L’architettura e l’urbanistica di Metaponto nel quadro dell’economia locale e dell’evoluzione generale nella Magna Grecia
p. 123-140
Texte intégral
1È naturale che gli sviluppi nello sfruttamento delle risorse economiche di una città, nel caso di una colonia prevalentemente agraria come Metaponto quelle del suo entroterra, trovino un riscontro nell’attività edilizia, sia privata che pubblica. A Metaponto si dispone per ambedue gli aspetti - economia dell’entroterra ed edilizia pubblica - di alcuni elementi importanti per un confronto seppure ancora parziale e approssimativo.
2Per affrontarlo abbiamo scelto - tra diversi aspetti possibili - i tre seguenti:
Disponibilità e approvvigionamento di materiale da costruzione.
Concetti di occupazione ed organizzazione dello spazio urbano nelle varie fasi di vita della città.
L’evoluzione dell’architettura monumentale metapontina vista in sincronia con altri centri achei.
1. Disponibilità e approvvigionamento di materiale da costruzione
3Ogni attività costruttiva dipende sempre dalla “materia prima”, sia nel senso traslato, sia in quello letterale. Come le altre città fondate nelle fertili pianure alluvionali, e forse più di tutte le consorelle, anche Metaponto è condizionata dalla mancanza di buona pietra da taglio. Il pessimo conglomerato che si trova nei giacimenti delle prime colline, specie in direzione Matera, non si presta ad alcun tipo di lavorazione fine. Questo materiale, più economico e più facilmente reperibile, si trova adoperato nelle strutture solo nelle fasi più deboli della storia della città, sia ai suoi esordi che nelle fasi di decadimento. La pietra, che è anche di poca compattezza e solidità, trova uso quasi esclusivamente nelle fondazioni.
4Nella prima età arcaica vi si aggiunge una particolare arenaria calcarea estremamente dura e quasi non lavorabile che si trova, in scarsa quantità, in singoli blocchi e sempre in forme molto irregolari nei letti sabbiosi dei fiumi. È il materiale noto dai primi “argoi lithoi”1. Ambedue i materiali si trovano, p.es., nelle fondazioni dei templi CI e BI nel santuario urbano di Metaponto.
5L’alzato del tempio CI, pero, poteva essere costruito soltanto con un materiale procurato e trasportato da più lontano. Si conservano in situ, come prime assise delle pareti, blocchi squadrati di piccolo formato di un tufo arenario abbastanza compatto che sembra provenire dalla zona di Ginosa/Castellaneta/Laterza. Questo materiale, che si presta sia ad un taglio abbastanza preciso che a lavori di modanatura, richiedeva comunque, per l’acquisto, una certa disponibilità di mezzi e capacità organizzativa.
6Particolari tufi bianchi e giallognoli, denominati comunemente “pietra tenera” e sempre provenienti dalle ultime propaggini delle zone delle gravine poste tra Ginosa e Massafra, sono stati, per tutta l’età arcaica, i materiali litici preferiti per le decorazioni architettoniche (le modanature del tempio B, p.es.).
7Per elementi staticamente più impegnati e di dimensioni più grandi come colonne ed architravi bisognava, però, ricorrere a materiali più resistenti. Pietre con queste caratteristiche si trovano, ora, solo nel comprensorio di Taranto e ancora più lontano, nel Salento. Sono il c.d. carparo, un calcare conchiglifero di diversa granulosità che si cava in ottima qualità e grande omogeneità a Taranto stessa, nonché diverse pietre calcaree o tufi che distinguono in grande quantità e variabilità tutto il Salento2. È naturale e logico, dunque, che il primo grande tempio períptero di pietra di tutta la Magna Grecia, il c.d. tempio di Poseidone, fosse costruito proprio a Taranto.
8L’acquisto di questi materiali e quindi la costruzione di edifici di una certa monumentalità fu possibile soltanto nel momento in cui la situazione politica economica ed organizzativa della città lo permisero.
9Il materiale da costruzione più facilmente reperibile a Metaponto era ovviamente l’argilla: uno stato di fatto che interessa in maniera uguale del resto quasi tutte le altre città della Magna Grecia, con l’unica eccezione, appunto, di Taranto.
10Per fare dell’argilla un materiale da costruzione più resistente, e cioè la terracotta per le coperture e i rivestimenti di tetti e talvolta anche delle stesse pareti di mattoni crudi (Locri, Marasà I), occorreva inoltre legna da ardere, in quantità che presto avrà superato le disponibilità della proschoros della città stessa. Da studi geologici3 e paleontologici4 risulta infatti un progressivo disboscamento delle valli del Basento e del Bradano, come del resto anche degli altri fiumi che penetrano nell’entroterra, già in età molto antica e precisamente in età arcaica. Questo fenomeno è la causa principale dei grandi eventi alluvionali che comprometteranno e comunque condizioneranno decisamente la fruizione sia delle basse valli, sia della città stessa (v. sotto). Ad ogni modo, anche per l’acquisto di legname da parte della città, era indispensabile un’adeguata struttura politica economica e commerciale.
11Questo vale in modo particolare anche per il legname da costruzione, soprattutto per le travi di grandi dimensioni, necessarie per le capriate dei grandi templi. Dalle cassette di rivestimento dei tetti risulta uno spessore delle travi abbastanza costante, intorno ai cm 30. In età arcaica non si superava comunque la normale portata di max. 5-6 m. Tali dimensioni sono tuttavia sufficienti a reggere il peso dei tetti di terracotta5 che si calcola dovesse essere al max. di 250 kg/m2. La nota pliniana del “templum Junonis vitigineis columnis”6 tuttavia non contribuisce più di tanto alla problematica qui in discussione.
12La prima fase costruttiva a Metaponto è comunque contraddistinta dall’abbondante uso di legname, come risulta dagli spessi strati di legno carbonizzato trovato sia nel santuario, sia sotto i terrapieni dell’ekklesiasterion (gli “ikria”)7.
13Infine bisogna prendere in considerazione i metalli, specie il bronzo ma anche il ferro ed il piombo, usati in Grecia prevalentemente per rafforzare gli angoli degli edifici mediante grappe e perni8. In Magna Grecia invece l’uso del metallo strutturale (“structural iron”, Dinsmoor) è molto meno frequente ed appare in una certa misura soltanto a partire dal sec. V9. Tutti questi problemi comunque non sono ancora stati affrontati per l’architettura della Magna Grecia con la sistematicità che meriterebbero10.
2. Concetti di occupazione ed organizzazione dello spazio urbano nelle varie fasi di vita della città
14Quanto segue si intende come nota di integrazione alle esposizioni dell’amico A. De Siena sui recenti scavi in varie zone dell’area urbana e si concentrerà soprattutto sull’area santuario/agora che ci è finora la meglio nota. Come tali anche queste osservazioni hanno carattere del tutto preliminare11.
Circuito delle mura; definizione spaziale dell’area urbana
15Dal momento che De Siena ha individuato, nel tratto di mura “ad aggere” vicino alla Porta Ovest (Settembrini), la fase arcaica delle mura di Metaponto, sembra confermata l’ipotesi che vede tutta l’area compresa tra il mare, le due anse dei fiumi Bradano e Basento ed il muro “di sbarramento” verso l’entroterra come la zona predestinata all’area urbana a partire dalla fondazione della città. Pare comunque che le mura del sec. IV, individuate ormai in diversi punti intorno alla città in precisa corrispondenza con alcune anomalie leggibili sulle foto aeree, ricalchino il percorso delle delimitazioni disposte già in età arcaica.
16Le maggiori conferme dallo scavo si hanno sui lati Ovest (verso l’entroterra) ed Est (verso il mare) nonché a Nordest e Sudovest mentre il limite Nordest, ben leggibile dalle foto aeree, non ha ancora avuto alcuna conferma dagli scavi. L’unico tratto ancora discusso è quello Sudovest, dove l’ansa del Basento, ben visibile sulle foto aeree, sembra aver almeno in parte compromesso le delimitazioni antiche.
17L’area così circoscritta di ca. 150 h è comunque molto considerevole12 e sembra escluso ab initio che essa potesse essere stata occupata per intero dalle prime generazioni di coloni. Nonostante ciò non si è trovata finora alcuna sepoltura dentro questo circuito di mura. Sembra indicativo inoltre che neanche intorno alle prime case-capanne in proprietà Andrisani, non lontano dalla Porta Ovest, si siano trovate delle sepolture.
Morfologia del terreno nell’area “urbana” e primi elementi di sistemazione e frequentazione
18Dalla somma delle osservazioni fatte nei singoli saggi di scavo, l’area così definita risulta caratterizzata da un leggero movimento della superficie con alcune zone più soprelevate, vere dune di sabbia, - e quindi più asciutte e praticabili - ed altre più depresse - e quindi più minacciate dalle acque alte. La prima frequentazione dell’area era dunque limitata a determinati luoghi e non interessava tutta la superficie. La vastità dell’area complessiva sembra quindi anche motivata da queste condizioni di limitata possibilità d’uso del suolo.
19Allo stesso momento sembra probabile che anche le prime vie di comunicazione tra i primitivi nuclei di frequentazione fossero condizionate dalle stesse circostanze. Infine s’intende che queste condizioni debbano ab initio aver obbligato a misure di drenaggio delle acque stagnanti: un problema, questo, che rimarrà il “Leitmotiv” urbanistico della città attraverso tutta la sua storia. Questi drenaggi a loro volta devono seguire e sfruttare al massimo le pendenze esistenti della superficie. È ben probabile dunque che i grandi allineamenti che caratterizzano in modo sempre più chiaro e monumentale la pianta urbana siano prestabiliti da questi fattori di ordine pratico e tecnico.
20Quanto ai resti strutturali, specie di abitazioni, nell’area urbana, si rimanda al contributo di De Siena. Va comunque ripetuto che tali strutture non sembrano concentrarsi in un primo nucleo che si sarebbe allargato nel tempo, ma si trovano sparse su tutto il terreno urbano a seconda della disponibilità di posti adatti.
Zona riservata alle funzioni pubbliche (santuario e agora), i primordi
21All’interno del perimetro predefinito, ma in una posizione periferica, un’area sembra essere stata riservata ab initio destinata a funzioni di uso non residenziale. Nella vasta area più sistematicamente esplorata di Metaponto, che sarà poi ben identificata, appunto, come santuario urbano ed agora, non si è infatti trovato alcun elemento di abitazioni del tipo noto come p.es. in Proprietà Andrisani13. Ε questo nonostante l’area in questione si trovi un po’ sopraelevata rispetto al circondario, specie verso Sud.
22L’area santuario/agora era limitata a Nord e Nordest dalle mura stesse, che seguono in questo tratto l’andamento curvilineo dell’ansa del Bradano (ben individuabile nelle foto aeree, oggi considerevolmente spostata verso Nordest). A Sud invece l’area è definita da una linea che successivamente verrà occupata dalla grande arteria A e che si trova comunque - anche prima della vera e propria impostazione della strada - su un percorso che portava direttamente alla grande Porta Ovest (Settembrini): un dato di estrema importanza per la comprensione dell’origine della rete urbana.
23Questa vasta area era, al momento iniziale dell’insediamento, occupata da alcune strutture edilizie lignee di considerevoli dimensioni di cui si sono trovati, in diversi grandi nuclei, consistenti resti di bruciato nell’area in seguito occupata dai grandi templi nonché sotto gli accumuli di terra dell’ekklesiasterion. La conformazione dello strato di legno bruciato sotto l’ekklesiasterion permise di formulare la fondata ipotesi che la struttura lignea fosse stata una specie di tribuna, quindi gli “ikria” di un monumento con funzioni assembleari simili a quelle che, poi, si svolsero nel monumento tardo-arcaico. Visto il fenomeno della conservazione delle funzioni legate al luogo, è lecito presumere che anche le grandi strutture lignee del santuario fossero predecessori dei successivi templi monumentali. Oltre alla consistenza delle strutture lignee, anche il materiale ceramico trovato nei contesti non lascia altra soluzione14.
24Si nota dunque una divisione dell’area prescelta per la città secondo criteri funzionali.
25Questo principio viene, ovviamente, conservato anche dopo l’incisivo evento distruttivo che ha abbattuto i monumenti lignei. La ricostruzione della città, databile sulla base dei dati di scavo intorno al 600, seguiva dunque un modello già prestabilito.
26In ambedue i centri della “zona pubblica” si riprende, sembra contemporaneamente, l’attività edilizia, con l’intento di dare più solidità agli impianti. Al posto degli “ikria” pare che si sia creata una specie di duna o terrapieno artificiale leggermente inclinato, anche se le relative osservazioni di scavo non permettono una lettura chiara. Nel santuario invece si erigono i noti cippi litici, gli “argoi lithoi” che caratterizzano il santuario metapontino in modo particolare. In un nuovo tentativo di classificazione si avrà anche un quadro abbastanza complesso della funzionalità di questi doni votivi e della sequenza della loro sistemazione rispetto ai singoli nuclei cultuali15. Il monumento più importante di questa prima sistemazione dell’area santuario/agora è comunque il sacello CI con il suo altare e soprattutto la sua ricca decorazione architettonica piena di significato. Il fregio fittile figurato si ispira - come del resto tutto il monumento - al modello della generazione precedente nel sacello del santuario di S. Biagio, il più importante della chora16.
27Sembra che si possa cogliere, nel rapporto cronologico tra questi due monumenti, un dato abbastanza significativo, che rispecchia in un certo qual modo tutto il processo dell’istituzione della colonia. Era in ogni caso primario l’obiettivo di sistemare ed organizzare, anche e soprattutto con l’appoggio dei santuari della chora, la base economico-agricola della futura comunità. Nel momento in cui si costruì il sacello nel santuario di S. Biagio, nel santuario urbano sembra venissero realizzate strutture sicuramente più semplici. Una spia, questa, di un modo di pensare e di progettare la polis che potrebbe essere valida anche per gli stessi impianti dei lotti e delle rispettive vie e strade che articolano sia la chora (prima) che l’area urbana (dopo)?
28Poco dopo, nel secondo quarto del sec. VI, ha inizio la costruzione di un primo tempio periptero, il tempio AI immediatamente a Nord del tempio CI. La costruzione si fermò, però, dopo la messa in opera di pochi filari della peristasi.
L’area pubblica. La monumentalizzazione della seconda metà del sec. VI
29Poco prima della metà del sec. VI comincia la costruzione di un nuovo tempio ancora più a Nord, il tempio BI, che sembra far parte di un nuovo concetto di ordine urbanistico. Rompendo chiaramente con il generale orientamento dei predecessori, il tempio si trova in perfetta sintonia con i grandi allineamenti che distinguono l’intera pianta urbana - un fatto che non può essere casuale, tantomeno se si nota che lo stesso altare del tempio nonché quello del vicino tempio A, allineati tra di loro, tendono a riprendere l’originale primitivo orientamento “sacro”.
30Quindi, anche se il tempio BI, come il suo vicino AI, non fu terminato, tendo a vedere in BI una nuova fase edilizia rispetto ad AI, un intervento che segue già un disegno generale di grande respiro e che è alla base di tutta la configurazione futura della pianta della città.
31Sono ignote le ragioni per l’interruzione dei lavori del tempio Β I come di quello ΑΙ.
32Nei primi due decenni della seconda metà del sec. VI si riprende, tuttavia, la costruzione di ambedue i templi che vengono portati a termine anche abbastanza rapidamente assieme a tutta la loro ricca decorazione architettonica. Mentre il tempio BII riprende, inglobandole, le fondazioni e con ciò anche l’orientamento del predecessore, il tempio AII segue questo stesso nuovo orientamento. I due templi, con la loro mole e monumentalità, sono ora la visiva realizzazione tridimensionale dell’intero sistema di orientamento della città.
33Ma per il momento - e qui sta il problema - i templi (e solo questi due, perché a partire dalla costruzione del tempio D nel sec. V si ritorna ai vecchi orientamenti “sacri”) sono l’unica realizzazione individuabile di tale sistema.
34Vanno quindi ricordati i seguenti fatti e annotazioni:
Dopo i recenti saggi attraverso le plateiai A e III (v. De Siena), le strade come tali (con un loro battuto o simili) non sono individuabili prima della seconda metà del sec. V.
Preesisteva invece un sistema di orientamento che metteva in rapporto diretto l’allineamento del margine meridionale del santuario con la Porta Ovest (Settembrini). Tuttavia non è accertabile se l’area del santuario originariamente non fosse stata più ampia e più estesa verso Sud, come lo era sicuramente verso Ovest. Comunque è certo e probabilmente non senza significato che la linea Porta Settembrini/attuale limite Sud del santuario è perfettamente parallela ai due grandi templi.
I monumenti sacri a loro volta non offrono alcuna motivazione per la scelta di questo orientamento: al contrario, il tempio AII rompe vistosamente con l’orientamento di AI, e D con tutta la schiera di piccoli monumenti dell’area settentrionale del santuario riprende - più o meno - i vecchi orientamenti.
Santuario e rete stradale; sintesi ed ipotesi di lavoro
35Segue da queste osservazioni che la scelta degli orientamenti stradali è indipendente da quella dei templi e che sono i primi a determinare l’orientamento dei templi e non viceversa: e questo senza che potessimo ancora verificare l’esistenza stessa delle strade. Con la grande attività costruttiva a partire dalla metà del sec. VI (che si manifesta in modo così monumentale nei templi maggiori e pure, vedremo, nell’ekklesiasterion), si segui un grande disegno che interessava una più vasta area della città, senza poter essere ancora realizzato per esteso. Il disegno interessa anche il santuario senza intervenire ancora materialmente nella zona lasciata inizialmente libera intorno ad esso.
36Bisogna comunque immaginare che il sistema distributivo della rete viaria, almeno nelle sue linee generali, fu stabilito intorno alla metà del sec. VI. La sua realizzazione materiale, invece, doveva limitarsi ad alcune zone nelle quali erano state edificate le prime abitazioni. Si presume quindi che i cardini di partenza nel disegno della pianta urbana si trovassero in aree ancora non indagate archeologicamente e comunque più lontane dall’area del santuario.
37È sempre stato notato che l’isolato compreso tra l’arteria A e il primo stenopos è più stretto rispetto alla solita misura calcolabile intorno a m 35 ca. Sembra trattarsi quindi piuttosto di una misura di risulta e non di una misura base e di partenza per la divisione modulare del sistema: un elemento in più per la nostra ipotesi che la base del sistema non sia da cercare in vicinanza del santuario o della plateia A.
Agora e rete stradale
38L’agora è divisa dal santuario da una lunga fila dritta di cippi che si inserisce perfettamente nel sistema ortogonale della pianta urbana. Databile con grande probabilità nella fase della grande risistemazione della seconda metà del sec. IV (anche per il tipo di pietra) la teoria di cippi si trova in una zona ovviamente alterata e probabilmente livellata artificialmente rispetto alla situazione arcaica. Verso Ovest nell’area del santuario tutti i monumenti vicini alla fila di cippi risultano molto recenti, mentre i piccoli altari e le basi di statue che si allineano a questo confine dalla parte dell’agora sono a loro volta costruiti in gran parte con materiali di reimpiego.
39Tale rimaneggiamento sembra interessare la maggior parte dell’agora. L’unica stratificazione arcaica sicura si conserva, infatti, nei riempimenti di terra dell’ekklesiasterion. Risulta, quindi, difficile stabilire il confine arcaico tra santuario e agora e verificare se la linea dei cippi ricalchi con una certa precisione un’antica divisione della zona o meno. L’elemento arcaico per eccellenza rimane, quindi, il gruppo ekklesiasterion/temenos di Zeus Agoraios/Aglaios, discusso già da A. De Siena.
40Dal punto di vista architettonico l’ekklesiasterion I, databile secondo De Siena verso o poco dopo la metà del sec. VI, costituisce un enorme e decisivo passo in avanti rispetto al suo immediato predecessore. Esso va visto in immediato rapporto cronologico e di importanza monumentale con la costruzione dei due templi maggiori e con il disegno urbano globale.
41In altra sede ho già ampiamente discusso la possibilità di vedere realizzato e trasmesso in forma architettonica in questo monumento il concetto stesso dell’agora17 richiamando come confronto il primo ekklesiasterion sull’agora di Atene, l’importante, ma troppo poco noto, monumento assembleare di forma circolare sull’agora di Sparta, il famoso recinto circolare sull’agora di Gortina etc. Senza voler ritornare su questa problematica, ritengo comunque opportuno sottolineare l’importanza dei seguenti punti
dimensione del monumento (diametro m 62,0, il più grande impianto del genere del mondo greco),
datazione estremamente alta (il più antico monumento in assoluto della tipologia),
particolare forma architettonica, in cui il contrasto tra la rigida forma circolare dell’esterno e l’altrettanto decisa forma rettangolare del centro sembrano di uguale importanza e significato per le funzioni e per l’interpretazione del monumento.
42Il grande dromos che attraversa tutto il monumento e l’“orchestra” rettangolare formano un’unità funzionale e progettuale inscindibile. L’importante asse del dromos non segue, ora, nessuno degli orientamenti finora discussi. L’unico punto di riferimento potrebbe trovarsi nel temenos del “manteion” o di Aristeas discusso da De Siena. Ma per verificare questa idea manca per ora ogni elemento archeologico, dato che questo impianto sembra fondato più tardi.
43Questa osservazione porta l’attenzione comunque sui singoli temene ben definiti da propri muri situati nell’area dell’agora.
44Finora conosciamo cinque di tali temene:
il temenos con altare di Zeus Agoraios/Aglaios di forma rettangolare. Esso non segue gli orientamenti della pianta urbana o dei templi del santuario e non è neppure collocato nelle immediate vicinanze dell’ingresso dell’ekklesiasterion o in diretto collegamento viario con esso,
il temenos anonimo e di datazione incerta tra teatro-ekklesiasterion e “manteion”, di forma rettangolare, ma non corrispondente agli orientamenti noti,
il piccolo temenos vicino all’angolo Sudovest del temenos di Aristeas, orientato secondo i grandi allineamenti,
il temenos di Aristeas/manteion, di circonferenza poligonale definita da un muro di fattura molto tarda. Questo muro rinchiude il vero “sekos”, cioè un vano ipetrale, che custodisce al suo interno la base rettangolare dell’altare (?). Questo “sekos” nonché la grande base rettangolare a Sud di esso seguono, ora, l’orientamento generale della pianta urbana e dei templi maggiori,
il grande temenos a Sudest della scena del teatro, orientato secondo i grandi allineamenti.
45Lo stato della ricerca non permette ancora di trarre delle conclusioni da queste osservazioni. Sembra comunque che alcuni importanti monumenti dell’agora non siano stati interessati direttamente dal sistema degli orientamenti che ha profondamente caratterizzato il santuario.
46Una seconda osservazione: la plateia A che delimita il santuario verso Sud sbocca semplicemente nell’area dell’agora che a sua volta si estendeva ancora più verso Sud. Il percorso viario della strada A continua comunque almeno fino al canale di drenaggio coperto con grandi lastre e sembra aver definito anche il limite meridionale del temenos di Aristeas. Il canale, invece, cambia direzione proprio in corrispondenza del passaggio della strada.
47In tutta questa sistemazione, tuttavia, non si coglie per ora alcun elemento di epoca arcaica e classica.
48Lo stesso vale per il presumibile lato Est dell’agora attualmente, distinguibile tramite la grande struttura della stoa databile alla fine del IV/inizio III sec. La stoa lunga m 56,40 è delimitata a Sud da una delle strade ben leggibili sulle foto aeree e va quindi collocata, nella sua forma attuale, nell’ultima grande fase di sistemazione della pianta urbana.
49A Nord invece la stoa è limitata da un’analogo stenopos che si trova - e questo sembra indicativo - in linea con la grande plateia A sul lato opposto dell’agora. Inoltre, ambedue sboccano nella vasta piazza senza un ulteriore tracciato riconoscibile. Allo stesso tempo lo stenopos non è altro che un passaggio viario che divide la stoa a Sud da una seconda analoga stoa a Nord situata in fila con la prima e, come sembra, della stessa identica struttura. Seppure individuata e scavata soltanto parzialmente, la stoa settentrionale presenta le stesse forme architettoniche, lo stesso interasse delle colonne e la stessa caratteristica facciata laterale rivolta verso il passaggio tra i due monumenti.
50Tralasciando il problema della definizione dell’agora in età arcaico-classica si può ormai affermare, dopo i saggi di A. De Siena del 1992, che questi elementi - le stoai verso Est e la strada verso Sud - siano i reali limiti dell’agora in età ellenistica. Con l’ipotesi di una estensione dell’agora tra la linea di cippi ad Ovest, il teatro a Nord e gli elementi appena detti a Est e a Sud, avremmo il colossale spazio di 7 ha ca. Verificare questi problemi rimane comunque uno dei compiti prioritari per il prossimo futuro. Se questi elementi dovessero veramente far parte della definizione dell’agora, ci si potrebbe ancora aspettare dei monumenti, probabilmente anche una stoa lungo il bordo meridionale della piazza come a Camerina p.es.18. Esiste, infatti, una serie di elementi architettonici di epoca ellenistica che dovevano aver fatto parte di importanti edifici pubblici di cui non conosciamo ancora l’ubicazione.
51Si impone, quindi, un’indagine sistematica sui presunti margini meridionale e settentrionale dell’agora. Questo potrebbe essere anche il punto di partenza per la soluzione dell’ultima grande tematica che, dopo i recenti saggi a Sud del santuario, si ripresenta in forma particolarmente problematica:
52Se si riesce ad ammettere l’esistenza di una “zona di rispetto” tra santuario e abitato rimasta libera e non edificata nei primi secoli di vita della città, si dovrà comunque ipotizzare un rapporto più stretto tra abitato e agora a partire dalla fondazione della città. Un’estensione delle indagini verso Sud oltre il presunto limite meridionale dell’agora dovrebbe dare la risposta.
53Concludendo, notiamo che gli elementi reali per ricostruire un primo impianto stradale di regolare divisione della zona sono estremamente esigui, se non inesistenti. Tuttavia restano valide le seguenti osservazioni:
Le zone destinate a santuario e agora non dimostrano per ora tracce di abitazioni.
Anche se il limite originario tra santuario e agora non è sicuro, la massa degli elementi architettonici ed archeologici conferma che una tale divisione deve essere esistita almeno a partire dal sec. VI.
Il santuario, pur essendo stato delimitate nella sua forma attuale solo a partire dal sec. V, vive - proprio nella fase di maggior splendore e maggiore attività edilizia nei decenni dopo la metà del secolo - un momento in cui principi ordinatori estranei al santuario stesso condizionano l’orientamento dei maggiori templi. Questi dispositivi si spiegano soltanto nel quadro di un disegno complessivo della pianta urbana.
Allo stesso disegno deve appartenere una prima sistemazione e monumentalizzazione di un primitivo accesso all’area “urbana” che dovrà essere ubicato al posto della principale Porta Ovest (Settembrini) che si trova in precisa corrispondenza assiale con la (futura) plateia A.
Il vasto respiro di questa fase organizzativa della città si esprime infine nel grandioso impianto dell’ekklesiasterion, senz’altro il più importante centro della vita civica non strettamente sacra a partire dalla fondazione.
54Da queste osservazioni indicative pensiamo di poter trarre provvisoriamente - anche in assenza di conferme più dirette dallo scavo - la conclusione dell’esistenza di un grande disegno distributivo regolare e vincolante degli spazi e delle principali funzioni urbane almeno a partire della metà del sec. VI. Immaginiamo per ora una maglia larga di zone destinate a funzioni predeterminate che inizialmente era riempita soltanto parzialmente di strutture.
55In un periodo più avanzato, secondo i più recenti dati disponibili durante o piuttosto verso la fine del secolo V, questo impianto ha avuto bisogno di una profonda riorganizzazione che si manifesta in grandi lavori di bonifica tramite ampi e profondi drenaggi. Bisognerà studiare assieme ai colleghi più preparati di noi le cause politiche, economiche e naturali che hanno portato a questi interventi.
56Tali interventi sono comunque la premessa per la grande ripresa urbanistica ed architettonica che contrassegna la seconda metà del sec. IV. In questo periodo vengono rinnovate gran parte delle strutture sia dell’impianto urbano/residenziale che dei monumenti pubblici (teatro, stoa, rifacimento dei templi). Questo periodo di prosperità ed evidente crescita demografica porta anche ad una più densa occupazione della maglia distributiva originaria che raggiunge ora anche le zone più prossime al santuario. Resta comunque l’ipotesi più logica e plausibile che questa ristrutturazione completa si sia sviluppata nel rispetto delle premesse planimetriche già stabilite nel sec. VI.
57Nonostante la validità del sistema distributivo stabilito nel sec. VI, l’aspetto stesso della città arcaica deve aver rassomigliato più all’entroterra agricolo organizzato in modo analogo che a quello della futura città monumentale: zone destinate al culto, ai raduni civili e alle funzioni residenziali ed artigianali erano divise da ampie aree libere e collegate tra di loro più da un astratto sistema di lottizzazione del suolo che dalle strutture stesse. Anzi, le opere più impegnative e in un certo senso più monumentali saranno state le infrastrutture, cioè i canali di drenaggio, che resero praticabile e funzionale tutto l’impianto.
58Sintetizzando si può affermare che gli sforzi essenziali nell’organizzazione urbanistica della città sono condizionati dalle particolari caratteristiche del suolo stesso. Le stesse condizioni agiscono nella chora. È quindi naturale che principi determinati dall’amministrazione dello spazio e sperimentati nella chora possano essere applicati anche all’area urbana stessa.
59Allo stesso momento è ovvio che le grandi risorse che occorrevano nelle varie fasi di impostazione, monumentalizzazione, ma anche di ripristino dopo fasi di stagnazione premettono analoghe e contemporanee capacità della chora.
3. L’aspetto evolutivo di Metaponto nel quadro del confronto con la storia dell’architettura nelle altre città magno-greche
I primordi
60Riallacciandomi a quanto appena esposto comincio con un’osservazione non nuova, non mia, ma sempre illuminante: il più antico monumento architettonico metapontino non si trova nella città ma nella chora e, appunto, in uno dei più importanti santuari, cioè a S. Biagio. Si tratta del sacello distinto dal celebre fregio figurato. Il fatto in sé non è un unicum, ma sembra piuttosto diffuso tra le colonie achee. Un’analoga documentazione la constatiamo a Francavilla sopra Sibari, anche se la nostra conoscenza dell’architettura monumentale sacra di Sibari-città è ancora troppo limitata per poterne trarre definitivamente le stesse conclusioni19.
61Il monumento di S. Biagio precede comunque ogni struttura analoga della città di quasi una generazione e sembra essere stato costruito nella fase che a Metaponto-città è ancora contrassegnata dalle strutture lignee individuate al posto dei templi Β e A.
62Visto nel contesto più ampio, il sacello di S. Biagio sembra comunque l’esempio decisamente più antico di una tipologia più diffusa nell’area achea che- o con i fregi figurati o con fregi fittili che rappresentano forme dell’ordine dorico- contrassegna la prima fase di monumentalizzazione architettonica che rimarrà determinante durante la prima metà del sec. VI. A Metaponto-città la tipologia viene, poi, ripresa nella decorazione del tempio CI (fregio fittile) ma anche in altri monumenti non più identificabili (cassetta di geison con forme doriche).
63L’evoluzione sembra svolgersi, in questo periodo, in piena sintonia in tutta l’area achea - anche se con certe sfumature stilistiche locali - e sembra interessare in egual modo i santuari urbani e extraurbani. Basta ricordare per Sibari i santuari limitrofi di Francavilla, S. Mauro, Cozzo Michelicchio, con i loro monumenti molto antichi documentati dalle terrecotte architettoniche, mentre nella città cogliamo, con il tempietto in antis degli Stombi, una delle prime strutture litiche in assoluto, prototipo e primo esempio dell’architettura estremamente ricca della Sibari tardo-arcaica testimoniata dal complesso di elementi decorativi dal Parco del Cavallo20. A Crotone il sacello del santuario di S. Anna a Sud della città e le primitive terrecotte arcaiche dello Heraion a Capo Colonna non trovano invece, per ora, un riscontro nella città stessa.
64A questa fase formativa prende parte molto attiva anche la ionica Siris, ma non siamo ancora in grado di distinguere nel suo contributo una componente stilistica propria e diversa da quella delle città achee. Mi riferisco ai discussi elementi architettonici rinvenuti nella valle del santuario/agora che sono una spia importante per queste tipologie che, ripeto, non sono legate a monumenti urbani, ma possono, nella stessa monumentalità, apparire in contesti extraurbani21.
65L’unica eccezione sembra essere Taranto, dove non si dispone di analoghi elementi fittili nella prima metà del sec. VI, a parte una antefissa a testa femminile dedalica. Invece si costruisce qui, come già messo in rilievo, il primo grande períptero litico di tutta la Magna Grecia che fa apparire Taranto, almeno nella prima metà del sec. VI, in un’altra luce rispetto alle città della cerchia achea.
Seconda metà del sec. VI
66Come già ripetutamente sottolineato, intorno o poco dopo la metà del sec. VI a Metaponto inizia una prima grande fase di edilizia monumentale che interessa in ugual modo il santuario e l’agora e sembra essere in sintonia anche con la prima grande divisione regolare del suolo, sia all’interno che all’esterno delle mura.
67La colonia dispone ormai dei mezzi per finanziare l’acquisto ed il trasporto da lontano di buona pietra da taglio adatta per i grandi monumenti. I due templi maggiori e soprattutto il monumentale tempio di Apollo con la sua vistosa messa in scena della massa delle sue colonne ne sono i testimoni. L’iscrizione sull’architrave del tempio ricorda l’unico analogo finora conosciuto, la famosa iscrizione sullo stilobate del tempio di Apollo a Siracusa che, appunto, inneggia alla grande opera delle colonne22. Non meno impegnativo è il contemporaneo ekklesiasterion le cui caratteristiche sono state già elencate sopra.
68Queste grandi opere sono il più chiaro segno di una fase di prosperità e capacità organizzativa che invita, ovviamente, a vederla come espressione di una situazione più generale che deve necessariamente interessare anche l’entroterra, vera base economica della città.
69I santuari della chora non sembrano, tuttavia, dopo la precoce fioritura del tempio di S. Biagio, partecipare in ugual modo alla monumentalizzazione delle loro strutture, anche se proprio a S. Biagio nel sacello tardo-arcaico, con la sua decorazione fittile, abbiamo un elemento abbastanza vistoso di decorazione ricca ma non monumentale. Invece nel santuario di Hera sul Bradano, confine del Metapontino verso Nordest, si costruisce alla fine del sec. VI un grande tempio períptero, le Tavole Palatine, che si rifà evidentemente al modello dei templi urbani. Inoltre va menzionato il ritrovamento fortuito e senza contesto del frammento di una grande colonna dorica nel fondo della valle Venella, segno di un’importante struttura nei paraggi - che sarà, però, da datare già nel sec. V.
70Cercando ora di mettere il caso metapontino a confronto con le altre città magnogreche, colpisce soprattutto la sintonia generale con Poseidonia. Il primo monumento importante è il sacello a Sud del tempio di Athena con la sua ricca decorazione fittile cronologicamente e concettualmente molto vicina al tempio C di Metaponto. Anch’esso, come anche un altro sacello a Sud-ovest della Basilica, non segue il grande orientamento comune che contrassegna i tre templi peripteri della città. Il primo passo verso la monumentalizzazione tramite la trasformazione dell’alzato in pietra (e attraverso l’applicazione di un importante fregio figurativo di estremo significato) si fa poi nel più importante santuario della chora, il grande santuario “di frontiera” alla foce del Sele, e cioè nel primo tempio di Hera, testimoniato dalla ricca serie di metope e triglifi23.
71Poco dopo la metà del sec. VI segue il primo grande períptero nel santuario urbano, anch’esso dedicato a Hera e, secondo me, solo a Hera, la c.d. Basilica, senz’altro il più importante tempio di tutto il periodo.
72II tempio riprende in modo evidente l’inconfutabile concetto del tempio Β (anch’esso di Hera) di Metaponto sviluppandolo ed elaborandolo soltanto. Come il tempio Β di Metaponto, questo tempio è il primo elemento, come sembra, a stabilire il rigido orientamento che condizionerà gli altri due peripteri24. Il rapporto tra questo orientamento e quello della rete urbana è oggetto della lunga e travagliata discussione sulla quale ci potrà informare meglio di tutti l’amico E. Greco.
73Nel nostro discorso non possono mancare, tuttavia, due altri importanti monumenti pestani che ci sono, pero, soltanto testimoniati dalle loro terrecotte architettoniche. Il primo tempio ci viene suggerito da una serie di frammenti della tipologia base del noto tetto della Basilica stessa, trovati nel santuario urbano, che sono di un modulo un po’ più grande e sono anche un po’ più antichi di questi ultimi. Una serie di argomenti mi porta ad escludere l’ipotesi di un primo tetto della Basilica25. L’unica ipotesi plausibile mi pare per ora quella di un predecessore del c.d. tempio di Nettuno. In questo caso si avrebbe una perfetta analogia con i due templi maggiori di Metaponto.
74II secondo tempio ipotetico ci viene suggerito dal ritrovamento di frammenti di terrecotte architettoniche, sempre della tipologia di quelle della Basilica, sul castello di Agropoli26. Considerando che anche le Tavole Palatine di Metaponto avevano un simile tetto, avremmo pure in questo santuario sul confine meridionale del Paestano un caso perfettamente analogo, sia sul piano tipologico-stilistico che su quello cronologico.
75A Paestum-città, invece, questa grande fase dell’edilizia templare monumentale arcaica, si chiude con la costruzione del tempio di Atena, mentre il grande santuario meridionale vive il suo apice con quella del grande tempio di Hera.
76Per completare il quadro si ricordano i resti molto frammentari ma estremamente ricchi e fastosi di architettura tardo-arcaica provenienti dal Parco del Cavallo di Sibari27 nonché terrecotte architettoniche di grande formato dell’Heraion a Capo Colonna. Mentre queste ultime sono l’unica ma sempre molto indicativa spia per la grande architettura arcaica a Crotone - se si fa eccezione per la nostra ipotesi di un tempio predecessore del tempio preclassico di Hera28 - a Sibari si colgono gli elementi probabilmente di due monumenti molto importanti. Inoltre si conservano a Sibari elementi molto esigui ma altrettanto significativi - frammenti di grandi colonne di conglomerato, un particolare elemento di coronamento di geison della nota tipologia achea - di almeno un altro grande edificio, probabilmente un tempio tardo-arcaico
77Estendere il discorso oltre le colonie achee ci porterebbe troppo lontano. Preferisco invece continuarlo rapidamente in senso cronologico, e ritornare a Metaponto.
Secolo V
78Dopo un periodo più di saturazione che di stagnazione assistiamo nel corso della prima metà del sec. V (a partire dal 480/470 circa) a una nuova fase di grande attività costruttiva sia nel santuario sia sull’agora, che ha, però, delle connotazioni particolari e nuove. La zona monumentale del santuario si allarga a Nord con la costruzione del sorprendente tempio di stile ionico che, ritornando, rispetto ai due templi maggiori, ai vecchi orientamenti ‘sacri’, fa da perno a tutto il sistema di altari e piccoli sacelli che occuperà l’Intera fascia settentrionale fino al confine orientale del santuario.
79Ma il tempio è solo il più evidente, non l’unico testimone del nuovo stile - o nuovo gusto - ionico. Abbiamo elementi di almeno due se non tre grandi colonne votive ioniche - una del diametro di m 1,40 e quindi alta circa m 14. Inoltre notiamo il rifacimento completo del tempio C con il ricco tetto di marmo cicladico. Infine anche i grandi e famosi tetti con i quali vengono modernizzati i due templi maggiori e anche le Tavole Palatine, non si possono comprendere senza il concorso di forti correnti attico-ioniche. Il tempio ionico è quindi solo il più vistoso elemento in questo processo di cambiamenti di tutta la facies del santuario.
80Ci si pone il problema, dunque, se questi nuovi elementi formali e concettuali siano soltanto espressione di un nuovo gusto architettonico-decorativo o non piuttosto dell’apporto di nuove popolazioni immigrate dopo i grandi sconvolgimenti politici in Asia minore all’inizio del secolo, popolazioni inoltre che sicuramente non avranno soltanto aumentate gli abitanti della città stessa: se ho capito bene, vediamo un forte incremento demografico nello stesso periodo anche nell’entroterra e sarebbe interessante vedere se la nostra supposizione si trova confermata anche lì 29.
81Nello stesso periodo assistiamo alla ricostruzione dell’ekklesiasterion fortemente danneggiato dalle spinte del terreno di riporto. L’impianto viene ora, sulla stessa pianta generale del predecessore arcaico, stabilizzato nella sua forma architettonica e monumentalizzato con la costruzione in pietra dei sedili e delle rampe della cavea nonché dei gradini di accesso all’orchestra. Anche in questo lavoro impegnativo sembra manifestarsi un rinnovamento delle complesse funzioni alle quali serviva l’impianto.
82Guardando ora oltre i confini del Metapontino osserviamo qualche fenomeno paragonabile, ma non del tutto, sempre a Poseidonia nella contemporanea costruzione del bouleuterion-ekklesiasterion. II santuario urbano invece vive il suo apogeo, almeno sul piano architettonico, con la costruzione del c.d. tempio di Nettuno lì dove avevamo ipotizzato un predecessore arcaico, dedicato con una certa probabilità a Zeus30. Il nuovo tempio testimonia una nuova fase di prosperità ma non quell’apporto di elementi ionici notati a Metaponto. Il tempio rompe comunque con la locale tradizione stilistica achea, contribuendo molto autonomamente alla nuova formulazione dello stile dorico d’occidente che in questa fase dello Stile Severo trova una vasta diffusione, soprattutto in Sicilia31. Il tempio, come anche il contemporaneo tempio di Hera a Capo Colonna, santuario più importante della achea Crotone, fa parte, ormai, di una nuova koine concettuale e stilistica che supera i limiti delle singole città. Per il nostro discorso, quindi, è di interesse secondario.
83Anche a questo riguardo non cerco di estendere il panorama alle altre città per poter avanzare nel quadro cronologico.
84A Metaponto-città, sul piano dell’architettura comincia, a partire dalla metà del sec. V, un vistoso declino che dura per più di un secolo. L’attività costruttiva nel santuario si limita alla riparazione dei tetti dei templi ed all’erezione di qualche stele votiva. Sull’agora durante la prima metà del sec. IV cade in rovina l’ekklesiasterion, che viene addirittura parzialmente demolito.
85Durante questo periodo si cerca piuttosto - come sembrano indicare i nuovi saggi illustrati da De Siena - di rispondere con enormi sforzi a esigenze urgenti di risanamento e bonifica di vaste aree urbane. Visto questo impegno, l’inattività sul piano dell’architettura monumentale sacra e pubblica perde un po’ del suo significato negativo che finora ci ha fatto pensare ad un generale degrado e decadimento di tutta la città in questo periodo. Anzi, con questa misura si creano le premesse per la grande ripresa dell’attività edilizia durante la seconda metà del sec. IV.
86Confrontare la situazione metapontina dopo la metà del sec. V con le altre città potrebbe essere tema se non di un convegno a parte, almeno di una conferenza intera. Penso di poter affermare solo che in linea molto generica l’attività architettonica monumentale in questo periodo sia dappertutto in calo, pero con alcune eccezioni. A Caulonia e Hipponion p.es. vediamo sorgere due importanti templi peripteri nella seconda metà del sec. V. La situazione andrebbe comunque studiata molto attentamente città per città. A quanto mi risulta ci mancano finora anche ben identificabili strutture monumentali nelle nuove fondazioni di Heraclea e Thourioi, se non giudichiamo come tale l’imponente impianto stradale di quest’ultima.
Seconda metà del sec. IV
87Tornando a Metaponto vediamo nella seconda metà del sec. IV l’impressionante risistemazione monumentale di gran parte della città, realizzata sulla base delle premesse di bonifica, appena citate. Quest’attività interessa, però, le varie componenti della città in modo diverso.
88Nel santuario l’attività si limita al rifacimento dei tetti e della decorazione architettonica dei grandi templi. Nello stesso tempo sembra infittirsi con l’impianto di altari l’area nordorientale del santuario. In quest’area sembra concentrarsi in futuro l’attività sacra, anche e soprattutto quando poi, durante il sec. III, i tre templi peripteri cadono in rovina e vengono abbandonati.
89Questo decrescente interesse per le grandi strutture sacre non è, però, limitato a Metaponto. Anche altrove non vediamo più la costruzione di nuovi grandi templi peripteri, con l’unica eccezione del tempio di Apollo Aleo a Ciro e in tono un po’ minore ma sempre importante, dell’amfiprostilo a Nord del tempio di Nettuno a Poseidonia32. L’unica eccezione sembra costituita dalla ionica Elea che sempre ha avuto delle sorti abbastanza individuali. Da vari contributi offerti ad un recente simposio33, si evidenzia una grande attività edilizia monumentale in piena epoca ellenistica. Non spetta a me, tuttavia, discutere questo problema. Ricordo solo quanto ha esposto A. De Siena sul carattere del santuario di Aristeas della stessa Metaponto.
90Perché senz’altro non è la mancanza di risorse finanziarie, nelle città della seconda metà del sec. IV, a motivare queste scelte. L’esempio più vistoso, e non solo perché meglio conosciuto, presumo sia proprio Metaponto per la scelta di nuove priorità nella riorganizzazione delle città.
91Notiamo finora soprattutto tre grandi obiettivi principali seguiti nella ricostruzione della città nella seconda metà del sec. IV:
92- Le mura, illustrate da De Siena, con il vistoso impianto della Porta Ovest34.
93Le mura sono in ogni caso l’elemento meglio confrontabile con le altre città magnogreche che offrono molti esempi e andrebbero viste in questo contesto - un compito che supera, pero, di molto quello da svolgere in questa sede.
94- L’impianto urbano
95È in questa fase che l’impianto urbano assume la forma monumentale leggibile nelle foto aeree ed in parte indagata archeologicamente. Basta ricordare quanto esposto da De Siena e da me precedentemente in questa stessa relazione.
96L’impianto, raggiungendo il santuario, sembra ora occupare e definire in modo concreto tutta la superficie urbana. Una serie di frammenti, soprattutto colonne e capitelli molto probabilmente provenienti da peristili di case, offre una prima spia anche per un’architettura domestica di un certo rango.
97- I grandi monumenti pubblici
98L’espressione più vistosa ed importante della nuova città della fine del sec. IV è senz’altro il teatro eretto sul tradizionale posto destinato alle riunioni pubbliche ma anche alle più antiche forme di giochi musici a partire dalla fine del sec. VII.
99Oltre ad adattarsi alle nuove esigenze funzionali, il teatro è in pari tempo una struttura architettonica estremamente moderna essendo esso il diretto predecessore del concetto architettonico base del teatro romano. In mancanza di confronti esso, per ora, rimane un elemento difficilmente valutabile in un confronto tra le città magno-greche. Semmai ci si aspetterebbe qualcosa di simile nella vicina Taranto, la cui tradizione teatrale ha avuto tanta importanza per Roma. Nella ‘ingegnosità’ del suo concetto architettonico il teatro metapontino è comunque uno dei più importanti esempi della forza innovatrice che contrassegna lo spirito del suo periodo35.
100Altro esempio di altrettanta monumentalità si coglie nella grande stoa, anzi nelle due grandi stoai che segnano il confine Est, come sembra, e probabilmente anche quello meridionale dell’agora. I monumenti sono ancora in fase di esplorazione e di studio. Ma dagli elementi disponibili si evince già il loro carattere assai complesso.
101Queste grandi architetture non trovano, finora, degli immediati confronti in Magna Grecia, sia per quanto riguarda la tipologia sia per quanto riguarda le dimensioni. Ma questo può anche dipendere dal semplice fatto che in nessuna delle altre città, a parte il caso particolare di Paestum, conosciamo l’agora. Bisogna limitarsi, quindi, per ora, a valutare queste strutture solo nell’ambito locale e vederle come espressione del benessere di Metaponto in questo periodo.
102Gli stessi monumenti offrono, tuttavia, anche gli ‘indizi’ per il seguente rapido declino della città. Il teatro sembra non completamente finito e probabilmente ha svolto le sue funzioni solo per breve tempo. L’ultimo monumento della zona pubblica ad essere stato ricostruito con un certo fasto sembra proprio il significativo “scrigno” di Aristeas.
103Mi fermo qui, anche se l’attività edilizia a Metaponto non è ancora finita.
104Rinuncio alle conclusioni. Queste spettano a chi vede nel loro insieme i risultati esposti in questo volume sulla complessità delle manifestazioni di vita che si svolgono dentro e fuori le mura di Metaponto. I dati qui esposti, molto semplicemente e per necessità anche sommariamente, sembrano, tuttavia, contribuire in modo omogeneo e logico ad un quadro molto complesso della città in cui il tenore di vita, stagione per stagione, si corrisponde reciprocamente, sia dentro che fuori le mura. Certo, non c’è altro da aspettarsi, si dirà.
105Ma mi sembra che il caso di Metaponto ne dia una immagine molto ben illustrata e ricca di connotazioni e di sfumature che altrove finora non si possono cogliere in modo simile. Approfondire questa immagine, arricchirla ulteriormente e renderla ancora più concreta, senza cadere in troppe facili equazioni e congruenze, è l’obiettivo di chi studia, dentro e fuori le mura di Metaponto, i fenomeni che alla fine non sono che l’espressione della stessa vita degli uomini.
Addendum
106Nel periodo trascorso dalla data del convegno e della stesura del presente articolo ad oggi, lo scavo sistematico nel centro di Metaponto ha fatto dei progressi decisivi. Il risultato più importante delle indagini condotte principalmente lungo il lato Sud dell’agora e nel quartiere residenziale adiacente consiste senz’altro nella scoperta della grande plateia Nord-Sud disposta in stretto legame progettuale con la linea di divisione tra santuario urbano e agora. Quest’arteria, che si distingue decisamente come elemento più importante per la sua larghezza di m 22 ca., era probabilmente il vero cardine generatore dell’intero sistema stradale e riapre la discussione su tutto lo schema della distribuzione delle plateiai Nord-Sud che definiscono la lunghezza degli isolati. Il problema verrà trattato più esaurientemente dallo scavatore, A. De Siena.
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Notes de bas de page
1 Adamesteanu 1970. Sarà proprio la strana e variabile formazione, spesso di connotazioni quasi zoomorfiche, ad aver fatto preferire questa pietra per i cippi votivi.
2 Baldassarre/De Marco 1981. Questo studio avanzato su nostra richiesta nell’ambito dei lavori di restauro al teatro di Metaponto, v. Mertens/De Siena 1982, spec. 49 ss., andrebbe ripreso ed allargato su più ampia scala in Magna Grecia per arrivare ad una conoscenza più sistematica delle qualità di pietra disponibili. Nel confronto con le pietre usate nei singoli siti potrebbe risultare un contributo estremamente interessante al complesso problema del traffico e dell’economia della pietra da costruzione nel mondo antico.
3 Brückner 1983.
4 V. contributo Carter.
5 Cfr. Mertens 1993, 75.
6 Plin N.H. XIV, 9. Colonne lignee di grandi dimensioni finora non sono né documentate né ipotizzabili in monumenti della Magna Grecia. Le supposte colonne del tempio arcaico di Cirò risultano, appunto, proprio dalle limítate dimensioni dello stilobate ed avranno avuto un diametro massimo di cm. 50 ca. (v. Mertens, 1984). In Grecia invece sono attestati dei formati alquanto più grandi (Argos, Orchomenos, Olympia/Heraion p.es.), v. Martin, 1965.
7 Mertens/De Siena 1982.
8 Martin 1965.
9 L’uso di grappe metalliche è, tuttavia, documentato a Metaponto già nel sec. VI (ekklesiasterion arcaico, tombe arcaiche).
10 Per la Sicilia cfr. p.es. Wilson, 1990, 83.
11 Nell’amichevole collaborazione con A. De Siena ormai non si distinguono più i “campi d’interesse o di competenza” dell’uno o dell’altro. Sono comunque debitore della totale apertura e disponibilità di A. De Siena che si concretizza in una coordinata attività di programma di ricerca.
12 Cfr. comunque l’illuminante atlante delle aree urbane cinte da mura in: Tréziny/Leriche 1986, 625.
13 De Siena 1986.
14 De Siena 1980; Mertens/De Siena 1982, 24.
15 Studio in preparazione di D. Greve-Doepner.
16 Ultimamente: Mertens-Horn 1992.
17 Mertens 1982, spec. 114 ss.
18 Pelagatti 1984/85.
19 Va sottolineato, tuttavia, che anche per l’Heraion alla foce del Sele a lungo creduto precedente alla fondazione di Paestum sembra ormai abbastanza sicura la contemporaneità con la città, v. Tocco Sciarelli 1988.
20 Ultimamente: Mertens 1993.
21 Mertens-Horn/Viola, 1990.
22 Guarducci 1987.
23 La recente scoperta di scavo, che mette in questione l’arcaicità del c.d. thesauros, permette di sciogliere antichi dubbi che anch’io finora non ho osato avanzare pubblicamente (v. Mertens 1993, 130): le ovvie diversità stilistiche tra i vari elementi tradizionalmente attribuite a questo tempio, specie tra i capitelli d’anta e gli elementi del fregio e della modanatura della taenia, si spiegano ora con l’attribuzione a diversi monumenti ancora ignoti nella loro ubicazione.
24 Ultimamente: Mertens 1993, 93 ss.
25 Op. cit. 93. 179 ss.
26 Fiammenghi 1985; Fiammenghi 1988; cfr. anche Cantalupo 1981.
27 V. nota 21.
28 Mertens 1984, 195.
29 V. contributo Carter.
30 Cfr. Torelli 1988; Mertens 1993, 91.
31 Mertens 1980.
32 Vista la tipologia del tempio, la sua tecnica costruttiva nonché le forme architettoniche, non vedo i motivi per una datazione bassa in epoca romana. V. Torelli 1988, 70 s. S’intende che il mosaico del pavimento del pronao è un’aggiunta posteriore.
33 Simposio organizzato dall’Istituto storico austriaco a Roma i giorni 1-2/07/1993 dal titolo: “La ricerca archeologica a Velia”. Gli atti sono in preparazione.
34 V. contributo di De Siena in questo volume.
35 Mertens/De Siena 1982.
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Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 2
Ettore Lepore, Jean-Pierre Vernant, Françoise Frontisi-Ducroux et al.
1984
Nouvelle contribution à l’étude de la société et de la colonisation eubéennes
Centre Jean Bérard (dir.)
1982
La céramique grecque ou de tradition grecque au VIIIe siècle en Italie centrale et méridionale
Centre Jean Bérard (dir.)
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 1
Pier Giovanni Guzzo, Renato Peroni, Giovanna Bergonzi et al.
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 2
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1982
Il tempio di Afrodite di Akrai
Recherches sur les cultes grecs et l'Occident, 3
Luigi Bernabò Brea
1986