prove di smisurata vigoria fisica, cattura e sacrificio del toro) che caratterizzano tutta la leggenda del Crotoniate (un ampio repertorio delle fonti relative è BTCGI, V, ... cit., s. v. Crotone, pp. 483-484). A completare e garantire questo quadro si aggiunga che Milone era sacerdote di Era Lacinia (Philostr., V Apoll., 4, 28), la quale a sua volta era legata ad Eracle da una forte e piuttosto peculiare relazione (al riguardo, cfr. M. Detienne, I giardini di Adone, trad. it., Torino 1975, pp. 53-54; M. Giangiulio, ASCL, XLIX, 1982, pp. 53-55; Mele, pp. 32, 36, 46). Su questa tematica in generale, vd. ora M. Giangiulio, Ricerche su Crotone arcaica, Pisa 1989, pp. 70 e nn. 73-75, 230-232, 298 e n. 27, 300 e nn. 29-30.
61 Per le tradizioni di fondazione di Crotone e del Laci-nio incentrate sulla figura di Eracle, vd. Diod., 4, 24, 7; Iambl., VP 50; Serv., Aen., 3, 552 (tradizioni di matrice timaica: Giannelli, p. 143 n. 1); per le monete, vd. ad es. B. V. Head, Historia numorum, Oxford 19112, p. 96; C. M. Kraay, Archaic and Classical Greek Coins, London 1976, p. 181. Per una più ampia discussione, vd. Giangiulio, art. cit., pp. 52-53, 60-61 ed ora Ricerche... cit., pp. 70-71, 73-74.
62 Cfr. supra, n. 52.
63 La motivazione della necessità per gli Achei di ricondurre tra le loro fila Filottete (Il. parv., p. 89, 211-213 Severyns) è da rintracciarsi nel possesso da parte di questi dell’arco di Eracle (la tradizione, che probabilmente risale all’epos ciclico, è in Bacchyl., fr. 7 Snell ap. Schol. Pind., Pyth., 1, 100; ulteriore documentazione e discussione ad es. in Robert, op. cit., n. 2, pp. 1207-1208.
64 Sulla collocazione di Filottete dalla parte di Sibari nella tradizione dello Ps. Aristotele, vd. anche Mele, p. 36.
65 Circa le tradizioni mitico-leggendarie, soprattutto di ambito coloniale, incentrate sul motivo della’precedenza’, vd. M. Giangiulio, in Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche. Atti del Convegno di Cortona, 24-31 maggio 1981, Pisa-Roma 1983, p. 719 sgg.
66 Per ampie indicazioni riguardo alla documentazione archeologica dei rapporti che a partire dalla prima metà del VII sec. si stabilirono tra l’ambiente coloniale crotoniate ed i centri del comprensorio indigeno a Ν del Neto, per poi continuare nei secoli successivi, intensificandosi nella portata e nelle implicazioni sul piano delle trasformazioni della cultura materiale, delle forme dell’insediamento e della vita religiosa, vd. De La Genière-Sabbione; Giangiulio, Ricerche... cit., pp. 224-228.
67 Com’è ben noto, Filottete era tessalo d’origine (Hom., //., 2, 716 – 718) e legato all’ambito del monte Eta per la vicenda, essenziale per la sua fisionomia mitica di’eroe dell’arco’, del dono da parte di Eracle morente dal suo arco. Ora, gli Achei di Crotone veneravano Achille (Lycophr., 859 sgg.), ftiota e capo di Achei (Il., 2, 682-685), quelli di Posidonia Chirone (NSc, s. VIII, II, 1948, p. 185 sgg.), quelli di Metaponto conoscevano già in età arcaica una tradizione che si connetteva al ciclo delle leggende tessalo-beotiche incentrate su Eolo, Beoto, Arne e Melanippe (Giannelli, p. 80 sgg. ; Bérard, p. 324 sgg. ; A. Mele, in Atti del XXI Convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 25 ottobre 1981, Tarantto 1982, p. 63 e n. 124).
68 Per Filottete nell’orizzonte epico, vd. Il., 2, 718-725; Il, parv., p. 89, 211-213; Cypr., p. 83, 144-146 Severyns. Le osservazioni nel testo tengono conto deliberatamente soltanto dei tratti propri alla vicenda dell’eroe presenti nell’epos, del contenuto della quale peraltro siamo informati soltanto attraverso gli schematici sunti di Proclo. Ma quanto è disponibile basta a delineare nettamente la posizione di lontananza e addirittura di opposizione dell’eroe rispetto alle coordinate che definivano l’assetto del mondo’civile*. Per una serie di acute notazioni in questo senso, vd. J. Bremmer, Heroes. Ritual and the Trojan War, SSR, II. 1, 1978, pp. 915 (a pp. 14-15 importanti osservazioni su Lemmo nella tradizione greca; cfr. già Hom., Od., 8, 294: gli abitanti come agriophonoi). La migliore garanzia della pertinenza storica di questa prospettiva di analisi risiede nell’interpretazione sofoclea del mito e nell’enfatizzazione, che la caratterizza, della’selvaticità’del mondo di Filottete (al riguardo, cfr. almeno P. Vidal Naquet, in Annales E. S. C., XXVI. 34, 1971, p. 623 sgg.). La collocazione dell’eroe sul versante indigeno da parte crotoniate di cui si discute nel testo sembra dunque indicare che i Greci della colonia avessero già colto le valenze della vicenda di Filottete quale il patrimonio epico presentava loro.
69 Per un esame delle fonti ed una persuasiva collocazione in età arcaica delle tradizioni locali imperniate sull'enfatizzazione della connotazione atletico-militare della comunità e della salubrità e prosperità che la contraddistinguevano, vd. Mele, p. 17 sgg.
70 Sulle caratteristiche ambientali della zona, cfr. Gli studi cit. supra a n. 65. Le kalai arourai sono menzionate nell'oracolo di fondazione in Diod., 8, 17, 1. Sul complesso di opposizioni polari esistenti tra Crotone e l'ambito di Krimissa (centro/periferia; cerealicoltura/allevamento, caccia; opliti/arcieri; Greci/indigeni) insiste MELE, p. 41.
71 Cfr. al riguardo Giangiulio, Ricerche..., cit., pp. 43-45, con analisi della documentazione epigrafica testimoniante l'ellenizzazione del centro ed i suoi rapporti con Crotone.
Auteur
Università degli Studi di Trento
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Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 2
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