1. La problematica dell’insediamentο dell’età del bronzo e della prima età del ferro. Ipotesi di lavoro preliminari e impostazione della ricerca
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Texte intégral
1L’ampiezza del territorio calabrese, le sue difficoltà orografiche e di collegamento, la scarsità di personale scientifico e tecnico hanno sempre limitato, finora, le capacità di tutela territoriale della Soprintendenza Archeologica della Calabria.
2La differenza tra necessità e realizzazioni aumenta quando si tratta di resti materiali pre-e protostorici: alla ridotta evidenza di tali culture che rimane sul terreno si aggiunge lo scarso interesse a queste testimonianze che hanno quasi sempre mostrato gli studiosi di archeologia dell’Italia Meridionale.
3La storia delle acquisizioni scientifiche nel campo della protostoria nel territorio della Sibaritide dimostra, dalla più antica scoperta di Francavilla alla più recente di RoggianoPrunetta, quanto il condizionamento dei lavori pubblici ο agricoli abbia determinato un modo di procedere casuale, sempre in arretrato, inoltre, per quanto riguarda restauro, sistemazione museale e studio critico dei materiali.
4Il territorio che si intende come «Sibaritide» si presta ad un tentativo di inversione della tendenza denunciata: per la lunga attestazione della frequentazione umana e per il carattere ancora arretrato dell’attuale sviluppo economico e produttivo. Dalla prima deriva l’interesse della conoscenza storica ed archeologica; dal secondo la possibilità di recuperare, prima dell’irreversibile avanzata del cemento e delle ruspe, tracce materiali anche non imponenti.
5Si è quindi ricercata la collaborazione della Cattedra di Protostoria Europea della Facoltà di Lettere dell’Università di Roma e del Centra Studi di Protostoria per avviare un programma di indagine territoriale, relativa ad insediamenti dell’età del bronzo e del ferro, nel territorio di competenza. Al programma è stata accordata una sovvenzione dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. E ciò perché tale Cattedra ha già contribuito a ricerche analoghe in altre regioni, pervenute ad interessanti scoperte. Ed inoltre in quanto i compiti di «gestione» del patrimonio archeologico assorbono, ed assorbiranno sempre di più, le disponibilità della Soprintendenza, lasciando quindi alla tutela territoriale solo gli scampoli del tempo. Mentre la tutela territoriale, per essere efficace, deve essere preventiva, cioè di conoscenza, e non solo repressiva (almeno nelle intenzioni), come adesso avviene.
6La definizione culturale del territorio da investigare, che si continua a chiamare Sibaritide per comodità, incentrato sulla piana alluvionale di Sibari, non è agevole ai suoi estremi. Per quanto riguarda l’età del ferro, rapporti culturali si hanno almeno fino al Metapontino a Nord, al Crotonese a Sud, alla spiaggia tirrenica ad Ovest.
7Scarsa è ancora la conoscenza dell’età del bronzo per tentarne una delimitazione di carattere regionale.
8Sembra pertanto preferibile fissarsi limiti convenzionali, da riconsiderare eventualmente a seguito delle nuove acquisizioni.
9Da un punto di vista di geografia fisica è stato proposto di fissare un limite Nord-Orientale alla Sibaritide all’altezza di Trebisacce, sulla cresta dell’ultima propaggine del Pollino (L. Gambi, Calabria, Torino 1965). Ma già da ora non sembra possibile escludere il territorio almeno fino a Roseto-Capo Spulico, sia per la presenza di Amendolara, che mostra stretti contatti nell’età del bronzo finale e del ferro con i centri a corona della Piana, sia per la già effettuata, per quanto preliminare, individuazione di centri dell’età del bronzo, disposti a catena lungo la «via» ionica.
10A Sud la Piana termina a Rossano, ma quanto si conosce di Castiglione di Paludi per l’età del ferro prolunga la continuità culturale almeno fino alla foce del Trionto.
11Verso Ovest la delimitazione appare ancora più ardua: le valli che appartengono ai bacini del Crati e del Coscile, almeno per l’età del ferro, appaiono frequentate da portatori di un’unica facies culturale (cfr. le fibule da Torano, Bisignano e Castiglione di Paludi), anche per la naturale funzione di asse di scambio fra i due mari. Così che la convenzione di confine che si adotterà in questo settore apparirà la più arbitraria fra tutte.
12Si considera, pertanto, come confine Ovest di questa ricerca nella Sibaritide la linea ideale che congiunge i centri moderni di Rossano, Corigliano, Roggiano, Castrovillari, Cerchiara fino ad Amendolara. [PGG]
13I tempi per una ricerca sistematica sulla protostoria della Sibaritide, non più limitata soltanto alla prima età del ferro, ma estesa anche all’età del bronzo, sono andati rapidamente maturando in questi ultimi anni, grazie al concorso tra scoperte locali concernenti essenzialmente l’età classica, che venivano a fornire anche dati marginali interessanti periodi protostorici, e studi d’insieme (nel senso che investivano aree geografiche più vaste) che a quei periodi erano invece specificamente rivolti.
14La scoperta, seguita poi dalla pubblicazione, di frammenti ceramici riferibili all’età del bronzo dalla Motta di Francavilla1 e da Torre del Mordillo2, avvenivano mentre procedeva anche per la Calabria, come per il resto d’Italia, la metodica raccolta, per singole classi di oggetti (spade, coltelli, spilloni, rasoi, asce, fibule), dei bronzi preistorici e protostorici, raccolta che si va man mano concretando nella loro edizione nei fascicoli della serie italiana dei Prähistorische Bronzefunde3.
15Frutto di questa attività sistematica era un primo tentativo di definire in qualche modo l’età del bronzo finale in Calabria, elaborato per l’appunto quasi esclusivamente sulla base dei materiali metallici4. I risultati di questa ricerca consentivano di ritenere acquisiti tre elementi:
161. L’appartenenza della Calabria all’area di diffusione di una delle facies archeologiche — quella meridionale — in cui si articola il Bronzo finale italiano ο «Protovillanoviano»5.
172. La presenza di tipi metallici (soprattutto fibule; ma questa prevalenza è chiaramente dovuta al fatto che, tra le classi di oggetti più frequenti nei corredi funebri in Calabria, è questa attualmente la meglio studiata e documentata) databili all’età del bronzo finale nel contesto topografico di diverse necropoli della prima età del ferro (Agliastroso di Amendolara, Torre del Mordillo, Spezzano Calabro — ma è incerto se queste ultime siano da considerare come due località distinte —, Rossano Calabro, Torre Galli, Castellace), attesta una continuità di utilizzazione dei luoghi di sepoltura, verosimilmente indizio di una analoga continuità di vita nei corrispondenti abitati.
183. Il ricorrere, documentato per ora limitatamente al gruppo inumatorio di Castellace, di una precisa e sofisticata combinazione di armi, cui doveva necessariamente corrispondere «una tecnica di combattimento particolarmente elaborata e specializzata»; indizio di una società molto più marcatamente differenziata che in altre aree del bronzo finale italiano, ad esempio nel senso dell’esistenza di un ceto guerriero contraddistinto da un ruolo sociale particolarmente eminente.
19Queste pur modestissime acquisizioni rendevano per la prima volta possibile la formulazione, sebbene estremamente approssimativa, di alcuni interrogativi concernenti la fase archeologica anteriore, cioè l’età del bronzo recente.
201. L’esistenza durante tale fase di una facies «subappeninica» in Calabria era in quel momento indiziata solo da alcuni reperti della Grotta S. Angelo III di Cassano Ionio6; meglio documentata era invece la facies «appenninica» della media età del bronzo, anch’essa però solo da scavi in grotta7. L’insieme di questi dati autorizzava comunque la supposizione che la sequenza culturale: «Appenninico» - «Subappeninico» - «Protovillanoviano», da tempo accertata per tutto il resto dell’Italia centro-meridionale (anche se discussa e variamente interpretata nei suoi meccanismi), fosse altrettanto valida per la parte settentrionale della Calabria. Una volta definitivamente acquisita, siffatta nozione si sarebbe rivelata meno lapalissiana di quanto non potesse apparire a prima vista, ove formulata nei seguenti termini: se la facies archeologica «subappeninica» è in tutta l’Italia centro-meridionale l’esito costante ed organico, sperimentalmente «prevedibile», di un processo di sviluppo culturale che ha il suo punto di partenza nella facies «appenninica», e se la facies «protovillanoviana» lo è altrettanto rispetto a quella «subappeninica», non sarà legittimo — e terminologicamente paradossale solo da un punto di vista puramente nominalistico — parlare (anche) per la Calabria settentrionale di «continuità culturale» tra le fasi media, recente e finale dell’età del bronzo?
212. Uno dei più significativi contesti dell’età del bronzo recente in Calabria è rappresentato dal singolare rinvenimento fatto da Ermanno Arslan durante la campagna 1971 nella necropoli INAM di Vibo Valentia.
22Nella tomba 156, una sepoltura ad inumazione a fossa, greca, databile all’inizio del VI sec. a.C., furono rinvenuti, deposti al lato sinistra dell’inumato, una spada ed un pugnale in bronzo di patina identica, quest’ultimo ripiegato e spezzato intenzionalmente8. La spada, della foggia a lingua da presa, è stata definita da Vera Bianco Peroni9 come una variante del tipo Cetona. Il pugnale rientra nella famiglia tipologica dei pugnali a lingua da presa detti di Peschiera; e nell’ambito di tale famiglia appartiene ad una forma a suo tempo10 definita come tipo Bertarina. Come si può spiegare la presenza di questi oggetti, la cui classificazione tipologica e cronologica è inequivocabile, in una tomba greca del VI secolo? Si deve supporre che le due armi accompagnassero una stessa sepoltura, non sappiamo se ad inumazione ο ad incinerazione, e che la relativa cerimonia abbia comportato la frattura rituale del pugnale. Tale sepoltura sarà stata distrutta dalla tomba di età greca, ma in circostanze tali da consentire il recupero e la rispettosa collocazione nella nuova deposizione funebre di una parte almeno del corredo originario. I due bronzi si possono dunque considerare tra loro associati in una stessa tomba, circostanza alquanto singolare per quest’epoca. Più precisamente, l’associazione spada-pugnale, e in particolare l’associazione tra spada e pugnale a lingua da presa, in uno stesso corredo tombale, non è mai attestata in Italia. Oltr’alpe, nell’Europa Centrale, è piuttosto comune durante le prime fasi dei Campi di Urne l’associazione in tombe della spada con il coltello ad un solo taglio, il quale tuttavia ha qui chiaramente la funzione di utensile, non di arma. L’associazione di spade con pugnali di piccole dimensioni è invece attestata durante la media età del bronzo prima della diffusione delle più antiche forme di coltelli; ma appunto per questo si deve ritenere che anche in tal caso si tratti di utensili. Fin all’inizio dell’età dei Campi di Urne il pugnale tende infatti a scomparire nelle tombe con spade; fanno eccezione però alcune sepolture con spade a base semplice tipo Rixheim11. In due soli casi si verifica l’associazione di pugnali a lingua da presa della foggia di Peschiera con spade12, mai però con spade a lingua da presa di forma classica. Nel caso del rinvenimento di Vibo Valentia, la frattura rituale cui è stato sottoposto il pugnale, secondo una costumanza praticata generalmente solo per le armi, fa pensare piuttosto ad uno strumento di offesa che ad un utensile. Se questa ipotesi è valida, il rinvenimento di Vibo Valentia ci documenterebbe già per l’età del bronzo recente l’esistenza di un tipo di armamento — affine a quello attestato dalle sepolture di Castellace, ma con una più netta differenziazione di funzione e specializzazione delle due armi —, caratterizzato da un analogo uso del pugnale (al posto della daga), impiegato come arma da punta in funzione ausiliaria, accanto alla lunga spada da fendente. Questa affinità nel tipo di armamento e nella tecnica di combattimento può rispecchiare una analogia — ed una continuità — nel ruolo sociale svolto da un determinato ceto guerriero?
233. Un’altra probabile testimonianza funeraria riferibile all’età del bronzo recente era il pugnaletto a codolo ogivale tipo Torre Castelluccia raccolto nell’area sepolcrale di Agliastroso di Amendolara13, dalla quale provengono, come si è accennato qui sopra, materiali riferibili sia alla prima età del ferro, sia all’età del bronzo finale, questi ultimi in parte verosimilmente ascrivibili a tombe ad incinerazione. Sulla base di tali dati era possibile ipotizzare «l’esistenza ad Agliastroso di un sepolcreto a cremazione» analogo a quello di Torre Castelluccia presso Taranto, «la cui durata abbracciasse sia la fase recente che quella finale dell’età del bronzo»14. Frammenti di ceramica dell’età del bronzo media e recente segnalati dalla Motta di Francavilla Marittima15 documentavano invece fasi di insediamento precedenti quella attestata per la prima età del ferro, ma forse ad essa in qualche modo collegate. Questi indizi di «continuità» (discuteremo più avanti il valore che va assegnato a tale termine) dell’insediamento dall’età del bronzo alla prima età del ferro in siti collocati in posizione dominante ricordavano la situazione archeologico-topografica di diversi centri laziali, sui quali si era soffermata recentemente l’attenzione di alcuni studiosi16, portando alla definizione di un ben preciso modello, l’insediamento su pianoro naturalmente difeso, e all’ipotesi che esso fosse da considerare come l’espressione di una determinata forma di organizzazione economico-sociale. In base a considerazioni già sviluppate in altra sede17, si elaborò l’ipotesi di lavoro che questo tipo di sito fosse diffuso fin dall’età del bronzo nella Calabria settentrionale ionica; e si impostarono in modo conseguente con tale ipotesi di lavoro le prime ricognizioni sul terreno, compiute nell’autunno del 1978, che portarono all’individuazione, a Broglio di Trebisacce, di un tipico insediamento su pianoro con materiali di superficie riferibili all’età del bronzo media e recente, ed inoltre a quella finale e/o alla prima età del ferro18. Questa scoperta portava ad un riesame dei materiali rinvenuti sulla Motta di Francavilla e ad un’attenta lettura critica del rapporto di scavo relativo a Torre del Mordillo, che nel frattempo vedeva la luce19. Ne risultava per il primo sito la presenza di testimonianze relative alle fasi media, recente e finale dell’età del bronzo e alla prima età del ferro, per il secondo alle medesime fasi, a partire però dal Bronzo recente20. Entro quali limiti, e soprattutto con quale preciso significato, questo insieme di dati autorizzava a parlare di «continuità di insediamento» nell’ambito dell’arco di tempo considerato? Ε quali connessioni può avere presentato questa con le altre continuità più sopra ipotizzate?
24La stabilizzazione dell’insediamento con tendenza storica complessiva è un fenomeno che, come è largamente noto, contraddistingue nell’Europa Centrale l’età dei Campi di Urne21, mentre in Italia si manifesta già prima, sin dagli inizi della media, e anzi, nell’area padana, sia pure in misura piuttosto limitata, fin dall’antica età del bronzo22. In che misura influiscano su questa tendenza motivazioni puramente economiche ed ambientali (scelta di siti in posizione ottimale ai fini sia delle diverse attività produttive primarie, nel quadro di un nuovo equilibrio tra esse, che tende a privilegiare quelle sedentarie, sia delle condizioni di vita, soprattutto dal punto di vista climatico, dell’approvvigionamento d’acqua, ecc.), e in che misura invece motivazioni socio-economiche e socio-politiche (concentrazione in determinati luoghi di riserve di ricchezza, di forza-lavoro adibita ad attività produttive artigianali, a cominciare ovviamente dalla metallurgia, di forme embrionali di potere politico-militare) è ovviamente ben difficile stabilire nei singoli casi. A seconda che supponiamo prevalenti le prime ο le seconde, possiamo immaginare siti occupati in momenti successivi da stanziamenti di gruppi umani diversi, avvenuti indipendentemente gli uni dagli altri, e non necessariamente ad intervalli di tempo molto considerevoli; ο viceversa siti occupati continuativamente (ovviamente senza che tale continuità possa escludere transitorie interruzioni dovute ad eventi naturali ο bellici) per secoli e secoli da uno stesso gruppo umano. A sua volta questa seconda alternativa può articolarsi in due modelli ben distinti: la continuità puramente demografica, su di uno stesso luogo, di un determinato gruppo umano attraverso vicissitudini (di cui possono costituire una spia a livello archeologico limitati dislocamenti topografici, ο anche discontinuità — tra una fase edilizia e l’altra — nel configurarsi del tessuto abitativo e nei suoi modi di utilizzazione) che ne abbiano trasformato l’assetto e la struttura di comunità civile fino a mutarne la stessa identità (fenomeno che a livello di fonti scritte può rispecchiarsi nel cambiamento di etnici e toponimi); ο invece una continuità, che sia al tempo stesso mantenimento di tale identità23.
25Fino a che punto gli strumenti archeologici di indagine attualmente disponibili sono idonei a permetterci di individuare e distinguere tra loro, nei singoli casi concreti, i diversi modelli prospettati? È evidente ad esempio come «il fatto che tra i reperti di un sito siano rappresentati materiali riferibili ad una serie continua di fasi archeologiche non sia a rigore sufficiente ad attestare un’assoluta continuità di vita, potendosi sempre immaginare intervalli... che, non abbracciando un’intera fase archeologica, quale siamo per ora in grado di definirla..., non possono essere colti»24. D’altro canto, fino a che punto è legittimo trarre da osservazioni relativamente precise (strati sterili, livelli di abbandono, discontinuità stratigrafiche) fatte in scavi anche recenti, ma limitati ad un’area circoscritta, deduzioni valide per l’intero sito25?
26Un problema a parte è quello dei criteri da adottare nell’interpretazione dei livelli di incendio e di distruzione. È dato supporre che essi possano rispecchiare situazioni traducibili nel secondo dei modelli prospettati (continuità puramente demografica in presenza di una perdita di identità della comunità civile), ο addirittura in un quarto modello (sostituzione violenta di un gruppo umano ad un altro), analogo in un certo senso al primo (continuità di insediamento solo apparente), specie in quei casi in cui la distruzione sembra avvenire in concomitanza con un radicale mutamento di facies archeologica («cultura»), «Classico» può sembrare, in questo senso, il caso del passaggio dagli strati della facies del Milazzese a quelli ausonii sull’Acropoli di Lipari. Ma proprio qui un dato non trascurabile getta più che un’ombra di dubbio su quelle ipotesi: il sovrapporsi e il coincidere delle planimetrie, anche limitatamente ad alcune strutture26, non è prova non solo di continuità demografica almeno parziale, ma anche del perdurare di alcuni elementi (rapporti giuridici, ecc.) dell’assetto interno della comunità civile?
27Se dunque la risposta alla domanda formulata poco più sopra (idoneità degli strumenti archeologici attuali a determinare sito per sito il modello di continuità ο meno dell’insediamento) non può essere, in attesa dello scavo completo ο quasi di nuovi insediamenti, se non negativa, non resta altro che la ricerca di criteri generali di probabilità storica e di verifica archeologica per le diverse epoche, aree, situazioni.
28Uno di questi criteri può essere quello fondato sulla posizione topografica e morfologica dei siti, in quanto queste possono rispecchiare già di per sé il prevalere, nella scelta del luogo per lo stanziamento, dell’uno ο dell’altro degli ordini di motivazioni (economico-ambientale ο socio-politico) prospettati più sopra. È ad esempio estremamente verosimile pensare che, per una parte della serie di insediamenti di riva (cosiddette «palafitte») dell’area padana, e forse anche per alcune delle stazioni «terramaricole», le collezioni di materiali comprendenti tipi inequivocabilmente pertinenti, come risulta da una recente, fondamentale ricerca27, alla fase antica, media e recente dell’età del bronzo, da essi restituite, siano da interpretare come la testimonianza di una vicenda piuttosto complessa di stanziamenti, abbandoni e rioccupazioni, anche da parte di gruppi umani diversi, in località che per le loro caratteristiche ecologiche offrivano condizioni di vita per un verso particolarmente favorevoli, per l’altro soggette a fluttuazioni, piuttosto che di una ininterrotta continuità di vita; e anzi già ora si incomincia ad intravvedere la possibilità che, con l’affinarsi degli strumenti dell’analisi cronologica, specie per quanto riguarda l’individuazione di più fasi nell’ambito della media età del bronzo, sia dato cogliere in alcuni casi questo alternarsi di orizzonti di occupazione e di abbandono. Viceversa, è evidente che per siti naturalmente od artificialmente fortificati, contraddistinti da una posizione eminente che abbia un valore strategico oltre che tattico, e che non godano di una situazione ambientale sufficientemente favorevole, giocherà piuttosto la presunzione opposta.
29Più determinante potrà però essere ai fini di una complessiva valutazione di probabilità storica un diverso criterio, che guardi piuttosto allo sbocco, all’esito finale di certi processi. Questo criterio può fornire una chiave di lettura, che procedendo a ritroso nel tempo può sciogliere l’ambiguità di certi dati archeologico-topografici in una prospettiva per così dire finalistica. La sua applicabilità risulta particolarmente evidente per quelle aree in cui, in numerosi centri, quella fenomenologia archeologica che siamo indotti a leggere come «continuità di insediamento» si prolunga fino in età storica, assumendo infine un vero e proprio assetto urbano, da cui quella lettura risulta appunto avvalorata; ma appare molto plausibile anche in quelle regioni in cui tale «continuità» si interrompe per dar luogo ad un vero e proprio «salto di qualità» in senso urbano ο protourbano: è il caso di quegli abitati indigeni della prima età del ferro che cedono il posto alle prime colonie greche, ma anche di quegli stanziamenti del Bronzo finale che danno luogo ai grandi centri «villanoviani». Viceversa, per quelle aree in cui ad una frattura nella continuità archeologica succede la nascita di insediamenti che non presentano caratteri innovativi in senso più avanzato, ο addirittura si assiste ad un notevole diradarsi delle testimonianze di abitati, come, forse non a caso, avviene proprio in gran parte della Valle Padana al passaggio fra Bronzo recente e finale, ciò avvalorerà il dubbio, espresso poco più sopra per altri motivi, che la precedente continuità archeologica non rispecchi, in un certo numero di casi, una reale continuità di insediamento; che quest’ultima insomma costituisca bensì una norma, ma tutt’altro che priva di eccezioni.
30Questa impostazione è stata esposta nella piena consapevolezza che essa si presta senz’altro all’accusa di «modernismo», e che ad essa è possibile opporne una inversa, che respinga sia presunzioni generalizzanti e valutazioni complessive di probabilità storica che considerino in blocco intere epoche, aree, situazioni, sia proiezioni a ritroso di realtà troppo più avanzate e recenti nell’interpretazione di situazioni, cui si può essere benissimo giunti per il concorso meccanico dei fattori più impensati, e non per un processo dialettico finalizzato in senso evolutivo; e che reclami l’onere della prova archeologica della continuità d’insediamento su chi voglia affermarla, sito per sito. (Né basterebbe limitarsi a ribadire i già esposti motivi per cui tale onere è da considerare allo stato attuale praticamente insostenibile, senza proporre una qualche alternativa sul campo della verifica sperimentale).
31Si tratta di due impostazioni metodologiche parimenti legittime, cui però sono sottese due ben distinte concezioni storiche, ed entro certi limiti ideologiche; sicché la doverosa ricerca di un terreno di confronto non deve significare disponibilità ad una confusione di posizioni.
32Se una continuità di insediamento nel senso più puntuale del termine è da giudicare come un fenomeno di natura essenzialmente socio-politica, essa non può considerarsi disgiuntamente da un assetto territoriale (nel senso del rapporto tra centri abitati e territorio) stabilmente configurato, o, più precisamente, in cui si possa scorgere una linea di sviluppo organica.
33Un saggio particolarmente ben riuscito di definizione archeologico-topografica di un assetto territoriale e della sua evoluzione nel tempo, rivolto essenzialmente a cogliere il ruolo socio-politico degli abitati fortificati su altura, è quello operato, tra gli altri, da Barry Cunliffe a proposito degli hill-forts della Gran Bretagna28, di una situazione storica cioè che, pur nella sua collocazione cronologica del tutto diversa, presenta non poche analogie con quella di cui qui ci occupiamo. L’evoluzione che conduce dagli early hill-forts della prima metà del I millennio ai developed hill-forts del III e II, e in parte del I secolo a.C. mostra una graduale riduzione del numero di questi centri, conseguenza di un processo di «selezione» e di «centralizzazione», che comporta tra l’altro il rafforzamento delle opere di fortificazione. I siti che superano tale processo sono, ovviamente, quelli in cui più si prolungano nel tempo le testimonianze archeologiche leggibili come prove di una continuità di vita. Non meno significativo è però il fatto che il tessuto dell’insediamento, pur modificandosi per l’ampliarsi delle «cellule» che lo costituiscono (le porzioni di territorio presumibilmente connesse con i vari centri), mostri una struttura costante sia per quanto concerne l’omogeneità delle dimensioni di queste, sia per ciò che riguarda la posizione degli insediamenti rispetto alla configurazione dell’ambiente geografico (corsi d’acqua secondari e principali, rilievi, ecc.).
34Un analogo tentativo per la Calabria ionica settentrionale non può operarsi se non procedendo a ritroso nel tempo, incominciando cioè con il tracciare un quadro della situazione territoriale alla vigilia della colonizzazione greca. [RP]
35Le conoscenze relative alla prima età del ferro nel territorio della Sibaritide, così come sopra definito, si possono elencare come segue29:
361. AMENDOLARA. Località varie. Rione Vecchio è aq. s. l. m. 227, e dista in linea d’aria dalla foce più vicina km. 3 (fig. 1).
37I materiali sono tutti di provenienza sporadica e si possono riferire sia ad abitato sia a necropoli. È probabile che l’abitato si trovi nel luogo dell’attuale Rione Vecchio. Sui pianori ad esso prospicienti sono state individuate diverse località (Agliastroso, S. Marco, Piantata Pucci) dalle quali proviene appunto materiale da necropoli. Alcuni oggetti, appartenenti al Bronzo finale, possono essere appartenuti ad incinerazioni.
38Bibl.: D’Ippolito, in NSc, 1931, pp. 654-655; D’Ippolito, in NSc, 1939, pp. 368-369; de La Genière, in RevArch, 1967, pp. 195-208; de La Genière, in MEFRA 85,1973, p. 33 fig. 1; Lo Schiavo-Peroni, in Atti XXI Riun. Scient. Ist. It. Preist. Protost. (1977), 1979, pp. 551-552.
39Dalla località seguente è distante km. 11,7.
402. TREBISACCE. Località Broglio. Q. s. l. m. 181; dista dalla foce più vicina km. 2,3 (fig. 21,1).
41Il sito presenta una notevole occupazione durante l’età del bronzo. Le evidenze della prima età del ferro sono ancora scarse, per quanto disperse in varie zone. Sembra che, finora, si riferiscano esclusivamente ad abitati.
42Bibl.: Peroni, in Magna Graecia, nov.-dic. 1979; Peroni-Cardarelli in AMemMG 1977-1979; pp. 113-125.
43Dalla località seguente è distante km. 9,2.
443. CERCHIARA. Località Balze di Cristo. Q. s. l. m. 190. Dalla foce più vicina km. 8,9.
45La zona, morfologicamente, è anomala rispetto a tutte le altre qui elencate: anziché essere alla sommità di un pianoro isolato, si trova su una terrazza di una parete rocciosa. Ne proviene infatti un ripostiglio composto da asce ad occhio, riferibile al Bronzo finale, mentre non si hanno tracce di abitato come in tutte le altre località menzionate.
46Si ha notizia di un secondo ripostiglio, simile, attualmente disperso, proveniente dalla non distante loc. Luparello.
47Sporadica dal territorio è nota una fibula in bronzo, proveniente molto probabilmente da una sepoltura ad inumazione, databile nella seconda metà dell’VIII sec.30.
48Bibl.: Procopio, in BPI, 1953, pp. 153-154; Bietti Sestieri, in Proc. Prehist. Soc. 39, 1973, p. 412, nota 159.
49La fibula, inedita, è conservata nel Museo Civico di Cosenza.
50Dalla località seguente dista km. 4,8.
514. FRANCAVILLA M.MA. Località Timpone della Motta. Q. s. l. m. 200. Dalla foce più vicina km. 10,5 (fig. 2).
52Dalla sommità del Timpone provengono sia frammenti ceramici sia bronzi appartenenti all’età del bronzo, ed anche alla sua fase finale, assegnabili ad abitato.
53La documentazione di abitato della prima età del ferro nella stessa località è basata su frammenti ceramici e su oggetti in bronzo.
54Alla base del Timpone, in loc. Macchiabate, è parzialmente nota una necropoli ad inumazione in fosse, riccamente documentata dall’inizio dell’VIII sec., ma che non presenta prove d’uso nel corso del IX sec.
55Bibl.:NSc, 1879, pp. 155-156; D’Ippolito, in NSc, 1936 pp. 77-84; Zancani Montuoro, in Atti III Conv. Magna Grecia (1963), 1964, pp. 178-181; Zancani Montuoro, in AMemMG, 1970-1971, pp. 9-33; Zancani Montuoro, in AMemMG, 1974-1976, pp. 9-106; Stoop, in AMemMG, 1974-1976, pp. 147-149; Zancani Montuoro - Lo Schiavo in AMemMG 1977-1979, pp. 7-109; Peroni - Cardarelli, ibidem, pp. 113-125
56Dalla località seguente dista km. 5.
575. CASSANO. Località Stazione. Q. s. l. m. 193. Dalla foce più vicina dista km. 14,2 (fig. 19,1).
58I materiali fittili recuperati a seguito della costruzione della stazione delle ferrovie calabro-lucane sembrano provenire da necropoli e non risalire eccessivamente nel corso dell’VIII sec.
59Dalla dominante Pietra del Castello sono stati segnalati (1980) frammenti fittili di età genericamente protostorica.
60Bibl.: Galli, in AMemMG, 1929, p. 153, fig. 1.
61Dista km. 9,9 dalla seguente località; e km. 8,6 da Spezzano-S. Lorenzo (infra n. 7).
626. CASTROVILLARI. Località S. Maria del Castello. Q. s. l. m. 344. Dalla foce Stombi, non distante da quella antica del fiume Sybaris, è lontana km. 27 (fig. 3).
63Si dispone solamente di notizie circa il rinvenimento di frammenti ceramici dipinti «a tenda» e geometrici indigeni, che sembrano provenire, almeno in parte, da abitato31.
64Bibl.: de La Genière, in Atti XI Conv. Magna Grecia (1971), 1972, p. 266; F. Di Vasto, Castrovillari antica, Castrovillari, 1978.
65Dista dalle seguenti località km. 12,2.
667. SPEZZANO ALB. Località S. Lorenzo. Q. s. l. m. 56. Dalla foce Stombi dista km. 19,2 (fig. 4).
67Lo stato della documentazione è molto frammentario. I materiali più antichi sono rappresentati da fibule assegnabili all’età del bronzo finale. Al tardo IX sec. appartiene il coltello eponimo del tipo32. Si hanno inoltre fibule a quattro spirali: la classe di pertinenza occupa anche gran parte dell’VIII sec. Si può quindi supporre una lunga durata d’uso della zona. Il materiale noto sembra provenire da necropoli.
68Bibl.: Orsi, in NSc, 1902, pp. 33-39; Lo Schiavo-Peroni, cit., 1979, p. 553.
698. SPEZZANO ALB. Località Torrione. Q. s. l. m. 79. Dalla foce Stombi è distante km. 18,5 (fig. 4).
70Sono note alcune fibule assegnabili all’età del bronzo finale, provenienti sicuramente da tombe.
71Sulla sommità del colle, in fosse di riempimento di epoca medioevale, sono stati ritrovati frammenti di intonaci di capanna tali da non essere precisamente datati: l’uso della tecnica, com’è noto, è molto lungo nel tempo.
72Bibl.: Lo Schiavo-Peroni, 1979, cit., p. 556; scavi 1979 dell’Ecole Française de Rome33.
73Le due località di S. Lorenzo e di Torrione sono distanti fra loro circa 800 m. Tutti i ritrovamenti segnalati sono sporadici, così che la loro utilizzazione topografica è molto debole.
74La località Torrione dista km. 1,5 dalla seguente.
759. SPEZZANO ALB. Località Torre Mordillo. Q. s. l. m. 114. Dalla foce Stombi dista km. 16,7 (fig. 4).
76La documentazione più abbondante proviene dalla necropoli ad inumazione in fosse, nota per più di 250 tombe. Il periodo meglio documentato è l’VΙΙΙ sec.
77Oggetti pertinenti al Bronzo finale sono sporadici, ma anch’essi sembrano da sepolture.
78Per quanto riguarda l’abitato, si ha conoscenza di una capanna del periodo iniziale della prima età del ferro, oltre a ritrovamenti di superficie dell’età del bronzo finale.
79Bibl.: Pasqui, in NSc, 1888, pp. 239 ss.; 462 ss.; 575 ss.; 648 ss.; Colburn, in NSc, 1977, pp. 451-454, figg. 38-39 (capanna); pp. 518-520 (tombe); Lo Schiavo-Peroni, 1979, cit., p. 556; Peroni, in AMemMG, 1977-79, p. 124.
80Dista dalla località seguente km. 5,3; dalla località Prunetta di Roggiano (infra n. 12) km. 9,4.
8110. SPEZZANO ALB. Località Ceccopesce (o Gicapesce). Q. s. l. m. 300. Dalla foce Stombi è distante km. 18.
82Il materiale noto è solamente descritto e non illustrato: si può tuttavia osservare che le armi sono in bronzo e non in ferro.
83È quindi legittimo supporre che i materiali non scendano oltre la metà dell’VIII sec. Sembrano tutti riferirsi a corredi tombali.
84Anche l’identificazione topografica della località di rinvenimento è soggetta a cautele.
85Bibl.: Orsi, in NSc, 1921, p. 469.
8611. TERRANOVA. Località S. Maria. Q. s. l. m. 329. Dalla foce Stombi dista km. 17,4.
87È stata rinvenuta sporadicamente (feb. 1979) una fibula in bronzo, con arco semplice a noduli (fig. 11,1), di un tipo appartenente al Bronzo finale e già noto nella zona34.
88Insieme è stato consegnato un frammento di bronzo, di incerta interpretazione (fig. 11,2).
89La distanza tra Ceccopesce e S. Maria è inferiore ad 1 km. Sembra ripetersi la difficoltà già segnalata a proposito di Torrione (supra n. 8) e S. Lorenzo (supra n. 7).
90La località S. Maria dista da Serra Castello (infra n. 13) km. 4,5.
9112. ROGGIANO. Località Prunetta. Q. s. l. m. 184. Dalla foce Stombi dista km. 24,7 (fig. 5).
92A mezza costa di un colle isolato è parzialmente nota una necropoli di inumati in fosse, documentata in un momento avanzato dell’VIII sec. Dalla stessa zona proviene sporadicamente una spada in bronzo, restaurata in antico, e contorta per la deposizione tombale: è tipologicamente vicina al tipo Torre Galli35.
93Dell’abitato che, a giudicare da questi ritrovamenti, è stato frequentato nel IX e nell’VIII sec., si sono riconosciute tracce alla sommità della collina stessa.
94Bibl.: Guzzo, in Miscell. Rittatore, in stampa; Carrara-Guzzo, in NSc, in stampa.
9513. CORIGLIANO. Località Serra Castello. Q. s. l. m. 260. Dalla foce del Crati dista km. 18,5 (fig. 6).
96Il colle domina lo sbocco del Crati nella pianura costiera ed un guado del fiume, in uso fino all’epoca moderna. Alla sommità sono stati raccolti in superficie frammenti d’impasto e di ceramica figulina della prima età del ferro, probabilmente riferibili ad abitato.
97È nota una statuetta in terracotta, che è invece probabile provenga da una sepoltura36.
98Bibl.: Cavalcanti, in Magna Graecia, marzo-aprile 1970; de La Genière, in MEFRA 82, 1970, p. 622, nota 10.
99Dalla località seguente dista km. 1,9.
10014. S. DEMETRIO. Località Serra Gagliano. Q. s. l. m. 366. Dalla foce del Crati è distante km. 19,4 (fig. 6).
101La località è posta di fronte a Serra Castello, sulla sponda opposta del torrente Galatrella. Dalla sommità del pianoro si sono raccolti in superficie solamente frammenti ceramici, di età probabilmente protostorica non meglio precisabile.
102Bibl.: Guzzo, in La Parola del Passato 31, 1976, p. 178.
103Dista dalla località seguente km. 10,2.
10415. CORIGLIANO. Località Cozzo Michelicchio. Q. s. l. m. 68. Dalla foce del Crati è lontana km. 10,6 (fig. 7).
105Senza notizie precise di contesto e di esatta localizzazione, si conoscono tre fibule in bronzo ad arco serpeggiante ed una quarta a navicella con decorazione lineare incisa profondamente (fig. 12). Quest’ultima può scendere oltre il 720 a.C., in quanto se ne conoscono esemplari dalle tt. Τ54 e 59 di Francavilla-Macchiabate, databili nel VII sec.
106Durante il VII sec. si hanno abbondanti tracce di insediamento a Cozzo Michelicchio, il cui tratto dominante è costituito da materiale votivo proveniente da un santuario37.
107Gli oggetti citati, inediti, sono conservati nel Museo Civico di Cosenza.
108La località seguente è distante km. 14,2.
10916. CORIGLIANO. Località S. Croce. Q. s. l. m. 140. Distanza dalla foce più vicina km. 6,7 (fig. 8).
110Solamente dalla bibliografia si conosce materiale che sembra appartenere ad un’unica tomba a fossa. L’oggetto più caratteristico è una fibula a bastoncelli, presente a Torre Mordillo, t. 87 (Museo Civico di Cosenza) e a Francavilla-Macchiabate t. Τ14 (Museo di Sibari). In variante, inoltre, a Ianchina, t. 56, e a Canale, t. 9838. Fibule a bastoncelli sono però presenti ad Amendolara, t. 439, del VII sec., e nella «stipe» di Francavilla-Motta, che contiene materiale scaglionato in un ampio arco di tempo40.
111La località occupa un pianoro non isolato, in posizione quindi anomala rispetto alle altre note.
112Bibl.: Orsi, in NSc, 1921, p. 469.
113Dista dalla località seguente km. 11,5.
11417. ROSSANO. Località Varia-S. Antonio. Q. s. l. m. 280; dalla foce più vicina dista km. 4,7 (fig. 9).
115Il materiale noto proviene dallo scasso di una necropoli a fosse; la maggior parte è assegnabile al corso dell’VIII sec. Forse più antico è un esemplare di rasoio con manico ad occhiello41.
116È anche nota una fibula del Bronzo finale.
117Lo stato delle conoscenze non permette di affermare con sicurezza la continuità d’uso della necropoli dal Bronzo finale all’ultimo quarto dell’VIII sec.
118Bibl.: Catanuto, in NSc, 1934, pp. 459-463; Lo Schiavo-Peroni, 1979, cit., p. 553. La località seguente è distante km. 7.
11918. PALUDI. Località Castiglione. Q. s. l. m. 259. Dalla foce più vicina è lontana km. 8,8 (fig. 10).
120È nota una necropoli a fosse di inumati, con attestazioni per tutta la durata della prima età del ferro, ma con addensamento di corredi dalla metà dell’VIII sec.
121Bibl.: Guzzo, in Klearchos 17,1975, pp. 99-177.
122La tipologia insediativa dei siti sopra elencati comprende, con l’eccezione di Corigliano-S. Croce (supra n. 16)42, un pianoro isolato rialzato: sulle pendici, ο sulle selle di collegamento, è localizzata la necropoli.
123Lo stato delle conoscenze ancora lacunoso non permette di precisare in assoluto l’estensione dell’area abitata di ogni singolo centro, né di tentare di dedurla dal numero delle tombe, divise per fasi.
124Tuttavia, in base a quanto si è potuto osservare, si possono definire alcuni centri come «grandi» rispetto ad altri «minori».
125Alla prima categoria possono appartenere: Amendolara (n. 1); Trebisacce-Broglio (n. 2); Francavilla-Motta (n. 4); Spezzano-Torre Mordillo (n. 9); Paludi-Castiglione (n. 18).
126L’assegnazione ha tenuto conto, oltre che di quanto noto e sopra esposto, della morfologia e dell’estensione dei pianori dai quali vengono le tracce di frequentazione.
127Le distanze tra i centri che si sono registrate sono variabili: ma ciò può derivare dalle lacune della documentazione.
128Sulla base di quanto si conosce, si possono prospettare le seguenti osservazioni:
1291. Tra l’età del bronzo finale e la prima metà dell’VIII sec. si hanno nuclei abitati «grandi» come: Amendolara; Francavilla; Torre Mordillo, che hanno continuità d’insediamento ma, a quel che sembra, con progressivo aumento d’importanza tra la fase più antica e la successiva.
Castiglione di Paludi è l’unico centro «grande» della prima età del ferro che non ha ancora restituito documentazione dell’età del bronzo finale (anche se alcuni tipi di fibule sono piuttosto antichi43.
L’evidenza di Cerchiara non è utilizzabile per identificare il luogo dell’insediamento abitato; i ripostigli di asce fanno supporre una disponibilità di ricchezza.
1302. L’incertezza di documentazione non ostacola la probabile ipotesi che nella prima età del ferro aumenti il numero di insediamenti.
Si hanno tuttavia probabili casi di spostamenti (Cerchiara? Terranova-S. Maria > Ceccopesce, se non sono uguali; Torrione > S. Lorenzo). Si tratta comunqe di spostamenti di piccola entità.
1313. I centri documentati alla fine della prima età del ferro aumentano di numero; quelli che non hanno restituito materiali più antichi sono tutti «piccoli».
I centri del periodo finale della prima età del ferro costituiscono un infittirsi della rete di collegamento tra i centri più antichi (e più «grandi»).
1324. Dopo il 720 a.C. continuano ad essere frequentati solamente Francavilla, Torre Mordillo, Cozzo Michelicchio sullo stesso luogo; ma a Torre Mordillo manca finora documentazione dell’ultimo quarto dell’VIII sec. ed è ancora incerta quella relativa alla prima metà del successivo; a Cozzo Michelicchio si ha di nuovo documentazione solo dalla metà del VII sec.
Nell’ultimo quarto dell’VIII sec. termina l’insediamento di Amendolara-Rione Vecchio ed inizia quello di S. Nicola.
La documentazione da Corigliano-S. Croce è troppo scarsa per ogni ulteriore considerazione su quest’argomento.
133Per quanto riguarda l’articolazione interna della società della prima età del ferro non si dispone di molti dati, e questi sono tutti da necropoli.
134Esiste tuttavia la possibilità di distinguere, quasi sempre, tra corredi femminili e corredi maschili: si aveva quindi una probabile divisione di ruoli sociali.
135Le armi sono diffuse circa nel 60% delle tombe maschili di Castiglione di Paludi, mentre la percentuale aumenta in quelle, generalmente più recenti, dalla Prunetta di Roggiano.
136Solamente a Francavilla si ha l’impressione di avere alcuni corredi composti da un numero di oggetti notevolmente superiore alla media.
137Un elemento esterno di differenziazione è costituito dalla presenza, dal secondo quarto dell’VIII sec., di oggetti importati. A quanto oggi consta44, si tratta di:
138a) skyphos à chevrons medio-geometrico da Torre Mordillo, attualmente senza contesto;
139b) coppa in bronzo sbalzata nord-siriana da Francavilla, t. S, fase tarda della prima età del ferro;
140c) pisside sferoidale e kotyle tardo-geometriche corinzie, da Francavilla, t. Τ8;
141d) scarabeo del Lyre Player Group, da Francavilla t. Τ69;
142e) kotyle tardo-geometrica corinzia, da Francavilla t. U15;
143f) kotyle tardo-geometrica corinzia, da Francavilla t. Τ88;
144g) kotyle tardo-geometrica corinzia, da Roggiano-Prunetta t. 3.
145In un solo caso (c) si hanno due oggetti importati in una stessa tomba.
146La tipologia morfologica degli insediamenti non si modifica nel periodo dall’età del bronzo finale al 720 a.C. L’unica forma di differenziazione, come già detto, è costituita dalla grandezza del centro abitato.
147Si continuano a scegliere luoghi posti alla sommità di colline ben individuate, sempre lungo gli stessi assi di collegamento.
148Il taglio dato alla ricerca può far apparire come preminente, ο esclusiva, la concentrazione di abitati sull’arco collinare intorno alla piana di Sibari rispetto ad altre zone. Ma occorre ricordare che anche nelle zone interne la frequentazione si infittisce (Roggiano-Prunetta e Castrovillari sono già interni; si ricordino inoltre Torano-Cozzo della Torre45; Bisignano46; Laino47.
Fig. 11. Terranova - S. Maria 1: fibula in bronzo; 2: reperto in bronzo. 1:2. Disegno G. Troiano.
149È invece da notare che i centri che continuano dopo il 720 a.C. sono esclusivamente alcuni di quelli costieri.
150Ciò può interpretarsi nel senso che l’inizio di collegamenti con il mondo greco non ha modificato l’assetto produttivo e sociale preesistente al 775 a.C. circa, ma eventualmente lo ha tonificato.
151L’aumento, durante la prima età del ferro, del numero dei centri «minori», ma sempre collegati ai maggiori, può essere interpretato nel senso che lo scambio tra Indigeni e Greci si effettuava in prodotti del territorio (legname, bestiame, prodotti minerari, prodotti agricoli). L’ampliamento del mercato, che conduce al successivo stabilirsi della colonia di Sibari, ha fatto crescere le necessità produttive e quindi ampliato lo sfruttamento del territorio.
152Sull’ordinamento «gerarchico» degli stanziamenti non sembra legittimo dubitare, pur con le esistenti lacune di documentazione: basta considerare le rispettive estensioni abitate.
153L’esistenza di un sistema, composto da insediamenti collegati, è dimostrata: dal già notato localizzarsi di questi su assi naturali di percorrenza; dal controllo dei centri sui guadi dei corsi d’acqua; dalla particolare importanza che sembra assumere Torre Mordillo, posta alla cerniera tra l’asse costiero-pedemontano e quello trasversale.
154Manca, ad oggi, l’evidenza archeologica per poter affermare che il modello così ricostruito, valido dall’età del bronzo finale al 720 a.C., sia dovuto ad eredità «micenea». E la proposta continuità interna della frequentazione dei singoli abitati, dei quali peraltro manca un’approfondita conoscenza caso per caso48, origina almeno dal periodo del Bronzo finale, nel quale mancano importazioni greche, e quindi possibilità di importazione di «modelli» produttivi e territoriali49.
155La fondazione di Sibari modifica l’equilibrio territoriale precedente: la raccolta dei prodotti si concentra nella nuova città sulla costa, anziché a Torre Mordillo come probabilmente in epoca precedente; gli indigeni vengono in parte uccisi (Strab. VI, 1, 2), in parte deportati a Sibari.
156Si sono già elencati i centri che restituiscono documentazione posteriore alla data della colonia achea, notando le difficoltà di interpretazione.
157Francavilla è l’unico centro che permette di affermare sia forse esistita una continuità: ma la dominazione greca è completa ed il collegamento con Sibari è strettissimo, fin nelle percentuali relative alle frequenze di importazioni.
158Caso a sé è Amendolara, dove l’influsso greco è molto minore per quanto riguarda la forma di insediamento (manca, ο non è stato ancora trovato, il «santuario») ma è presente, tuttavia, a livello di ideologia funeraria (coppe).
159È inoltre da considerarsi lo spostamento dell’insediamento da Rione Vecchio, con le relative necropoli, a S. Nicola. Mancando conoscenza precisa della località frequentata in periodo più antico, non si può affermare se lo spostamento sia dovuto alla presenza dei Greci oppure se sia precedente, anche di poco, al 720 a.C. Si erano già visti probabili casi di mancanza di continuità per abitati indigeni in epoca precedente50.
160A Torre Mordillo e a Cozzo Michelicchio la scarsa evidenza permette solo di affermare che vi fu uno stanziamento, fortemente influenzato da Sibari, nel corso del VII sec.
161Nei casi ove l’evidenza è controllabile, come Amendolara-S. Nicola e Francavilla, si vede che la cultura materiale più recente della data di colonizzazione è la semplice continuazione di quella della fase più antica. Non pare, tuttavia, revocabile in dubbio che lo sfruttamento della produzione sia detenuto dai Greci di Sibari (se non altro, per il controllabile ingrandirsi della colonia).
162Si è altrove51 proposta un’ipotesi interpretativa per la differenza d’esito dei centri indigeni dopo il 720 a.C.: è probabile che a quanto già detto (difesa; commercio) si debbano aggiungere le maggiori propensioni all’attività agricola che presentano i territori dominati dai centri di Francavilla52 ed Amendolara, rispetto, per esempio, a Castiglione di Paludi ed alla stessa Rossano-Varia S. Antonio.
163Quanto sopra esposto valga come indicazione di argomenti di ricerca e di approfondimento. Come si è visto, c’è ancora molto da conoscere: e quindi si sono indicati solo quelli che sembrano i primi problemi da affrontare. [PGG]
Notes de bas de page
1 P. Zancani Montuoro, in Rend. Acc. Arch. Napoli, 1975, p. 131; M. Maaskant-Kleibrink, in AMemMG, 1974-76, p. 173.
2 O.C. Colburn, in NSc., 1977, p. 491 s.
3 Spade: V. Bianco Peroni, PBF IV, 1; XX, 1, p. 1 ss.; coltelli: Eadem, PBF VII, 2; rasoi: Eadem, PBF VIII, 2; spilloni: G.L. Carancini, PBFXIII, 2; asce: Idem, PBF IX, 12 (in stampa; altro volume in preparazione); fibule: F. Lo Schiavo, PBFXIV, 7 (in preparazione).
4 F. Lo Schiavo, R. Peroni, in Atti XXI Riurt. Scient. Ist. Ital. Preist. Protost. (1977), 1979, p. 551 ss.
5 R. Peroni, G.L. Carancini, G. Bergonzi, F. Lo Schiavo, P. von Eles, in Il Bronzo finale in Italia, Bari, 1980 (Archeologia: materiali e problemi, vol. 1), p. 65, 81 ss.
6 S. Tinè, in AMemMG, 1964, p. 383 s.
7 S. Tinè, in RSP, XX, 1965, p. 345 ss.; L. Cardini, in BPI, 79, 1970, p. 43 s.
8 V. Bianco Peroni, PBFXX, 1, p. 15, n. 145 A, tav. 2.
9 Op. cit., p. 15.
10 R. Peroni, in Badische Fundberichte, XX, 1956, p. 70.
11 Cfr. P. Schauer, PBF IV, 2, tavv. 132, B; 133, A; 134, B; H. Reim, PBF IV, 3, tav. 21, A, B.
12 Peiting (Alta Baviera): Schauer, op. cit., tav. 144, A; Nöfing (Alta Austria): J. Reitinger. Die ur-und frühgeschichtlichen Funde in Oberösterreich, 1968, p. 374 s., fig. 289.
13 J. de La Genière, in Atti XI Conv. Magna Grecia (1971), 1975, p. 228, s., tav. 11, 2.
14 R. Peroni, A. Cardarelli, in AMemMG, 1977-1979, p. 125.
15 Cfr. note 1 e 14.
16 F. di Gennaro, in Archeologia Laziale II, Roma, 1979, p. 148 ss.; M. Pacciarelli, ibidem, p. 157 ss.
17 Jahresb. Inst. Vorg. Univ. Frankfurt, 1975, p. 35 ss.; Atti XXI Riun. Scient. Ist. Ital. Preist. Protost. (1977), 1979, p. 39.
18 Cfr. op. cit. alla nota 14.
19 O.C. Colburn, in NSc, 1977, p. 423 ss.
20 Cfr. op. cit. alla nota 14.
21 La Parola del Passato, fasc. CXXV, 1969, p. 137 ss.; Autori Vari, Archeologia, culture e civiltà del passato nel mondo europeo ed extraeuropeo, Milano, 1978, p. 156 ss.
22 Jahresb. Inst. Vorg. Univ. Frankfurt, 1975, p. 37; R. Peroni, L’età del bronzo nella penisola italiana I. L’antica età del bronzo, Firenze 1971, p. 116 s.
23 Archeologia Laziale II, Roma, 1979, p. 175.
24 Cfr. op. cit. alla nota 14.
25 Cfr. M. Marazzi, S. Tusa, in Klio, 61, 1979, p. 325 ss., ed in particolare le figg. 8 b, 9 a.
26 L. Bernabò Brea, M. Cavalier, in BPI, 65, 1956, p. 12, fig. 3.
27 G.L. Carancini, in Nuovi Quad. Ist. Arch. Univ. Perugia 1, 1979, p. 39 ss.
28 In B. Cunliffe, T. Rowley (eds.), Oppida: the Beginnings of Urbanisation in Barbarian Europe, BAR - S11, 1976, p. 135 ss.
29 La bibliografia essenziale specifica sarà indicata alle singole località. Manca uno studio generale recente. Si può fare riferimento a J. de La Genière, L’âge du fer en Italie Méridionale I. Sala Consilina, Naples, 1968; Κ. Kilian Früheisenzeitliche Funde aus der Südostnekropole von Sala Consilina, Heidelberg, 1970; J. de La Genière, in Atti XI Conv. Magna Grecia (1971), 1972; B. D’Agostino, in Popoli e Civiltà dell’Italia antica 2, Roma, 1974, pp. 9-91; J. de La Genière, The Iron Age in Southern Italy, in Italy Before the Romans (edd. F. e D. Ridgway), London, 1979, pp. 59-93; M. Gualtieri, Iron in Calabria in the Ninth and Eighth Centuries B.C., Diss. Pennsylvania 1977. Per una cronologia relativa; R. Peroni, in PBF VIII, 2, pp. 192 ss.
30 Il tipo è documentato a Roggiano-Prunetta (infra n. 12) e a Francavilla: M.W. Stoop, in AMemMG, 1974-1976, tav. 70,9, p. 148 n. 13. Un esemplare simile proviene dal santuario di Olimpia: A. Furtwaengler, Die Bronzen und die uebrigen kleineren Funde von Olympia, Olympia 4, Berlin, 1890, p. 52, tav. 21,354 = von Hase, in Kleine Schriften vorgesch. Seminar Marburg 5, 1979, p. 70, fig. 3, 8.
31 Non si considerano i bronzi della coll. Gallo: P. Orsi, in NSc 1921, p. 469, in quanto senza precise provenienze.
32 V. Bianco Peroni, in PBF VII, 2, p. 77 n. 391.
33 Inediti; ringrazio per il permesso di citarli Ghislaine Noyè, direttrice dello scavo.
34 Cfr. F. Lo Schiavo-R. Peroni, 1979, cit., fig. 4, p. 557.
35 V. Bianco Peroni, in PBF IV, 1, pp. 78-82.
36 Cfr. p. es. Francavilla, t. Τ 69 n. 1: P. Zancani Montuoro, in AMemMG, 1974-1976, pp. 53-56.
37 P.E. Arias, in CrArte 6,1941, pp. 49-56.
38 Rispettivamente P. Orsi, in MAL 31, 11926, col. 267 fig. 189; col. 302 fig. 215.
39 J. de La Genière, in NSc, 1971, p. 453 fig. 17.
40 Stoop, cit., tav. 70, 2 c. p. 148 n. 15.
41 V. Bianco Peroni, in PBF VIII, 2, p. 38, n. 180.
42 Cerchiara-Balze di Crista (n. 3) non viene qui considerata, in quanto ha restituito un ripostiglio e non ha tracce di frequentazione stabile.
43 Cfr. il tipo 2: P.G. Guzzo, in Klearchos, 17, 1975, pp. 106-108.
44 P.G. Guzzo, in Congresso Atene, 1979, in stampa.
45 AA, 1937, col. 433; O. Cavalcanti, La zona archeologica di Torano Castello, Grottaferrata, 1974; J. de La Genière, in NSc, 1977, pp. 389-422.
46 A. De Franciscis, in BPI, 1956, p. 213.
47 N. Catanuto, in NSc, 1931, pp. 655-657.
48 Così R. Peroni, in AMemMG, 1977-1979, pp. 124-125.
49 Quanto detto non sembra in contrasto con quanto affermato recentemente a proposito di alcune fibule dal comprensorio di interesse (Lo Schiavo-Peroni, 1979, cit., pp. 551-553, 567-568): è infatti possibile un interscambio con l’area adriatico-balcanica, come è abbondantemente provato fino a tutto l’VIII sec., piuttosto che direttamente con l’Egeo. Ma, principalmente, manca ad oggi qualsiasi evidenza archeologica di collegamento diretto tra Greci ed Italia Meridionale dalla fase del Miceneo III C fino al 775 a.C. (Medio Geometrico) sia nella Sibaritide, sia in Sicilia, sia nelle Eolie, sia a Pithecusa. Sarebbe indispensabile una revisione dei materiali da Satyrion: G.F. Lo Porto, in NSc, 1964, pp. 220-221; il frammento a fig. 42, n. 4 potrebbe essere pertinente ad un’anfora attica SOS.
50 I rapporti Greci-Indigeni prima, durante e dopo l’impiantarsi delle colonie hanno fatto, in più occasioni, oggetto di studio da parte di J. de La Genière, (MEFRA 82,1970, pp. 621-636; RevArch, 1978, pp. 257-276; AnnScNormPisa, 1978, pp. 335-354); i modelli generali in S. Gruzinski-A. Rouveret, in MEFRA 88, 1976, pp. 159-219; con impostazione diverse è M. Torelli, in StStorici 18, 4, 1977, pp. 45-61. Il fascino, l’informazione, e la logica di tali studi sono notevoli. Pur se il sottoscritto ha talvolta fatto propri alcuni enunciati degli AA. cit. ritiene prudente aumentare, dapprima, la base delle conoscenze, controllate e sistemate, così da procedere, in seguito, alla ricostruzione, ο all’interpretazione, della società dell’età del ferro, dei suoi movimenti ideali, dei suoi rapporti esterni e dei suoi modi di produzione.
51 P.G. Guzzo, Congresso Atene 1979, cit..
52 Falcetti in ferro: M. Gualtieri, Iron, cit., p. 163, fig. 16.
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Nouvelle contribution à l’étude de la société et de la colonisation eubéennes
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1982
La céramique grecque ou de tradition grecque au VIIIe siècle en Italie centrale et méridionale
Centre Jean Bérard (dir.)
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 1
Pier Giovanni Guzzo, Renato Peroni, Giovanna Bergonzi et al.
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 2
Giovanna Bergonzi, Vittoria Buffa, Andrea Cardarelli et al.
1982
Il tempio di Afrodite di Akrai
Recherches sur les cultes grecs et l'Occident, 3
Luigi Bernabò Brea
1986