La diffusione della ceramica figurata a Locri Epizefiri nella prima metà del IV secolo: problemi di stile, produzione e cronologia
p. 155-162
Note de l’auteur
Questo intervento raccoglie alcune considerazioni inerenti la ceramica figurata a Locri Epizefiri scaturite dallo studio della necropoli in contrada Lucifero da me intrapreso nell’ambito della tesi di Laurea e, successivamente, portato avanti in occasione del Dottorato di Ricerca. Purtroppo alcuni presupposti su cui si basano tali valutazioni sono ancora inediti (v. nota seguente), pertanto in questa sede non posso che rimandare in parte alla loro prossima pubblicazione, in quanto non è qui possibile presentarli in modo completo e dettagliato.
Colgo l’occasione per ringraziare la Soprintendenza Archeologica della Calabria, nelle persone della dott.ssa Elena Lattanzi e del dott. Claudio Sabbione, per avermi permesso con grande liberalità di studiare e pubblicare questi materiali. Sono infine grato alla prof.ssa Marcella Barra Bagnasco per avere seguito con attenzione e sollecitudine questa ricerca.
Texte intégral
1Il quadro relativo alla diffusione a Locri della ceramica figurata di produzione occidentale si è di recente notevolmente ampliato ed arricchito in occasione del riesame della documentazione proveniente dalle aree funerarie, intrapreso negli ultimi anni1.
2Per le produzioni attestate sussistono tuttora notevoli problemi relativi alla localizzazione degli ateliers, ai caratteri della diffusione dei prodotti, nonché alla defïnizione di un quadro cronologico entra oui porne gli sviluppi, in quanto le datazioni oscillano tuttora nel corso della prima metà del IV secolo a causa della rarità di riferimenti precisi e puntuali.
3Con questo breve contributo intendo dunque offrire qualche elemento di valutazione per questa classe di reperti, presentando alcuni dei dati emersi dallo studio dei rinvenimenti operati nelle necropoli locresi, affrontato con un approccio che associa all’esame stilistico considerazioni di carattere topografico e quantitativo – in particolare l’analisi degli areali di distribuzione –, valutazioni inerenti l’ambito produttivo, nonché i dati relativi ai contesti di rinvenimento, al fine di fornire elementi utili ad una definizione più puntuale delle cronologie.
I rinvenimenti a Locri Epizefiri
4La situazione è sintetizzata efficacemente dalle parole di Michel Sguaitamatti, che già una decina di anni fa, a proposito della ceramica figurata di produzione occidentale, sosteneva come, in pratica, a Locri si incontri «sempre la stessa cerchia di artigiani»2. I più recenti rinvenimenti operati negli scavi condotti nell’abitato dalla Barra Bagnasco ed i reperti provenienti dalle aree funerarie confermano pienamente questa osservazione.
5Le produzioni ricorrenti, in particolare, sono rappresentate dal Gruppo di Locri, dal Pittore dell’Erote inginocchiato e dal Pittore della pisside RC 5089.
6Il riesame della documentazione e le nuove attestazioni permettono dunque di valutare in misura più precisa e definita la netta predominanza di queste produzioni (fig. 1)3: in effetti nel complesso esse rappresentano oltre il 75% dei rinvenimenti provenienti dall’abitato e dalla necropoli4.
La diffusione in Calabria meridionale e in Sicilia
7La distribuzione a Locri Epizefiri può essere meglio valutata nel panorama coevo della produzionc e della circolazione delle ceramiche figurate, se inserita in un campo di indagine più ampio, attraverso la valutazione degli areali di diffusione dei reperti ricondotti all’attività dei ceramografi menzionati. L’analisi che scaturisce dallo studio della necropoli permette infatti di delineare con maggiore evidenza rispetto al passato il ruolo occupato dalla città locrese nella distribuzione di questi prodotti (fig. 2).
8La situazione che si viene a delineare potrebbe essere in parte influenzata dallo stato della ricerca, in quanto per Locri si dispone della sistematica pubblicazione delle indagini condotte nell’abitato oltre che del quadro aggiornato dei dati provenienti dalle aree funerarie, mentre per molte zone della Sicilia la documentazione risulta assai meno completa. Tuttavia l’attenzione da sempre rivolta da parte degli studiosi ad una classe ceramica di particolare interesse, quale quella figurata, a mio avviso conferisce attendibilità a questa carta di distribuzione5.
9In particolare si rileva l’elevata frequenza dei rinvenimenti in area calabrese, che si risolve sostanzialmente in una concentrazione quasi esclusiva nei contesti urbani (abitato, aree sacre, necropoli) di Locri Epizefiri, dove risulta documentato il 78% dei reperti linora ricondotti all’attività del Gruppo di Locri e la quasi totalità delle attestazioni del Pittore dell’Erote inginocchiato e del Pittore RC 50896; alla luce della documentazione disponibile rimane invece sostanzialmente escluso il territorio di influenza locrese – per altro assai poco noto in questa fase cronologica –, mentre le subcolonie tirreniche restano coinvolte solo marginalmente7.
10A fronte di questa concentrazione, la diffusione in Sicilia presenta invece caratteri peculiari. Il ridotto numero di rinvenimenti finora noto, infatti, si distribuisce principalmente nella fascia sud-occidentale, con una diffusione rarefatta e puntiforme nella quale spicca la concentrazione registrata a Selinunte8.
11Completano il quadro dei rinvenimenti un ridotto nucleo di attestazioni in area apula9 e alcuni vasi comparsi sul mercato antiquario o comunque privi di un preciso contesta di rinvenimento10.
12Le nuove acquisizioni permettono dunque di valutare più in dettaglio la distribuzione di questi prodotti, evidenziando con maggiore precisione rispetto al passato la diffusione a cavallo tra Locri e l’area siciliana dei vasi attribuiti al Gruppo, fenomeno di rilevante interesse sottolineato in bibliografia sin dai primi studi dedicati all’argomento e che ha generato diverse ipotesi sull’identificazione del centro di produzione.
13Ricordo che, proprio sulla base del progressivo incremento dei ritrovamenti, l’ipotesi che ha trovato maggior credito, soppiantando la prima proposta di una localizzazione locrese11, e quella formulata dal Trendall di un’origine siceliota per questa bottega12, ripresa dallo Spigo, che ha ipotizzato l’identificazione con una «officina siracusana che destinava la maggior parte dei suoi prodotti al mercato della colonia italiota, alleata ed arnica da lunga data»13.
14Solo negli interventi più recenti sia il Trendall che lo Spigo hanno richiamato con prudenza la possibilità dell’esistenza di una fase locrese, da collocare probabilmente in un momento avanzato dell’attività di questa atelier14.
15L’evidenza suggerita dalla situazione quale si viene a delineare in seguito alle più recenti acquisizioni induce a riprendere in esame le proposte finora formulate, affiancando al quadro dei rinvenimenti, basato esclusivamente su valutazioni di carattere quantitativo, osservazioni che scaturiscono dall’esame stilistico delle opere ricondotte al Gruppo di Locri, nonché di carattere cronologico, sulla base della valutazione dei contesti di rinvenimento.
Il Gruppo di Locri: caratteri e problemi
16Sotto la definizione di Gruppo di Locri si raccoglie convenzionalmente una serie di vasi accomunati da formule ricorrenti e caratteri comuni predominanti, quali strette affinità nella composizione delle scene, nella ponderazione delle figure, nel disegno dei particolari e nella selezione delle iconografie; all’interno di questo raggruppamento è tacita convenzione tra gli studiosi riconoscere modi disegnativi e partiti iconografici pertinenti ad un ceramografo più abile ed originale che si porrebbe all’inizio dell’attività di questa bottega (una sorta di caposcuola, convenzionalmente indicato come Pittore di Locri), distiguendoli da quelli di una serie più o meno numerosa di esecutori che si sarebbero affiancati a questa prima personalità, mutuandone fedelmente stile e schemi compositivi (definiti talvolta in bibliografia “seguaci” o “continuatori”)15.
17In mancanza di uno studio soddisfacente sulla “personalità” di questi ceramografi, ed in particolare del Pittore omonimo16, in un primo volume dedicato al riesame degli scavi della necropoli ho cercato di evidenziare taluni elementi che ritengo particolarmente indicativi per l’identificazione di alcuni tratti della sequenza produttiva di questa bottega, organizzando e sistematizzando le rare valutazioni espresse nell’edito e cercando di definire criteri quanto più possibile oggettivi.
18Non è evidentemente questa la sede adatta per presentare dettagliatamente tali criteri, che hanno permesso di definire all’interno del Gruppo di Locri raggruppamenti di vasi affini per modo disegnativo e partiti iconografici, che sembrano corrispondere all’attività di esecutori distinti. Rimando dunque al lavoro in corso di pubblicazione, nel quale ho delineato, attraverso un confronto sistematico dei singoli elementi compositivi e disegnativi, alcuni indizi relativi al rapporto stilistico che intercorre tra il gruppo di opere attribuite al presunto caposcuola e i prodotti che sembrerebbero invece riconducibili ai ceramografi che ne dovettero affiancare l’attività17.
19A tale distinzione, operata su base stilistica, sembra corrispondere negli areali di distribuzione una diffusione tutt’altro che omogenea (fig. 3)18. In area siciliana sono infatti attestate quasi esclusivamente opere ricondotte all’attività del Pittore19, mentre a Locri, si registra, accanto ad un significativo gruppo di realizzazioni attribuite a questo ceramografo, la presenza diffusa e predominante di reperti riconducibili all’attività di esecutori distinti, che compongono appunto il Gruppo.
20Alle differenze di carattere quantitativo e stilistico, che si vengono a delineare tra la diffusione in area siciliana e locrese, si associano anche alcune considerazioni di carattere produttivo che coinvolgono la selezione delle forme vascolari adottate da questa bottega, elemento raramente preso in considerazione negli studi inerenti l’attività delle officine occidentali. Se si espungono i crateri, che costituiscono circa la metà dei vasi ricondotti al Gruppo di Locri, in Sicilia si registra infatti la predominante presenza di forme chiuse di medie o grandi dimensioni (dinos, anfora, pelike, hydria, ciascuna testimoniata finora da un solo esemplare), mentre l’unica forma di ridotte proporzioni è rappresentata dallo skyphos (cinque attestazioni).
21A Locri, invece, sono presenti numerose forme di medie e soprattutto piccole dimensioni, tra le quali prevalente résulta senza dubbio la lekane20.
22Assenti le grandi forme chiuse rinvenute in Sicilia, oltre ad un limitato numero di skyphoi (tre attestazioni), sono documentate invece numerose forme che rappresentano veri e propri unica nella produzione del Gruppo, spesso privi di confronto nella coeva produzione figurata occidentale, come i bariletti, le kylikes su stelo, Yaskos lenticolare, mentre la presenza isolata di una lekythos ariballica rinvia ad analoghe realizzazioni siceliote21.
23Del tutto caratteristici nell’ambito dei rinvenimenti operati nella necropoli locrese, risultano infine gli esemplari sovraddimensionati di lekane, per i quali i confronti in Occidente sono assai rari22.
24Ancora una volta, dunque, l’esame dei dati a disposizione indica una netta differenza nella diffusione dei prodotti ricondotti a questo Gruppo tra l’area siciliana e Locri: il panorama delle forme vascolari attestate riflette infatti significative diversità, costituendo a mio avviso un’ulteriore spia dei modi della produzione di questa bottega, in stretta relazione con i dati evidenziati dagli areali di distribuzione.
25Rispetto alla diffusione della lekane riscontrata a Locri, ad esempio, appare particolarmente significativa sotto l’aspetto cronologico la mancanza in Sicilia di questa forma, che sembra diffondersi nella produzione figurata siceliota solo nel corso del secondo quarto del IV secolo23.
Elementi di cronologia
26Valutazioni d’ordine cronologico sembrano fornire una chiave di lettura per i fenomeni fin qui evidenziati.
27Sebbene noti solo per un ridotto numero di vasi, i contesti di rinvenimento suggeriscono un quadro cronologico utile alla formulazione di una proposta interpretativa delle differenze rilevate tra i ritrovamenti locresi e i prodotti di questa officina diffusi in Sicilia.
28Da quest’ultima area sono infatti noti i corredi della pelike di Vassallaggi e del dinos di Selinunte: per il primo è stata proposta una datazione tra la fine del V e l’inizio del IV secolo, per il secondo ai primi anni del IV24.
29Per i vasi rinvenuti in Sicilia ed attribuiti al Pittore di Locri, dunque, l’orizzonte cronologico risulta omogeneo e coincide con i primi decenni del secolo, periodo cui è possibile far risalire l’avvio e lo sviluppo della fase iniziale di questa produzione: non a caso per alcuni dei rinvenimenti siciliani sono stati formulati richiami allo stile della ceramica attica e segnalate le maggiori affinità con la fase più antica della produzione protosiceliota25.
30A Locri Epizefiri invece, la recente analisi dei corredi pertinenti ad oltre 920 sepolcri26, con lo studio sistematico di tutte le classi dei materiali, non ha evidenziato contesti di rinvenimento anteriori al decennio 380-370 a.C.; essi tendono anzi a concentrarsi nel secondo quarto del IV secolo, negli stessi anni in cui si assiste al proliferare di opere realizzate da esecutori distinti dal “caposcuola”: tale situazione sembra confermare dunque una sostanziale contemporaneità nella deposizione nelle tombe tra le realizzazioni più recenti del Pittore di Locri e i prodotti assegnabili agli altri ceramografi del Gruppo.
31Si tratta di un’importante conferma del fatto che questa produzione giunge fino alla metà del secolo, come ha recentemente proposto lo Spigo sulla base dell’associazione dell’esemplare liparese con il cratere eponimo del Pittore di Adrasto27.
32Si individua dunque un décalage cronologico tra la maggior parte delle attestazioni diffuse in area siciliana e quelle locresi, per il quale al momento sembrano costituire uno spartiacque cronologico gli anni centrali della prima metà del IV secolo.
Considerazioni conclusive
33Alla luce delle osservazioni finora formulate, scaturite dall’associazione dell’analisi stilistica con elementi di valutazione relativi alla diffusione, alla produzione ed alla cronologia dei reperti, ritengo che l’ipotesi di una produzione siciliana che avesse in Locri un mercato preferenziale non possa giustificare le diversità emerse tra la diffusione in Sicilia e la concentrazione di rinvenimenti che si registra nella città locrese.
34A mio avviso si deve piuttosto ritenere che i risultati delle analisi di carattere qualitativo e quantitativo riflettano lo sviluppo dinamico di questa officina, attiva per la maggior parte della prima metà del IV secolo.
35Le modalità della distribuzione in Sicilia sembrano infatti connotare il momento più antico di questa produzione, che si diffonde nell’area sudoccidentale, con una particolare concentrazione a Selinunte, e che presenta caratteri estremamente più omogenei ed unitari, confermando l’ipotesi di un’origine della bottega nell’isola28.
36Rispetto a questo periodo iniziale, la presenza a Locri si pone in un momento più avanzato che, allo stato attuale delle conoscenze, non appare collocabile prima del decennio 380-37029. In questa fase l’analisi stilistica delle opere rinvenute a Locri mostra un allontanamento da alcune offre caratteristiche della prima produzione attribuita al Pittore di Locri, rivelando un’evoluzione ed uno sviluppo nei modi disegnativi e nei partiti iconografici; questi si conciliano con l’identificazione di un “segmento” più recente della sequenza produttiva ricondotta a questo ceramografo. I contesti funerari della necropoli di Lucifero sembrano per altro documentare negli stessi anni una crescente diffusione di opere stilisticamente distinguibili dai vasi attribuiti al Pittore, fenomeno che costituisce un’evidente spia dell’avvio dell’attività di un accresciuto numero di artigiani, a testimonianza del favore incontrato sul mercato locrese da questi prodotti, convenzionalmente ricondotti al Gruppo.
37Con una fiorente e prolifica produzione locale30 si concilierebbero dunque le caratteristiche dell’officina in questa fase: innanzi tutto l’adozione di nuovi supporti vascolari, che in alcuni casi sono vere e proprie creazioni esclusive di questa bottega, nonché lo sviluppo e l’elaborazione di iconografie peculiari31.
38Negli stessi anni della fase locrese dell’attività del Gruppo di Locri si può riconoscere la diffusione esclusiva in questo centro dei prodotti del Pittore dell’Erote inginocchiato e del Pittore della pisside RC 5089 – quest’ultimo attivo con tutta probabilità ancora nel decennio 350-34032 –che mostrano con alcuni vasi del Gruppo evidentissime affinità nel disegno e nell’iconografia33, pur nelle diverse intonazioni stilistiche segnalate dallo Spigo34.
39A Locri Epizefiri sembra dunque di riconoscere con sempre maggiore chiarezza l’attività di un atelier, in cui lavoravano più ceramografi, o di più realtà produttive strettamente connesse, che sviluppandosi da una radice comune diedero vita ad una produzione dai tratti originali che caratterizzò profondamente la circolazione della ceramica figurata nella città a partire dai decenni centrali della prima metà del IV secolo.
40Resta da sottolineare che, se questa proposta verré confermata dalle future indagini, saré a disposizione degli studiosi della società locrese un ricco ed importante corpus di immagini; queste ultime infatti, pur rappresentando rielaborazioni del comune patrimonio iconografico della ceramica di produzione occidentale, presentano evidenti peculiarità che costituiscono indizi di particolare interesse per il recupero di alcuni importanti tratti dell’imagerie locale.
Addenda
41Mentre la pubblicazione degli Atti del Convegno era in corso, le analisi archeometriche (supra, nota 30) sono state portate a termine: i risultati rivelano un’accentuata similarità nella composizione chimica tra le argille pertinenti alle ceramiche a vernice nera locali di IV secolo a.C. e quelle dei campioni figurati.
42Questo dato costituisce un’importante conferma dell’ipotesi di una produzione locrese per un considerevole segmento dell’esperienza produttiva del Pittore di Locri, nonché per i Pittori dell’Erote inginocchiato e della pisside RC 5089. Una prima presentazione di questi dati è stata offerta in occasione del VI European Meeting on Ancient Ceramics “Ceramic in the Society”, tenutosi a Friburgo (CH) nei giorni 3-6 ottobre del 2001 (P. Mirti, M. Gulmini, M. Pace, D. Elia, Red figure vases from Locri Epizephiri: only imports or also local products?), mentre il contributo definitivo comparirà sulla rivista Archaeometry (P. Mirti, M. Gulmini, M. Pace, D. Elia, The provenance of red figure vases from Locri Epizephiri. New evidence by chemical analysis).
43A proposito del Gruppo di Locri, alla luce di questi nuovi dati anche Umberto Spigo ha accolto l’ipotesi di una cospicua “fase locrese” attribuita al «trasferimento di artigiani del Gruppo a Locri Epizefiri con l’impianto di un’officina piuttosto prolifica», come emerge in un recente articolo (U. Spigo, Brevi considerazioni sui caratteri figurativi delle officine di ceramica siceliota della prima metà del IV secolo a.C. e alcuni nuovi dati, in N. Bonacasa, L. Braccesi, E. De Miro (a cura di), La Sicilia dei due Dionisi, Roma 2001, p. 268, 287).
44Segnalo infine che un’integrazione ed un approfondimento del presente contributo, con l’illustrazione dettagliata di alcuni reperti e contesti funerari qui soltanto citati, sono in un mio intervento (Nuovi dati sulla produzione e sulla circolazione della ceramica italiota a figure rosse nel IV secolo a Locri Epizefiri) presentato al convegno “Metodi ed approcci archeologici. L’industria ed il commercio nell’Italia antica”, organizzato a Roma dall’American Academy e dall’Ecole française nei giorni 18-20 aprile del 2002 (Atti in corso di stampa).
Bibliographie
Abbreviazioni bibliografiche
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Schauenburg 1994: K. Schauenburg, Zu einigen Ikonographischen Besonderheiten in der unteritalischen Vasemalerei, in JdI, 109, 1994, p. 115-141.
Sguaitamatti 1992: M. Sguaitamatti, I frammenti di ceramica italiota a figure rosse, in M. Barra Bagnasco (a cura di), Locri Epizefiri IV. Lo scavo di Marasà Sud. Il sacello tardo arcaico e la “casa dei leoni”, Firenze, 1992, p. 173-186.
Spigo 1976: U. Spigo, in Atti Taranto, XVI, 1976, p. 583-586.
Spigo 1977: U. Spigo, La ceramica italiota, in Locri Epizefiri I. Ricerche nella zona di Centocamere, Firenze, 1977, p. 128-146.
Spigo 1987: U. Spigo, La ceramica siceliota a figure rosse: variazioni sul tema, in BdA, LXXII, s. VI, 1987, p. 1-24.
Spigo 1991: U. Spigo, Il problema degli influssi della pittura vascolare attica nella ceramica a figure rosse siceliota, in Atti del Convegno Intemazionale “I vasi attici ed altre ceramiche coeve in Sicilia”, Catania-CamarinaGela-Vittoria, 28 marzo-1 aprile 1990 (Cronache di Archeologia, 30, 1991), p. 51-65.
Spigo 1992: U. Spigo, Esemplari di ceramica a figure rosse e a decorazione sovradipinta siceliota ed italiota al Museo regionale di Messina, in Quaderni dell’Attività didattica del Museo Regionale di Messina, 2, 1992, p. 9-28.
Spigo 2000: U. Spigo, Fra Lipára e Lokroi Epizephyrioi. Il cratere a campana del Gruppo di Locri nella tomba 1155 di c/da Diana e alcune considerazioni sui rapporti fra ceramografi presenti a Lipari e nella Calabria meridionale nel secondo e terzo venticinquennio del IV secolo a.C., in Quaderni del Museo Archeologico Eoliano “Luigi Bernabò Brea”, 3, 2000, p. 29-54.
Notes de bas de page
1 Un primo, cospicuo, lotto di rinvenimenti inediti proviene da una breve campagna di scavo realizzata nel 1956 nell’area della necropoli di Lucifero (Elia, in corso di stampa). Per quanto riguarda invece il settore di necropoli esplorato dall’Orsi tra il 1910 e il 1915, si dispone ora del riesame dei contesti funerari pertinenti ai vasi figurati già noti, oltre all’individuazione di alcuni nuovi rinvenimenti (Elia, La necropoli).
2 Sguaitamatti 1992, p. 173.
3 Il computo associa ai materiali pubblicati (LCS; LCS Suppl. III; Spigo 1976, 1977, 1987, 1991, 2000; Sguaitamatti 1992) i rinvenimenti dalla necropoli ancora inediti (v. nota 2), per un totale di 115 reperti, rappresentati per lo più da frammenti.
4 Le percentuali evidenziate nel grafico sono puntualmente confermate dai dati provenienti dallo studio condotto da Sebastiano Barresi su un lotto di materiali locresi di dubbio contesta di rinvenimento, forse dai depositi votivi del santuario della Mannella, che tuttavia rivelano certamente “inquinamenti” con frammenti sporadici della necropoli di Lucifero (S. Barresi, Frammenti ceramici italioti da Locri Epizefiri e il problema delle officine siceliote e apule nel IVsec. a.C., Tesi di Laurea, Università degli Studi di Catania, a.a. 1990-1991, inedita). Ringrazio Sebastiano per questa segnalazione in occasione delle lunghe ed appassionate discussioni sui terni di ricerca che condividiamo.
5 In particolare il continuo e prezioso monitoraggio dei nuovi reperti rinvenuti negli ultimi anni in area siciliana da parte di Umberto Spigo costituisce un’importante fonte di aggiornamento (Spigo 1987, 1992, 2000).
6 Con le più recenli attribuzioni sono complessivamente documentati a Locri 87 dei 103 reperti riconducibili a questi ceramografi di cui sia noto il luogo di ritrovamento.
7 Sono infatti documentati solamente un frammento di lekane da Medma, attribuito al Pittore RC 5089 (Spigo 1987, nota 23; Spigo 2000, nota 49), ed un coperchio di lebes gamikos ricondotto al Pittore dell’Erote inginocchiato conservato nella collezione Capialbi a Vibo Valentia (CVA Italia 67, Vibo Valentia. Museo Statale “Vito Capialbi”, p. 41-42, fig. 60, tav. 34), per il quale si può solamente indicare una generica provenienza dall’area locrese, per quanto il nucleo principale dei reperti della collezione sia da ricondurre probabilmente dal territorio hipponiate (Ibidem, p. 3).
8 Da Selinunte provengono infatti un dinos, un cratere a campana (LCS suppl. III, no 375b-c, p. 30) e due skyphoi (Barresi 1992, no G3-G4), cui si devono probabilmente associare altri due skyphoi attualmente nella collezione Mormino (Barresi 1992, no G1-G2). Oltre a questi rinvenimenti, in Sicilia si registrano un’anfora da Agrigento (LCS suppl. III, no 376a, p. 30), unapelike da Vassallaggi (LCS suppl. III, no 376a, p. 30), un cratere a campana da Gela (Spigo 1987, fig. 1), un’hydria da Siracusa (LCS, no 379, p. 75), un cratere a calice da Monte Adranone (necropoli meridionale, tomba 35, inedito, in mostra al Museo Archeologico di Agrigento in occasione del Congresso Internazionale “La Sicilia dei due Dionisi”, Agrigento, 24-28 febbraio 1999), un cratere a campana da Lipari (Spigo 2000, p. 29-32, fig. 1-11), un cratere a campana frammentario (Spigo 1987, n. 20) ed un frammento di skyphos (Spigo 2000, n. 47), entrambi da Camarina. Da Messina, infine, si segnalano due frammenti (non inseriti nei nostri areali di distribuzione), entrambi attribuiti solo con formula dubitativa, il primo pertinente ad un cratere a campana ricondotto al Gruppo di Locri (Spigo 1992, no 1, p. 15-16, tav. V.I, non inserito negli elenchi dei rinvenimenti siciliani in Spigo 2000, n. 47), il secondo relativo ad un coperchio di pisside avvicinato alla produzione del Pittore RC 5089 (Spigo 1992, p. 17, 26; Spigo 2000, p. 39, n. 40).
9 Si tratta di tre skyphoi (LCS suppl. III, no 376c-e, p. 30-31) e di una oinochoe (LCS, no 377, p. 75), che a mio avviso presentano caratteri stilistici che ne fanno un gruppo distinto all’interno delle attribuzioni proposte per il Gruppo di Locri.
10 Sono un’oinochoe di una collezione privata di Napoli (LCS suppl. III, no 376b, p. 30), due crateri, rispettivamente al Museo di Trieste (LCS suppl. III, p. 31) e in una collezione privata svizzera (Schauenburg 1994, p. 117-123, fig. 1-3), nonché altri due crateri comparsi sul mercato antiquario a Basilea e a New York (LCS suppl. III, no 375a e 375d, p. 30). Altre tre lekanai, ricondotte al Pittore dell’Erote inginocchiato, sono invece rispettivamente a Madrid, Amsterdam e in una collezione privata di Napoli (LCS, no 107-109, p. 219).
11 LCS, p. 74. Cfr. anche Spigo 1977.
12 LCS suppl. III, p. 29-30.
13 Spigo 2000, p. 32. Cfr. anche Spigo 1987, p. 3; Spigo 1991, p. 56.
14 «… it seems now probable that this artist was also in origin a Sicilian and that he may subsequently have moved to Locri and established a work-shop there» (RVSIS, p. 30); «… non escludiamo… che in una fase avanzata della loro attività alcuni ceramografi di questo “atelier’’possano essersi trasferiti proprio a Locri (al seguito di Dioniso II?) avviando l’attività di una bottega locale» (Spigo 2000, p. 32).
15 Allo stato attuale delle conoscenze risulta impossibile verificare se questa ricostruzione schematica, che identifica una corrispondenza tra l’attività di un unico ceramografo e la fase iniziale di questa produzione, sia attendibile, o se invece non si debba piuttosto immaginare fin dall’inizio la cooperazione di mani diverse le cui opere presentano evidenti ed accentuate affinità stilistiche e compositive. Tuttavia l’identificazione convenzionale sotto la definizione di “Pittore di Locri” di questo modo disegnativo iniziale, appare particolarmente funzionale a seguirne l’evoluzione diacronica nonché ad indagare la diffusione areale dei diversi esiti, permettendo di valutare il coinvolgimento di realtà assai differenziate, quali il mercato siciliano e quello locrese.
16 Cfr. Spigo 2000, n. 2.
17 Elia, in corso di stampa; tale proposta non si prefigge il fine di identificare puntualmente le singole personalità attive in questa bottega, sforzo che allo stato attuale delle conoscenze appare difficilmente realizzabile e forse sterile, quanto di evidenziare tra i prodotti diffusi a Locri il concorso di esecutori distinti.
18 Nel grafico sono ovviamente riportati solo i reperti che conservano una porzione della scena figurata tale da consentire uriattribuzione ad uno dei modi disegnativi che rientrano all’interno della generica definizione di Gruppo di Locri.
19 In bibliografia sono stati infatti attribuiti all’attività del Pittore di Locri quattro vasi da Selinunte (cratere, dinos, due skyphoi), l’anfora di Agrigento, la pelike di Vassallaggi, nonché il frammento da Camarina. A questi, in particolare alla pelike ed all’anfora, deve inoltre essere avvicinato a mio giudizio il cratere da Monte Adranone. Un’ultima attribuzione al Pittore di Locri, che mi trova del tutto concorde, è stata recentemente proposta per il cratere di Gela (Spigo 2000, n. 2). A questo ceramografo sono inoltre attribuiti anche 4 vasi confluiti in collezioni private, per i quali appare del tutto inverosimile una provenienza dalle necropoli locresi, sostanzialmente immuni da scavi clandestini, lenomeno invece tragicamente diffuso in ampie aree della Sicilia.
20 Le attestazioni rappresentano circa il 20% dei rinvenimenti (sempre esclusi i crateri).
21 Per quanto riguarda la forma del bariletto, oltre al celebre esemplare integro dal sep. 884 della necropoli di Lucifero, si registra il rinvenimento di un frammento sporadico ancora inedito (Museo di Locri, no 3071, MAC 466). Due kylikes frammentate sono state invece identificate tra i materiali raccolti nel saggio operato alla necropoli nel 1956 (Elia, in corso di stampa, no FR15-16), mentre l’askos lenticolare proviene dal sep. 83 della stessa area funeraria (Spigo 1991, p. 56, fig. 9). L’unico esemplare di lekythos ariballica è invece sporadico (Museo di Locri, no MAC 52).
22 Ho raccolto finora cinque attestazioni di questa forma – purtroppo per lo più estremamente frammentarie – che pub raggiungere un diametro massimo di 45 cm; in tre casi è stato possibile identificare i contesti funerari di pertinenza (sep. 749, 1502, 1210; in quest’ultimo caso la lekane risulta priva del coperchio figurato: cfr. Elia, in corso di stampa; Elia, La necropoli). Per le dimensioni uno dei pochi confronti a me noti in Occidente, sebbene più piccolo degli esemplari locresi, è ravvisabile nella lekane rinvenuta nella tomba a camera di Marcellina (cfr. E. Greco e P. G. Guzzo (a cura di), Laos II. La tomba a camera di Marcellina, Taranto, 1992, no 45, p. 62, 77, fig. 6, tav. XIII, 3).
23 La lekane appare infatti sostanzialmente assente tra i prodotti dei ceramografi protosicelioti dei Gruppi della Scacchiera e di Himera ed inizia a comparire sporadicamente solo con il Gruppo di Dirce (LCS suppl. III, no 59, p. 99; no 75, 85-86, p. 102-103).
24 Spigo 2000, p. 34-35. Entrambi i sepolcri erano stati datati dai primi editori rispettivamente agli ultimi anni (P. Orlandini, Vassallaggi. (S. Cataldo). Scavi 1961: I. La necropoli meridionale, in NSc, 1971, Suppl., p. 81) e agli ultimi decenni del V secolo (V. Tusa, La necropoli di Selinunte, in A. Adriani (a cura di), Odeon ed altri “monumenti” archeologici, Palermo, 1971, p. 223), anche sulla base dell’erronea identificazione con prodotti attici dei vasi attribuiti in seguito al Pittore di Locri. Le datazioni proposte dallo Spigo appaiono dunque senza dubbio più convincenti, anche se sarebbe fondamentale disporre di una riproduzione grafica dei numerosi vasi a vernice nera associati per una puntualizzazione della cronologia dei due contesti.
25 Spigo 1991, p. 56-57; Spigo 2000, p. 34. In questo caso, tuttavia, non per tutti i vasi citati mi paiono condivisibili le assonanze richiamate con la coeva produzione vascolare attica.
26 Elia, La necropoli. Tra i corredi maggiormente significativi sotto l’aspetto cronologico segnalo quelli dei sep. 749, 884, 975 e soprattutto 1119, che, alla luce della nuova “ricomposizione” proposta, si colloca nel secondo quarto avanzato del IV secolo.
27 Spigo 2000, p. 34.
28 Non sembra casuale che i rinvenimenti siciliani pertinenti ad una fase avanzata della produzione attribuita al Pittore di Locri (cratere di Gela) o riconducibili al Gruppo omonimo (hydria di Siracusa, cratere di Lipari) si rinvengano dispersi in un’area più ampia rispetto a questo primo nucleo. In questo senso la proposta di una localizzazione della officina a Siracusa mi pare al momento priva di conferme.
29 In questo caso l’ipotesi più attendibile mi sembra resti quella già avanzata dal Trendall (RVSIS, p. 30) di uno spostamento a Locri di questo ceramografo, proposta ripresa dal Giudice che richiama le analoghe vicende della vita di Carcino di Reggio (F. Giudice, La ceramica figurata, in F. Giudice, S. Tusa, V. Tusa, La Collezione archeologica Banco di Sicilia, Palermo, 1992, p. 352).
30 Il problema della localizzazione di questa officina è attualmente indagato anche attraverso la realizzazione di analisi archeometriche degli impasti ceramici dei reperti figurati, da tempo invocato (cfr. Spigo 1987, p. 17, n. 22; Sguaitamatti 1992, p. 174, n. 7). A tale scopo è in fase di completamento un progetto di ricerca in collaborazione con il prof. Piero Mirti dell’Università di Torino (Dipartimento di Chimica Analitica), che ha contemplato, oltre alla campionatura di un lotto di frammenti figurati di produzione attica, l’analisi di 26 reperti ricondotti alla produzione del Gruppo di Locri, del Pittore dell’Erote inginocchiato, del Pittore della pisside RC 5089, del Gruppo di Dirce, del Gruppo Prado-Fienga. Questi nuovi dati potranno essere confrontati con i risultati archeometrici ottenuti nei primi anni ’90 con l’applicazione dei sistemi ICPOES (inductively coupled plasma optical emission spectroscopy) e FES (flame emission spectroscopy), attraverso i quali è stato possibile determinare con precisione la composizione delle argille locresi utilizzate per la produzione della ceramica a vernice nera tra la fine del V e il III secolo (cfr. P. Mirti, A. Casoli, M. Barra Bagnasco, M.C. Preacco Ancona, Fine ware from Locri Epizephiri; a provenance study by inductively coupled plasma emission spectroscopy, in Archaeometry, 37,1, 1995, p. 41-51; P. Mirti, A. Casoli, L. Calzetti, Technology of Production of Fine Pottery Excavated on a Western Greek Site Investigated by Scanning Electroon Microscopy Coupled with Energy-Dispersive X-ray Detection, in X-ray Spectrometry, 25, 1996, p. 103-109). Tale indagine si ripromette di verificare le osservazioni, già formulate dallo Sguailamatti (Sguaitamatti 1992, p. 173-174) ed ampiamente confermate dai successivi esami autoptici, sulle accentuate affinità (corpo ceramico, vernice, profilo delle forme vascolari) dei reperti ceramici figurati con la cocva produzione locale a vernice nera.
31 In questa sede non mi è possibile presentare le valutazioni che scaturiscono dall’esame delle iconografie attestate a Locri che, soprattutto nei vasi di ridotte dimensioni attribuiti a ceramografi del Gruppo, mostrano il prevalere di una limitata selezione di singoli elementi tratti dal repertorio figurativo dei vasi di grandi proporzioni. Il carattere ripetitivo e seriale di questa produzione costituisce uno dei tratti più significativi dei reperti diffusi a Locri (Elia, in corso di stampa).
32 Il riesame dei contesti funerari locresi conferma infatti una datazione ai decenni 360-340 a.C.
33 In particolare segnalo le strettissime affinità che si possono riconoscere tra alcuni vasi del Pittore dell’Erote e un nucleo di opere attribuite al Gruppo di Locri, che si addensa intorno alla lekane del sep. 1242 (ed alle kylikes rinvcnute nel 1956: Elia, in corso di stampa); inoltre evidenti punti di contatto – anche sotto l’aspetto iconografico – sono identificabili tra le opere del Pittore dell’Erote e le realizzazioni del Pittore RC 5089 (cfr. ad esempio le valutazioni formulate a proposito della lekane dal sep. 1088: Sguaitamatti 1992, p. 178-179; Spigo 2000, p. 37).
34 Spigo 2000, p. 36.
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