A proposito di Artemis Phakelitis: preliminari allo studio della tradizione e realtà cultuale
p. 89-107
Texte intégral
1I. La tradizione della Artemis Phakelitis1 è tutta filtratae schiacciata su polemiche di rivendicazioni politico-religiose di ambito siceliota.
2Questo può spiegare i vuoti, i voluti silenzi, le varianti di una tradizione che, frammentariae lacunosa rispetto ai dati cultuali, paradossalmente, proprio attraverso le sue « assenze », può diventare più intelligibile.
3Questo vorrebbe perciò essere un primo livello di sistemazione delle tradizioni relative a questo culto, nel tentativo di connotare e distinguere di volta in volta i nodi problematici che le fonti conservano, determinando rischi di confusioni sia negli autori antichi che negli studi moderni. Esemplare caso di questo rischio è l’epiteto Phakelitis che — tra l’altro, unico dato sul culto — viene accostato dalle fonti all’ambito della Limnatise della Artemis Taurica, all’interno di un gioco più allargato di rivendicazioni incrociate che lo fanno « camminare » in più luoghi dell’area grecae non, con più epiteti, legato a blocchi di tradizioni determinate di volta in volta da contesti dati. Esso, considerato in un « continuum » circolare, come la tradizione cosi ricucita spingerebbe a fare, rischierebbe di perdere le qualità particolari funzionali proprie, stingendosi su uno sfondo di una storia senza storiae senza problemi.
4Quindi, inizialmente spezzare questo blocco di tradizioni, mirando sull’oggetto cultuale in sé, dunque sfrondando tutta una serie di seriose questioni che le fonti pongono (creando ambiguità di informazione), può forse aiutare a demistificare una tradizione compatta, oscurae lacunosa.
5Questa infatti, è una tradizione che ci dice pocoe il poco che ci dà, non è in forma univoca. Essenzialmente ci informa: 1) sull’epiteto; 2) sulla localizzazione del culto.
61) L’epiteto Facelitis, che nella tradizione greca non compare mai, lo troviamo attestato in fonti latine come epiteto di Diana, nelle varianti: Facelitis - Fascelitis - Facelina - Fascelina.
7Probo2 e Servio3 che sono al corrente delle due tradizioni etimologiche
- (Orestes) simulacrum sustulit absconditum fasce lignorum; unde et Facelitis dicitur.
- non tantum a face, cum qua pingitur, propter quod et Lucifera dicitur, mantengono la forma grecizzante Facelitis, trascrizione greca da φάϰελος4 dato connotante questa tradizione (di cui gli scoliasti sono portatori) come tradizione dotta, pienamente consapevole del valore funzionale che l’epiteto assume all’interno del λόγος mitico.
8Più generica e banalizzante, l’etimologia Facelitis a face: sembrerebbe provenire da altro ambitoe rappresentare altro livello della discussione tarda sull’etimo, costruito sulla base di conoscenze visive di rappresentazioni generiche di Diana Lucifera, rivelando la totale distanza dalla comprensione del valore specifico cultuale che 1’epiteto ha. Ma più probabilmente può essere stata condizionata proprio dall’ambito cultuale della Lucifera - Nemorensis.
9Il livedo Fascelitis5 si può pensare come proprio di una tradizione, comunque dotta, ma ormai distante dalla conoscenza della terminologia greca, che ha la necessità di spiegarsie spiegare la relazione tra epitetoe λόγος mitico, necessità che détermina probabilmente la modificazione della grafia ded’epiteto.
10La variante in-ina6 poi, sembra più latina7 che greca: una composizione ϕαϰελίνα (da ϕαϰέλινος) — peraltro non attestato — in greco avrebbe avuto il senso di « fatto di φάϰελοι », il che non sembra possibile, dato il significato di φάϰελος, corrispondente a fascis, e il fatto che le fonti spiegano che Ιο ξόανον era avvolto nei φάϰελοι.
11Quindi distinguere tra tradizione Fak - e tradizione Fasc - già può permettere di discriminare tra una tradizione che complessivamente si connota come più aderente all’ambito greco in cui si forma, e l’altra come più inconsapevolmente banalizzante e più tarda. Altri luoghi confermeranno questa ipotesi.
122) Localizzazione: varianti più significative le fonti danno sul problema della localizzazione del culto. I luoghi sono:
13a) Reggio:
14Tucidide8 attesta un tempio di Artemis ἔξω τῆς πόλεως. Strabone9 nel passo in cui parla della fondazione di Reggio, cita la partecipazione dei Messeni10 coinvolti nelle polemiche nate intorno ai « fatti » accaduti durante il culto di Artemis, che avrebbero presumibilmente trasferito a Reggio. Pomponio Sabino11 riferisce il culto di Diana Fascelitis a Reggio: riporta il frammento di Lucilio, in cui Diana è Facelina; e la incerta localizzazione, comunque è diversa da Reggio; dunque la sua fonte pone problemi di mistione di tradizioni diverse.
15b) Altri luoghi della Sicilia Nord-Orientale:
16Il frammento di Lucilio, a cui si faceva cenno prima, e che si riferisce a Facelinae templa Dianae, pare alludere a una zona non precisata intorno allo Stretto (si pensa al Peloro, ma non si può escludere Tyndaris ο Mylae). Analogamente, Silio Italico,12 ritengo si riferisca ad una zona simile per la collocazione di Thoanteae sedes Facelina Dianae, mentre non penso che qui si parli di una sedes Facelina, come toponimo, ma piuttosto che esso sia un uso allusivo poetico per indicare un luogo, sede del culto, nato peraltro, quasi certamente da necessità metriche. Cosi pure in Vibio Sequestre,13, il fiume Phacelinus Siciliae iuxta Peloriden, confinis templo Dianae, da un originario Phaetelinus sembra offrire la medesima localizzazione, se addirittura non si vuole pensare che sia stato ricostruito sulle indicazioni ambiguë della sedes Facelina.
17c) Aricia:
18L’indicazione è présente in Servio,14, comm. in Verg., Aen. II, 116, a commenta del verso in cui, nell’ingannevole discorso del greco Sinone ai Troiani, si ricorda il sacrificio di Ifigenia. A questo punto, Servio introduce una tradizione fortemente ed evidentemente stratificata, che combina motivi ed intrecci « canonici » nella tradizione mitica, con elementi innovativie straordinari fino a determinare esiti unici ed imprevedibili, chiaramente condizionati da altre strumentalizzazioni del λόγος mitico. Che l’uso polarizzante sia di marca romana, appare facilmente identificabile, ma questo rappresenta solo uno dei livelli — probabilmente l’ultimo — che questa tradizione conserva: relitti di altri blocchi di tradizioni si intravedono: sullo sfondo di tradizioni di ambito aulideo, in eterno gioco rivendicativo le tradizioni spartane si incrociano con quelle ateniesi, con quelle latine della Diana Aricina, con quelle romane della Diana Aventinensis. Di queste cose mi occuperò altrove.
19Da tutto questo, credo, si possono assumere come punti fermi: Artemis a Reggio non è attestata con l’epiteto Phakelitis, (tranne nella problematica fonte di Pomponio Sabino), ma molto probabilmente è connessa con la Limnatis15; Artemis Phakelitis è attestata nella zona degli Stretti, probabilmente, Tyndaris.
20II. A questo punto si può affrontare il blocco della tradizione relativa all’origine del genere bucolico16, dove i « giochi » della tradizione continuano relativamente alle polemiche antiche su Artemis e sul suo ruolo nell’ambito siceliota, polemiche che vanno molto al di là delle discussioni sul genere letterario, in cui tra l’altro, come la Frontisi17 ha notato, Artemis non solo non compare come l’unica dea, ma neanche come la predominante.
21Preferisco presentare in forma schematica la tradizione scoliastica, perché risultino più immediatamente le varianti significative che essa contiene. Questa presenta uno schema tripartito, conservato tale in Schol. in Theoc., Proleg., p. 2; in Schol. in Theoc., Anecd. Esten., pp. 8-9; e in Probo (proem, in Verg., Buc., ed. Thilo, III 2, pp. 324-328) Esso si scioglie moltiplicando le possibilità alternative, essenzialmente rispetto a localizzazione e divinità a cui legare la paternità del genere, nella tradizione di Diomede (Schol. in Theoc., proleg., pp. 16-17); in Aelio Donato, (ibidem, pp. 17-18); Iuno Philargyrio (ibidem, pp. 19-20); Servio (ibidem, pp. 20-21). Si ritorna ad uno schema diadico molto essenzializzato in Isidore (ibidem, pp. 21-22).
A) La tradizione greca
22Inizio con la tradizione greca che si presenta più compatta nell’orientare gli αἴτια esclusivamente su Artemis:
231° αἴτιον18
βουϰολιϰὰ ϕασιν ἐν Λαϰεδαιμoνίᾳ εὑϱεϑῆναι ϰαὶ πεϱισσῶς πϱοϰοπῆς τυχεῖν. τῶν γὰϱ Πεϱσιϰῶν ἐνεστώτων ἔτι ϰαὶ φώβῳ πᾶσαν τὴν Ἑλλάδα ταϱασσόντων ἐνέστη ἑοϱτὴ Ἀϱτέμιδος Καϱυάτιδος. τῶν δὲ παϱϑένων ἀποϰεϰϱυμμένων διὰ τὴν ἐϰ τοῦ πολέμου ταϱαχὴν ἀγϱοῖϰοί τινες εἰσελϑόντες εἰς τὸ ἱεϱὸν ἱδίαις ῳδαῖς τὴν Ἄϱτεμιν ὕμνησαν’ τῆς δὲ τοὺτων ξένης μούσης ἀϱεστῆς γενομένης παϱέμεινε τό ἔϑος ϰαὶ ἐφυλάχϑη.
24Τὰ βουϰολιϰὰ φασιν ἐν Λαϰεδαιμoνιᾳ εὑϱεϑῆναι. Il φασιν è segno della tradizione peloponnesiaca che vuole rivendicare l’attribuzione dell’origine del genere bucoli-co a sé, connettendola ad un culto proprio cioè l’Artemis Karyatis, in polemica con la tradizione siceliota. Infatti, la determinazione cronologica di contesto, che viene data (la guetta persiana), connota la tradizione come opposta rispetto a quella dell’αἴτιoν siracusano, che fornisce come datazione presumibile l’età di Gelone. Che la ricostruzione del contesto storico sia fittizia è comprovabile dal fatto che nella realtà i Persiani non hanno mai concretamente attentato alla sicurezza del Peloponneso, non andando mai al di là della Megaride (HDT., IX, 14) e quindi le fanciulle che fuggono all’arrivo del barbaro, rischiando di impedire la celebrazione del culto di Artemis Karyatis, rispondono ad una fantasia della tradizione che sfrutta τόποι convenzionali, funzionalizzandoli alle rivendicazioni più tarde del genere bucolico. Il culto stesso è presumibile sia stato scelto anche per il contesto pastorale che le fa da sfondo. Conserva comunque questa fonte la relazione παϱϑένοι-ἀγϱοῖϰοι (che ἰδίαις ῷδαῖς celebrano Artemis), equivalenza contiguità tra elementi marginali che anche gli altri αἴτια contengono19.
252° αἴτιον20
ἄλλοι δὲ ἐν Τυνδαϱίδι τῆς Σιϰελίας πϱῶτον ἀχϑῆναι λέγουσι τὰ βουϰολιϰὰ. Ὀϱέστη γὰϱ ἐϰϰομίζοντι <τὸ> τῆς Ἀϱτέμιδος ξόανον ἐϰ Ταύϱων τῆς Σϰυϑίας χϱησμὸς ἐξέπεσεν ἐν ἑπτὰ ποταμοῖς ἐϰ μιᾶς πηγῆς ῥέουσιν ἀπολούσασϑαι· ὁ δὲ ποϱευϑείς εὶς Ῥήγιον τῆς Ἰταλίας τὸ ἄγος ἀπενίψατο ἐν τοῖς λεγομένοις διαχωϱίοις ποταμοῖς. ἔπειτα εἰς Τυνδαϱίδα τῆς Σιϰελίας διῆλϑεν οἱ δὲ ἐπιχώϱιοι τὴν ϑεὸν ἰδίοις ποιήμασι ϰαϑυμνήσαντες ἔϑει τὴν πϱώτην παϱέδοσαν εὕϱεσιν.
26Ἄλλοι δὲ ἐν Τυνδαϱίδι τῆς Σιϰελίας πϱῶτον ἀχϑῆναι λέγουσι τὰ βουϰολιϰὰ: così si apre il secondo ἀίτιον, introducendo il λόγος del mitico ritorno di Oreste dalla Scizia, l’indicazione oracolare relative alla purificazione in un luogo dove scorrano sette fiumi da una sola fonte, la purificazione a Reggio. Poi, la chiusa della fonte, che sembra porsi, insieme con il riferimento iniziale alle bucoliche, rispetto al racconto mitico, come posticcio, aggiuntivoe più tardo. Che nesso c’è tra questo λόγος e i locali che celebrano la dea, introducendo così l’uso del genere bucolico? Sembra che qui giochi la polemica siracusana anti-Reggio, che negando la presenza di una forma cultuale per Artemis lí, (di cui abbiamo notizia), ma conservando il passaggio di Oreste e la purificazione, cominci a determinare lo spostamento e l’appropriazione della realtà cultuale, che da un lato si lega all’Artemis Taurica, come quella reggina di ambito dorico (tradizione della Limnatis), dall’altra alla tradizione delle bucoliche, che diventa un altro luogo di rivendicazioni. In che momento poteva accadere questo? Evidentemente non prima della fondazione di Tyndaris (396 a.C.) da parte di Dioniso I. Ancora una volta, come già per Reggio, l’Artemis Taurica è presente e va rivendicata in sistemi di fondazioni.
273° αἴτιον21
ὁ δὲ ἀληϑὴς λόγος οὗτος ἐν ταῖς Συϱαϰούσαις στάσεώς ποτε γενοἑνης ϰαὶ πολλῶν πολιτῶν ϕϑαϱέντων, εὶς ὁμόνοιαν τοῦ πλήϑους [ποτὲ εἰσ] ἐλϑόντος ἔδοξεν Ἄϱτεμις αἰτία γεγονέναι τῆς διαλλαγῆς. οί δὲ ἀγϱοῖϰοι δῶϱα ἐϰόμισαν ϰαὶ τὴν ϑεòν γεγηϑότες ἀνύμνησαν, ἔπειτα ταῖς <τῶν> ἀγϱοίϰων ῷδαῖς τόπον ἔδωϰαν ϰαὶ συνήϑειαν. b. ἄδειν δέ ϕασιν αὐτούς ἄϱτον ὲξηϱτημένους ϑηϱίον ἐν ἑαυτῷ πλέονας τύπους έχοντα ϰαὶ πήϱαν πανσπεϱμίας ἀνάπλεων ϰαὶ oἰνoν ἐν αἰγείῳ ἀσϰῷ, σπονδήν νέμοντας τοῖς ὑπαντῶσι, στέφανόν τε πεϱιϰεὶσϑαι ϰαὶ ϰέϱατα ἐλάφων πϱοϰεῖσϑαι ϰαὶ μετὰ χεῖϱας ἔχειν λαγωβόλον. τὸν δὲ νιϰήσαντα λαμβάνειν τὸν τοῦ νενιϰημένου ἄϱτον· ϰἀϰεῖνον μὲν ἐπὶ τῆς τῶν Συϱαϰουσίων μένειν πόλεως, τοὺς δὲ νενιϰημένους εἰς τὰς πεϱιοιϰίδας χωϱεῖν ἀγείϱοντας ἑαυτοῖς τὰς τϱοφάς· ἄδειν δὲ ἄλλα τε παιδιᾶς ϰαὶ γέλωτος ἐχόμενα ϰαὶ εὐϕημοῦντας ἐπιλὲγειν·
δέξαι τὰν ἀγαϑὰν τύχαν,
δέξαι τὰν ὑγίειαν,
ἂν φεϱομες παϱά τᾶς ϑεοῦ,
ἅν + ἐϰλελάσϰετο + τήνα
(Carm. pop. 42 Bergk, Poet. lyr. gr., III-672).
28Ὁ δὲ ἀληϑὴς λόγος οὗτος: la tradizione dello scoliasta ha scelto: « la tradizione vera » è quella che ha come sfondo la στάσις a Siracusa. Nella situazione conflittuale che determina la morte di molti πολίται, l’ὁμόνοια τοῦ πλήϑους sembra si debba ad Artemis, αἰτία τῆς διαλλαγῆς, perciò portano donie cantano inni. Cantare la divinità ἀγϱοίϰων ῷδαῖς entra nell’uso tradizionale locale, da quel tempo in poi. La fonte continua con la rappresentazione di un rito pastorale: essi cantano portando sospesi pani con su effigiati ϑηϱίον τύπους, e bisacce ricolme di semi di vario tipo (πήϱαν πανσπεϱμίας) e vino in otri di pelle di capra (ἐν αἰγείῳ ἀσϰῷ) dividendo con quelli che incontrano le libazioni. Si adornano di corone su cui fissano corna di cervo (ϰέϱατα ἐλάφων); nelle mani hanno un bastone da pastore (λαγωβόλος). Il vincitore riceve il pane del vinto e resta nella città di Siracusa, i vinti invece, ritornano εἰς τὰς πεϱιοιϰίδας, questuando cibi per sé. Essi cantano cose scherzose ed augurali22.
29Questo l’αἴτιον siracusano, in cui Artemis non ha epiteto.
30Nella prima parte della tradizione innanzitutto colpisce la dominanza della terminologia politica: στάσις - πολίται - πλῆϑος - ὁμόνοια - διαλλαγῆ (dialettica πόλις - πεϱιοιϰία) sembrano indicare un tempo determinato in cui questa può avere un senso: forse quello, prima della caduta dei tiranni della cosiddetta « democrazia », dei tempi di Gelone?23. Il contesto darebbe come possibile questa ipotesi, anche in relazione alle presumibili polemiche in cui nasce: tensioni Siracusa-Reggio.
31La seconda parte della tradizione, in cui si introduce un rituale con tempie modalità particolari, pur presentandosi più coerentemente assumibile come αἴτιον delle origini del genere bucolico, (rispetto al λόγος di Oreste, ad es.), sembra riferirsi ad una pratica cultuale locale, con una complessa significazione propria, precedente la funzionalizzazione e strumentalizzazione che poi andrà ad assumere in un contesto diversamente strutturato.
32Le varianti della tradizione dell’Anecdoton Estense24 rispetto a questi stessi αἴτια sono essenzialmente due: l’assenza della descrizione del rito pastorale dell’αἴτιoν siracusano; e la definizione di questo stesso come ἀληϑέστεϱον, che farebbe pensare che questa tradizione, istituendo una comparazione solo all’interno degli αἴτια ἐν Σιϰελία, voglia privilegiare più fortemente la tradizione siceliota-siracusana rispetto a quella peloponnesiaca.
B) La tradizione latina
33Analoga tensione, anche se diverso ordine nella composizione degli αἴτια, presenta la tradizione latina in Probo, forse segno di mutamenti di una gerarchia che si vuole sovvertire. Porre come ultimo il λόγος di Oreste, questa volta a Siracusa25, non vuol dire segnalare una nuova egemonia in questa tradizione, dove occupa la posizione del λόγος ἀληϑής ο addirittura ἀληϑέστεϱος?
342° αἴτιον26
Altera causa ad Siculos pertinet. Ante Gelonis tyranni-dem Syracusis lue pecora interibant: quibus refovendis votum fecerunt eiusque voti compotes templum Dianae instituerunt, quam Lyaeam vocaverant propter quod malis essent absoluti. Ad eius dedicationem plurimi pastores conflu-xerunt cum utribus vino plenis et panibus figuras ferarum vel pecorum referentibus iique instituerunt, ut ii, qui convenerant, laudes Deae dicerent certato, qui eas rectius prosequeretur, contenderent autem in ea forma ornati, ut cornua fronti adiuncta taenia obligarent cum utre et reticulo, quo panificia haberent, et quicumque vicisset, praemium habe-ret, quod is, qui victus erat, contulisset: permissumque, ut inde exirent et quibus cantaverant, iisdem illis fausta ominarentur27.
35Come il contesto dell’αἴτιoν siracusano negli scoli a Teocrito, ci era parso tutto quanto calato nelle contese politiche di età geloniana, cosî quello in Probo appare volutamente arcaizzante certe dinamiche: alla terminologia politica che dominava nell’al-tra fonte, qui corrisponderebbe una puntuale e costante deprivazione di contenuto dei significati che fortemente connotavano l’altra tradizione: alla στάσις, la fonte sostituisce il motivo della lue; ai πολίται, vittime della στάσις, pecora; al πλῆϑος, compotes.
36Il riferimento cronologico (ante Gelonis tyrannidem) conferma la volontà di questa tradizione di rappresentare dinamiche fortemente arcaizzanti, decisamente anacronisti-che, caratterizzate da assenza di tensioni politiche, costituendo così un contesto che faccia da sfondo alla istituzione del culto di Diana Lyaea. Questo epiteto, che pare avere una formazione paretimologica, sembra infatti, nascere nel momento in cui, con l’appropriazione della Phakelitis a Siracusa, c’è la necessità di distinguere i due λόγοι e dunque i due αἴτια. Esso rappresenta dunque il momento, tardo, in cui la tradizione si divarica, determinando la creazione di « storie », elaborate su realtà mutate nel tempo, condizionate, nel loro essere antitetiche dalla pretesa di esclusività.
37Nella fonte, relativa a questo αἴτιον, segue la descrizione del rito pastorale, secondo il modello degli scholia a Teocrito.
383° αἴτιον28
Tertia opinio ad eosdem Siculos pertinet, sed ex alia ratione. Nam Orestes post parricidium furens responso didicit, quod deponeret furorem ita demum, si reperta sorore Iphigenia * ablueretur [fluvio, quod septem fluminibus confunderetur], Diu vexatus cum a Taurice Iphigeniam repetisset, venit ad fines Rheginorum ibique invento flumine elutus traiecit in Siciliam et iuxta Syracusas somnio admonitus simulacrum Deae, quod secum de Taurice advexerat, templo posito consecravit, quam appellavit Facelitim, (sive) * sive quod fasce lignorum tectum: de Taurice simulacrum extulisset. Eius Deae nomen brevi adprobatum propter quod plurima pecora muneri quisque conferebat. Quae cum incrementassent, non defuerunt, qui gratuitam custodiendis operam adhiberent, contenti tamquam mercede fructu casei vel lactis. Huius autem fluminis, apud quod purgatus est Orestes, Varro meminit Humanarum XI sic; Iuxta Rhegium fluvii sunt continui septem; Latapadon, Micotes, Eugiton, Stracteos, Polie, Molee, Argeades. In his matris nece purgatus dicitur Orestes ibique ahenum eius diu fuisse ensem et ab eo aedificatum Apollinis templum, e cuius luco Rheginos, cum Delphos proficiscerentur, re divina facta lauream decerpere solitos, quam ferrent secum. Item Cato Originum III: Thesunti Tauriani vocantur de fluvio, qui propter fluit. Id oppidum Aurunci primo possederunt, inde Achaei Troia domum redeuntes. In eorum agro fluvii sunt sex, septimus finem Rheginum atque Taurinum dispescit: fluvii nomen est Pecoli. Eo Orestem cum Iphigenia atque Pylade dicunt maternam necem expiatum venisse et non longinqua memoria est, cum in arbore ensem viderint, quern Orestes abiens reliquisse dicitur, Facelitis autem Dianae Lucilius quoque in tertio satirarum meminit sic:
Et saepe quod ante
Optasti, freta Messanae, Rhegina videbis
Moenia, tum Liparas, Facelinae templa Dianae.
393° αἴτιον: tertia opinio ad eosdem Siculos pertinet, sed ex alia ratione. Così introduce il terzo αἴτιον la tradizione di Probo, innovando rispetto agli altri αἴτια: il culto della Facelitis e il λόγος di Oreste hanno come sfondo Siracusa. Quest’ultimo conserva i motivi tradizionali: il parricidio dell’eroe, la sua follia, la mediazione di Ifigenia, la purificazione nei sette fiumi ai confini di Reggio, il passaggio in Sicilia con il simulacrum della dea, portato dalla Tauride. Ma il tempio di Diana Facelitis è fondato a Siracusa; l’approvazione del nomen è legata all’offerta di pecora (eius Deae nomen brevi adprobatum propter quod plurima pecora muneri quisque conferebat), e a prestazioni gratuite (di gruppi semi-servili: Killyrioi?): quindi staremmo sempre al livello dei γεωμόϱοι, che ben si spiegherebbe come adeguata risposta all’altro αἴτιον siracusano.
40In Probo si conserva ancora la tradizione di Varrone relativa ai sette fiumi a Reggio, dove Oreste si purificò e lasciò la sua spada, e dove fu costruito un tempio per Apollo (è questo un segno, nell’implicita negazione di un culto per Artemis29, dell’assorbimento di esso sostituito dall’elemento apollineo-calcidese?).
41Qui si conserva pure la tradizione di Catone, sempre sui sette fiumi vicini a Reggio, ricordati in relazione alla purificazione di Oreste e al culto della spada, di cui si sottolinea la non longinqua memoria. Anche qui, nel limitare in un tempo definito e non remoto la memoria cultuale legata a questo eroe e presumibilmente alla divinità a cui è sempre associate in questo λόγος, si vuole forse annullare, negandola, una presenza » cultuale più consistente di quanto non appaia; meccanismo questo, che denuncia una evidente e interessata sostituzione.
42Anche la tradizione di Lucilio qui trova posto, quella a cui si è precedentemente accennato, che pare localizzare Facelinae templa Dianae in Sicilia nella zona degli Stretti, forse a Tyndaris.
43La tradizione confluita in Probo, dunque, sembra contenere tutte le localizzazioni che le altre fonti separatamente davano: Reggio-Tyndaris - Siracusa; si distingue per il suo carattere particolarmente composito (citazione esplicita di Catone, Varrone, Lucilio) e, anche nella parte che si modella su quella dei tre αἴτια relativi all’origine del genere bucolico, rivela la presenza di una fonte diversa che rimaneggia, arcaizzando, i contenuti degli scoli a Teocrito (particolarmente nel terzo αἴτιον, come si è già sottolineato).
44Oltre Probo, nel dossier scoliastico relativo agli αἴτια, lo schema artemideo chiuso si scioglie, perché probabilmente si persero i motivi rivendicativi tra πόλεις che lo avevano determinato.
45In Diomede30 l’αἴτιον relativo al λόγος di Oreste e la Fascelitis, non c’è più: instituta autem sunt - sic ut quidam putant, in Lacedaemonia vel, ut alii in Sicilia. Resta il polo peloponnesiaco dell’Artemis Karyatis e quello siracusano della Diana Lyaea, secondo il modello di Probo. Si introduce la figura di Daphni come primo inventore del genere, figura che realmente ricorre negli idilli di Teocrito.
46Situazione rovesciata in Aelio Donato31 mentre si conserva molto sintetizzata la tradizione peloponnesiaca e si tace della Lyaea siracusana, ricompare il λόγος di Oreste, dello ξόανον sottratto dalla Scizia Taurica e Diana Fascelina; cominciano inoltre a moltiplicarsi i mitici inventori del genere: Apollo Nomío, Libero, Mercurio, Pan, Silvano.
47Tradizione analoga in Iuno Philargyrio32: descrizione più diffusa dell’αἴτιoν lacedemone; identico quello legato alla Diana Fascelina; identica la proliferazione di possibilità di paternità del genere. In più, si conserva la pretesa siracusana (plerique a Syracusanis primum compositum).
48In Servio33, di cui già abbiamo visto la tradizione relativa ad Aricia ed alla Facelitis (in cui non compaiono né la Sicilia né Reggio, ma il percorso è direttamente Tauride - Aricia - Roma), sono introdotti l’αἴτιον peloponnesiacoe quello relativo alla Sicilia, senza specificazioni di luogo, in una tradizione un po’ diversa: chi celebra Diana Facelitis sono marinai di Oreste e pastori. Apollo Nomío, Pan, i Fauni, le Ninfe, i Satiri vengono anche qui indicati come possibilità alternative a Diana, primi destinatari del genere bucolico.
49Con Isidoro34 lo schema si è fortemente essenzializzato: plerique Syracusis primum compositum a pastoribus opinantur, nonnulli Lacedaemone.
50In sintesi, l’analisi di tutte queste tradizioni dovrebbe aver rafforzato l’ipotesi che esse riflettano polemiche più antiche riguardanti rivendicazioni politico-cultuali relative alla Artemis Taurica. In Probo questa dialettica appare chiara: come già detto, nella sua testimonianza, ritornano, attraverso le citazioni che egli riporta, tutte le localizzazioni che la tradizione sulla Phakelitis dà: Reggio - Siracusa - Tyndaris.
51Segno evidente di questo processo è il fatto che questo livello delle polemiche scompaia nel momento in cui non si capiscono più, e insensibilmente si perdono i motivi di contesa politicae religiosa sul culto taurico di Artemis;e dopo Probo assistiamo ad una semplificazione dei contenuti della tradizione (tradizione Fascelitis), che offre solo lo schema bipolare: Lacedemoni - Siculi; si introducono indifferentemente l’uno ο l’altro αἴτιον siracusano, (prova di una incontestabile intima equivalenza da un certo tempo in poi dei due αἴτια);e contemporaneamente compaiono altre figure mitiche e divinità che più di Artemis sono effettivamente legate alle bucoliche: Apollo Nomío, Pan, Daphni, ecc.
52Forse si può ancora aggiungere che proprio Daphni (figura dominante negli idilli teocritei), di origine euboica, potrebbe confermare nel suo esser presente ο non, in questo tipo di tradizioni, la polemica Siracusa - Calcide, che è sullo sfondo.
53III. Quindi, in ambito siceliota, nei nostri scoli, il livello più antico sembra sia rappresentato dalle tradizioni pastorali della Artemis senza epiteto, più tardi definita Lyaea, vicina nelle forme cultuali alle tipiche celebrazioni dovute alla Artemis Agrotera35. Ε qui sono pienamente d’accordo con l’interpretazione che la Frontisi ne dà: « c’est là, sous une forme exemplaire, l’illustration parfaite de la représentation que les Grecs se font faite, majoritairement, de la culture; vision rigoureusement ethnocentriste, centrée exclusivement sur la cité dont les seules valeurs politico-religieuses définissent la civilisation. Le berger qui monte à la ville, et, à titre exceptionnel, y demeure, refait individuellement le parcours qui a mené l’humanité de la bestialité à la société urbaine »36.
54Non dimentichiamo che a Siracusa, colonia corinzia, forme celebrative locali devono essersi fuse e combinate con quelle proprie del patrimonio cultuale di madrepa-tria. L’esempio della introduzione forse ad Atene, ma certamente a Corintoe in Sicilia, della dea tracia Kotys ο Kotyto37, può funzionare da modello e rafforzare una ipotesi analoga rispetto alla Artemis « Lyaea ».
55Attraverso la documentazione, più abbondante per la Sicilia, abbiamo attestate forme di culto agrario-pastorali per questa dea, identificata con Artemis, e presentata come « dea dorica »38. Molti problemi insoluti esistono intorno alla individuazione di termini netti circa l’identitàe il culto di questa dea tracia: a noi basti sapere che Kotys ο Kotyto, in forma umanizzata era presente nella tradizione mitico-genealogica di Corinto39, compariva anche nelle Hellotie, ed era accanto agli Eraclidi40 nella conquista del Peloponneso; le forme cultuali che le si tributavano erano di pieno ambito pastorale-agrario: in Siciliae certo a Siracusa, che doveva essere stato il centro originario di diffusione in Sicilia, è attestata una eiresione41, gare, scambio di abiti (momento cultuale noto per le Kotytie corinzie, ma presumibile anche per quelle siracusane, perché ben si spiegherebbe in questo contesto). La stessa definizione di questa dea come interna ad un preciso ambito, quello dorico, e l’accostamento ad Artemis, fa pensare che le forme cultuali, tipiche di Artemis in questo settore, dovrebbero esserle anche proprie: basti ricordare le processionie danze che si tributavano alla Artemis Χιτονέα42, proprio a Siracusa. Nel complesso quindi si tratta di forme cultuali che sembrano non troppo forzosamente accostabili al contesto per la Artemis « Lyaea » siracusana.
56Ma l’introduzione della tradizione legata alla Artemis Taurica a Siracusa, ritengo invece, più tardae diversa: essa piuttosto è il prodotto di trasformazioni storico-culturali: forse già il trovare — se questo non è forzare troppo in senso « realistico » una lettura dei dati contenuti nelle fonti —, come poli di una dialettica negli αἴτια sicelioti, πολίται / ἀγϱοῖϰοι nell’αἴτιον della « Lyaea », Orestes /ἐπιχώϱιοι, in quello della Facelitis, non sembra configurare dinamiche diverse, l’una connotata da contraddizioni interne, l’altra da un evento vissuto nettamente come esterno?
57Certo la fortuna del λόγος di Oreste e dello ξόανον taurico sembra strettamente legata alla storia siciliana di quegli anni.
58Ma, se è vera la ricostruzione del contesto, attraverso cui si filtrano le tradizioni intorno alla Artemis Phakelitis resta da capire che valore giochi la tradizione della Artemis Taurica e del suo ξόανον trafugato da Oreste e Ifigenia.
59Il valore degli elementi singoli che nel mito compaiono, rivelano una qualità specifica che segna tutta questa tradizione: il motivo colpa-follia-purificazione fa sistema con quello dello ξόανον camuffato-trafugato-fondante: l’intreccio per entrambi si scioglie nella soluzione finale: reintegrazione/rifondazione.
60Oreste, folle per aver trasgredito alle regole del suo contesto, è condannato a passare per i « tempi » della separazione, dell’esclusione, della purificazione. Perciò deve vagare per mare, essere ai margini, secondo un modello sorprendentemente analogo a quello, presente nell’immaginario del Rinascimento, per cui « la navigazione del pazzo è nello stesso tempo la separazione rigorosae l’assoluto Passaggio ». Così continua M. Foucault nella sua « Storia della follia nell’età classica »: « In un certo senso, essa non fa che sviluppare, lungo tutta una geografia semi-reale e semi-immaginaria, la situazione « liminare » del folle all’orizzonte dell’inquietudine dell’uomo medioevale; situazione insieme simbolizzatae realizzata dal privilegio che ha il folle di essere rinchiuso » alle « porte » della città: la sua esclusione non deve avere altra prigione che la « soglia » stessa, lo si intrattiene sul luogo del passaggio... l’acquae la navigazione hanno davvero questo significato... è il Passeggero per eccellenza, cioè il prigioniero del Passaggio »43.
61Oreste dunque, per recuperare un « sano » essere nel mondo, deve ritrovarlo attraverso la complicata riapprovazione dell’elemento fondante, segno della propria identità culturale. Cosi, la follia, come minaccia latente di disgregazione di un contesto civile in assenza di regole, che determina la necessità del riscatto attraverso il recupero difficile e fortunoso, di cui si fa carico l’eroe Oreste, rappresenta una categoria dominante anche nel ϰόσμος greco. Quindi, l’inganno, l’efferato, la simulazione sono momenti rituali per far fronte alla dissoluzione avvertita come inevitabile in un mondo che non rifondi cultualmente i propri riferimenti.
62In questo senso, l’adesione allo ξόανον artemideo taurico, trova un suo parallelo nel rapporto che il palo kauwa-auwa ha per gli Achilpa. Il mito che E. de Martino racconta, sulla base delle relazioni degli antropologi Spencer e Gillen, potrebbe molto bene funzionare anche per il nostro ξόανον taurico, legato ad Artemis: « nella loro marcia da Sud verso Nord le comitive Achilpa, entrate nel territorio Aranda, piantano il palo e celebrano l’« engwura » ovunque eleggono il loro temporaneo territorio ». Che la funzione del palo sia fondamentale al loro andare, è confermato dall’evento mitico ricordato, secondo il quale, spezzatosi disgraziatamente il palo, tutto il gruppo si accasciò al suoloe preferì lasciarsi morire. Qui chiaramente il palo kauwa-auwa appare « nella sua funzione di riscattare dall’angoscia territoriale un’umanité peregrinante: piantare il palo kauwa-auwa in ogni luogo di soggiorno e celebrare l’« engwura », significa iterare il centro del mondo, e rinnovare, attraverso la cerimonia, l’atto di fondazione compiuto « in illo tempore ». Con ciò il luogo « nuovo » è sottratto alla sua angosciante storicité, alla sua rischiosa caoticitée diventa una iterazione dello stesso luogo assoluto, del centra nel quale una volta, che è la volta per eccellenza, il mondo fu garentito... (Esso) assolveva al compito di destorificare la peregrinazione: gli Achilpa in virtù del palo camminavano mantenendosi sempre al centra »44.
63Quindi, il nomadismo di queste tribù sembra stare alla dimensione errante dei colonizzatori greci, come il palo kauwa-auwa allo ξόανον taurico.
64In conclusione, il λόγος dello ξόανον taurico artemideo, trafugatoe migrante, sembra saldamente connesso alla tradizione greca di certi ambiti. Se la Phakelitis, come l’insieme dei dati farebbe pensare, non è lontana dal culto dorico della Limnatis, essa è tuttavia rappresentante del culto taurico legato a questo preciso ambito coloniale di Occidente, (la Siracusa arcaica pregelonica?), all’interno del quale si moltiplicano filiazionie prolungamenti della stessa tradizione cultuale, variamente localizzata. Ma netta contrapposizione e negazione avviene rispetto alla diversa tradizione (la peloponnesiaca!) che, nel riconoscere come proprio il significato fondante della statua cultuale ο di altro αἴτιον, crea un duplicato banalizzante della tradizione, la quale al contrario può rafforzarsi, se conserva la propria unicità etnica. Infatti, la ripetuta rivendicazione « lacedemonica », che abbiamo trovato in tutte le nostre tradizioni, sembra presentarsi come espressione del momento, relativamente seriore, in cui il rapporto tra metropoli e colonie si è ormai rotto per avvenimenti politici di età classica (V secolo a.C.) come il mancato accoglimento della richiesta di aiuto. della lega ellenica del 481a.C. da parte della Siracusa di Gelone45, ο i contrasti tra Corinto46 e le sue colonie, che saranno tra i fattori determinanti la guerra del Peloponneso, sembrano indicare.
65Confrontarsi con quel che si sa di altri culti legati alla Artemis Taurica, dove ne è attestata la diffusione, consentirebbe di verificare l’ipotesi avanzata, che lο ξόανον taurico sia segno di determinate identità culturali fondanti, e quindi che vada definendo con la sua presenza, aree date di distribuzione, e reinstaurazione « fuori di casa » (άποιϰία) del centro « politico » originario.
Notes de bas de page
1 Per la bibliografia degli studi moderni su questo culto, cfr. F. Cordano, Il culto di Artemis a Regium, P.d.P., 1974. pp. 86-90.
2 PROB., Proem, in Verg., Buc., ed. Thilo, III, 2, p. 325. È presumibile che anche Probo, cosî come Servio, dovesse conoscere le due etimologie: la lacuna (tradizione a face) nascerebbe da un meccani-smo di aplografia.
3 SERV., Comm. in Verg., Aen., II, 116, ed. Thilo, I, p. 237.
4 B. Pace (Artemis Phacelitis, A.S.S.O., XVI-XVII, 1919-1920, p. 8 sgg.) respinge l’interpretazione dell’epiteto Facelitis da φάϰελος, secondo la lezione degli scoliasti; invece ipotizza che alla base della duplice etimologia dell’epiteto Facelitis e del toponimo del fiume Phacelinus, ci sia una forma preesistente legata al sostantivo φαϰός, spiegato in Esichio come βϱύον τὸ ἐν τη λίμνη (muschio nella palude): quindi, Phacelitis sarebbe Artemis, dea della boscaglia acquitrinosa. Questo a lui sembrava vera anche in relazione con la Diana Nemorense di Aricia. Queste mi sembrano supposizioni vaghe che tendono a svuotare di significato tutta questa tradizione: 1’epiteto Phakelitis sarebbe per Pace « un epiteto comune, privo di originaria determinazione mitica ο topografica, allusivo soltanto aile abitudini della dea, affine per esempio ad Agrotera ». Così non rappresenterebbero « queste varie localizzazioni dello sbarco di Oreste e del santuario da lui consacrato le tappe del mitico viaggio di Oreste, secondo le varie leggende religiose, e la pretesa dei diversi santuari di possedere il celebre simulacro della Tauride », ma sarebbero per lo studioso « induzioni erudite dei mitografi al pari della etimologia da φάϰελος, escogitata tardivamente per rendersi conto dell’epiteto in relazione col mito di Oreste ».
5 DONAT., SCHOL. IN THEOC., Proleg., p. 18; POMP. SAB., SCHOL. IN THEOC. proleg., ad Aen., II, 117, PHILARG., SCHOL. IN THEOC., proleg., p. 20.
6 LUCIL., Sat., Ill, ap. Prob., op. cit., p. 326; Pomp. Sab., ad Aen., II, 115. Sil. XIV 260.
7 Cfr. A. Meillet, J. Vendryes, Traité de grammaire comparée des langues classiques, Paris, 1960, p. 384.
8 THUC., VI, 44, 2-3.
9 STR., VI, 257.
10 Per la presenza messena nella fondazione di Reggio, cfr. J. Ducat, Les thèmes des récits de la fondation de Réghion, Mél. Hell. G. Daux, 1974, pp. 93-114.
11 POMP. SAB.. l. c..
12 S. I., l. c..
13 VIB. SEQ., de fontibus, s. v. Phacelinus.
14 SERV., Comm. in Verg., Aen., II, 116.
15 Che il santuario di Artemis a Reggio fosse quello della Phakelitis, e che la Phakelitis fosse in relazione con i Messeni e la Limnatis, è ritenuto vero da G. Vallet, Rhégion et Zancle, Paris, 1958, p. 79.
16 Cfr. l’interessante lavoro, (pur nella consapevolezza di non essere d’accordo con tutte le sue posi-zioni) di F. Frontisi, Artémis bucolique, R. H. R., CXCVIII, 1981, p. 29-56.
17 F. Frontisi, op. cit., pp. 31-32.
18 SCHOL. IN THEOC., Proleg., p. 2: dicono (ϕασίν) che le bucoliche fossero inventate a Lacedemone e avessero uno sviluppo notevole. Al tempo dell’invasione persiana, il terrore percorse tutta la Grecia, così che anche la festa per Artemis Karyatis fu messa in pericolo per la fuga delle fanciulle che dovevano sacrificare. Ma 1’intervento di ἀγϱοῖϰοι, che con Ιδίας ῷδαίς, nel tempio celebrarono Artemis, salvò la continuità rituale e introdusse l’uso che fu conservato.
19 F. Frontisi, op. cit., p. 39.
20 SCHOL. IN TFIEOC., ibidem: altri dicono (λέγουσι) che le bucoliche per la prima volta si svolsero a Tyndaris in Sicilia. A Oreste, che portava dal paese dei Tauri Ιο ξόανον di Artemis, l’oracolo ordinò di purificarsi nei sette fiumi, che scorrono da una sola fonte. Quello, passato a Reggio in Italia, si purificò nei detti fiumi, poi andò a Tyndaris in Sicilia. I locali (ἐπιχώϱιοι) celebrando la dea con canti propri, introdussero l’uso per la prima volta.
21 SCHOL. IN THEOC., ibidem·, questa è la tradizione vera: a Siracusa una volta ci fu una sedizione (στάσις); molti cittadini (πολίται) morirono; giuntisi alla concordia del gruppo (ὀμόνια τοϋ πλήθους), Artemis sembrò la causa della conciliazione (διαλλαγή). Allora i contadini (ἀγϱοῖϰοι) portarono doni e riconciliati, celebrarono la dea; quindi si introdusse l’uso dei canti agresti.
22 Cfr. F. Graf, Das Gotterbild aus dem Taurerland, Antike Welt, 4, 1979, pp. 33-41. L’analisi dell’auto-re sembra fortemente fenomenologica e poco caratterizzante.
23 Cfr. il bell’articolo di E. Lepore, Classi e ordini in Magna Grecia, Recherches sur les structures sociales dans l’antiquité classique, Paris, 1970, pp. 58-62.
24 SCHOL. IN THEOC., Anecd. Esten., pp. 8-9 :
2. ὄτι οί μἐν ϕασιν εύρεθήναι Λαϰεδαίμονι τὰ βουϰολιϰά πρώτον, τώ τρόποι τούτῳ. τῶν Περσιϰών ἐνεστώ-των έτι ϰαὶ ϕόβῳ πᾶσαν τὴν Ἑλλάδα ταρασσόντων ένέστη τις ἑοϱτὴ Ἀϱτέμιδος Καϱυάτιδος. τῶν οὖν παρθένων ϰεϰϱυμμένων διὰ τήν έϰ τοῦ πολέμου ταραχήν ἀγϱοῖϰοί τινες εἰσελϑόνες Ιδίας ῷδαῖς τήν "Αρτεμιν ὕμνησαν τής δὲ τούτων ξένης μούσης άριστης γενομένης παρέμεινε τὸ έθος ϰαὶ έφυ- λάχθ
η. οί δὲ φασιν ἐν Σιϰελίᾳ πρώτον έξευρεθήναι τϱόπῳ τοιώδε. έξενεχθέντος τώ’Ορέστη χρησμού ἐν ἑπτὰ ποταμοῖς έϰ μιᾶς πηγής ρέουσιν άπολούσασθαι, εὶς Ῥήγιον τής Ἰταλίας πορευθείς, φέρων ϰαὶ τής Ἀϱτέμιδος ξόανον μεθ’εαυτού, έϰεϊ ἐν τοῖς λεγομένοις διαχωϱίοις έλούσατο ποταμοίς. έπειτα τό ξόανον λαβών είς Τυνδαρίδα τής Σιϰελίας ἀϕίϰετο· οί δὲ ἐπιχώϱιοι τήν θεάν ιδίοις ποιήμασι ϰαθυμνήσαντες ἔϑει τήν πϱώτον παρέδοσαν εὕϱεσιν.
άληθέστερον δὲ φασιν οί λέγοντες ἐν Σιϰελία μἐν εύρε-ϑῆναι, τρόπω δὲ μὴν τοιώδε. στάσεως ποτε ἐν Συραϰούσαις γενομένης ϰαὶ πολλών πολιτών διαϕϑαϱέντων μόλις τέ ποτε εἰς ὁμόνοιαν συνελθόντων εδοξεν ή "Αρτεμις αίτια τής διαλ-λαγής γεγονέναι. τών οὖν άγροίϰων δώρα ϰομισάντων ἐπὶ ταῖς διαλλαγαῖς ϰαὶ τήν θεάν άνυμνησάντων ταῖς ἀγϱοίϰοις ἐϰείνων ῷδαῖς τόπον ύστερον έδωϰαν ϰαί συνήθειαν.
25 Per G. Vallet, op. cit., p. 79, sarebbe stato un errore di Probo la localizzazione del culto della Phakelitis a Siracusa. Non sono d’accordo.
26 Rispetto a! primo αἴτιον, quello peloponnesiaco della Diana Karyatis, che si mantiene aderente allo schema degli scoli a Teocrito, penso che resti valida l’interpretazione che già ne ho data. Questo il testo :
Bucolicorum omnis origo triplex fertur: primum a Lacedaemoniis. Nam cum Xerses Graeciam adfectaret et terribilis esset, relictis civitatibus omnes Graecae in deserta loca refugerunt: post, cum apud Marathonem victus recessisset, Lacedaemoniis reversis Peloponnesum religiosior fuit cura Dianae Caryatidis colendae. Nam forte ipso die reverterunt in patriam suam victores, quo fieri sacra eidem Deae competebat. Sed quoniam praesentia virginum deesset, quae ea celebrare consueverant, ne sacrificium intermitte-retur pastores ex vicinis agris contraxerunt et per eos sacra expedierunt adhibitis carminibus etiam rusticis. Ritum autem sacrorum bucolicon appellarunt, non quoniam soli bourn pastores ibi fuerint, sed quoniam boves pecora praestarent magnitudine.
27 PROB., Proem, in Verg., Buc., l. c. : L’altra causa riguarda i Siculi. Prima della tirannide di Gelone, il bestiame (pecora) moriva per contagio (lue), per risanare il quale fecero voti, e i responsabili (compotes) del voto istituirono un tempio per Diana, che chiamarono Lyaea, perché erano stati liberati dai mali. Alla sua inaugurazione si radunarono moltissimi pastori con otri pieni di vino, e con pani con su effigiate immagini di animali feroci e bestiame; e quelli stessi stabilirono che quelli che erano convenuti, cantassero a gara le lodi della dea; e che quelli che eseguissero più convenientemente, poi gareggiassero ornati così da tenere fisse corna alla fronte per mezzo di bende aggiunte, con un otre e una reticella, con la quale contenessero i pani, e, chiunque avesse vinto, avesse il premio, che forniva quello che era stato vinto: era permesso che andassero via di lì, e augurassero cose fauste a quegli stessi con i quali avevano cantato.
28 PROBO, ibidem: la terza ipotesi riguarda gli stessi Siculi, ma in maniera diversa. Infatti, Oreste folle dopo il parricidio, apprese attraverso l’oracolo che sarebbe rinsavito se, trovata Ifigenia, si fosse purifica-to nel fiume che si confonde con sette fiumi. A lungo tormentato, dopo aver ripreso Ifigenia dalla Tauride, giunse ai confini di Reggio, e 11 trovato il fiume, e purificatosi, passò in Sicilia e, vicino Siracusa, ammonito da un sogno, fondato il tempio, consacrò il simulacra della dea, che aveva portato con sé dalla Tauride, che chiamò Facelitis, (sia). sia perché aveva portato dalla Tauride il simulacra nascosto in fasci di legna. L’epiteto della dea in breve tempo fu accolto, per il fatto che ognuno portava in dono moltissimo bestiame. E, poiché questo aumentava, non mancarono quelli che offrissero presta-zioni gratuite, contentandosi come compenso di latte e formaggio.
Di questo fiume, presso il quale si purificò Oreste, cosi ricorda Varrone nell’XI libra del Rerum humanarum: Vicino a Reggio, vi sono sette fiumi contigui: Latapadon, Micotes, Euginton, Stracteos, Polie, Molee, Argeades. In questi si dice che Oreste si fosse purificato dell’uccisione della madre,e che lì fosse stata a lungo la sua spada di bronzo, e che fosse stato edificato un tempio ad Apollo dal boschetto del quale, gli abitanti di Reggio partendo per Delfi, dopo aver compiuti i sacrifici, erano soliti strappare un ramo di alloro, che portavano con sé.
Ugualmente Catone, nel III libra delle Origines: i Theseunti sono chiamati Tauriani dal fiume che scorre vicino. Questa città, gli Aurunci possedettero in un primo tempo, poi gli Achei che tornavano in patria da Troia. Nella loro terra ci sono sei fiumi, il settimo separa il confine dei Reggini da quello dei Taurini: il nome del fiume è Pecoli. In quello dicono che Oreste con Ifigenia e con Pilade, venisse per espiare l’uccisione della madre; e non è lontana memoria dacché videra la spada nell’albero, che si dice avesse lasciata Oreste andando via.
Invero di Diana Facelitis, anche Lucilio nel III libra delle Satire ricorda così: e spesso ciò che prima hai desiderato, vedrai il mare di Messana, le mura di Reggio, poi Lipari e il tempio di Diana Facelina.
29 Sul valore sostitutivo che da un certo tempo in poi la figura di Apollo assume rispetto a divinità femminili, cfr. N. Valenza Mele, Fiera ed Apollo nella colonizzazione euboica d’Occidente, MEFRA, Roma, 1978, pp. 493-524.
30 DIOMEDE, SCHOL. IN THEOC, l. c. :
486,17 — 487,10: bucolica poemata secundum carmen pastorale composita. instituta autem sunt, sic ut quidam putant, in Laconica vel, ut alii, in Sicilia; nam inter Lacedaemonios et Siculos diversa fuit conditio. sed quod ad Laconas pertinet, haec eorum fuit origo. quo tempore adventante Xerxe in Graeciam <... lac. ind. Leo, l. l. 56> omnes deserta Laconica metu barbarorum perterriti in diversas partes fugisse credentur, et, cum virgines timore laterent, ex hoc evenisse, ut eo die quo solitus erat chorus virginum Dianae Caryatidi hymnum canere nemo ad solemne sacrificium inveniretur. tunc itaque pastores ex rure in urbem convene-runt et, ne ritus sacrorum interrumperetur, pastorali carmine composito deae honorem celebraverunt. unde est bucolismus dictus.
a Siculis autem origo quae trahitur haec est. antequam Hiero rex Syracusas expugnaret, morbo Sicilia laborabat. variis et absiduis caerimo-niis Dianam placantes finem malis invenerunt eamque Lyaeam cognomi-naverunt quasi solutricem malorum. inde res in consuetudinem tracta est, ut greges rusticorum theatrum ingrederentur et de victoria canerent, habitus autem huius modi videbatur, erat panis magnus omnium ferarum imagine completus et uter cum vino et follis cum omnium leguminum genere; inerat et (Putsch, ea M, eo AB) corona in capite et in manu pedum clavatum; atque ita victorum omnium fores multitudo circumibat, carmen in victoriam quam adepti fuerant canebant et de eo folle limina frugibus spargebant. nonnulli et in Italiam et in Lydiam et in Aegyptum transisse creduntur, quos lydiastas et bucolistas appellaverunt.
quamquam est et alia opinio, circum pagos et oppida solitos fuisse pastores composito cantu precari pecorum ac frugum hominumque pro-ventum, atque inde in hunc diem manere nomen et ritum bucolicorum. putant autem quidam hoc genus carminis primum Daphnin compo-suisse, deinde alios complures, inter quos Theocritum Syracusanum, quem noster imitatur.
31 AELIO DONATO l. c. :
51—56 (ib. 741. 42): originem autem bucolici carminis alii ob aliam causam ferunt. sunt enim, qui a Lacedaemoniis pastoribus Dianae primum carmen hoc redditum dicant, cum eidem deae per bellum, quod toti Graeciae illo tempore Persae inferebant, exhiberi per virgines de more non posset.
alii ab Oreste circa Siciliam vago id genus carminis Dianae redditum locuntur, et redditum per ipsum atque pastores, quo tempore de Scythia Taurica cum sorore profugerat subrepto numinis simulacro et celato in fasce lignorum, unde Fascelinam Dianam perhibent nuncupatam; apud cuius aras Orestes per sacerdotem eiusdem numinis Iphigeniam sororem suam a parricidio fuerat expiatus.
alii Apollini νoµίῳ) pastorali scilicet deo, qua tempestate Admeto bo-ves (ita e cod. Bodl. J. Brummer, Vitae Vergil. 1912,13 oves vulgo, pecora Hagen) paverat; alii Libera Ninpharum et Satyrorum et id genus numinum principi, quibus placet rusticum carmen; alii Mercurio Daphnidis patri pastorum omnium principis et apud Theocritum et apud hunc ipsum poe-tam; alii in honorem Panos scribi putant peculiariter pastoralis dei, item Sileni, Silvani atque Faunorum.
32 IUNO PHILARGYRIO, l. c..
quaeri solet, unde originem ducit bucolicum carmen, nonnulli a La-cedaemoniis originem sumpisse opinantur namque transgresso Xerxe in Graeciam rege Persarum, cum Spartanae virgines sub hostili metu neque egredi urbem neque pompam chorumque colere potuerunt aramque Dia-nae de more exercere, turbae (exerceret urbe P, exerceretur bae N, correxi ex Isidore) pastorum, ne]sine~ (delevi coll. Isidoro) praeteriret (ira N, praeterirent P) eundem usum inconditis cantibus celebraverunt appellaveruntque bucolicum a bubulcis (bubus
Alii ab Oreste circa Siciliam vago id genus carminis Dianae redditum < et redditum per (addidi e vita Donati sed exhibent libri)> ipsum atque pastores dicunt, quo tempore de Scythia Taurica cum sorere profugerat subrepto numinis simulacro celato (et lato codd., correxi e vita Donati) in fasce lignorum, unde et Fascelinam Dianam perhibent nuncupatam; apud cuius aras Orestes per sacerdotem eiusdem numinis Iphigeniam sororem suam a parricidio fuerat expiatus.
alii Apollini νομίῳ pastorali scilicet deo, qua tempestate Admeti bo-ves paverat; alii Libero Nympharum et Satyrorum ed id genus numinum principi, quibus placet rusticum carmen; alii Mercurio Daphnidis patri pastorum omnium principis; alii in honorem Panos peculiariter (< pastoralis dei addidi e vita Donati> scribi putant, plerique a Syracusanis primum compositum.
33 SERVIO, l. c..
huius autem carminis origo varia est. nam alii dicunt eo tempore, quo Xerses Persarum rex invasit Graeciam, cum omnes intra muros laterent nec possent more solidi Dianae sacra persolvi, pervenisse ad montes Laco-nas rusticos et in eius honorem hymnos dixisse; unde natum carmen bucolicum aetas posterior elimavit.
alii dicunt Orestem, cum Dianae Facelitidis simulacrum raptum ex Scythia adveheret et ad Siciliam esset tempestate delatus completo anno Dianae festum celebrasse hymnis, collectis nautis suis et aliquibus pastoribus convocatis, et exinde permansisse apud rusticos consuetudinem.
alii non Dianae, sed Apollini Nomio consecratum carmen hoc vo-lunt, quo tempore Admeti regis pavit armenta. alii rusticis numinibus a pastoribus dicatum hoc asserunt carmen, ut Pani, Faunis, Nymphis ac Satyris.
34 ISIDORO, l.c..
Etym. I, 38,16: Bucolicum, id est pastorale carmen, plerique Syracusis primum compositum a pastoribus opinantur, nonnulli Lacedaemone. nam transeunte in Graeciam (Thraciam libri, correxi e Philargyrio) Xerxe rege Persarum, cum Spartanae virgines sub hostili metu neque egredi urbem auderent neque pompam chorumque agrestem Dianae de more exercere (exercerent libri, emendavi indidem), turbae (editur turba, correxi indidem) pastorum, ne religio praeteriret, eundem < usum addidi indidem> inconditis cantibus celebrarunt.
35 Anche a Siracusa è attestato un culto di Artemis Agrotera: Schol. IL. XXI, 741.
36 F. Frontisi, op. cit., p. 36.
37 Cfr. lo studio di S. Srebrny, Kult der trachischen Göttin Kotyto in Korinth und Sicilien, Mélanges Cumont, Bruxelles. 1936. pp. 423-447.
38 SCHOL. THEOC. VI, 40 b.
39 SCHOL. THEOC. VI. 40 b (Drachmann).
40 SCHOL. THEOC. VI. 40 a (Wendel).
41 PS-PLUT., Prov. Alexan. I, 78; HESICH. s. v. δραξών; ETYM. MAGN. s. v. δραξών.
42 ATHEN, XIV, 629 E; Epicharm in Steph. Byz., s. v. Χιτώνη.
43 M. Foucault, Storia della follia nell’età classica, ed. it. Milano, 1963, pp. 24-25.
44 E. de Martino, Angoscia territoriale e riscatto culturale nel mito Achilpa delle origini, Il mondo magico, Torino, 1973, pp. 269-270.
45 Questa ipotesi trova conferma in Erodoto, VII, 157-163: l’ambasceria della lega ellenica vede la preminenza spartana opposta a quella siracusana, cosî come nei nostri αἴτια.
46 Cfr., HDT., VII, 168.
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1984
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Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 1
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