I Ciclopi, Calcodonte e la metallurgia caldicese
p. 9-33
Texte intégral
11. — L’esistenza di una siderurgia calcidese in età arcaica è un fatto ormai indubitabile. Giacimenti di ferro risultano ancor oggi nella parte centrale dell’Eubea,e quelli nell’area di Psaknà sono facilmente accessibili da Calcide1. La presenza in età antica di οιδηρωρυχεῖα in Eubeae a Calcide viene più volte sottolineata dalle fonti. Callimaco parlava di un dio od un eroe come di colui che aveva insegnato in Eubea l’arte di scavare il ferro2. Strabone, nella zona centrale dell’Eubea, a ridosso di Calcidee della piana di Lelanto, ricorda un μέταλλον ϑαυμαστόν in comune di ferroe di rame, minerali entrambi (ἀμφότερα), al pari dell’argento attico, estinti nell’età sua (o meglio della sua fonte)3. Stefano Bizantino sapeva invece di σιδηρᾶ ϰαὶ χαλϰᾶ μέταλλα in Eubea4 ed Eustazio ricordava miniere dello stesso tipo nella zona di Calcide in Eubea5. La fonte ultima della notizia straboniana sulle risorse minerarie dell’Eubea si rivela Posidonio. Al filosofo di Apamea riportano, infatti, l’interesse per le fonti calde con la menzione di Siila6; l’accenno ai terremoti frequenti in Eubeae Beozia, con il richiamo sia alle teorie posidoniane circa le origini dei terremoti7, sia alla testimonianza di Demetrio di Kallatis, fonte di Posidonio8, relativa al terremoto che portò allo sprofondamento di zone dell’Eubea intorno al Ceneo, con la annessa citazione di Eschilo9.
2Lo sfruttamento di questi giacimenti doveva essere ancora in atto nel IV sec.: Strabone ricorda nell’epoca di Alessandro un Krates ἀνὴρ Χαλϰιδεύς esperto di scavi minerari, μεταλλευτής10. Ma lo sfruttamento doveva risalire all’età arcaica. Così la pensava Callimaco se gli inizi dello scavo faceva ascendere ad età mitica, a un dio ο ad un eroe11. Eraclide Lembo, ossia Aristotele, la pensava allo stesso modo. Egli connetteva, infatti, la fondazione di Kleonai al fatto che i Calcidesi erano stati costretti ad abbandonare la loro patria, Elymnion, perché i topi vi rodevano perfino il ferro12. L’aneddoto torna per l’isola di Gyaros, i cui abitanti furono, secondo Aristotele13, costretti alla partenza dai topi che mangiavano la γῆ σιδηρῖτις; e per il paese dei Chalybes, dove, secondo Teofrasto14, i topi facevano altrettanto nelle officine per il ferro. Il presupposto, dunque, di questa notizia aristotelica su Elymnion è l’esistenza in essa di γη σιδηρῖτιςe di officine. Elymnion, d’altro canto, viene attribuita ai Calcidesi da Eraclide, mentre Aristofane sembra collegarla ad Oreos15, e un personaggio di Elymnion viene citato in un’epigrafe proveniente da Histiaea16: se ne deve dedurre una localizzazione euboica settentrionale, in zona di forte influenza calcidese. Quanto all’epoca cui l’episodio risaliva, sempre Aristotele17 garantiva che la colonizzazione euboica della Calcidica faceva tutt’uno col moto coloniale che aveva toccato l’Occidentee coll’iniziativa degli Hippobotai di Calcide: una datazione tra VIII e VII secolo è, dunque, implicita. Conclusione non contraddetta da quanto finora sappiamo sulla penetrazione dei prodotti greci in Calcidica18.
3Un’altra conferma di attività mineraria in Eubea in età arcaica si ottiene combinando assieme notizie di Eforo ed Aristotele con una voce della Suda. Eforo19 attesta per Cuma in Opicia, in zona quindi di colonizzazione calcidese, un termine specifico, ἄργιλλαι, che indicava κατάγειοι οἄϰίαι, connesse tramite ὀρύγματαe proprie della locale μεταλλεία: una pratica, aggiunge Strabone20, che i διώρυγες tra l’A vernoe Cumae tra Dicearchiae Neapolis avevano ripreso. Secondo Eustazio, questi ὑπόγεια οικήματα si sarebbero chiamati ἄργιλαι21. La Suda, a sua volta, cita un termine αργελλα, come di un οἴκημα Μαϰεδονιϰόν, riscaldando il quale ci si lava: una specie di sudatorio, quindi,e ancora un particolare οἲϰημα. Eraclide Lembo22 e Favorino di Arelate23 i quali risalgono in ultima analisi ad Aristotele di Stagyra, fondazione di Andro nella Calcidica24, ricordano che la città calcidica di Argilos, anch’essa fondazione di Andro25, doveva il suo nome al fatto che, nello scavarne le fondamenta, vi era stato trovato un topo, detto ἄργιλος dai Traci. Un topo, dunque, che viveva sotterra, se venne ritrovato in queste circostanze: in una ϰατάγειος οἰϰία con relativi ὀρύγματα in altri termini. Ad ἄργιλλα-ἄργιλα nella calcidese Cuma corrispondevano perciò con analogo valore ἄργελλα ed άργιλος nella Calcidica. Mediatrice necessaria tra le due aree è Calcidee la necessità per i μεταλλεῖς locali di termini specifici per i loro ὀρύγματα26.
4Coerenti con queste conclusioni sono i dati sui σιδηρεῖα euboici. Teofrasto ricorda le particolari virtù del carbone tratto dalla ϰάρυα εὐβοιϰή nella lavorazione del ferro27: tutto ciò in un contesto, che per contenere la descrizione dei vari tipi di carbone adatti ai vari metallie alle varie fasi della loro lavorazione, appare come il punto di approdo di un’esperienza metallurgica di vecchia data. D’altro canto v’è, come è largamente noto, menzione di un caratteristico prodotto della siderurgia calcidese, le spade, già in Alceo28. Una menzione cui corrispondono, in Archiloco, la notizia della bravura nella spada dei signori dell’Eubea29 e, archeologicamente, le spade provenienti dal cosiddetto Heroon di Eretria30 e da Lefkandi31.
5Il quadro sembra così completo: le tradizioni raccolte da Callimacoe Posidonio sulla siderurgia calcidese trovano puntuale conferma per l’età arcaica per tutto l’arco delle operazioni relative: dalla estrazione alla lavorazione, alla diffusione dei prodotti in ferro. In questo contesto la presenza di officine per la lavorazione del ferro nella lontana Pithecusa, non è che uno degli aspetti di questa vocazione siderurgica dell’Eubea arcaica32.
62. — Alle notizie di una siderurgia calcidese, se ne aggiungono altre relative alla chalcurgia. Abbiamo già visto come in Strabone, Stefano Bizantino, Eustazio si parli anche di giacimenti di rame in Eubea, nella zona di Calcide in particolare; sappiamo anche che la fonte di queste notizie era in Strabone Posidonio. Possiamo aggiungere ora che Plutarco33 ricorda in Eubea un giacimento ormai estinto, al pari di quelli attici d’argento, dal quale era venuta la χαλϰῖτις per le famose spade euboiche, di cui anche Eschilo aveva a suo tempo fatto menzione. La fonte anche in questo caso è Posidonio. Evidenti, infatti, sono le convergenze con la tradizione straboniana. Strabone non aveva parlato solo di ferro, ma anche di rame; aveva, d’altra parte, dichiarato estinto tale giacimento al pari di quelli attici d’argento. Le concordanze sono assaï forti, ma vanno anche al di là della menzione dei giacimenti. Plutarco parla in generale di acque calde, di estinzioni, spostamentie ricomparsa di fontie conclude con una citazione di Eschilo: proprio come nel passo che Strabone deriva da Posidonio34 e, per suo tramite, da Demetrio di Kallatis, il quale descriveva proprio gli stessi fenomeni in relazione ad un preciso evento catastrofico, che aveva interessato l’Eubea settentrionale35. La miniera citata da Plutarco è, quindi, assai probabilmente il μέταλλον ϑαυμαστόν citato da Strabone, ridotto a solo giacimento di χαλϰῖτις. Era infatti l’unico minerale che lo interessava in vista della citazione delle spade in Eschilo: spade che in quanto calate in un contesto mitico dovevano essere naturalmente di bronzoe non di ferro36.
7A queste notizie se ne collegano altre che rivendicano all’Eubea la scoperta del χαλϰός. La notizia era in Epafrodito, grammatico liberto di Nerone, commentatore dell’Hekale Hekale di Callimaco. Questi, come si deduce da Stefano Bizantino che lo cita sotto la voce Αἴδηψός, riferiva la cosa in relazione ad un verso di quel poemetto, dove si parlava per Teseo di un Αἰδήψιον ἆορ37. La notizia viene ripetuta da Plinio il Vecchio38, Solino39, Stefano Bizantino ed Eustazio40, con la. precisazione che proprio dallo sfruttamento delle locali risorse di rame era derivato il nome di Χαλϰίς alla città prima detta Euboiae l’etnico Χαλκιδεῖς ai suoi cittadini41.
8In particolare a Calcide veniva attribuita la prima fabbricazione di χαλκᾶ ὃπλα. Secondo gli autori di Euboiká ed Aristos Salaminio42 l’invenzione spettava a Kombe — madre dei Cureti euboici43—, la quale proprio in forza di ciò avrebbe assunto il nome di Chalkís. Secondo un’altra tradizione, imparentata con questa, furono gli stessi Cureti a fabbricare ed indossare per la prima volta le armi in Eubea, divenendo così Χαλϰιδεῖς. Questa tradizione è per noi attestata da Apollodoro in Strabone44, da Epafrodito in Stefano Bizantino45, da Eustazio46, ma si legge anche in un papiro di Ossirinco47 ed è implicita per i Cureti euboici figli di Kombe in Nonno di Pannopoli, che a due di essi attribuisce i nomi di Damnameneoe di Akmon48. Secondo tale tradizione, quindi, è da un primato nella fabbricazione delle armi di bronzo che derivano il toponimo Χαλϰίςe l’etnico Χαλϰιδεῖς.
9Alquanto diversa è l’opinione di Istro49, per il quale furono i Ciclopi che nella grotta euboica di Teuchion fabbricarono le prime armi. La stessa notizia si ritrova nel già citato papiro di Ossirinco50, completata nel senso che ad indossare per primo queste armi fu Briareo: un eroe che riceveva, tra l’altro, un culto a Calcide51 e che Demetrio di Kallatis considerava un Ciclope52. Secondo quest’altra tradizione, dunque, non solo le armi erano state per la prima volta fabbricate ed indossate in Eubea, ma perfino il nome di τεύχεα era nato in Eubea.
10Ad età mitica, infine, venivano fatte risalire anche le famose spade euboiche. Ne parlavano Eschilo53, e soprattutto Callimaco54 ed Hegesianatte55, questi ultimi ponendole in relazione ad Egeoe Teseo.
11Anche per il χαλϰός, quindi, all’Eubeae in particolare a Calcide si assegnava un ruolo privilegiato, accreditandole sia giacimenti minerari di rame, sia officine di lavorazione, sia particolari produzioni, armie spade. Le fonti, cui queste notizie risalgono, sono in parte le stesse che abbiamo visto conservare notizie fededegne in relazione alla siderurgia calcidese: Posidonioe Demetrio di Kallatis per le miniere estinte; Callimaco, direttamente ο attraverso discepoli, come Istro, ο commentatori, come Epafrodito, per la produzione di bronzi. In più vi sono gli autori di Euboiká in blocco, citati da Zenodoto per Kombe-Chalkis. Opere del genere sappiamo che le avevano scritte Aristoteles di Calcide, un autore che può risalire al IV secolo56; e Archemachos, che appartiene quasi sicuramente al III secolo57, ma che parlava dei Cureti escludendone il rapporto con Kombe-Chalkis58. All’eroina calcidese alludeva con certezza Proxenos, autore di Chalkidiká59, che, ponendo l’equivalenza Chalkis-Kombe-Kymindis, certamente si allineava agli autori di Euboiká noti a Zenodoto. L’epoca di Proxenos è almeno il III a. C., ma gli scarsi frammenti non permettono di dire di più. Resta in ogni caso il fatto che, se tradizioni euboiche locali esistevano, sono questi autori quelli che più verisimilmente le hanno conservate. È certo comunque che, leggendosi, come si è detto, in Eschilo notizia di spade euboiche in bronzo, la tradizione di una chalcurgia euboica risalente ad età mitica aveva già corso in pieno V secolo.
123. — Il valore storico di queste notizie su χαλϰός e χαλϰᾶ ὃπλα in Calcide è stato però messo in dubbio dal Bakhuizen60. Il ragionamento dello studioso olandese è il seguente. Giacimenti di rame non sono rintracciabili nella zona di Calcide. I μέταλλα di rame, di cui è menzione in Stefano Bizantino ed Eustazio, sono probabilmente una proliferazione per sdoppiamento dell’unico giacimento di ramee ferro citato da Strabone sulla scorta di Posidonio. Nell’epitome di Strabone61 una cosa del genere risulta, in quanto nella zona di Lelanto appaiono μέταλλα di ramee di ferroe non l’unica miniera da cui si erano estratti i due minerali contemporaneamente.
13Un giacimento di rame prossimo ad uno di ferro è possibile. In Eubea, non nella zona di Calcide, ma nella parte meridionale dell’isola, a nord di Dystos, sono state localizzate tracce di ferro accanto a tracce di rame62. D’altro canto la presenza di pirite ο di chalcopirite in una miniera di ferro può indurre a parlare di miniere di ramee di ferro contemporaneamente63. In ogni caso importanti giacimenti di rame nella zona di Calcide non sono su queste basi ipotizzabili.
14Le tradizioni sul χαλϰόςe i χαλϰᾶ όπλα sono tutte viziate dal rapporto etimologico che si è voluto stabilire tra Χαλϰίς, Χαλϰιδεῖςe χαλκός. Ma in realtà esistono parecchie altre località denominate Χαλϰίς, senza però che questo comporti alcun legame col χαλκός: si può pensare quindi ad un radicale omofono di origine pregreca. L’esistenza di una importante tradizione siderurgica a Calcide ha fatto il resto ed è nata così la leggenda di una chalcurgia calcidese, mai realmente esistita.
15Queste argomentazionie conclusioni sollevano tuttavia non poche riserve. Come si è già notato le fonti sono in parte almeno le stesse che si sono dimostrate valide a proposito della siderurgia: Callimaco, Demetrio di Kallatis, Posidonio. Ma c’è di più. È un po’difficile considerare tutte queste tradizioni come esclusivamente eziologiche. Proprio l’esistenza di parecchie località dal nome Χαλϰίς che però non presentano analoghe tradizioni dimostra che la presenza di tradizioni chalcurgiche in relazione alla sola Calcide d’Eubea non è casuale. Né la presenza di una tradizione chalcurgica accanto a quella siderurgica può essere considerata un semplice sdoppiamento. L’esistenza per esempio di una tradizione di spade calcidesi in ferro, presuppone, lo si vede in Archiloco, un’aristocrazia militare,e questa a sua volta presuppone un interesse, oltre che per le spade, per i χαλ ϰᾶ ὄπλα: corazza, elmo, gambiere, scudo. A Pithecusa, d’altra parte, alle officine dei fabbri si affiancano quelle dei bronzieri64. A Lefkandi, infine, al ritrovamento di spade in ferro, si affianca il ritrovamento di una fonderia per il bronzo, risalente alla fine del X secolo65.
16Ma c’è dell’altro. Le tradizioni siderurgiche si sono sviluppate a partire dalle tradizioni chalcurgiche. Il termine greco per fabbro ferraio è rimasto χαλκεύς ancora in età classica: σιδηρουργός è soltanto ellenistico66. Efesto, il χαλϰεύς per eccellenza, lavora in Omero il ferro accanto al rame, allo stagnoe ai metalli preziosi67. Se ne deve dedurre un processo di acquisizionee sviluppo della siderurgia nell’ambito delle precedenti tradizioni ed esperienze metallurgichee quindi nell’ambito della chalcurgia. Una conferma, la più significativa per noi, è offerta dalle spade euboiche in ferro: spade del tipo Naue 2 = Snodgrass 1, le quali partono da prototipi bronzei della seconda metà del XIII sec. a. C.68. Immaginare, quindi, una tradizione chalcurgica in Eubea, accantoe anteriormente, a quella siderurgica non è affatto un arbitrio.
17Né per svalutare le notizie sulla chalcurgia calcidese occorre troppo insistere sul problema della presenza ο meno di μέταλλα. Anche a prescindere dal fatto che, si vide, tracce di rame in Eubea comunque ve ne sono ancora oggi, sia pure in zona diversa da Calcide; e dal fatto che le fonti relative conservano comunque, per es. per il ferro, tradi, zioni antiche fededegne, resta la constatazione che i maggiori centri di lavorazione del bronzo in età arcaicae classica — Rodi, Creta, la Laconia, Argo, Sicione, Corinto, Egina, Atene, Samo, Locri, Taranto — si sviluppano indipendentemente dal diretto controllo di giacimenti minerari.
18Il rame si importava già in età omerica regolarmente69. Nella Theogonia esiodea, con la certezza di riferirsi ad esperienze ben conosciute, si poteva in una similitudine richiamare la fusione del ferroe quella dello stagno70, minerale quest’ultimo non presente in Beoziae che i Greci tutti dovevano importare da zone assai lontane, come la Spagna, l’Armorica, la Cornovaglia71. Tutto ciò in epoca arcaicae in un ambito di ascolto, che era in primo luogo beotico: limitrofo quindi rispetto all’ambito calcidese che qui ci interessa. Va da sé che questo accadeva per lo stagno, a forziori doveva accadere per il rame; tanto più poi se si tiene presente che il bronzo si otteneva tra l’altro mescolando al rame proprio lo stagno.
19Un’ulteriore conferma di questa possibilità di tradizioni chalcurgiche anche in zone sprovviste di giacimenti propri si ottiene dall’Attica. Qui il peso di una forte tradizione chalcurgica è evidente. Nel mese di Pyanopsion, a ricordo della introduzione da parte di Efesto del χαλϰός in Attica, si celebrava in onore suoe di Atena, la divinità poliade per eccellenza, la festa dei Χαλϰεΐα, in origine πάνδημος e quindi detta anche’Aϑήναια, poi limitata ai soli artigianie ai bronzieri in maniera particolare72. Questa storia della festa è assai significativa: il suo sviluppo segna infatti la vicenda stessa del rapporto tra gli artigianie la comunità del δῆμος. Una vicenda che parte dalla posizione originariamente privilegiata del δημιοεργός73 e dello stesso χεφῶναξ74 per giungere alla esclusione del βάναυσος dal mondo della polis75. Il carattere collettivo della festa alle sue origini è chiaro, quindi, che rispecchia il rapporto artigiano δήμος nel suo aspetto più arcaico.
20Ulteriori precisazioni a riguardo si ricavano da tutta un’altra serie di particolari tradizioni mitiche dell’Attica. Efesto vi era messo in relazione a Daidalos76 e questi a sua volta era al centro di un mito che interessava i suoi rapporti col nipotee la sorella, madre dello stesso77. Allo stesso Daidalos si riconnettevano demi come Daidalidai e, probabilmente, Ikaria78, ma soprattutto si riconnetteva Metion, capostipite dei Metionidai79. Questi costituivano il ramo cadetto della famiglia reale attica, in lotta con l’altro costituito dai Pandionidai, ma nello stesso tempo, attraverso i propri componenti, esprimevano un rapporto privilegiato colla metallurgiae in particolare colla chalcurgia. Né basta, che in realtà la famiglia reale attica nel suo complesso veniva fatta risalire ad Efesto80. Parallelamente sono presenti in Attica: tribù funzionali (Hopletes, Aigikoreis), di cui una, gli Hopletes, messa, attraverso Meta, figlia di Hoples, in rapporto con i Metionidai ed Egeo81; e γένη funzionali, di cui alcuni con evidenti implicazioni artigianali: Πραξιεργίδαι, Χαλϰίδαι, Αἰγειρότομοι, Φρεωρύχοι82.
21A completare il quadro si aggiunge l’esistenza di una serie di demi a carattere funzionale metallurgico, Ephestiadai, Aithalidai, Eupyridai, Pelekes, Kropidai;e la documentata presenza in età arcaica di una scuola di bronzieri, i cui inizi si colgono già in età geometrica83. La tradizione, antica, cultuale, toponomastica, registra tutto ciò e, nella misura in cui strettamente connette chalcurgiae famiglia reale attica, attinge livelli che vanno al di là della semplice posizione di relativo privilegio del δημιοεργός, omerico ed arcaico, per collegarsi invece ai livelli originari di tale privilegio. Ciò che qui si coglie, in altri termini, è l’unità originaria delle funzioni del δημιοεργός, poi sdoppiatesi in funzioni politichee in funzioni artigianali, rispettivamente in ambito doricoe in ambito ionico-attico84; ο meglio il legame stretto tra qasirewe micenei e bronzieri85, che è il modulo che più si attaglia a dei βασιλεῖς-χαλϰεῖς, quali i re discendenti da Efesto e, sopra tutto, i Metionidai tendono a presentarsi86. Al di qua dell’Euripo, dunque, fiorirono tradizioni chalcurgiche, nelle quali il momentoe la forma della transizione dal wanax al basileus, dal regno miceneo alla comunità omerica, lasciano immediata testimonianza. Tutto ciò indipendentemente dal possesso diretto di giacimenti di rame.
22Un’ultima osservazione. Le tradizioni relative alla chalcurgia euboico-calcidese si rivelano anch’esse arcaiche. L’esaltazione della città in relazione a meriti nel campo dell’artigianatoe l’elaborazione di miti in proposito bene si attagliano a un’epoca di χαλϰῆƑες, di δημιοεργοίe di χειρώναϰτες (nel pieno senso del termine ἄναξ), ma non ad una di volgarie disprezzati βάναυσοι. In altri termini tradizioni del tipo di quelle prima ricordate presuppongono capacità mitopoietiche in ambienti connessi alla metallurgia e, quindi, una condizione di questi ambienti quale si può intravedere tra l’età micenea, con i suoi privilegiati χαλϰῆƑες87, e quella arcaica, con le sue corporazioni artigianali ereditarie, gli eroi ο le divinità protettrici ed ispiratrici delle stesse, l’indistinzione tra professionie mestieri88.
23In conclusione le notizie sulla bronzistica calcidese non possono essere totalmente rifiutate:e per la qualità delle fonti che le tramandano;e perché strettamente connesse alla sola Calcide di Eubea;e perché non rigidamente condizionate all’esistenza di giacimenti, per altro non negabili del tutto;e infine perché arcaiche nelle loro origini.
24La presenza, però, di una fonderia già nel X sec. a Lefkandi89, la prossimità di Calcide a Lefkandie la più che probabile sostituzione di Calcide a Lefkandi nel controllo dell’Euripo settentrionalee in quello del distretto metallifero intorno a Psaknà, obbligano almeno a chiedersi se le tradizioni metallurgiche di Calcidee in specie quelle chalcurgiche non siano un’eredità di Lefkandi.
25Decisiva, a questo riguardo, risulta l’analisi di due delle tradizioni « mitiche » relative alla metallurgia calcidese: la tradizione sui Ciclopie quella su Chalkodon re di Calcide.
264. — Già si vide come secondo Istro Callimacheo90 i Ciclopi inventarono in Eubea le armi in una grotta detta Teuchion, mentre secondo un papiro di Ossirinco, che riassume Istro, fu Briareo ad indossare per primo queste armi, La notizia, concorde con altre tutte tese ad illustrare il primato bronzistico di Calcide, è stata svalutata mettendo in dubbio il rapporto τεύχεα-Τεύχιον91. In effetti il rapporto se c’è è inverso: non sono i τεύχεα ad essersi detti così dalla grotta Τεύχιον, ma esattamente il contrario. Tutto questo però lascia intatto il problema della esistenza di una grotta del genere in Eubeae del rapporto eventuale di essa col culto dei Ciclopi92.
27Che un culto del genere in Eubea esistesse può essere ampiamente provato. Già si è detto di Briareo, venerato a Calcide93 e a Karystos in particolare94, considerato un Ciclope da Demetrio di Kallatis95 e indicato, probabilmente da Istro Callimacheo96, come colui che per primo indossò le armi che i Ciclopi euboici avevano fabbricato. In effetti Briareo è, in Esiodo97, figlio di Urano al pari dei Ciclopi e, come i Ciclopi, assiste assieme ai suoi fratelli Zeuse gli altri dei nello scontro con i Titani98.
28Genero di Poseidon secondo Esiodo99, figlio secondo Omero, è anche in ciò vicino ai Ciclopi, se Polifemo è figlio di Poseidon100 e i Ciclopi hanno sull’Istmo culto accanto a Poseidon101. Le affinità si spiegano tenendo conto della comune natura di entrambi. Briareo-Aigaion, eroe caro agli autori di Euboikà102, appartiene alla categoria di quegli esseri giganteschi cui è affidato il dominio sui passie sulle forze naturali connesse, in particolare ventie procelle103: vicino dunque a degli esseri come i Ciclopi, che da una natura originaria di demoni ctonici del fuoco passano a quella di artefici del fulminee hanno modo così di incontrare Poseidon tanto nella sua veste ctonica di scuotitor della terra quanto in quella marina di signore dei ventie delle tempeste104. A ciò non contrasta la parallela qualificazione di Briareo come Titano: alleato dei Titani,e non loro avversario, è Briareo nella Titanomachia ciclica105; testimonianza dell’originario dominio dei Titani in Eubea viene considerato il già citato culto di Briareo-Aigaion a Calcidee Karystos; padre della Τιτανίς Euboia è Briareo secondo Hesychio106. La sostanziale affinità tra Titani, Giganti, Ciclopi viene già affermata da Omero107 come da Esiodo, che tutti li fa Ouranidi; ed il comune coinvolgimento in miti cosmogonici, come la Titanomachiae la Gigantomachia, ne conferma in via generale l’antichitàe le naturali affinità. Si accetti ο meno l’identificazione del Briareo euboico con un Ciclope, resta allora fuor di dubbio il fatto che un culto di Briareo attesta la permanenza in Eubea di un fondo di religiosità, gli esiodei πρότεροι, ϑεοί108, cui anche i Ciclopi si richiamavano109.
29Ma c’è di più. Eponimo del promontorio Geraistos nel sud dell’Eubea in quel territorio di Karystos, dove pure era forte il culto di Briareo, era un eroe Geraistos110, poi diventato Poseidon Geraistios, in onore del quale si celebravano i Geraistia. Il culto in questione si associava a quello di Artemis Bolôsiae presenta caratteri di alta antichità. Gli Achei partenti per Troia avrebbero fatto un’offerta a questa Artemis del Geraistos111; al ritorno da Troia un sacrificio al Poseidon del Geraistos compiono Dio-medee Nestore112; la tempesta che aveva travolto Aiace era oggetto di celebrazione nei Geraistia113. Il tutto rientra in un contesto cultuale, che associa all’eroe delle Ninfe, ed è documentato lungo una rotta che muovendo dall’Anatolia (Teos, Cos), tocca l’Attica, l’isola di Calauria, il capo Tainaros, Creta; rotta rispetto alla quale il promontorio Geraistos rappresenta un punto nodale di raccordo, il che lo fa apparire, al pari di Briareo, uno di quegli esseri divini connessi ai passie alle forze naturali ad essi inerenti, ventie tempeste in primis114.
30Tra queste testimonianze la più interessante per noi è quella relativa all’Attica. Qui al Falero compare un altare con dedica alle Ninfe Geraistai, ma contemporaneamente ad. Arthemis Lochia ed Ileithyia115: secondo il modello euboico, che vede Geraistos accostato ad Artemis Bolôsia, cioè ad un culto che richiama anch’esso l’Ileithya. Poco più lontano, nel demo di Lousià probabilmente116, compare Geraistos: a lui durante la guerra con Minos, gli Ateniesi, per liberarsi dalla carestiae dalla pestilenza che li affligge, sacrificano le figlie dello spartano Hyakinthos. Antheis, Aigleis, Lyaia, ο Lousia, Orthaia117.
31L’antichità del culto è largamente documentabile. Oltre al richiamo del complesso dei Geraistia, poi confluiti nel culto di Poseidon, parlano in questo senso: il sacrifìcio umano; il riferimento a Minose a un Hyakintos nella veste assai poco canonica di padre di numerosa prole118. Il rapporto con il Geraistos euboico è evidente, sia per la vicinanza dell’Attica all’Eubeae il rapporto colla rotta citata; sia per il legame stesso con Hyakinthos. Se infatti il sacrificio delle Hyakinthides a Geraistos richiama analoghe crisi nei rapporti tra questi demoni dei passie le ninfe a loro associate119, il rapporto specifico di Geraistos con le Hyakinthides, richiama il rapporto delle stesse con Artemis: si pensi all’Artemis Ίαϰυνϑοτρόφος di Cnido120 e ai rapporti che si possono stabilire tra i nomi delle Hyakinthides Orthaiae Lyaia ο Lousia ed analoghe epikleseis della dea121. Tutto ciò indirettamente rimanda al legame del Geraistos euboico con l’Artemis Bolôsiae conferma la stretta parentela tra i due culti. Ora il Geraistos attico è esplicitamente un Ciclope. Si torna, dunque, per l’Eubeae di nuovo per il territorio di Karystos, ad avere conferma del persistere di un fondo di religiosità connesso ai Ciclopie ai Ciclopi considerati in maniera diversa da quella di Omero; il quale ne ignora tanto la funzione cosmogonica, quanto il legame col maree la navigazione122, caratteri che fin d’ora si intravedono come tipici dei Ciclopi d’Eubea.
32In favore di precise tradizioni connesse ai Ciclopi, in quanto artefici del fulminee quindi responsabili della vittoria di Zeus sui Titani, parla la notizia straboniana di una thetéia di Apollo per Admeto svolta presso il tempio di Apollo in Tamynai, fondato dallo stesso Admeto123. La notizia non può essere messa da parte come semplice frutto di confusione tra l’Eretria euboicae quella tessalica, sia perché ad Admeto ed Eumelo rimandano tradizioni onomastichee genealogiche dell’Eubeae in particolare di Eretria; sia perché innegabili legami, toponomasticie cultuali, collegano Eretria ai territori sul golfo di Pagaseoe specialmente a Pherai124. Orbene questa thetéia di Apollo era stata motivata dal fatto che il dio aveva in un impeto d’ira ucciso i Ciclopi fabbricatori del fulmine di Zeus, poiché quel fulmine, oltre che a consentire la vittoria di Zeus sui Titani, aveva permesso a Zeus di uccidere Asclepio suo figlio. La tradizione si trovava nel Catalogo delle donne125 ed è quella cui si attiene Euripide nell’Alcesti126, mentre Pherekydes, pur accettandone la motivazione, riferiva l’ira di Apollo ai figli dei tre Ciclopi costruttori del fulmine127. Nella misura, dunque, in cui gli Eretriesi vantavano l’antichità del tempio di Apollo Tamynaios facevano propria la tradizione esiodea dei Ciclopi artefici del fuoco celeste ed alleati di Zeus nella lotta contro i Titani. A queste tradizioni tuttavia si richiamava in maniera specialissima Calcide. Sotto Pithecusa, la cui natura vulcanica si era rivelata ai Greci già sul finire del VII a. C.128, una tradizione, il cui testimone più antico è per noi la Theogonia di Pherekydes di Syros129, colloca Typhone. Un’altra tradizione, che fa capo per noi alla prima Pythica di Pindaro130, lo colloca sotto l’Etna, la cui natura vulcanica si era rivelata ai Greci se non prima, certo già nel 474 ο 479131. Nell’uno come nell’altro caso siamo in zona di colonizzazione calcidesee di fronte a tradizioni arcaiche. Ora Typhone, nell’ambito di quelle lotte che accompagnano l’instaurazione del ϰόσμος olimpico, era stata un’altra illustre vittima dell’arma che i Ciclopi avevano fornito a Zeus: quel βροντήν τε στεροπήν τε ϰαὶ αἰϑαλόεντα ϰεραυνόν132 che Esiodo direttamente riporta ai Ciclopi Brontes, Steropes ed Arges, artefici del fulmine che doma i Titani133.
33A questo stesso filone di tradizioni sui Ciclopi si richiama uno scolio ad Euripide134. Esso racconta che i Kyklopes, così chiamati dal loro re Kyklops, cacciati colla violenza dalla Tracia, si trasferirono in vari luoghi, ma soprattutto nella Kouretis; che erano ottimi τεχνῖται; che, scoppiata la contesa tra i figli di Abas argivo, essi appoggiarono dalla Kouretis Proitose per lui fortificarono poi la rocca di Tirinto. Si tratta di una versione razionalizzata della vicenda dei Ciclopi: gli elementi mostruosie straordinari vengono eliminati riferendo il nome non alle caratteristiche fisiche dei Ciclopi, ma al loro antico capo; le diverse localizzazioni vengono considerate diramazioni di un unico centro; la fabbricazione del fulminee il ruolo svolto nella Titanomachia vengono ridotti al possesso superlativo della τέχνη artigiana.
34In questo contesto tuttavia non si spiega il legame tra i Ciclopi della Kouretise quelli di Tirinto. Il problema è duplice: riguarda da un lato l’identificazione di questa terra di Curetie insieme di Ciclopi, dall’altro il perché del rapporto stabilito tra i Ciclopi della terra dei Curetie quelli di Tirinto. Il rapporto dei Ciclopi con Tirinto è noto anche da altre fonti135, nelle quali per altro Proitos, che si è rifugiato tra i Lici, riceve l’aiuto di costoroe si insedia a Tirinto, che i Ciclopi poi fortificano. In queste tradizioni i Ciclopi appaiono in rapporto colla Liciae coll’andata di Proitos in Anatolia. Proprio quel che la nostra fonte esplicitamente nega: Proitos non abbandonò mai l’Argolide, perché la stagione cattiva non gli permetteva di farlo;e fu proprio durante questo forzato intervallo, tra la sconfittae la rimandata partenza, che richiese aiuti dalla Liciae dalla terra dei Cureti. La terra dei Cureti, quindi, viene tenuta nella nostra fonte distinta dalla Licia. D’altra parte la Kouretis in questione deve realizzare la duplice condizione di essere sede di Curetie di Ciclopi contemporaneamente. Ora tra le sedi normalmente assegnate ai Cureti, Creta, l’Acarnania, l’Etolia, l’Eubea136, solo l’Eubea risponde a questa duplice condizionee qui i Cureti sono esplicitamente collocati nel territorio di Calcide137. La Kouretis del nostro scolio è, dunque, identificata con questo territorio, che è poi lo stesso cui portano le citate notizie sulla fabbricazione dei χαλϰᾶ ὅπλα, realizzata tra gli altri proprio dai Ciclopi χαλϰεῖςe inventori, secondo la tradizione, della « fabrica aeraria »138. La conferma ultima che le cose stiano appunto in questi termini viene dalla constatazione che una volta ammesso il rapporto Kouretis-Calcide, è possibile anche chiarire il rapporto tra i Ciclopi della Kouretise Proitos di Tirinto: questi, come lo scolio ricorda, era figlio di Abas, laddove i Cureti calcidesi venivano identificati con gli Abanti139, il cui eponimo era appunto Abas140.
35In conclusione il nostro scolio dice che una collettività di Ciclopi τεχνῖται era considerata residente nella zona di Calcide ed era la controparte metallurgica dei Cureti calcidesi. Questa conclusione si fa ancora più netta se consideriamo una notizia di Hesychio. Questi alla voce Χαλϰιδιϰòς λειμών, ossia prato dei Calcidesi, chiarisce che taluni chiamavano così una Κυϰλωπία ϰώμη cioè un villaggio dei Ciclopi. Il seguito è purtroppo corrotto: vi si parlava ancora di un Ciclopee di una λίμνη cui evidentemente altri facevano riferimento per spiegare quella stessa voce. Quel che conta in tutto ciò è la nuova sottolineatura del rapporto tra Calcidesie Ciclopi e, sopra tutto, l’ancorarsi di questo rapporto a un villaggio di Ciclopi, cioè di una collettività di Ciclopi in quel di Calcide.
36Una conclusione si rende allora possibile. L’Eubea, ma in particolare Calcide, conserva una tradizione mitico-cultuale che ruota intorno alla caratterizzazione dei Ciclopi come τεχνῖται: una tradizione che è il proseguimento di quella che fa dei Ciclopi gli artefici del fulmine di Zeuse quindi lo strumento essenziale all’avvento del ϰόσμος di Zeus. Questa tradizione cosmogonica nel suo complesso è di origine orientale, richiama modelli risalenti all’età del Bronzo, ed appare in Esiodo già tradizionale: tutto ciò depone a favore di un’origine micenea di questi miti141. L’età micenea, del resto, è l’unica a fornire un modello di monarchia concepibile quale centro costitutivo di un ϰόσμος, mentre l’età del bronzo è la prima a fornire il supporto a miti che, della importanza della metallurgiae della fabbricazione di strumenti di dominio, sono necessario riflesso142.
37All’età micenea, quindi, nelle sue origini, queste tradizioni calcidesi sui Ciclopi rimandano, ma in maniera non generica. Ancora in età storica Ciclopie figure affini ricevono forme di culto in Eubea. In particolare i Ciclopi τεχνῖται, attribuiti alla Kouretis abantica, responsabile della guerra di Lelanto, caratterizzavano come Κυκλωπία una κώμη nel territorio di Calcide,e si riconnettevano, in quanto fabbricanti di τεύχεα, ad una grotta. Come dunque, nella vicina Attica nel nome di Daidalos ο dei Metionidai, così in Eubeae a Calcide nel nome dei Ciclopi, le collettività dei χαλϰῆƑες micenei, attraverso questi mitie culti metallurgici, mostrano di aver avuto dei continuatori ancora in età arcaica.
385. — Nuove confermee precisazioni in questo senso vengono dall’analisi delle tradizioni relative al Chalkodon euboico.
39Questo eroe non è esclusivamente euboico, ma possiede un’ampia diffusione, il cui arco risulta ancor più evidente se si tiene conto del fatto che in taluni casi, l’eroe Χάλϰων viene considerato equivalente a Χαλϰώδωνe che, in certi casi almeno! l’eroe ’‘Αλϰων non è che un doppione, più ο meno interessato, come vedremo, dello stesso eroe. A Kos, Chalkodone Chalkon si alternanoe con eguale valore143; e così in Elide, per l’omonimo eroe restato vittima di Oinomaos144. In Attica invece Χάλϰων viene introdotto nella genealogia di Chalkodon al fine di portare sua figlia Χαλϰιόπη al livello generazionale di Egeo, suo marito145, dal momento che la generazione di Elefenore, figlio di Chalkodon, doveva essere quella dei figli di Teseo146, e che quindi, quest’ultimo doveva essere la controparte generazionale di Chalkodon.
40Quanto ad ’‘Αλϰων, figlio di Abas, secondo Eforo147, la situazione è analoga. Figlio di Abas è regolarmente Chalkodon148 e questi era senz’altro presente nella genealogia che lo stesso Eforo dava149: in questo caso l’ipotesi di uno sdoppiamento si impone. Un po’diverso è "Αλϰων, padre di Χαλϰιόπη, secondo i Χαλϰιδιϰά di Proxenos150. Chalkiope è di regola figlia di Chalkon151 ο di Chalkodon152. La sostituzione in questo caso non è però soltanto motivata da esigenze di sistemazione genealogica, quanto piuttosto da una volontà polemica, evidente dal fatto che Χαλϰιόπη viene in questa tradizione non solo sganciata da Chalkodon ma anche da Atenee quindi da Egeo: la si immagina, infatti, emigrata col padre in Eubeae quivi definitivamente restata153.
41Partendo da questi dati su Chalkodon, Chalkon, Alkon, si arriva ad un quadro abbastanza completo della fortuna di questo eroe. Oltre all’Eubea, entrano in gioco la tessalica Pherai154; la Beozia155; l’Attica156; l’isola di Kos157; l’Argolide158; l’Arcadia159; la Pisatide160.
42Il motivo più ricorrente,e quindi meno caratterizzante, è la morte dell’eroe in guerra. Chalkodon muore in Beozia per mano di Anfitrione; muore a Kos per mano di Herakles; è sepolto in Arcadia, essendo perito durante la spedizione di Herakles contro l’Elide. Solo un po’diversa la sorte del Chalkodon-Chalkon della Pisatide, che resta vittima di Oinomao, sconfitto nella gara di corsa col carro. Fino a questo punto, dunque, Chalkodon si presenta come uno dei tanti eroi guerrierie carristi di ascendenza micenea che la Grecia conosce.
43Tratti più specifici possiede invece il Chalkodon euboicoe con lui quello di Kose quello attico. Chalkodon euboico è il re dell’Eubea Abantica161, che caratterizza come Chalkodontiades il figlio Elephenor162, come Chalkodontidai gli Euboici163 e come Chalkodontís l’isola164. Ma egli è sopra tutto il signore di Calcide. Calcide rivendicava, infatti, in maniera privilegiata la tradizione abantica165, mentre strettissimo è il legame di Chalkodon con Χαλϰίς, città ed eroina eponima della stessa. Il Chalkodon di Kos è fratello di Χαλϰιόπη, figlia di Eurypylos166; quello attico ne è il padre167. Proxenos, l’autore di Χαλϰιδιϰά prima citato168, era costretto ad ammettere il legame, rischioso per chi voleva rivendicare l’indipendenza di Calcide da Atene, esistente tra Xαλϰιόπηe Calcide e, indirettamente colla sostituzione di Alkon a Chalkodon, quello di Chalkodon con Chalkiope; questo vuol dire che si trattava di tradizione che i Calcidesi non potevano rifiutare.
44D’altro canto Χαλϰιόπη era strettamente connessa all’uccello ϰαλϰίς. Il rapporto tra Χαλϰιόπηe χαλϰίς è lo stesso che corre p. es. tra ρόδονe’Ροδόπη ο tra δρῦς e Δρυόπη. Ma c’è di più. Il rapporto Chalkodon-Chalkiope a Kos avviene nell’ambito della comune discendenza da Merops169 e il rapporto tanto di Merops, quanto della sua discendenza con il mondo degli uccelli notturnie da preda, come era la χαλϰίς170, è strettissimo: i figli di Merops furono tutti trasformati in uccelli del genere, rispettivamente νυϰτιϰόραξ, χαράδριος, γλαυξ, βύσσα171.
45In tale contesto non vi è dubbio, quindi, che Χαλϰιόπη vada messa in rapporto all’uccello χαλϰίς. Ma questo uccello veniva connesso alla città di Calcide. Il già citato Proxenos172 accettava questa equivalenza, eguagliando Χαλκίς, Κύμινδις, Κόμβη. Questa era la madre dei Cureti euboici173; Κύμινδις invece è un altro nome della stessa174, ma è anche il nome umano dell’uccello che gli dei chiamano χαλϰίς175; Χαλϰίς a questo punto è insieme la città, l’eroina di quel nomee l’uccello. Un’analoga equivalenza tra la eponima di Calcidee l’uccello omonimo viene posta anche da uno scolio al luogo omerico circa l’equivalenza χαλϰίςϰύμινδις176, nel quale anche la storia, cantata da Euforione calcidese177, di Harpalyke mutata in χαλκίς viene riferita a Calcide. Ma c’è di più. L’immagine di un uccello da preda ricorre in età arcaica frequente su vasi, sigillie soprattutto monete di Calcide, a riprova di un rapporto Calcide-χαλϰίς già presente a Calcide in quest’epoca178. Infine accanto al rapporto Chalkodon-χαλϰίς, anche i già citati rapporti tra Abase Chalkodon da un lato, Abantese Calcide dall’altro, confermano l’agganciamento dell’eroe a Calcide. In altri termini la tradizione su Chalkodon, re dell’Eubea abantica, è quella che più compiutamente esprime l’egemonia di Calcide sull’Eubea.
46Ma questa tradizione ha anche altre valenze. Chalkodon esprime un rapporto con Poseidone colle fonti, che è di nuovo di Calcide come di Kos. A Kos Chalkon è, come figlio di Eurypylos, nipote di Poseidon179; ed è anche colui che fece sgorgare dal suolo la fonte Burina180. In Eubea Poseidon torna due volte nella genealogia calcidese di Chalkodon181: una prima volta quale sposo di Alkyonee nonno di Arethusa; una seconda volta quale sposo della stessa Arethusae nonno dello stesso Chalkodon. In questa genealogia, come si vede, torna il rapporto con una fonte, che qui è appunto Arethusa. A Kos, per altro, i figli di Merops sono strettamente connessi al culto di Gê182; Eurypylose la sua famiglia (e quindi Chalkon) lo sono al culto di Demetra183. Si intravede così un rapporto Poseidon-acque dolci-Demetra, che torna tal quale per il Chalkodon euboico. Questo infatti è sposo di Alkyone184 ο di Melanippe185: ma Alkoyne è sposa di Poseidon nella stessa tradizione calcidese prima citata; mentre Melanippe è la naturale partner di un « acheo » Poseidon-cavallo.
47V’è inoltre qualcos’altro da notare a questo proposito. Il rapporto di Chalkodon con Gê-Demetra da un lato, con le fonti dall’altro, evidenzia, in particolare a Kos, un rapporto col mondo sotterraneoe le sue risorse. Questo è manifesto in tutto il racconto sulla fonte Burina, che l’eroe coo fa sgorgare dalla terra186. D’altra parte di nuovo a un rapporto col sottosuolo rimanda la discendenza da Merops, γηγενής187, al pari dell’omonimo uccello che nasce da uova deposte in buche scavate nella terra188. Per il Chalkodon euboico vale un’analoga caratterizzazione: connesso a Demetra-Melanippe, connesso alla fonte di Arethusa ma connesso altresì ai ϰευϑμῶνες in un frammento dagli Skyrioi di Sofocle189. Il frammento sofocleo cioè conferma in maniera ampliata il rapporto di Chalkodon con il mondo del sottosuolo. Ma c’è di più: se Skyros, dove la tragedia era ambientata, è isola prossima all’Eubea,e colonia di Calcide190, il Chalkodon di cui si parla, è assai probabilmente quello euboico191, tanto più poi se si tiene conto che si perviene a lui con un viaggio via mare.
48Per più di un verso, dunque, il Chalkodon di Kos si rivela come il gemello del Chalkodon di Calcide. La parentela si spiega alla luce del comune legame con un mondo eolico-predorico. Parlano chiaramente in questo senso a Kos la tradizione sui Meropes γηγενείς192, ma collegati al tessalo Eurypylos193, e lo scontro di Chalkon con lo Hera-kles futuro padre di Thettalos194. Quanto all’Eubea il legame col mondo eolico di Tessagliae Beozia affiora nella connessione di Chalkodon con Alkyone, un’eroina che fa sentire la sua presenza in un arco spaziale che va da Trachis195alle beotiche Anthedon, Hyriai, Thebai196; e con Melanippe, madre di Eoloe Beoto197 e di nuovo connessa ad Anthedon198. Il rifiuto invece delle nuove realtà postmicenee affiora nelle vicende della lotta che oppone Chalkodon alla Tebe di Anfitrione199: un’operazione analoga a quella che oppone Chalkon di Kos ad Herakles, l’ascesa di Tebe in Beozia essendo una realtà analoga all’arrivo dei Dori a Kos200.
49In questi contesti, che sono quelli della difesa delle posizioni dei Meropie degli Abanti, bene si inquadra dunque un culto (acheo) di Poseidone di Demetra connesso alle fonti d’acqua dolce o, più in generale, alle risorse del sottosuolo.
50Per tutti questi aspetti il Chalkodon euboico appare strettamente connesso al Chalkon di Kos. Per completare il quadro va, comunque, ancora notato che se il Chalkodon euboico rappresenta la stirpe dei re della Eubea, anche il Chalkon di Kos è sulla stessa linea: figlio di Eurypylos, re di Kos, egli è inoltre, il capostipite della più antica nobiltà coa201.
51Ma il Chalkodon d’Eubea appare ancora connesso al Chalkodon attico. Questi possiede un heroon nella zona del Pireo202 ed è padre di Chalkiope, sposa di Egeo203. Come tale è inserito nella genealogia dei Metionidai. Abbiamo, infatti, due diverse genealogie attiche, inglobanti la serie dei re euboici Abas-Chalkodon-Elephenor; una che fa capo a Metione Chalkon204, l’altra a Pandoro, fratello di Metion205, e ad Alkon206. In tale modo Chalkodon veniva inserito tra i Metionidai, ramo cadetto della famiglia reale attica, paralleloe contrapposto al ramo legittimo di Cecrope, Pandione ed Egeo207.
52Questo inserimento tra i Metionidai porta Chalkodon a contatto con una serie di figure, costituenti un campo semantico assai omogeneo208. Figure connesse alla μῆτις, l’intelligenza artigianale per eccellenza, come Metion, Metiadousa, Meta, Medea, Phrasimede; al lavoro artigianale in genere come Daidalos; al lavoro manuale, come Palarne, Eupalamos, Palaimon; al bronzo, come Chalkiopee Chalkon. In questo contesto Chalkodon si configura come eroe metallurgicoe chalcurgico per eccellenzae lo stesso problema della etimologia del nome si chiarisce.
53Χαλϰώδων è stato spiegato in vari modi; ora come da Χαλϰο-άδων («colui che si compiace del bronzo »), ora invece come da Χαλϰο-όδων209. Questa seconda ipotesi appare la più verisimile. Composti con οδών, terminanti in -ωδων non mancano: si pensi ad άμφώδων210, Θερμώδων211. In questo senso si pronunciavano già in antico il grammatico Herodiano212 ed Eustazio213. Hesychio a sua volta conosceva la voce χαλϰώδοντας στόλους,e spiegava che si trattava di rostri dai denti di bronzo. L’inserzione di Chalkodon tra i Metionidai conferma proprio questa interpretazionee fa pensare ad uno strumento in bronzo fornito di denti utilizzato nella lavorazione del metallo: perciò l’interpretazione di Χαλϰώδων come « tenaglia » sembra la più probabile214.
54Una conclusione pare allora possibile. L’analisi delle due tradizioni che più si avvicinano a quella euboica indica in Chalkodon un eroe con interessi per le risorse del sottosuoloe quindi possibile eroe « minerario »215; e un eroe chalcurgo per eccellenza. Un tale eroe detiene in Eubeae in particolare a Calcide una posizione di tutto rilievo: se ne deve dedurre allora una sua perfetta integrazione nei quadri della comunità arcaica ed aristocratica di Calcide.
55Sui presupposti immediati di questa integrazione, qualche approfondimento si rende necessario. La tradizione attica assumendo in proprio il Chalkodon euboico, non ha dubbi sulla natura immediatamente metallurgica dell’eroe; inserendo, per altro, Chalkon accanto a Chalkodon nella genealogia attico-euboica dei Metionidai, non ha dubbi, però, neppure sul fatto che, se Chalkon può essere accostato a Chalkodon, questo non vuol dire che le due figure esprimano una realtà del tutto identica. E in effetti tutto un filone interpretativo, che fa capo al sofista Prodico di Ceo216, si rivolge a Χάλϰων come a un nome provvisto di una sua autonomiae non come ad un « Kurzname» da impiegare senza difficoltà al posto di Χαλϰώδων217. Per Prodico Χάλϰων andava avvicinato a Χρύσωνe ai collettivi χαλϰών, χρυσών: pertanto il valore espresso dal nome era quello di « ricco di bronzo » ed il nome si collegava perciò alla χαλϰοῦ ϰτῆσις. Questa linea interpretativa, per altro, aveva un autorevole precedente in un luogo dell’Iliade, dove a Bathykles si attribuisce un padre Χάλϰων, che abita nell’Helláse tra i Mirmidoni eccelle ὄβλβω τε πλούτω τε218: una notazione che ben si accorda con la tesi di Prodico circa il valore di Χάλϰων.
56Esisteva, dunque,e fin dall’età omerica ed arcaica, una dialettica Χάλϰων-Χαλϰώδων, che accostava i due eroi in ragione del comune privilegiato rapporto col χαλκόςe dell’evoluzione verso una generica figura di guerriero dell’età del bronzo, ma sapeva tuttavia tener distinto un tipico eroe metallurgo come Chalkodon, da un eroe « possessore di χαλκός », come Chalkon. In altri termini le due figure originariamente diverse del possessore del bronzoe del metallurgo per eccellenza vengono ad incontrarsie scambiarsi via via che il carattere metallurgico di Chalkodon viene obliterato ed egli resta unicamente un eroe guerriero armato di bronzo. Un’evoluzione di cui i casi di interscambiabilità rappresentano l’estremo approdoe i casi di giustapposizione l’anello intermedio.
57Orbene, se noi ci rivolgiamo alla tradizione coa, v’è da notare che essa non solo scambiava i due eroi, ma anzi si rivolgeva a questo tipico eroe del bronzo piuttosto come Χάλϰων che come Χαλϰώδων. Il solo Apollodoro, infatti, chiama Χαλκώδων l’eroe coo, che pure tanti tratti ha in comune col Χαλϰώδων euboico ed attico219. Teocrito, che attinge alle tradizioni dell’aristocrazia coa, si riferisce a lui come Χάλϰων220. Ma già prima, nelle Eoie, cioè in un tipico prodotto della tradizione « esiodea », l’eroe di Kos si chiamava Χάλϰων221Se teniamo allora presente che Kos non possiede una tradizione mineraria ο metallurgica di un qualche rilievo222, la cosa non pare casuale. Nell’ambito della comune tradizione su Chalkodon, dunque, va fortemente sottolineato il fatto che, mentre a Kos fin dall’epoca arcaica si preferisce il riferimento a Χάλϰων, in Attica ci si riferisce a Χάλϰωνe Χαλϰώδων contemporaneamente, a Calcide, invece, il riferimento va sempre, da Omero in poi, a Chalkodon. In altri termini il momento metallurgicominerario connesso a Chalkodon a Calcide è rimasto sempre vivoe presentee Chalkon non vi ha trovato spazio.
58Ma un’altra precisazione è possibile. I Metionidai appaiono legati alla stessa realtà metallurgica, ma ancora una volta in termini che non sono più quelli micenei, a causa della immediata identificazione tra funzione metallurgicae funzione regale. Questo vale anche per il Chalkodon di Calcidee non potrebbe essere diversamente dato il rapporto che egli ha con i problemi posti dalla crisi del mondo miceneo (conflitto Abanti-Tebani). Anche in Chalkodon si realizza l’identificazione tra funzione metallurgicae funzione regale: anzi l’identificazione avviene ad un livello ancora più immediato, dal momento che egli rappresenta la famiglia regale e, non, come i Metionidai, un ramo cadetto della stessa. La realtà dei regni micenei così come quella della cosmogonia divina viene negata: Zeus aveva vinto con l’aiuto dei Ciclopi metallurgi; il Wanax miceneo si serviva delle prestazioni dei suoi χαλϰῆƑες223. Da questo punto di vista Chalkodon è veramente βασιλεύςe non Ƒάναξ: rappresenta il qasireu responsabile dei bronzieri dei documenti di Pilo; è l’emblema della rivoluzione seguita al crollo del mondo miceneo.
59In conclusione l’Eubea « abantica »e Calcide, che di questa tradizione si è appropriata, hanno evidentemente interpretato la crisi del mondo miceneo nel segno di Chalkodon: ncl senso cioè di una fedeltà all’eroe miceneo del bronzoe conservandone anche gli aspetti più tipicamente minerarie metallurgici. Una scelta questa che non si saprebbe compiutamente spiegare se non collegandola ad un contesto sul tipo di quello che, proprio nell’area in cui Chalkodon si radica, Lefkandi costituisce: una fonderia di bronzo già attiva sul finire del X secolo, in rapporto ad una necropoli, che, svolgendosi in maniera continua dal tardo submiceneo, mette in mostra precoci rapporti con Ciproe una concentrazione di oro quale nessun altro centro coevo possiede224. Se si tiene conto del fatto che questi rapporti con Ciproe col Mediterraneo orientale sono quelli che portano il minerale a Lefkandi; se si tiene anche conto del fatto che questi minerali sono in specie in quell’epoca parecchio costosi, richiedono tutta un’organizzazione di traffici e un’accumulazione di « surplus » necessaria a potenziarli e sostenerli, ne viene fuori proprio quel quadro di riferimento che ci aspetteremmo di trovare dietro la conservazione di una tradizione metallurgica di origine micenea, connessa a quei βασιλεῖς, senza l’apporto dei quali la tradizione mitica da un lato, la prosperità del centro dall’altro non si spiegherebbero225.
60Tirando allora le somme di tutto il discorso finora tenuto, sembra chiaro che Calcide non solo ha avuto tradizioni siderurgiche, ma ne ha avute altresì di chalcurgiche, espressesi sul piano mitico-cultuale nel richiamo ai Ciclopi, a Chalkodon, a Chalkis, ai Cureti Chalkideis; e, concretamente, in una produzione legata allo sfruttamento delle risorse localie alla importazione dei metalli, orientata verso l’hoplopoiia, non meno che verso i prodotti tipicamente aristocratici come i tripodi ο gli ori di Lefkandi.
Notes de bas de page
1 S. C. Bakhuizen, Chalcis-in-Euboea, iron and Chalcidians abroad, Leiden, 1976, p. 45 ss. Cfr. J. D. Muhly, Copper and Tin, in Trans, of the Conn. Acad, of Arts and Sciences, XLVI, 1976, p. 188.
2 Callim., fr. 701 Pf.
3 Strabo, X, 1, 9, 447 C.
4 St. Byz., s. v. Αἴδηψoς.
5 Eustath., ad Dion. Per., 764.
6 Strabo, l. c. Cf. F. Lasserre, Strabon, Géographie, Tome VII, Paris, 1971, p. 13 e p. 119, n. 4 a p. 26.
7 Posidonius, frr. 12; 49; 227; 228; 230-233 Edelstein-Kidd.
8 Lasserre, Strabon, Tome cit., p. 26, n. 5.
9 Dem. Kallat., FGrH, 85 F 6 = Strabo, I, 3, 20, 60 C.
10 Strabo, IX, 2, 18, 407 C, secondo il necessario emendamento del Frère al tradito μεταλλεύς τῆς Κρήτης, ἀνὴρ Χαλϰιδεύς.
11 Callim., fr. 701 Pf.
12 Heracl. Lemb., Pol., 62.
13 Aristot. ap. Ael., HA, V, 14; Theophr., fr. 174, 8 Wimmer = Plin., NH, VIII, 222. Cf. Antig. Caryst., Mir., 18a; Ps. Ar., Mir., 25; St. Byz. s. v. Γύαρος.
14 Theophr., l. c.
15 Aristoph., Pax, 1125 s.
16 IG XII, 9, 1187, 1. 2. Non sicuro è invece il riferimento in IG XII, 9, 1188, 1. 5 (Είλ...).
17 Fr. 603 R.
18 K. Rhomiopoulou, Pottery Evidence from the North Aegean (8th-6th cent. B. C.), in Les Céramiques’de la Grèce de l’Est et leur diffusion en Occident, Paris-Naples, 1978, p. 62 ss.
19 Ephoros, FGrH, 70 F 134.
20 Strabo, V, 4, 5, 245 C.
21 Eustath., ad Dion. Per., 1166.
22 Heracl. Lemb., Poi., 75.
23 Phavor. Arelat. ap. St. Byz., s. v. ‘’Αργιλος.
24 Thuc., IV, 88, 2; V, 6, 1.
25 Thuc., IV, 103, 3.
26 Cf. per tutto questo problema: N. Valenza Mele, Eracle euboico a Cuma, la Gigantomachia e la via Heraclea, in Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 1, Naples, 1979, p. 45 ss.
27 Theophr., H. P., V, 9, 2.
28 Alcaeus, Ζ 34,7 L. P. Cfr. comm. in D. Page, Sappho and Alcaeus, Oxford, 1975, p. 218 ss.
29 Archil., fr. 3 D.
30 C. Bérard, L’Hérôon à la porte de l’Ouest, Eretria III, Berne, 1970, pp. 16, 18 s., 32, 66 s.
31 Bakhuizen, cit., p. 56; J. N. Coldstream, Geometric Greece, London, 1977, p. 42.
32 G. Buchner, Arch. Rep. 1970-71, p. 66 s. ; J. Klein, A Greek Metalworking Quarter: Eight Century Excavations on Ischia, Expedition, 14, 2, 1972, p. 34ss. ; D. Ridgway, Rapporti dell’Etruria meridionale con la Campania, Aspetti e problemi dell’Etruria interna, Atti VIII Conv. Intern. Studi Etruschi e Italici, 1972, Firenze, 1974, p. 289ss. ; G. Buchner, Nuovi aspetti e problemi posti dagli scavi di Pitecusa..., in Contribution à l’étude de la société et de la colonisation eubéennes, Naples, 1975, pp. 65, 68 s., 80.
33 Plut., De Def. Or. 43 = Mor., 434 a.
34 Posidonius, F 231, Edelstein-Kidd = Strabo, I, 3, 16, 58 C.
35 Dem. Kallat., FGrH, 85F6 = Strabo, I, 3, 20, 60 C.
36 Così anche Bakhuizen, cit., p. 64, n. 76.
37 Callim., fr. 236 Pf.
38 Plin., NH, IV, 64.
39 Solin., 11, 15.
40 St. Byz., s. v. Χαλϰίς; Eustath., ad. Il., II, 537 e X, 439; ad Dion. Per., 762.
41 La notizia che Euboia era stato il primo nome di Calcide era in Hecateo (FGrH, 1 F 129) e viene ripetuta da St. Byz., s. v. Χαλϰίς e da Eustath., ad Il., II 537 e ad Dion. Per., 764; Plin., l. c., riferi- scsce il mutamento del nome allo sviluppo della chalcurgia calcidese, spiegazione nota anche dalle fonti prima citate, ma accanto a quella che spiega la metonomasia in riferimento a Χαλϰίς-Κόμβη.
42 FGrH, 424 F2; Arist. Salam., FGrH, 143 F 5.
43 Proxenos, FGrH, 425 F1; Nonn., Dion., XIII, 135 ss. ; St. Byz., s. v. Χαλϰίς; Hesych., s. v. Κόμβη; Eustath., ad Il., Il 537 e ad Dion. Per., 764. Cf. FGrH, 427 F 2; Sch. T., Il., XIV, 291.
44 Strabo, X, 3, 19, 472 C. Cf. F. Jacoby, FGrH IIIb, comm. a 424 F 9.
45 St. Byz., s. v. Αἴδηψoς.
46 Eustath., ad Dion. Per., 764.
47 Pap. Ox., 1241, col. IV, 26 ss.
48 Nonn., Dion., XIII, 143 s. Cf. A. Mele, I caratteri della società eretriese arcaica, in Contribution, cit., p. 25.
49 FGrH, 334 F 71.
50 Pap. Ox., 1241, col. IV, 12 ss.
51 Eustath., ad IL, X, 4.
52 Dem. Kallat., FGrH, 85 F 4.
53 Fr. 703 Mette.
54 Fr. 236 Pf.
55 Cf. Hyg., Astr., II 6. Cf. Bakhuizen, cit., p. 44, n. 4.
56 FGrH, 423. La cronologia si fonda su una citazione di Lysimaco, cf. Jacoby a 423 F 2 e 423 Τ 1.
57 FGrH, 424. Cf. comm. a F6; 7; 9.
58 FGrH, 424 F9; i suoi Cureti sono in realtà gli Abanti. Cf. Mele, I caratteri della società eretriese arcaica, in Contribution, cit., p. 16, 26.
59 FGrH, 425. L’unico dato disponibile è l’anteriorità probabile rispetto ad Apollodoros.
60 Op. cit., pp. 58 ss. Qualche dubbio, motivato dalla recenziorità e dal carattere leggendario delle fonti, già in D. Page, Sappho and Alcaeus, cit., p. 219 s.
61 Chrestom, Χ, 6.
62 Op. cit., p. 53.
63 Op. cit., p. 49, n. 24.
64 Vedi sopra n. 32.
65 M. R. Popham-L. H. Sackett, Excavations at Lefkandi, 1964-66, London, 1968, p. 28-9.
66 R. J. Forbes, Archaeologia Homerica, II K, Göttingen, 1967, p. 33.
67 Il, XVIII, 372 ss. ; 417 s. ; 468 ss. Cf. Forbes, cit., p. 35.
68 A. M. Snodgrass, Early Greek Armour and Weapons, Edinburgh, 1964, p. 93, 98 s. ; 104; 112. Per tutto il problema della transizione dal bronzo al ferro cf. dello stesso Snodgrass, The Dark Age of Greece, Edinburgh, 1971, cap. 5.
69 Od., I, 180 ss.
70 Theog., 862-4.
71 F. Villard, La céramique grecque de Marseille, Paris, 1960, p. 143 ss.
72 Harpocr. e Sud., s. v. Χαλκεῖα.. Per la ricca bibliografia sulla festa cf. G. Camassa, Calcante, la cecità dei Calcedoni, ASNP, s. III, v. X, 1, 1980, p. 36, n. 42.
73 K. Murakawa, Demiourgos, Historia, VI, 1957, p. 385 ss. ; A. Mele, Società e lavoro nei poemi omerici, Napoli, 1968, p. 84 s. ; 88; P. de Fidio, Il demiurgo e il ruolo delle « technai » in Platone, PP, 139, 1971, p. 233 ss. Cf. lo stretto legame di questo termine con δᾶμος e quindi colla evoluzione di questo termine, per cui vedi: G. Pugliese Carratelli, Il mondo greco del secondo millennio a. C., in Storia e Civiltà dei Greci, 1, Milano, 1978, pp. 12-17.
74 P. Chantraine, Trois nomes grecs de l’artisan, in Mélanges Diès, Paris, 1956, pp. 41 ss.
75 F. Frontisi-Ducroux, Dédale, Paris, 1975, p. 24 s. ; M. Austin, P. Vidal-Naquet, Economic & Social History of Ancient Greece, London, 1977, pp. l1s., 17 s., 169-71, 379.
76 Plato, Alc., I, 121a; cf. Ps. Plut., Vit. X Or., 843 E.
77 I nomi variano. Secondo Apd. III, 15, 8, Perdix era la sorella di Daidalos; secondo altri Perdix era invece lo stesso nipote, che però porta anche altri nomi (Talos, Kalos, Kirkinos): cf. Frontisi-Ducroux, cit., p. 123, n. 20 e 159, n. 44, per l’elenco delle fonti relative. Da ricordare è la presenza di un Πέρδιϰος ὶερόν presso l’acropoli (Sud. e Phot., s. v.), che ancorava concretamente questi miti ad Atene.
78 J. Toepffer, Attische Genealogie, Berlin, 1899 (Reprint: New York, 1973), p. 166s.
79 La tradizione più antica faceva di Daidalos direttamente il figlio di Metion (Pherec, FGrH, 3 F 146; Plato, Jon, 533 a; Schol. Soph. Oed. Coi., 472; Diod., IV, 76); poi, per rendere possibile il rapporto Daidalos-Minos, si introdusse, tra l’altro, una figura intermedia come Eupalamos ο Palamaon (cf. Frontisi-Ducroux, cit., p. 90, n. 5 e 6, per le numerose fonti).
80 Ps. Plut., Vit. X Or., 843 E.
81 Apd., III, 15, 6; Athen., XIII, 556 f. Cf. H. Jeanmaire, La naissance d’Athéna..., RA, XLVIII, 1956, p. 34.
82 J. Toepffer, Attische Genealogie, cit., pp. 133 ss., 312.
83 Snodgrass, Dark Age, cit., p. 358. Cf. in generale: J. Charbonneaux, Les bronzes Grecs, Paris, 1958, p. 78 ss.
84 Cf. in particolare l’articolo del Murakawa, cit. a nota 73.
85 Py Jn 431, 6; 601, 8; 845, 7. Cf. M. Lindgren, The people of Pylos, I-II, Uppsala, 1973, p. 126s. ; S. Hiller-O. Panagl, Die frühgriechischen Texte aus mykenischer Zeit, Darmstadt, 1976, pp. 179 s., 284 s. (e bibliografìa ivi citata); A. Mele, Il mondo omerico, in Storia e Civiltà dei Greci, 1, Milano, 1978, p. 70 s. A fugare i dubbi sulla serie di omonimie tra bronzieri e pastori, sia di Pylos che di Knossos, valgono la doppia qualifica dei Ciclopi, metallurgi in Esiodo, pastori in Omero; la coesistenza delle due attività nei Kouretes di Creta (Diod., V, 65, cf. M. Eliade, Forgerons et alchimistes, Paris, 1977, p. 77 ss.); la realtà, comune ad entrambi della ορειβασία (Strabo, X, 3, 23, 474 C), in cui pastorizia, caccia ed estrazione dei metalli coesistono; la realtà di una fusione montana di stagno e ferro nota ancora Hesiodo, Theog., 862 ss.
86 Tutto ciò andava sottolineato a fugare il dubbio della Frontisi-Ducroux, cit., p. 93, che i Metionidai rappresentino unicamente la complementarietà tra la μῆτις e il potere, l’omologo di Metis rispetto a Zeus: in realtà il dato sui Metionidai va ben al di là di un astratto rapporto Metis-rega-lità; coinvolge al contrario precise e concrete realtà strutturali dell’Attica aristocratica ed arcaica.
87 A. Mele, Esclavage et liberté dans la société mycénienne, in Actes du Colloque 1973 sur l’esclavage, Paris, 1976, p. 117 ss.
88 Od., XVII, 383 ss. ; XIX, 135. Cf. A. Mele, Società e lavoro, cit., p. 84 s. ; P. de Fidio, art. cit., p. 234 ss. È proprio questo livello preclassico della storia dell’artigianato greco, in specie quello metallurgico, che permette di superare la contraddizione, notata dalla Frontisi-Ducroux, l. c., tra la capacità mito-poietica attribuita ad ambienti artigianali dal Jeanmaire (art. cit., p. 30, n. 2) e la condizione dell’artigiano greco-classico: e, infatti, di corporazioni parlava Jeanmaire, citando Tel-chini e Dattili (noi aggiungeremo i Cureti), quali proiezioni mitiche delle stesse.
89 M. R. Popham-L. H. Sackett, Excavations at Lefkandi: 1964-66, cit., p. 28 s.
90 FGrH, 334 F 71 = Schol. ed Eustath., ad Il., X, 439. Cf. Pap. Ox., 1241, col. IV, 12-14.
91 Jacoby, FGrH, III b suppl., a 334 F 71.
92 Il rapporto dei Ciclopi colle grotte è dato comune ai Ciclopi omerici pastori sia ai Ciclopi τέϰτονες, cf. Strabo, VIII, 6, 11, 373 C: la cosa del resto è in rapporto stretto colla loro originaria natura ctonica e vulcanica di « Feuerdämonen »; Cf. S. Eitrem, s. v. Kyklopen, RE, XI, 2, 1922, col. 2340 s.
93 Solin., 11, 16.
94 Schol. Αp. Rhod., I, 1165; Solin, l. c. ; St. Byz., s. v. Κάρυστος; Eustath., ad Il., II, 539.
95 Cf. n. 52.
96 Vedi sopra p. 13.
97 Theog., 147 ss.
98 Theog., 617ss. ; 713ss. ; 815ss.
99 Theog., 817-9.
100 Od., I, 71. Per Briareo, figlio di Poseidon, cf. Il., I, 404 e schol. ad loc.
101 Paus., II, 2, 1.
102 Archemachos, FGrH, 424 F5; Arrian, FGrH, 156 F92.
103 F. Vian, Génies des passes et des défilés, RA, XXXIX, 1952, p. 129 ss. specie pp. 152, 154.
104 Eitrem, art. cit., col. 2340 ss.
105 Fr. 2 Kinkel.
106 s. v. Τιτανίδα.
107 Od., VII, 206. Cf. in generale, A. Brelich, Gli eroi greci, Roma, 1958, p. 329 ss.
108 Theog., 424, 486.
109 M. Detienne-J. -P. Vernant, Les ruses de l’intelligence, la mètis des Grecs, Paris, 1974, p. 78.
110 St. Byz., s. vv. Γεραιστός, Ταίναρος.
111 Procop., Bell. Goth., IV, 22.
112 Od., III, 177-9.
113 Schol. Pind., Οl., XIII, 159.
114 Vian, art. cit., p. 131 ss.
115 IG II/III2, 4547.
116 Lousia è una delle figlie di Hyakinthos sacrificata a Geraistos: St. Byz., s. v. Λουσία. Sembra logico collegarne col Wilamowitz (Der Glaube der Hellenen, I, p. 104, n. 1) il nome a quello dell’omonimo demo.
117 Apd., III, 15, 8, che riferisce i nomi delle Hyakinthides, cita tra di esse una Λυταίαν: corruzione per Λουσίαν secondo il Meursius seguito dal Wilamowitz (l. c.) ο per Λυαίαν secondo Vian, art. cit., p. 138, n. 1.
118 Così già Vian, art. cit., p. 137.
119 Ninfe Geraistai (IG II/III2, 4547) e Geraistiades (Et. M., s. v.). Cf. in generale Vian, art. cit., p. 139 s., 153.
120 Schwyzer, 265.
121 Vian, art. cit., p. 138, n. 1: Lyaia è Artemis a Siracusa; Lousiatis è Artemis a Lousoi; Orthia è egualmente Artemis.
122 Od., IX, 125 ss.
123 Strabo, Χ, 1, 10, 447 C.
124 Cf. A. Mele, Il commercio greco arcaico, Naples, 1979, pp. 34 s., 37 s.
125 F 54 M-W. Cf. Apd., III, 10, 4.
126 Eurip., Alc., 1 ss.
127 FGrH, 3 F 35 a.
128 Buchner, Nuovi aspetti, cit., p. 61.
129 FGrH, 3 F 54. Cf. Pind., P., I, 16ss.; Schol. a Pind., P., I, 34a; Lycophr., 687 ss. ; Strabo, V, 4, 9, 248 C e XIII, 4, 6, 626 C.
130 P., I, 16 ss.
131 ML L. West, Hesiod, Theogony, Oxford, 1966, p. 393, a v. 860.
132 Hes., Theog., 854.
133 Hes., Theog., 140.
134 Schol. Eur., Or., 965.
135 Bacchyl., X, 77ss. ; Apd., Il, 2, 1; Strabo, VIII, 6, 11, 373 C; Paus., II, 25, 8; VII, 25, 6.
136 Strabo, X, 3, 462-474 C.
137 Cf. Mele, I caratteri della società eretriese arcaica, cit., p. 24 s.
138 Plin., NH, VII, 197; cf. Hesych., s. v. Κυϰλώπων · χαλϰέων.
139 Archemachos, FGrH, 424 F9; Schol. ADGe2 ad Il., Il, 542; Strabo, X, 3, 6, 465 C; Nonn, Dion., XIII, 152ss. ; XXXVI, 277s.
140 Hellanic., FGrH, 4 F 143 = 323 a F 21a; Ephoros, FGrH, 70 F 24; Schol. Il., II, 536; Eustath., ad Il., II, 542.
141 West, Hesiod, Theogony, cit., p. 18 ss. e spec. 28 ss.
142 Eliade, Forgerons, cit., pp. 65 ss.
143 Chalkon è l’eroe di Kos in Hes., Cat., fr. 43 a 60 M-W e Theocr., VII, 5 s. con relativi scolii; Chalkodon è invece in Apd., II, 7, 1.
144 Chalkon è l’eroe in Hes., fr. 259a M-W = Schol. Pind., Ο., 1, 73, 81; Chalkodon in Hes., fr. 259 a M-W ed Epimenides, FGrH, 457 F 14 = Paus., VI, 21, 10.
145 Schol. Eur., Med., 673; Athen., XIII, 4, 556 F.
146 Hellanic., FGrH, 4 F 143 = 323a F 21a; Schol. Eur., Hec., 123; Plut., Thes., 35, 7; Paus., I, 17, 6.
147 FGrH, 70 F 24.
148 Hellanic., l. c. ; Schol. Ba Il., II, 536; Eustath., ad Il., II, 542.
149 FGrH, 70 F 151.
150 FGrH, 425 F 2.
151 Schol. B. Il., II, 536.
152 Cf. n. 145.
153 Così già Jacoby, FGrH IIIb, comm. a 425 F 2.
154 Apoll. Rh., I, 50; Χαλϰωδόνιον ὄρος.
155 Plut., Mor., 774c; Paus., VIII, 15, 6; IX, 17, 3; 19, 3. Cf. la comunicazione di C. Talamo, pp. 35 ss.
156 Cf. n. 145.
157 Cf. n. 143.
158 Apd., II, 1, 5.
159 Paus., VIII, 15, 6-7.
160 Cf. n. 144.
161 Il., II, 536 ss. Cf. n. 155.
162 Il., II, 541; IV, 464; Hes., fr. 96, 3 e 204, 53 M-W.
163 Eur., Ion, 59. Cf. Eustath., ad Il., II, 542 (Χαλϰωδοντιάδαι).
164 Plin., NH, IV, 64 = Dionysios di Calcide ed Ephoros (FGrH, 70 F 151).
165 Mele, I caratteri della società eretriese arcaica, cit., p. 15 s.
166 Pherecydes, FGrH, 3, F 78; Schol. Β IL, II, 677; Schol. Pind., Ν., IV, 42; Plut., Mor., 304 C-E; Apd., II, 7, 8; Eustath., ad Il., II, 676-80, 677.
167 Cf. n. 157.
168 Cf. n. 150.
169 Schol. Theocr., VII, 5: Chalkon figlio di Klytia, figlia di Merops.
170 Arist., HA, 615, b 6; Schol. T. Il., XIV, 291a,b; Plin., NH, X, 24; Sud. s. v. χαλϰίς, ϰύμινδις. Cf. Aristoph., Aves, 1181, che la colloca tra gli uccelli da preda; ed Euphorion di Calcide, F 26 Powell, che la connette ad una eroina Harpalyke, figlia di Klymenos, dove il nome della donna allude alla rapacità e quello del padre alle abitudini notturne: Klymenos è, infatti, epiklesis di Hades (Paus., II, 35, 9 s.) e compare nell’inno di Laso di Hermione per Demetra, quale sposo di Kora (PLC, 702). Da notare che connessa a Merops, quale madre di Phaethon, è Klymene (Strabo, I, 2, 27, 33 C da Euripide, Phaethon, fr. 771 Nauck2; Ον., Met., I, 756 ss. ; Hyg., fab., 152a, 250).
171 Ant. Lib., 15. Cf. Pollard, Birds, cit., p. 55, 63, 39, 169.
172 FGrH, 425 F 1.
173 FGrH, 427 F 2; Schol. T. Il., XIV, 291; Ον., Met., VII, 382; St. Byz., s. v. Χαλκίς. Cf. sopra n. 43.
174 Pap. Ox., 1241, col. 4, 26 ss.
175 It., XIV, 291. Cf. Plato, Cratyl., 392a; Arist., HA, 615a, 6 (nome ionico della chalkis).
176 Schol. T. Il., XIV, 291.
177 Fr. 26 Powell; cf. fr. 24 Van Groningen.
178 C. Bérard, L’Hérôon à la porte de l’Ouest, cit., p. 36 ss., specie p. 40.
179 (179) Apd„ II, 7, 1.
180 Theocr., VII, 6 e Schol.
181 Eustath., ad Il., II, 542, p. 281, 41-45.
182 Ant. Lib., 15.
183 Schol. Theocr., II, 5. Cf. anche il rapporto di Eurypylos di Kos con Mestra (Hes., Cat., fr. 43 a 60 M-W) e di Mestra con Demetra (Palaiph., Incred., 24; Ον., Met., VIII, 739 ss. ; Ant. Lib., Tzetz, ad Lycophr., 1393).
184 Apd., III, 11.
185 Tzetz, ad Lycophr., 1034.
186 Theocr., VII, 6 s. e Schol. ad loc.
187 St. Byz., s. v. Μέροψ.
188 Arist., HA, 615 b 28 ss.; cf. 559 a 3. Vedi: Pollard, Birds, cit., p. 46 s.
189 Fr. 555 b, 15 Radt = Pap. Ox. 2077, fr. 2, col. II.
190 Ps. Scymn., 584 s.
191 Così già lo Hunt, che integrava ναíοντα που ϰενϑμῶνα[ς Εύβοῗδος χϑονός.
192 Schol. Pind., Ν., IV, 42 a. Cfr. Camassa, art. cit., p. 43 ss.
193 Eurypylos, padre di Chalkon (Hes., Cat., fr. 43 a 60 M-W; Schol. Theocr., VII, 5; Apd, II, 7, 1), è eroe tessalo: IL, II, 734s. Cf. per la localizzazione: R. Hope Simpson, J. F., Lazenby, The Catalogue of the Ships in Homer’s Iliad, Oxford, 1970, p. 142 s.
194 Il., II, 677; Pherecydes, FGrH, 3 F 78; Apd., II, 7, 8. Cf. Hyg., fab., 97, dove Thessalos è marito invece che figlio di Chalkiope.
195 Apd., I, 7, 4: il marito Ceice è re di Trachis.
196 L’atlantide Alkyone ha come figli Anthas (= Anthedon), Hyrieus (= Hyriai), padre a sua volta di Nykteus e Lykos e nonno di Amphion e Zethos (tutti connessi a Tebe): Hellanic., FGrH, 4 F 19; Euphorion, fr. 101 Powell; Eratosthenes, Catast., 23; Apd., III, 10, 1; Paus., IX, 22, 5; St. Byz., s. v. ’Aνϑηδών. Cf. Vian, art. cit., pp. 133 s., 142 s.
197 Eratosthenes, Catast., 18; Diod., IV, 67, 3 ss.; XIX, 53, 6; D. Hal., Rhet., IX, 11; Strabo, VI, 1, 15, 265 C; Hyg., fab., 186; Astr., II, 18; Paus., IX, 1, 1; Greg. Cor., Rhet., VII, p. 1313.
198 Ad Anthedon è legato Dios (St. Byz. s. v. ’Aνϑηδών) ed a questi è legata Melanippe (Asios, fr. 2 Kinkel). È importante sottolineare il legame di queste eroine con località nell’altra riva dell’Euripo e prossime quindi a Calcide.
199 Vedi n. 155.
200 Così Camassa, art. cit., p. 44.
201 Theocr., VII, 6 e Schol. ad loc.
202 Plut., Thes., 27, 4.
203 Schol. Eur., Med., 673; Athen., XIII, 556 F.
204 Schol. Il., II, 536.
205 Apd., III, 15, 1.
206 Eustath., ad Il., II, 542.
207 Apd., III, 15, 5-6.
208 Frontisi-Ducroux, cit., p. 89 ss.
209 Cf. Escher, RE, III, 2, 1899, s. v. Chalkodon, col. 2094; Hiller v. Gaertringen, RE, V, 2, 1905, col. 2326; H. v. Geisau, KPW, 1, 1964, s. v. Chalkodon, col. 1126.
210 P. Chantraine, DELG, s. v. ὀδών.
211 Hiller v. Gaertringen, art. cit., col. 2326.
212 I, 27, 12; II, 730, 14 Lenz.
213 ad Il., IV, 464.
214 Frontisi-Ducroux, cit., p. 92, n. 21.
215 Camassa, art. cit., p. 46.
216 Schol. T. Il., XVI, 594-5. L’interesse di Prodico per le etimologie è anche altrove attestato: Vors., 84 A 11.
217 L’ipotesi che Χάλϰων non sia altro che « Kurzname » del « Vollname » Χαλϰώδων è del Maass, Hermes, XXIII, 1888, p. 613 ss.
218 Il., XVI, 595.
219 Apd., II, 7, 1.
220 VII, 6.
221 Cat., fr. 43 a 60 M-W.
222 Camassa, art. cit., p. 45.
223 Vedi n. 85.
224 Coldstream, Geometric Greece, cit., p. 41 s. In favore di un collegamento tra le tradizioni di Calcide e la precoce ripresa chalcurgica di Lefkandi si esprimevano già L. H. Sackett-M. R. Po-pham, Lefkandi (2100-700 a. C.), Archaeology, 25, 1, 1972, p. 18.
225 Cf. Mele, Il commercio greco arcaico, cit., specialmente p. 58 ss.
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