Principie re dell’Italia méridionale arcaica
p. 89-95
Texte intégral
1. Premessa
1Già sul piano concettuale, è indubbio esistano forti difficoltà sia ad attribuire un significato rile-vante dal punto di vista sociologico a fenomeni per-cepibili solo attraverso lo strumento archeologico (cioè a riconoscere nello scostamento da situazioni di fatto ritenute "normali", delle distinzioni significative sotto il profilo dei comportamenti sociali), sia, in modo più specifico, a distinguere fra diversité di status e di funzione individuale, di ordine ο di classe1, sulla base di fonti documentarie, quali appunto quelle archeologiche, per definizione limi-tatee selettive.
2Ciò appare ancor più vero proprio nel caso del fenomeno "principesco", dove tali fonti tendono quasi a coincidere con le testimonianze funerarie,e ci pongono dunque di fronte a complessi di reperti (i corredi tombali) che la pressione délia ritualità sottomette ad un doppio livello di simbolizzazione: uno generale, relativo alla condizione di morto rispetto a quella di vivo, uno più specifico, di indi-viduo privilegiato rispetto a quello di condizione comune.
3Il rischio di una possibile distorsione nei valorie nei significati di quanto collocato nelle tombe appare dunque molto elevato (e difficilmente evitabile), soprattutto allorchè si prova a riconoscere i "segni" di una qualche "diversité", senza essere in grado di awalersi dei dati relativi all’intero complesso delle testimonianze disponibili; fatto che équivale, nel caso specifico delle necropoli, dall’analisi comples-siva di tutte le sepolture rinvenute. Purtroppo, si tratta di una circostanza senz’altro più facile da invocare in via teorica che da riscontrare nel con-creto délia prassi di studio vigente, basata invece in prevalenza di comunicazioni preliminari, di edizio-ni parzialie di rassegne congressuali2.
4A risentirne, saré anche l’attendibilité dell’anali-si condotta in questa sede, che trova il può punto d’appoggio fondamentale in quelle poche situazioni che meno si allontanano dai requisiti indicati: alcu-ne parti del territorio lucanoe del Salento, oggetto in tempi recentie recentissimi di indaginie di ana-lisi non prive appunto di qualche sistematicità.
2. Per un inquadramento d’insieme
5Giustificata cosi l’unilateralité délia base docu-mentaria, credo sia a questo punto utile soffermar-si sulla preliminare definizione del quadro storico complessivo in cui si inseriscono le testimonianze prese in esame.
6Com’è universalmente noto, a partire dal corso dell’VIII sec. a. C. le terre dell’estremo Sud délia Penisola furono teatro del grande fenomeno délia colonizzazione ellenica, con conseguenze d’impor-tanzae d’intensité pressoché incalcolabili anche per le popolazioni preesistenti, indicate globalmen-te con il nome di Italici, diverse fra loro per origine etnica, lingua, peso demograficoe cultura non meno che per intensité di rapporto con i colonizza-tori.
7Limitandoci aile terre comprese fra l’arco ionicoe le coste dell’Adriatico (e tenendo présente anche l’apporto del mondo etrusco, che sotto molti profili si è configurato corne elemento mediatore délia cultura greca), possiamo in estrema sintesi riassumere le trasformazioni fondamentali che gli Italici cono-scono nel periodo che va dagli inizi del VII al corso del V sec. a. C. nei termini seguenti.
8I. Rottura primitivo, proprio ancora délia Prima été del Ferro,e awento di com-pagini fondate sull’articolazione sociale, percepibi-le anche tramite molteplici aspetti délia "cultura materiale".
9II. Sviluppo entità a scala régionale ο sub-regionale (cantonali) contrassegnate da tratti etni-co-culturali comuni (rilevabili ad es. nelle produ-zioni artigianali ο da certi aspetti del rituale fune-rario), di cui è tuttavia ancora arduo valutare la portata effettiva, probabilmente non sempre eguale: al fatto che la parte di mondo italico inglobato nel-l’entità politico-economica costituita da Sibari (il suo cosiddetto "impero"), vi figuri corne un mosai-co di entità diverse, confuse nell’anonimato dei 4 25 Strabone (VI. 1. 13 = C 263)3 ò cosi contrapporre la nettae rico-nosciuta partizione dell’Apulia fra Dauni, Peucetie Messapi.
10III. In del prevalente orientamento ellenico all’acculturazione dell’entroterra italico, perseguito al servizio di fortissimi motivi di interesse economicie politico-militari, adozione di mentalità, comportamentie costumi sociali "mo-derni" (=greci), fino al determinarsi, nella fase più recente, di forme di integrazione nel campo ideolo-gico-religioso, come è fra l’altro suggerito dal passo délia "Vita di Pitagora" (19) di Porfirio che ricorda l’esistenza di i molti seguaci di quel sapiente (Mele 1981).
11Il fenomeno si présenta in forme assai comples-see non facilmente riassumibili; è comunque certo che esso già in età arcaica giunge ad incidere in profondità sull’assetto sociale di alcune realtà par-ticolari; è il caso délia Messapia, dove l’adozione relativamente précoce délia scrittura si affianca all’emergere di funzioni sacerdotali a quanto sem-bra autonome, riferite a divinità elleniche ο elleniz-zate (Bottini 1994). Purtroppo, per questo settore-chiave del mondo apulo non possediamo ancora una documentazione archeologica relativa aile necropoli adeguata aile esigenze délia ricerca.
12IV. Conseguente parallela adozione di tecnolo-gie di analoga matrice, in particolare nel campo dell’edilizia (assai più che dell’urbanistica)e del-l’artigianato, senza dimenticare il settore bellico, dove peraltro le ai vincoli dell’organizzazione sociale. Nella più gran parte dei casi (e cioè lasciando aperta una possibilità di effettiva crescita strutturale per la Messapia, per i motivi cui ho già fatto riferimentoe per quanto dirò più avanti), tutto ciô non sembra comunque aver con-dotto le comunità italiche di età arcaica ad oltre-passare la soglia délia compléta trasformazione strutturale, attraverso l’acquisizione dei tratti fon-damentalie qualificanti délia civiltà greca, vale a dire la strutturazione politica délia societàe del territorio nel quadro di una compiuta urbanizzazione degli insediamenti.
13Per quanto complesso, incisivoe per certi aspetti pervasivo, il fenomeno dell’acculturazione non giunge insomma a provocate quel salto di qualità che si dispiega invece a partire dalla (seconda) metà del secolo V a. C., con la nascita di compagini statuali relative ad un intero nomen, tale per cui l’etnogenesi lucana puô legittimamente assumere un valore di spartiacque epocale nell’intera vicenda delle genti italiche fra Ionioe Tirreno, comparendo quali symmachoi di Dionisio I di Siracusa nella guerra contro Thourioi, nel 390/389 a. C. (Diod. Sic., XIV. 100 sqq.), ben diversi dagli anonimi sychnoi ton allon barbaron che affiancarono Etruschi, Umbrie Dauni nella lotta contro Cuma, nel 524 a. C. (Dion. Hal., VII. 3. 1).
3. Abitatie organizzazione sociale
14Al centro del sistema sembrano dunque collo-carsi, almeno in assoluta prevalenza, delle comunità di dimensione sub-cantonale, seppure come ho detto inserite in un contesto etnico-culturale più ampio ed omogeneo, organizzate in centri abitati dalle strutture di solito modestamente sviluppate (Torelli 1988).
15Per la descrizione délia relativa organizzazione interna, la ricerca storico-archeologica, abbando-nando le interpretazioni di stampo più tradizionale che-sottostimando di fatto gli aspetti socio-econo-micie politico-istituzionali del problema (cosi ancora: De Juliis 1988, 59; Lo Porto 1991, 58 sqq.) - vedevano già negli insediamenti (medio) arcaici ita-lici delle autentiche città, sembra ormai concorde nel far ricorso al medesimo modello generale, secondo il quale tutti i maggiori abitati dell’area apulo-lucana conoscono fra l’età arcaicae quella del primo Ellenismo uno stesso processo evolutivo con il passaggio da una situazione iniziale, in cui essi si presentano come aggregati di nuclei residen-ziali sparsie discontinui, ad uno stadio di sviluppo al più proto-urbano.
16Le differenze, a mio avviso meno connesse con il diverso livello di acculturazione di quanto si ritiene di solito, riguardano piuttosto le forme ed i tempi di tali trasformazione.
17Nell’area salentina (Messapia), secondo le rico-struzioni proposte nel corso degli ultimi anni, que- sto fenomeno sinecistico sembra dar vita già nel corso délia seconda metà del VI sec. a verie propri abitati unitari, contraddistinti sia da un’edilizia residenziale "greca" (Cavallino: D’Andria 1988; Messapi 1990, 201 sqq.) sia dal sorgere di strutture difensive comuni (ancora Cavallino, Oria, che vede anche il crescere del vicino "santuario" di Monte Papalucio: Yntema 1993, 162 sqq. ; Messapi 1990, 239 sqq.), secondo una linea di sviluppo interrotta solo dalla violenta reazione tarantina délia prima metà del V sec. a. C. (Bottini 1992; D’Andria 1988).
18Nella Daunia interna (Lavello, Banzi: Bottini et al. 1990; Bottini 1980), ma anche a Canosa, verae propria· "capitale" délia Daunia méridionale dove il processo sinecistico non sembra avvenire prima délia piena fase classica (De Juliis 1992, 143 sqq.) e nei territori contermini délia Lucania, sembra inve-ce determinarsi -e solo nel corso del V sec. a. C. -il predominio di un nucleo su quelli circostanti, ancora ben percepibili come tali, in un contesto di assai più debole, per non dire inesistente urbanizzazione dei siti.
19In questo secondo caso, il segno non-funerario più vistoso del mutamento sociale, vale a dire il sorgere di strutture abitative con connotazioni "pala-ziali" si manifesta non già al centro dell’insedia-mento, dove si puô postulare sia fisicamente inse-diata la minoranza dominante, ma nellambito di ciascuno di tali nuclei.
20Sotto il profilo sociologico, questo perdurante policentrismo (forse riconoscibile anche nel sito enotrio di Chiaromonte) lascia intravvedere una forte resistenza a trasformazioni che appare difficile non qualificare con l’aggettivo "politico" opposta dai diversi nuclei gentilizi. Ciascuno di essi appare quale detentore di un singolo plesso abitativo, che si configura cosi come un autentico microcosmo sociale in cui i rapporti di parentela (e fra i diversi lignaggi) continuano a conteneree sorreggere la contrapposizione fra detentori di privilegie quanti ne godano in misura ridotta ο ne siano del tutto privi, in una situazione dov’è peraltro da attendersi la presenza di connotazioni di status connesse con l’etàe la funzione: si può a questo proposito ricor-dare il caso délia donna sepolta in una eccezionale tomba tardo-classica di Lavello (Due donne 1993).
4. Tombee corredi
21Venendo al concreto delle testimonianze offerte da quelle sepolture (Bottini 1989, 161 sqq. ; Bottini et al. 1990) che rappresentano la nostra fonte principale di conoscenze per l’area presa in esame, va in primo luogo osservato che, nell’opposizione fra sepolture "emergenti"e comuni, non si riscontrano differenze di rituale funerario paragonabili a quelle rilevate a Pontecagnano, con l’adozione del costume "eroico" di matrice euboica. Chiunque ne fosse il destinatario, le tombe sono sempre ad inumazio-ne (l’uso délia semicremazione-ο meglio délia scarnificazione-non sembra essere indicativo di differenziazioni sociologiche); parimenti, viene sempre rispettato il modo di deporre il corpo pro-prio di quel particolare cantone (con la ben nota polarità fra posizione supinae rannicchiamento).
22In alcuni casi, si riscontra invece una chiara volontà di conferire ad alcune sepolture una monu-mentalità particolare; essa viene tuttavia consegui-ta nel modo più semplice, vale a dire attraverso l’ampliamento delle dimensioni délia tomba (cui si aggiunge, nel caso delle sepolture più recenti costruite in blocchi squadrati l’adozione di una più sofisticata tecnica edilizia, in particolare in Peucezia), ο la sua sottoposizione ad una copertura più vistosae complessa, in questo caso di solito riconducibile al tumulo ο quantomeno al cumulo (cosi anche caso délia necropoli di Vaste: Messapi 1990, 57 sqq.), ο ancora mediante la separazione fisica dal resto délia necropoli, mediante la creazio-ne di un recinto.
23Di solito, questa volontà di distinzione non si spinge fino all’adozione di un tipo di sepoltura spe-cifica per gli individui "emergenti"; fa in questo eccezione la Daunia (interna, per quanto ne sappia-mo al momento): a Lavello sembra infatti certo il valore distintivo attribuito aile sepolture "a pozzo", per cui è évidente quantomeno la connessione fra dispendio di forza-lavoroe privilegio, mentre a Melfi-Pisciolo viene usata per individui particolari la cassa distinta dal ripostiglio, secondo un costume fréquente altrove in Apulia ma non altrimenti nota nel territorio ofantino. In ogni caso-va sotto-lineato-si tratta di fenomeni piuttosto tardi.
24Per quanto riguarda la sistemazione interna, in àmbito "lucano", la conferma a questo sostanziale rispetto délia norma generale traspare ancora dal fatto che viene perennemente praticata la normale monosomia; a ciô si accompagna tuttavia una diffusa tendenza ad associare le tombe "emergenti" in coppie di apparente aspetto coniugale (una sepoltura maschile ed una femminile coeve strettamente correlate fra loro). Riscontrato già nell’enotria Alianello, taie costume (che non sembra invece significativo a Chiaromonte), si manifesta in forme particolarmente vistose nell’area settentrionale délia Lucania, ai confini délia Daunia interna.
25In ogni modo, si traita di un atteggiamento che riguarda più l’organizzazione delle necropoli che quella di ogni singola tomba, anche se assai signi-ficativa sotto il profilo sociologico, in quanto spia del ruolo dominante assunto dalla donna nell’or-ganizzazione dell’oikos (Bottini 1990; Due donne 1993).
26A quanto pare, sembra peraltro collocarsi in questa stessa prospettiva anche la probabile biso-mia délia più rilevante tomba di Melfi-Chiuchiari (tomba F, in assoluto una delle più significative del-l’intero mondo indigeno), in considerazione anche del fatto che si riferisce ad un sito al margine di quel mondo daunio, dove sono invece prassi preva-lenti la polisomiae il riuso (volti soprattutto a met-tere in evidenza la continuité nei confronti degli antenati, che non consentono peraltro un apprez-zamento altrettanto preciso di questi aspetti del rituale).
27Non andrà comunque trascurato che mentre le grandi tombe arcaiche di Lavello (Bottini 1982)e di Canosa-Toppicelli (Principi 1992, 77 sqq.) sono monosome, la situazione delle più tarde sepolture dell’acropoli délia stessa Lavello si présenta in modo assai più complesso, non senza l’adozione di manipolazioni dei corpi del tutto inusuali (Bottini/Fresa 1991).
28Venendo ai corredi, che sono il vero luogo délia differenziazione, va in primo luogo osservato come si tratti quasi sempre di complessi di ampiezza maggiore del solito; taie requisito non è mai il solo, né appare mai corne quello prédominante ο comunque déterminante per il riconoscimento di una con-dizione privilegiata.
29Nei complessi "emergenti" è anche frequentissi-ma la presenza di "beni di prestigio": oggetti di pre-gio per valore intrinseco délia materia in cui sono fatti, per lavorazione ο qualité di tipo estetico ο più semplicemente per esotismo, che tengono il luogo di oggetti di équivalente funzione ma privi al contrario di particolari connotazioni (si veda il caso dei monili ο del vasellame, con la sostituzione di quello figurato ο d’importazione a quello locale, ο l’adozione di forme metalliche in luogo di quelle fitti-li); a quanto sembra, agisce in questi casi un mec-canismo mentale universalmente noto, in virtù del quale si compiono azioni ο si adottano comporta-menti del tutto usuali awalendosi perô di oggetti fuori dalla portata délia maggior parte dei membri délia comunità.
30Nelle tombe italiche, ciò che comunque indica con maggior chiarezza l’eccezionalité dello status del defunto (e insieme l’inestricabile relazione che lega emergenza sociale ed acculturazione), è rap-presentato dall’adozione di prassi ο costumi diversi da quelli più consuetie tradizionali. Una circostan-za manifestata nel concreto dalla presenza nel cor-redo di suppellettili specifiche, individuabili grazie all’analisi funzionale.
31Il fatto che si tratti spesso di oggetti del tutto comuni, privi di quelle connotazioni di pregio che ho appena menzionate (spiccano da questo punto di vista i "servizi" in ferro, da cucinae da mensa), assume il valore di una conferma di entrambe le osservazioni che precedono.
32Come suggerisce il caso appena menzionato, spiccano in primo luogo i cosiddetti consumi ali-mentari privilegiati, legati alla pratica conviviale, intesa nel senso più ampio del termine (comprese insomma tutte le possibili valenze religiosee "poli-tiche"), in cui svolge un ruolo di rilievo quale bevanda socializzante il vino. Ad esso si legano peraltro anche costumi collaterali meno di fréquente documentati (o studiati), come nel caso del con-sumo dell’olio, testimoniato dall’uso di forme vascolari specifiche.
33Naturalmente, esiste una forte probabilité che quanto ci viene restituito dalle tombe si riferisca al pasto funebre; non vi sono tuttavia ragioni per rite-nere che esso divergesse in modo sostanziale dai banchetti che potevano aver luogo anche in complessi quale quello che sembra poter essere ricono-sciuto corne il più antico esempio di basileion, cioè la struttura su fondamenta litiche "alla greca" venu-te in luce a Braida, ai piedi dell’acropoli di Serra di Vaglio, che si ornava probabilmente del fregio fitti-le "dei cavalieri" (Greco G. 1991, 30 sqq. ; contra Lo Porto/Ranaldi 1990).
34Il punto più elevato raggiunto da questa linea di tendenza è espresso da quanto relativo all’arma-mento: in tutta l’Italìae la Iapygìa elmi corinzi, schinieri anatomici, spade a lama retta, armi lun-ghe con puntee puntali, talora scudi "argivi" testi-moniano infatti una comune dipendenza dal modello "ideale" costituito dall’oplitismo greco, anche per quanto riguarda l’uso del cavallo, corne testimoniano il fregio fittile appena menzionatoe soprattutto il célébré bronzetto arcaico di manifat-tura italiota raffigurante appunto un oplita in sella, noto corne Cavalière di Grumentum, proprio per essere stato rinvenuto in pieno territorio lucano.
35Almeno nell’area qui analizzata, manca invece fra i realia ogni traccia di funzioni ο prassi diverse, ad es. relative alla sfera religiosa ο politica (circo-stanza che ci permette peraltro di misurare la distanza assai rilevante dal mondo etrusco).
36In conclusione, si puô legittimamente affermare che il "signore" italico di età arcaica si présenta insieme come un guerriero armato alla grecae dotato di cavalli,e come un gestore di relazioni sociali attraverso costumi conviviali di stampo ancora omerico; la sua compagna, come una donna talora partecipe di queste stesse pratiche, specie nella fase più recente, ma soprattutto ricca di beni mobili (che si manifestano nella sovrabbondante complessità delle parures di monili, delle acconcia-turee delle vesti, incrostate di métallo talora pre-zioso, osso ed ambra), in cui, ripensando alla di-stinzione messa in luce da L. Gernet (Gernet 1976) per il mondo greco fra i proventi di attività di scam-bio "mercantili" ed i frutti di acquisizioni extraeco-nomiche, viene spontaneo riconoscere la frazione più strettamente personale dei beni dotali, conse-guenti a quel complesso di transazioni, donie scambi cerimoniali che in ogni società primitiva accompagna il rito matrimoniale.
5. Principi e re: una nuova prospettiva nella ricerca?
37Fin qui il quadro generale in merito all’argo-mento che mi è stato chiesto di illustrare; prima di concludere, credo tuttavia che sia opportuno far cenno ad un problema specifico, fra i molti, rima-sto finora quasi del tutto in ombra. Alcune di queste tombe ci spingono infatti ad interrogarci circa la possibilità di individuare, all’interno delle varie situazioni "emergenti" arcaiche (prima cioè del livello cronologico di avanzato Ve di IV sec. per cui taie presenza appare tutto sommato scontata quasi ovunque), le testimoni. anze concrete di alcune di quelle figure "regali" citate dalla tradizione lettera-ria, che pur non fornendo alcuna indicazione con-creta sull’organizzazione delle genti italiche di età arcaica, (che tende anzi a "normalizzare" nella prospettiva politico-istituzionale greca), offre la fréquente menzione di basileis, già a proposito delle popolazioni più antiche, quali appunto gli Enotri4.
38Alle spalle, si intrawede naturalmente una que-stione di portata ben maggiore, che al momentoe in questa sede non puô che essere lasciata impre-giudicata: quella cioè dell’effettivo raggio di azione di queste figure monocratiche arcaiche che, sul modello délia stessa complessa realtà del mondo etruscoe laziale, possiamo immaginare ristretto alla singola entità insediativa ο esteso all’intera entità cantonale (o almeno ad una sua parte cospi-cua). Corne ad Oria, nel primo caso, dove (al di là dell’ovvio problema dell’epoca cui ci si riferisce), secondo Strabone (VI. 3. 6 = C 282), si mostrava il basileion ton dunaston tinos (con molta prudenza Yntema 1993, 235, preferisce glissare su questa pro-blematica testimonianza, pur accettando l’ipotesi délia presenza di un "war leader or a king" ad Oria come in altri siti délia penisola salentina), ο come nella medesima area apula, nel secondo, sulla base délia descrizione del secondo donario dei Tarantini a Delfi, con le immagini degli eroi Taras e Phalantos che trionfano sui Peucetie su Opis re degli Iapigi, loro alleato (Paus., X. 13. 10), e quindi dal non meno célébré brano di Tucidide (VII. 33. 4) relativo al dynastes messapico Arta nel 427 a. C (Bottini 1992,17 s. q. ; è forse indizio di una situazione diver-sa il fatto che Erodoto I. 167, a proposito délia fon-dazione di Elea nella terra degli Enotri non men-zioni alcun tipo di autorità politica locale?).
39Scontato questo largo margine d’incertezza interpretativa, permane comunque un rilevante problema di natura strettamente archeologica che mette ancora una volta in gioco la nostra capacità di decifrare i "codici" che governano il sistema espressivo sotteso alla materialità dei rinvenimenti,e che vale dunque la pena di saggiare.
40Nel concreto, prenderô in esame due casi.
41Il primo riguarda una tomba-la 76-che costi-tuisce un caso a sé all’interno dello stesso gruppo di sepolture "emergenti" délia necropoli di Chiaro-monte-Sotto La Croce per la consistenza délia grande panoplia difensiva oplitica (con elmo, scudo, schinieri, spada a lama retta, armi lunghee harpe), e soprattutto del corredo di vasellame metallico, formato da ben 11 pezzi: cinque forme per conte-neree per versare, tre da vinoe due da olio, cui va aggiunto un veroe proprio unicum, un "barile", appartenente alla sfera dei manufatti più rari ed esclusivi di cui è praticamente impossibile definire la specifica funzione. Per valutarne appieno l’ecce-zionalità, occorre considerare che solo nove dei 190 corredi délia relativa necropoli finora noti (cioè il 4,7%) ne contenevano più di due, con un massimo di cinque in tre corredi (pari ad 1,6%).
42I dati numerici racchiudono peraltro un secondo elemento, che rende ancor più évidente la peculiare posizione di questo corredo: meno délia metà di tali recipienti (cinque) appartiene a classi attestate in altre sepolture di Chiaromonte, mentre la maggio-ranza non trova riscontro nell’intera area enotria (quattro) ο addirittura si compone di unica rispetto all’intera Penisola (due).
43Il secondo esempio, più articolatoe complesso, è offerto da una serie di recenti rinvenimenti tomba-li awenuti nella località Braida, a pochi metri dalle strutture da cui sembrano provenire le lastre fittili del fregio "dei cavalieri" citato prima.
44Si traita di tre tombe, databili dalla metà del VI sec., di cui due monosome, una maschile ed una femminile, ed una già del tutto eccezionale per il fatto di contenere due corpi maschili: dal momento che uno di essi sembra riferirsi ad uomo piuttosto giovane, è forte la suggestione dell’ipotesi di rawi-sarvi uno scudiero, sacrificatoe deposto nella stes-sa tomba del padrone.
45Tutte sono contrassegnate dalla consueta serie di caratteristiche indicate come proprie per tombe "emergenti" (ampiezza del corredo, presenza di "beni di prestigio"e di uno strumentario particola-re); a "far la differenza" nel caso specifico è tuttavia la presenza di una coppia di pezzi di eccezionale rarità quale lo scudo "argivo"e soprattutto délia bardatura metallica di due cavalli, formata da due prometopidia e due prosternopidia, testimoniata finora nell’intera Magna Grecia in un numéro limi-tatissimo di casi (tre-quattro al massimo).
46Un set che comunque si voglia risolvere il dilemma a proposito dell’impiego più probabile per que-sta coppia di cavalli (con l’alternativa fra tiro di una biga, il cui uso non è privo di concreta testimo-nianza nel Melfese (Bottini 1989), dov’è manifesto l’influsso etrusco,e impiego del doppio cavallo da parte del "signore", con il secondo affidato appunto alio scudiero (Torelli 1992)), indica il compimento di un processo di totale omologazione ad un model-lo di évidente matrice aristocratica; in un caso il riferimento sarà aile figure regali dellambito tirre-nico, nell’altro, agli ippeis delle più vicine élites coloniali.
47Certo, nulla prova-al momento-che questi individui abbiano realmente occupato una posizio-ne diversa da quella degli altri detentori di tombe "emergenti"; è tuttavia anche indubbio che sono esattamente di questo tipo le spie che, seguendo il "paradigma indiziario" ci si attenderebbe di rileva-re sulle tracce questa volta non più dei "principi guerrieri" ma dei loro "re", discendenti delle mitica genealogia che secondo Ferecide vedeva succedere a Oinotrios, da cui gli Enotri che vivono in Italia, Peuketios, da cui i Peuceti che vivono all’interno del golfo ionico (Dion. Hal., I. 13. 1).
ADDENDUM
48I rinvenimenti di Braida di Serra di Vaglio sono stati oggetto di tre pubblicazioni preliminarie di una mostra (Bottini/Setari 1995a, Bottini/Setari 1995be Bottini/Setari 1996).
Bibliographie
Referenze bibliografiche
Bottini 1982: BOTTINI (Α.), Principi guerrieri della Daunia del VII secolo. Bari, 1982.
Bottini 1989: BOTTINI (Α.), Il mondo indigeno nel V secolo a. C. Due studi. BBasil, 5, 1989, 161-180.
Bottini 1990: BOTTINI (Α.), Il candelabro etrusco di Ruvo del Monte. BdA, 59, 1990, 1-14.
Bottini 1992: BOTTINI (Α.), La Magna Grecia in epoca pre-romana. In: Conquista romana y modos de inter-vencion en la organisacion urbana y territorial- Primer congreso historico-arqueologico hispano-italiano, Elche 1989 (a cura di F. Coarelli, M. Torelli, J. Uroz Sàez), DialA, 3 s., 1-2, 1992, 11-20.
Bottini 1994: BOTTINI (Α.), Cultie religiosità degli Italici. In: Antiche genti d’Italia (catalogo mostra, Rimini 1994). Roma, 1994, 77-82.
Bottini et al. 1990: BOTTINI (Α.), TAGLIENTE (M.), FRESA (M. P.), L’evoluzione della struttura di un cen-tro daunio fra VIIe III secolo: l’esempio di Forentum.
In: Italici in Magna Grecia: lingua, insediamenti, strutture (a cura di M. Tagliente). Venosa, 1990 (Leukania 3), 233-264.
Bottini/Fresa 1991: BOTTINI (Α.), FRESA (M. P.) (a cura di), Forentum II-L’acropoli in età classica. Venosa, 1991.
Bottini/Setari 1995a: BOTTINI (Α.), SETARI (E.), Basileis? BA, 16/18, 1992, 1995, 1-34.
Bottini/Setari 1995b: BOTTINI (Α.), SETARI (E.), Basileis- Antichi re in Basilicata. Napoli, 1995.
Bottini/Setari 1996: BOTTINI (Α.), SETARI (E.), Una metropolis della Lucania arcaica. Ostraka, V, 2, 1996, 205-214.
Cordano 1971: CORDANO (F.), Fonti grechee latine per la storia dei Lucanie Brettiie di altre genti indigene della Magna Grecia. Potenza, 1971.
D’Andria 1988: D’ANDRIA (F.), Messapie Peuceti. In: Italia Omnium Terrarum Alumna. La civiltà dei Veneti,
Reti, Liguri, Celti, Piceni, Umbri, Latini, Campante Iapigi (a cura di G. Pugliese Carratelli). Milano, 1988, 653-715.
De Juliis 1988: DE JULIIS (E.), Gli Iapigi. Storiae civiltà délia Puglia preromana. Milano, 1988.
De Juliis 1992: DE JULIIS (E.), L’assetto urbano. In: Principi 1992, 142-144.
Due donne 1993: Due donne dell’Italia antica. Corredi da Spinae Forentum (catalogo mostra, Comacchio 1993-1994). Limena, 1993.
Gernet 1976: GERNET (L.), La notion mythique de la valeur en Grèce. In: GERNET (L.), Anthropologie de la Grèce ancienne. Paris, 1976, 93-137.
Godelier 1980: GODELIER (M.), Processes of the formation, diversity and bases of the state. Int. Soc. Sci. J., XXXII, 4, 1980, 609-623.
Greco E. 1990: GRECO (E.), Serdaioi. AnnAStorAnt, XII, 1990, 39-57.
Greco G. 1991: GRECO (G.) (a cura di), Serra di Vaglio. La «Casa dei pithoi». Modena, 1991.
Guzzo 1993: GUZZO (P. G.), Viaggio in Magna Grecia. BdA, 78, 1993, 27-40.
Lo Porto 1991: LO PORTO (G. F.), Timmari. L’abitato, le necropoli, la stipe votiva. Roma, 1991 (Archeologica 98).
Lo Porto/Ranaldi 1990: LO PORTO (G. F.), RANALDI (F.), Le «lastre dei cavalieri» di Serra di Vaglio. MonAnt, 52. Roma, 1990 (serie misc. 3-6), 287-317.
Mele 1981: MELE (Α.), Il Pitagorismoe le populazioni anelleniche d’Italia. AnnAStorAnt, III, 1981, 61-96.
Messapi 1990: D’ANDRIA (F.) (a cura di), Archeologia dei Messapi (catalogo mostra, Lecce 1990-91). Bari, 1990.
Principi 1992: Principi Imperatori Vescovi. Duemila anni di storia a Canosa (Catalogo mostra, Bari 1992) (a cura di R. Cassano). Venezia, 1992.
Torelli 1988: TORELLI (M.), Le popolazioni dell’Italia antica: sociétée forme del potere. In: Storia di Roma I. Roma in Italia. Torino, 1988, 53-74.
Torelli 1992: TORELLI (M.), I fregi figurati delle regiae latine ed etrusche. Immaginario del potere arcaico. Ostraka, 1. 2, 1992, 249-274.
Yntema 1993: YNTEMA (D.) (éd.), In Search of an Ancient Countryside. The Amsterdam Free University Field Survey at Oria, Province of Brindisi, South Italy (1981/1983). Amsterdam, 1993.
Notes de bas de page
Auteur
Soprintendenza archeologica délia Toscana
Le texte seul est utilisable sous licence Licence OpenEdition Books. Les autres éléments (illustrations, fichiers annexes importés) sont « Tous droits réservés », sauf mention contraire.
Les bois sacrés
Actes du Colloque International (Naples 1989)
Olivier de Cazanove et John Scheid (dir.)
1993
Énergie hydraulique et machines élévatrices d'eau dans l'Antiquité
Jean-Pierre Brun et Jean-Luc Fiches (dir.)
2007
Euboica
L'Eubea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente
Bruno D'Agostino et Michel Bats (dir.)
1998
La vannerie dans l'Antiquité romaine
Les ateliers de vanniers et les vanneries de Pompéi, Herculanum et Oplontis
Magali Cullin-Mingaud
2010
Le ravitaillement en blé de Rome et des centres urbains des début de la République jusqu'au Haut Empire
Centre Jean Bérard (dir.)
1994
Sanctuaires et sources
Les sources documentaires et leurs limites dans la description des lieux de culte
Olivier de Cazanove et John Scheid (dir.)
2003
Héra. Images, espaces, cultes
Actes du Colloque International du Centre de Recherches Archéologiques de l’Université de Lille III et de l’Association P.R.A.C. Lille, 29-30 novembre 1993
Juliette de La Genière (dir.)
1997
Colloque « Velia et les Phocéens en Occident ». La céramique exposée
Ginette Di Vita Évrard (dir.)
1971