Considerazioni generali sulla natura dei dati analizzati (Italian Summary/Riassunto italiano)
p. 158-159
Texte intégral
1Oltre a permettere una copertura estensiva delle presenze abitative nel comprensorio Mingardo/Bussento, la ricognizione di superficie condotta negli anni 1987-91 ha fornito la documentazione su di un fondamentale aspetto della organizzazione insediativa del territorio in esame: la sostanziale trasformazione del modello di insediamento successiva alla fase di romanizzazione della Lucania, che, nel comprensorio in esame, viene evidenziata archeologicamente da una visibile crescita del numero dei siti nella seconda metà del I secolo a.C., dopo una situazione assai incerta (e piuttosto difficile da interpretare) per il II e la prima metà del I secolo a.C. Dati preliminari relativi al periodo a cavallo fra I secolo a.C. e I secolo d.C. hanno già fornito lo spunto per una prima analisi della situazione insediativa di quello che può a tale data qualificarsi quale ager Buxentinus (incerti, tuttavia, ne sono i limiti), anche alla luce delle deduzioni viritane menzionate dal Liber Coloniarum (Gualtieri 1996a). Tali dati, come si può osservare sulla base della presentazione analitica della documentazione fornita dal survey, non lasciano dubbi su di un fenomeno di profonda trasformazione del paesaggio agrario, nel cui contesto si è ritenuto di poter inquadrare il fenomeno di diffusione del sistema della villa rustica. L’unico limite, serio, ad una simile interpretazione del visibile fenomeno di ripresa dell’insediamento rurale nella seconda metà del I secolo a.C. è il fatto che nessuno dei siti identificati dalla ricognizione di superficie, nella maggior parte dei casi sulla base di scatters di densità ed estensione assai variabili, è stato oggetto di scavo. Tuttavia, a mo’ di premessa, si reputa opportuno attirare l’attenzione sul fatto che, nonostante il carattere ancora per certi aspetti insufficiente dell’evidenza archeologica di età romana dal comprensorio in esame, due elementi di rilievo si sono aggiunti di recente alla documentazione recuperata dalle ricognizioni di superficie.
2Il primo è costituito da un rilievo funerario tardorepubblicano, di una classe ben nota nel vicino Vallo di Diano, rinvenuto qualche decennio fa nel corso di lavori d’impianto di un acquedotto in contrada S. Venere (Roccagloriosa) e senza dubbio appartenente ad un monumento funerario connesso con una villa rustica.
3Il secondo è rappresentato da un eccezionale esempio di villa maritima vicino Sapri già nota da tempo ma solo di recente oggetto di scavi sistematici da parte della Soprintendenza archeologica di Salerno. L’evidenza degli splendidi pavimenti in signino di due degli ambienti messi in luce non lascia dubbi sul fatto che la datazione dell’impianto si collochi fra l’età cesariana e l’inizio del principato augusteo (50-30 a.C.), fornendoci così un utile caposaldo cronologico per la diffusione della villa – sia pur con le caratteristiche del tutto eccezionali di una villa marittima in opus reticulatum – nel territorio in questione. Una simile situazione si riscontra a Blanda (La Torre 1991, 149), e, molto probabilmente, in gran parte della fascia occidentale del Bruzio, prospiciente la costa tirrenica (Sangineto 1994; si veda anche Bottini 1993, su Maratea). La succinta citazione di E. Greco (Basilicata 1990, 265-68) su di una visibile ripresa nel territorio di Laos in età augustea, potrebbe considerarsi nella scia di un analogo fenomeno, dati gl’innegabili collegamenti, probabilmente anche amministrativi (dei due territori in età romana). Si tratta, purtroppo, di spunti formulati sulla base di una osservazione sommaria di evidenze sporadiche, senza alcuna ricerca sistematica sui materiali di età romana, in un’ottica prevalente nello studio dei territori delle chorai delle città greche, che, nella maggioranza dei casi, non guarda al di là del III secolo a.C. Questi due elementi della documentazione di scavo appaiono dunque in accordo con la cronologia fornita dalla ceramica raccolta in superficie su tutto il comprensorio bussentino e, sotto certi aspetti ed entro certi limiti, rappresentano un importante elemento di supporto alla interpretazione di una parte almeno dell’evidenza ceramica recuperata dalla ricognizione di superficie, in termini di specifiche strutture abitative. È forse necessario sottolineare “entro certi limiti”, poiché la episodicità e la frammentarietà dei dati di scavo sinora disponibili dal comprensorio per l’età romana suggeriscono una estrema cautela nella interpretazione specifica degli scatters di superficie e nelle inferenze in termini di modelli insediativi che possono derivarne. Forse l’aspetto più macroscopico della carenza di dati di scavo per il periodo romano è quello che riguarda il sito di Buxentum, identificato già da molto tempo sotto la odierna Policastro ma oggetto solo di limitatissime ed episodiche esplorazioni. Dopo l’intervento di Panebianco, negli anni ’60, che purtroppo non ha lasciato alcun elemento di documentazione cronologica né registrazioni puntuali di dati di scavo, il saggio effettuato lungo la faccia interna del muro di fortificazione alla fine degli anni ’80 è troppo limitato (e topograficamente poco significativo) per fornirci una qualche documentazione di rilievo sulla colonia romana. Nonostante le ambiziose interpretazioni che ne sono state proposte in termini di storia insediativa, gli unici dati utili sono quelli della ceramica e delle anfore che mostrano precisi riscontri con la documentazione del periodo tardorepubblicano proveniente dalla ricognizione di superficie del comprensorio.
4Oltre che dallo scavo di alcuni siti campione del territorio, è anche da una sistematica esplorazione di Buxentum (la cui documentazione è sinora evanescente ma potenzialmente assai utile, a giudicare dagli indizi sinora raccolti) che potrà venire in futuro la documentazione di scavo atta a fornire un quadro di riferimento puntuale e cronologicamente più dettagliato per gli sviluppi di epoca romana che sinora è stato possibile osservare nel comprensorio Mingardo/Bussento. Non v’è dubbio che il quadro archeologico di Buxentum sarà di primaria rilevanza nella ricostruzione del quadro economico territoriale di età romana, proprio per la sua capacità di operare una ‘correzione’ del quadro territoriale delineato dal Kahrstedt, il quale pone un’enfasi eccessiva su presunti fenomeni di ‘urbanizzazione dell’ager’ (Lepore 1983, 352), in contrasto con una realtà urbana di Buxentum che, a detta dell’autore (Kahrstedt 1960, 23) sarebbe quella di una mera ‘vegetierenden Kleinstadt’. È stato già sottolineato in altra sede (Gualtieri 1996a) che la ricostruzione generalizzante e sotto certi aspetti semplicistica del Kahrstedt è basata su di un assunto assai discutibile circa il rapporto città-campagna nel mondo antico (si veda, al riguardo, Murray 1992, 20 e Cornell/Lomas 1995, 5-6).
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