Schede epigrafiche
p. 265-287
Note de l’éditeur
In questa rubrica si raccolgono in forma di schede quei contributi e notizie su epigrafi dei Campi Flegrei (Puteoli, Cumae, Misenum) e delle città limitrofe (Liternum, Atella, Neapolis), che non diano luogo ad articoli autonomi, col proposito di contribuire al necessario, vasto lavoro di revisione dell’edito e di ricerca e pubblicazione dell’inedito, ampio, materiale epigrafico flegreo (in particolare puteolano e cumano), lavoro iniziato a cura del prof. F. Zevi e di chi scrive. Anche per assicurare ovvî criteri di omogeneità, le singole schede sono state discusse dagli autori con il curatore della rubrica, ma ad essi resta naturalmente il merito e la responsabilità di quanto scritto. Nell’ambito di ogni rubrica le schede si susseguono con numerazione progressiva secondo i criteri del CIL (sia topografici che di contenuto) ma, ovviamente, con spostamenti secondo l’effettiva provenienza anche di iscrizioni altrimenti assegnate nel Corpus. Per ogni città le epigrafi greche seguono quelle latine. Fra le iscrizioni cumane si sono distinte con l’aggiunta Baiae, quelle ritrovate nel territorio compreso fra Misenum e il lago Lucrino. Inoltre a differenza del CIL, non essendovi la necessità di una attribuzione ad ogni costo, si è istituita una sezione di epigrafi incertae originis, dove verranno inserite quelle iscrizioni che, siano esse di sicura ο solo presunta provenienza flegrea, non sia comunque possibile assegnare con certezza ad una determinata città.
Giuseppe Camodeca
Texte intégral
1. Puteoli
1Lastrina di marmo grigiastro con incrostazioni sulla superficie scritta e cornice sulla sinistra, rinvenuta a Pozzuoli, in via Campana antica durante la costruzione del parco De Luca presso la località Croce campana, il 16 gennaio 1975. Mis.: h. cm. 8; lungh. cm. 37; spess. cm. 2,5. Retro liscio e lati sbozzati. Alt. lett.: da cm. 3 a cm. 3,5. Punteggiatura di forma triangolare. Racc. Angelo D’Ambrosio, Puteoli, n. 11.
Inedita (fig. 1).
2In questa lastrina, databile grosso modo al I secolo d.C., si ha un’ulteriore testimonianza della presenza dei Blossii a Puteoli1.
Tertia è un cognomen attestato nella zona flegrea a Misenum2 ed in Campania a Capua3.
Angelo D’Ambrosio
2. Puteoli
3Frammento di una lastra di marmo bianco con venature grigie, fratta al lato destro e nella parte inferiore, con incassi per i perni di sostegno nella parte superiore, rinvenuto a Pozzuoli in via Campana antica, località San Vito, il 10 luglio 1957. Mis.: h. cm. 20; lungh. cm. 31; spess. cm. 5. Retro sbozzato, lisci i lati non fratti. Alt. lett.: lin. 1: da cm. 4,5 a cm. 5; lin. 2: cm. 4,5. Punti di forma simile a virgola. Racc. Angelo D’Ambrosio, Puteoli, n. 22.
Inedita (fig. 2).
4Il nomen Pescennius, che si legge su questo frammento epigrafico risalente grosso modo agli inizi del I secolo d.C., è raro nella zona flegrea dove è documentato solo altre due volte a Puteoli4.
Questa gens è invece ben attestata a Capua, già in età repubblicana (ILLRP. 712 del 105 a.C.), e a Cales, dove un P. Pescennius P. f. Secundus fu IIII vir iure dicundo (CIL X 3917). In Campania non sono testimoniati altrove.
Il Qui. della lin. 2 sembra da intendersi, data l’epoca dell’iscrizione, come abbreviazione di Qui(rina tribu).
Angelo D’Ambrosio
3. Puteoli
5Lastra di calcare con scalpellature in alto a destra e nella parte inferiore e concrezioni al lato destro della superficie scritta; rinvenuta a Pozzuoli, in via Campana antica durante la costruzione del parco De Luca presso la località Croce campana, il 23 settembre 1969. Mis.: h. cm. 11; lungh. cm. 33; spess. cm. 4,5. Retro sbozzato e lati grezzi. Alt. lett.: lin. 1: da cm. 2,5 a cm. 3,8; lin. 2: da cm. 1,5 a cm. 2; punti di forma triangolare e rotonda. Racc. Angelo D’Ambrosio, Puteoli, n. 23.
Inedita (fig. 3).
6Il cognomen grecanico Thesprotus (da Θεσπρωτός, abitante della Tesprozia)5, finora ignoto nella zona flegrea e in Campania, è in generale assai raro (un esempio soltanto a Roma CIL VI 26723), viene ora attestato a Puteoli per questo piccolo liberto dall’iscrizione in esame che, per le sue caratteristiche potrebbe datarsi ancora al tardo I sec. a.C. (si ricordi che in quest’epoca era di moda imporre agli schiavi nomi tratti dalla mitologia greca)6.
Angelo D’Ambrosio
4. Puteoli
7Frammento di ara in marmo bianco con cornice modanata, rotto in due pezzi, rinvenuto a Pozzuoli, in via Terracciano, intorno al 19657. Mis. max.: h. cm. 60; largh. cm. 45,5; spess. da cm. 26 a cm. 36; campo epigrafico cm. 23,5 X 35. Alt. lettere: lin. 1, da cm. 3,8 a cm. 4,4; linn. 2-3, da cm. 3,1 a cm. 3,5; lin. 4 cm. 3,1. Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, lungo il lato sinistra della rampa di discesa di Nord-Ovest ai sotterranei.
Inedita (fig. 4).
Elena Miranda
5. Puteoli
8Frammento di lastra in marmo bianco, rotto in cinque pezzi, rinvenuto a Pozzuoli, nella necropoli di via Celle, intorno al 19708. Mis. max.: h. cm. 36,5; largh. cm. 45,7; spess. da cm. 2,2 a cm. 3,2. Alt. lettere: lin. 1, cm. 2,5; lin. 2, da cm. 2,5 a cm. 3; lin. 3, cm. 2,5; linn. 4-5, da cm. 2,5 a cm. 3; linn. 6-7, cm. 3. Hedera nell’angolo superiore destro; punti triangolari alle linn. 4, 5, 7. Dapprima a Pozzuoli, magazzini dell’Anfiteatro; dal 1979 in deposito presso il Museo Nazionale di Napoli, sala tecnologica.
Inedita (fig. 5).
9Il primo verso di questo epigramma funerario richiama subito alla mente quello di un’iscrizione napoletana (IG. XIV 818), sul quale mi sono basata per l’integrazione9. La nostra epigrafe era redatta tutta in esametri e il secondo verso doveva concludersi con la parola διδάξας, che compare in ultima sede in un epigramma di Roma10. Il participio διδάξας si riferisce evidentemente al defunto, divenuto soggetto di una nuova frase che doveva incominciare alla lin. dopo Ἀκουίλαν. Di Vibius Aquila e di ciò che egli «insegnava» nulla sappiamo da altre fonti.
Elena Miranda
6. Puteoli
10Frammento di lastra in marmo bianco rinvenuto a Pozzuoli, nella necropoli di via Celle, intorno al 197011. Mis. max.: h. cm. 22,5; largh. cm. 18,5; spess. cm. 3. Alt. lettere: lin. 1, da cm. 3 a cm. 3,2; lin. 2, cm. 3,2; lin. 3, da cm. 3,2 a cm. 3,4; lin. 4, cm. 3,2. Dapprima a Pozzuoli, magazzini dell’Anfiteatro; dal 1979 in deposito presso il Museo Nazionale di Napoli, sala tecnologica.
Inedita (fig. 6).
11Si tratta quasi certamente di un epigramma funerario, in cui la parola τέχνη doveva riferirsi a qualche particolare «arte» del defunto (o della defunta) Πολυμ [...]12.
Più difficile che si debba pensare ad un’epigrafe relativa ad un’associazione professionale13.
Elena Miranda
7. Puteoli
12Frammento di lastra in marmo bianco rinvenuto a Pozzuoli, nella necropoli di via Celle, intorno al 197014. Mis. max.: h. cm. 17; largh. cm. 15; spess. cm. 3,3. Alt. lettere; lin. 1, cm. 3; lin. 2, da cm. 3 a cm. 3,5. Dapprima a Pozzuoli, magazzini dell’Anfiteatro; dal 1979 in deposito presso il Museo Nazionale di Napoli, sala tecnologica.
Inedita (fig. 7).
13Il nome della defunta potrebbe essere Εὐγενία ο anche Πρωτογενία e simili. Si potrebbe anche leggere [...] γενιάς [...], benché solo di rado il nome del morto venga espresso al genitivo dopo la formula Θ.Κ.
Elena Miranda
8. Puteoli
14Frammento di lastra in marmo bianco rinvenuto a Pozzuoli, nella necropoli di via Celle, intorno al 197015. Mis. max.: h. cm. 28,5; largh. cm. 23; spess. cm. 2,5. Alt. lettere: lin. 1, cm. 4,7; lin. 2, cm. 5 (asta del psi, cm. 6,7); lin. 3, da cm. 4,5 a cm. 5,2. Traccia di hedera distinguens alla fine di lin. 4. Dapprima a Pozzuoli, magazzini dell’Anfiteatro; dal 1979 in deposito presso il Museo Nazionale di Napoli, sala tecnologica.
Inedita (fig. 8).
15Per l’uso dei termini δίψα, δίψος, διψάω nelle iscrizioni sepolcrali in versi v. per esempio L. Moretti, IGUR. 1146. 1287. Tipica delle laminette orfiche è la frase δίψηι δ’ εἱμὶ αὔη καὶ ἀπόλλυμαι16.
Alla lin. 3 abbiamo un nome proprio per il quale si possono proporre varie integrazioni: per esempio il cognome [Ἀκ]ουίλα̣ oppure i gentilizi Οὐίλλ̣[ιος] e [Ἀ]ουίλλ̣[ιος].
Elena Miranda
9. Cumae
16Lastra di marmo bianco tagliato a sezione triangolare in forma di cuneo, rinvenuto a Cuma il 18 aprile 1963. Mis.: h. cm. 19/20; lungh. cm. 27; spess. da cm. 2,5 a cm. 9,5. Retro e lati corti lisci, grezzi quelli lunghi. Alt. lett.: lin. 1: da cm. 2,5 a cm. 3,5; lin. 2: cm. 3; lin. 3: da cm. 3 a cm. 4. Punti di forma triangolare e simili a virgola; si notano ancora le linee guida dei righi; incrostazioni sulla superficie scritta che presenta tracce di calcina ai lati e scalpellature in alto a destra e nella parte inferiore. Racc. Angelo D’Ambrosio, Cumae, n. 2.
Inedita (fig. 9).
17Il nomen Atatius, dallo Schulze considerato di origine etrusca17, è assai raro, essendo attestato finora solo a Mevania18. È quindi molto interessante che ora sia documentato anche a Cumae da questa iscrizione, probabilmente ancora tardorepubblicana, sia per le caratteristiche paleografiche sia per il nome del defunto al nominativo, che per la geminazione della u in suuis (ad es. ILLRP. 949).
Per quanto riguarda il cognomen Faustus, assai comune e molto spesso portato da liberti19, esso trova riscontro a Cumae in CIL X 3699 mentre è molto frequente a Puteoli20.
La formula laudationis «plus in suis», senza confronti in CIL X, si trova, ad esempio, ad Ostia (CIL XIV 1125), a Luceria (CIL IX 848) e a Roma (CIL VI 1434; 11076; 22979).
Angelo D’Ambrosio
10. Cumae (Baiae)
18Lastra di alabastro con incastro per perno di fissaggio nella parte inferiore del lato destro; fu rinvenuta alla fine di gennaio del 1911 in una «tomba a cassetta», formata con lastre di marmo, nel fondo di Antonio Schiano, in località «Sella di Baia» a circa 200 metri dalle cosiddette «Stufe di Nerone», in un complesso funerario d’età tarda, posto sul fianco del colle che incombe sulla strada per Baia a circa 15 metri d’altezza (NSc. 1911. 329, cfr. M. R. Borriello-A. D’Ambrosio, Baiae-Misenum (Forma Italiae, I, 14) (Firenze 1979) 42 s., nr. 8). In epoca e circostanze ancora ignote, fu portata a Pozzuoli dove era conservata fino al novembre 1969 nella masseria di Raffaele Schiano a Croce campana. Mis.: h. cm. 25; lungh. cm. 40; spess. cm. 2. Retro liscio, lati grezzi. Alt. lett.: lin. 1: cm. 4,5; linn. 2-3: da cm. 4 a cm. 3; lin. 4: da cm. 4 a cm. 2. Tracce di rubricatura in tutte le lettere; assenza di punteggiatura; grafia assai trascurata. Racc. Angelo D’Ambrosio, Cumae, n. 7.
NSc. 1911.330 (V. Macchioro) (fig. 10).
19Questa epigrafe, assai trascurata nella incisione e nella impaginazione (si noti che la F finale è scritta per mancanza di spazio sopra il rigo), molto probabilmente non è anteriore, anche in base al contesto archeologico in cui fu ritrovata, al tardo III sec. d.C. Essa costituisce la prima testimonianza in territorio cumano della gens Aplania, attestata finora in tutto il CIL X soltanto a Puteoli (CIL X 8182).
Il cognomen Severinus si trova anche a Puteoli21 e a Misenum22.
Angelo D’Ambrosio
11. Cumae
20Lastra di marmo bianco con venature grigie, frammentata a destra e marginalmente a sinistra, rinvenuta a Cuma il 25 aprile 1963. Mis.: h. cm. 27; lungh. cm. 39; spess. cm. 2,5. Retro liscio e lati sbozzati. Alt. lett.: linn. 1-2: cm. 3,5; lin. 3: cm. 3; linn. 4-5: da cm. 2,5 a cm. 3; lin. 6: da cm. 2 a cm. 2,5. Punteggiatura di forma rotonda. Racc. Angelo D’Ambrosio, Cumae, n. 5.
Inedita (fig. 11).
21Nella lin. 2 si è restituito, solo exempli gratia, il cognomen [Quar]tula, ma sono certo possibili altre integrazioni con non più di quattro, al massimo cinque lettere (ad es. [Nepo]tula), calcolando lo spazio grazie sia alla sicura restituzione della lin. 6 quanto soprattutto al punto, che ancora si scorge nella lin. 1 (al centra fra la D e la M), con cui il lapicida ha segnato la linea mediana dell’epigrafe. Non ho però trovato in tutto il CIL X esempi di cognomina adatti al caso.
Questa iscrizione può, grosso modo, essere datata al II secolo d.C.
P. Licinius Firmus costituisce un sepulchrum familiare per sé, per la moglie, per i suoi liberti, ammettendovi anche un certo [Lucre]tius Sabinus, probabilmente figlio naturale (piuttosto che fratello) della moglie.
Altri Licinii cumani sono attestati da Eph. Ep. VIII 446 (Licinius Nais) e da CIL X 3678 del 289 d.C. (Licinius Secundus), oltre che da CIL X 2651 (L. Licinius Atimetus).
Il cognomen Firmus, finora ignoto a Cumae, è invece molto diffuso a Puteoli23 e a Misenum24.
Se l’agnomen di P. Licinius Fyrmus dovesse essere Domitianus, questo apparirebbe per la prima volta a Cuma, nei Campi Flegrei e in Campania.
Invece per il gentilizio Lucretius si tratta della prima attestazione a Cumae; rari anche i casi puteolani, alcuni di origine non sicura25; comunque un’altra testimonianza a Misenum (CIL X 3518).
Tra i cognomina, Quartula ο qualunque altro terminante in -tula, sarebbe finora unico nelle iscrizioni flegree; al contrario Sabinus è ben attestato nella stessa Cumae26 oltre che a Puteoli, Misenum e, in genere, in Campania.
Angelo D’Ambrosio
12. Liternum
22Lastrina in marmo bianco (cm. 33 x 30); h. lettere: lin. 1: cm. 2,9; linn. 2-6: cm. 3,2; lin. 7: cm. 3,5. Le lettere finali nella lin. 2 e nella lin. 7 sono rimpicciolite. La puntuazione, regolare, è costituita da piccole linee oblique. È murata, assieme alla seguente, all’ingresso dell’ex casina d’Antona, ora ristorante delle Palme, sito lungo la S.S. Domiziana all’altezza degli scavi di Liternum e presso il ponte sull’emissario del lago di Patria. Proviene assai verosimilmente dalla zona (v. la seguente).
Inedita (fig. 12).
23Il nomen Naevius, pur ampiamente attestato in Campania, sia a Capua (CIL X 3794, 4096, 4235-6), che a Puteoli (CIL X 1807, 2760, 2738, 2761; le ultime due furono viste però a Napoli e sono di provenienza incerta; v. anche il fabbricante di sigillata puteolana N. Naevius Hilarus), a Cumae (CIL X 1604, 2776), e ad Atella (CIL X 3738), non era finora noto dalle poche iscrizioni conosciute da Liternum. Naevius Maximus rivestiva la carica di tr(ierarchus)27, cioè di comandante di una unità della flotta da guerra, verosimilmente quella di Miseno. Il nomen Naevius è molto ben attestato tra i classiarii di questa flotta28. La presenza del D.M. e la mancanza dei praenomina suggeriscono una datazione non anteriore al II sec. d.C.
Mario Pagano
13. Liternum
24Lastrina in marmo bianco (cm. 33 x 29); h. lettere: lin. 1: cm. 2,6; lin. 2: cm. 2,9; linn. 3-7: cm. 3. L’ultima linea inizia a 4 cm. dal margine dell’epigrafe. L’impaginazione dell’iscrizione non è ben curata. È murata, assieme alla precedente, all’ingresso dell’ex casina d’Antona, ora ristorante delle Palme, sito lungo la S.S. Domiziana all’altezza degli scavi di Liternum e presso il ponte sull’emissario del lago di Patria. Fu scavata qualche anno prima del 1949 «sulla via Domiziana a Patria»29.
G. Corrado, op. cit. 38 (fig. 13).
25Il nomen Munius è ben attestato in Campania, particolarmente a Capua30, ma non era finora presente a Liternum. La presenza del D.M., la mancanza del praenomen e i caratteri epigrafici assai trascurati fanno propendere per una datazione non anteriore al II secolo d.C. L’omissione della h in huius è testimoniata in altri casi analoghi31. Il cognomen Puteolanus, derivato dal nome della vicina città e ivi ampiamente attestato32, non era ancora noto a Liternum. Il termine amator nel senso di «amico», non è molto frequente33.
Mario Pagano
14. Incertae originis (Campi Flegrei)
26Lastra di marmo bianco rettangolare, di taglio molto irregolare. Mis. max.: h. cm. 21; largh. 35,5; spess. 2,5. Retro scabro e punzonato. Alt. lettere: lin. 1, cm. 2,5; linn. 2-5, cm. 2; lin. 6, cm. 1,5; segni d’interpunzione triangolari usati con regolarità. Ν rimpicciolita alla fine della lin. 2. Si ignora il luogo e la data del rinvenimento sebbene sia probabile che l’epigrafe provenga proprio dalla necropoli di Miseno. Raccolta Raimondo Annecchino.
Inedita (fig. 14).
27In questa epigrafe si ha un’altra testimonianza della trireme Silvanus della flotta di Miseno34, già menzionata in CIL X 3398; 3408; 8211, sulla quale prestava servizio il manipularis d’origine alessandrina C. Iulius Petronianus, arruolatosi a 18 anni35 e morto a 40. Iulius è fra i classiarii il gentilizio di gran lunga più diffuso, mentre il cognomen Petronianus si riscontra nelle epigrafi flegree solo in tre casi (CIL X 2875; 3423; 3589). È poi singolare l’omonimia di questo marinaio con un altro classiario della flotta misenate, C. Iulius Petronianus, anch’egli d’origine egizia (CIL X 3589)36. Il cognomen Iulius in Campania è presente a Pompeii (CIL IV 1610).
L’iscrizione va assai probabilmente datata in epoca non anteriore al II secolo (si noti in particolare l’abbreviazione della formula B.M.F.).
Maria Annecchino
15. Incertae originis (Campi Flegrei)
28Stele rettangolare, di marmo bianco, che presenta nella parte inferiore, destinata ad essere infissa, un foro rotondo di cm. 4 di diam. e lungo il margine sinistro una fascia lievemente rilevata e fortemente scheggiata, larga cm. 3, che si riscontra anche sul retro scabro. Mis.: h. cm. 58; largh. 35,5; spess. 4. Nella parte superiore è incisa a tratti assai rozzi ed irregolari una ghirlanda con viticci tra due foglie di edera. Alt. lett.: lin. 1: cm. 3,1; linn. 2-3: cm. 2,5. Segni di interpunzione triangolari. Si ignora il luogo preciso di rinvenimento, che è però certamente nella zona flegrea. Raccolta Raimondo Annecchino.
Inedita (fig. 15).
29La gens Apuleia, più spesso Appuleia, è già nota nell’area flegrea a Cumae e Misenum37 e forse anche a Puteoli, ma le relative iscrizioni, assegnate nel CIL a questa città, sono invero di incerta provenienza38. Il cognomen grecanico, Antigonus, trova nella zona flegrea un solo confronto nel liberto T. Flavius Antigonus di CIL X 2453, vista alle falde del Monte Gauro, in loc. Luciano.
Sebbene manchi il D.M., sia i caratteri epigrafici (si noti la G corsiveggiante) che la presenza delle edere e specialmente l’omissione del prenome, inducono a datare l’epigrafe non anteriormente alla metà del II secolo.
Maria Annecchino
16. Incertae originis (Campi Flegrei)
30Lastra rettangolare di marmo bianco, con una leggera fratlura sul lato destro. Mis.: h. cm. 25; largh. 41; spess. 3,8. Retro sbozzato. Alt. lettere: lin. 1: cm. 3; lin. 2: cm. 2,3; lin. 3: cm. 2; lin. 4: cm. 2,3. L’incisione è però abbastanza irregolare, perché vi sono nei singoli righi lettere di altezza inferiore ai 2 cm.; in genere esse tendono a diventare più piccole, procedendo da sinistra a destra. La prima I della lin. 2 è più alta del rigo (cm. 3), e leggermente più alte sono anche le I della lin. 3. Punti triangolari usati dopo le singole parole e alla fine di ogni rigo. Di questa epigrafe si ignora la provenienza precisa, anche se è certo che sia stata rinvenuta nella zona flegrea. È ora conservata in una casa privata a Pozzuoli.
Inedita (fig. 16).
31Per una datazione tarda dell’iscrizione sono indizi, oltre l’abbreviazione della formula Dis Manibus, l’assenza del prenome e soprattutto il cognomen Crescentianus che, chiaramente derivato da Crescens, costituisce un tipico esempio di cognomen in -ianus formato da un altro cognome39. Non si andrebbe forse troppo lontano dal vero, datando l’iscrizione al III sec. d.C.
32Il cognomen Crescentianus è attestato in Campania una sola volta: un C. Magius Crescentianus in CIL X 3699, lista di dendrophori attribuita da Mommsen a Cumae e molto probabilmente effettivamente proveniente dal territorio di questa città (cfr. CIL ad loc.). È invece frequentissimo in Campania il cognomen Crescens, che compare nella zona flegrea a Cumae40, Misenum41, Puteoli42.
Seppure la povertà del materiale epigrafico e la scadente qualità della incisione fanno pensare che il defunto fosse persona di modeste origini, è però impossibile dire che si tratti di un liberto, deponendo anzi in contrario il cognomen Crescentianus diffuso soprattutto fra ingenui43.
Gennaro D’Isanto
17. Incertae originis (Campi Flegrei)
33Lastra di marmo bianco con venature grigiastre, di taglio piuttosto irregolare; mis. max.: h. cm. 33; largh. cm. 34; spess. cm. 2,7; retro punzonato. Altezza lettere: lin. 1, cm. 3,2; lin. 2, cm. 2,5; linn. 3-8, cm. 2; segni di interpunzione triangolari. Impaginazione e incisione accurate; Τ con sbarra orizzontale ondulata (la prima Τ della lin. 2 è più alta del rigo); lunga, sinuosa coda nelle Q. Si ignora il luogo preciso di rinvenimento, comunque certamente flegreo. Raccolta Raimondo Annecchino.
Inedita (fig. 17).
34La gens Nonia, abbastanza frequente in Campania44, non è rara nei Campi Flegrei45; raro invece il cognomen Optatus46, né più diffuso è con le sue varianti il grecanico Artemon47, portato dal marito di Nonia P. f. Optata. Questi è probabilmente un discendente o, meglio, un liberto di liberti imperiali. Il loro figlio, C. Iulius C. f. Optatus, trae, come di frequente, il cognomen dalla madre. Riguardo alla datazione dell’epigrafe si può pensare con buona probabilità alla fine del I ο alla prima metà del II secolo.
Maria Annecchino
Notes de bas de page
1 Sulle origini della gens Blossia e su alcuni suoi esponenti a Puteoli, v. A. D’Ambrosio, in Puteoli 3 (1979) 165.
2 CIL X 3415; 3565.
3 CIL X 4318; 8228.
4 CIL X 2838; 2839 (tra l’altro non sicuramente puteolane).
5 È interessante richiamare Propert. I 11.3-4: et modo Thesproti mirantem subdita regno / proxima Misenis aequora nobilibus, che con questa perifrasi sembra alludere al lago d’Averno; difatti in Thesprotia, di cui era re eponimo Thesprotus, che nel mito aveva fama di negromante, scorreva il fiume Acheron che sfociava in una Acherusia palus (v. per tutti Thucyd. I 46). Questa, naturalmente, richiamava l’omonima Acherusia palus flegrea con la quale è spesso identificato proprio il lago d’Averno (ad es. Verg. Aen. VI 107); per converso la palude epirota è chiamata più volte da alcuni autori lacus Avernus (v. Hygin. Fab. 88.3: ad regem Thesprotum ubi lacus Avernus dicitur esse; cfr. Plin. N.H. IV (1).2; Paus. IX 30.6).
6 È difficile difatti che Thesprotus sia usato qui come nome etnico, poiché questo liberto, morto a quattro anni, dovette essere uno schiavo nato in casa del padrone (un verna).
7 Secondo quanto riferisce il locale Assistente della Sopr. Archeol., sig. A. Angellotti.
8 Secondo quanto riferisce il locale Assistente della Sopr. Archeol., sig. A. Angellotti.
9 L’iscrizione si trova nel Museo Naz. di Napoli, ex deposito framm., inv. nr. 2474. Il verso è integro sulla destra, mentre sulla sinistra la pietra è rotta esattamente allo stesso punto. La prima lettera è certamente un kappa, come trascrisse G. Fiorelli, Catal. Mus. Naz. Napoli, I. Iscr. gr. e ital. (Napoli 1867) nr. 75. Erroneamente lesse XONTA il Kaibel, IG. XIV 818, da cui W. Peek, Griechische Vers-Inschriften I (Berlin 1955) nr. 834.
10 L. Moretti, IGUR. 1176. Per altri esempi del verbo διδάσκω in iscrizioni funerarie sia in versi che in prosa v. Id., op. cit. 1480; W. Peek, op. cit. nr. 1437; ΤΑΜ. IV 1 132, lin. 6 e lin. 10 s.
11 Secondo quanto riferisce il locale Assistente della Sopr. Archeol., sig. A. Angellotti.
12 Cfr. L. Moretti, IGUR. 1159; 1222; 1263; 1425; 1459.
13 Per questo significato di τέχνη v. L. Robert, Hellenica XI-XII (Paris 1960) 26.
14 Secondo quanto riferisce il locale Assistente della Sopr. Archeol., sig. A. Angellotti.
15 Secondo quanto riferisce il locale Assistente della Sopr. Archeol., sig. A. Angellotti.
16 Per una bibliografia aggiornata v. M. Guarducci, Epigrafia greca IV (Roma 1978) 258-270.
17 W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen2 (Berlin 1933) 69, 348.
18 CIL XI 5033; 5082; 7937; gli Atatii vi costituivano un’importante famiglia, alla fine del I secolo d.C. di rango equestre (CIL XI 5033).
19 V. I. Kajanto, The latin Cognomina (Helsinki 1965) 272 cfr. 73, 134.
20 CIL X v. ad es. Indices.
21 CIL X 3054.
22 CIL X 3367.
23 Ad. es. v. CIL X 2422; 2465; 2755; 2762.
24 CIL X 3420; 3426; 3465; 3475; 3576; 3666.
25 CIL X 1999; 2677; 2678; Tab. Pomp. 133 (per la lettura corretta v. U. Manthe, in Gnomon 53 (1981) 155).
26 CIL X 3699, 1, lin. 8 e 26 (a. 251).
27 Cfr. H. D. L. Viereck, Die römische Flotte (1975) 240.
28 CIL X 3411; 3391; 3463; 3478; 3611. Naevii a Misenum compaiono anche in CIL X 3036 e 3092.
29 G. Corrado, Le vie romane da Sinuessa e Capua a Literno, Cuma, Pozzuoli, Atella e Napoli2 (Aversa 1949) 38, che la pubblicava quasi correttamente ma non rispettando l’esatta divisione delle righe.
30 CIL X 3772; 4731-2 (tutte da Capua); cfr. anche CIL X 2755 e 2774 (Neapoli in museo).
31 Cfr. gli esempi analoghi in CIL X 2184; 4410.
32 CIL X 1784; 1785; 1804; 2009; 2654; 2903; 2906; 3129; 8370; AE 1974 250; Eph. Ep. VIII 394 (tutte da Puteoli).
33 Cfr. gli esempi analoghi in CIL VI 9800; 14484; 17928.
34 Bibl. sulla flotta di Miseno da ultimo in G. Vitucci, Classis Misenatium. Qualche problema storico antiquario, in Atti Conv. Intern. Lincei «I Campi Flegrei nell’archeologia e nella storia» (Roma 1977) 181 ss., che da parte sua si limita a qualche aspetto particolare.
35 L’età di arruolamento più comune era fra i 18 e i 22 anni, v. L. F. Fitzhardinge, Naval epitaphs from Misenum in the Nicholson Museum, Sydney, in JRS. 41 (1951) 20; fra i classiarii misenati gli alessandrini e gli egiziani sono i più numerosi, v. Fitzhardinge, art. cit. 19.
36 Questa iscrizione è ora al Nicholson Museum di Sydney, v. Fitzhardinge, art. cit. 18 con foto.
37 Cumae: CIL X 2091; 2614; 8367; Misenum: 2561a.
38 CIL X 2089; 2090.
39 Su questo tipo di cognomina cfr. H. Solin, in L’Onomastique latine (Coll. C.N.R.S., Paris 1975) (1977) 139.
40 CIL X 3699, linn. 33 e 40, elenco di dendrophori sopra citato.
41 CIL X 2476; 3036; 3363; 3370 (in realtà vista a Napoli); 3660; 3664.
42 CIL X 2350; 2421; 2945; 3099; AE. 1974.251; inoltre CIL X 1753; 2349; 2405; 2478; 2658; 2683; 2872; 2960 (tutte di provenienza incerta, anche se attribuite a Puteoli).
43 È attestato persino per un senatore (PIR.2 A 470, console nel 228 d.C.). Cfr. I. Kajanto, The Latin Cognomina (Helsinki 1965) 234.
44 V. P. Castrén, Ordo populusque pompeianus (Roma 1975) 196.
45 A Puteoli: NSc. 1891 340; CIL X 3310 (cristiana); 1817; 2780; 3492 (queste ultime tre non sicuramente puteolane); a Misenum: CIL X 1759; a Cumae (Baiae): Eph. Ep. VIII 381.
46 Ad es. il pretoriano cumano di CIL VI 2379a (a. 143); per Puteoli·. W. Dennison, in AJA. 2 (1898) 385 nr. 30; Tab. Pomp. 60 = AE. 1978.126 (a. 53). Questo cognomen è invece ben attestato nei ceti umili pompeiani, v. Castrén, op. cit. 256.
47 Cumae (Baiae): CIL X 1762; Puteoli: A. Ferrua, in RAAN. 42 (1967) 5 fig. 2a; e il martire puteolano Artema su cui v. da ultimo, A. D’Ambrosio, in Puteoli 1 (1977) 142 s.
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