Le aristocrazie locali della Regio X dalla guerra sociale all’età neroniana. La parte occidentale
p. 13-30
Résumés
La relazione è divisa in due parti. Nella prima vengono illustrati gli obiettivi di una ricerca sulle aristocrazie locali della Regio X: ad un aggiornamento bibliografico di carattere generale per il decennio 1981-1991 (§ 1) seguono dei bilanci relativi all’argomento specifico: l’uno concernente le fonti letterarie ed epigrafiche, l’altro le più recenti analisi del fenomeno (Vicetia, Brixia, Cisalpina repubblicana) (§ 2-3) e, infine, l’esposizione dei criteri adottati nella schedatura prosopografica (§ 4). La seconda parte, limitata al settore occidentale della Regio X (Brixia, Cremona, Mantua, Verona, Vicetia, Atesta, Patavium, Tridentum, Berua, Feltria), si apre con gli Addenda et corrigenda alle prosopopografie dei notabili di questi centri (§ 5); vengono quindi esposte delle conclusioni preliminari sulle dinamiche interne alle classi dirigenti (conservazione o perdita dei livelli di potere, meccanismi di ascesa delle “genti nove” dall’aristocrazia locale all’ordo equester e all’ordo senatorius), sui fondamenti economici del loro predominio, su qualche aspetto della loro ideologia (evergetismo) (§ 6). Da tale analisi esce confermata la posizione di assoluto rilievo della Regio X (superata, in Italia, soltanto dalla Regio I).
The paper is divided into two parts. In the first the objectives of research on the local aristocracies of Regio X are illustrated. After a bibliographic updating for the decade 1981-1991 (§1), follow the net results relating to the specific subject (the first concerning the epigraphical and literary sources, the other the most recent analyses of the phenomenon-Vicetia, Brixia, Cisalpine Republic-[§§ 2-3]), and finally the criteria adopted in the prosopographic cataloguing (§ 4). The second part, limited to the western sector of Regio X (Brixia, Cremona, Mantua, Verona, Vicetia, Ateste, Patavium, Tridentum, Berua, Feltria), opens with the Addenda et Corrigenda to the prosopographies of the notables of these centres (§ 5), followed by the preliminary conclusions on the internai dynamics of the ruling classes (preservation or loss of levels of power, mechanisms of ascent of the “genti nove” by the local aristocracy to the ordo equester and to the ordo senatorius), on the economic foundations of their predominance, on some aspects of their ideology (euergetism) (§6). From this analysis the position of absolute importance of Regio X is confirmed (exceeded in Italy only by Regio I).
Remerciements
Sono grato a Ezio Buchi, Alfredo Buonopane e Gian Luca Gregori per le informazioni e i consigli che hanno voluto darmi.
Texte intégral
Un progetto di ricerca
11. Nel decennio seguito al grande convegno sulle “borghesie” municipali dell’Italia repubblicana, organizzato nel 1981 per il Centre Jean Bérard di Napoli da Mireille Cébeillac (Bourgeoisies 1983), le indagini sulle aristocrazie (senatoria, equestre, locali) del mondo romano hanno fatto considerevoli progressi. Ricorderò: tra i lavori di carattere più vasto, gli Atti del colloquio A.I.E.G.L. (Epigrafia e ordine senatorio 1982), la Prosopographie des femmes de l’ordre sénatorial di Marie-Thérèse Raepsaet-Charlier (Raepsaet-Charlier 1987), il Supplementum I della Prosopographia militiarum equestrium di Hubert Devijver (Devijver 1987), le monografie di Ségolène Demougin sull’ordo equester nell’età giulio-claudia (Demougin 1988 e 1992), il bilancio di Denis B. Saddington sui praefecti fabrum del medesimo periodo (Saddington 1985), gli articoli di Ignazio Didu e Giovanni Mennella sui prefetti come sostituti degli imperatori e dei cesari nelle magistrature locali (Didu 1983; Mennella 1988), il volume di Federica Petraccia sui questori municipali dell’Italia antica (Petraccia Lucernoni 1988); tra i lavori di ambito più definito, quelli di Géza Alföldy sui senatori delle Regiones IX, X e XI (Alföldy 1982), di Els Ijsewijn sugli equites Romani della Regio X (Ijsewijn 1985-1986), di Maria Silvia Bassignano sui praefecti iure dicundo dell’Italia settentrionale (Bassignano 1991).
2Opere di grande utilità e, in alcuni casi, di alto profilo storiografico – mi riferisco in particolare a Géza Alföldy e Ségolène Demougin – esse, almeno per quanto concerne la Regio X, non sono del tutto immuni da errori e da lacune. A correggere i primi e ad ovviare alle seconde ha contribuito negli ultimi anni un filone di ricerca, rappresentato dalle storie locali (e specialmente dalle storie di città), la fortuna del quale in Italia è oggetto di un ampio dibattito1.
3Interessano l’area geografica della mia relazione, oltre a monografie pubblicate nei decenni precedenti, come quelle su Verona, Adria e Concordia2, la serie dei volumi dedicati, fra il 1980 e oggi, a Brescia, Cremona, Mantova, Trento, Vicenza, Este, Padova, Treviso, Belluno, Altino, Concordia, Aquileia e Zuglio3. A questi dobbiamo aggiungere le trattazioni dei singoli centri o dei loro territori contenute in opere di ambito regionale4 o comprensoriale5.
4Anche dal punto di vista della storia sociale i vantaggi di un esame circoscritto sono per lo meno di due ordini: quelli derivanti dal più facile accesso alle fonti inedite e alla bibliografia locale e quelli offerti dalla possibilit di collegare più strettamente al “milieu” originario personaggi di rango equestre o senatorio, la cui dimensione municipale sfugge talvolta ad uno studio avente per oggetto l’evoluzione complessiva dell’uno o dell’altro ordo.
5Il progetto di ricerca, del quale mi accingo a descrivere l’impostazione generale ed i primi risultati, è un tentativo di ricondurre a unità i due filoni.
62. Quanto allo stato della documentazione, la Regio X non si discosta dai parametri comuni al resto dell’Italia romana.
7Il prevalente disinteresse degli autori antichi per le realtà locali – in particolare per le manifestazioni economiche e sociali di queste – spiega il fatto che le notizie ricavabili da essi non raggiungono che una percentuale modesta.
8Cio non esclude che alcune delle fonti letterarie contengano delle informazioni valide per la nostra indagine. Se gli accenni catulliani a qualche notabile di Brixia e di Verona rimangono piuttosto ermetici, nonostante lo sforzo esegetico dell’ultimo, geniale capitolo dei Roman Studies di Peter Wiseman6, altre indicazioni sono di notevole peso. Da Strabone ricaviamo un dato che ha pochi termini di confronto: la presenza di cinquecento equites patavini nel censimento augusteo dell’8 o del 14 d.C.7. Non meno ulili risultano le sparse allusioni a questo o quel personaggio nelle opere di Cicerone, Cesare, Plutarco, Svetonio e altri. L’epistolario di Plinio il Giovane contiene un vero e proprio commentariolum sul buon matrimonio fra notabili, che vedremo in seguito. E cosa dire delle memorabili pagine dedicate da Tacito alla resistenza a Nerone del patavino Publio Clodio Trasea Peto8 o al trasformismo del vicentino Aulo Cecina Alieno durante la guerra civile del 699?
9Resta comunque il fatto che, dal punto di vista quantitativo, il ruolo della documentazione epigrafica è determinante. Ma la valutazione generale di essa deve partire da un rilievo preliminare: cioè che la nostra “banca dati” è a differenti livelli di aggiornamento e di accessibilità.
10Per quanto riguarda l’epigrafia lapidaria, possiamo definire ottimale una situazione come quella di Brixia, che, grazie alla fatica e all’acume di Albino Garzetti, dispone di un repertorio esauriente, costituito dalle tre parti del fascicolo delle Inscriptiones Italiae, apparse fra il 1984 e il 1986, e dalle aggiunte pubblicate in un recente volume della nuova serie dei Supplementa Italica (InIt X, 5, 1-2-3; Garzetti 1991); e buona la sorte degli altri municipi e colonie serviti finora dalla collezione diretta da Margherita Guarducci e Silvio Panciera (vale a dire Tridentum, Feltria, Bellunum, Tergeste)10 o comunque provvisti di opere di consultazione affidabili e aggiornate (per quanto riguarda i centri della penisola istriana disponiamo, insieme con i fondamentali contributi di Piero Sticotti, Attilio Degrassi e Bruna Forlati Tamaro, anche dei tre volumi delle iscrizioni della Iugoslavia editi da Anna e Jaro Šašel)11. Ma nei rimanenti casi le condizioni di lavoro sono più o meno precarie; anzi, per quanto concerne Verona, Patavium e Aquileia, i tre centri maggiori della Regio X, esse paiono, ad oltre cent’anni dalla comparsa dell’aggiornamento al quinto volume del CIL, curato da Ettore Pais12, non meno che scoraggianti. Gravi squilibri caratterizzano poi le nostre conoscenze dell’epigrafia laterizia, anforaria e ceramica e dell’instrumentum di metallo, vetro o altro13.
11Alle difficoltà causate da quella che potremmo chiamare l’indefinitezza della documentazione, altre se ne aggiungono. Mettendo a confronto i resti epigrafici dei ventiquattro centri14 della Transpadana orientale (poi Regio X), godenti, nell’epoca in esame15, di un’amministrazione autonoma, non possiamo non rilevare delle sproporzioni. Che Aquileia sia la città della quale ci rimane il maggior numero di testi (oltre quattromila tra l’edito e l’inedito)16 è conforme al suo ruolo di metropoli dell’Italia nord-orientale. In genere, tuttavia, gli squilibri dovuti alla diversa misura e alle diverse forme della distruzione delle antiche città e del riutilizzo dei loro materiali, sono molto forti. Che Verona conservi più o meno la stessa quantità d’iscrizioni di un centro importante ma inferiore ad essa come Brescia (la quale ne conta oltre mil letrecento)17, o che la magna Cremona ci abbia restituito meno di un centinaio di pezzi, come la parva Mantua18, sono i casi estremi di un quadro caratterizzato da forti sbilanciamenti. La compresenza di realtà “sovradocumentate” e di realtà “sottodocumentate” non favorisce, dunque, approcci di tipo statistico.
12Ai dati ricavabili dalle fonti letterarie ed epigrafiche poco aggiunge, infine, la prosopografia numismatica: tutto ciò che ne deriviamo è che qualcuno dei monetali operanti nella prima fase del periodo considerato19 è certamente o probabilmente della Regio X20.
133. La storia dei notabili di rango municipale, equestre e senatorio è un aspetto della storia sociale delle comunità in cui vivevano o da cui provenivano.
14Per quanto riguarda l’ambiente padano va segnalata la grande rilevanza che in alcune delle opere generali sulle città comprese nel nostro discorso ha, per l’appunto, l’indagine sociologica: mi riferisco particolarmente alle monografie su Vicetia di Lellia Cracco Ruggini (1987 e 1990) e su Brixia di Gian Luca Gregori (1990a e 1990b). Né i contributi apprezzabili si riducono a questi21.
15Pure, allo stato presente delle conoscenze, una trattazione complessiva delle multiformi “élites” della Regio X è, forse, prematura.
16Sono dunque il primo a riconoscere la provvisorietà del bilancio relativo al periodo repubblicano che ho esposto nel 1989 al Convegno di Elche (Bandelli 1992) e del valore assolutamente preliminare di questa relazione e delle altre due che la seguiranno22.
174. La prima fase del mio lavoro è consistita nella raccolta di tutti i dati prosopografici relativi alle aristocrazie delle ventiquattro città. Ho escluso, per il momento, dall’indagine quelli concernenti le comunità paganiche e le civitates adtributae: come, ad es., gli Arusnates23 e i Camunni24.
18Oltre ai magistrati, sacerdoti e decurioni, coloniari e municipali25, e ai membri dell’ordo equester e dell’ordo senatorius con i loro parenti26, ho considerato anche i personaggi di condizione ingenua che, pur non essendo formalmente documentati in uno di questi ruoli, potevano, con assoluta certezza o con buona probabilità, collocarsi nelle fasce più elevate delle società di origine in base a indici diversi, come opere di evergetismo ad alto impegno finanziario27, titolarità di onori pubblici, appartenenza alle “élites” culturali o simili. In mancanza di almeno qualcuno dei parametri suddetti non ho ritenuto invece di poter includere i vari esponenti delle cosiddette “grandes familles”28, sembrandomi che il criterio “quantitativo” (cioè il grande numero delle testimonianze epigrafiche) non bastasse, di per sé, a denotare la “qualità” (vale a dire la posizione sociale) di una certa presenza29. L’arco di tempo esaminato va dall’inizio del I secolo a.C. (guerra sociale) alla fine del I secolo d.C. (età flavia). La pertinenza ad esso delle notizie non inquadrabili con precisione dal punto di vista cronologico, in particolare di quelle ricavabili dalle epigrafi non datate (che sono la grande maggioranza)30, è stabilita caso per caso (per quanto riguarda le iscrizioni, combinando variamente ogni criterio utilizzabile: da quelli tipologici e paleografici a quelli formulari e linguistici).
19La scheda relativa ad ogni personaggio comprende il suo nome, la qualifica, la fonte o le fonti nelle quali compare (delle iscrizioni pervenuteci essa indica, fra l’altro, la sede attuale, diversa, talvolta, da quella indicata nelle precedenti edizioni, e, quando esistano, le riproduzioni, in fotografia o disegno, pubblicate), i dati che permettono di stabilirne l’origo e l’akmé, la bibliografia. Al momento presente il “dossier” raccoglie più di cinquecento voci31.
20Nei limiti stabiliti per questa comunicazione, il discorso non poteva essere analitico e onnicomprensivo. Ho preferito, dunque, mettere in evidenza taluni fenomeni di carattere generale, circoscrivendo l’esame alla parte occidentale della Regio X, vale a dire ai centri padani di Brixia, Cremona, Mantua, Verona, Vicetia, Ateste, Patavium e prealpini di Tridentum, Berua, Feltria, e proponendomi di trattare quelli della parte centrale e della parte orientale in altri luoghi (Cfr. supra, nota 22). Dei casi citati sette contribuiscono, in misure differenti, alla nostra indagine; tre ne rimangono l’uori: si tratta dei municipia retici, per i quali non possediamo affatto (Tridentum e Berua)32 o non possediamo quasi (Feltria)33 testimonianze che interessino l’argomento della Tavola Rotonda.
Note preliminari sulla parte occidentale
215. Dal punto di vista prosopografico le novità sono molteplici. Una parte di esse concerne i magistrati, i sacerdoti e i decurioni dei centri suddetti. Ad un lento ma continuo accrescimento dei materiali epigrafici34, cui possiamo aggiungere inedite proposte di attribuzione o identificazione35, corrispondono alcuni tentativi di sistemare diacronicamente il complesso dei dati acquisiti36.
22Altre aggiunte o correzioni riguardano le prosopografie degli equites repubblicani e giulio-claudii pubblicate da Claude Nicolet e Ségolène Demougin37. Limitandomi a quelli certi o probabili, segnalo i casi di C. Silius C.f. Fab. Aviola, di [M. Valerius ---] e M. Valerius M.f. Crassus e di un Minicius Macrinus a Brescia38, di [- A]rtorius Q.f. Pob. [Hi]strianus, di C. Corne[lius - f.] Cn. n. Rufus e di un ufficiale impegnato nel bellum Batonianum a Verona39, di un Asconius Labeo a Padova40, di un Corellius a Este41 In tale ambito vanno menzionati pure alcuni praefecti fabrum di Brescia42, Verona43, Padova44. il cui titolo è riferibile piuttosto alla carica “prémilitaire” (“nationale”) che non a collegia locali45.
23Per quanto riguarda i senatori, alla prosopografia bresciana di Géza Alföldy (Alföldy 1982, 346-350) va forse aggiunto un Q. Cornelius Priscus46, mentre da quella veronese dello stesso autore vanno certo eliminati l’inesistente L. Caesius e, di conseguenza, il supposto figlio di questo L. Caesius Martialis47. Bilanci esaurienti per i vari gruppi sono in corso di elaborazione48.
246. Un’indagine sulle dinamiche sociali dei centri considerati – dei quali Cremona, colonia latina dedotta nel 218 a.C., era divenuta municipium nel 90 (Laffi 1987, 47-49; Bandelli 1988, 8-11), Brixia, Mantua, Verona, Vicetia, Ateste, Patavium, comunità indigene promosse allo ius Latii nell’89, avevano acquisito il rango municipale nel 49 (bibliografia sul problema in Bandelli 1991, 86, nota 30) – appare tutt’altro che semplice.
25a) La prima differenza da sottolineare è che, mentre a Verona, Vicetia e Patavium le modifiche della composizione cittadina provocate da fattori esogeni dovettero essere graduali, riducendosi questi all’immigrazione spontanea di singoli o di famiglie provenienti dall’Italia peninsulare49, Cremona e Mantua da un lato, Ateste dall’altro subirono il trauma delle deduzioni coloniarie di veterani, le prime dopo Filippi50, l’ultima dopo Azio51. Altri militari vennero collocati torse, in momenti non precisabili della fase iniziale del Principato, a Brixia, che divento Colonia Augusta Civica (sicuramente prima dell’8 a.C.), e a Cremona52.
26Una valutazione degli sconvolgimenti prodottisi tra la fase triumvirale e quella protoaugustea non è qui perseguibile. Dirò solamente che il problema del rapporto fra continuità e rottura, la cui soluzione sembra del tutto preclusa a Brescia, Cremona e Mantova, dove i dati prosopografici di età repubblicana sono pochissimi53, pare meno difficile da impostare, se non da definire, a Este, dove al ricco materiale epigrafico in lingua prima venetica e poi latina della fase precoloniale succede qucllo, abbastanza numeroso, degli anni posteriori ad Azio, nell’ambito del quale i veterani rappresentano una delle maggiori componenti54.
27b) Laddove la documentazione è più consistente, vediamo il passaggio del potere da una generazione all’altra del medesimo lignaggio: gli esempi migliori sono quelli dei Papirii55 e dei Vibii Visci56 a Brixia, dei Valerii Catulli57 e dei Gavii58 a Verona, degli Asconii59 a Patavium.
28Non meno spesso, tuttavia, delle famiglie dominanti nella fase iniziale del periodo considerato scompaiono col tempo dalla scena politica. Nella maggior parte dei casi le ragioni del fenomeno ci sfuggono; ma, talvolta, è lecito fare delle ipotesi. Non escluderei, ad esempio, che qualcuno dei nomina segnalatisi negli anni del municipio bresciano, come gli Helvii, di rango senatorio, o i Mucii, i Mutii e i Popillii, di rango quattuorvirale60, abbiano declinato in seguito ai rivolgimenti del periodo triumvirale e augusteo (cfr. supra, note 50, 52).
29Alcuni dei meccanismi che permettono ai dctentori del potere di conservarlo emergono anche nella parte occidentale della Regio X.
30Non è questa la sede per elencare i numerosi matrimoni fra esponenti di famiglie diverse di notabili della medesima città61 Ma possiamo rilevare almeno che il fenomeno assume talvolta una dimensione “padana”. Un Valerio Catullo di Verona sposa una Terenzia Hispulla, quasi certamente milanese62; un Publio (?) Acilio, probabilmente di Brescia, la patavina Serrana Procula63; il nipote di questi, Minicio Aciliano, è considerato un buon partito per la figlia del cisalpino Quinto Giunio Aruleno Rustico64. E non mancano i casi di relazioni matrimoniali di raggio più vasto. Il senatore patavino Publio Clodio Trasea Peto ha per moglie Arria Minore, i cui genitori sono i volaterrani Aulo Cecina Peto e Arria Maggiore65. La loro figlia, (Clodia) Fannia, viene maritata a Gaio Elvidio Prisco di Cluviae66. Gaio Salonio Matidio Patruino di Vicenza sposa Ulpia Marciana, sorella del future imperatore Traiano67.
31Quando la forma del rapporto non è detta esplicitamente, il discorso puo farsi complicato. Un certo numero di senatori e di cavalieri della parte occidentale della Regio X presenta dei polionimi68. Stabilire se questi derivino da matrimoni, adozioni (in vita o per testamento), eredità o altro è spesso difficile. Peter Wiseman, sulla base del nome di Sex. Te(i)dius L.f. Valerius Catullus ha proposto una convincente ricostruzione dei legami tra la famiglia di questo senatore di Verona e Seiano (Wiseman 1987, 345-346). Per quanto mi riguarda, confesso che, nonostante la ripetuta frequentazione degli articoli dedicati da Ronald Syme alla “testamentary adoption” (Syme 1982) e ai “polyonymous consuls” (Syme 1985d), non sono riuscito a definire la rete di connessioni rispecchiata dal nome dell’eques veronese Q. Caicilius Cisiacus Septicius Pica Caicilianus69.
32Non voglio concludere intorno a questo punto senza citare alcuni passi di quella straordinaria lettera di Plinio il Giovane, che prima ho definito una specie di commentariolum del buon matrimonio fra notabili:
«Caio Plinio invia i suoi saluti al caro Giunio Maurico. Tu mi domandi che io provveda un marito alla figlia di tuo fratello... Non c’è nessun compito più importante e più gradito che tu mi possa assegnare, nessuno di cui io mi possa più onorevolmente incaricare, che quello di scegliere un giovane che sia degno di procreare dei nipoti ad Aruleno Rustico. Questa ricerca sarebbe certo dovuta durare a lungo se non ci fosse stato già bell’e pronto e quasi si direbbe riservato apposta Minicio Aciliano... E di Brescia; proviene da quella nostra Italia provinciale che mantiene e conserva ancora molto dell’antica modestia e sobrietà ed anche dell’antica sanità rurale. Suo padre è Minicio Macrino, capo dell’ordine equestre, perché non voile salire più in alto; quando il divino Vespasiano gli offerse la promozione a senatore di rango pretorio egli rifiutò, nonostante le più insistenti sollecitazioni... Ha come nonna materna Serrana Procula, del municipio di Padova; tu conosci i costumi della zona, e tuttavia Serrana è un modello di austerità per gli stessi Padovani. Inoltre suo zio materno è P. Acilio, uomo d’una dignità morale, d’una saggezza, di una lealtà davvero eccezionali... Aciliano poi possiede, personalmente, una grandissima energia e solerzia, quantunque rifugga in ogni modo dal farne sfoggio. Ha già percorso, dimostrando un’integrità assoluta, la questura, il tribunato e la pretura e così, per quanto dipende da lui, ti ha esentato dall’obbligo di darti da fare per favorirne la carriera. Il suo volto è improntato di un’amabile signorilità, è sanguigno e rubicondo; la sua corporatura ha una bellezza naturale ed insieme una certa quale maestà che si addice ad un senatore... Non so se debba aggiungere che suo padre è molto dovizioso; infatti quando rifletto a chi siete voi, per i quali io cerco un genero, mi sembra di dover tacere dei beni di fortuna, quando però bado alla mentalità dominante ed anche alle leggi ufficiali le quali credono opportuno di porre proprio in prima fila la valutazione del patrimonio dei cittadini, allora mi pare che neppure questo lato possa essere tralasciato. E certo chi pensa di lasciare dietro di sé una famiglia, e per di più numerosa, deve tenere presente anche questo elemento nello scegliere tra le varie proposte di matrimonio... Stammi bene»70.
33c) Anche per quanto concerne le regole dell’avanzamento sociale i dati ricavabili dalle nostre prosopografie rispecchiano delle tendenze più o meno consuete.
34Un fenomeno di qualche interesse mi pare costituito dalle carriere di alcuni elementi di condizione ingenua, che dall’augustalità pervengono agli uffici meno alti dell’amministrazione locale, conquistando talvolta il quattuorvirato o il duovirato71. Ciò smentirebbe la tesi, applicata pure alla Gallia Cisalpina72, secondo la quale il passaggio della medesima persona dal collegio sevirale a cariche municipali sarebbe tipico di fasi posteriori e indice di una crisi dei governi cittadini.
35Che, d’altra parte, all’interno della classe decurionale ci fosse una qualche gerarchia sembra dimostrato anche nella Venetia occidentale da parecchie iscrizioni funerarie, che citano il defunto soltanto come decurio73: possibile indizio, quest’ultimo, di un ingresso nel consiglio, attraverso l’adlectio, di membri che non avevano ricoperto le magistrature civiche74.
36A differenti livelli si distribuiscono pure i dati prosopografici relativi agli equites Romani, come risulta dalle tabelle di Els Ijsewijn, che distinguono le «carrières exclusivement municipales» e «mixtes» dalle «carrières officielles importantes»75.
37Per attivare i meccanismi di ascesa dall’ordine equestre all’ordine senatorio, una realtà multiforme sulla quale Ségolène Demougin ha scritto pagine chiarificatrici76, sarà bastata, nella maggior parte dei casi, la rete delle parentele. Ma talvolta la promozione viene concessa dal favore imperiale. Due casi bresciani, l’uno relativo a generazioni diverse, l’altro concernente il medesimo personaggio, sono quello del cavaliere Vibio Visco, la cui amicizia per Augusto, non sfruttata a proprio vantaggio, favorì certamente l’entrata in senato dei figli, e quello del già ricordato Minicio Macrino che, equestris ordinis princeps, adlectus... a divo Vespasiano inter praetorios, rinunciò comunque alla designazione77. Non meno tipica è l’“escalation” dei Salonii Matidii di Vicetia, ricostruita da Géza Alföldy: al padre, un uomo nuovo adlecto in senatum et inter tribunicios relato da Claudio, succede il figlio, che raggiunge la dignità pretoria (Alföldy 1980; 1982, 339-340, nn. 1, 5).
38d) La studiosa francese, analizzando la prosopografia dei cavalieri di età giulio-claudia sotto il profilo statistico, è giunta alla conclusione che, seconda in Italia soltanto alla Regio I, la Regio X è un vero e proprio «réservoir privilégié» dell’ordo equester (Demougin 1988, 523-526; a 526 la definizione citata). E le indagini di Géza Alföldy lo ribadiscono per quanto concerne l’ordo senatorius (Alföldy 1982, 310-311). Le città che maggiormente contribuiscono al raggiungimento di tali posizioni sono Brescia, Verona e Padova, insieme con Aquileia. Ma non basta. È un dato di fatto che le aristocrazie della parte occidentale della Venetia pervengono di frequente ai livelli più alti del “Palazzo”78.
39Peter Wiseman ha ripercorso la storia di potere e di perversione di tre Veronesi (Wiseman 1987, 343-348): Sex. Te(i)dius L.f. Valerius Catullus, parente di Seiano, che nel 31 succedette, come cos. suff., all’imperatore Tiberio e al medesimo Seiano (Cfr. supra, nota 62); L. Valerius L.f. Catullus, legato a Caligola da una relazione omosessuale, in cui – ovviamente dopo la sua morte – pretese di avere sostenuto il ruolo attivo79; L. Valerius Catullus Messallinus, cos. ord. nel 73 con il giovane Domiziano, di cui fu l’eminenza grigia negli anni del suo regno, quando ricoprì un secondo consolato80. Non meno significative, quanto a prestigio, le figure dei Patavini Sex. Papinius Q.f. Allenius, che fu cos. ord. nel 36 (Alföldy 1982, 336, n. 2; Syme 1983, 103-104 = 1988, 373-374; Syme 1991, 475), e Asconius Labeo, il quale. dopo avere svolto le funzioni di tutor Neronis, ricevette nel 54 i consularia insignia per intervento del Principe (Cfr. supra, nota 40).
40La cortigianeria dei Veronesi non puo non evocare, per contrasto, l’atteggiamento di un altro Patavino, Publio Clodio Trasea Peto, figura di spicco della resistenza antineroniana, morto suicida nel 66, e della figlia (Clodia) Fannia, perseguitata da Domiziano (cfr. supra, note 65, 66). Padova è l’unica città della Regio X, in cui si rilevi la continuità di una tradizione “repubblicana”. Da Svetonio apprendiamo che un Cassius Patavinus, oppositore di Augusto, pretendeva «neque votum sibi neque animum deesse confodiendi eum» (Suet., Aug., 5, 1; Sartori 1981, 125, 133, 160; Capozza 1987, 34, nota 282). E se la famosa iscrizione funeraria del palazzo Emo-Capodilista è veramente quella di Tito Livio e della sua famiglia81, potrebbe non essere un caso che lo storico “pompeianus” (Tac., Ann., 4, 34, 2), il quale, a proposito di Cesare, si domandava «utrum ilium nasci magis reipublicae profuerit an non nasci»82, avesse una moglie di nome Cassia (Sartori 1981, 138-139; Mratschek 1984, 171-172). I loci mores, che la patavina Serrana Procula giungeva a superare con la propria severitas83, avranno formato anche Trasea Peto e (Clodia) Fannia.
41e) Ricollegandoci ad un importante convegno di Aix-en-Provence (Origine des richesses 1985), affrontiamo adesso il problema dell’“origine delle ricchezze” amministrate dai notabili della Regio X.
42Dando per scontato che la floridezza di questa dipendesse in larga parte dall’agricoltura, ho tentato qualche anno fa di valutare l’incidenza, nello sviluppo dei suoi centri maggiori, di altre forme di altività economica: lo sfruttamento delle cave di pietra e dei boschi, Tallevamento del bestiame, le figulinae (da non ridurre ad appendici dei fundi), le “manifatture”, i commerci (Bandelli 1991, 89-95). È quindi con un certo disappunto che rilevo come, nell’ambito esaminato, il confronto dei dati prosopografici con quelli concernenti la sfera produttiva solo raramente porti ad acquisizioni di rilievo.
43Una parte dei beni fondiari dei Clodii patavini è stata localizzata a Chioggia84; la nascita di Forum Alieni potrebbe collegarsi all’esistenza nel Veronese di proprietà dei Caecinae Alieni di Vicetia85; le iscrizioni funerarie di notabili provenienti non dalle necropoli suburbane ma da questa o quella parte dell’agro86 indicano verosimilmente l’esistenza di praedia. Manca però un’esauriente ricerca di tipo economico sulle villae del Bresciano e della Venetia occidentale (da Sirmione alla Valpolicella, dal Vicentino allOpitergino)87.I’termini del rapporto fra villae e piccola proprietà continuano a sfuggirci: non sappiamo quanto erano vasti i possedimenti dei Clodii e dei Caecinae, né quelli dei magistrati locali sepolti nelle campagne.
44Anche per quanto concerne altre forme di produttività non è dato di cogliere, per l’età giulio-claudia, quelle corrispondenze tra la prosopografia dei maggiorenti e la documentazione su mestieri e collegia, che registriamo talvolta nel periodo successivo, come dimostrano, ad esempio, le ricerche di Anna Giacomarra (1987, 289-293) sullo sfruttamento dei boschi e di Monika Verzár (1987, passim) sull’allevamento del bestiame.
45L’unico esempio di convergenza significativa è quello tra la prosopografia lapidaria e la prosopografia dei laterizi e delle anfore88. Dei molli casi accertati89 voglio ricordarne almeno qualcuno. Un C. Valerius Catullus compare nel titulus pictus di un’anfora di garum spagnola (Dressel 7-11 = Peacock/Williams 16), trovata a Roma in un contesto della metà del I secolo90. La ricchezza dei Gavii, dei Poblicii e dei Valerii Nasones di Verona (Buchi 1987a, 147, nota 647, con rimandi alla bibliografia precedente), dei Dellii di Vicenza (Buchi 1987a, 150, figg. [2-4], 151, note 680-685, 152, fig. [1]), degli Avillii e dei Ducenii di Padova91 deriva anche dalle loro figulinae.
46Tra le associazioni che ho stabilito nel corso di questa indagine mi limito a citare la seguente. Che il cavaliere P. Papirius P.f. Pastor fosse uno dei personaggi di alto rango della Brixia giulio-claudia era noto da tempo (cfr. supra, nota 55). Una prospettiva che superi i confini di singoli municipi e colonie o delle regioni moderne permette di collegare a lui (o ad un suo discendente) il bollo veronese, anch’esso noto da tempo, di un Hes(---) P(ubli) P(apirii) Pasto(ris servus) o Hesp(er o -erius) P(ubli o -apirii) Pasto(ris servus)92.
47f) In conclusione, devo quanto meno accennare alle testimonianze, sicure o probabili, dell’evergetismo delle aristocrazie locali.
48Che in una Regio la quale occupa il seconde posto nell’Italia romana per numero di cavalieri e di senatori, il fenomeno avesse una grande rilevanza, era del tutto prevedibile. Di fatto, per quanto riguarda l’ambito del nostro discorso, anche a voler tacere della documentazione bresciana, cremonese e mantovana93, quella delle città incluse nell’attuale Veneto conferma la previsione, come dimostra un’indagine recente di Alfredo Buonopane94.
49Oltre al numero degli interventi, è degna di nota la misura degli impegni finanziari95. La donazione più cospicua risulta quella di un ex magistrato patavino di età giulio-claudia, che lascia al populus della sua città 1.051.000 sesterzi96: una cifra maggiore del censo richiesto a un senatore (Nicolet 1976, 30-32 = 1984, 161-164; Eck 1991, 77-78). Ma non meno significativi, nell’ambito del I secolo, appaiono due contributi da 600.000 sesterzi a Verona97, uno da 550.000 (?) e forse oltre a Padova98, uno da 500.00099 a Verona: tutti al di sopra del censo equestre (Nicolet 1976, 30-32 = 1984, 161-164; Demougin 1988, 76-79).
50Tra i lasciti da 600.000 sesterzi uno proviene da una matrona veronese, naturalmente una Gavia. Destinata alla costruzione di un acquedotto, la somma è la più alta del suo genere in Italia e inferiore nell’Impero soltanto a quella impiegata per analogo fine a Bordeaux100.
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Notes de bas de page
1 Sui fenomeno in genere: Storia locale 1982; De Giorgi 1989. Con particolare attenzione alla storia antica: Luraschi 1979, XVII-XXIV; Sartori 1983; Polverini 1987, nota 1; Gabba 1989, 333-334; Gabba 1990b; Cracco Ruggini 1990, 2, nota 3. Per il caso giuliano cfr., da ultimo, Salimbeni 1988.
2 Cfr., rispettivamente, Verona 1960 (dove Sartori 1960), Fogolari/Scarfi 1970, Iulia Concordia 1978 (dove Scarpa Bonazza 1978). Altre indicazioni: Bandelli 1985, 12-16, note 18-30; Bandelli 1991, 85-87, note 4-52.
3 Brescia: Gregori 1990a, Gregori 1990b. Cremona: Cremona romana 1985. Mantova: Caso mantovano 1984. Trento: Trento 1983 (dove Cavada/Ciurletti 1983). Vicenza: Storia di Vicenza 1987. Este: Este antica 1992; Buchi 1993. Padova: Padova antica 1981. Treviso: Storia di Treviso 1989 (dove Buchi 1989b). Belluno: Pellegrini 1984. Altino: Scarfi/Tombolani 1985. Concordia: Concordia Sagittaria 1987; Chiesa concordiese 1989 (dove Croce Da Villa 1989). Aquileia: Da Aquileia a Venezia 1980. Zuglio: Iulium Carnicum 1990. Trattazioni più o meno ampie della fase antica nelle monografie su Brescia (V. Frati, R. Massa, G. Piovanelli, F. Robecchi), Trento (R. Bocchi, C. Oradini), Padova (L. Puppi, M. Universo), Trieste (E. Godoli), comprese nella collana “Le città nella storia d’Italia”, diretta da Cesare De Seta. Per Tridentum, Feltria, Bellunum, Tergeste cfr., poi. Buonopane 1990a e 1990b. Lazzaro 1989a e 1988, Zaccaria 1992. Inoltre: infra, note 4, 5, 10, 14, 21.
4 Tozzi 1987, 21-25 (Cremonese), 27-29, 35-41 (Veronese); Veneto nell’età romana 1987; Tipologia di insediamento 1992 (Venetoe Istria). Cfr., inoltre, la Carta archeologica del Veneto 1988-1990-1992. Da una “thèse d’État” sull’Istria derivano Tassaux 1982, 1983, 1985a, 1985b, 1990 e 1992. Cfr., inoltre, Matijasic 1988 e 1992.
5 Padania: Calzolari 1986, 1988 e 1989. Polesine: Antico Polesine 1986; Pupillo 1989.
6 Cat., 67 (un Cornelius e un Postumius a Brescia, un Caecilius, un Balbus e un Longus (?) a Verona): Wiseman 1987, 341-342. Su Cornelius e Postumius cfr., rispettivamente, Gregori 1990b, A, 088, 001; Gregori 1990a, II, 576 e Gregori 1990b, A, 224, 001.
7 Strab., 3, 5, 3; 5, 1,7. Sull’attendibilità della notizia: Nicolet 1966, 119-120; Alföldy 1984a, 106 = 173; Biffi 1988, 239, nota 40; Demougin 1988, 528-530; Eck 1991,81.
8 Un elenco e un’esegesi dei relativi passi dell’Agricola, degli Annales e delle Historiae in Sartori 1981, 152-161; Syme 1991, 568-587. Inoltre: infra, nota 65.
9 Un elenco e un’esegesi dei relativi passi delle Historiae in Sartori 1960, 204-208; Chilver 1979, passim; Sartori 1981, 162-163; Cracco Ruggini 1987, 264-265. Inoltre: infra, nota 85.
10 Tridentum: Buonopane 1990a e 1990b. Feltria: Lazzaro 1989a. Bellunum: Lazzaro 1988. Tergeste: Zaccaria 1992. Dei contributi ai Supplementa che interessano la Regio X sono preannunciati quelli riguardanti Mantua (A. Buonopane), l’Ager inter Benacum et Athesin a Bardolino ad Roveretum (A. Buonopane), Ausugum (A. Buonopane), Ateste (M.S. Bassignano), Iulium Carnicum (F. Mainardis).
11 InIt X, 4 (Tergeste), da integrare con Zaccaria 1992; InIt X, 3 (Histria septentrionalis); InIt X, 2 (Parentium); InIt X, 1 (Pola et Nesactium); InLatIug, I-II-III. Cfr., inoltre, Degrassi 1965, Šašel/Marušić 1984, Zaccaria 1991b (da vedere con Rossi 1991).
12 Pais 1884. Limitatamente ad Aquileia è da segnalare, tuttavia, l’uscita dell’edizione postuma in tre volumi dei materiali raccolti da Giovanni Brusin (1883-1976) per le Inscriptiones Italiae: Brusin 1991-1992-1993.
13 Alla bibliografia citata in Bandelli 1991, 92-93, note 119-120, adde, per un quadro generale, Laterizi 1993; per i singoli territori, Abelli Condina 1986, Tesei 1987 (Camunni); Buchi 1980 (Anauni); Calzolari 1989, passim (Padania); Toniolo 1988 (Ateste); Anfore romane a Padova 1992 (Patavium): Toniolo 1991 (Altinum); Scavi ad Aquileia 1991, 230-242, Instrumenta Inscripta Latina 1992 (Aquileia).
14 Brixia, Cremona, Mantua, Verona, Tridentum, Berua, Feltria, Vicetia, Ateste, Patavium, Acelum, Tarvisium, Bellunum, Opitergium, Altinum, Iulia Concordia, Aquileia, Iulium Carnicum, Forum Iulii, Tergeste, Agida, Parentium, Pietas Iulia (Pola), Nesactium: Bandelli 1991, 85-86. Alla bibliografia già riportata (cfr. supra, note 3, 4, 5, 10) adde, per Feltria, Buchi 1989a, passim, Bassignano 1990, passim; per Ateste, Pupillo 1989, 28-69, 81-94; per Patavium, Lazzaro 1989b; per Acelum, Buchi 1989b, 219-245; per Tarvisium, Bittante 1988-1989, Buchi 1989b, 246-256; per Bellunum, Buchi 1989a, passim, Bassignano 1990, passim: per Opitergium, Baldasso 1989-1990. L’esistenza di un venticinquesimo centro, municipale, nell’Alto Adige, ipotizzata sulla base di un’epigrafe rinvenuta a Nalles-Nals (in merito cfr. Bandelli 1991, 86, nota 29), diviene ancora più incerta dopo l’ultima rilettura del documenta (non [---] Cl(audia) Priscus, ma [---] C. l. Priscus): Ausserhofer 1976, 454-455, n. 4, tav. 3. Di fronte a un totale complessivo di quattrocentosettantaquattro città, riferito da Strabone ed Eliano all’Italia augustea (Cracco Ruggini 1989, 240-241), la densità poleografica della Regio X non è molto elevata (Bandelli 1991, 97, nota 50).
15 Tra il I e il II secolo raggiunsero l’indipendenza amministrativa i Camunni, i Dripsinates e i Catubrini: Bandelli 1991, 87, note 47-48. Secondo Gregori 1990c, cc. 219-224, quella di Glemona potrebbe risalire anche alla fase augustea o giulio-claudia. Per quanto concerne il tardo inglobamento nell’Italia del centro norico di Iulia Emona e di quelli liburnici di Alvona, Flanona e Tarsatica cfr. Bandelli 1991, 87, note 51-52 (sul problema, da ultimo, Rossi 1991).
16 Brusin 1966, 30. I tre volumi delle Inscriptiones Aquileiae (Brusin 1991-1992-1993) comprendono però 3570 numeri.
17 La diversa importanza delle due città risulta da Strab., 5, 1, 6. Mentre per Verona mancano i dati precisi (alle quasi mille iscrizioni pubblicate in CIL, V e Pais 1884 bisogna aggiungere quelle, molto numerose, venute in luce successivamente), per Brixia la situazione è ben definita, grazie a InIt X, 5, 1-2-3 (1274 numeri) e a Garzetti 1991 (43 numeri). Che la consistenza del corpus bresciano derivi soprattutto dalla vicinanza delle cave di Botticino (Garzetti 1975, 52; 1979, 182) mi pare dubbio: le iscrizioni di un centro demograficamente comparabile a quello cenomano come Pietas Iulia (Pola), dove la pietra non è meno disponibile, si riducono. evidentemente a causa di una maggiore intensità delle distruzioni e dei reimpieghi, a meno di settecento (InIt X, 1: 656 numeri).
18 Martial., 14, 195. Per un bilancio quantitativo del patrimonio epigrafico delle due città cfr. Tozzi 1972, 49, n. 2, 71, n. 2.
19 Dopo alterne vicende i nomi di questi magistrati scompaiono definitivamente dalle emissioni a partire dal 4 a.C.: Zehnacker 1973, I, 87-88.
20 Cfr., ad es., Alföldy 1982, 331, n. ? 2 (Aquileia), 336, n. ? 1 (Patavium), 340-341, nn. ?? 1, ?? 5, ? 9 (Verona), 346, n. ?? 2 (Brixia).
21 Cfr., soprattutto, per Verona, Sartori 1960, passim, Buonopane 1985-1986; per Feltria, Buchi 1989a, passim; per Ateste, Lazzaro 1985, Pupillo 1989, passim, Buchi 1992, 263-268, Buchi 1993, 65-88; per Patavium, Sartori 1981, passim, Lazzaro 1989b; per Bellunum, Buchi 1989a, passim; per Pola e Nesactium, Tassaux 1992.
22 A tali ricerche preliminari – la presente, Bandelli (i.p.) a; Bandelli (i.p.) b – seguirà un volume di sintesi.
23 Sul pagus Arusnatium cfr., da ultimo, Franzoni 1982; Valpolicella romana 1983-1984; Buonopane 1986-1987; Buchi 1987a, 106, nota 10, 191, note 65-66; Franzoni 1987, 85-92; Buchi 1988-1989, 459-460; in particolare sui culti e sacerdozi locali, Bassignano 1987, 316-320.
24 Sulle civitates adtributae della Regio X: Zaccaria 1986, 70-72; Buonopane 1990b, 188-189; Zaccaria 1991a, 62-63; Zaccaria 1992, 155-156. Cfr., inoltre, Luraschi 1989, 37-40, 254-257.
25 La raccolta non comprende gli esponenti della “fascia intermedia”, rappresentata dai seviri, dagli Augustales e dai seviri Augustales, eccettuati quelli che hanno raggiunto gli ordini superiori (per tre casi del genere cfr. infra, nota 71).
26 Sui motivi dell’inclusione dei familiari dei maggiorenti: Bandelli 1988, 121-122.
27 Ho adottato come limite inferiore la cifra di 20.000 sesterzi (summa honoraria di un magistrato cremonese del periodo augusteo: CIL, V, 4097 = Pontiroli 1974, 178, n. 261 (388), tav. CXXVII, a proposito del quale cfr. Duncan-Jones 1982, 154, n. [1], 159, n. 464a; Zaccaria 1990, 143, n. 27; Frézouls 1990, 186, 202, note 28, 84), corrispondente a quella che a Comum, cioè in un municipio romano di media grandezza, era la quinta parte del censo minimo richiesto a un decurione (Plin., Ep., 1, 19, 2, con i commenti di Sherwin-White 1966, 129-131 e Bassignano 1981, 195, note 10-11). Nel sottolineare che tale parametro è del tutto indicativo, ringrazio comunque Mireille Cébeillac per avermi suggerito, nel corso del dibattito seguito alla mia relazione, l’opportunità di fissarne uno.
28 Per l’uso di tale denominazione in rapporto alla Regio X cfr. Lejeune 1978, 130-136 e Tassaux 1983.
29 Osservazioni al riguardo in Bandelli 1988, 117-118 (su Aquileia) e Tassaux 1983, 193-194 (sull’Istria).
30 I dati statistici relativi a Brixia in Garzetti 1975, 19.
31 Esse costituiranno le Appendici prosopografiche del volume di cui a nota 22.
32 Tridentum: Buonopane 1990a, 121. Berua: Zamboni 1974, cc. 84-86. Sull’identificazione di questa cfr. Buonopane 1990b, 198, al n. 5059 e Bandelli 1991, 89, nota 70.
33 Feltria: Lazzaro 1989a, 254-255, n. 4 (datata genericamente al I secolo d.C.).
34 Dei contributi più recenti cfr., per Verona, Buonopane 1979-1980 (M. Tussasius M. f. Pnb. Saturninus, decurio Veronae e sua moglie), Buonopane 1981 (L. Marc[ius ---], IIIIv[ir ---]); per Vicenza, Roetta 1977, 21-23, figg. 10-11 (integrazione del frammento pubblicato in CIL, V, 3135 con uno scoperto nel 1967: L. Hostilius C.f. Men. Severus, IIIIvir i.d.); per Padova, Gregori 1987, ripreso in Gregori 1989, 32-33, n. 13, tav. XII, fig. 3 (integrazione del frammento riportalo in CIL, V, 2878 con uno edito in Ramilli 1974-1975, pertinente ad un magistrato locale: cfr. infra, nota 96). Segnalo, in tale contesto, un’iscrizione graffita di Padova (Bonomi 1987, 202, nota 63, 203, fig. [1]), che propongo di leggere Q. Mini Fausti scribai li(brarii) (a proposito di questa carica, nel documento patavino riferibile ad un impiegato dell’amministrazione locale piuttosto che di quella centrale, cfr. Panciera 1970, 151-153, fig. 15; Bandelli 1988, 154, n. 22 e Zaccaria 1991a, 70-71).
35 Brescia. Nuovi argomenti a favore dell’attribuzione a L. Quinctius P.f. Fab. Grullus, IIvir, pontif(ex) ed ai suoi familiari (Gregori 1990b, A, 230, 010 e passim; Gregori 1990a, II, 487), oltre che di CIL, V, 4462, 1079 = InIt X, 5, 251, CIL, V, 4587 = InIt X, 5, 383 e CIL, V, 4694 = InIt X, 5, 505, anche di InIt X, 5, 690: Cavalieri Manasse 1990, 39-42, tavv. III, XXI; Garzetti 1991, 174, al n., tav. XI. Verona. Propongo di riferire a C. Atisius C.f. Pob. Pollio, tanto Sartori 1954-1955 = AÉ 1955, 291 (sulla quale Sartori 1960, 183, nota 1, 197-198, nota 1; Gibelli de Paolis 1973, 344-345, fig. 18; Didu 1983-1984, 69, nota 93, 70, nota 104; Bassignano 1991, 528, n. 1), dove il personaggio, il cui sistema onomastico è integro, viene ricordato come praefectus Drusi Caesaris i.d., quanto NSc 1893, 10, n. 24 (sulla quale Sartori 1960, 181, nota 6; Alföldy 1984b, 134, n. 223), dove un personaggio il cui sistema onomastico era parzialmente abraso (letture del nomen: Annius piuttosto che Atinius in NSc, Atinius (?) in Sartori, Attius (?) in Alföldy) viene ricordato come IIIIvir i.d.: sembrano giustificare una tale conclusione l’identità dei praenomina, delle filiazioni e dei cognomina, oltre che la vicinanza cronologica delle due epigrafi (la prima ha come terminus ante quem il 23, anno della morte del figlio di Tiberio, o il 33, anno della morte del figlio di Germanico; la seconda è ritenuta «offenbar aus der frühesten Kaiserzeit» da Alföldy 1984b). Sul monumento bresciano di tre Valerii e sulle iscrizioni veronesi di [- A]rtorius Q.f. Pob. [Hi]strianus e di C. Corne/lius - f.] Cn. n. Rufus cfr. infra, note 38 e 39.
36 Cfr., per Brixia, Gregori 1990b, passim e 1990a, II, 485-488; per Verona, Sartori 1960, 196-198, 203-204.
37 Nicolet 1974 (di Cremona: nn. 17, 217; di Verona: nn. 370 (?), 371) (sull’origo cremonese di P. Alfeno Varo, cos. suff. 39 a.C., Ronald Syme ha manifestato sempre un notevole scetticismo: cfr., da ultimo, Syme 1983, 102, nota 6 = 1988, 371, nota 6 e Syme 1991, 474-475, 636-637); Demougin 1988, 821-847 e 1992 (sono certamente o probabilmente o possibilmente bresciani i nn. 193, 257, 331, 482, 557, 627; cremonese il n. 44; mantovani i nn. 54, 493; veronesi i nn. 140, 303, 352, 355, 362, 429, 431, 497, 620, 638, 727, 756 (non Sertorius ma Artorius: cfr. infra, nota 39); patavini i nn. 236, 337, 338, 521, 734, 746; atestino il n. 340: i problemi al riguardo verranno trattati nelle Appendici prosopografiche di cui a nota 31). Per una rassegna limitata ai praefecti fabrum cfr. Saddington 1985, nn. 37, 57 (= Demougin 1988 e 1992, nn. 257, 493).
38 Nuova ricostruzione del cursus honorum di C. Silius C.f. Fab. Aviola (Demougin 1988 e 1992, n. 257): Gregori 1991. Attribuzione allo stesso monumento funerario (prima metà I secolo: Gregori 1990b) di InIt X, 5, 270, relativa a un M. Valerius M.f, di CIL, V, 8880 = InIt X, 5, 872, relativa a un [M. Valerius ---], po[nt(ifex)], [II]vir, tr(ibunus) m[il(itum)], di InIt X, 5, 166, relativa a M. Valerius M.f. Crassus, pontif(ex), IIvir, tr(ibunus) mil(itum): Gregori 1990b, 282, nota 59. Minicius Macrinus (equestris ordinis princeps... adlectus... a divo Vespasiano inter praetorios: Plin., Ep., 1, 14, 5): Alföldy 1982, 346, n. 7; Gregori 1990b, A, 176, 007; Gregori 1990a, II, 475, 481.
39 Non [Q. Ser]torius Q.f. Pub. [Hijstrianus (Demougin 1988, Demougin 1992, n. 756; Petraccia Lucernoni 1988, 265, n. 417) ma [- A]rtorius Q.f. Pob. [Hi]strianus, [IIII]vir i. d., q. aer. [iteru]m, praef. fabr. (Alföldy 1984b, 134, n. 222). C. Corne[lius-f.] Cn. n. Rufus, tr(ibunus) mil(itum), pontif(ex) IIIIvir i.[d.] (CIL, V, 3364, onoraria o funeraria, prima metà I secolo: tipologia, paleografia, il nome del personaggio è reso al nominativo): Sartori 1960, 181, nota 6, 215, nota 2; Devijver 1976, C 249; Ijsewijn 1985-1986, tav. 2, n. 29. Ignoto praefectus coinvolto nell’insurrezione dalmatica, 6-9 d.C. ([--- bello] Batoniano praefuit Iapudiai et Liburn(iai): CIL, V, 3346 = ILS 2673): Sartori 1960, 197, nota 1. Agli equites veronesi deve aggiungersi ora L. Cassius L.f. Corneo[lus]: Buonopane/Eck 1994 (sull’iscrizione relativa cfr. infra, nota 47).
40 Asconius Labeo: avendo esercitato la funzione di tutor Neronis (Tac.. Ann., 13, 10, 1), il personaggio (Sartori 1981, 148, nota 235; Alföldy 1982, 337-338, al n. ? 9; Syme 1983, 107, 115, 119 = 1988, 377, 386, 391; Mratschek 1984, 182, n. 3; Syme 1985c, 42 = 1988, 636; Capozza 1987, 38, nota 318; Syme 1991, 572, nota 25) sarà stato almeno di rango equestre. Ricordo, in tale contesto, anche Q. Catius Q.f. (CIL, V, 2921, difficilmente posteriore all’età giulio-claudia: mancanza del cognomen), trib. [mil.] o trib. [pl.], e quindi o cavaliere o senatore: Sartori 1981, 146, nota 223; Alföldy 1982, 337-338, al n. ? 9.
41 Plin., NH, 15, 94; 17, 122. Sul personaggio, le iniziative agronomiche del quale sono comunque precedenti agli Anni Settanta, cui va riferita la stesura definitiva dell’enciclopedia pliniana, cfr. Syme 1985b, 344, nota 115 = 1988, 462, nota 115; Buchi 1987a, 115, 120, note 165, 256; Pupillo 1989, 45-46, note 54-55; Syme. 1991, 508-509.
42 [- G?]argennius Q.f. Fab. Sagitta, [VI]vir Aug., decurio, [praef.] fabr., praef. i.d., q., [II]vir quinq. (prima metà I secolo: Gregori; diversamente InIt, Bassignano): CIL, V, 4212 = InIt X, 5, 18, con Garzetti 1991, 162, al n.; Petraccia Lucernoni 1988, 270-271, n. 428; Gregori 1990b, A, 116, 003; Gregori 1990a, II, 481, n. 4, 486, n. 27, 493, n. 18; Bassignano 1991, 530, n. 4. Un elenco aggiornato dei praefecti fabrum da Augusto a Nerva in Gregori 1990a, II, 481-482, nn. 4, 8, 9, 10 (per il n. 8, P. Papirius P.f. Pastor, cfr. infra, nota 55).
43 Q. Latinius P.f. Q.n. Musculus, praef. fabr.: Buonopane 1990c (primissimo Impero). T. Sornius L. [f.] Dex[t]er, IIIIvir aed. [p]o[t.], augur, flam. Romae [e]t Aug., pra[ef. fabr.]: CIL, V, 3427 (prima metà I secolo: assenza della formula D(is) M(anibus); nome del defunto al nominativo); Sartori 1960, 182, nota 1, 196, nota 1; Bassignano 1987, 350, nota 462.
44 Q. Gelliu[s ---], non praef. i.[d.] (CIL), ma praef. f[abr.] (Alföldy, Bassignano), cur. aer.: CIL, V, 2861-2862 (I secolo, in base alla paleografia: Alföldy); Alföldy 1984b, 121-122, nn. 169-170; Petraccia Lucernoni 1988, 263, n. 413; Bassignano 1991, 527, nota 58. Sulla pertinenza di entrambe le iscrizioni al medesimo personaggio Alföldy 1984b, locc. citt., sembra nutrire qualche dubbio. Cfr. infra, nota 98.
45 Sulla questione in generale: Sablayrolles 1984; Duthoy 1984, 127, nota 26; Demougin 1988, 682-685 (a nota 15 le definizioni citate); Salamito 1990, 166, nota 19.
46 Q. Cornelius Priscus, proconsole di Licia e Panfilia ovvero legato di Galazia (prima metà I secolo: AÉ, Gregori): AE 1981, 827; Gregori 1990b, A, 088, 048; Gregori 1990a, II, 475, 578-579.
47 L’erronea lettura Caesius di CIL, V, 8845, accolta in PIR2, C 188 (donde il rapporto stabilito con C 200). viene ripresa, nonostante la segnalazione di Sartori 1960, da Alföldy 1982, 341, n. ? 10 (donde il rapporto stabilito con 342, n. ?? 16); Cenerini 1985, 208-209, note 23-27 e Syme 1991,480, nota 61. In realtà l’iscrizione, ricostruita in buona parte sulla base di cinque frammenti (a, b, c, d, e), scoperti nel 1872 (a, d, e: CIL), nel 1890 (b) e nel 1988 (c), nelle fondazioni della torre maggiore del castello di Villafranca, dove tuttora sono visibili (fotomontaggio di a, b, d, e: Buonopane 1985; fotografia di b: Franzoni 1987: fotomontaggio di a, b, c, d, e: Buonopane/Eck 1994), si riferisce a L. Cassius L.f. Corneo[lus]: Sartori 1960, 197, nota 7, 219, nota 6; Buonopane 1985, 11-16, tav. 3; Franzoni 1987, 179, fig. [1], note 167-168; Buonopane/Eck 1994. Per un eventuale trib. [pl.] di Padova cfr. supra, nota 40.
48 La relativa documentazione confluirà nelle Appendici prosopografiche di cui a nota 31.
49 Bibliografia sul problema in Bandelli 1992, 33, nota 41. A parte Cremona e le contigue Brixia e Mantua (cfr. infra, nota 50), la Transpadana venne risparmiata dalle requisizioni del periodo triumvirale: da ultimo, Gabba 1990a, 803, nota 29.
50 Cremona: Keppie 1983, 190-192, 219, nn. 66-70; Bernardi 1985, 79. A causa della loro moltitudine i veterani furono insediati anche in zone tolte agli agri di Brixia e di Mantua: Tozzi 1972, 22-27, 55-60; Keppie 1983, 90, 191. Dati epigrafici riferibili eventualmente alla diaspora da Cremona e da Mantova sono esaminati, rispettivamente, in Panciera 1985, 137, nota 69 e in Susini 1976. Per quanto concerne il caso mantovano cfr., inoltre, Tamassia 1984 (che accetta l’ipotesi formulata da Susini 1976) e Keppie 1983, 191, nota 17 (che, al riguardo, manifesta qualche riserva).
51 Ateste: Keppie 1983, 195-201, 212-214; Buchi 1992, 259-260, 263-264; Buchi 1993, 52-58, 65-75.
52 Brixia: Keppie 1983, 194-195, note 54-56 (sulle conclusioni del quale Gregori 1990a, II, 33, nota 29 è ragionevolmente scettico). Cremona: Keppie 1983, 192, note 41-42.
53 Brixia: Bandelli 1992, 34, nota 55. Cremona: Bandelli 1988, 18, note 96-97; Zaccaria 1989b, 140, 147. Mantua: Bandelli 1992, 35, nota 56.
54 I1 dato di fatto della rottura è ignorato in quella che resta, comunque, la migliore indagine sull’antroponimia della città: Lejeune 1978.
55 Quattro personaggi dei cinque attestati (riferibili a tre generazioni diverse) ebbero cariche pubbliche. Tre sono ricordati dalla medesima fonte: CIL, V, 4374 = InIt X, 5, 164, con Garzetti 1991, 167 al n. P. Papirius P.f. Pastor, augur, IIvir, praef. fabr., praef. Neronis Caesaris (del figlio di Germanico: InIt, Bassignano 1991; del futuro imperatore: Demougin 1992), IIvir quinq.: Didu 1983-1984, 68, nota 88; Buchi 1987a, 147, nota 647; Salomies 1987, 379; Demougin 1988, Demougin 1992, n. 482; Gregori 1990b, A, 206, 009; Gregori 1990a, II, 481, 487, 580; Bassignano 1991, 529, n. 1. Cn. Papirius (P.f.) Fuscus, fratello del precedente, IIvir: Gregori 1990b, A, 206, 004; Gregori 1990a, II, 487, 580. Cn. Papirius (P.f.) Fuscus, figlio del primo, pontif: Gregori 1990b, A, 206, 005; Gregori 1990a, II, 487, 580. Il quarto, [-] Papirius Pastor, “chiliarchos”, cioè tribunus militum, compare in un documento del 63 (Pap. Fouad Ier, n. 21): Devijver 1976, 630, P 14; Devijver 1987, 1674, al n.; Demougin 1988; Demougin 1992, n. 557. Circa i rapporti di parentela fra P. Papirius P.f. Pastor e [-] Papirius Pastor cfr., da ultimo, Gregori 1992.
56 Su quattro personaggi di tre generazioni successive, la cui origo bresciana è ipotetica ma probabile (Alföldy 1982; Gaggiotti/Sensi 1982), il primo, Vibius Viscus, amico di Augusto (Alföldy 1982, 346, al n. ? 3; Gaggiotti/Sensi 1982, 256, 271; Demougin 1988; Demougin 1992, n. 193), rimase cavaliere, gli altri, (Vibius) Viscus e (Vibius) Viscus Thurinus, suoi figli (Alföldy 1982, 346, n. ? 3; Gaggiotti/Sensi 1982, 256, 272, n. ? 2; Gregori 1990b, A, 306, 020; Gregori 1990a, II, 474; Alföldy 1982, 346, n. ? 4; Gaggiotti/Sensi 1982, 256, 271, n. ? 1; Keppie 1982, 132, nota 162; Gregori 1990b, A, 306, 012; Gregori 1990a, II, 474), e L. Vibius Viscus Macrinus, suo nipote (Alföldy 1982, 346, n. ? 6, Gaggiotti/Sensi 1982, 272, n. ? 3, Gregori 1990b, A, 306, 008, Gregori 1990a, II, 474), furono senatori. Un altro caso notevole di continuità probabilmente ininterrotta è quello dei Vibii Vari: Alföldy 1982, 346-348, nn. ?? 2, ?? 9, ? 11, ? 12, ? 16; Gregori 1990a, 474-475, 515-516, 605-606. Sui Minicii cfr. infra, note 63, 64, 77.
57 Affermatasi a partire dall’età cesariana (magistrati locali, equites Romani?), la famiglia (divenuta ormai di rango senatorio) continua ad essere presente ai più alti livelli fino, quanto meno, al II secolo: Alföldy 1982, 341-343, nn. ? 9, ? 13, ? 14, ? 17, ? 24; Raepsaet-Charlier 1987, I, 580-581, n. 731, 597-598, n. 756, II, stemma XXXIX; Wiseman 1987, 335-366; Syme 1991, 492-495 (con ricostruzioni diverse dell’albero genealogico). Sui Valerii Catulli del periodo repubblicano cfr., da ultimo, Buchi 1987b, 22-23, 42-43. Inoltre: Bandelli 1992, 35, nota 57. Su alcuni dei loro discendenti cfr. Wiseman 1987, 345-346 e infra, note 62, 79, 80.
58 Le testimonianze, relative, per quanto riguarda gli “honestiores” (Alföldy 1979), a diciotto personaggi, vanno dal periodo augusteo a quello antonino: Alföldy 1979; Alföldy 1982, 341-344, nn. 12, ? 18, [?] 19, 25, 30-37. È forse possibile distinguere due rami diversi della famiglia, caratterizzati l’uno dai prenomi C. e M., l’altro dal prenome Q.: sulla questione mi propongo di ritornare nelle Appendici prosopografiche di cui a nota 31.
59 La documentazione, concernente non meno di sette personaggi di rango equestre o senatorio, va dal periodo Claudio a quello adrianeo: Sartori 1981, 148-152, 181-183; Alföldy 1982, 337-339, nn. ? 9, ? 15, 17.
60 C. Helvius Cinna: Alföldy 1982, 346, n. 1; Mratschek 1984, 184; Gregori 1990b, A, 121, 002; Gregori 1990a, II, 474 (in Cassola 1991, 23, nota 26 dubbi sull’origo bresciana del personaggio). Su M. Cornelius P.f., Q. Mucius P.f., C. Mutius Sex. f., P. Popillius M.f. (CIL, V, 4131, 1078 = InIt X, 5, 905, con Garzetti 1991, 178, al n.) cfr. Gregori 1990b, A, 088, 004, A, 177, 002, A, 182, 001, A, 223, 001. Inoltre: Gregori 1990, II, 485, 526.
61 La cosa è normale. A proposito di Aquileia repubblicana cfr. Bandelli 1988, 122.
62 Alföldy 1982, 341, n. ? 13, 353, n. [?] 3; Raepsaet-Charlier 1987, 597-598, n. 756, II, stemma XXXIX; Wiseman 1987, 338-339; Syme 1991, 492.
63 Plin., Ep., 1, 14, 5-6, L’esistenza di un P. (?) Acilius è il presupposto di quella di P. Acilius (Gregori 1990b, A, 002, 001; Gregori 1990a, II, 557), cognato di Minicius Macrinus (Alföldy 1982, 346, n. 7; Gregori 1990b, A, 176, 007; Gregori 1990a, II, 475, 481), in quanto fratello di un’Acilia (Gregori 1990a, II, 557) non menzionata dalla fonte. Per Serrana Procula cfr. Sartori 1981, 117, nota 87; Mratschek 1984, 172; Capozza 1987, 40-41; Syme 1991, 621, nota 4. Possibili relazioni tra i Calventii bresciani e i Papirii veronesi vengono segnalate in Gregori 1990a, II, 580-581.
64 Plin., Ep., 1, 14, 1-2. Su Minicius Acilianus: Alföldy 1982, 346, n. 8; Gregori 1990b, A, 176, 001; Gregori 1990a, II, 475, 557. Su Q. Iunius Arulenus Rusticus: Alföldy 1982, 361, n. 9; Mratschek 1984, 187; Syme 1988, passim; Syme 1991, passim. Su (Iunia): Raepsaet-Charlier 1987, I, 401-402, n. 467, II, stemma LIX.
65 P. Clodius Thrasea Paetus: Sartori 1981, 152-161; Alföldy 1982, 337, n. 6; Syme 1983, 104-106 = 1988, 374-376; Capozza 1987, 38-39; Syme 1991, 568-587. Arria Minor: Torelli 1982a, 182; Capozza 1987, 39-40; Raepsaet-Charlier 1987, I, 156-157, n. 159, II, stemma XXXI.
66 (Clodia) Fannia: Sartori 1981, 154; Alföldy 1982, 337, n. 7; Syme 1983, 105, note 23-24 = 1988, 375, note 23-24; Syme 1985b, 324 = 1988, 441; Capozza 1987, 40; Raepsaet-Charlier 1987, I, 232-233, n. 259, II, stemma XXXI. C. Helvidius Priscus: Torelli 1982a, 182; Syme 1988, passim, 1991, passim; Demougin 1992, n. 414.
67 C. Salonius Matidius Patruinus: Alföldy 1980, passim; Alföldy 1982, 340, n. 5; Syme 1983, 123, nota 134 = 1988, 395, nota 134. Ulpia Marciana: Raepsaet-Charlier 1987, I, 646, n. 824, II, stemma IX.
68 Alföldy 1982, 346, n. 6 (Brixia), 341-342, nn. ? 13, ? 17 (Verona), 339-340, nn. 1, 5 (Vicetia), 336-337, nn. ? 2, 6, ? 9 (Patavium); Demougin 1988, Demougin 1992, n. 331 (Brixia), n. 431 (Verona), nn. 236, 337 (Patavium).
69 CIL, V, 3936 = ILS 1348: PIR2 C 31; Sartori 1960, 198, nota 8; Franzoni 1982, 120, fig. [1]; Alföldy 1984b, 139, n. 246, 164, fig. 11; Ijsewijn 1985-1986, tav. II, n. 33; Buchi 1987a, 169, nota 928; Demougin 1988, Demougin 1992, n. 431; Carta archeologica del Veneto 1990, 74, n. 181, 2. Labilissimi indizi per un eventuale collegamento vengono segnalati, da ultimo, in Syme 1985b, 343, nota 104 = 1988, 461, nota 104 e Syme 1991, 476-477. Un esame generale del fenomeno in Salomies 1992, che non ho fatto in tempo ad utilizzare.
70 Plin., Ep., 1, 14 (tr. it. Trisoglio 1973, I, 218-223), con il commento di Sherwin-White 1966, 117-120.
71 Cfr., ad es., i tre casi bresciani di Q. Atilius Q.f. Fab. Scaeva (CIL, V, 4393 = InIt X, 5, 185) e C. Postumius Q.f. Varus (CIL, V, 4457 = InIt X, 5, 246, con Garzetti 1991, 169, al n.), che arrivarono all’edilità, e di [- G?]argennius Q.f. Fab. Sagitta (CIL, V, 4212 = Inlt X, 5, 18, con Garzetti 1991, 162, al n.), che arrivò al duovirato. Per le tre iscrizioni accolgo l’inquadramento cronologico nella prima metà del I secolo proposto da G. L. Gregori: Gregori 1990b, A, 032, 011, A, 224, 023, A, 116, 003; Gregori 1990a, II, 492-493, nn. 6, 18, 31, 485-486, nn. 12, 27, 38. [- G?]argennius Q.f. Fab. Sagitta fu, inoltre, praefectus fabrum: cfr. supra, nota 42.
72 Cfr., da ultimo, i commenti di A. Garzetti a InIt X, 5, 18 e 185.
73 Per quanto riguarda Brixia e Verona cfr., rispettivamente, gli elenchi di Gregori 1990a, II, 485-488, nn. 13, 14, 21, 23, 39, 42, 45, e di Buonopane 1979-1980, 176, nota 18. Vari esempi di altre città nelle Appendici prosopografiche di cui a nota 31.
74 Sulla difficile interpretazione di questi dati cfr., però, Bandelli 1988, 127-128. Un accenno al fenomeno in Bittante 1988-1989, 114-115 (con rimandi alla bibliografia precedente).
75 Ijsewijn 1985-1986, 37-42. Non è da escludere che, anche in una fase precoce come quella considerata, famiglie di recente romanizzazione potessero entrare nell’ordo equester: un’interpretazione in tal senso della carriera di C. Silius C.f Fab. Aviola (cfr. supra, nota 38) in Gregori 1991, 231-234.
76 Demougin 1982. Sul problema, da ultimo, Eck 1991, 76-85.
77 Vibii Visci: Ps. Acro, ad Hor. Serm., 1, 10, 83. A proposito di essi cfr. supra, nota 56. Minicius Macrinus: Plin., Ep., 1, 14, 5. In merito al personaggio cfr. supra, nota 63.
78 In generale sulla «Blütezeit» delle famiglie senatorie dell’Italia settentrionale: Alföldy 1982, 313-314.
79 Suet., Cal., 36. Sulla genealogia del personaggio: Alföldy 1982, 341, n. ? 14; Raepsaet-Charlier 1987, I, 581-582, n. 732, II, stemma XXXIX; Wiseman 1987, 345-346; Syme 1991,492-495. Dal suo matrimonio con una (Statilia o Valeria) Messallina nacque probabilmente L. Valerius Catullus Massallinus (cfr. infra, nota 80).
80 Iuv., 4, 113-122; Tac., Agr., 45, 1; Plin., Ep., 4, 22, 50; Alföldy 1982, 342, n. ? 17; Wiseman 1987, 348; Syme 1988, passim, 1991, passim.
81 CIL, V, 2975 = ILS 2919. Sul problema dell’attribuzione cfr., da ultimo, Sartori 1981, 138-139.
82 Sen., NQ, 5, 18, 4, con le considerazioni di Sartori 1981, 134, nota 163.
83 Plin., Ep., 1, 14, 6. Per il contesto del passo cfr. supra, nota 70.
84 Cfr., da ultimo, Sartori 1981, 153, nota 265, 166. Un invito alla prudenza in Buchi 1987a, 112, nota 106.
85 Cfr., da ultimo, Alföldy 1982, 339, n. 2; Cracco Ruggini 1987, 265, nota 239. Altre indicazioni bibliografiche sul problema della localizzazione di Forum Alieni in Bandelli 1985, 15, nota 27; Bandelli 1991, 88, nota 58; Buchi 1992, 293-294, nota 142; Buchi 1993, 92-93, nota 330.
86 I dati completi al riguardo saranno inclusi nelle Appendici prosopografiche di cui a nota 31.
87 Per quanto riguarda il Veneto cfr., però, la buona impostazione del problema offerta da Buchi 1987a, 105-112 e Buchi 1988, 468-480 (dove, 475, l’auspicio che si effettui, anzitutto, un “censimento” delle villae).
88 Per gli studi relativi a questi prodotti cfr. supra, nota 13.
89 La prosopografia laterizia e anforaria del Veneto è raccolta in Buchi 1987a, 146-154. Per il Friuli e l’Istria cfr., da ultimo, Zaccaria 1989a, passim e Laterizi 1993, passim. Un riesame del problema in Bandelli (i.p.) a e Bandelli (i.p.) b.
90 Wiseman 1987, 339-340, 362, 366 (a 366, nota 23 i dati relativi all’iscrizione dipinta M. A[nn]i [Ca]tulli (?) trovata su un’anfora Dressel 28 = Peacock/Williams 31).
91 Buchi 1987a, 148, nota 650, 149, note 669-670, 150, fig. [1], 151. Sulla presenza degli Avillii e dei Ducenii nell’aristocrazia di Padova cfr., rispettivamente, CIL, V, 2848, 2856 e Alföldy 1982, 337-338, nn. ?? 8, ?? 11, ?? 14, 17.
92 NSc 1981, 41 = Pais 1884, 1075, n. 78; Buchi 1967, 19, n. 19, fig. 15 (donde la prima lettura del nome servile); Buchi 1979, 157, n. 17, fig. 17 (donde la seconda lettura del nome servile); Buchi 1987a, 147, nota 647. In Buchi 1979, 157, n. 17, tra i confronti onomastici compare anche CIL, V, 4374, l’iscrizione di P. Papirius P.f. Pastor, senza che venga ipotizzato un collegamento di ordine prosopografico tra il documente veronese e quello bresciano. Sul problema, da ultimo, Gregori 1992, c. 96, nota 33.
93 Brescia: Pais 1884, 682 = InIt X, 5, 46, 150.000 sesterzi (per una datazione al I secolo cfr. Gregori 1990b, A, 230, 017; Gregori 1990a, II, 481). Cremona: CIL, V, 4097, 20.000 sesterzi (per una datazione all’età augustea cfr. supra, nota 27). Mantova: CIL, V, 4059 (II secolo?).
94 Buonopane 1987 (la maggior parte degli interventi, riportati nelle tabelle delle pagine 301 e 303, è del I secolo).
95 Un esame comparativo delle testimonianze pertinenti alla Transpadana in Frézouls 1990, 200-205. I repertori di Jouffroy 1986, passim, di Frézouls 1990, passim, di Zaccaria 1990, passim, di Zerbini 1990, passim, elencano pure gli atti di evergetismo dei quali non viene precisato il costo: in taluni casi le dimensioni del finanziamento non dovettero essere inferiori a quelle note.
96 L’ignoto personaggio è ricordato da un’iscrizione frammentaria in parte ricomposta: cfr. supra, nota 34. La restituzione della cifra. presentata in Duncan-Jones 1982, 218, n. 1339, seguito da Buonopane 1987, 301, nota 88, è confermata in Gregori 1987, ripreso in Gregori 1989, 32-33, n. 13. Per l’entità dello stanziamento l’evergeta patavino è superato, in tutta la Regio X, soltanto da uno altinate degli inizi del II secolo (il totale delle sue donazioni è vicino ai 2.000.000 di sesterzi): NSc 1928, 282-285; Duncan-Jones 1982, 160, n. 468, 225, al n., 173, n. 646, 174, nn. 653-654, 206, n. 1143c, 215, n. 1307; Buonopane 1987, 301, nota 89, 302, nota 120, 303, nota 124; Zaccaria 1990, 150, n. 97. Inoltre: Scarfi/Tombolani 1985, 35, nota 63; Tombolani 1987, 331, nota 174.
97 CIL, V, 3402 = ILS 5757 e NSc 1893, 11-12, n. 25 (due copie della medesima iscrizione, concernente una Gavia Q.f. Maxima): Duncan-Jones 1982, 157, n. 442; Eck 1980, 296, n. 33; Buonopane 1987, 301, nota 90; Zaccaria 1990, 150, n. 102. Su Gavia Q.f. Maxima: Sartori 1960, 210-211, nota 8; Alföldy 1979, 534-535, n. 7; Alföldy 1982, 342, n. [?] 19; Buonopane 1987, 292, note 24-25, fig. [1]; Raepsaet-Charlier 1987, I, 348, n. 403, II, stemma V. CIL, V, 3447 (a causa dello stato frammentario del documento l’evergeta non è identificabile): Buonopane 1987, 301, nota 90.
98 CIL, V, 2861-2862 (Q. Gelliu[s ---], praef. f[abr.], cur. aer.: cfr. supra, nota 44): Duncan-Jones 1982, 162, n. 491, 226, al n., 174, n. 660, 230, al n. (lettura della cifra della prima iscrizione: «550.000 (?)»; lettura della cifra della seconda iscrizione: «105.000 + (200.000 in all?)»); Alföldy 1984b, 121-122, nn. 169-170 (lettura della cifra della prima iscrizione: nessuna; lettura della cifra della seconda iscrizione: «mindestens 6.200»); Buonopane 1987, 301, nota 91, 303, nota 125.
99 CIL, V, 3867 (a causa dello stato frammentario del documento l’evergeta non è identificabile): Duncan-Jones 1982, 219, n. 1343; Buonopane 1987, 301, nota 93.
100 Cfr. supra, nota 97. Frézouls 1990, 204, nota 92 (dove un’opportuna precisazione relativa a CIL, V, 47 = InIt X, 1, 70, un’iscrizione polense alquanto più tarda: Duncan-Jones 1982, 173, n. 649; Zaccaria 1990, 149, n. 90).
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Université de Vérone
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