Artemis Laphría dall’Etolia al Veneto (a proposito di Strabone. v, 1, 9 C215)
p. 109-113
Texte intégral
1Questo breve contributo si fermerà solo su alcuni aspetti dell’Artemis Laphría, perché l’interesse per questo culto, mitie riti connessi, è nato dallo studio della figura di Diomede (della quale mi sono occupato nel xix Convegno di Studio sulla Magna Grecia a proposito dell’« Epos greco in Occidente », e nel xiii Convegno di studi etruschie italici su « La civiltà dei Dauni nel quadro del mondo italico », a proposito dell’influenza greca sulla società indigena, nonché in un seminario al « Centre de Recherches Comparées sur les Sociétés Anciennes » nel dicembre 1979). Già nelle precedenti occasioni sottolineai la stretta connessione tra Diomedee l’ippodamía, sia nel mito in Daunia, sia presso i Veneti. Ma il passo di Strabone, qui di seguito citato per esteso (V, 1, 9 C215, ed. F. Lasserre, Paris 1967), sorpassa ampiamente questa connessione. anche se essa ritorna poi nell’aition di una razza equina veneta le cui origini sarebbero legate ai luoghi di culto in esso menzionati. La fonte di Strabone ha appena parlato della storia dei Daunie di Argo Ippia (Arpi), e lasciando da parte il racconto su Fetontee le Eliadi presso l’Eridano, ο la leggenda delle isole Elettridi prospicienti il Poe delle Meleagridi, continua:
2« Invece gli onori attribuiti a Diomede presso i Veneti sono storicamente documentati;e infatti gli si sacrifica un cavallo bianco, e si additano due boschi sacri, l’uno di Fiera Argiva, l’altro di Artemide Etolica. Vengono tramandati in aggiunta come verosimili, il divenire pacifiche delle bestie selvagge, e il vivere insieme nello stesso branco di cervi con i lupi in questi boschi sacri, il tollerare che gli uomini si avvicininoe le carezzino, il cessar d’esser inseguite di quelle inseguite dai cani qualora vi si rifugino. Si dice altresì che uno dei maggiorenti, noto come pronto a dar garanziae per questo preso in giro, s’imbattesse in cacciatori che avevano un lupo preso nelle reti; proponendo questi per gioco di liberarlo dai lacci, s’egli garantisse per il lupo, sì da pagare i danni che potesse fare, accettò l’impegno. Liberato, il lupo avrebbe deviato un notevole branco di cavalle non marchiate guidandolo fin nella scuderia del mallevadore;e costui nell’accogliere questa prova di gratitudine marchiò a fuoco le cavalle con l’immagine di un lupoe le chiamò licofore, distinguendosi esse per velocità più che per bellezza. I suoi discendenti avendone ereditato il marchio avrebbero conservato anche il nome alla razza di cavalli, facendosi una norma di costume di non vendere una femmina ad altri, perché rimanesse presso di essi soltanto la razza genuina, essendo divenuto colà famoso l’allevamento dei cavalli. Ma oggi, come si è detto (cfr. V, 1, 4 C212), tale pratica è del tutto scomparsa ».
3Il passo di Strabone è probabilmente timaico, perché s’inscrive in una serie di altri passi, come V, 1, 4 C212, dove si parla del tiranno Dionigi che si è fornito di cavalli da concorso presso i Veneti, e ancora V, 1, 8 C214 sul santuario di Diomede al Timavo (dove si anticipa la menzione, questa volta al singolare, di uno « splendido bosco sacro ». e si citano anche fonti più tarde di Timeo, ma certamente legate polemicamente alle sue notizie. come Polibioe Posidonio), infine VI, 3, 9 C283-84 dove a proposito delle fondazioni di Diomede in Dauniae del suo mito si ripete la tradizione sul suo cultoe « apoteosi » presso i Veneti, che sembra connessa al citato sacrificio. Il livello della tradizione giunta a Timeo, e discussa dai suoi continuatorie critici, è tuttavia molto più arcaico dell’età dello storico di Tauromenio, perché spesso si danno riferimenti di persistenza ο scomparsa a proposito di riti, caratteristiche localie attività di allevamento equino, rispetto all’epoca sua.
4Se non si commette un errore questa è nelle fonti l’unica menzione di una Artemis Αἰτωλίς (accanto ad una Αἰτωλή in Naupatto: Paus., X, 38. 12). Sembra dunque che l’epiteto — come in altri casi, e soprattutto nel caso della Taurica, illustrate nel suo contributo da Claudia Montepaone, in cui il culto di Artemis sembra spostarsie camminare » da un luogo all’altro dell’area grecae « barbara » con provenienza « straniera » — resti qui quello etnico, quasi ci siano difficoltà nell’adottare quello alternativo, con difficile etimologia per un greco, spesso esplicitamente qualificato come ξενιϰὸν... τὸ ὄνομα, ἐσηγμένον δέ ἑτέϱωϑεν (come la divinità stessa, la statua, il rito sacrificale). Che in Strabone (e in Pausania per il tempio di Artemide in Naupatto) si tratti infatti dell’Artemis Laphría, appunto con nomee statua « straniera », portata da altronde (che è poi il caso della Phakelitise di altre epiclesi di Artemis in rapporte con la Taurica). non sembra esserci dubbio per l’identificazione chiara di un altro passo di Pausania (IV. 31, 7): « È dunque di questo Damofonte anche la Laphría così chiamata presso i Messenie la tradizione del suo culto sorse presso di essi come segue. Artemis fu chiamata Laphria dai Calidonii, che la venerarono più di ogni altra divinità, e i Messeni che ricevettero Naupatto dagli Ateniesi si trovarono a vivere strettamente vicini all’Etoliae presero l’epiclesi da Calidone. Io mostrerò altrove il tipo (τό σχήμα). Il nome della Laphria giunse soltanto lontano quanto i Messenie gli abitanti di Patrai presso gli Achei ». L’Artemis di Calidonee di Etolia è appunto la Laphria, dal nomee statua « straniera », di cui Pausania (VII, 18, 8-13) parla, per il cultoe rito appunto di Patrai, dove Auguste trasferì come frutto del bottino Calidonio la statua, venerata sull’acropoli della città ancora ai tempi del periegeta, e di cui descrive la festae il sacrificio. Il passo di Pausania riferisce anche le discordi etimologie dell’epiteto, tutte comunque radicate nell’ambiente sacrale calidonio ed etolico, protostorico.
5Mentre il sacrificio di Patrai è ben noto ed è stato di recente studiatoe discusso1, il passo di Strabone sull’alsos di Artemis Aitolis (e dunque Laphría) è rimasto poco conosciutoe trascurato2, anche nell’analisi dei miti di fondazionee culturali, connessi agli onori di Diomede presso i Veneti, e che sembrano gettare nuova luce, se non sull’epiteto. su alcuni aspettie attributi della divinità cui esso si riferisce. Intanto va sottolineato che l’Artemis « etolica » è certamente l’Artemis Laphría per gli stretti rapporti tra Etoli di Calidone Messeni di Naupatto (ribaditi dal richiamo di Paus., X, 38, 10 al IV libro, compreso il passo già citato, e attraverso questo a VII. 19, 11 sul « tipo » della statua calidonia. non dissimile da quella del santuario di Artemis « etolica » presso il mare a Naupatto, città da Augusto assegnata agli Achei di Patrai3. Calidone. Naupattoe Patrai sembrano in queste tradizioni culturali strettamente legatee la fonte di Pausania (VII. 18. 7) sottolinea anzi « nel corso del tempo » l’amicizia, esclusiva tra gli Achei. di Patrai per gli Etoli. causa della decadenza della città4. Alla Laphría ο Etolica che sia. la fonte di Pausania nel IV libro contrappone semmai l’Artemis Ephesia per ogni altra città. con tradizione certamente tardiva, ma che conserva forse alcuni tratti non estranei alla caratteristica greca della divinità.
6Il racconto della fonte di Strabone sembra fare da pendant rovesciato dell’olocausto. ο sacrificio totale di Patrai: alla distruzione di animali piccolie adulti. domesticie selvaggi. commestibilie no, e di frutta di specie arborescenti, selvagge ma innestabilie coltivabili. si contrappone qui l’ammansirsi di fieree il vivere pacificamente insieme di bestie appartenenti a categorie normalmente distinte ο antitetiche, come il lasciarsi esse avvicinaree carezzare dagli uomini, nel bosco sacro che diviene asilo della selvaggina braccatae lì risparmiata dai cani. Il paesaggio circostante alle foci del Timavo, comprende un porto, un magnifico boscoe sette sorgenti di acqua fluviale (Strab. V. 1, 8 C214). tutti tratti familiari ad Artemis, in parte anche a quella di Patrai. cui oltre il santuario dell’acropoli è dedicato. di fronte all’agorà, un bosco di Artemis Limnatis con un tempio, dove viene portato il suo idolo ligneo — secondo la leggenda — rubato a Spartae conservato a Mesoa. altra località nei dintorni della città (cfr. Paus. VII. 20, 8).
7L’aition che segue, sul notabile amante di farsi garantee la gratitudine del lupo riscattato ai cacciatorie convogliante le cavalle selvagge, dando luogo alla razza equina dei lykophoroi (noti a tutta una tradizione) rientra nell’ambito di una « domesticità » animale ο dell’addomesticamentoe si connette all’allevamento, aggiogamentoe altro addestramento equino — familiare alla sfera eroicae agli attributi di Diomedee suoi antenati5 —, e non estranei neppure ad Artemis, specie quella arcadica (cfr. Paus., VIII, 14, 5 per l’Eurippa), che sa « ammansire » (Hemera, Hemerasia); anche in onore della Artemis Laphría a Patrai la sacerdotessa guida nelle pompé un carro cui sono aggiogati cervi.
8La menzione di cavalli lykophoroi in Strabone ci rimanda a quella più ampia tradizione sui cavalli lykospades (o lykospastoi), anch’essi noti (Phot. ed Hesych.) come ἴπποι αἰ Ἑνετίδες, οἱ πεϱί τήν Ἀδϱίαν, e probabilmente identici ai precedenti. Di essi si riferisce (Ael., H. Α. XVI, 24): « dicono che sono filellenie che hanno una misteriosa capacité d’intendere questa stirpee con costoro conservano un’amicizia connaturata (συμφυῆ... ϕιλίαν), e quando s’avvicinanoe li toccanoe con la mano cava (ϰοίλη τῇ χειϱί) li battono, non se ne adontano né fuggono via, e vivono con loro (συνδιημεϱεύειν μὲν αυτοῖς) come fossero legati, e mentre dormono, dormono vicino... Di quelli abitualie che le [le cavalle] foraggianoe danno le restanti cure assai si compiaccionoe vogliono mostrarsi belle, e anche più ai loro aurighi (ῆνίοχοι)... Alla cavalla λυκοσπὰς sono care come a moglie le unzioni profumatee il profumo di balsami ». Come per i lykophoroi il termine è spiegato come quello di « cavalli morsi dai lupi » (Plut., Q. Conv., 8 = Mor., 641F - 642B; Geoponici, XV, 1, 5).
9L’intervento del lupo nell’origine di questa razza equina in tutte queste tradizioni si spiega, al di lé dell’ῆμεϱοῦσϑαιe συναγελάζεσϑαι di differenti specie selvagge nel bosco sacro ad Artemide, e dell’aneddoto che segue nella fonte di Strabone, ancora una volta con uno strumento proprio dell’addestramento del cavallo, e cioè con il particolare tipo di morso, « a denti di lupo » (Hesych., s. v. λύϰος; cfr. i frena lupata di Verg., Georg., III, 208; Hor., Carm., 1, 8, 6 ο semplicemente lupata, lupati di Ovid., Amores, I, 2, 15). L’insistenza sul lasciarsi avvicinaree accarezzare dall’uomo (πϱοσιόντων δὲ ἀνϑϱώπων ϰαὶ καταψώντων ἀνέχεσϑαι) delle fiere ammansite, come della stretta convivenza (συνδιημεϱεύειν) con gli aurighi, da cui si lasciano toccare, palpare, profumaree naturalmente aggiogare, delle cavalle venete, sembra richiamare un simbolismo della mano, che si ritrova per divinité tipicamente dominatrici del cavallo come Atena (specialmente quella corinzia « del morso », Chalinîtis) ο Poseidone — studiate in un bel capitolo da M. Detiennee J. -P. Vernant6, proprio a proposito di « il morso magico » — delle quali è caratteristico il domare di propria mano (cheirosaméne di Paus. II, 4. 1), il posar la mano sui cavalli (ἵππον ἁψάμενος di Horn., Il., XXIII, 584) del mitoe del rito connessi. Per lo stesso aneddoto del mallevadore incallito (ϕιλέγγυος) e del lupo riconoscente viene il sospetto che perduri un simbolismo della mano a chi ricordi che Louis Gernet legava l’ἐγγύη greca a « un atto quale la ”palmata” » il cui significato antico è stato anch’esso dimenticato, e ce lo rivela soltanto l’etimologia »7.
10La tradizione trasmessaci dalla fonte di Strabone non ci consente, è vero, di attribuire esplicitamente ad Artemis Etolica una precisa forma di intervento nell’allevamentoe addestramento del cavallo, sì da qualificarne un ruolo accanto a quelli nello stesso campo « ippico » di Poseidone ed Atena. Pure, da come questa tradizione ci è giunta, confusae frammentaria nella ricomposizione forse timaica, se non più tarda, e dalle testimonianze già citate su un’Artemis Eurippa, connessa anch’essa a Poseidone (e ad Atena?) almeno a Feneo di Arcadia, una sua connessione con l’hippotrophía (quale protos euretes?) non sembra da escludere (specialmente in rapporta con il Diomede etolo-argivo nella tradizione giunta a Strabone, come in rapporta ad Odisseo in quella arcadicae feneate).
11L’identificazione dell’Artemis Etolica con la Laprhrfa di Calidone, Naupattoe Patrai pone tuttavia — di là dal pendant rovesciato con l’olocausto di quest’ultima località — qualche altro problema di qualificazione. Se si guarda a questi tre centri, ci si accorge che sono tuttie tre spazî di frontiera ed esiti di sinecismo. Quello di Calidone è addirittura protostorico; Naupatto vede appunto un sinecismo tra Messenie Locresi Ozolii sulla frontiera etolica sotto protezione ateniese, quei Messeni dell’Ithome in lotta con Sparta durante la rivolta degli iloti, al tempo della prima guerra del Peloponneso, quindi non dissimili dai Messeni che la tradizione menziona a proposito di Artemis Phakelitis;e Patrai è un centra di sinecismo a più livelli cronologici, sia nell’ambito acheo (e un tempio di Atena Panachais è nel peribolo di Artemis Laphría: Paus., VII, 20, 1), sia con Augusto dopo l’invasione dei Galati in Etoliae la crisie dispersione di cui parla lo stesso Pausania (VII, 18, 7) facendo la storia della città8. È il sinecismo l’omologo tra gli uomini dello ἡμεϱoῦσϑαι e συναγελάζεσϑαι degli animali nell’alsos venetico di Artemis Aitolis?
Notes de bas de page
1 Cfr. J. -P. Vernant, Étude comparée des religions antiques, Annuaire du Collège de France 1980-1981, Résumé des cours et travaux, 81e année, pp. 391-406, spec. pp. 397-98; G. Piccaluga, L’olocausto di Patrai. in Le sacrifice dans l’Antiquité (Entretiens sur l’Antiquité classique, XXVIII, Fondation Hardt), Vandoeuvres-Genève, 1981, pp. 243-277, e discussione a pp. 278-287.
2 Cfr. tuttavia — anche se se ne serve a suoi fini particolari e assai discutibili — M. Sánchez Ruipéréz. El nombre de Artemis, dorio-ilirio: Etimologia y expansion. Estudio combinado de lengua y religión, Emerita, XV. 1947, pp. 1-60. spec. 12-13; v. pp. 35-38 sulla Laphría e sua etimologia; e R. F. Rossi. Studi sull’Etolia. I (Università degli Studi di Trieste. Facoltà di Magistero, n. 14), Trieste, 1970, p. 25 e 43-46. anche se segue la tradizione di studi che considera Artemis Aitolis, come la Laphrìa, una divinità della caccia: v. p. es. già I. Chirassi, Miti e culti arcaici di Artemis nel Peloponneso e Grecia centrale. Trieste. 1964. pp. 12-14, per la dea adorata a Calidone.
3 La statua di culto di Artemide « cacciatrice » a Calidone è naturalmente di artisti Naupattî non anteriori al v secolo (cfr. Paus.. VII. 18,10) e quella del santuario di Naupatto presso il mare. « in pietra bianca » e « in atteggiamento di lanciare un giavellotto », molto più tarda, specialmente se si trattasse di quella di Damofonte. fatta per i Messeni (cfr. Paus., IV, 31, 7 e X, 38, 12 cit.); esse non possono documentare alcunché, attraverso la rappresentazione, sulla particolare essenza della Artemis Laphria ed Etolica.
4 La stessa cosa ripete Paus. VII. 20, 7 a proposito dell’Odeion di Patrai e di un Apollo ivi dedicato.
5 Per tutto ciò rimandiamo alla nostra relazione su Diomede al xix Convegno di Studi sulla Magna Grecia, i cui Atti sono in preparazione.
6 Cfr. M. Detienne - J. -P. Vernant, Le astuzie dell’intelligenza nell’antica Grecia, tr. it., Bari, 1978, pp. 139-158. spec. 139, 147 con nota 49, 151 con nota 68; e già Detienne, Athena and the mastery of the horse, History of Religions, XI, 1971, pp. 161-184, spec. 165, 172 con nota 61, 176 con nota 75.
7 Cfr. L. Gernet, Antropologia della Grecia antica, tr. it., Milano, 1983, pp. 167, e 207 da cui la citazione nel testo.
8 Per Calidone e i sinecismi protostorici e storici cfr. K. D. Stergiopoulos, Ή Ἀϱχαῖα Αἰτωλία, Ἀϑηναι, 1939, pp. 28 ss., 35 ss., 104 ss. ; E. Kirsten, Aitolien und Akarnanien in der àlteren griechischen Geschichte, Neue Jahrbücher für Antike und Deutsche Bildung, 1940, pp. 298-316, spec. pp. 303-305; id. Bericht über eine Reise in Aitolien und Acarnanien, Arch. Anz., 1941, coll. 109 ss., anche su Naupatto; per la storia di questa città cfr. Paus., IV, 24 e 26 e X, 38, 5; per Patrai le fonti sono raccolte per i secoli VI-V a. C. e anche per i tempi successivi fino ad Augusto in I sinecismi interstatali greci, a cura di M. Moggi, I (Dalle origini al 338 a. C.), Pisa, 1976, n. 15 e 19, pp. 89-95 e 120-121; per l’età augustea U. Kahrstedt. Die Territorien von Patrai und Nikopolis in der Kaiserzeit, Historia, 1, 1950, pp. 549-561.
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