La Sardegna arcaica tra tradizioni euboiche ed attiche
p. 61-95
Texte intégral
1. TRADIZIONI « STORICHE »
1Le tradizioni più antiche relative alla presenza greca in Sardegna possono distinguersi in « progetti di colonizzazione », cioè in, tradizioni « storiche »,e in racconti di arrivo di genti greche, guidate da personaggi eroicie al mondo eroico comunque legate, tradizioni che quindi si possono definire « mitiche »1.
2I progetti di colonizzazione sono diversi,e fra essi bisogna distinguere quelli storici da quelli che invece vanno ascritti alla più tarda speculazione ellenistica2. Il più « antico » progetto è attribuito a Manticlos messenio, da, Pausania (IV, 23): l’episodio si collegherebbe alla fine della guerra messenica, di cui è considerato come conclusione. Se-non. ché questo episodio, che sarebbe appunto il più antico, è da ritenersi inventato.
3Pausania dipende qui, come egli stesso ha dichiarato precedentemente, (cf. IV, 6), dal poema di Rh. iano sulla seconda guerra messenica, da una fonte epica, quindi, che tendeva ad ampliare i fatti aggiungendo ad. essi altri svoltisi successivamentee attinti con ogni probabilità alle fonti storiche che aveva a disposizione3. Il passo quindi è pieno di confusioni ed arbitrii come da altri è già stato notato (4 : fatti realmente avvenuti in V sec. (come l’episodio di Anassila), sono uniti a fatti svoltisi in tempi molto precedenti. Dato quindi il tipo di fonte usato da Pausania, l’invito a recarsi in Sarde- gna come « isola grandee felicissima », deve essere ritenuto la trasposizione letteraria degli analoghi suggerimenti di Biante di Priene (Hdt. I, 170), di Istieo (Hdt. V, 106)e di Aristagora (Hdt. V, 124).
4Maggiore considerazione meritano invece, altre due proposte, trasmesseci da Erodoto. Una è quella che Biante di Priene, nel 545 a. C. circa (Hdt. I, 170), fa a tutti i Greci del Panionio di andare a fondare una colonia comune in Sardegna, rappresentata come terra felice, in cui essi sarebbro stati padronie non schiavi. Erodoto aggiunge che se gli Ioni avessero seguito questo consiglio, sarebbero stati i più felici dei Greci. Questa notizia, che Erodoto ha conosciuto direttamente, non è incredibile, né un duplicato di quelle di Aristagora di cui si parlerà dopo5 : se i dati geografici sono piuttosto imprecisi, va tenuto presente che si situano in un discorso volto alla persuasione, da cui non ci si possono attendere precisazioni geografiche; ed inoltre il fatto che i Focei partano immediatamente dopo per la Corsica, può essere ritenuto un indizio di progetti di migrazione verso le isole occidentali, effettivamente correnti negli anni precedenti fra gli Ioni d’Asia.
5Abbastanza simile, anche se si colloca in un momento più grave, è la proposta successiva di Aristagora circa cinquanta anni più tardi (Hdt. V, 124); ma l’interesse per la Sardegna in Asia Minore non si limitava alle città greche come Miletoe Priene.
6Sempre da Erodoto infatti (V, 106; VI, 1) sappiamo di una proposta fatta da Istieo a Dario di andargli a occupare l’isola: la proposta riguarda persianie greci medizzan-ti: sempre in ambito ionico, quindi,e su versanti opposti, Ionie « medizzanti » si trovano interessati alla stessa zona. Che la proposta di Istieo sia rivolta a Dario, non fa difficoltà ove si tengano presenti i rapporti Persia-Cartagine, documentati da Giustino XIX, 1, 10-13, dove è detto di una ambasceria persiana a Cartagine per chiedere aiuto nella guerra contro i Grecie per imporre un diverso rituale funebre6. La proposta di Istieo cioè, si situa in un contesto di relazioni persiane con Cartagine, la quale è a sua volta interessata alla zona.
7L’esame di questi dati sembrerebbe dimostrare quindi un interesse dell’ambiente ionico alla Sardegna nella prima metà del VI sec., interesse forse prevalentemente mi-lesio ma non estraneo ad ambienti « medizzanti ».
8Sembra che questi dati della tradizione possano avere un confronto dai ritrova- menti archeologici (7che anche se non abbondantissimi, fanno pensare a contatti diretti dei Greci con la Sardegna; in particolare la navicella bronzea sarda rinvenuta a Gra-visca in un contesto completamente greco di fine VI-inizio V sec.8. Ciò da una parte conferma i « rapporti » già esistenti tra Sardegna ed Etruria9, dall’altra la tradizione letteraria sugli Ionie la Sardegna.
9Una epigrafe, pubblicata una prima volta dal Tamponi10, nel 1881,e ripubblicata dal Pais (11non più rintracciabile12, potrebbe maggiormente avvalorare questa presenza greca in Sardegna in età arcaica: si tratterebbe di un frammento di arenaria, proveniente da Oristano, mutilo, con incisa in senso retrogrado Fανας (forse una invocazione ad una divinità); l’a ed il ν molto arcaici, le chiare tracce del vau iniziale, l’andamento della scrittura avevano fatto pensare al Pais ad una datazione di metà VI ; tuttavia in mancanza di una descrizione precisa della pietrae di altri elementi, utili per una datazione, non pare possibile considerare questa epigrafe, allo stato attuale, come elemento decisivo.
10Bisognerà quindi alla luce di tutto questo riprendere l’ipotesi della Zancani Mon-tuoro (13e del Pugliese Carratelli14, che l’epigrafe menzionante i Serdaioi rinvenuta ad. Olimpia (15e documentante una alleanza tra questie i Sibariti, alluda veramente ai Sardi? Nonostante le difficoltà per i Serdaioi avanzate dalla Guard. ucci16, proprio il problema degli interessi milesii, strettamente collegati, come è noto, a quelli sibariti,e i cui rapporti con ia Sardegna si cominciano a vedere un po’concretamente, potrebbero portare a. rivedere il problema17.
2. TRADIZIONI « MITICHE »
11Quando dall’esame di questa tradizione « storica » si passa all’esame di quella che si è definita mitica, tutto diventa più complicato. Infatti le numerose testimonianze giunteci non possono esser poste sullo stesso piano,e rischiano di confonderci dal momento che una buona parte presenta una successione di migrazioni in. Sardegna, con chiari tentativi di razionalizzazione. Questa tradizione, non è dunque univocae tutta risalente a Timeo: il Pais già nel 1881 (18aveva distinto in essa due filoni; il Geffken (19tentò quindi di riportarla nuovamente tutta a Timeo; lo Jacoby a sua volta(20avvertì la pericolosità della costruzione del Geffken: un esame completo della tradizione è stato ripreso recentemente dal Bondi21, che però non ha tenuto conto dei rilievi del Pais, alcuni tutt’ora validi, né di quelli dello Jacoby.
12La divisione del Pais in. due filoni infatti è un. punto fermoe va, ci pare, mantenuto. Noi abbiamo cioè un filone rappresentato d. a. Sallust. Hist. II, fr. 1-7 Me fr. 2 Rylands (= P. Oxy. sine numero); Sil. It. XII ν. 365 ss; Pausania X, 17, Sol. I, 60-62; IV, 1-2, Isidoro XIV, 39-40,e un secondo filone rappresentato da Ps. Ar. mir. ausc. 100; Diod. IV, 29-30; 82; V, 15. Al secondo filone va avvicinato come si vedrà Strabo V, 225 C, forse. Il Pais pensava potessero rientrare nel primo anche gli Schol. ad Dionys Per. 458 ed Eust. ad Dionys Per. (= GGM II, p. 449e 304): ma questi, come si vedrà, forse richiedono una spiegazione diversa. Le tradizioni trasmesseci da Pausaniae Sallustio sono molto vicine l’una all’altra,e non è da escludere che derivino da una fonte comune (22 ; Solino deriva chiaramente da Sallustio,e così pure Silio Italico (23 : quello che è dato quindi ricostruire nella tradizione « latina », lo si trova nella tradizione greca di Pausania. Tanto Sallustio quanto Pausania concepivano l’arrivo di Greci in Sardegna come un susseguirsi d. i diversi eroi ο personaggi famosi: Sardo che le diede nome (Paus. X, 17, 2; Sol. IV, I; Sil. It. XII, ν. 365), Aristeo con Dedalo (Paus. X, 17, 3; Sol. IV, 1-2); Norace dall’Iberia (Sall. II, 4, 5 M ; Sol. IV, 2; Paus. X, 17, 5); quindi Iolao che fondò Olbia con gli Ateniesi che fondarono Ogryle (Paus. X, 17, 5; Sall. fr. 2, Ryl) ; infine gli Iliei24. Ma questa tradizione ha anche notizie che non possono che derivare da una conoscenza dell’isola, quale 1’occupazione romana, che essi conoscono al pari della precedente cartaginese, aveva permessa. Così Pausania X, 17, 12, come Solino IV, 2, Sil. It. XII, ν. 370; Isid. XIV, 40 sanno che in Sardegna non ci sono serpenti né veleni. Pausania X, 17 ed Isidoro XIV, 40 ricordano pure che vi era un’erba velenosa, simile all’apiastro che dava il σαρδάνιος γέλως. Questa tradizione quindi presenta una spiegazione del riso sardonico, fra le tante che furono date nell’antichità, che non è quella di Timeo (Jacoby, F 64), il quale lo spiegava col fatto che i vecchi che avevano vissuto sufficientemente erano gettati dai figli nei βόθροι, dove sarebbero stati seppellitie morendo ridevano, ma quella di Sileno (cf. Suid. s. v. σαρδάνιος γέλως), scrittore che ben conosceva le cose cartaginesi. Questa tradizione infine sa che la Sardegna è infetta dalla malaria (Paus. X, 17, 11, Sil. It. XII, ν. 372)e ancora che il N. dell’isola è abitato da fuggiaschi chiamati βάλαροι (Sall. fr. 2 Rylands, Paus. X, 17, 9).
13In questa tradizione inoltre il primo nome greco della Sardegna era Ichnusa (Paus. X, 17, I; Sil. It. XII, ν. 355; Sall. f. 2, Sol. IV, I). Ora dal momento che questo nome si ritrova anche in mir aus. 100, che si è sempre considerato timaico25, si è pensato di avere qui una notizia timaicae questo ha anche aiutato a confondere le due tradizioni. Ma in realtà Plin. Ν. H. VII, 85 attesta che il nome dell’isola era Sandaliotis in Timeo, Ichnusa in Myrsilo:e Solino IV, I attesta che il nome era in Timeo (F 63) Sandaliotis, in Sallustio Ichnusa. È probabile allora che, come ha già visto il La Penna (26e l’esame del passo stesso confermerà, mir. aus. 100 non risalga direttamente a Timeo. Si può quindi abbandonare l’ipotesi del Mullenhof di un errore in Plinio,e concludere che il nome che dava Timeo all’isola era appunto Sandaliotis, e che Ichnusa sia un nome più tardo.
14L’altra tradizione che, purtroppo, non cita chiaramente il nome dell’isola, ha invece presente una situazione in Sardegna che viene a mutare per l’arrivo dei Cartaginesi, i quali sembrano costituire in essa il punto di rottura di un equilibrio prima stabilito. Essa non conosce successioni migratorie, ma solo Aristeo (Diod. IV, 82)e Iolao con i Thespiadai (Diod. IV, 29, 30; V, 15)e senza gli Ateniesi, dimostra un interesse etno-logico-politico, profondamente dominato, come è pure stato rilevato27, da una concezione di un progressivo «decadimento» (Diod. V, 15). Essa, che pure come si vedrà non è del tutto omogenea, si differenzia dunque profondamente da quella precedente,e per le notizie che trasmette,e per il tipo di racconto che propone.
3. LA TRADIZIONE DI SALLUSTIO-PAUSANIA
15Se dopo aver così distinto i due filoni principali, passiamo ad esaminare più da vicino il primo, vedremo che in esso sono presenti più livelli. Herakles entra in gioco due volte, per così dire, una volta come padre di Sardo ed assimilato a Μακερίς, cioè chiaramente al Melkart cartaginese; ed una seconda volta come zio di Iolao. Come ha ben visto il Momigliano (28abbiamo qui le due tradizioni, la greca che conosceva una coppia Herakles/Iolaoe la cartaginese, che avevà una coppia Melkart-Sardò. Il fatto che Paus. X, 17, 2 dica Σάρδος ὁ Μαϰέριδος,’Ηραϰλέους δὲ ἐπονομασϑέντος ὑπò Αιγυπτίων ϰαὶ Λιβύων, dimostra chiaramente appunto che si tratta d. i una tradizione che deve essere stata diffusa dai Cartaginesie permette di datare così questa notizia al momento cartaginese. Norace, eponimo di Norae suo fondatore è dato come figlio di Hermese della ninfa. Erizia, che sappiamo peraltro esser figlia di Gerione: questo, per il fatto che un eroe eponimo viene iscritto in un contesto greco (Hermes, Erizia, Gerione), piuttosto che ad. una origine puramente fenicia, potrebbe non far escludere l’ipotesi del Dunbabin (29che l’arrivo di Norace in. Sardegna fosse già presente nella Gerioneide di Stesicoro: è noto infatti che probabilmente Himera, con una delle coniazioni argentee più antiche tra le città greche d’occidente (30può essere stata interessata anche, oltre che a Tartesso, alla Sardegna. In ogni caso la notizia presuppone la conoscenza di Tartessoe va collocata quindi, a dopo la metà del VI sec.31.
16Aristeo viene con Dedalo, ma la funzione di entrambi non è chiara; secondo Pausania nessuno dei due fonda città, ed anzi a Pausania sembra del tutto assurdo che Aristeo, che ha sposato Aut. on. oe figlia di Cadmo sia potuto venire con Dedalo. Sembra quindi che qui Pausania segua una tradizione che non sa spiegarsi. Eppure Dedalo, che comparirà anche,e vedremo perché, in una delle tradizioni dell’altro filone, è già una spia per pensare ad. una rielaborazione ateniese. Egli è infatti un eroe prettamente ateniese32 ; gli stessi rapporti con. Calcide, sottolineati dal Toepffer33, devono risalire probabilmente a un momento di rapporti buoni di Atene con Calcide. Del resto Virgilio, come è noto, ricorda la presenza di Dedalo a Cuma (Aen. VI, 14)e Servio, che racconta, seguendo Sallustio (in Aen. ad. loc.) che Dedalo arrivò lì dalla Sardegna, descrive le raffigurazioni fatte da Dedalo per il tempio di Apollo: è notevole che in essa abbiano una gran parte gli Ateniesie Teseo34. Viene quindi il sospetto che Dedalo sia un portato ateniese nella tradizione: è notevole ritrovarlo tanto nella tradizione di Cuma, dove Atene pure si sostituirà ai Calcidesie agli Euboici, che in. quella sarda.
17Ma il dato più interessante è la parte che in questa tradizione viene ad avere Iolao : egli qui non conduce Thespiadai, ma Thespiei (cioè un termine specifico, si appiattisce in un dato storico),e soprattutto conduce Ateniesi. La cosa è ancora più notevole, ove si confronti Paus. X, 17, 5 dove si dice che questi formano la τετάρτη μοίρα dell’isola, con quanto viene detto precedentemente da Paus. II, 29, 5: qui si precisa che i greci fecero insieme la guerra di Troia,’Αϑηναίων δὲ ἰδία μέτ’’Ιολάου τε ές Σαρδώ..., a VII, 2, 2 ancora si dice, dopo aver parlato della colonizzazione di Neleo figlio di Codro a Mi-leto, che questa però non era stata la prima colonizzazione degli Ateniesi; infatti ἀρχαιότατα gli Ateniesi condotti da Iolao con i Thespiei erano andati in. Sardegna; ancora a. IX, 23, 1 si nega che la tomba di lolao sia a Tebe, affermando che egli è morto in Sardegna: si cerca cioè di negare che Iolao sia un eroe Tebano-beotico,e si insinua una tradizione diversa che era già in Didimo (cf. Schol. Pind. Nem. IV, 32). Oltre al tentativo di storicizzazione, diverso da quello che troveremo nei passi diodorei, c’è un tentativo d. i mettere gli Ateniesi in primo piano.
18Inoltre Pausania specifica che gli Ateniesi fondarono Ogryle, i Thespiesi Olbia. Queste notizie dimostrano una conoscenza della zona Ν dell’isola, che la tradizione che esamineremo dopo, di Diodoro (V, 15) sembra escludere; ed inoltre qui (Paus. X, 17,6) si dice che il Tirso faceva da confine tra indigenie grecie che pertanto tra loro non vi fu mai ragione di discordia: non è da escludere che Pausania, che conosce bene la Sardegnae quindi tutto il corso del Tirso, volesse realmente indicare la zona Ν dell’isola; ma non è improbabile, come propone il Gras35, dato che gli antichi conoscevano bene piuttosto la zona della foce36, che stia facendo qui confusione, ed alluda alla zona pianeggiante Sud, di cui il Tirso segna appunto il confine settentrionale. Il dato è complicato ulteriormente dal fatto che Olbia è fondazione punica37 : si hanno resti di IV sec. e qualcosa di V38. La menzione di Olbia è spiegabile esclusivamente, se appunto Olbia è fondazione di IV sec., con i rapporti Atene-Massalia di quel periodo, come ha già visto il Pais39. Peraltro il ricordo di Ogryle, che Pausania dà come un, demo ateniese ο come denominato da un Όγρύλος che avrebbe preso parte alla colonizzazione, trova eco in Steph. Byz., s. ν.’Αγραυλή, che dice che si tratta di una αποιϰία ateniese in Sardegna, che avrebbe preso il nome da una figlia di Κέϰρωψ. Questo insieme di notizie quindi è di fonte ateniese: come tale la notizia sulla fondazione di Olbiae di Ogrylee la conoscenza della Sardegna settentrionale, non è che una tarda eco in IV sec., dovuta ai buoni rapporti con Marsiglia40, di una tradizione ateniese, nata con ogni probabilità in V sec., quando appunto vediamo Atene arrivare nel Tirreno: così la tradizione di Ateniesi guidati da Iolao in Sardegna assomiglia molto alle tradizioni che abbiamo a proposito dei Bottiei, (Plut. Thes. 16,3), con i quali gli Ateniesi sono messi in rapporto con una analoga operazione di svuotamento interno delle precedenti tradizioni. Plutarco (Thes. 16,3 = Arist. fr. 485 Rose; cf. Plut. Q. G. 25) dice infatti che da Creta partì verso Delfi una colonia composta di Cretesie di discendenti di quei giovani che Atene mandava a Minosse come tributo: questa colonia, non. trovando di che vivere a Delfi andò prima in Iapigiae poi in Tracia nel paese che fu detto Bottiea.
19Che il V sec. sia proprio il periodo in cui Atene si proietta verso occidente è noto : basterà qui ricordare quanto già da altri messo in rilievo: la datazione alta del trattato tra Segestae Atene proposta dal Raubitschek al 458-7 (41 ; la ridatazione di quello tra Reggioe Atene proposto dall’Accame (42 ; la presenza di Diotimo ateniese a Napoli attorno al 460, secondo la data proposta da E. Lepore (43 ; i rapporti di Diotimo con lo storico Damaste messi in evidenza dal Mazzarino43a. Alla luce di questo non è impossibile che anche l’arrivo degli Iliesi in Sardegna che in Paus. X, 17, 5 vengono subito dopo lolao (cf. Sol. IV, 2), sia stato un prodotto inizialmente della propaganda ateniese; già altri (44ha avanzato l’ipotesi che lo stesso mito di Enea possa essere stato diffuso in Occidente in V sec. proprio dagli Ateniesi. Tuttavia il rilievo ad. essi dato in questa tradizione, che tanto risente della presenza romana nella sua ultima stesura, può esser dato piuttosto da una propaganda cesariana, ο comunque legata alla casa giulia,e testimoniata anche da monete della prima età imperiale45. Il V sec. ateniese, è il necessario momento per la rielaborazione di queste tradizioni, rielaborazione che non rimane isolata: al caso dei Bottiei si può ancora aggiungere l’attribuzione della fondazione di Cuma agli Ateniesi (Vell. I, 4, 1) ;e la trasformazione di Thoukles, fondatore di Nas-so in ateniese (Ephor. Jacoby 70, F 137 = Strabo VI, 267 C). Inoltre è proprio questo il periodo in cui si nota un interesse anche letterario per la Sardegna. Sia Simonide (fr. 568 Page), sia Sofocle46, nel Daidalos, davano una spiegazione del « riso sardonico » legata a Talose alla Sardegna, dove avrebbe fatto morire molti. Il detto era noto anche ad Eschilo (47(fr. 455 Ν = 769 M), che lo spiegava col fatto che i Sardi sacrificavano a Crono i vecchi superiori a settanta anni, ridendo perché non ritenevano convenientie lacrime. Ancora si può aggiungere che gli Heraklidi di Euripide, rappresentati nel 427 trasferivano ad. Atene, come dimostrato dal Wilamowitz48, un mito legato ai Ma-ratoniie alla Beozia,e in cui aveva una grande importanza Iolao, che, eroe di origine micenea come si vedrà, era fissato a Tebe,e che invece da Euripide veniva accostato a Teseo.
20È ben probabile quindi, alla luce di tutto ciò, che nel V sec. ad. Atene siano stati rielaborati molti motivi precedenti: la stessa menzione di Sardoe Μαϰηρὶς si spiega bene in un momento in cui Atene nel Mediterraneo stringeva alleanza anche col mondo non greco, specie durante la spedizione in Sicilia49.
21In ultima analisi questo filone della tradizione è tardoe rispecchia da una parte il momento dell’arrivo dei Romani, con le notizie geografiche più precise sull’isola,e forse con l’importanza data agli Iliesi, (che però è probabilmente ripresa di propaganda precedente), dall’altra risale alla propaganda ateniese di V sec. con stratificazioni anche di IV (Olbiae Ogryle). Più che aiutare alla ricostruzione dell’arrivo greco in Sardegna, questa tradizione documenta dei vari modi in cui si è articolata la politica ateniese stessae conferma i rapporti da essa intrattenuti con i vari « abitanti » del Mediterraneo occidentale in questi due secoli. È probabile che vari mitografi, forse lo stesso Eforo, che pure sembra essersi occupato del rapporto Herakles-Thespios, abbiano avuto parte nella rielaborazione: determinare quale sia tuttavia la fonte ultima da cui deriva tutta questa tradizione, è cosa che esula, peraltro, dai fini di questo lavoro50.
4. LA TRADIZIONE DIODOREA
22Se si passa all’esame dell’altra tradizione, nelle sue articolazioni, si avrà da una parte conferma dell’interesse ateniese in V sec. per i « miti » collegati a questa zona dall’altra si riescono a recuperare, attraverso una lettura attenta, dei livelli parecchio più antichi. Il primo problema è quello di distinguere in questa tradizione, che il Pais (51voleva tutta risalente a Timeo, quello che non è timaico,e quindi rintracciare le possibili fonti timaiche. Conviene, a tal fine, esaminare singolarmente i vari passi. In Ps. Ari-st. mir. ausc. 100 si dice che in Sardegna sono grandi monumentie costruzioni; queste erano opere di Iolao, figlio di Ificle, che aveva condotto qui i Thespiad. ai, figli di Hera-kles. Questo è un dato che ritroveremo in particolare in Diod.. V, 15, dove pure direttamente a lolao è attribuita la costruzione dei primi edifici. Il passo prosegue dicendo che l’isola si chiamava prima "Ιχνουσα per il fatto che era simile all’impronta di un. piede umano. Era anche molto fertile, εὐδαίμων δέ ϰαὶ πάμφορος,e infatti μυϑολογοῦσιν che qui venne Aristeo, ὅv φασι γεωργιϰώτατον εἶναι: qui i toni, come vedremo, sono chiaramente timaici,e si può esser quindi quasi sicuri dell’attribuzione a Timeo della presenza di Aristeoe lolao nel’isola. Il dato invece del nome dell’isola è piuttosto incerto: come si è detto precedentemente, sappiamo infatti da Plinio Ν. H. III, 85, che il nome "Ιχνουσα risaliva a Mirsilo: sembrerebbe quindi che qui non si abbia direttamente Timeo, ma Timeo con « aggiunta ». E che sia proprio così lo dimostra il paragrafo seguente, in cui è detto che la Sardegna, una volta fertile, non. produce ormai più nulla, διὰ το ϰυριευ-ϑεῖσαν ὑπò Καρχηδονίων ἐϰϰοπῆναι πάντας τούς χρησίμους εἰς προσφορὰν ϰαρπούς, ϰαὶ θάνατον τὴν ζημίαν τοῖς ἐγχωρίοις τετάχϑαι, ἐάν τις τῶν τοιούτων τι ἀναφυτεύη.
23Come ha ben visto il Momigliano (52qui siamo di fronte ad uno schema etnografico usato per introdurre una legge punica, che doveva vietare tali culture, cosa nota per altra via. Tale schema etnografico è presente certamente in Diod. IV, 29, 6, ma. tra i due passi non c’è assolutamente identità. Quest’ultimo non sottintende la legge esplicitata in mir. ausc. 100, dal momento che vi si dice che la Sardegna proprio per la sua eukarpia, divenne περιμάχηοςe i Cartaginesi spesero molte delle loro forze per occuparla: c’è qui dunque una εύκαρπία che si vuol conquistaree niente affatto distruggere. Inoltre Diodoro IV, 29 si inserisce in un contesto che vuol negare, come vedremo, la presenza cartaginese in Sardegna (nel senso che sottolinea l’indipendenza mantenuta, dagli abitanti), quindi non vi può essere identità con l’autore di ϑαυμάσια. È chiaro peraltro, che questi utilizza largamente la tradizione etnograficae mitica, a lui precedente. Ora dal momento che egli chiama la Sardegna "Ιχνουσα,e noi sappiamo che questo nome era quello dato all’isola da. Mirsilo, non rimane che pensare, che qui ci sia. una tradizione sì risalente a Timeo, ma rielaborata da questo scrittore ellenistico, autore anch’egli di θαυμάσιαe cronologicamente forse non molto distante da. Timeo53.
24I capitoli diodorei IV, 81-82 trattano delle vicende di Aristeo, della sua nascita da Apolloe Cirene, ninfa originaria del Pelio poi trasportata dal dio in Libia, della sua educazione da parte della ninfa, del suo ritorno in. Beoziae del suo matrimonio con Au-tonoe figlia di Cadmo, della morte di Atteone,e del passaggio di Aristeo a Ceo (IV, 82), del suo allontanarsi dall’isola:e qui già appaiono i toni timaici, in particolare nell’espressione ϑαυμάσαι το της περιπετειας ἴδιον, che difficilmente può considerarsi diodorea (54(cf. Diod.. IV, 9, 7). Segue poi l’arrivo di Aristeo in Sardegna; la sua azione è rappresentata come quella tipica appunto di una divinità della vegetazione. Aristeo ha inoltre anche due figli, Χάρμοςe Καλλίκαρπος, che rafforzano con. i loro nomi la figura del dio come dio della vegetazione, indipendente da Apollo. I colori non sono molto diversi da quelli che ritroviamo in. un altro passo di Diodoro (IV, 21) di sicura’dipendenza timaica (a IV, 21, 7 è citato Timeo = Jacoby 566 F 89), a proposito dell’azione di Herakles presso Cuma, dopo la battaglia con. i Giganti: anche qui c’è infatti il tema dell’ἐξημερῶσαι compiuto dall’eroee della terra fertile che diventa περιμάχητος (cf. anche Strabo V, 4, 4, 243 C). È quindi quasi sicuro che questi capitoli siano dipendenti da Timeo. Timai-co, certamente, come ha già visto lo Jacoby (55e dopo di lui il Brown (56è V, 15: innanzitutto il passo si inserisce in un insieme di capitoli che in. Diodoro risalgono certamente a Timeo, che è citato esplicitamente a V, 6, 2e V, 6, 4. Anche il dato sulla grandezza della Sardegna in. V, 15, 1, richiama quanto sappiamo sulla conoscenza timaica della grandezza dell’isola (Jacoby 566, F 65). Qui si racconta come la Sardegna, vicina per grandezza alla Sicilia sia abitata da barbari, i quali discendono da quei Thespiadai che si stabilirono qui con Iolao. Un oracolo dato ad Herakles (ci troviamo di fronte non ad. un oracolo di colonizzazione, ma ad un oracolo dato direttamente ad un dio), gli aveva infatti ordinato di mandare una colonia (ἀποιϰία) : questa fu formata dai Thespiadai con Iolaoe da una δύναμις άξιόλογος di Ἒλληνεςe βάρβαροι,. Iolao divide ai λαοί le terre, costruisce γυμνάσιαe templi agli dei,e tutto quanto rende felice la vita agli uomini. Occupa i ϰάλλιστα πεδία, che prendono da lui il nome di Ίολάεια. L’oracolo di fondazione della colonia aveva anche profetizzato che la colonia sarebbe stata sempre indipendente. Il racconto prosegue quindi anche qui con uno schema etnologico, che narra del progressivo rifugiarsi degli abitanti in spelonche sotto terra per sfuggire all’invasione cartaginese; il loro passare da un tipo di alimentazione ad. un’altra, che sembra rispondere allo schema agricoltura/nomadismo, inteso però come mezzo di difesa. I Cartaginesi, secondo questa tradizione, non sarebbero mai riusciti vincitori,e i Greci avrebbero mantenuto la loro indipendenza. Iolao ritornò in Grecia (e si conferma la tradizione che voleva la sua tomba a Tebe, cf. Schol. Pind. Pyth. IX, 137-138); i Thespiad. ai dopo un certo numero di generazioni passarono dalla Sardegna in Italiae si stabilirono a Cuma. Il πλῆϑος a questo punto imbarbarisce,e mantiene la sua libertà.
25Sono presenti quindi motivi etnograficie motivi d. i lenta degradazione. È interessante notare, che questo stesso svolgimento si trova a proposito delle Lipari (Diod. V, 9)e a. proposito di’Υλλιϰή, fondazione di ῞Υλλος, figlio di Herakles (e si torna così di nuovo ad. Herakles) in Dalmazia, pure in un frammento timaico (Jacoby 566, F 77). È chiaro quindi che qui abbiamo di fronte Timeo: la sua ottica è quella d. i chi si pone anteriormente alla conquista cartaginese in Sardegna57, di strenua difesa degli interessi greci. Non meraviglia se si tiene presente che è proprio a Timeo che risale il passo d. i Giustino in cui è narrata l’infelice spedizione di Malco (Iust. XVIII, 7). La colonia è rappresentata felicee libera, ma in fondo stroncata sul nascere per le continue guerre; si prospetta uno strano rapporto con βάρβαροι, che sono sia quelli che prendono parte alla colonizzazione, sia quelli esistenti lì, i Sardi stessi. E l’impressione che si ha è proprio che dietro ai Greci quella descritta è la resistenza opposta dai Sardi ai Cartaginesi58.
26Dall’esame d. i questi tre passi sembra quindi potersi concludere che IV, 81-82e V, 15 derivano direttamente da Timeo; mir. ausc. 100 è invece una rielaborazione da Timeo di Mirsilo ; nella tradizione timaica l’isola quindi non. si chiamava ῞Ιχνουσα ma probabilmente Sandaìiotis 59 ; vi arrivava Iolao con Thespiadai, costruiva città con ginnasie templi degli dei,e altri monumenti che portavano il suo nome; dava il suo nome agli abitanti. Vi arrivava anche Aristeo, che era considerato causa della εύκαρπία dell’isola. I Thespiadai dopo un certo numero di generazioni passavano a Cuma. Questa tradizione quindi ignora gli Ateniesi,e lascia a Thespie con. i suoi Thespiad. ai tutta la sua importanza. Ora questa tradizione di Timeo, che dà importanza direttamente a Thespie, non conosce ancora l’occupazione cartaginese in Sardegna,e dà un oracolo che è tutto legato alle lotte che furono combattute appunto durante il VI sec., è certamente più antica di Timeo. La notizia che i Thespiadai passarono a Cuma è la spia per pensare che si abbia qui una utilizzazione della « Cronaca Cumana » : ed infatti Hyperochos (Jacoby 576, F 3 = Festus 266 M), dice. «.. Athenis quosd. am profectos Sicyonem The-spiasque, ex quibus porro civitatibus ob inopiam domiciliorum compluris profectos in ext. ern. as regiones, delatos in Italiani, eosque multo errore nominatos Aborigenes... ». È chiaro quindi che il tardo compilatore, il quale confondendoe trasformando questi Greci in Aborigeni, parlava della più antica colonizzazione dell’Italia, conosceva un arrivo da Thespiee da Sidone di coloni in Italia59a. È noto che la cronaca cumana fu probabilmente rielaborata sotto influsso di tradizioni più tarde (pur essendo più antica)60, e questo spiega la citazione degli Ateniesi. È però interessante il modo in cui essi sono introdotti: si tratta di Ateniesi andati a Thespiee a Sicione, che eventualmente avranno fatto parte dell’ἀποιϰία, ma è a Thespiee a. Sicione che è lasciata l’iniziativa. Si ha quindi la prova che la cronaca cumana conosceva i Thespiadai, ed è evidente che li conosceva a Cuma. Viene confermata così non solo la notizia timaica in sé, ma anche ciò che è molto più importante, che Timeo raccoglieva una tradizione di Thespiadai, provenienti da. Thespie in Beoziae arrivati a Cuma: egli cioè raccoglieva delle tradizioni che dovevano risalire appunto all’arrivo degli Euboici.
27L’esame di Diodoro IV, 29-30 rivela molti strati anch’esso, ma alcuni molto antichi, come si vedrà. Il Pais (61lo credeva derivato direttamente da Timeo anch’essoe considerava che Diod.. a V, 15 avesse abbreviato diversamente che a IV, 29-30. Sia. lo Schwartz (62che lo Jacoby63, invece non ritengono timaici i passi,e lo Schwartz pensa ad un mitografo, che sarebbe alla base di tutto il libro IV diodoreo.
28I passi sono qui di estrema importanzae conviene farne quindi una analisi molto dettagliata. Va precisato che essi si inseriscono in un libro diodoreo che è dedicato quasi interamente alla vicenda di Herakles: Diodoro all’inizio dice che narrerà le vicende seguendo i più antichi scrittori,e sebbene non sia da escludere che egli in qualche caso abbia attinto direttamente ad. una fonte (e lo si è visto per IV, 81-82), dato il suo modo di lavorare, è abbastanza probabile che egli si sia qui servito di tradizioni intermedie. inoltre i cap. IV, 29-30 costituiscono una «doppietta» rispetto a V, 15 (= Timeo); in questi casi, in genere, Diodoro semplicemente ripete, senza accorgersene gli stessi fatti attingendo a due fonti diverse: questi dati di ordine generale vanno tenuti presenti quindi nell’analisi. A IV, 29 Diodoro racconta come un oracolo avesse prescritto ad Hera-kles, che prima di venir assunto tra gli dei, era necessario che inviasse una colonia in Sardegna,e che capi di questa colonia fossero i Thespiadai. Herakles, in ottemperanza all’oracolo avrebbe inviato i Thespiadai. Si racconta così che Herakles ἒτι παιδòς ὄντος era venuto da Thespios, figlio di Eretteoe re della χώρα omonima,e questi, desiderando avere una buona discendenza, lo aveva fatto unire alle sue 50 figlie. Erano nati quindi 50 figli, che sono quelli che andarono in Sardegna. Di questi tuttavia 2 rimasero in Beoziae andarono a Tebe, ὧν τοὺς ἀπογόνους φασὶ μέχρι τοῦ νῦν τιμᾶσϑαι, altri 7 rimasero a Thespiee furono chiamati δημοῦχοιe i loro discendenti ancora la governano. Segue a questo punto la «dichiarazione» dell’ἀποιϰία, aperta a chiunque volesse parteciparvi (IV, 29, 5): τούς δὲ λοιπούς ἂπαντας’Ιόλαος ἀναλαβών ϰαὶ τούς ἂλλους τούς βουλομένους ϰοινωνεῖν τῆς αποικίας, επλευσεν εἰς τὴν Σαδρόνα. A questo punto il racconto riprendee si dice come Iolao, vinti in battaglia gli indigeni, divise le terre, occupò la parte più bella dell’isola, cioè quella pianeggiante, « che ancora conserva il suo nome ». Segue quindi una notizia molto simile a quella che abbiamo trovata in Diod.. a proposito di Aristeo, cioè si dice che egli ἐξημερώσας την χώραν vi avrebbe piantato alberi da frutto; l’isola sarebbe divenuta rinomata per la sua εὐϰαρπία (lo stesso motivo che si intravvedeva, sempre a proposito di Aristeo in mir. ausc. 100, ma con la differenza su citata); così che i Cartaginesi si impegnarono in molte lotte per averla. Il capitolo chiude con un rinvio al luogo in cui più opportunamente si parlerà di queste cose, luogo che in Diodoro manca,e che dimostra che copiava la sua fonte senza ben far attenzione. Nel capitolo successivo (IV, 30) si racconta come Iolao fece venire Dedalo dalla Siciliae come abbellì l’isola di opere bellissime, chiamate Δαίδαλα : è quindi a Dedalo che si attribuisce il merito delle costruzioni. Tali edifici costruiti da Dedalo sono qui γυμνάσια come nell’altro passo, ma non templi, bensì διϰαστήρια. Iolao avrebbe dato anche il suo nome ai λαοί, che gli avrebbero concesso questo onore,e gli abitanti presero quindi a venerarlo come’Ιόλαος πατήρ. Si inseriscono a questo punto (IV, 30, 3) una serie di notizie, che sono chiaramente dello stesso Diodoro: si dice cioè come Iolao sarebbe passato in Sicilia, dove sarebbe stato oggetto di culto in molta parte dell’isola: è chiara qui la eco d. i quanto raccontato da Diod. a IV, 24, 4 circa il culto di Iolao ad Agyrio instaurato da Herakles. Il racconto quindi riprende (IV, 30 4), secondo uno schema, che ancora se è simile a V, 15, non è identico. Ritorna anche qui il dato dell’oracolo che avrebbe promesso la libertà alla colonia,e la meraviglia per come si sia avverato. Segue il motivo dell’imbarbarimento che qui è presentato in maniera 75 molto diversa: infatti si dice che esso fu causato dal gran numero di βάρβαροι, che avevano preso parte alla άποικία. Questo portò al fatto che gli Iolei abbandonarono l’agricoltura, passarono alla pastorizia, si diedero ad. un regime alimentare diverso, presero a vivere in caverne. L’arrivo dei Cartaginesi li trova già in. questo stato di « barbarie », ed anzi è proprio questo loro vivere « nomadi », che consente loro di mantenere la libertà. Si potrebbe dire quindi che ad uno schema di degradamento, ma visto anche in una ottica politica (gli Iolei si ritirano nelle caverne per difendersi dai Cartaginesi, passano ad un tipo di vita diversa, quindi imbarbariscono anche per la partenza dei Thespiadai), se ne sostituisca uno che potremmo dire piattamente « sociologico », alimentato, semmai dal disprezzo per i βάρβαροι partecipanti alla ἀποικία..
29La tradizione è simile quindi a quella timaica, ma con dei dati in più da una parte (c’è tutta la storia dei Thespiadai), con alcuni in meno (manca la partenza dei Thespiadai per Cuma),e delle differenze di fondo. In particolare si può notare come il racconto dei Thespiadai, che è come una parentesi, pur mantenendo che è da Thespie che parte questa colonia, aggiunge che Thespio è figlio di Eretteo, sottolineando così una «parentela» con Atene: siamo qui molto vicini allo spirito del passo di Hiperochos prima citato, ο per passare a « miti » differenti, a Theocle che diventa ateniese in Eforo. Cioè siamo vicini ad. un periodo in cui certe tradizioni sono ancora abbastanza vive ed Atene non può permettersi di attribuire a se stessa in prima persona la colonizzazione, ma tenta per così dire di svuotarla all’interno. Le notizie di IV, 29, 2-3 relative a Thespie sono molto precise: conoscono bene il mito in una delle sue varianti; conoscono dei magistrati thespiei che sono i δημοῦχοι, probabilmente molto antichi, come si vedrà,e addirittura prefigurano un periodo in cui Thespie doveva essere più importante di Tebe se mandava dei suoi magistrati lì. È quindi probabile che le notizie provengano da un autore ateniese, che rielaborava tradizioni beotiche: per questo abbiamo dei termini cronologici precisi, datici dall’alleanza tra Thespie ed Atene che va dalle guerre persiane fino al 449 a. C., anno in cui Thespie è di nuovo partecipe della lega beotica. È questo il periodo in cui si spiega anche una ripresa di tradizioni « Thespiesi » contrapposte a a quelle tebane.
30Questa tradizione, quindi, si colloca in quel clima in cui Ellanico, poteva parlare di un eroe thespieo Stefaneforo, il cui heroon sarebbe stato appunto ad Atene (Jacoby 4, F 3),e che non è conosciuto da altre fonti64 : non è da escludere, forse, che possa esser stato Ellanico stesso nei suoi Boiotiká ad aver raccolto questa tradizione thespiea, sulla quale si avrà modo di ritornare in seguito. Dopo la parentesi il racconto proseguiva con chiari accenti timaici, come si è visto: è però notevole che vengano attribuite a Iolao una serie di opere, quali l’introduzione di culturee di alberi, che sembra invece Timeo attribuisse ad Aristeo (cf. Diod. IV, 82e mir. ausc. 100); ritorna proprio qui Ι’ἐξημερῶσαι che a IV, 82 vedevamo attribuito ad. Aristeo. Il seguito del racconto dà la spiegazione di ciò: Iolao fa venire Dedalo ed è Dedalo a costruire i grandi monumenti che a V, 15 troviamo attribuiti a Iolao (cf. anche mir. ausc. 100); ancora mentre a V, 15 Iolao costruisce ναοί qui costruisce διϰαστήρια,e questo particolare non può di nuovo non far pensare ad Atene: si ha insomma l’impressione che tutto il resto del racconto sia così una rielaborazione di Timeo (e si spiega così il rinvio alla storia delle guerre con i Cartaginesi inesistente in Diodoro) da parte di un. autore che vuol mettere in bella luce gli Ateniesi, ma non vuole immettere nel suo racconto particolari nuovi,e si limita così a sotituzioni. Perciò scompare Aristeoe subentra Dedalo. Timeo però non è qui del tutto abbandonato,e anche lo schema etnografico è abbastanza vicino a quello ti-maico. Diodoro, insomma, seguiva qui una tradizione libresca, ateniese che univa ad una tradizione timaica, una pretimaica, forse risalente ad Ellanico, ben conscia di fatti Thespiei.
31Se ritorniamo infatti all’analisi di IV, 29, 2-3, risultano ancora altre cose che dimostrano come questa tradizione, che conosce fatti Thespiei sia però più antica. Il rapporto Thespie-Tebe così come è qui configurato, non può rispecchiare tout-court fatti di inizio V sec. C’è da ripercorrere rapidamente i dati che abbiamo sulla formazione della confederazione beotica per convincersene. Anche se più recentemente (65si è voluto vedere il sorgere della confederazione beotica non come imposto da Tebe65a ma come liberamente voluto dalle varie città, rimane importante per noi, da una parte che Tebe non esiste in quanto tale nel Catalogo delle navi, e che il crescere della sua potenza avviene nel corso del VII sec : quando è senz’altro la città più importante della Beozia, dopo molte guerree in particolare contro Orcomeno. In questo periodo Tebe deve aver già stretto rapporti con le città del Sud. : anche il Buck (66che è appunto per una datazione bassa della formazione della lega, è propenso a vedere in esso il nucleo originario. Nella guerra contro Orcomeno, di cui la vittoria sugli Hyetti è un episodio, recentemente rilevato da una epigrafe rinvenuta ad. Olimpia67, Tebe strinse appunto alleanza con città del Sud, come sembrano testimoniare una serie di miti legati ad Antiope (68 : che Thespie rientrasse in questo ambito è dato dalla notizia, di origine aristotelica (fr. 565 Rose = Schol. Procl. in Hesiod. op. 631) che Ascra fu distrutta da The-spiee che i suoi abitanti cercarono rifugio ad Orcomeno: qui sarebbero state trasferite anche le ossa di Esiodo : anche se la notizia del trasferimento delle ossa del poeta — conosciuta peraltro anche in altre versioni (cf. Paus. IX, 38, 3; Plut. Sept. sep. conv. 13) — è sembrata ad alcuni sospetta68a, l’inimicizia Orcomeno-Thespie presente in questa tradizione, ben si inquadra in quel poco che sappiamo della Beozia di questo periodo69. Sembra quindi che Thespie sia stata legata a Tebe ad. una data abbastanza alta. Questo ci è confermato peraltro, da una parte da Hdt. V, 79, dove i Tebani ricordano i The-spieie i Plateesi come loro alleati da. sempre,e dall’altro, da un passo di Heraklide Lembo, (fr. 76 Dilts), dove si dice che ai Thespiei non era permesso né esercitare alcuna τέχνη né la γεωργία: questo provocò il loro impoverimentoe la necessità di essere aiutati da Tebe. Se non è possibile vedere con certezza, col Buck70, in questo passo elementi per datare il passo al momento dell’avvento dell’oplitismo, quando Thespie, basata su una aristocrazia sempre più ristretta, non avrebbe saputo come far fronte ai nuovi problemi militari, si può invece notare come la negazione delle τέχναιe della γεωργία si collochi in una ottica opposta a quella esiodea di valorizzazione invece sia della γεωργία, che del lavoro, la quale si pone forse come contrapposizione ad una etica in cui al nobile era vietato il lavoro70a. Se ci poniamo da questo punto di vista, la notizia d. i Heraklide Lembo può esser collocata all’epoca esiodea,e può ben essere la testimonianza di una oligarchia che si va restringendo, che rifiuta il lavoro della terra,e che probabilmente tale lavoro delega a quei barbari, Temmici, Yantes, noti ad Eforo (Ja-coby 70, F 118) ed. Ecateo (Jacoby 1, F 119), che forse poi sono gli stessi βάρβαροι, che troviamo presenti nella colonizzazione. Tutti questi dati porterebbero quindi a datare l’alleanza Tebe-Thespie già nel VII sec. Tale alleanza durò fino alle guerre persiane, quando Thespie fu distrutta dai Persiani appunto,e ricostruita con l’aiuto di Atene: ad Atene rimase alleata fino al 449: a questo punto Thespie rientra nell’orbita tebana; ma Tebe accusandola di parteggiare per Atene ne distrusse nuovamente le mura nel 423; nel 378 fu occupata da Spartae nel 371 distrutta da Tebe70b. Il periodo di maggior importanza di Thespie va posto quindi tra VIIIe VII sec. : è solo quello il periodo in cui può esser nata una tradizione dei Thespiadai che muovono da Thespie a Tebe. Nell’analisi del passo diodoreo, va tenuto presente che la notizia ricorre anche in Apollo-doro II, 7, 6 dove si dice che i Thespiadai mandati a Tebe erano 3: siamo quindi, come ha giustamente ha osservato la Broadbent70c, di fronte ad una tradizione diversa, che conferma la precedente. Questi Thespiadai vanno spiegati in parte, con riferimento a Plut. Arisi. XI, 2 dove sono tramandate le 7 divinità protettrici di Platea71. Che la loro presenza a Tebe vada spiegata, come propone la Broadbent72, con il parallelo con i Naupliadaie gli Asineati di Argo, pare difficile: i due gruppi sono presenti ad Argo a seguito di un sinecismo, che tra Tebee Thespie non è avvenuto: piuttosto, qui si ha, rovesciato, il fenomeno conosciuto per Focea al momento dell’ingresso nella lega ionica, per cui Pausania (VIII, 3, 10) ci tramanda che dovè accettare due discendenti codri-di. Qui invece si ha una situazione inversa. L’esame stesso del termine δημοῦχοι porta alla conclusione che ci troviamo di fronte a tradizioni notevolmente arcaiche: il termine oltre che qui, ritorna in una glossa di Hesichio, che dice che questo era il nome degli antichi magistrati della cittàe li indica come οἱ τòν δῆμον ἒχοντες. Anche se è difficile precisare se si tratti qui di δῆμος in senso miceneo ο già di δῆμος di tipo arcaico73, fanno propendere per un valore molto arcaico, oltre le valenze dei Thespiadai prima ricordate, il fatto che il termine ritorna in Soph. Oed. Col. 458 come epiteto di divinitàe più avanti come titolo di carattere onorifico (1348 ἄνδρες δαμοῦχοι χϑονός). Le epigrafi di Thespie, per altro, non conoscono questa magistratura. Anche nell’incertezza cui si è costretti dalla scarsità dei dati, sembra quindi che questo termine ci riporti a tradizioni molto arcaiche nate in ambito aristocratico-religioso.
32Tutti questi dati quindi, ci portano a vedere una Thespie alleata a Tebe fin dal VII sec. ; ed in questo contesto le notizie sui Thespiadai δημοῦχοι, a Thespie ed inviati a Te- be, si deve collocare in un momento in cui Tebee Thespie erano per lo meno di ugual potenza: si tratta cioè di tradizioni che sembrano poter essere nate tra la fine dell’VIII sec. e la metà del VII.
33Quindi attraverso le notizie riportate in Diodoro, si viene a recuperare un’antichissima tradizione, risalente per lo meno alla metà del VII sec. a. C., ma forse anche più antica, legata a Thespiee che conosceva dei Thespiadai che erano andati in Sardegna. Si trattava probabilmente della stessa tradizione che raccoglieva la cronaca cumanae che ci ha trasmesso Timeo.
34Una prova dell’antichità di questa tradizione, la si può trarre d’altra parte, ancora nel fatto che la cronaca cumana menzionava i Sicioni. Ora Sicione è stata nemica di Tebe fino all’epoca di Clistene: mentre per il periodo precedente, la leggenda di Antiope, che in una fonte è in. funzione tebana, è corretta in funzione sicionia: tutta questa polemica va posta, come ha dimostrato il Vian73a, in. VII sec. Se la versione thespiea dei δημοῦχοι è da porsi in. un periodo di parità tra, Thespiee Tebee se c’è un rapporto Thespie-Sicione, questo va quindi posto in questo momento.
5. THESPIE, CUMA E LA COLONIZZAZIONE EUBOICA
35L’esame quindi di queste tradizioni « timaiche »e più antiche di Timeo, ci ha portato ad. evidenziare da una parte notizie risalenti a Cuma, dall’altra a Thespie. Possiamo aggiungere qui che quella legata a Thespie si può dire in qualche modo confermata da Steph. Byz. s. ν. Θέσπεια, che conosceva tre Thespie, una in Beozia, una in Tessagliae una in Sardegna.
36Il ritrovare queste tradizioni in ambito beoticoe in ambito euboico, porta quindi ad avanzare l’ipotesi che i Thespiadai giunti in Sardegna siano stati delle « frange » della colonizzazione euboica, gruppi di aristocratici (δημοῦχοι, appunto) beotici che si siano uniti ad essa. A pensare ciò spingono non soltanto, ma sarebbe già importante, il ritrovare i Thespiadai a Cuma, ma anche altri dati. L’εὐϰαρπία di cui si parla per la Sardegna (Diod. IV, 82) è la stessa di cui si parla per Cuma (Diod.. IV, 21, 5 = Timeo, Jacoby 566, F 89; Strabo V, 4, 4 243 C); in entrambi i casi questa εὐϰαρπία rende la terra περιμάχητος: questi se sono temi legati ad. un determinato autore, sono però, anche in questo caso, legati proprio alle due zone particolari in. cui troviamo determinati « personaggi ». In Sardegna infatti, 1’εὐϰαρπία è legata ad. Aristeo,e si è visto come questi non sia qui la. divinità tarda che poi è unita ad Apollo ο a Dionysos, ma una figura indipendente legata all’ambito della vegetazione. E di nuovo a Cuma esisteva il culto di Aristeo (74 : di esso abbiamo una testimonianza epigrafica relativamente tarda (II-I sec. a. C.), proveniente da Lacco Ameno75, e una conferma nel nome della fratria napoletana degli Aristaioi76. Ora Aristeo, dopo la dimostrazione che ne ha dato il Bur-kert, è certamente una antica figura venerata a Phtia ed in Arcadia, con. notevoli connessioni, come si è visto proprio col mondo beotico76a e abbastanza recentemente proprio in Beozia è venuta alla luce una iscrizione che sembra documentarne il culto76b. Ma ancora Thespios, che è dato come figlio di Eretteo in Diod. IV, 29, è secondo Eust. ad. Il. II, 498, 206 figlio di Theutras: questi è re della Theutrania, in Eolide,e riporta quindi alla Cuma eolica partecipe della fondazione di Cuma77 ; ed. il nome è infatti attestato anche in. Cuma Opicia, non solo come toponimo in Prop. I, XI, 11, ma anche come nome di persona in. Sil. It. XI, 288. Questi dati sembrano quindi confermare l’ipotesi su avanzata. I legami d’altra parte di Thespie con questo mondo euboico sono molto stretti. Già Apollodoro nel narrare il mito di Heraklese delle figlie di Thespios, dice che una di esse si chiamava Εὔβοια78 ; Νάρκισσος, Έρετριεύς in Strabone, figlio di Amarynthos (Prop. ad. Verg. Bucol. II, 48; da Acusilao, cf. FHG I, 102), legato cioè ad Eretriae all’Artemide Amarynthia è conosciuto come Thespieo da Eust. ad Il. II, 498, 206. Un mito che risente della rielaborazione ellenistica, risalente a Conone (Jacoby 26, F 1 XXIV) lo univa direttamente all’Eros di Thespie. Non va dimenticato infine che lo stesso Narkissos era venerato ad. Oropo nel santuario di Anfiarao79. Un. culto di Eros, forse con valenza non diversa del tutto da quella che vedremo fra poco per The-spie, era documentato anche a Calcide (cf. Plut. erot. 17; mor. 760-761 AB = Arist. fr. 98 Rose; cf. Page PMG, 873), dove in un carme popolare egli era invocato con lo stesso epiteto λυσιμελής che ricorre in Esiodo, simbolo probabilmente in entrambi i casi di società cavalleresche, dove ha forte importanza il legame ἐρώμενος /ἐραστής79a L’Heracles legato a Thespie, che vedremo meglio in seguito, è un Heracles dattilo, legato alla Demetra mycalessia (Paus. IX, 27, 8). Ora la Demetra mycalessia (Paus. IX, 19, 4), come ha dimostrato il Vian79b legata a Cadmo, è analoga alla Demetra gefyrea (Eust. ad Il. 3, 222, 408; Suid. s. v. δόρυ ϰαὶ ϰερύϰειον),e quest’ultima è strettamente legata ad Eretria (cf. Hdt. V, 57-61). Il legame Thespie-Tanagra è infine ancora ricordato da Ps. Scyl. 495. Thespie è quindi strettamente legata al mondo euboico,e a quello beotico legato all’Eubea. Sidone, che è ricordata invece come partecipante assieme a Thespie di questo passaggio verso occidente, doveva costituire assieme a Thisbe, cui era strettamente legata80, l’altro sbocco sul mare di Thespie. Sicione inoltre è stata una delle città che ha venerato l’Heracle dio,e vantava Φαῖστος come fondatore del culto (Paus. II, 10, 1) ; altri miti, cui si è accennato precedentemente81 81)81a danno la possibilità che Sicione fosse legata a Thespie nel VII-VI sec. Tutti i dati della tradizione storica, sin qui esaminati, sembrano quindi confermare una unità tra queste zone della Beoziae l’Eu-bea in età arcaica(81a) : e quindi non è impossibile che in questo ambito vada inserita anche la partenza dei Thespiadai per la Sardegna.
6. IL CULTO DI IOLAO E L’INCUBAZIONE
37Rimangono ora da esaminare alcuni dati cultualie da studiare più a fondo i personaggi Iolao, Thespiadai, Herakles legati a queste vicende. Come si è visto Diod. IV, 30, ricordava come Iolao avesse dato il suo nome agli abitantie come questi lo venerassero come Ίολάος πατήρ. Si è insistito da parte di alcuni che Iolao sia la resa greca di un toponimo locale82, che si ritrova anche in Africa settentrionale83. Si aggiunge a so- stegno di ciò il fatto che nel pantheon cartaginese, ricorre, come testimonia Polibio VII, 9, una divinità a nome’Ιόλαος84.
38Tuttavia questo dato, solo, non spiega la presenza di Iolao in Sardegna,e tanto meno quella dei Thespiadai, che sono l’elemento, distintivo, della tradizione. Altri (85ha invece sostenuto l’identificazione di Iolao pater con Sardus pater, (insistendo sul carattere sardoe non fenicio di quest’ultimo), facendo leva sul comune appellativoe sul valore che esso aveva; pater indicherebbe da una parte « primordialità a carattere locale indigeno »86, dall’altra sarebbe un epiteto che si attribuisce a condottieri. Anche se non si può escludere che influssi di una divinità sull’altra vi siano stati, è però da osservare a questo riguardo che la attribuzione a Iolao della funzione di condottiero dei Thespiadai, non è necessariamente riflesso dell’identificazione con Sardus Pater. Iolao risulta una figura di rilievo già nel mondo greco, anche con funzioni di condottieroe di capo: Iolao è legato ad Herakles nella lotta contro Kyknos (Hes. Scut. v. 74ss)e compare qui accanto al padre Iphikles (v. 94); è vincitore dei giochi olimpici istituiti da Herakles (Paus. IV, 8, 3; Hyg., Fab. 273: notevole che in entrambi i casi si tratti di un Herakles dattilo); è ricordato assieme ad Herakles Kallinikos in un frammento archilo-cheo (120 Diehl)87 : tutte imprese non peloponnesiache dell’eroe. Iolao è egli stesso condottiero, in quanto partecipa alla guerra di Troia (Pind. Nem. 3, 36), ed è antenato di fondatori di città: egli è infatti padre di Leipephyle (Hes. fr. 252 Merkel-West = Paus. IX, 40, 5-6), da cui discenderà il fondatore di Cheronea.
39Già nel mito greco quindi, Iolao ha valenza di condottiero, prima di esser unito ai Thespiadai. Se lo troviamo poi in maniera particolare legato a Tebe88, ciò significa du Nord, I, Paris 1913, pp. 351 -352; P. Meloni, art. cit., pp. 43-46; Giuba II avrebbe dato il nome di Caesarea ad una località di nome Ίώλ (Strabo XVII, 3, 12; Ptol. I, 15, 2; IV, 2, 5; Plin. Ν. Η. V, 20).
40che la figura di questo eroe era figura di rilievo in ambito più vasto (89 : ed. infatti come tale lo vedremo legato direttamente a Thespie.
41È stata altresì proposta (90l’identificazione di Iolao con Sid. ; partendo dal rapporto Sid-Melquart parallelo a quello Iolao-Heraklese in particolare dalla possibilità di rapportare Sid. a Sardus-Pater (91e quindi a Iolaos-Pater. Ferma restando l’attendibilità del rapporto Sid-Sard. us Pater, resta da dire che se l’identificazione Sid-Iolao comporta per Iolao l’attribuzione di funzioni mantiche92, queste sono in, realtà appannaggio dell’eroe già in Grecia93, come si vedrà. Non dunque a uno Iolao riflesso greco di Sardus-Pater ο di Sid occorre pensare, ma. semmai ad, un innesto tra queste figure, favorito dai caratteri comuni che essi posseggono, ferma restando quindi, l’origine greca di Iolao sardo.
42Peraltro ancora un’altra notizia letteraria sembra confermare l’ambito greco di provenienza. Si tratta ancora di un fatto cultuale, che pure forse rispecchia antiche tradizioni indigene, ma che si lega più a tradizioni greche. Arist. phys. ausc. IV, 11, 218b, 21, nel parlare di quel che avviene a chi si addormenta profondamente, cioè del non accorgersi del trascorrere del tempo, fa un paragone con gli « eroi addormentati in Sardegna ». Gli scholi al passo, (Philopon in Brandis, Schol. Arist. 388b, 4), specificano che gli eroi erano ammalatie che si svegliarono guariti; più oltre aggiungono (Simpli-cius, Brandis 388c) che gli eroi sono i 9 Thespiadai figli di Heraklese delle figlie di The-spios; essi, morti in Sardegna, avevano conservato il loro corpo intattoe davano l’impressione di essere addormentati; i loro corpi erano ancora visibili all’epoca di Alessandro, l’esegeta di Aristotele. La fonte di questo racconto è quindi, Alessandro di Afrodisiae la notizia, legata direttamente ai Thespiadai, non può essere una invenzione tar- a carattere ctonio (i partecipanti si cingevano il capo di corone di mirto, Schol. Pind, Isthm. IV, 117) ed iniziatico, (fondamentale era in esse la corsa a cavallo. Schol. Pind. Isthm. V, 38), da. Evidentemente era già nota ad Aristotele94. Un passo di Tertulliano95, che ricorda però un solo eroe, fa pensare che fosse nota anche ad altri commentatori96. L’insieme dei dati ci pone davanti, quindi, un rituale di incubazione, in cui sembra si desse una guarigione nel sonno. Siamo cioè di fronte ad un rituale iatro-mantico, unito all’incubazione, che viene qui legato direttamente ai Thespiadai, a quelli cioè che sono gli elementi distintivi della nostra tradizione. Anche per questo mito gli studiosi hanno voluto vedere origini fenicie,e il Rhode (97cercava appunto spiegazioni in tal senso; ma già il Pettazzoni (98aveva ricordato come rituali di questo genere sono comuni tra tutti i popoli primitivi,e che quindi non dovevano essere estranei agli stessi Sardi99 : in particolare pensava che i Sardi avessero venerato i loro antenati nelle « tombe dei giganti »100.
43Che la tradizione greca sia peraltro indipendente da quella fenicia lo dimostra in primo luogo il seguente fatto : a Nora si è portata alla luce un’area sacra : in essa sono state trovate delle statuette: una rappresenta un dormiente con un serpente che lo cingee gli morde la spalla101. Questo dimostra che a Nora esisteva un rito di incubazione fenicio, legato ad una divinità la quale è probabilmente Esmum102. Noi sappiamo da una epigrafe trilingue, latino-greco-punica, di II sec. a. C., che la resa greca di Ešmum è Άσϰλήπιος103. La tradizione cartaginese, feniciae greca più tarda ha completamente ignorato i Thespiadai. I fatti sardi da soli, peraltro, non spiegano l’eco che il mito dei Thespiadai aveva ancora in Aristotile. Ma queste pratiche cultuali, ora, si possono spiegare di nuovo in rapporto col mondo greco. Esse trovano riscontro puntuale nei miti legati ad. Herakles, a Iolaoe alla stessa Thespie.
44Che l’incubazione sia molto diffusa nella Grecia antica è cosa104(104) : in Beozia in particolare era molto noto l’oracolo di Anfìarao, nel cui santuario era venerato anche Narkissos,e a Lebadea aveva un oracolo di incubazione Trofonio.
45I Thespiadai sono discendenti di Thespios, che è termine greco che si riconnette direttamente alla divinazione: ϑέσπιος come « invasato » ricorre già in Esiodo, fr. 310 M. -We in Aristophanes, Aves 977: il loro stesso nome quindi è « parlante »e riconduce direttamente ad un ambito « mantico »105.
46Ma anche Herakles è divinità iatromantica ed oracolare: egli come aveva visto già il Bouché-Leclerq (106è legato alle acque termali, alle cure della vigna107. Come ha visto il Brelich (108Herakles lotta con Apollo per la conquista del tripode,e questo fa pensare ad una attività mantica. Ancora in Messenia (109Herakles è Mantiklos, cosa che riporta ad una attività oracolare. Iatromantico ancora egli era certamente a Hyettos in Beozia110, dove era collegato in particolare alla magnetite111, pietra a cui gli antichi attribuivano proprietà sedative. L’epilessia era chiamata νοῦσος Ήραϰλείη. Questo carattere mantico di Herakles si ha anche a Thespie. Qui, egli è infatti, come anche a Mycalesso, un Herakles dattilo. Il passo di Diodoro dove si parla della partenza dei Thespiadai per la Sardegna, parla in un primo momento di un Herakles destinato all’assunzione tra gli dei, alludendo chiaramente alla morte dell’eroe sull’Eta (112 : cioè il mito d. iod. oreo ha presente un momento in cui l’Herakles dell’Eta, che è di VIII sec. (113si è venuto a sovrapporre a degli Herakles precedenti114. Ma il particolare del racconto, che Herakles era παῖς, quando si recò da Thespios, sembra far intravvedere dietro di esso un Herakles dattilo. Ciò è confermato da alcuni scholi a Teocrito (XIII, 7, 9), risalenti ad Erodoro (Jacoby 31, F 17), che dicono che Herakles fu allevato da Chiro-nee da Θεστιάδης (che è variante di Thespios, cf. Schol. Il. II 498, 66). Pausania a sua volta ci assicura esplicitamente che l’Herakles thespieo è un Herakles dattilo: egli infatti (IX, 27, 6) specifica che il tempio di Herakles era servito a Thespie da. una sacerdotessa discendente dell’unica figlia di Thespios che non aveva acconsentito all’unione con l’eroe,e aggiunge che a lui, Pausania, l’Herakles venerato là sembrava esser l’Herakles dattilo, che i Beoti conoscono a Mycalesso, dove è servitore di Demetra. Ora i dattili non solo sono φαρμαϰοίe γόητες (Φωρωνίς fr. 2 Kinkel), ma nei loro stessi nomi indicano divinità salutari. Possiamo considerare quindi l’Herakles di Thespie, in quanto dattilo, divinità salutare, ed una epigrafe dedicatoria a seguito di un sogno (IG VII, 1829) potrebbe essere ulteriore conferma di ciò. Egli peraltro come il suo rapporto con Thespios adombra, sembrerebbe legato anche a cerimonie di purificazione.
47Va tenuto presente che questo Herakles dattilo, legato a Demetra, a Mycalesso come vuole Pausania, ma anche a Thespie, come dimostra un rilievo ellenistico115, è legato in. particolare ad. un mondo della vegetazionee della παγϰαρπία, della fecondità quindi, che appare per altri versi molto importante a. Thespie.
48Questi elementi di fecondità sono peraltro ben evidenti nella figura di Eros, figura centrale del pantheon della città,e in quella di Narkissos: queste figure sembrano funzionalmente legate ad Heraklese a Iolao, il cui rapporto privilegiato con Thespie è chiarito anche per altre vie.
49Eros era oggetto a Thespie di un culto aniconico (Paus. IX, 27, 1), rappresentato da una pietra bianca, ἀργòς λίθος: non solo quindi un culto molto arcaico, ma forse dotato di poteri curativi, come in genere hanno le pietre bianche116. Peraltro che Eros fosse una divinità legata alla fecondità, sembra doversi dedurre anche dal rilievo che il dio ha nella Teogonia esiodea117, non spiegabile solamente, come ha giustamente osservato il West (118con i legami di Esiodo con il mondo di Thespie. I rituali che vediamo compiuti ancora in età ellenisticae romanae consistenti in feste quinquennali, Έρωτίδια119, con corse di cavallie partecipazione di giovani, rimandano ad. un ambito iniziatico, in cui il momento della fecondità non era secondario. Herakles, così spesso unito ad Eros nei ginnasi (120forse non era estraneo al culto: una hydria di V sec. con l’iscrizione Ήράϰλεος ές Θέσπιας121, e rientrante nell’ordine di quelle date in premio ai vincitori in questo periodo, sembrerebbe indicativa in questo senso.
50Strettamente legato ad Eros è Narkissos, che un mito di età ellenistica (Konon, Ja-coby 26, F 1, XXIV) fa intendere come il giovane morto di morte violentae risuscitato sotto altro aspetto122.
51Peraltro il narciso è anche, secondo Hesych. il fiore di Demetra (Hesy. s. v. δαμά-τριον),e compare nell’inno omerico a Demetra (v. 5 ss) tra i fiori che raccoglie Persephone. È proprio il narciso, forse per il suo profumo (vv. 10-11) che costituisce δόλος καλυκώ-πιτι ϰούρη: già quindi qui sono presenti i due aspetti del narciso, quello legato ad un ambito di passaggio, nuziale (ed infatti è in quel momento che la. terra si apree Persephone scompare);e l’aspetto più tipicamente farmacologico: cioè il narciso provoca il sonno.
52Gli antichi avvicinavano evidentemente il nome di questo fiore, che è certamente pre-indoeuropeo, al verbo ναρϰᾶν, che indica appunto l’irrigidimento, l’addormentarsi in uno stato simile alla morte123. E Plinio ne indica gli effetti sonniferi. La pianta però, vicina alle orchidacee, era probabilmente anche una pianta afrodisiaca124. Il narciso quindi rientra chiaramente in questo ambito di feconditàe di medicina, anzi col suo essere anche legato ai « sonniferi », potrebbe rimandare a rituali legati al sonno. E certamente « l’irrigidimento » che provocherebbe il narciso non può non far pensare a quanto sappiamo da Diodoro circa le feste iniziatiche legate a Iolao ad. Agyrio in Sicilia (IV, 24): i giovani non iniziati erano colpiti da un irrigidimento che li rendeva simili a morti; questa situazione passava se veniva compiuta l’iniziazione. Sembra esserci quindi un legame funzionale tra Iolaoe Narkissos ;e questo è rafforzato se si tiene conto che sulla tomba di Iolao a Tebe si davano giuramento di fedeltà reciproca amantie amati (Arist. p. 97 Rose), quegli amati che Narkissos disprezzava, come accennava il mito di Konon.
53Se questo ci dà solo un rapporto funzionale, il legame diretto di Iolao a Thespiee al mondo delle fecondità è dato da un mito trasmesso da Palaiphatos in Apostolio VI 53, dove è raccontata la lotta tra Heraklese Iolao per la cornucopia di Amalthea. Il mito, come aveva già visto il Gruppe125, fa capire non solo il legame di Iolao al mondo della fecondità, ma un rapporto privilegiato dell’eroe con Thespie, forse anteriore ad Herakles.
54Herakles è quindi legato a Thespie ad. un mondo di feconditàe ad un mondo iatro-mantico; in questo ambito rientra anche Iolao come si vede dal suo rapportoe con Heraklese con Narkissos. Ma l’esame della genealogia di Iolao nuovamente ci porta nel mondo delle guarigioni, della mantica, dell’incubazione.
55Iolao è figlio di’Ιφιϰλῆς ο anche di ῞Ιφιῆλος (Diod.. IV, 33, 6; 34, 1 ; 49, 3; Apol-lod. 2, 7, 3). I due nomi entrambi composti probabilmente con -ιφιe -ϰλῆς sono tutt’uno126. Ora noi oltre ad’Ιφιϰλῆς/῞Ιφιϰλος, fratello d. i Herakles, conosciamo un altro ῞Ιφικλος (ma anche’Ιφιϰλῆς, cf. Schol. Om. Od. 11, 292, 1685), figlio di Phylakos.
56Iphikles, fratello di Herakles, gli si contrappone in quanto uno è fortee coraggioso, l’altro è debolee ha paura, per esempio nella lotta contro i serpenti (Pherekydes Jacoby 3, F 69). L’’Ίφιϰλος, figlio di Phylakos è legato ad. un mito iatromantico che lo contrappone di fatto egualmente ad Herakles. Esso nella sostanza e, prescindendo dalle sue varianti (Pherekydes Jacoby 3, F 33, Apollod. 1, 101; Schol. Theocr. III, 43-45c, Schol. Od. 11, 290; Eust. ad Od. XI, 292) raccontava come Iphikles, non potesse avere figli per una malattia, causatagli dal padre il quale secondo una versione (Pherekydes Jacoby 3, F 33, Schol. Theocr. III, 43-45) mentre stava potando un albero (126) gettò il coltello, così che spaventò il figlio. Iphikles fu curato da questo male da Melampo.
57Quindi ad un Herakles padre di 50 Thespiadai si contrappone un Iphikles che non può avere figli.
58All’omonomia tra i due eroi di nome Iphikles ο Iphiklos, corrisponde un analogo rapporto con Eracle, il che sembra deporre in favore dell’identità originaria delle due figure eroiche.
59Ma Iphikles dopo la guarigione ha due figli, Protesilaoe Podarke127 : e qui viene ancora più chiaro il legame col mondo di Thespie, dal momento che Hygin. Fab. 103 dice che il nome di Protesilao era originariamente Iolao128.
60Non si può quindi non concludere come già aveva visto il Gruppe129, che l’Iphi-kles figlio di Anfitrionee l’Iphikles figlio di Phylakos sono la stessa persona. Iphiklos, figlio di Phylakos è legato all’ambiente Tessalo (Il. 11, 695)e noi sappiamo che esisteva una Θέσπεια in Tessaglia;e Iphyklos figlio di Anfitrione ha un culto a Pheneo in Arcadia (Diod. IV, 33, 6; Paus. VIII, 14, 9).
61Uno scholiaste a Nikandro (Ther. 685) racconta come anche egli prese parte all’uccisione dell’idra; fu feritoe fu curato da’Ασϰλήπιός. Iphikles è quindi legato ad. un insieme di feconditàe di iatromantica.
62A questo ambito è legato ancora più chiaramente Protesilao, che era venerato a Phylakles, dove c’era un. témenose dove si svolgevano giochi funebri (Pind. Isth. I, 83e schol. ad. loc). Sempre a Phylake Protesilao avrebbe avuto un oracolo (Philostr. heroic. 1, p. 141e 146 Kayser)e lí aiutava gli amanti infelici. Un. altro oracolo di Protesilao, questo di incubazione, era conosciuto al capo Elaius di fronte al Sigeo (Hdt. IX, 116; Lykoph. Alex. 532 e schol. ad. loc. ; Lucian. deorum Conc. 12) (130)130, e qui egli sembra avere un ruolo molto simile a quello di Trofonio a Lebadea131. È quindi chiaro a questo punto, che le figure che troviamo nel mito sia i Thespiadai, sia Iolao che Hera-kles, sono legate a Thespie direttamente,e sono lì legate certamente in quanto figure di fecondità, ed anche legate al mondo della iatromantica.
63Quando quindi troviamo il mito dei Thespiadai in. Sardegna, che sono nove, un numero cioè che da una parte è un numero ctonio (132ma è anche la somma di sette più due, cioè i Thespiadai rimasti in Grecia (133dobbiamo inquadrare questo mito in tradizioni che erano presenti a Thespie probabilmente dall’età micenea; che erano ancora vive in età arcaica, quando Esiodo celebrava l’Eros di Thespie, persistevano in. età ellenisticae che i Thespiadai avevano portato con sé in Sardegna. La presenza di questo culto nel mondo sardo si conferma quindi in maniera non molto diversa da quello di Calcante in Apulia; ed in entrambi i casi va posto l’accento su queste persistenze greche in un mondo di pastori.
7. IL PROBLEMA DELLA PRESENZA GRECA IN SARDEGNA
64I dati cultuali sembrano quindi confermare quanto emergeva dall’analisi delle fonti.
65Ci si trova così di fronte ad. un insieme di tradizioni omogeneo, sempre legato ad un determinato ambito, Thespie, in cui sono presenti con precise funzioni le stesse figure che si trovano in Sardegna. Un insieme quindi, che non è possibile considerare casuale.
66Sembra così di poter concludere a questo punto, che degli elementi della aristocrazia beotica dovettero partecipare alla colonizzazione euboica: questi beoti devono essere arrivati in Sardegna, ed erano presenti anche a Cuma. Certo, questo non significa dire che vi fu una verae propria ἀποικία in Sardegna. La tradizione è infatti quella di una άποικία abortita, per fatti interni ed esterni, ossia per debolezza della presenza grecae per intervento esterno. D’altra parte la αποικία è connessa alla aristocrazia sacerdotale di Thespie (i Thespiadai δημοῦχοι)e coerentemente lascia traccia di sé nella persistenza di un culto. Questo vuol dire un « tentativo » greco in Sardegna in epoca molto arcaica, una Sardegna che può esser vista in quel periodo come una pola-nyana » terra di nessuno.
67Il periodo in cui si iscriverebbe questa presenza greca verso il Mediterraneo più occidentale va forse a coincidere con. un vuoto di presenza fenicia.134.
68Sarà a questo punto interessante notare che un tradizione, trasmessaci da. Lyco-phrone (Alex v. 633)e risalente già a Timeo (Jacoby F 66) parlava di Beoti, in particolare di Temnici, antica stirpe di Arne, abitanti di Graia, Leukotherme, Skolo, Tegira, On-chestoe presso le acque del Thermodontee dell’Hypsarne, che sarebbe arrivata alle isole Gynnesiee a Tartesso dopo la caduta di Troia; anche se il racconto si situa ad un livello cronologico diverso (i nostoi), va osservato che la provenienza di questi Temnici è la stessa dei Thespieie le mete sono i metalli di Tartesso. Una proiezione euboica verso questa realtà è ugualmente visibile attraverso le notizie della colonizzazione euboica in Tunisia, che si rivelano attraverso i toponimi Ναξιϰαὶ νῆσοι, Εὔβοιαe attraverso Eca-teo (Jacoby 1, F 343) che parlava di Κυβώ, άποικία’Ιωνίων. Questi Ioni sono, come ha visto il Mazzarino, euboici,e la loro presenza in Tunisia va posta in VII sec.135. Tale proiezione euboica verso Tartesso parrebbe altresì confermata dalla denominazione antica delle colonne di Herakles come colonne di Briareo (Ael. V. H. 5. 3), eroe euboico di Calcidee Karystos136.
69Ve ne è quindi abbastanza per inquadrare i contatti greci con la Sardegna in un quadro di segno euboicoe di ricerca dei metalli.
70A conclusione di quanto qui esposto si può ancora aggiungere che le testimonianze archeologiche, che in questa analisi si sono volutamente ignorate, anche se molto scarne, non contraddicono quanto su esposto: esiste cioè della ceramica protocorinzia di Nora, di cui notizia è data dal Pesce137, ma che non è stata ancora pubblicata: mentre un vaso proveniente da Sulcis ed attribuito da1 Coldstream a ceramica euboica, presenta strani caratteri di « mescolanza » (138che sembrano stranamente rispecchiare lo strano rapporto Greci/barbari trasmessoci dalla tradizione.
71Se poi si tiene conto che proprio nel periodo tra VIIIe VI sec. come è stato messo in evidenza (139la Sardegna sembra partecipare all’assorbimento dell’orientalizzante, la presenza in Sardegna di elementi legati al mondo euboico si spiega come una delle facce di quel complesso fenomeno che coinvolge,in questa stessa epoca, Greci, Etruschi, Fenici, tutte componenti che hanno avuto rapporto con la Sardegna dell’epoca.
Annexe
APPENDICE
Vanno qui aggiunte osservazioni su due problemi a questi strettamente connessi: il senso delle tradizioni dello Schol. ad Dionys. Per. 458e Eust. ad Dionys. Per. ; nonché su Iolao in Etruria.
Dall’esame fin qui condotto sono stati esclusi, come si sarà notato, Eust. ad Dionys. Per. e Schol. ad Dionys. Per., che pure in parte si trovano recuperati nella tradizione sallustiana, nella misura in cui in Solino si parla di Locresi che arrivarono in Sardegna. In realtà si considera questa tradizione, che dall’altra ad un certo punto è stata assorbita, come tradizione a sé stante,e distinta nettamente dal primo filone. Essa infatti conosce Σαρδώ come eponimo dell’isola, senza parlare né di compagni, né di fondazioni di città, conosce quindi cioè un livello «punico »; conosce gli Iberi con Norace,e infine Herakles con Cadmei, Etoli,e Locresi nello scholio, con Cadmeie Locresi in Eust· ad Dionys. Per. Se nella tradizione del primo filone elemento distintivo erano i The-spiadai, qui l’elemento distintivo sembrano esser quindi Cadmei-Etoli-Locresi : Iolao scompare, scompaiono gli Ateniesi, Herakles è direttamente ecista, i Thespiadai, pure ricordati, sono confusi con gli Eraclidi. Una tradizione che quindi privilegia Heraklese i Cadmei, sembra portarci ad un ambito diverso dal precedente,e fa pensare peraltro anche ad elaborazioni più tarde, in cui figure come Iolao, più legate a culti locali, erano fatte scomparire. Si è già visto peraltro come a Tebe Iolao fu ad un certo momento « obliterato » da Heraklese come le’Ιολάε ια diventassero’Ηράϰλεια. I Cadmei inoltre, che sono l’elemento distintivo qui, riportano anch’essi a Tebe, ed in particolare alla Tebe di Epaminonda, che vantava origini da Cadmo, come ha messo in rilievo la Sordi140. Questo periodo è peraltro quello di una « espansione » tebana sul mare. Di questa temperie è indicativo un frammento di Eforo (FGrHist. 70 F 119 = Strabo IX, 2,2). dove si mette in evidenza come la Beozia sia τρ ιδάλαττος, volta cioè verso il golfo Criseoe quello Corinzio, che sono destinati alla navigazione verso l’Italia, la Siciliae la Libia;e quindi ancora verso l’Eubeae l’Euripo;e ancora verso la zona di Aulidee Tanagrae verso quella di Salganeone Antedon, l’una volta all’Egittoe a Cipro, l’altra alla’Macedonia, l’Ellespontoe la Propontide. Nell’ottica eforica la Beozia abitata prima da Temnici, Aoni, Lelegie Hyantes è portata all’« unità » dai Cadmei: i Cadmei sono presentati cioè in questo passo come ἠγούμενοι,e si riconosce il primato tebano a quest’epoca. È una ottica in fondo non troppo diversa da quella del fr. 21, dove Eforo, distinguendo Θηβαῖοι da Θηβαγενεϊς, che sono gli abitanti delle terre del Citeronee di quelle di fronte all’Eubea (cioè della zona di Thespiee della Eubea, proprio da dove era partita la colonizzazione di Iolao), dice che questi ultimi erano stati aggiunti al resto dei Beoti dai Tebani. Eforo quindi rispecchia un momento, che è appunto quello di Epaminonda, in cui Tebe si pone come unificatrice ed egemone della Beozia, ed in cui a Tebe viene assegnato un ruolo marittimo. In particolare va notato che la proiezione marittima di Tebe si svolge sia sul versante Euripo, sia sul versante Corinto: ora al primo, che era il punto di partenza, per così dire dei Thespiadai per l’Occidente, come vie per l’Italia si preferisce il secondo, cioè Corinto; è quindi come se ci si contrapponesse alla tradizione tespiese di colonizzazione occidentale, sostituendo ad essa un’altra area, quella del Golfo di Corintoe di Crisa. Questa ottica peraltro è un’ottica che di necessità portava a privilegiare come alleati appunto Etolie Locresi. E sono di fatto Etolie Locresi che troviamo come alleati di Tebe contro Sparta nel 367/6 (Diod. XV, 57,1). Ancora si può aggiungere che le stesse mire tebane ad una egemonia marittima che ritroviamo nel passo di Eforo, si ritrovano nel discorso di Epaminonda in Diod. XV, 78,4. Sembra quindi che alla luce di questi elementi sia possibile spiegare la tradizione di una colonizzazione in Sardegna di Ca-dmei con Etolie Locresi. Cioè nel periodo in cui Tebe « unificava » la Beozia anche a costo di « distruggere » Tespie ed aspirava ad una egemonia marittima, collegandosi in funzione antispartana con Etolie Locresi, poteva ben appropriarsi anche di tradizioni appartenenti ad altre città beotiche.
Se quindi questa tradizione è puramente letterariae propagandistica, è chiaro che il problema di Iolao in Etruria, come è stato visto dal Bayet (141cioè come il portato di tradizioni « achee », legate appunto ai Locresi di Italia, non regge. Rimane invece importante per noi che questo eroe documentato su uno stamnos etruscoe su specchi di IV sec. in una forma Vilae (142)142, che si spiega solo partendo da una forma con f iniziale, debba esser arrivato appunto ad una epoca abbastanza alta. Il Bayet negava la mediazione calcidese,e perché pensava che il ? iniziale cadesse presto in questo dialetto,e perché pensava ad un rapporto di Iolao con la Sardegna, dove come Greci vedeva arrivare solo i Focei. In realtà da una parte ormai sappiamo che il F iniziale persiste in ambiente calcidese ancora a fine VII143 ; dall’altra l’arrivo di Iolao si lega, secondo la nostra analisi, alla colonizzazione euboica, ad un’epoca anteriore a quella focea cui pensava il Ba-yet. La nostra ipotesi di una mediazione euboica cioè, anche per questo Iolao etrusco, ci sembra un aiuto a superare l’aporia presente nella tesi del Bayet, che supponeva, per l’importanza che il personaggio avrebbe nel pantheon etrusco, una mediazione fenicio-punica attraverso la Sardegna, che però, come l’autore stesso riconosce, l’iconografia non permette di distinguere, dal momento che le scene raffigurate sugli specchi sono tutte « greche »144.
Notes de bas de page
1 Alle tradizioni storiche, va aggiunto il fatto, già notato dal Meloni, Iolao e il mito degli Iolei in Sardegna, Studi Sardi 6, 1942-44, pp. 47-66, che i Greci chiamarono « sardo » il mare attorno alla Sardegna (Hdt. I, 166; Dionys. Per. v. 82 [GGM II, p. 108] ; Arist. Meteorol. II, I, 13, Strabo I, 3, 4; cf. M. Besnier, Lexique de géographie ancienne, Paris 1914 s. v. Sardoum mare; e M. Gras, À propos de la bataille d’Alalia, Latomus 31, 1972, pp. 698 ss.). Nonostante l’incertezza dimostrata dai geografi antichi nella localizzazione esatta del mare sardo (così che mentre più comunemente sembrerebbe indicare il mare ad Ο della Sardegna, ricopre spesso una estensione più vasta, sino a comprendere quello ad E) (Strabo V, 2, 1 ; Pol. I, 42, 6.), rimane che è l’isola che ha dato il nome al mare circostante, e ciò denota senz’altro da parte dei Greci la conoscenza dell’isola come la più « importante »della zona.
2 Una questione a parte costituisce la menzione della Sardegna nel XV idillio di Teocrito vv. 85 ss. ; essa va probabilmente vista in collegamento con la politica di Dionisio: cf. M. Sordi: I rapporti romano-ceriti e l’origine della civitas sine suffragio, Roma 1960, pp. 92 ss.
3 Cf. L. Pareti : Il nome dei Messeni, ed i Messeni del Peloponneso, in Studi Siciliani ed Italioti, Fi- rrenzenzrenze 1914, pp. 72 ss.
4 G. Vallet, Rhégion et Zanclé, Paris 1958, p. 72; cf. L. Pareti, Studi Siciliani ed Italioti, 1914, loc cit.
5 Così Momigliano, Due punti di storia romana arcaica, II, La lotta per la Sardegna tra Punici, Greci e Romani, SDHIII, 1936, ora in: Quarto contributo alla storia degli studi classici, Roma 1969, pp. 352 ss. La notizia su Aristagora deriva ad Erodoto da fonti orali milesie: cf. Β. Virgilio, Com- mentmento storico al V libro delle «Storie di Erodoto», Pisa 1975 e ivi bibliografia. Non si vede perché Erodoto il quale nello stesso contesto parla del consiglio di Talete di Mileto, che gli Ioni stabilissero un centro a Teos, dovrebbe riferire una invenzione.
6 G. Pugliese Carratelli, Intorno alle lamine di Pyrgi, SE 33, 1965, pp. 221 -235.
7 M. Gras, Les importations du VIe avant J. -C. à Tharros (Sardaigne), MEFRA 86, 1974, pp. 79 ss ; già prima G. Lilliu, Navicella di bronzo protosarda in Gravisca, N. S. 1971, pp. 296-297; J. -P. Morel, L’expansion phocéenne en Occident, BCH 99, 1975, p. 863; G. Tore, Notiziario archeologico, Studi Sardi 23, 1972-973, p. 370; G. Tore, Nota sulle importazioni in Sardegna in età arcaica, in Actes du Colloque: Les céramiques de la Grèce de l’Est et leur diffusion en Occident, Cen- trtre J. Bérard, Naples 1978, p. 142; C. Tronchetti, Problematica della Sardegna, ibidem, pp. 140 ss; V. Santoni, Note di protostoria nuragica, ibidem, pp. 147 ss. ; cf. ancora M. Gras, Les Grecs et la Sardaigne·. quelques observations, in corso di stampa.
8 Per la navicella di bronzo: Lilliu, art. cit. ; M. Torelli, Il santuario di Hera a Gravisca, PP 136, 1971, p. 65; Id., Il commercio greco in Etruria tra VIII e VII sec. a. C., Atti Salerno in corso di stampa.
9 Per altre navicelle bronzee in Etruria, cf. G. Camporeale, I commerci di Vetulonia, Firenze 1969, pp. 94ss. Al tramite etrusco per questi rapporti pensa il Gras, Les importations, cit. ; cf. anche G. Tore-M. Gras, Di alcuni reperti dell’antica Bithia, MEFRA 88, 1976, pp. 51 ss., dove il Gras, p. 86, propone una linea Bithia-Veio-Cerveteri, ed un’altra Tharros-Vulci.
10 Cf. N. S. 1881, p. 363.
11 E. Pais, Due iscrizioni greche trovate in Sardegna, in Ricerche Storiche e geografiche sull’Italia antica, Torino 1908, pp. 573-578.
12 Ringrazio il prof. Nicosia, la dott. ssa Fulvia Lo Schiavo e il dott. Tronchetti per le informazioni datemi : quest’ultimo mi comunica che ricerche dell’epigrafe effettuate nel’79 a cura della Sovrintendenza di Cagliari hanno dato esito negativo.
13 P. Zancani Montuoro, Rend. Acc. Lincei 17, 1962, p. 1.
14 G. Pugliese Carratelli, Almanacco Calabrese, 1969, p. 48; Id., Greci d’Asia in Occidente tra il sec. VII e il VI, PP 21, 1966, pp. 155-165.
15 Cf. Kunze, VII Olympia-Bericht, pp. 207-210 ; per l’epigrafe cf. ora Meiggs-Lewis n. 10.
16 Cf. M. Guarducci, Almanacco Calabrese, 1970-71, pp. 45 ss. ; cf. anche L. Robert, Bull. Ep., 1963, p. 106.
17 In questo senso già M. Gras, Les importations, cit., p. 128, n. 1; Tore, art. cit. in Céramiques, cit. p. 145, n. 27.
18 E. Pais, La Sardegna prima del dominio dei Romani, Mem. Acc. Lincei 7, 1880 -81, Αρ. I, pp. 352 ss.
19 J. Geffken, Timaios « Geographie des Westens», Berlin 1892, pp. 55 ss.
20 F. Jacoby, FGrHist. 566 F 63 e comm. III b, p. 567.
21 S. F. Bondi, Osservazioni sulle fonti classiche per la colonizzazione della Sardegna, Studi Fenici 1, 1975, p. 49 ss. A. Brelich, Sardegna mitica in Atti del Convegno di Studi religiosi Sardi, Padova 1963, pp. 23-25, intendeva l’insieme della tradizione mitica come un complesso leggendario, rispondente anche alla funzione di fare della Sardegna una isola « fuori del tempo » (cosa cui contribuirebbe il suo essere ad Occidente) e in quanto tale « isola dei Beati ». Egli datava tutto questo complesso di tradizioni al VI sec. e ai « tentativi » ionici verso la Sardegna. Ma gli sfuggiva così, come egli stesso riconosceva, il significato di Iolao, mentre non teneva conto del fatto che le tradizioni mitiche qui presenti non si legano alla Ionia, ma, come si vedrà, ad altri ambiti.
22 E. Lepore, I due frammenti Rylands delle Historiae di Sallustio, Athenaeum 27, 1950, pp. 280-291.
23 Il Bondì, art. cit., considera Silio Italico l’unico estraneo alla tradizione, perché avrebbe capovolto il rapporto Greci -Sardò, e quello Iolao-Aristeo. Ma Silio rientra in questa tradizione. Egli ricorda come Pausania (IX, 17, 1) per prima cosa il nome greco dell’isola, Ίχνουσα; ricorda quindi come Pausania l’arrivo di Sardò, che le avrebbe cambiato nome, ed infine sa come Pausania e Sallustio che in Sardegna non ci sono serpenti, ma che è una terra malsana. Sono quindi nominati i Troiani, Iolao, Aristeo: ma questo è lo stesso ordine, tranne che capovolto e saltando Norace, che troviamo in Pausania. Silio aveva cioè bisogno, probabilmente, di ricordare per prima cosa i Troiani, per le chiare implicanze con i Romani che questo comportava, e ha così invertito l’ordine senza alterarlo.
24 La presenza dei Locresi che si trova in Solin. IV,2 può esser derivata dalla stessa tradizione dello scholio ad Dionys. e Eust. ad Dionys. Per. ; mentre la tradizione dei Thespiadai a Crotone, data da Sil. It. XI, 816, è tarda anch’essa e nata forse nel momento in cui i Locresi si sono ricollegati ad Herakles.
25 Così è dal Niebuhr in poi: Pais, art. cit. ; Jacoby, loc. cit. ; Momigliano, art. cit. ; Id., Uno schema etnografico ed una presunta legge punica, Rivista degli Studi Orientali 16, 1935-37, pp. 228-9, ora in Quarto Contributo, cit., pp. 515-517.
26 A. La Penna: Sallustio e la rivoluzione romana, Milano 1968, p. 305, n. 183.
27 T. S. Brown: Timaeus of Tauromenium, Berkeley and Los Angeles 1958, pp. 38-42.
28 A. Momigliano, art. cit. ; in Quarto Contributo, p. 353.
29 T. J. Dunbabin, The Western Greeks, Oxford 1948, p. 341.
30 C. M. Kraay, The archaic coinage of Himera, in «La monetazione arcaica di Himera fino al 472 a. C. », Atti del II Convegno italiano di Numismatica, Napoli 1969, (= AIIN 16-17 Supp.); G. Vallet, La représentation du coq dans la céramique du VIème siècle, ibidem, pp. 53 -60.
31 Per la datazione della presenza greca a Tartesso, come messe a punto più recenti, cf. J. -P. Morel, art. cit., che tende ad abbassarla, e A. Mele, Il commercio greco arcaico. Prexis ed emporte, Cahiers du Centre Jean Bérard, 4, Napoli 1979, pp. 68 ss., che giustamente mantiene la datazione tradizionale.
32 Cf. F. Frontisi-Ducroux : Dédale. Mythologie de l’artisan en Grèce ancienne, Paris 1975, pp. 89 ss.
33 J. Toepffer, Attische Genealogie, Berlin 1889; rep. New York 1973, p. 165.
34 Cf. E. Paratore, Virgilio e Cuma, in Atti del Convegno dei Lincei su: I Campi Flegrei nell’archeologia e nella storia {Roma, 4-7 maggio 1976), Roma 1977, pp. 9 ss ; spec. p. 15, che invece pensa col Norden (Vergils’Aeneis Buch VI, Leipzig 19343) che il mito di Dedalo fosse stato diffuso da Timeo.
35 Cf. M. Gras, Les Grecs et la Sardaigne, cit.
36 Ptol. III, 3, 2.
37 Cf. S. M. Cecchini; I ritrovamenti fenici e panici in Sardegna (= Studi Semitici 32), Roma 1969, s. v. Olbia.
38 Cf. Cecchini, op. cit. s. v. Ogryle.
39 Cf. E. Pais, Intorno alla storia d’Olbia in Sardegna, in Ricerche storiche e geografiche, cit. pp. 541 ss. ; contra A. Momigliano, art. cit. in Quarto Contributo, pp. 349 ss. ; cf. anche D. Panedda, Olbia nel periodo punico e romano, Forma Italiae, Sardinia, Roma 1953, pp. 7 ss., che pensa che se ci fu una fondazione greca, questa dovette esser piuttosto sul golfo esterno.
40 È notevole che, come ha osservato S. Humphreys, Anthropology and the Greeks, London 1978, p. 120, è proprio nella zona Ν fino a Tharros, che continuano le importazioni di ceramica attica di tv sec., cf. D. M. Bailey: Lamps from Tharros in The British Museum, ABSA 57, 1962, pp. 35-45.
41 Cf. Meiggs-Lewis, n. 37.
42 S. Accame, Riv. Fil. Ist. Cl., 1935, pp. 73-75; Id., ibidem, 1952, pp. 127-136.
43 E. Lepore, in Storia di Napoli, vol. I 1967, pp. 170 ss. ; Id. in Atti I Convegno Centro Internazionale Studi Numismatici, Napoli 1967 (= AIIN 12-14 Suppl.) pp. 230-235.
43a S Mazzarino, Il pensiero storico classico, I, Roma 1967, pp. 203-207; 573-574.
44 Cf. F. Zevi, Il mito di Enea nella documentazione archeologica, relazione tenuta al XIX Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto, 1979 (in corso di stampa).
45 Cf. U. Bianchi, Sardus Pater, Rend. Acc. Lincei, Ser. VIII, 18, 1963, pp. 97 ss. Il Pais, art. cit. in Rend. Acc. Lincei, cit., pensava tuttavia che questa tradizione fosse da ascrivere forse già a Catone ο Ennio. La presenza degli Iliesi nella «lista» era uno degli indizi che gli faceva pensare ad un autore tardo che avrebbe messo insieme le notizie più antiche (Iolao) con quelle più recenti (gli Iliesi, appunto).
46 G. Venotti, Sofocle e l’Occidente, in AA. VV., I tragici greci e l’Occidente, Bologna 1979, p. 113.
47 E. Culasso Gastaldi, Eschilo e l’Occidente, in AA. VV., I tragici greci, cit. pp. 59-88, spec. 86-88.
48 U. Wilamowitz-Moellendorf, De Euripidis Herackidis commentatiuncola, K. S. I, pp. 62-82, spec. 77-82; cf. anche M. P. Nilsson, Cults, myths, oracles and politics in ancient Greece, Lund 1951, p. 83.
49 Cf. il trattato con Segesta, che fa pensare anche a rapporti con gli Elimi; vanno ricordati anche quelli con gli Etruschi, messi in luce da una epigrafe rinvenuta abbastanza di recente ed evidenziati da M. Torelli: Elogia Tarquiniensia, Firenze 1975, pp. 56ss.
50 Il Pais, art. cit. in Rend. Acc. Lincei, pensava che vi potesse esser all’origine una fonte vicina ai Cartaginesi, appunto Sileno di Calacte, cui riporterebbe la spiegazione del σαρδάνιος γέλως, che la avrebbe trasmessa a qualche autore romano, per esempio Celio Antipatro, ο anche Catone ο Ennio, che poi l’avrebbero trasmessa a Sallustio. Egli pensava ancora che la fonte di Pausania e quella di Sallustio fossero la stessa, ο anche che Pausania derivasse direttamente da Sallustio. Quest’ultima ipotesi sembra più incerta; peraltro non è facile individuare una fonte intermedia. L’ipotesi di Posidonio, avanzata da E. Lepore (I due frammenti Rylands, cit.), che sembra la più logica, anche perché Sallustio conosce effettivamente Posidonio, si urta con la difficoltà che il racconto straboniano (V, 225 C), che deriva certamente da Posidonio (cf. Strabo III, 124 C a proposito dei viaggi di Posidonio, sua fonte: δι ò ϰα ὶ τρισί μησὶν εἰς’Ιταλίαν ϰατᾶραι μόλις παρα διενεχδείς περί τε τὰς Γυμνησίας νήσους ϰαὶ περί Σαρδόνα) non ha tracce di questa tradizione, mentre abbonda di particolari geografici. L’unico dato mitico in essa presente, cioè l’accenno a βάρβαροι sembrerebbe piuttosto [risalire a tradizione timaica. Non è così improbabile che in Strabone abbiamo indicati come τυρρηνοὶ quei πελασγοί («barbari», come già voleva Ecateo, F 119 Jacoby), che sappiamo di fatto aver vissuto non troppo lontani da Thespie. Più tardi il Pais, Olbia, cit., pensò che la fonte di Pausania potesse essere Polemone. Quello che rimane importante, prescindendo qui dall’identificazione della fonte, è la « congiunzione » in questo filone di motivi più antichi con altri recenti, il che spiega perché si trovino in essa dati che hanno riscontro anche nell’altro filone.
51 Art. cit. in Rend. Acc. Lincei, pp. 355-365.
52 Uno schema etnografico, cit., ora in Quarto Contributo, pp. 515-517.
53 Per l’ipotesi, cf. A. La Penna op. cit. ; per Mirsilo, cf. FGrHist. 477 F 11.
54 Cf. Geffken, op. cit. p. 58; cf. anche Schwartz, RE V 1903, s. v. Diodoros, col. 676 ss.
55 Cf. Jacoby, FGrHist. 566 F 63 e comm. cit.
56 Brown, op. cit., pp. 38-42.
57 Cf. già il Brown, op. cit.
58 Così già il Brown, op. cit. Il rapporto Greci-Barbari rappresentato da questa tradizione, è comunque antitetico a quello dell’altra, che negava ogni contatto.
59 Cf. supra; e La Penna, op. cit. loc. cit; (Plin. Ν. H. III, 85).
59a In questo passo il Gruppe, Berliner Philolog. Wochenschrift 31, 1911, cc 999-1002, aveva visto influenza ateniese. Per una analisi del passo con Aborigeni = Pelasgi, cf. J. Bayet, Les origines de l’arcadisme romain, MEFR 38, 1920, pp. 63 ss. spec. p. 92ss. ; ma è evidente che gli ateniesi hanno utilizzato tradizioni precedenti. L’utilizzazione non è dissimile da quella /fatta per Neleo e la colonizzazione di Mileto in età pisistratica, cf. M. P. Nilsson, Cults, myths, cit., pp. 59 ss.
60 Per la cronaca cumana, cf. E. Gabba, Considerazioni sulle tradizioni letterarie sulle origini della repubblica, Entretiens Hardt sur l’Antiquité classique XIII, Vandoeuvres-Genève 1966, pp. 135 ss. spec. pp. 144ss. ; A. Alfoeldi, Early Rome and the Latins, Ann Arbor 1971, pp. 57 ss.
61 Art. cit., Rend. Acc. Lincei, pp. 355 ss.
62 Cf. Schwartz, RE, cit.
63 Cf. Jacoby, comm. cit.
64 Cf. Myth. Lex. s. v. Thespios.
65 Cf. R. J. Buck, The formation of the Boeotian league, Cl. Phil. 68, 1972, pp. 94-101; J. Ducat, La confédération béotienne et l’expansion thébaine à l’époque archaïque, BCH 97, 1973, pp. 59 ss; già in questo senso J. Α. Ο. Larsen, Greek Federal States, 1967, pp. 27-31. Questi studi tendono ad ignorare che le guerre combattute da Tebe contro gli Orcomeni hanno già l’appoggio delle zone dell’Asopo e del Citerone: cf. F. Vian, Les origines de Thèbes, Paris 1973, pp. 194ss. ; M. Sordi, Mitologia e propaganda nella Beozia arcaica, Atene e Roma XI, 1966, pp. 15 ss. ; cf. ancora R. J. Buck, A History of Boeotia, Alberta 1979, pp. 107 ss.,
65a Cf. invece L. Moretti, Ricerche sulle leghe greche, Roma 1962, pp. 97-112; P. Guillon, Le bouclier d’Héraclès, Aix-en-Provence 1963, pp. 44 ss.
66 Buck, art. cit. ; Id., A History, cit.
67 E. Kunze, Arch. Dell. 17, 1961 -62 Chron. 118; G. Daux, BCH 1961, p. 722; cf. SEG 1969, 300.
68 Cf. Vian, Les origines de Thèbes, cit., pp. 194ss., che ha messo in luce una serie di leggende relative ad Antiope, figlia di Asopos, che sembrerebbero rispecchiare una alleanza in funzione anti-orcomenia di Tebe con le città dell’Asopo e del Citerone (cf. Od. XI, 264-265; Pherekydes, FGrHist. 3 F 41; Hes. fr. 181 Merkel-West; Eur. fr. 180 Nauck; Apollodor. III, 10, 1); la tradizione di Pausania (XI, 26) d’altra parte diceva che Thespie era fondazione di Thespeia, figlia di Asopos.
68a Cf. D. Hennig, RE Supp. XIX, 174 s. v. Orchomenos.
69 La suite pitica dell’inno omerico ad Apollo, di VII sec., sembra esser peraltro prova dell’esistenza di Tebe e di propaganda anti-tebana in questo periodo: M. Sordi, La lega tessala, Roma 1958, pp. 32ss. ; Ead., art. cit. ; anche J. Defradas, Les thèmes de la propagande delphique, Paris 1954, II éd. 1972, pp. 55 ss. Per i problemi connessi con lo Scutum pseudo-esiodeo, cf. M. Sordi, op. cit. ; contra Guillon, op. cit., pp. 29-53; contra Ducat, art. cit., p. 64.
70 Buck, op. cit., p. 95.
70a Cf. J. -P. Vernant, Mythe et pensée chez les Grecs, Paris 1965, p. 188 ss. ; Β. Bravo, Remarques sur les assises sociales, les formes d’organisation et la terminologie du commerce maritime grec à l’époque archaïque, DHA 3, 1977, pp. 1 ss.
70b Cf. M. Sordi, art. cit.
70c M. Broadbent, Studies in greek Genealogy, Leiden 1968, pp. 283 ss.
71 U. Wilamowitz, Euripides Herakles p. 29, n. 56; cf. A. Schachter, Some underlying cult patterns in Boeotia, Teiresaias, Suppl. I, 1972, pp. 17 ss.
72 Cf. Broadbent, loc. cit., πρόϰ ις di IG 1827 è forse un Thespiade.
73 A. Mele, Elementi formativi degli ethne greci e assetti politico -sociali, in e civiltà dei Greci, I, Milano 1978, pp. 68 ss.
73a Cf. Vian, op. cit., pp. 194ss. L’indagine andrebbe tuttavia approfondita, avendo presenti tutti i miti relativi all’Asopo.
74 Cf. N. Valenza Mele, Hera ed Apollo nella colonizzazione euboica d’Occidente, MEFRA 89, 1977, pp. 493 ss., spec. p. 497.
75 G. Buchner, Rend. Acc. Arch. BB. AA. 24-25, 1949-50, pp. 1 ss.
76 IG XIV, 759.
76a W. Burkert, Homo Necans, New York-Berlin 1972, pp. 125-133.
76b H. Lloyd-Jones, Aristaios in Boeotia?, ZPE 25, 1977, pp. 135-36, che commenta e corregge l’epigrafe pubblicata da A. Schachter, Aristiastai: An inscription from Vathy (Boiotia) reconsidered, ZPE23, 1976, pp. 251 ss. : il termine Άριστ[ ι]αστή potrebbe piuttosto esser integrato Άριστ[ε]αστή e si potrebbe riportarlo quindi ad Aristeo, piuttosto che ad άριστη,, inteso come epiteto di divinità. L’ipotesi sembra molto probabile, dal momento che anche lo Schachter avvertiva la difficoltà di spiegare il nome di una associazione come derivato dall’epiteto della divinità, piuttosto che dal nome direttamente. Peraltro il rapporto Aristeo-Aktaion-Adone, messo in luce appunto dal Burkert, spiegherebbe nell’epigrafe la Άρισ[ε]αστή accanto alla Άφροδισιαστή.
77 G. Pugliese Carratelli, Problemi della storia di Cuma arcaica, Atti Convegno Lincei « I Fle-grei... », cit., pp. 173 ss.
78 Apollod. II, VII, 8.
79 Strabo IX, 2, 10, 404 C; cf. I. Chirassi, Elementi di culture precereali nei miti e riti greci, Roma 1969, p. 146; e già J. Murr: Die der griechische Mythologie, Innsbruck 1890; rep. Groningen 1969, p. 246.
79a Kroll, RE XI, 1921, col. 900, s. v. Knabenliebe; per la società calcidese, A. Mele, I caratteri della società eretriese à l’étude de la societé et de la colonisation eubéennes, Cahiers du Centre Jean Bérard 2, Naples 1975, pp. 15 ss.
79b F. Vian, Les origines, cit., pp. 86-87; 137-138.
80 Lippold, RE IIA, 1923, s. v. Sykion; VI A, 1936, col. 286, s. v. Thisbe; territorio di Sicione confinava con Thisbe, Buck, op. cit. ; P. Wallace, description of Boiotia. commentary, Heidelberg 1979, pp. 112-114.
81 Cf. supra.
81a Cf. anche i dati relativi ai Θηβαγενῖς : Eforo, FGrHist. 70 F 21; Diod. XIX, 53, 1; Androtion, F 60, evidenziati da M. Sordi, art. cit. ; per Anfiarao e Narkissos, cf. C. Talamo, supra, p. 39.
82 Cf. W. W. Baudissin, Der Karthager Iolaos, Philothesia P. 1907, pp. 293 ss.
83 Nella Mauretania Caesarensis, CIL VIII, 280 ; 9341 ; 9767 ; cf. Gsell, Histoire ancienne de l’Afrique
84 Per il problema del passo di Polibio, Baudissin, art. cit. ; Id., Adonis und Ešmun, Leipzig 1911, pp. 283-284; L. F. Benedetto, Le divinità del giuramento annibalico, Rivista Ind. grec. I III, 1919, pp. 101 ss.
85 Cf. Bianchi, Sardus Pater, RAL 18, 1963, p. 87.
86 Bianchi, art. cit., p. 109.
87 Herakles ebbe tale epiteto a seguito della vittoria sui Giganti; cf. Titan. fr. 5 Kinkel; Pind. 67-72; VII, 90; Eur. Herc. 180; Diod. IV, 15, 1; cf. Ν. Valenza Mele, Eracle euboico a Cuma, Gigantomachia e la via heraclea, in sur les cultes grecs et l’occident, Cahiers du Centre Jean Bérard, 5, Naples 1979, pp. 19 ss. Il titolo Καλλίνικος si ritrova a Thasos, IG XII Supp. 413; cf. M. Launey, Le sanctuaire et le culte d’Héraklès à Thasos, Paris 1944, p. 97, n. 21 e p. 138.
88 La sua tomba, vicina a quella di Anfitrione era oggetto di culto (vi si scambiavano giuramento di fedeltà amanti e amati, Arist. fr. 97 Rose.); a Tebe si svolgevano feste annue chiamate Ίωλά- ε ια e poi’Ηράκλεια (Schol. Pind. Isthm. V, 38; Schol. Pyth. IX, 157 b; Schol. Pind. Isthm. I, 11),
89 Cf. M. P. Nilsson, of Greek Mythology, 1932; rist. anast., 1972, p. 195 ss.
90 Cf. C. Grottanelli, Melquart e Sid tra Egitto, Libia e Sardegna, Riv. Fenici 1, 1973, 153-164.
91 Questo è dato da epigrafi, alcune in punico ed altre in latino, rinvenute nel santuario di Antas, cf. M. G. Guzzo Amadasi, Note sul dio Sid, in E. Acquaro, F. Barreca e altri, Ricerche puniche ad Antas (Studi Roma 1969, pp. 95 ss. ; G. Sotgiu, Culti e divinità nella Sardegna Romana attraverso le iscrizioni, Studi Sardi, 1952-54, p. 575; cf. anche G. Garbini, Le iscrizioni puniche di Antas (Sardegna), AIUON 19, 1969, p. 317.
92 Cf. C. Grottanelli, art. cit., cf. anche Sznycer, Note sur le dieu Sid e le dieu Horon, Karthago 15, 1969, pp. 69 ss.
93 Si prescinde qui dalle situazioni in cui Iolao è legato direttamente all’ambito punico, al mito cioè della quaglia, per cui cf. Eudoxos apud Athenaeum IX, 392 D; Eust. ad Om. Od. 1702, 51 ; Zenob. V, 56. Per questo cf. G. Ch. Picard, Hommages à J. Bayet, Bruxelles 1974, p. 569. L’identificazione di Iolao su rasoi punici (G. Ch. Picard, Karthago 1966, pp. 71-72; 86-88) non è priva di difficoltà (cf. Grottanelli, art. cit), tanto più che il rapporto Iolao-radice del colo- casion non è esplicito (cf. Steph. Byz. s. v. "Ακη).
94 Aristotile si era occupato di sogni.
95 de anima, cap. 49.
96 E. Rhode, Rhein. 1882, pp. 465 ss., ora in K. S. II, pp. 204-208.
97 E. Rhode, Sardinische von den Neunschlàfern, Rhein. Mus. 35, 1880, pp. 157 ss., ora in K. S. II, p. 197; cf. Id., Psyche, it., pp. 125 ss.
98 R. Pettazzoni, La religione primitiva in Sardegna, Piacenza 1912, pp. 4 ss.
99 Ibidem.
100 Ibidem; l’ipotesi del Pettazzoni è in genere accettata dai moderni (cf. G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal all’età dei Nuraghi, Torino 1967, p. 338; E. Contu, La Sardegna dell’età nu-ragica, in e civiltà dell’Italia antica, Roma 1974, pp. 145 ss. che però accentuano le eventuali influenze micenee su tali culti. Ma la nostra tradizione non ha espliciti riferimenti al mondo cretese, e se d’altra parte le « tombe dei giganti » vanno datate col Contu intorno al 970, siamo già in epoca più tarda. Non si vogliono comunque negare possibili influssi micenei, quanto piuttosto si vuole sottolineare che la tradizione in esame legata a Thespiadai, cioè ad una aristocrazia sacerdotale non conserva memoria di questo. L’intuizione del Pettazzoni è peraltro corretta, specie nella misura in cui rileva che l’incubazione non è un fatto limitato al mondo fenicio. Altri esempi infatti non mancano in area mediterranea; ai Nasomoni, menzionati in Erodoto (IV, 172) e ricordati dal Pettazzoni, si possono aggiungere Fauno (cf. L. Deubner, De 1900, p. 23) e Calcante (cf. Tzetz ad Lyc. 427; Schol. Dionys. Per. 850; E. Rhode, Psyche, it., p. 191). Per il rapporto dio-antenato nell’incubazione, cf. Macrob. I, 3, 8.
101 G. Pesce, Nora, Guida agli scavi, Bologna 1957, p. 82; Id., Due Statue scoperte a Nora, Studi Paribeni-Romanelli III, Milano 1956, pp. 289 ss.
102 Pesce, Due statue, cit.
103 CIL X, 7856; cf. G. Sotgiu, Culti e divinità nella Sardegna Romana attraverso le iscrizioni, Studi Sardi, 1952-1954, p. 575.
104 L. Deubner, De incubatione, cit. ; E. Rhode, Psyche, E. R. Dodds, Greeks and the Irrational Berkeley-Los Angeles 1973, pp. 102 ss.
105 Prescindendo dal nome della città cui si è voluto dare lo stesso significato, cf. S. Fasce, Eros. La figura e il culto, Genova 1977, p. 117, che cita L. Grasberger, Studien zu den griechischen Ort-snamen.
106 Cf. L. Bouché-Leclerq, Histoire de la divination dans l’antiquité, Paris 1880, Vol. III, pp. 309-310 che ricordava anche come pure nel mondo latino, Ercole abbia in taluni testi epigrafici l’epiteto di « Somnialis ».
107 Bouché-Leclerq, op. cit.
108 A. Brelich, Gli eroi Greci. Un problema storico-religioso, Roma 1958, p. 194; già Gruppe, RE III, col. 1011.
109 Brelich, cit., p. 115.
110 Per Hyetto: Paus. IX, 24, 3; R. Etienne et D. Knoepfler, Hyettos de Béotie et la chronologie des archontes fédéraux entre 250 J. -Ch., BCH Supp. III, Paris 1976, pp. 177 ss.
111 R. Etienne et Knoepfler, cit., p. 179; Plato Ion. 533 d; Tim. 80c.
112 Apollodoro (II, IV, 12), anche ricollega l’Herakles che va da Thespios a farsi purificare a quello che è impazzito per colpa di Hera e ha tentato di uccidere i suoi figli dopo la lotta contro Lyco.
113 Y. Béquignon, La vallée du Spercheios des origines au IVème siècle, Paris 1937, pp. 204 ss.
114 Cf. M. Broadbent, op. cit. e Prinz, RE XIV, 1974, col. 1650 s. v. Herakles, entrambi sottolineano come l’impresa dell’uccisione del leone del Citerone attribuita da Apollodoro al-l’Herakles di Thespios, è rivendicata ad Alkathoo (Dieuchidas FGrHist. F 10).
115 P. Jamot, Mél. Parrot 1903, pp. 195-199; Jahresh. Beiblatt 96. Per il rapporto Herakles-Thespie, Gruppe, RE III, col. 917; Id., Die eherne Schwelle und der Thorikische Stein, ARW 15, 1912, pp. 359; M. Launey, Le sanctuaire et le culte d’Héraklès à Thasos, cit., pp. 202 ss.
116 M. Eliade, Forgerons et alchimistes, p. 35 ss.
117 Cf. w. 120 ss. Il dio appare subito dopo Gaia e Chaos.
118 West, Hesiod-Theogony, pp. 195-196.
119 Per le Έρωτίδια di Thespie, cf. RE s. v. Thespie; J. et L. Robert, Bull. Epigr., 1978, 215; (cf. Teiresias, Appendix Epigraphica, 1979, 01)
120 S. Fasce, cit.
121 SEG XV, 324; Teiresias, AE, 84; J. Vocotopoulou, Le trésor de vases de bronze de Voton-si, BCH 99, 1975, pp. 749-754.
122 Il narciso a Thespie è anche ricordato in una dedica di Adriano ad Eros, IG VII, 1828. Per le valenze di Narkissos, cf. I. Chirassi, op. cit. ; Murr, op. cit.
123 I. Chirassi, op. cit. ; per ναρκάν cf. P. Chantraine, Diet. Etymologique de la langue grecque, s. v
124 I. Chirassi, loc. cit.
125 Cf. Gruppe, art. cit. ; per il nome’Ιφικλής/’Ίφικλος cf. Bechtel, Die historischen Personemamen der Griechischen bis zur Kaiserzeit, Halle 1917, p. 248.
126 Notare che si tratta del pero selvatico, l’άχερδον, di cui è noto il valore nell’ambito della fecondità.
127 Pherekydes, FGrHist. 3 F, 33; Schol. Om. Od. 292, 1685.
128 È notevole che in entrambi i casi ci troviamo di fronte due composti in-λαός —; per Ίώλαος cf. Chantraine, op. cit., s. v. : — ιφι, che dà come probabile questa componente per la prima parte del nome; cf. già prima Kroll, RE s. v. Iolaos.
129 Art. cit.
130 Cf. anche Thuc. VII, 102; Strabo VII, 331 C; XIII, 595 C; Plin. N. H. IV, 49; Mela II, 2, 5; Paus. I, 34, 2.
131 Cf. Brelich, op. cit. ; e già prima Rhode, Psyche, cit., p. 191; cf. anche Radke, RE XXIII, 1957, 932, s. v. Protesilaos.
132 Cf. H. Diels, Sibyllinische Blatter, Berlin 1890, p. 43, n. 2.
133 Il numero 7 ha un ruolo importante in tutte le versioni del mito dei Thespiadai: 7 sono quelli che rimangono a Thespie (Diod. IV, 29); secondo una versione il rapporto di Herakles con le Thespiadai sarebbe durato 7 notti (Herodor. FGrHist. 31 F 20); ancora, secondo Pausania (IX, 27, 6) furono 49, cioè ancora un multiplo di 7, le Thespiadai che si unirono ad Herakles, cf. Roscher, Myth. Lex., s. v. Thespios.
134 G. Garbini, I Fenici in Occidente, SE34, 1966, pp. 111ss. e S. Moscati, La penetrazione fenicia e punica in Sardegna, Mem. Acc. Lincei, Ser. VIII, 12, pp. 215 ss.
135 Ps. Scyl. per. 111; S. Mazzarino, Fra Oriente e Occidente, Firenze 1947, p. 119; pp. 271-274; Id., Il Pensiero storico classico, I, Bari 1966, p. 114; pp. 224ss.
136 Briareo è un appellativo di Herakles, Zenob. V, 48; per il culto in Eubea, cf. RE s. v. v. Briareos.
137 G. Pesce, Nora, cit.
138 Ricordata anche da M. Gras, Les Grecs en Sardaigne, cit. ; Tronchetti, Riν. Fenici, 1979, 201-205; D. Ridgway, infra, pp. 139; Id., Archaeological Reports for 1979-80, pp. 54 ss., spec. p. 60.
139 G. Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, Verona 1966, pp. 26ss. ; cf. V. Santoni, Nota di protostoria della Sardegna, MEFRA, 1977, pp. 447 ss.
140 Cf. art. cit. in Atene e Roma, 1966. Che le tradizioni legate a Cadmo fossero rifiutate a Tebe nel V sec., come afferma la Sordi, appare tuttavia discutibile: se in Erodoto e in Tucidide, i Te-bani non sono mai chiamati « Cadmei », il termine tuttavia ricorre in questa accezione più volte in Pindaro.
141 J. Bayet, Herclé, Paris 1926, pp. 170 ss.
142 C. De Simone, Die griechischen Entlehnungen in Etruskischem, Wiesbaden 1968, vol. I, p. 66, con l’elenco dei documenti (stamnos e specchi in cui il nome ricorre; vol. II, p. 121; cf. già G. Devoto, Tendenze fonetiche etrusche attraverso gli imprestiti dal greco, SE 1, 1927 pp. 255 ss. ; Ribezzo, Riv. Indo-Greco-Italica 11, 1927, p. 133 (rec. a Devoto, art. cit.). Per la forma F ιoλαFσς su un vaso corinzio, cf. Kretschmer, Griech. Vaseninschriften, n. 43, p. 26.
143 G. Vallet, Rhégion et Zanclé, cit, pp. 301 -305, e più recentemente Sabbione, relazione tenuta al convegno di Salerno, cit. e in corso di stampa, che ricorda una anfora della variante OSO, da Milazzo, datata a fine VII, « nella fase in cui la necropoli appare strettamente connessa con le altre di origine euboica », con graffito F εργα dopo la cottura.
144 Interessante rimane l’ipotesi di J. Heurgon, À propos du cognomen Violens et du tombeau des Vo-lumni, Arch. Class. Χ, 1958, pp. 151 ss., che il cognome non significhi « violento », ma sia in rapporto appunto con Iolao; egli ricorda a questo proposito dei versi di Terentianus Maurus, De Syllabis, 656-7: et viola flos nuncupatum, quem Grai vocant, et Iolaus ille Violens. Cf. Anche A. Pfiffig, Religio Etrusco, 1975, pp. 345-6.
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