Parte II. Le maschere della tragedia seguendo il catalogo di polluce
p. 41-85
Texte intégral
1. I Gérontes
1Cerchiamo di riassumere innanzi tutto i dati che possiamo trarre dal catalogo stesso di Polluce, utili per il riconoscimento dei singoli personaggi nella documentazione figurativa che abbiamo raccolto.
2Nelle maschere della commedia nuova i gérontes hanno sempre la barba ed è proprio questo l’elemento che li distingue a prima vista dai neanískoi, che sono sempre sbarbati.
3Questo, in linea di massima, avviene anche nelle maschere tragiche, ma con una eccezione.
4Lo xyrías, che è il più vecchio fra i gérontes, ha le guancee il mento rasati. Su ciò il testo di Polluce non lascia dubbi. Ma per gli altri cinque, non pare dubbio che debbano avere la barba, anche se Polluce la indica solo per due di essi, il leukós e il mélas. Il primo ha la barba folta, il secondo la barba ricciuta. Che si segua per i gérontes della tragedia un ordine di anzianità come avveniva in genere per le maschere comiche, è evidente, almeno per i primi quattro personaggi.
5Per lo xyrías, è detto espressamente che è il più anziano; seguono quello coi capelli bianchi (il leukós), quello coi capelli grigi (lo spartopólios) e quello coi capelli neri (il mélas). Ma, il biondo (lo xanthós) e quello ancora più biondo (lo xanthóteros) sono evidentemente degli uomini di buona etàe si distinguono dai neaniskoi solo perché hanno la barba.
6Purtroppo il colore dei capelli nelle maschere fittili è raramente conservato. Può invece essere riconosciuto nelle figurazioni pittoriche di maschere teatrali.
7Meno ancora è riconoscibile il colorito della carnagione, elemento su cui Polluce insiste in modo particolare, perché è in realtà in rapporto con le condizioni fisichee psichiche del personaggio nel momento della sua vita nel quale partecipa al fatto tragico.
8Circa il colorito non abbiamo indicazioni per il vecchio xyrìas. È bianchiccio nel leukós, piuttosto pallido nello spartopólios, molto scuro, abbronzato, nel mélas. Lo xanthós è di un bel colorito, lo xanthóteros è assai più pallidoe malaticcio.
9Uno degli elementi più ovvii per l’identificazione delle nostre maschere è peraltro l’ónkos.
10Questo è grande nel mélas e probabilmente abbastanza grande nello xyrìas, anche se Polluce dice solo, a proposito di esso, che le chiome bianche aderiscono all’ónkos, senza indicarne l’altezza. Peraltro, proprio a proposito di questo personaggio ci spiega che cosa è l’ónkos.
11Lo xanthós ha Yónkos minore rispetto al mélas.
12Il leukós avrebbe un ónkos breve (dato che constateremo erroneo), mentre nessuna indicazione abbiamo per lo spartopólios e per lo xanthóteros, che peraltro è detto simile allo xanthós, ma solo più pallido.
13Vi sono poi alcune indicazioni supplementari, che ci possono essere molto utili per l’identificazione dei diversi personaggi.
14Lo xyrías deve apparire molto vecchioe avrebbe quindi guance flosce, cadenti.
15Il leukós ha boccoli intorno al capoe alla barbae le sopracciglia inclinate.
16Lo spartopólios ha l’aspetto di un vecchio, nonostante i capelli che non sono ancora canuti.
17Il mélas ha l’aspetto arrogante (trachýs). Lo xanthóteros ha aspetto malaticcio.
18Cerchiamo quindi di identificare le singole maschere nel materiale raccolto.
Lo xyrias
191) Riconosciamo la maschera dello xyrias nella figura di Amphitryo, il vecchissimo padre di Herakles, nella scena relativa al- l’Herakles di Euripide, della Casa di Casca a Pompei (fig. 10). Vi appare con un volto rugosoe carni flaccide, con gli occhi stanchi, senza barba. Non sembra calvo, al contrario si riconoscono corte chiome sulla frontee sopra le orecchie, ma certamente non ha un ónkos.
202) Lo stesso personaggio è raffigurato in una statuetta del Museo di Atene (fig. 18). È un vecchio scarno, ravvolto in un mantello terminante alle ginocchiae con lunghe brache scendenti fino alle caviglie.
21La ponderazione incerta è quella di una persona molto anziana che avanza con fatica. Il volto è rugoso, senza barba, lo sguardo è smorto.
22Come nella figura precedente, non è calvo, ma si riconosce il margine di una corta capigliatura, soprattutto sulle tempie.
233) Allo xyrías sono riferibili anche i frammenti di una maschera in terracotta di grandezza poco meno del vero da Siracusa, Villa Maria (fig. 19); uno di essi comprende tutta la guancia sinistra col nasoe la fronte, l’altro parte della guancia destra. Nulla resta invece delle chiome.
24Si tratta di un personaggio anziano, dal colorito giallastro, senza baffie dalle guance rase, dall’occhio stancoe con accentuate borse al di sotto, messe in evidenza da un colore violaceo, dalla carnagione flaccida, cascante.
Il leukós, lo spartopólios, il mélas; caratteri distintivi
25Seguono allo xyrias tre personaggi, in ordine di età: il leukòs anér con i capelli bianchi, che è quindi evidentemente un vecchio; lo spartopólios con i capelli grigi, che è un uomo di mezza età,e infine il mélas anér con i capelli neri, che deve essere quindi un uomo maturo, ma ancora relativamente giovane, nella pienezza delle sue forze.
26Abbiamo raccolto una serie abbastanza numerosa di maschere maschili con barbae con alto ónkos, che, seguendo le indicazioni del catalogo di Polluce, dovremmo classificare come mélas anér. È una serie che potrebbe allungarsi molto, se estendessimo più sistematicamente le ricerche.
27In alcune di queste maschere il personaggio rappresentato è ben caratterizzato dagli attributi che compaiono al di sopra del- l’ónkos. Talvolta questo personaggio è Herakles, inequivocabilmente individualizzato dalla leontea. E ad Herakles la maschera del mélas anér conviene perfettamente.
28Ma in altre maschere il berretto frigio caratterizza il personaggio come Priamo,e la maschera di Priamo non può certamente essere quella del mélas anér. Non gli conviene neppure quella dello spartopólios, cioè di un uomo di mezza età. Priamo non può essere rappresentato altro che da una maschera di vecchio,e cioè dal leukòs anér.
29Polluce ci dice che la maschera del vecchio con i capelli bianchi, del leukòs anér, ha un ónkos corto (βραχύς). È infatti in qualche figurazione pervenutaci, come quella della Casa di Casca, nel personaggio di Lykos, questa maschera ha un ónkos non molto alto. Ma ci accorgiamo che nella prassi teatrale più comune (o forse meglio in quella figurativa) anche il leukòs anér ha sovente un ónkos alto come quello del mélas anér.
30Per il resto, i dati corrispondono bene, quando il catalogo ci indica per il leukòs anér la barba foltae le sopracciglia inclinate. Sono proprio questi due elementi, la barba foltae le sopracciglia inclinate, che ci permettono di distinguere, nel complesso delle maschere pervenuteci con grande ónkos, il leukòs anér dal mélas anér, che ha invece la barba arricciatae le sopracciglia contratte, orizzontali.
31Per lo spartopólios, posto fra i duee per il quale Polluce non dà alcuna indicazione utile per un suo riconoscimento, vien fatto di chiederci se non fosse anche questa una maschera a grande ónkos, sicché la più appariscente differenziazione dalle altre due sarebbe data innanzi tutto dal colore delle chiome. Se così fosse avrebbe dovuto trattarsi di una maschera ad alto ónkos, diversa dalle altre due, non avente cioè le sopracciglia né inclinate, convergenti verso la fronte, né contratte.
32Ci si potrebbe chiedere se il tipo dello spartopólios non ci fosse offerto da una splendida statuetta frammentaria, rinvenuta negli scavi dell’Agorà di Atene, in contesto del III secolo a. C., che presenta sopracciglia divergenti, inclinate verso l’alto, con espressione del tutto diversa sia dal leukòs che dal mélas anér.
33Sulla base delle conclusioni a cui siamo pervenuti diamo quindi un elenco delle maschere maschili ad alto ónkos che abbiamo raccolto, in cui si può riconoscere il leukòs anér, lo spartopólios e il mélas anér.
Leukòs anér (maschera 2)
341) In una mascheretta da Tebe a Berlino (fig. 20), questa maschera è usata per il personaggio di Priamo, come indica il berretto frigio, adattato sull’alto dell’ónkos. In essa le chiome dell’ónkos sono radialmente striate.
352) Priamo, caratterizzato dal berretto frigio, è anche raffigurato nella colossale maschera marmorea, rinvenuta un trentennio addietro a Tindari, negli scavi della contrada Cercadenari (fig. 21 a,b), nei ruderi di un grande edificio, probabilmente pubblico ο sacrale, prospiciente sul decumano superiore presso il suo estremo Ovest. È un'opera di età romana imperiale, forse del II sec. d.C., fortemente stilizzata in modo decorativistico, con gli occhi chiusi e con voluminosa chioma molto coloristica, formata da boccoli spiraliformi, scendenti dall'alto ónkos e ricadenti, allargandosi, sulle spalle. Mancano il labbro inferiore e il mento.
363) Alla mascheretta di Tebe è molto vicina (anche per la striatura radiale dell'ónkos) una statuetta dello stesso Antiquarium di Berlino (fig. 22), che ci conserva l'intera figura del personaggio, protendente il braccio destro, indossante una pesante veste che termina poco sotto le ginocchia, sulla quale è ravvolto un mantello che rifascia le spalle e si raccoglie sull'avambraccio sinistro. Manca peraltro in questo caso il berretto frigio caratterizzante Priamo, sicché potrebbe anche trattarsi di personaggio diverso (forse Edipo?).
374), 5), 6) Tre mascherette del leukòs anér, di terracotta, di piccole dimensioni (la maggiore alta cm. 6, le due minori circa cm. 4) provenienti da Myrina, sono conservate al Museo del Louvre. La maggiore (Myr. 350) (fig. 23) in particolare è di modellazione molto accurata, con lunghi boccoli ritorti, cadenti parallelamente dall'alto ónkos e allargantisi sulle spalle. Le altre due (Myr. 351 e 352) (figg. 24, 25) sono di fattura alquanto più sommaria e pressoché identiche fra di loro, essendo uscite da una stessa matrice. Le chiome cadenti sono meno stilizzate e il contorno della barba è più arrotondato.
387) Alle mascherette di Myrina al Louvre è molto vicino un esemplare anch’esso minuscolo (A. 4,4) rinvenuto negli scavi americani di Morgantina (fig. 26).
398) Una maschera-antefissa marmorea, ridotta cioè a un solo bassorilievo, da Pompei al Museo di Napoli (fig. 27), assai più stilizzata, ci dà una compassata immagine del leukòs anér, con bende annodate intorno all’altissimo ónkos, in cui le chiome sono a lunghi boccoli ritorti, paralleli, cadenti sulla frontee ai lati del volto. Con simili boccoli, ma molto più corti, è resa la barba, su cui scendono lunghi baffi spioventi. Poiché le chiome ricoprono quasi tutta la fronte, l’inclinazione delle sopracciglia è meno evidente, ma esse sono sempre rigidamente lineari.
409) Una grande maschera marmorea del leukòs anér è conservata al Museo Nazionale romano (fig. 28). È molto stilizzata, con chioma a boccoli cilindrici rigidi, paralleli, scendenti dall’alto ónkos, e barba ricciuta assai voluminosa, ma non lunga.
4110) Passando alle figurazioni pittoriche abbiamo visto, nella figura di Lykos in una scena dell’Herakles di Euripide, nella casa di Casca di Pompei, una maschera del leukòs anér con chiomee barba bianche, ma con ónkos relativamente basso (fig. 10).
4211) Invece nella maschera di un pannello murale da Pompei al Museo di Napoli (inv. 9815) (fig. 12) la barbae le chiome bianche, formanti un alto ónkos proprie del leukòs anér si fondono con le sopracciglia contratte ad accento circonflesso tipiche del mélas anér. Vediamo quindi una confusione fra i due tipi.
4312) Nel mosaico di Chahba-Philippopolis il leukòs anér è riconoscibile nella maschera D4 (fig. 17).
44La serie di documenti relativi al leukòs anér appare dunque, nel complesso, assai coerente ed omogenea.
45Abbiamo peraltro alcuni pezzi che, pur presentando elementi che li fanno rientrare genericamente in questo tipo, per altri elementi se ne distaccano nettamentee vengono a costituire una variante ben definita. Ritroviamo in essi sia la figura generica del vecchio con chiomee barba bianche, sia la caratteristica convergenza delle sopracciglia inclinatee rilevate. Ma le chiomee la barba sono molto più voluminose, più disordinate, più incolte. Non si adattano cioè a un personaggio anziano di rango regale ο principesco, quali possono essere Priamo ο Edipo, ma convengono piuttosto ad un essere primitivo ο ad un personaggio sconvolto dal dolore ο dalla sofferenza.
4613) Appartiene a questa variante la maschera colossale bronzea del Pireo (fig. 29) rinvenuta in un livello di distruzione che può essere in rapporto con l’attacco di Siila dell’86 a. C.
4714) Un altro esemplare con maggior prevalenza delle chiomee della barba, rese peraltro in modo più fluentee più naturalistico, ci è offerto dalla maschera (fig. 30) posta dinnanzi al pilastro di sinistra della grande fontana, dalla quale prende il nome una delle case di Pompeie contrapposta ad una maschera di Herakles.
4815) Una maschera inserita in una architettura parietale della Villa di Boscoreale (Oecus) ora al Museo di Napoli (fig. 31) è quella di un vecchio dall’espressione sconvolta dal dolore in cui la barbae le chiome, bianchissime, sono nel massimo disordine, rese con straordinaria efficacia, sicché l’ónkos convenzionale, non può più trovare posto.
Spartopòlios (maschera 3)
491) Abbiamo considerato come possibile esempio dello spartopólios (fig. 32) la piccola terracotta rinvenuta negli scavi dell’Agorà di Atene in contesto del III sec. a. C. illustrata per la prima volta dalla Burr Thompson, che ne ha messo in evidenza la elevatissima qualità. Rappresenta un eroe, di età matura, ma non vecchio, in un momento drammatico della tragediae cioè in una posizione molto vivace, che potremmo dire violenta. Se ne conserva tutto il corpo fino alle anche, ravvolto in una pesante clamide, di cui egli serra un lembo con la mano sinistra.
50La maschera, circondata da un alto ónkos di chiome ricciute (di cui manca la parte superiore)e con una voluminosa barba, ricciuta anch’essa, è caratterizzata da occhi vivacissimi, rotondi, da sopracciglia molto marcate, divergenti; inclinate cioè verso le tempie,e da sottili baffi spioventi.
512) Concorderebbe con questa identificazione il riconoscimento dello spartopólios nella maschera del riquadro Β 6 del Mosaico di Chabha Philippolis (fig. 15), nel quale il colore grigio delle chiomee soprattutto della barba è evidentissimo. L’impugnatura della spada, a lato della maschera, corrisponderebbe al carattere guerriero di questo personaggio, indicatoci anche dalla terracotta ateniese.
Mélas anér (maschera 4)
52È stato detto che questa maschera si distingue dal leukòs anér per le sopracciglia contratte e, a detta di Polluce, per la barba più arricciata.
53Gli esemplari pervenuti sono adattati al personaggio di Herakles, caratterizzato dalla leontéa, riconoscibile al di sopra dell’ónkos.
- Uno degli esemplari più tipici è quello che sta dinanzi al pilastro destro della stessa grande fontana di Pompei (fig. 30 b), contrapposto alla variante del leukòs anér precedentemente esaminata. È modellato con molta cura, anche se con intento evidentemente decorativistico. La leontea ricopre ampiamente l’ónkos; boccoli spiraliformi scendono allungati sugli omeri ai lati del volto. La barba forma una massa rigida, innaturale, a contorno curvilineo.
- La leontea è ben riconoscibile anche in una mascheretta in terracotta di Taranto (fig. 33) di modellazione molto più sommaria, con iccioli spiraliformi nell’ónkos e anche, molto evidenti, nella barba.
- Un’altra figura di Herakles con la leontea sull’alto ónkos e con chiome a riccioli spiraliformi allungati, ci è data da una terracotta massiccia, proveniente da Tindari (fig. 34), ora al Museo di Cefalù, che presenta un volto più allungatoe sopracciglia stilizzate, che si ripiegano verso l’alto, ai lati del-l’allungatissima radice del naso.
- Una statuetta di attore di tragedia, barbato, con lunga veste cinta in altoe pendente fino ai piedi, da Amisos al Museo del Louvre (fig. 35) tiene sul braccio sinistro una maschera di Heraklese appoggia la mano destra su una lunga clava. La maschera ha le sopracciglia ancor più nettamente ad accento circonflesso che la terracotta di Tindari.
- Altre maschere riportabili al tipo del mélas anér non hanno elementi che caratterizzano il personaggio. Fra queste, quella che ricorre nel fregio marmoreo di Pergamo (fig. 7), insieme ad altre maschere tragiche. In essa i tratti sono stilizzatie le chiome si allargano decorativamente verso il basso.
- Così forse anche una mascheretta degli scavi americani di Morgantina (fig. 36), mancante di una parte dell’ónkos, che presenta sopracciglia poco rilevate, curvilinee,e due profonde rughe sulla fronte.
- Una maschera ornamentale in stucco del mélas anér è stata recentemente rinvenuta a Taormina (fig. 37) nel riempimento di una cisterna romana, in contesto del I-II sec. d. C. Ne devo la segnalazionee la fotografia alla cortesia della Dott. ssa Giovanna Bacci. Se ne conserva bene il volto in cui sono particolarmente evidenti le sopracciglia aggrottatee la barba arricciata, ma non lunga, intorno al mento, mentre i boccoli delle chiome che rivestono l’alto ónkos si sono distaccati, sicché di questo non resta che la sagoma.
- Passando alle figurazioni dipinte, possiamo riconoscere la maschera del mélas anér adattata al personaggio di Edipo nel pannello pompeiano del Museo di Palermo (fig. 8). Le chiome sono infatti ancora neree le sopracciglia sono non inclinate, ma contratte. Edipo dunque nella messa in scena teatrale era presentato come un uomo già anziano, ma non come un vecchio canuto.
- Una maschera maestosa del mélas anér compare posata in alto a sinistra in un pannello da Pompei al Museo di Napoli (inv. 12733; Bieber 1961, fig. 594). In essa le chiome scendendo dall’altissimo ónkos si allargano in basso sulle spallee la barba ricciuta è voluminosa ma piuttosto corta.
- Abbiamo ricordato la maschera dal pannello in cui i caratteri del mélas anér (sopracciglia contratte ecc.) si fondono con le chiomee la barba bianche proprie del leukòs anér (fig. 12).
Xanthòs anér (maschera 5)
- Sicuramente identificabile nella nostra documentazione è lo xanthòs anér, l’uomo biondo, offertoci dalla maschera centuripina purtroppo frammentaria, del Museo di Siracusa (fig. 38), che ben conserva il colore biondo della barba, trattata arcaisticamente con riccioli stilizzati.
- La stessa maschera, caratterizzata da una barbetta bionda, arricciata,e da una corona di capelli poco rilevata intorno alla fronte (che ben può corrispondere al piccolo ónkos ricordato da Polluce) è riconoscibile nel secondo personaggio, che abbiamo identificato come Polinice, della pittura pompeiana del Museo di Palermo (fig. 8) di cui abbiamo parlato, anche se in esso la corta barbae le chiome sono alquanto arruffate, forse in rapporto al ruolo per cui la maschera è impiegata.
- Ancora più tipico esemplare di questo personaggio è la maschera posata su un tavolino sul lato destro del mosaico pompeiano del Museo di Napoli (fig. 11) rappresentante attori che si preparano per la recita di un dramma satiresco. Il breve ónkos di cui parla Polluce è qui molto più evidente che nella pittura di Palermoe non vi sono quei tratti arcaicizzanti che presenta l’esemplare centuripino.
- Si identifica con lo xanthós anche la maschera mediana (l’unica maschile) (fig. 13) delle tre raffigurate in un mosaico della casa del Trionfo di Dioniso di Antiochia caratterizzata dall’ónkos breve e dalla corta barba bionda.
- Nel mosaico di Chahba-Philippopolis è il numero A6 (fig. 14).
Lo xanthóteros (maschera 6)
541) Lo xanthóteros potrebbe essere forse riconoscibile in una maschera fittile del Museo di Efeso (fig. 39), di straordinario verismo. Che sia uno dei gérontes lo indica la corta barba che circonda il mentoe le gote. L’estrema magrezza del volto può ben corrispondere a quell’aspetto malaticcio di cui parla espressamente Polluce, anche se non è riconoscibile, in questo pezzo di terracotta acroma, il colorito pallido.
55Non è calvo, ma al contrario i capelli formano un netto rilievo intorno alla fronte, che può in qualche modo richiamare quello, forse un po’più accentuato, dello xanthós, che Polluce definisce un "ónkos minore".
562) Nel mosaico di Chahba-Philippopolis è al riquadro B3 (fig. 16).
2. I neanískoi
57Come nelle maschere della commedia, i neaniskoi (i giovani), si distinguono a prima vista dai vecchi per essere sbarbati. Solo per il primo di essi, il pánchrestos, Polluce dice espressamente che è senza barba, ma per nessuno degli altri la barba è ricordata.
58L’elemento che differenzia con maggior evidenza i diversi tipi è sempre l’ónkos.
59Questo è altissimo per lo oúlos neanískos, quello coi capelli ricciuti (o meglio ondulati) che è detto ypéronkos.
60Ma probabilmente ha un ónkos ugualmente grande anche il pároulos che è simile al precedente, ma più giovane.
61Anche il pinarós (il sordido) ha un ónkos, ma non è detto di quale misura,e per analogia potrebbe averlo il secondo pinarós, che è più esilee più giovane del primo.
62Non si fa cenno dell’ónkos per gli altri quattro neaniskoi e cioè per il pánchrestos, che ha i capelli foltie neri, per l’apalós, che ha ricci biondi, per l’ ōchrós (il pallido) che è períkomos, e per il párōchros che è simile al pánchrestos, ma di aspetto malaticcio.
63Il termine períkomos (letteralmente che ha chiome all’intorno), che ritroviamo nelle maschere comiche per la lektiké e per la pallaké, sembrerebbe voler indicare una massa piuttosto voluminosa di capelli, espansa più all’intorno che verso l’alto.
64Invece il termine epíkomos (che ha chiome al di sopra) usato per il secondo pinarós, indicherebbe che i capelli si espandono soprattutto verso l’alto.
65Le altre indicazioni riguardano il colore delle chiome, il colorito, che difficilmente possiamo ricontrare nelle nostre maschere, l’aspetto violento (bloserós) per lo oúlos, triste per il pinarós, malaticcio per l’ochrós e il pámchros.
Il pánchrestos (maschera 7)
661), 2) Il pánchrestos è raffigurato probabilmente nelle due belle statuette, l’una da Myrina a Vienna, l’altra dall’Asia Minore ad Atene, che ci danno l’intero personaggio (figg. 40-41) ravvolto nel chitonee nell’himation. Queste vesti peraltro, almeno nel secondo esemplare, sono piuttosto cortee terminano a metà delle tibie.
67In entrambe le statuette le chiome, piuttosto voluminose, cascano allargandosi ai lati delle orecchie.
683) Troviamo identica pettinatura in una mascheretta di terracotta (fig. 42) del Museo del Louvre, che rappresenta evidentemente lo stesso personaggio, anche se minuscoli orecchini lo abbiano fatto classificare come femminile. In esso le chiome sono striate, gli occhi hanno larghe pupille forate, la bocca è aperta.
694) Molto simile è un’altra maschera dello stesso Museo (D 4084) (fig. 43) di modellazione più sommariae con pupille non forate.
705) In una mediocrissima terracotta di Centuripe al Museo di Siracusa, il pánchrestos (fig. 44) è caratterizzato come un giovane troiano dal beretto frigio.
716) Una variante estremamente stilizzata del pánchrestos, della prima età romana imperiale, ci è data probabilmente da una maschera marmorea (fig. 45) da Pompei al Museo di Napoli, esistente in due esemplari identici, nella quale tutti gli elementi sono ridotti alla più semplice espressione.
727) Possiamo riconoscere una bella maschera del pánchrestos in un pannello da Ercolano (fig. 46) nei depositi del Museo Nazionale di Napoli (Inv. 9852). È resa vivacemente in modo alquanto impressionistico col volto di colore rosso, con le chiome molto mosse, con ciuffo frontale bianco.
738) È forse da riconoscere lo stesso personaggio, ma con espressione più tragica, più preoccupata, in una pittura della Casa dell’Atrio a mosaico di Ercolano (fig. 83), dove è raffigurata in solo chiaro scuro, affiancata ad un’altra di giovane donna, forse la diphterítis.
74Ci rendiamo conto attraverso queste figurazioni, oltreché attraverso il testo di Polluce, che il pánchrestos è una figura di giovane ben portante, non spiccatamente caratterizzato.
Lo oúlos neanískos
- Lo oùlos neanískos, che Polluce dice yperónkos (dal grandissimo ónkos, e bloserós (arrogante, violento) è facilmente riconoscibile in una bella maschera centuripina, purtroppo molto frammentariae incompleta, mancante di quasi tutta la parte inferiore del volto (fig. 47). Le sopracciglia sono in essa esageratamente aggrottate, formando due grossi rigonfiamenti verso il centro della fronte. In questo esemplare centuripino le chiome sono stilizzate in boccoli ritortie parallelie sono cinte da una bendae da una corona conviviale di fogliee frutti.
- Lo oúlos ritorna in una maschera fittile già nel Museo di Chieti, nella quale lunghe bende si annodano intorno all’ónkos e scendono ai lati delle gote (fig. 48).
- Uno splendido esemplare integro dello oùlos è quello da Myrina al Louvre (Myr., 349) (fig. 49), dove identici sono i tratti del volto, ma le chiome aderenti all’altissimo ónkos sono a ciocche più naturalistiche, più finemente ondulate.
- Un altro esemplare integro, del Museo di Taranto, ha un volto alquanto più rotondo, ma sempre con gli stessi caratterie le chiome aderenti all’ónkos sono espresse con ricci disordinati (fig. 50), come quelle dell’esemplare del mélas anér con cui è stato trovato.
- Ritroviamo ancora lo oùlos neaniskos in una variante con lunghe chiome largamente ondeggianti sul grande ónkos, in una maschera marmorea da Pompei al Museo di Napoli (fig. 51).
- Un’altra replica, dello stesso prototipo, ma incompletae mancante della parte mediana del volto, è stata rinvenuta negli scavi del teatro romano di Parmae si conserva ivi, nel Museo Archeologico (fig. 52).
- Invece un’antefissa del Museo di Arles1 ci presenta la stessa maschera in una variante assai stilizzata in senso decorativistico dell’architettura (fig. 53).
- Un fregio di Ercolano al Museo di Napoli riproduce quattro esemplari affiancati di questa maschera, due di colorito più rosso, gli altri due più pallido, ma con identici tratti del volto (fig. 54).
- Ritorna due volte, simmetricamente, ma identica, una volta (a dr.) di colorito pallido, un’altra di colore più rosso, in un fregio a mosaico (fig. 55) con ghirlanda di fruttie fiori rinvenuto a Pompei come soglia della Casa del Faunoe ora al Museo di Napoli (inv. 9994).
- Nel mosaico di Chahba-Philippopolis lo oúlos neaniskos è al n° C4 (fig. 16).
Il pároulos (maschera 8)
75È facilmente identificabile anche il pároulos, che Polluce dice in tutte le altre cose simile al precedente, ma più giovanile.
761) La collezione del Louvre ci conserva infatti una maschera da Myrina (fig. 56), molto simile a quella dello oúlos nell'altissimo ónkos e nell'espressione arrogante, ma differenziata da essa nel diverso rendimento delle sopracciglia, che non sono aggrottate, pur essendo altrettanto stilizzate e convenzionali. L'ónkos è qui circondato da una corona conviviale con due grossi frutti al di sopra della fronte, foglie lanceolate al di sopra delle tempie e lunghe bende che cadono ai lati del volto. I tratti più distesi corrisponderebbero bene alla più giovane età.
772) Altre due mascherette fittili del Museo del Louvre riproducono lo stesso personaggio: una di esse (fig. 57), con chiome trattate a boccoli paralleli, è indicata come proveniente genericamente "dall'Italia" senza più precise indicazioni.
783) L'altra (fig. 58), proveniente come la prima da Myrina, conserva l'intero volto, che è in questo caso alquanto ovale e allungato, ma quasi nulla delle chiome, salvo una piccola scheggia sulla fronte. I tratti caratteristici delle sopracciglia e degli occhi sono peraltro sempre gli stessi.
794) Lo stesso personaggio (se pure non si tratta dello oúlos) è riconoscibile in una maschera (fig. 59) del Museo di Taranto, nella quale il volto presenta le stesse caratteristichee si ha lo stesso altissimo ónkos. In questo, peraltro, le chiome sono stilizzate in boccoli irradianti dalla fronte.
805) Molto meno vivace è una maschera in terracotta (fig. 60) del Museo di Napoli, nella quale le chiome che rivestono l’ónkos sono stilizzate in un motivo a serie di angoli plurimi del tutto innaturali.
816) Lo stesso personaggio è raffigurato in una mascheretta minuscola da Morgantina (fig. 61), al Museo di Siracusa, estremamente semplificata soprattutto nell’ónkos, che è qui liscio, senza alcuna indicazione delle chiome che gli aderiscono, ma che conserva tutte le caratteristiche del volto arrogante.
827) Il pároulos è da riconoscere anche in una statuetta fittile da Rheneia al Museo di Mikonos, che lo rappresenta stante in corto chitonee clamide (fig. 62).
838), 9) È da chiederci se corrispondano al pároulos due splendide maschere marmoree del Museo di Napoli (fig. 63), luna da Pompei, l’altra trovata sul Ninfeo della casa di Poseidone Anfitrite di Ercolano, dove si associava con due maschere comiche dell’hegemón presbytes e dove è ora rappresentata da un calco. L’alto ónkos e le chiome che cadono da esso in boccoli paralleli sulla frontee ai lati del voltoe il rendimento delle sopracciglia sarebbero elementi propri di questo personaggio. Peraltro l’espressione spiritata, ma meno violenta,e la corona di edera che in entrambe cinge le chiome converrebbero piuttosto al giovane Dioniso delle Baccanti di Euripide ο forse semplicemente a menadi. Sarebbe comunque un fatto interessante la presenza dell’alto ónkos anche in maschere dionisiache.
84La maschera di Pompei si può considerare una maschera-antefissa, mentre quella di Ercolano è a rilievo alquanto più accentuato. Nella prima, l’ónkos è cinto, oltreché da un tralcio di edera, anche da una sottile benda, di cui scendono due lembi ai lati del voltoe le ciocche spiraliformi di capelli sono quattro su ciascun lato.
85Nella maschera ercolanese, l’ónkos è cinto da una più voluminosa corona a toro, dalla quale scendono foglie di edera sulle tempiee i riccioli sono tre su ciascun lato.
8610) Fra le figurazioni pittoriche del pároulos eccelle quella vivacissima della Villa di Oplontis, che lo presenta di profilo (fig. 64) con una sottile benda che circonda la frontee cade ai lati del volto, formando un grande occhiello sulle tempie.
8711) Nel mosaico di Chahba-Philippopolis il pároulos è al n° A4 (fig. 14).
L’apalós
88L’apalós, il delicato, è probabilmente la maschera di un ragazzo molto giovane, come potrebbe essere Chrysippos della tragedia omonimae il Paride dell’Alexandros di Euripide.
- Potrebbe corrispondere all’apalós una maschera di terracotta (fig. 65) da Amisos al Museo del Louvre di un personaggio che appare dal volto assai giovanee che ha le chiome trattate naturalisticamente, cadenti in morbidi boccoli sulle spalle, serrate da fermagli all’altezza delle orecchie,e il capo cinto da una corona conviviale. Gli ornamenti delle chiome potrebbero far pensare ad una maschera femminile, l’aspetto peraltro è alquanto femmineo, in rapporto alla giovane età, ma non è certo quello di una giovane donna.
- Nel mosaico di Chahba-Philippopolis è da riconoscere nel riquadro C1 dove è di carnagione chiarae reca una grande corona di fruttae fiori (fig. 16).
Il pinarós (maschera 11)
891) Il pinarós potrebbe forse essere riconosciuto in una maschera di Myrina al Louvre (Myr., 354) di uomo dal volto glabro, ovale, notevolmente asimmetrico. Ha infatti l’occhio destro normalmente apertoe il sinistro chiuso, le narici alquanto dilatatee la bocca distorta, come se avesse avuto una paresi facciale (fig. 66).
90Gli conviene l’espressione di Polluce "alquanto triste", mentre non possiamo riconoscere il colore livido della carnagionee il colore biondo dei capelli. Ha intorno al capo una masssa piuttosto voluminosa di capelli disordinati. Ma ha su questo uno strano copricapo (non certo una corona conviviale) che aggetta fortemente sulla frontee che ricopre con una calotta uniforme la parte superiore (forse una Kausia). Copricapo d’altronde posto per storto, obliquamente, cadente cioè verso la sua sinistra.
912) Potrebbe in qualche modo essere riavvicinata alla precedente una mascheretta del Museo di Taranto (fig. 67) che presenta la stessa asimmetria degli occhi, di cui il sinistro quasi chiuso, il destro più aperto. Ma questa asimmetria non si estende questa volta alla bocca, che ha labbra grosse, sporgenti. Asimmetriche sembrano invece le guance, di cui la sinistra presenta una fossetta che non ha corrispondenza sulla destra. Le chiome sono qui meno voluminosee circondate da un largo nastro, forse anche in questo caso costituente l’orlo di un copricapo.
923) Nel mosaico di Chahba-Philippopolis potrebbe essere riconosciuto nel riquadro D1 (fig. 17).
Il secondo pinarós (maschera 12)
931) Il secondo pinarós (il secondo lurido ο repellente) è raffigurato in una piccola maschera (fig. 68) isolata, innalzata su una edicola in mezzo ad una grandissima architettura di quarto stile di una pittura del Museo di Napoli, proveniente da Ercolano, Insula Orientalis, II, Palestra (anziché da Pompei come si riteneva un tempo).
94Il volto è glabro con gli occhi storti, uno sbarrato, l’altro chiuso, come se fosse guercio,e la bocca è aperta con labbra contratte; la fronte è sormontata da un altissimo ónkos a guisa di torre, che non si estende sui latie che ben si accorda con l’espressione epíkomos, usata da Polluce. Da questa torre, sormontata da un rigido ornamento, scendono sottili bende, lunghissimee altrettanto rigide, ai lati del volto.
952) È probabile che la stessa maschera debba riconoscersi nella mascheretta D2 del mosaico di Chahba-Philippopolis, presentante la stessa sopraelevazione sulla fronte (fig. 17).
Lo ochrós e il párochros
96Restano infine due altri neanískoi, lo ochrós, il pallido, che Polluce dice phryganós, macilento, nella carnagione con voluminosa capigliatura, biondiccioe dall’aspetto malato, simile ad un fantasma ο ad un traumatizzato,e il párochros, il meno pallido, che assomiglia al pánchrestos ma che per il pallore si rivela come ammalato ο innamorato.
97Per l’identificazione di questo ultimo tipo, ci sono utili due statuette di bronzo del Museo di Napoli (inv. 5028e 5030) provenienti dall’atrio della Villa dei Papiri di Ercolano.
98Sono perfettamente simmetriche fra loro (fatto questo che potrebbe corrispondere ad una moda del momento)e rappresentano un putto (evidentemente un erote, anche se rappresentato senza le ali) che tocca con una mano una maschera posata su un’altae sottile colonnina (fig. 69).
99La maschera, in entrambe, è quella di un giovane sbarbato (quindi della categoria dei neaniskoi) con ampia capigliaturae dall’aspetto sofferente, con sopracciglia convergentie profonde rughe nella frontee ai lati del nasoe che, in rapporto alla sofferenza, dovrebbe essere pallido; appunto l’ochrós ο il párochros. Ma è evidente il significato di queste statuette. Il giovane soffre le pene d’amore causategli dallo stesso Eros, trionfante su di lui.
100La maschera (identica in entrambe) dovrebbe quindi essere quella dell’innamorato,e cioè del párochros, secondo le indicazioni di Polluce.
101La somiglianza con la maschera del pánchrestos potrebbe consistere nella folta capigliatura, che non si innalza molto al di sopra della fronte, ma che scende voluminosa ai lati del volto, tendendo ad allargarsi verso il basso.
102Se questa è la maschera del párochros, resterebbe da identificare quella dell’ochrós, la maschera cioè dei fantasmi che ritornano dall’aldilà ο di coloro che sono sconvolti da eventi traumatici.
103Fra i materiali che abbiamo potuto raccogliere, pochissime sono le maschere maschili dal volto rasato che non rientrano nei tipi esaminati precedentemente, per le quali una ipotetica identificazione con l’ochrós potrebbe essere avanzata.
1041) Nella tomba 2050 della necropoli di Lipari, databile al secondo quarto del III secolo a. C. da vasi policromi del Pittore della Sphendone Bianca, è una coppia di maschere (fig. 70), luna maschile, l’altra femminile, che sembrano esprimere un profondo dolore, un grande sgomento.
105Hanno entrambe una corona conviviale dalla quale, nella maschile, larghe bende scendono ai lati del volto. Sarebbe quindi una coppia principesca in una trama per cui l’evento tragico avviene nel corso di un banchetto.
106Si potrebbe quindi pensare a Pelopee Ippodamia nel Chrysippos di Euripide, tragedia che deve aver avuto un notevolissimo successo a Lipari, se ad essa si riferiscono le maschere di tre diversi corredi tombali dei primi due terzi del IV secolo a. C.
107In esse, come nelle nostre, il Pelope è sempre rappresentato senza barba. Il loro sgomento deriva dall’improvviso rapimento del loro figlioletto Chrysippos ad opera di Laios, che, esule da Tebe, era loro ospite nella reggia di Pisa Elea.
108Le nostre due maschere sono state tratte da una stessa matrice, ma modificate prima della cottura per diversificarle fra loro.
109In particolare, la maschera femminile è stata alquanto compressa, subito dopo l’estrazione della matrice, per dare ad essa un volto più sfinatoe la corona è stata spinta verso il basso, risultando quindi più aggettantee alquanto inclinata verso il lato destro. Ha ricevuto anche un colorito più bianco.
110Potremmo quindi riconoscere in esse lo ochrós e la mesókouros ōchrá. La gran massa di chiome ricciute che si espande soprattutto lateralmente al di sopra delle tempie, ben corrisponderebbe all’espressione períkomos usata da Polluce.
1112) Una variante altrettanto stilizzata sia nei tratti del volto, ridotti alla più semplice espressione, sia nel rendimento delle chiome, formanti un ónkos di media altezza, costituito da boccoli ritorti, rigidie paralleli, irradianti dalla frontee cadenti ai lati del volto, ci è offerta da una maschera (fig. 71) posta in rilievo al centro di un tondo (questo solo parzialmente conservato) del Museo di Berlinoe pubblicato dalla Bieber (Bieber, fig. 340).
1123) Un esemplare del tutto simile, nel quale anche il tondo si conserva integro, è nei depositi del Museo di Napoli. Il volto ha la stessa astrattezza, anche se di espressione meno vivace (fig. 72).
3. I therápontes
113Gli schiavi nella tragedia hanno un’importanza molto minore che nella commedia nuova.
114Mentre in questa la vivace schiera dei therápontes era rappresentata da ben sette maschere diverse, ciascuna con proprie distinte caratteristiche di età, di funzioni, di temperamento, nella tragedia sono tre solie due di essi sono dei messaggeri.
115Di servi verie propri ne resta quindi uno solo, il diphterías, quello col berretto di pellicola, un vecchio servo dai capelli bianchi, dall’espressione arcigna, altezzosa, violenta, dal colorito pallido. Per la sua barba Polluce usa uno strano termine, propaláiteron, che il Seber interpretava come una barba da vecchioe che la Bieber vorrebbe invece considerare di forma antiquata, fuori della moda del suo tempo.
116Ma si potrebbe anche pensare trascurata da molto tempo.
117La Bieber vede in esso un severoe arcigno pedagogoe riporta il berretto di pelliccia al costume tradizionale del paese di cui questo schiavo sarebbe originario.
118Si potrebbe invece pensare che fosse uno schiavo di campagna, addetto alle mandriee alle proprietà terriere del padrone. Forse come il servo di Laio nell’Edipo re. I due messaggeri hanno entrambi un grandissimo ónkos.
119Quello dello sphenopógon era probabilmente liscioe a conchiglia, se così si deve interpretare l’espressione di Polluce koilainoménon (concavo, incavato).
120Il suo nome stesso indica che ha una barba a cuneo, appuntita, come quella dell’omonimo personaggio della commedia nuova ed anche come il secondo hermónios.
121Ma è nel fiore dell’etàe dall’aspetto arrogante.
122L’anásimos, quello dal naso rincagnato, è senza barbae i capelli sull’altissimo ónkos «si innalzano dal mezzo».
Il Diphterías (maschera 15)
1231) Come abbiamo detto, è probabile che il diphterias debba essere riconosciuto nel personaggio seduto in primo piano, sul lato destro del mosaico pompeiano del Museo di Napoli della vestizione degli attori (fig. 11), anche se le caratteristiche di questa maschera solo in parte corrispondono a quelle che ci dà Polluce. Manca infatti in essa il berretto (períkranon), che dovremmo supporre di pelliccia, da cui la maschera stessa prende il nome. Ma gli altri elementi potrebbero accordarsi abbastanza con la descrizione, che è di non facile letturae che può quindi dare luogo ad interpretazioni diverse.
124È una maschera di vecchio dalla fronte molto alta (metéoron?), calvo, ma con chiome disordinatee forse allungate (ektenisménos?) all’altezza delle orecchie. Non possiamo riconoscere il colorito pallido, biancastro, ma è abbastanza riconoscibile l’espressione arcigna (skythropós).
125La barba incolta corrisponderebbe bene all’indicazione "propalaíteron" (non curata da molto tempo?).
126Sono sulle gote solo magre ciocche corte, mentre due più allungatee consistenti cadono ai lati del mentoe su di esse sembrano scendere baffi bianchi spioventi.
127È una maschera di vecchio che non trova posto fra i gérontes descritti da Polluce, né fra quelli della tragedia, né fra quelli della commedia.
1282) La stessa maschera d’altronde si può riconoscere nella vivacissima statuetta del Museo di Boston, raffigurante un vecchio dal corpo deformato, ravvolto nel mantelloe proteso in avanti. Vi riconosciamo lo stesso cranio allungato, lucido, pelato, con chiome ugualmente disordinate all’altezza delle tempiee con barba ugualmente trascurata ed incolta, ma assai più folta.
1293) Molto diversa dalle due precedenti è una maschera offertaci da un pannello dipinto del Museo di Napoli (Inv. D 89843) (fig. 73) che si contrappone ad altra della katákomos ōchrá.
130Qui il diphterias (se è lui) appare molto meno vecchio, ma ha una capigliatura altrettanto arruffatae disordinata che la barba. Neanche in esso peraltro vi è traccia del ber retto di pelliccia. Sarebbe dunque un personaggio che veniva presentato con aspetti molto diversi.
Lo sphenopógon (maschera 16)
131Non sapremmo riconoscere lo sphenopógon se non nella maschera B4 del mosaico di Chahba-Philippopolis (fig. 15).
L’anásimos (maschera 17)
1321) Il naso rincagnato potrebbe far attribuire all’anàsimos un frammento di maschera dagli scavi americani di Morgantina (fig. 74), in cui questo elemento è evidentissimoe che conserva parte di un ónkos anche se non elevatissimo.
1332) Troviamo lo stesso naso rincagnatoe lo stesso rendimento degli occhie del volto su un frammento, non conservante traccia del- l’ónkos, del Museo di Siracusa (fig. 75), proveniente dagli scavi di Villa Maria alla Borgata.
1343) Una figurazione dipinta (fig. 76), purtroppo incompleta, ci è offerta dalla Villa di Oplontis, dove ricorre, contrapposta alla maschera dell’oúlos neanískos nella grande architettura della parete della grande sala dell’angolo SO. Ne resta solo la parte superiore, essendo stata distrutta quella inferiore dall’apertura di una porta.
135Il trattamento degli occhi, sbarrati, rotondie del naso rincagnato corrisponde perfettamente a quello dei frammenti fittili 1 e 2 e ben conservato è un ónkos triangolare, che si direbbe cavo, rosso con margine bianco. Quindi un ónkos koilainoménon, come quello dello sphenopógon, che sarebbe dunque tipico di entrambi i messaggeri.
1364) Possiamo riconoscere l’anàsimos anche nella figura stante sulla sinistra della scena di tragedia da Pompei al Museo di Napoli (fig. 9) (inv. 9039) in vivace discussione con una donna che tiene in braccio un bambino in fasce. Il volto glabro è di colore rossoe sormontato da un alto ónkos.
1375) La maschera C2 del mosaico di Chahba-Philippopolis (fig. 16), ha gli stessi occhi rotondi delle due mascherette fittili di Morgantinae di Siracusa il naso rincagnatoe un ónkos alto e stretto che potrebbe corrispondere all’espressione di Polluce «i capelli si innalzavano nel mezzo».
4. Le maschere femminili
138Nel catalogo di Polluce le maschere femminili sono undici, divise in vari gruppi.
139Abbiamo innanzi tutto due maschere di donne vecchie, poi tre maschere di schiave in ordine di età. Seguono infine sei maschere di donne giovani, alle quali, come vedremo, se ne deve aggiungere almeno un’altra, non ricordata da Polluce, ma ben caratterizzata nell’iconografia pervenutaci.
140Dovremo quindi prendere in considerazione non undici, ma dodici maschere femminili.
La Katákomos poliá (maschera 18)
141Le due donne libere con cui inizia il catalogo delle maschere femminili hanno entrambe i capelli bianchi.
142La prima, la katákomos poliá, la canuta in cui i capelli cascano dall’alto, sembrerebbe dovere avere, per definizione, un alto ónkos ed è «al di sopra delle altre per etàe per dignità». Espressioni, entrambe, con le quali sembrerebbe contrastare l’indicazione successiva, che ha un ónkos medio. Ma forse Polluce vuol dire che ha un ónkos non così alto come quello di altre maschere, quali, fra le femminili, la katákomos ōchrá.
143Essa è anche alquanto pallida, cosa che converrebbe ad una figura addolorata ο preoccupata,e quindi possiamo pensare che abbia, secondo le convenzioni, le sopracciglia alquanto inclinatee convergenti.
144Al colore bianco delle chiomee pallido della carnagione, era evidentemente dovuta la denominazione di paráchromos, e cioè di incolore ο di sbiadita, con cui Polluce ci dice che era precedentemente conosciuta. È evidentemente la maschera che doveva portare Ecuba.
- La katákomos poliá. La troviamo in una bella minuscola mascheretta in terracotta del Museo del Louvre (fig. 77), proveniente da Smirne. All’altissimo ónkos aderiscono sottili ciocche parallele, che si allargano, divergendo, ai lati del volto. Questo è caratterizzato da un’espressione dolorosa, data dal convergere delle sopracciglia (assai rilevate) verso il centro della fronte, sulla quale danno luogo ad una profonda ruga verticale (cfr. leukòs anér, oúlos neanískos). Uguale forte convergenza presentano le palpebre superiori, mentre accentuate sono le borse sotto gli occhi. Le narici sono allargate. Forti solchi sono ai lati della boccae un forte solco sotto il labbro inferiore. Si conserva qui anche un tratto del collo scarno.
- La stessa maschera la ritroviamo nel fregio marmoreo di Pergamo (fig. 7). Vi compare con lo stesso volto rugoso, stravolto, ma altezzoso,e con lo stesso altissimo ónkos, in questo caso più grossolanamente reso a ricci spiraliformi.
- Una poliá katákomos con bende intorno all’ónkos è riconoscibile nell’ornamentazione della parete di quarto stile di una casa pompeiana nel Museo di Napoli.
- Nel mosaico di Chahba-Philippopolis è in A2 (fig. 14).
L’eléutheron graídion (maschera 19)
145L’eléutheron graídion (la vecchietta libera) ha chiome canute che dovevano essere originariamente bionde, ha un piccolo ónkos, dal quale i capelli scendono fino alle spalle,e l’aspetto doloroso dimostra che deve aver subito una disgrazia. Ha quindi anch’essa,e forse più accentuatamente, le sopracciglia convergenti.
146Si può riconoscerla nella maschera femminile di destra del mosaico della casa del Trionfo di Dioniso di Antiochia (fig. 13), a fianco di quella dello xanthòs anèr. Sono evidenti in essa i capelli canuti, biondicci, che scendono fino alle clavicole, formanti un piccolo ónkos, e l’espressione dolorosa data dal convergere delle sopracciglia inclinate.
Tre maschere di schiave
147Alle due vecchie libere, seguono nel catalogo di Polluce tre figure di schiave; la vecchia domestica, la domestica con le chiome mediee la difterís senza dubbio elencate in ordine di età.
148La prima infatti è una vecchietta per definizionee ha il volto rugoso. Della seconda si dice che è alquanto pallidae non ancora del tutto canutae che ha l’ónkos breve; ha dunque i capelli grigie un’espressione alquanto dolorosa. La terza è detta più giovane.
149La prima e la terza hanno un berretto di pelliccia (fatto con una pelle animale, diphterís) dalla quale quest’ultima trae il nome. Elemento questo che le riavvicina allo schiavo anziano, il diphterías. È dunque un elemento che nella tragedia caratterizza gli schiavi, forse in particolare gli schiavi addetti alla campagna.
L’oiketikón graídion (maschera 20)
150L’oiketikón graídion, la vecchia domestica, la ritroviamo in due statuette, entrambe da Tanagra, l’una al Museo Nazionale di Atene, l’altra al British Museum.
Fig. 83 -Diphteritis (3) e pánchrestos. Pittura parietale dalla Casa dell’Atrio a mosaico di Ercolano.
151Nella prima (fig. 78) è stantee incede tenendo in braccio un bambino nudoe curvandosi verso di lui. È assai evidente la maschera,e le chiome sono ricoperte dal copricapo di pelliccia a cui allude Polluce.
152Nella seconda (fig. 79) è invece sedutae tiene il bambino sulle ginocchia.
153La stessa maschera si deve riconoscere anche in una piccola testa del Museo di Atene (15. 21; Burr Thompson 1966, Tav. 17,4) dove le chiome sono coperte da una cuffia (sákkos).
L’oiketikón mesókouros (maschera 21)
154In quanto all’oiketikón mesókouros, la domestica che ha le chiome medie (fig. 80), che ha un ónkos corto, la carnagione pallidae i capelli non ancora del tutto canuti, è possibile che si possa riconoscerla in una delle piccole mascherette, molto sommariamente disegnate, posate su corolle di fiorie con sfondo di panneggi bianchi, del fregio di una delle stanze della Casa del grande portale di Ercolano.
155Sono evidenti in essa il pallore del voltoe il colore grigio dei capelli. Il breve ónkos sembrerebbe qui corrispondere ad un copricapo, forse di pelliccia, come nelle altre due schiave.
La diphterítis (maschera 22)
1561) La diphterítis è riconoscibile in una vivacissima statuetta del Museo di Atene (fig. 81). Essa ha un costume da schiavae cioè un solo lungo chitone senza maniche, con risvolta, ma senza l’himation che portano sempre le donne libere. Ha le chiome nascoste da un semplice copricapo, che certamente è quello di pelliccia, da cui trae il nome. Sotto il margine di esso scendono sui due lati boccoli dei capelli, tagliati all’altezza delle orecchie.
157Il naso camuso la riavvicina alla schiavetta delle etére (therapainídion parápseston) della commedia nuova.
1582) Potrebbe essere la diphterítis una maschera, purtroppo frammentaria, da Centuripe al Museo di Siracusa (fig. 82) che ha il capo ricoperto da un berretto formante un ingrossamento intorno alla frontee due appendici divergenti alle estremità inferiori dietro le orecchie, mentre corte sono le chiome che escono dal margine di esso.
1593) Probabilmente la diphterítis è da riconoscere anche in una mascheretta di giovane donna dall’espressione molto vivace, resa in solo chiaroscuro in una pittura murale della Casa dell’Atrio a mosaico di Ercolano (fig. 83), affiancata ad una maschera del pánchrestos. Del berretto di pelliccia sembrano essere testimonianza le due alucce divergenti, come nell’esemplare centuripino.
1604) Nel mosaico di Chahba-Philippopolis, la diphterítis è forse riconoscibile nella maschera B1 (fig. 15), di giovane donna dallo sguardo vivace, di cui non è facile riconoscere il berretto di pelliccia, ma in cui una corona di foglie sembra in rapporto col mondo agreste, di cui fa parte questa schiavetta di campagna.
Le donne giovani
161A queste tre maschere di schiave seguono nel catalogo sei maschere di donne giovani.
162Più ancora che secondo un criterio di età (che pure non è abbandonato) esse sembrano classificate in rapporto alla lunghezza delle chiome.
163Abbiamo infatti dapprima una maschera ad altissimo ónkos: la katákomos ōchrá. Poi due maschere con le chiome medie: la mesókouros ōchrá e la mesókouros prósphatos. Poi due maschere con le chiome tagliate corte, la primae la seconda koúrimos parthénos. E la stessa indicazione di vergini indica forse per queste due che si tratta di ragazze assai giovani.
164Viene infine la kóre, la ragazza giovanissima.
165Dobbiamo infatti intendere le denominazioni delle prime cinque maschere di giovani donne proprio in rapporto alla capigliatura:
- katákomos con le chiome che scendono (dall’alto);
- mesókouros con le chiome tagliate a metà altezza;
- koúrimos con le chiome tagliate corte.
Una katákomos accigliata
166Come abbiamo già accennato, la documentazione che abbiamo raccolto; soprattutto quella pittorica delle case di Pompeie di Ercolano, ci dimostra che alle sei maschere descritte dal catalogo di Polluce se ne deve aggiungere almeno una settima, che esso non ricorda: un’altra maschera cioè ad alto ónkos, una katákomos, nella quale le chiome non sono quelle bianche della poliá, ma che non ha neppure il palloree l’aspetto doloroso della ōchrá. Ha al contrario un aspetto duro, talvolta accigliato, altre volte arrogante, dato dalle sopracciglia corrugate ad accento circonflesso, ed un colorito talvolta rubicondo. In genere essa non appare molto giovane. Potrebbe essere quindi una donna di mezza età, non ancora vecchia.
167La sua posizione nel catalogo dovrebbe essere vicina alla katákomos ōchrá e piuttosto precederla, perché apparentemente più anziana di essa.
- La troviamo nella figura di donna che tiene un bambino in fascee che alza il braccio destro della scena di tragedia dalla casa dei Dioscuri di Pompei, ora al Museo di Napoli (fig. 9).
- La ritroviamo, con un aspetto particolarmente violentoe rabbioso, accentuato anche dal disordine delle chiome che cadono lateralmente dall’altissimo ónkos, nel- l’l’architetturarchitetturl’architettura parietale dell’oecus della Villa di Boscoreale, ora nel Museo di Napoli (fig. 84).
- Questa katákomos accigliata è ben rappresentata in un pannello da Pompei, nei depositi del Museo di Napoli (inv. 9815) (fig. 12) affiancata, su un fondo azzurro chiaro ad una maschera maschile che fonde il colore bianco delle chiomee della barba del leukòs anér, con le sopracciglia contratte del mélas anér.
- Ma ritorna riconoscibile, nonostante che gli occhi siano quasi cancellati, in un altro pannello dello stesso deposito (inv. D 89843) (fig. 85) dove si affianca ad una maschera del diphterías. Qui essa ha l’ónkos eccezionalmente altoe alquanto ristretto sui lati.
- In una pittura della casa dei Vettii di Pompei (fig. 86), l’altissimo ónkos è ancora più strettoe allungato che nella figura precedente ed è cinto da una sottilissima benda ritorta, i cui lembi scendono ai due lati del volto.
- Due maschere identiche di questa katákomos, simmetricamente affrontate, ornano l’architettura parietale di una stanza della casa del Meleagro di Pompei. Ora esposta al Museo di Napoli.
168Osserviamo peraltro che una variante raffigurante una katákomos, dall’aspetto non doloroso, compariva già in una maschera antefissa in terracotta rinvenuta a Centuripee conservata nel Museo di Siracusa (fig. 87). In essa in realtà non si nota neppure l’espressione dura, violenta, che hanno gli esemplari dipinti di cui abbiamo parlato. Ha infatti un’espressione calma, distesa.
169In essa la parte superiore dell’ónkos è liscia, senza dubbio coperta da un veloe solo sotto il margine di questo scendono le chiome stilizzate in boccoli paralleli che cadono anche ai lati del volto.
170Le stesse considerazioni si possono fare per altre due maschere antefisse centuripine, l’una al Museo del Castello Ursino di Catania (fig. 88), l’altra (mancante della parte superiore) del Museo di Siracusa (fig. 89), uscite dalla stessa matrice. In esse l’ónkos è molto minore. Le chiome sono cinte da una coronae a questa si ravvolgono bende che cadono ai lati del volto, ma risalgono anche, insolitamente, al vertice del capo.
La katákomos ōchrá (maschera 23)
171La pallida con i capelli neri che, come indica la sua stessa denominazione, cascano dall’alto ónkos, e dall’aspetto doloroso, dato dalla convergenza delle sopracciglia, ritorna con frequenza nelle figurazioni pervenuteci.
- La troviamo innanzitutto nello splendido esemplare liparese del Museo Mandralisca di Cefalù (fig. 90), nel quale le chiome scendono sull’ónkos in boccoli lanosie il volto è stretto ed allungato.
- La ritroviamo in un’altra maschera in terracotta, frammentaria, degli scavi americani di Morgantina (fig. 91), nella quale l’ónkos è circondato da una corona conviviale,e in una terza maschera
- anch’essa frammentaria già nel Museo di Chieti (fig. 92). In entrambe i boccoli che ricadono dall’ónkos sono molto più stilizzati, rigidie paralleli.
- È rappresentata nel fregio di Pergamo (fig. 7), affiancata, sullo stesso blocco, alla katákomos poliá.
- È probabilmente da riconoscere nella maschera femminile in primo piano, posata dietro una maschera silenica nel mosaico pompeiano della vestizione degli attori (fig. 11).
- Ritroviamo la katákomos ōchrá in figurazioni dipinte sulle pareti delle case di Pompeie di Ercolano, per esempio nella figura di Mégara della scena della follia di Herakles di Euripide nella casa di Casca di Pompei (fig. 10) e, isolata, in alcuni pannelli dei depositi del Museo di Napoli, che la presentano in diversi aspetti.
- Una immagine più classica,e potremmo dire di più elevato valore artistico, ci è offerto dal pannello 9790 (fig. 93), dove la maschera è vista in mezza luce con ombreggiature che le danno una forte plasticità. In essa l’espressione di un profondo dolore è resa con straordinaria naturalezza.
- Il pannello inv. 9808 da Pompei (fig. 94) la presenta in una redazione molto più stilizzatae convenzionale, forse di maggior effetto scenico,e che, per questa ragione, doveva essere la più diffusa nell’uso teatrale. Sulla sommità dell’altissimo ónkos un velo ricopre folte chiome, che scendono in morbidi boccoli sulla frontee ai lati del volto.
- Il pannello 9850, della casa dei Cervi di Ercolano (fig. 95) ne dà un’immagine ancor più stilizzatae ormai del tutto lontana dalla natura, con occhi rotondi sbarrati del tutto innaturali. Un velo cascante dell’ónkos ricopre gran parte delle chiome nere, nettamente bipartite sulla fronte.
- Nel mosaico di Chahba-Philippopolis è al riquadro B2 (fig. 15).
Mesókouros ōchrá (maschera 24)
172Come la katákomos ōchrá, la mesókouros ōchrá deve essere una figura di giovane donna dall’aspetto doloroso, dato dal pallore della carnagionee dal convergere delle sopracciglia. Il catalogo di Polluce la distingue infatti da essa solo per l’altezza delle chiome.
173Dato che per la minore altezza del- l’ónkos questa maschera è meno scenografica della precedente, la troviamo raffigurata meno frequentemente di essa.
- Può riconoscersi innanzitutto in una maschera fittile di Lipari (fig. 70), trovata nella tomba 2050, associata con una maschera maschile, anch’essa dall’aspetto doloroso, in cui abbiamo riconosciuto lo ochros. Abbiamo avanzato l’ipotesi che possono identificarsi con Pelopee Ippodamia nel Chrysìppos di Euripide.
- Una piccola maschera in terracotta di Taranto (fig. 96) la presenta con un volto molto più stretto ed allungato (che ricorda per questo la maschera della katákomos ōchrá di Cefalù) con masse di capelli arrotondate, voluminose, scendenti ai lati del volto.
- Forse è da riconoscere in un pannello della casa dei Cervi di Ercolano al Museo di Napoli (Bieber 1961, fig. 762).
- Nel mosaico di Chahba-Philippopolis è la maschera B5 (fig. 15).
Katákomos ο mesókouros ōchrá
174Alcuni frammenti di maschere di giovani donne dall’espressione tragica, dolorosa, resa col convergere delle sopracciglia fortemente inclinate, ma non conservanti le chiome, potrebbero essere riferiti sia alla katákomos, sia alla mesókouros ōchrá.
1751)-3) Quattro sono stati trovati’a Liparie tre di essi (fig. 97) appartengono a grandi maschere, due uscite dalla stessa matrice, la terza lievemente minore, rotte tutte nello stesso modo. In ciascuna si conserva infatti il nasoe tutto ο in parte l’occhio sinistro. In diversa gradazione è conservato anche il colore.
1764) Il quarto frammento (fig. 98) comprende l’intero voltoe solo un tratto delle chiome al di sopra della fronte, di una maschera simile, ma di dimensioni molto minori. Anche in essa è ben conservato sia il bianco del volto che il bruno chiaro delle chiome, che dovevano essere cinte da un nastro subito sopra la fronte.
1775) Un altro frammento del volto di una maschera è stato rinvenuto a Siracusa nello scavo della Villa Maria (fig. 99). L’occhio molto più sbarrato, più rotondoe più innaturale, corrisponde ad una stilizzazione di età più avanzata rispetto agli esemplari liparesi.
La mesókouros prósphatos (maschera 25)
178La mesókouros prósphatos, quella che ha le chiome di media altezza tagliate da poco tempo, come ci dice Polluce ha una acconciatura simile alla precedente, ma non ha di essa il pallore. Fra la mesókouros ōchrá e la prósphatos vi deve essere quindi all’incirca la stessa differenza che fra i due tipi di katákomoi che abbiamo precedentemente ricordato. Troviamo infatti alcune maschere dalle chiome di media altezza che non hanno l’aspetto doloroso della ōchrá, dato dal convergere delle sopracciglia, ma hanno sopracciglia normali, con un’espressione che può essere ora più distesa, ora più durae violenta.
179Possiamo riportare a questo tipo due maschere frammentarie fittili di Lipari, che attestano la presenza di esso fin dalla prima metà del III sec. a. C.
1801) Una di esse (fig. 100) è ben riconoscibile in tutti i suoi dettagli, mancando solo di parte del lato sinistro ed ha un aspetto particolarmente duro. Le chiome, con due serie di riccioli spiraliformi, stilizzati, si ravvolgono ai due lati di un diadema ο di un nastro, che appare scoperto solo sulla fronte.
1812) Di un’altra (fig. 101), dall’espressione meno turbata, resta solo il volto, ma nulla delle chiome.
1823) Il migliore esemplare di questo tipo ci è offerto peraltro da una bella maschera in terracotta di Taranto (fig. 102), integrae conservante il colore originario. In esso il volto è circondato da una massa uniforme di capelli ricciuti.
1834) Una grande maschera marmorea della mesókouros prósphatos molto stilizzata, di età romana imperiale avanzata, è conservata nel Museo Nazionale Romano (fig. 103), ove si associa con analoga maschera del leukòs anér. Ha i capelli stilizzati in boccoli cilindrici paralleli, mentre sono più naturalistiche le ciocche che scendono ai lati del volto. Le sopracciglia non sono né inclinate, né contratte. Gli occhi sono molto aperti con pupille incavate. Un esemplare quasi identico è al Museo di Istanbul proveniente da Tralles (Bieber, fig. 801).
184Il riconoscimento di questa maschera nelle figurazioni dipinte può essere ingannevole, perché alcune, che sembrerebbero corrispondere alle caratteristiche di essa, sono invece qualificate come menadi dagli attributi, sicché vien fatto di chiederci se questa maschera non potesse essere impiegata nella prassi teatrale per entrambe le funzioni, tragica ο satiresca, solo cambiandole gli attributi.
1855) Fra queste figurazioni dipinte eccelle quella della villa di Oplontis (fig. 104) dall’aspetto particolarmente violento, con le chiome cinte da una corona conviviale con foglie di edera sulle tempiee con sottili nastri scendenti ai lati del volto.
1866) Una maschera molto simile ricorre in un pannello della casa dei Cervi di Ercolano, ora nei depositi del Museo di Napoli (fig. 105). Anche in essa le chiome sono circondate da un solo tralcio di edera. Un tamburello (týmpanon) appoggiato al lato destro di essae un sottile tirso, posato sulla scaletta che serve di sostegno, la qualificano inequivocabilmente come una menade.
1877) Caratteri molto simili presenta la maschera femminile di un pannello di una casa romana di Sólunto, conservata nel Museo di Palermo (fig. 106). In essa l’espressione è gentilee più distesae le chiome scendono ai lati del volto fino alle spalle; sono cinte in alto da un sottile nastro. La maschera è appesa ad un pesante festone di foglie, fruttie fiori, dal quale cascano grosse bende. Non vi sono questa volta attributi particolari, ma il fatto che a questo pannello ne faccia riscontro un altro, del tutto simile nell’impostazione, con maschera satiresca, induce a pensare che anche in questo caso la maschera debba essere interpretata come quella di una menade.
1888) Nel mosaico di Chahba-Philippopolis la mesókouros prósphatos sarebbe la A5 (fig. 14).
La prima e la seconda koúrimos parthénos (maschere 26 e 27)
189Anche le maschere delle due ragazze con i capelli corti presentano fra loro la stessa differenza che abbiamo osservato fra le due katákomoi e le due mesókouroi.
190Ma questa volta è la seconda che è più triste della prima. Infatti, mentre questa è alquanto pallida, la seconda è come se fosse sfortunata da molto tempo, ci dice Polluce. Non sapremmo peraltro riconoscere queste maschere nella documentazione che abbiamo potuto raccogliere.
La kóre (maschera 28)
1911) La kóre della tragedia è forse da riconoscere in una mascheretta in terracotta dall’Agora di Atene (fig. 107), che lo Webstere la Burr Thompson consideravano come appartenente alla commedia, ma che tale certamente non è.
192Dalla maschera gioiosa della kóre della commedia, ben nota attraverso gli esemplari liparesi, dalle chiome solo spartite sulla fronte, essa differisce sostanzialmente a causa dell’espressione tristee preoccupatae per le chiome che si allargano fortemente, cadendo sulle spalle, analogamente alla maschera del pánchrestos.
1932) Forse la kóre potrebbe essere riconosciuta anche in una mascheretta di terracotta dai depositi del Museo di Napoli (inv. 21039) (fig. 108) proveniente da Agrigento. È un esemplare di scadentissima fattura, ma le chiome divise sulla frontee formanti masse più voluminose ai lati del volto giovanilee con gli orecchini caratterizzerebbero questo personaggio.
194È da chiedersi peraltro se non sia piuttosto la kóre della commedia.
1953) Nel mosaico di Chahba-Philippopolis la kóre sarebbe da riconoscere nel riquadro A1, dove si presenta con una folta capigliatura nera (fig. 14).
Indice delle illustrazioni
196Fig. 1. Filottetee Paride: Maschere della perduta tragedia di Sofocle Filottete a Troia.
197Fig. 2. Personaggi della commedia Le ecclesiazuse, di Aristofane. A sinistra Chremese il passante; al centro Prassagorae Blepiro; a destra due vecchie.
198Fig. 3. Heraklese Hades, personaggi di una commedia che metteva in ridicolo l’episodio omerico della loro rissa alle porte degli inferi (Iliade, V, versi 395-404).
199Fig. 4. La vecchia avara, la vecchia schiava ubriaca, il piccolo schiavo che torna dal mercatoe uomo in gesto di disappunto. Personaggi di una commedia che sembra precorrere di un secoloe mezzo l’Aulularia di Plauto.
200Fig. 5. Tre maschere di giovani della commedia nuova: il pánchrestos (il giovane perfetto), il mélas (o lo studioso, carico di complessi)e lo oúlos (lo sfrontato).
201Fig. 6. Due maschere di schiavi (il káto trichías e il páppos) e la kóre della commedia nuova.
202Fig. 7. Fregio marmoreo da Pergamo al Museo di Berlino. Maschere del mélas anér, della katákomos ōchrá e della katákomos poliá. Foto D. A. I. Athen, Perg. 582 e 585. Cfr. Bieber, figg. 311-313 ove bibliografia.
203Fig. 8. Pannello murale da Pompei al Museo di Palermo. Edipoe Polinice, episodio dell’Edipo a Colono di Sofocle (versi 1254-1345). Maschere del Mélas anér e dello xanthòs anér. Foto Museo di Palermo.
204Fig. 9. Pannello dipinto dalla Casa dei Dioscuri di Pompei al Museo di Napoli. Un messaggero (anàsimos) e una donna stante (con maschera di katákomos) che tiene in braccio un bambino in fasce. Bieber, fig. 773. Foto Museo Napoli 5327.
205Fig. 10. Pompei. Casa di Casca. Scena dell’Herakles di Euripide. Amphitryo (xyrìas), Mégara (katákomos ōchrá), Lykos (leukòs anér). Da Not. Scavi, 1929, tav. XXIII; cfr. Bieber, fig. 767.
206Fig. 11. Mosaico da Pompei al Museo di Napoli. Vestizione degli attori per rappresentazione di tragediae di dramma satiresco. Maschere della katákomos ōchrá e dello xanthòs anér e forse del diphterías. Foto D. A. I. Rom. 40-137; Bieber, figg. 36 e 62.
207Fig. 12. Pannello da Pompei al Museo di Napoli. Maschera di vecchio che fonde i caratteri del leukòs e del mélas anér e altra di katákomos dal- l’espressione accigliata. Foto L. M. Réndina.
208Fig. 13. Mosaico di Antiochia, Casa del trionfo di Dioniso. Maschere della mesókouros ōchrá, dello xanthòs anér e dell’elèutheron graídion, da Levi, Mosaics, pl. XVI a.
209Fig. 14. Chahba Philippopolis. Mosaico di Orfeo. Maschere del lato alto: Al Kòre; A2 Katákomos poliá; A3 Therápon maison; A4 Pároulos; A5 Mesókouros prósphatos; A6 Xanthòs anér.
210Fig. 15. Chahba Philippopolis, Mosaico di Orfeo. Maschere del lato basso: B1 Diphterìtis; B2 Katákomos ōchrá; B3 Xanthóteros; B4 Sphenopógon; B5 Mesókouros ōchrá; Β 6 Spartopólios.
211Fig. 16. Chahba Philippopolis. Mosaico di Orfeo. Maschere del lato sinistro: C1 Apalós; C2 Anàsimos; C3 Satiro·, C4 Oúlos neanískos.
212Fig. 17. Chahba Philippopolis. Mosaico di Orfeo. Maschere del lato destro: D1 Pinarós; D2 Secondo pinarós; D3 Hegemón therápon; D4 Leukòs anér.
Gérontes
213Fig. 18. Xyrìas. Statuetta da Myrina al Museo di Atene; inv. 1651. Alt. cm. 21,8. Cfr. Bieber, fig. 372 a, b; Foto D. A. I. Athen Ν M 1127 a, b.
214Fig. 19. Xyrìas. Frammento di maschera in terracotta da Siracusa. Villa Maria; ivi, Museo Archeologico. Alt. cm. 9,5 X cm. 7,5. Foto Museo Siracusa, 30352B.
215Fig. 20. Leukòs anér (1) nella parte di Priamo. Maschera in terracotta da Tebe (?) a Berlino. Da Bieber, fig. 310, a p. 91.
216Fig. 21. Leukòs anér (2) nella parte di Priamo. Maschera colossale marmorea da Tindari; contrada Cercadenari; ivi, Antiquarium. Alt. cm. 49; largh. cm. 38.
217Fig. 22. Statuetta di attore con maschera del Leukòs anér (3), forse da Pergamo, ora a Berlino. Inv. 7635; cfr. Bieber, fig. 294; Foto D. A. I. Rom, 52181.
218Fig. 23. Leukòs anér (4). Maschera in terracotta da Myrina. Louvre, Myr. 350; Alt. cm. 6; Besques II 1963, 193, pl. 230 a. Foto Museo Louvre.
219Figg. 24, 25. Leukòs anér (5, 6). Due maschere, tratte dalla stessa matrice; da Myrina al Louvre, Myr. 351 e 352; Alt. cm. 4; Besques II 1963, 193; pl. 228 g, i; Foto Museo Louvre.
220Fig. 26. Leukòs anér (7). Maschera in terracotta da Morgantina, scavi americani 56-2582. Alt. 4,4. Bell, Morgantina I, cat. 770; pl. 121.
221Fig. 27. Leukòs anér (8). Maschera-antefissa marmorea da Pompei al Museo di Napoli. Inv. 6615; cfr. Bieber, fig. 568; Foto L. M. Réndina.
222Fig. 28. Leukòs anér (9). Testa colossale marmorea del Museo Nazionale Romano. Alt. cm. 90; largh. cm. 70; Inv. 91; Acquisto Simonetti ante 1900 insieme con altra della Mesókouros ōchrá. Cima 1981, 270, III 58.
223Fig. 29. Leukòs anér (variante con grandi chiomee barba). Maschera bronzea colossale dal Pireo al Museo Nazionale di Atene; Alt. cm. 45. Da Bieber in controcopertinae fig. 301.
224Fig. 30 a, b. Leukòs anér (variante con chiomee barba fluenti)e mélas anér, caratterizzato come Hérakles. Maschere ai due lati della fontana. Pompei. Casa della Fontana grande; cfr. Bieber, fig. 800; Foto D. A. I. Rom 31-2561.
225Fig. 31. Leukòs anér (variante con chiomee barba disordinate). Pittura parietale nell’oikos della villa di Boscoreale, ora Museo Napoli. Foto L. M. Réndina.
226Fig. 32. Spartopólios, da Atene, scavi dell’Agorà. T. 862, da deposito E 14; Burr Thompson 1958-1959, 142, pl. 29.
227Fig. 33. Mélas anér (2), caratterizzato come Herakles; maschera in terracotta. Taranto, Museo Nazionale; inv. 4078; Alt. cm. 6,2 X 5,7; Foto Museo Taranto.
228Fig. 34. Mélas anér (3) caratterizzato come Herakles. Terracotta da Tindari a Cefalù, Museo Mandralisca.
229Fig. 35. Attore tragico che tiene in mano una maschera di Herakles (4). Da Amisos al Louvre. Besques III 1972, CA 1784. Cfr. Bieber, fig. 290; Foto Museo Louvre.
230Fig. 36. Mélas anér (6). Mascheretta in terracotta da Morgantina; scavi americani, 56/2582; Alt. cm. 4,4; Bell, Morgantina I, Cat. 771, pl. 121.
231Fig. 37. Mélas anér (7). Maschera in stucco dal riempimento di una cisterna romana (I-II sec. d. C.) di Taormina. Alt. cm. 23. Foto Soprintendenza Messina.
232Fig. 38. Xanthòs anér. Maschera in terracotta da Centuripe al Museo di Siracusa; inv. 29048; Alt. cm. 12,6 X 11,7.
233Fig. 39. Xanthóteros. Mascheretta in terracotta del Museo di Efeso.
Neanískoi
234Fig. 40. Pánchrestos (1). Statuetta da Myrina al Museo di Vienna. Da Bieber, fig. 291.
235Fig. 41. Pánchrestos (2). Statuetta dall’Asia Minore al Museo di Atene. Alt. cm. 19; cfr. Bieber, fig. 292; Foto D. A. I. Athen, 5715.
236Figg. 42-43. Pánchrestos (3-4). Maschere in terracotta. Louvre D 4085; D 4084; Alt. di 3): cm. 9,5; Besques IV 1986, pl. 131, g, h. Foto Museo Louvre, S 3044e MNB 1722.
237Fig. 44. Pánchrestos (5) caratterizzato come giovane troiano dal berretto frigio. Da Centuripe. Museo di Siracusa; Inv. 31539; Alt. 13 cm.
238Fig. 45. Pánchrestos (6). Maschera marmorea da Pompei al Museo di Napoli. Inv. 6608 (altro esemplare identico inv. 6618). Foto L. M. Réndina.
239Fig. 46. Pánchrestos (7). Pannello dipinto murale da Ercolano. Museo di Napoli. Deposito Inv. 9852. Foto L. M. Réndina.
240Fig. 47. Oúlos neanískos (1). Maschera frammentaria in terracotta da Centuripe al Museo di Siracusa. Inv. 29607; Alt. cm. 17; largh. cm. 16,4.
241Fig. 48. Oúlos neaniskos (2). Maschera di terracotta già al Museo di Chieti.
242Fig. 49. Oúlos neaniskos (3). Maschera in terracotta da Myrina al Louvre. Myr. 349; Alt. cm. 11,5; Besques II 1963, tav. 229 b; p. 193. Foto Museo Louvre.
243Fig. 50. Oúlos neanískos (4). Maschera in terracotta del Museo di Taranto. Inv. 3053; Alt. cm. 3,7 X 3,7. Foto Museo Taranto.
244Fig. 51. Oúlos neaniskos (5). Variante con chiome ondeggianti. Maschera marmorea da Pompei al Museo di Napoli. Cfr. Bieber, fig. 367; Foto Museo Napoli.
245Fig. 52. Oúlos neaniskos (6). Replica marmorea del tipo precedente. Parma. Museo Archeologico, dallo scavo del teatro romano. Inv. 1871; Alt. cm. 38; largh. cm. 30. Foto Museo Parma.
246Fig. 53. Oûlos neaniskos (7). Antefissa fittile del Museo di Arles. Foto dello stesso museo.
247Fig. 54. La maschera dello oûlos neaniskos (8) riprodotta quattro volte in un pannello murale da Ercolano al Museo di Napoli. Inv. 9821; Foto L. M. Réndina.
248Fig. 55. Oûlos neaniskos (9). Mosaico pavimentale (soglia) dalla Casa del Fauno di Pompei ora al Museo di Napoli. Foto D. A. I. Roma.
249Fig. 56. Pároulos (1). Maschera in terracotta da Myrina al Louvre. Myr. 347; Alt. cm. 10,8; Besques II 1963, pl. 229 a; p. 348; Ghiron-Bistagne 1984, cat. 4. Foto Museo Louvre.
250Fig. 57. Pároulos (2). Maschera in terracotta dall’Italia meridionale al Louvre. D 4078; Alt. cm. 10,5; Besques IV 1986, pl. 131 b; Ghiron-Bistagne 1984, cat. 2. Foto Museo Louvre CA 6630.
251Fig. 58. Pároulos (3). Maschera frammentaria da Myrina al Louvre. Myr. 348; Alt. cm. 11; Besques II 1963, pl. 229. Foto Museo Louvre.
252Fig. 59. Pároulos (4). Maschera in terracotta al Museo di Taranto; Inv. 4325; Alt. cm. 5,2 X cm. 5,3; Quagliati, Itinerari, 49. Foto Museo Taranto.
253Fig. 60. Pároulos (5). Piccola maschera in terracotta del Museo di Napoli. Deposito N° C. S. 325; Alt. 11,5; largh. 8,5; Foto L. M. Réndina.
254Fig. 61. Pároulos (6). Mascheretta in terracotta da Morgantina al Museo di Siracusa; inv. 36802; Alt. cm. 6,3; Bell, Morgantina I, cat. 772, pl. 121.
255Fig. 62. Pároulos (7). Statuetta da Renea al Museo di Míkonos. Bieber, fig. 293.
256Fig. 63. Il Pároulos ο piuttosto il giovane Dioniso delle Baccanti di Euripide (?). Maschera marmorea del Museo di Napoli. Inv. 6611. Foto L. M. Réndina.
257Fig. 64. Il Pároulos, di profilo. Pittura nella villa di Oplontis.
258Fig. 65. Apalós neaniskos (?). Maschera da Amisus al Louvre. D510; cfr. Bieber, fig. 344; Besques III 1972; Foto Museo Louvre.
259Fig. 66. Pinarós (?). Maschera in terracotta da Myrina al Louvre. Myr. 354; Alt. cm. 8; Besques II 1963, pl. 230 b, p. 193; Foto Museo Louvre.
260Fig. 67. Pinarós (?). Maschera in terracotta del Museo di Taranto. Foto Museo Taranto.
261Fig. 68. Secondo pinarós. Pittura parietale del IV stile da Ercolano (Insula Orientalis II, palestra) al Museo di Napoli. Foto L. M. Réndina.
262Fig. 69. Amorini che tengono la mano sulla maschera del párochros (il biondiccio-l’innamorato). Statuette dall’atrio della Villa dei Papiri di Ercolano. Museo Napoli, inv. 5028 e 5030. Foto Museo Napoli 1989e 1988.
263Fig. 70. Ochrós e mesókouros ōchrá. Maschere in terracotta dalla tomba 2050 della necropoli di Lipari (forse Pelopee Ippodamia nel "Chrysippos" di Euripide). Inv. 14895 c, b. Alt. front. 15,7e 15,2.
264Fig. 71. Ochrós. Maschera su tondo di terracotta. Museo di Berlino 6623; Da Bieber, fig. 340.
265Fig. 72. Ochrós. Maschera su tondo di terracotta; Museo di Napoli. Diam. disco cm. 15; Alt. front. maschera cm. 8; Napoli. Museo; Inv. 21424; Foto L. M. Réndina.
Therápontes
266Fig. 73. Diphterías. Pannello murale dal Museo di Napoli (Depos.). Inv. 89843; Associato con katákomos ōchrá. Foto L. M. Réndina.
267Fig. 74. Anàsimos. Frammento di maschera in terracotta da Morgantina (61-1448). Alt. cm. 9,9; Bell, Morgantina I, cat. 776, pl. 121.
268Fig. 75. Anàsimos. Frammento di maschera in terracotta da Villa Maria, Museo di Siracusa. Inv. 69398b; cm. 5 X cm. 7.
269Fig. 76. Anàsimos. Parte superiore conservata di maschera dipinta nella villa di Oplontis.
Maschere femminili
270Fig. 77. Katákomos poliá (1). Maschera in terracotta da Smirne. Museo del Louvre E/D1973, Alt. cm. 3,8; Besques III 1972. Ghiron-Bistagne 1984, Cat. 6, fig. a p. 37. Foto Museo Louvre CA5171.
271Fig. 78. Oiketikón graídion (1). Statuetta del Museo di Atene (4089, Alt. cm. 14), da Tanagra. Da Burr Thompson 1966, 56-57, tav. 18.
272Fig. 79. Oiketikón graídion (2). Statuetta del British Museum, da Tanagra (Alt. cm. 10,3), da Burr Thompson 1966, 56-57, tav. 18; Cfr. Walters 1903, C 279.
273Fig. 80. Oiketikón mesókouros (?). Ercolano. Casa del Grande Portale.
274Fig. 81. Diphterìtis (1). Statuetta al Museo Nazionale di Atene, forse da Tanagra. Cfr. Bieber, fig. 360. Neg. D. A. I. Athen, N. M. 198.
275Fig. 82. Diphterìtis (2). Maschera in terracotta da Centuripe. Scavo 1908, sep. 91; Museo di Siracusa. Inv. 39588; Alt. attuale cm. 8.
276Fig. 83. Diphterítis (3) e pànchrestos. Pittura parietale dalla Casa dell’Atrio a mosaico di Ercolano; da La Peinture 1993, 127.
277Fig. 84. Katákomos accigliata. Pittura parietale dalla villa di Boscoreale, al Museo di Napoli. Foto L. M. Réndina.
278Fig. 85. Katákomos accigliata (4), Pannello murale da Pompei al Museo di Napoli. Inv. D. 89843.
279Fig. 86. Katákomos accigliata (5). Pittura nella casa dei Vettii a Pompei. Da La Peinture 1993, 68.
280Fig. 87. Maschera antefissa in terracotta di giovane donna con alto ónkos. Da Centuripe, Necropoli contrada Casino. Scavo 1909, Sep. 170. Siracusa, Museo, inv. 31538, Alt. cm. 14,9; largh. base cm. 14; Alt. rilievo cm. 4. Foto Museo di Siracusa.
281Fig. 88. Maschera antefissa di giovane donna con ónkos medio, da Centuripe, Catania, Museo Castello Ursino (Inv. 5784). Alt. attuale cm. 13,5; largh. base cm. 14,3.
282Fig. 89. Maschera antefissa di giovane donna con ónkos medio, da Centuripe, rinvenimento sporadico, 1908; Alt. attuale cm. 8,2; largh. base cm. 14; Alt. rilievo cm. 4,2; Museo di Siracusa (Inv. 29602).
283Fig. 90. Katákomos ōchrá (1). Maschera in terracotta dipinta da Lipari. Cefalù, Museo Mandralisca. Alt. cm. 20; Cfr. M. T. L., 121, figg. 196-197.
284Fig. 91. Katákomos ōchrá (2). Maschera in terracotta da Morgantina (60-1421). Alt. cm. 14,3; Bell, Morgantina I, Cat. 773; pl. 121.
285Fig. 92. Katákomos ōchrá (3). Maschera in terracotta, già al Museo di Chieti.
286Fig. 93. Katákomos ōchrá (7). Pannello murale al Museo di Napoli. Inv. 9790. Foto L. M. Réndina.
287Fig. 94. Katákomos ōchrá (8). Pannello murale da Pompei al Museo di Napoli. Inv. 9808. Foto L. M. Réndina.
288Fig. 95. Katákomos ōchrá (9). Pannello murale dalla casa dei Cervi di Ercolano al Museo di Napoli. Inv. 9850; Cfr. Bieber, fig. 760. Foto L. M. Réndina.
289Fig. 96. Mesókouros ōchrá (2). Maschera in terracotta. Taranto. Museo Nazionale. Quagliati, Itinerari, 49.
290Fig. 97. Katákomos ο mesókouros ōchrá. Frammenti di tre grandi maschere da Lipari, trincea XXXI (Alt. fr. cm. 9,1; cm. 6,7; cm. 5,1). M. T. L., fig. 201.
291Fig. 98. Katákomos ο mesókouros ōchrá. Maschera frammentaria in terracotta da Lipari, Tr. XXXII (Alt. fr. cm. 6,1); M. T. L., fig. 202.
292Fig. 99. Katákomos ο mesókouros ōchrá. Frammenti di maschera in terracotta. Siracusa, Museo, da Villa Maria.
293Fig. 100. Mesókouros prósphatos (1). Maschera in terracotta. Lipari, Museo Eoliano, inv. 11358, dallo scavo delle mura urbiche 1971. Alt. cm. 9,4; M. T. L., fig. 203, cat. G. 12.
294Fig. 101. Mesókouros prósphatos (2). Maschera frammentaria da Lipari. Scavo mura urbiche 1971, Inv. 11357; Alt. cm. 6,8; M. T. L., fig. 204, cat. G. 14.
295Fig. 102. Mesókouros prósphatos (3). Maschera in terracotta. Museo di Taranto; Inv. 52050, Alt. cm. 4,6.
296Fig. 103. Mesókouros prósphatos (4). Maschera colossale marmorea del Museo Nazionale Romano (Alt. cm. 83). Da Cima 1981, 59, p. 364.
297Fig. 104. Mesókouros prósphatos (5) ο menade (?). Pittura murale della villa di Oplontis.
298Fig. 105. Mesókouros prósphatos (6) ο menade (?). Pannello della Casa dei Cervi di Ercolano. Museo Nazionale di Napoli. Inv. 9805. Cfr. Bieber, fig. 761. Foto Museo Napoli. Neg. 5336.
299Fig. 106. Mesókouros prósphatos (7) ο menade (?). Pannello murale da una casa romana di Sólunto, al Museo di Palermo, inv. 2299. Foto Museo Palermo, neg. 16631
300Fig. 107. Kóre. Mascheretta in terracotta dall’Agorà di Atene. Da Burr Thompson 1966, 257, n° 8.
301Fig. 108. Kóre (della tragedia ο della commedia?). Mascheretta in terracotta da Agrigento. Museo di Napoli; Inv. 21039. Foto L. M. Réndina.
Bibliographie
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Notes de bas de page
1 Ne devo la foto alla cortesia del creatore del Museo d’Arles, oggi conservatore onorario, Prof. Jean-Maurice Rouquette.
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