Le Thesmoforie eretriesi
p. 53-63
Texte intégral
1L’esistenza di Thesmoforie ad Eretria ci è data da Plutarco Q. G. 31. I resti archeologici di un thesmoforion di IV sec. a. C., ellenistico quindi, ma comunque documentante il culto di Demetra ad Eretria, confermano il dato plutarcheo1. Il thesmoforion eretriese, la cui identificazione fu resa possibile dalla presenza di idoletti femminili, di una statuetta, anch’essa femminile con un porcellino, attributo precipuo di Demetra, nonché di una dedica a Kore2, si trova ai piedi dell’acropoli ed è quindi un thesmoforion urbano3. Consta di un vanoe di due ali laterali aperte, nonché di una cella a cui si accedeva con una scala. Davanti erano probabilmente delle terrazze apertee sulla destra del complesso correva un muro.
2La struttura del tempio in sé non può dire molto, ma è probabilmente giusto ritenere che anche ad Eretria, la cerimonia centrale della festa consistesse nel portare su i resti dei porcellini (gettati nei μέγαρα l’anno precedente ο nella festa precedente delle Skira4), che, mescolati agli avanzi del sacrificio venivano sparsi sui campi per ottenere la fecondità della terra5 : questo uso è documentato con dovizia di particolari per Atene6, mentre una festa dello stesso nome è testimoniata in molti altri luoghi,e nelle isole, a Delo7, Taso8, Paro9 ; ancora, in un passo purtroppo corrotto di Pausania10, relativo a Potniaee Dodona, si parla di porcellini gettati nei μέγαρα: quindi non si può parlare di usanze propriamente ateniesi, ma si tratta di un rito tramandato in ambiti diversi.
3Nell’aition « ateniese » tramandatoci da uno scholio a Lucianoe da Clemente, ha molta importanza la storia del pastore Eubuleuse dei suoi porcellini caduti nel baratro, che serve sia a spiegare il rito, sia la presenza di Zeus Eubuleus accanto a Demetrae Kore: questa figura, che come giustamente ha sottolineato il Nilsson11 è legata genericamente alle due dee,e non specificatamente alle Thesmoforie, appare molto distintamente in ambito cicladico12 e ad Atene accanto ad altre divinità, in Eubea è invece assente, almeno sino ad ora; ma il dato potrebbe non esser casuale, date alcune profonde differenze della festa ere-triese. L’aition che infatti ci tramanda Plutarcoe che ora esamineremo, evidenzia elementi rituali diversi da quelli tramandatici dallo scholiaste a Luciano. La quaestio plutarchea suona così: Διά τί τοῖς Θεσμοφορίοις αἱ τῶν Ἐρετριέων γυναίκες οὐ πρòς πῦρ, ἀλλὰ πρòς ἥλιον ὀπτῶσι τὰ κρέα ϰαὶ ϰαλλιγένειαν οὐ ϰαλοῦσιν;
4ἦ ὅτι ταῖς αἰχμαλώτοις ἅς ἦγεν ἐϰ Τροίας ’Αγαμέμνων, ἐνταῦϑα συνέβη Θεσμοφόρια ϑύειν, πλοῦ δε φανέντος, ἐξαίφνης ἀνήχϑησαν ἀτελῆ τὴν ϑυσίαν ϰαταλιποῦσαι;
5È molto probabile che Plutarco derivi anche qui, come in altri passi delle Q. G. relativi all’Eubea, da una fonte euboica13 : ci troviamo quindi in presenza di una tradizione ben informata. La spiegazione fornita da Plutarco, che certamente non spiega molto, è però abbastanza interessante anche di per se stessa. Di fronte a un rito incompiuto si ricorre infatti a una spiegazione che riporta ad Agamennone: questo porta a due fatti: Eufronio (Schol. Arist. Aves, 873) conosceva per l’Artemide di Amarynthos, l’Artemide eretriese, il sacrificio di ϰριòν κόλον, e questo uso era riportato ad Agamennone da un frammento calli-macheo (200b Pfeiffere διήγησις X vv. 11), che specificava trattarsi di bestie monocolee prive di coda14 : anche qui, quindi, di fronte ad un rito inusualee comunque imperfetto, si cercava la spiegazione in Agamennone. Il ricorrere a questa figura,e si viene qui al secondo punto, non è probabilmente casuale, in quanto ci riporta al mondo eolico: Plutarco, nel caso delle Thesmoforie eretriesi, specifica che si tratta del ritorno degli eroi greci da Troia: ora noi sappiamo da Strabone (XI, 477 C) che in Eubea erano alcuni Eoli ἀπò της Πενϑίλου στρατιᾶς rimasti nell’isola: Pentilo è figlio di Oreste (Strabo XIII, 1, 3, 582 C) e ci riporta quindi direttamente ad Agamennone.
6La presenza di Agamennone, quindi, nella spiegazione data da Plutarco, ci sembrerebbe confermare nel mito quella presenza eolica attestata oltre che da Stra-bone dallo stesso Plutarco (Q. G. 22)15, e le cui tracce sono riscontrabili non solamente in Eubea, ma anche a Cuma in Italia Meridionale16.
7Se la spiegazione plutarchea è utile in quanto dà una ulteriore conferma a livello mitico di rapporti, già attestati, tra mondo eolico ed Eubea, rimane che non è di grandissimo aiuto per chiarire la festa eretriese.
8Le interpretazioni finora avanzate dalla Harrison, dal Nilssone dallo Halliday, si basano tutte sul livello estremamente arcaico della festa. Il Nilsson17 ricorda anzi a paragone, la notizia di Diodoro relativa alle Thesmoforie in Sicilia (V, 4), secondo il quale la festa sarebbe stata fatta μιμούμενοι τον ἀρχαῖον βίον. E la Harrison18, che già aveva visto una traccia di grande antichità nell’uso di cuocere la carne al sole, faceva dipendere da questa anche l’uso di non celebrare Kalli-geneia. Questa ultima infatti sarebbe intervenuta solamente con lo sviluppo dell’antropomorfismo: la celebrazione del buon grano avrebbe preso col tempo lo aspetto di Kore, « the fair-born »e figlia della Terra. È indubbio che la cottura della carne al sole riporta ad usanze notevolmente arcaiche, di cui non troviamo ricordo per nessun altro rito greco19 : è altrettanto vero, tuttavia, che i riti greci di tipo arcaico ignorano il sacrificio cruento, sono offerte essenzialmente di olio, miele, fruttae dolci non cotti: sono sacrifici in cui il fuocoe la cottura sono completamente assenti. Si tratta degli ἄπυρα, offerte che venivano fatte in età storica ancora a determinate divinità20, e che saranno poi teorizzate da Pitagora21, che secondo la leggenda avrebbe fatto egli stesso a Delo questo particolare tipo di offerta. Se anche si vuol pensare che l’azione che può esercitare il sole sulla carne, fa assomigliare il processo di cottura a quello della maturazione dei frutti della terra, quale ci è testimoniato da alcuni passi di Aristotele22 e Senofonte23 (in quest’ultimo specialmente ricorre proprio il verbo ὀπτάω come in Plutarco),e quindi il rito rispecchierebbe in questa particolarità uno degli aspetti che si vogliono ottenere, cioè la fertilitàe la maturazione dei frutti, siamo già al di fuori di un ambito di completa arcaicità. E nemmeno si può paragonare, come fa lo Halliday, la cottura di carne al sole con la prescrizione di bollirla, che si ritrova in alcuni riti24. D’altra parte la spiegazione dell’assenza di Kalligeneia con uno stadio anteriore all’antropomorfismo non è soddisfacente, in quanto basata anch’essa sul presupposto della maggiore arcaicità della cerimonia eretriese rispetto a quella conosciuta per altri luoghi.
9Infatti, un suo aspetto arcaico, e su questo si tornerà in seguito, la festa lo mantiene anche ad Atene: sappiamo che le donne costruivano capanne sulla Pnice, sedevano per terra25 ; elementi arcaici persistono in Sicilia26. Bisogna pensare che il rituale relativo a Kalligeneia in tutti questi luoghi sia una aggiunta tardiva?
10È quindi necessaria un’altra spiegazione.
11Le Thesmoforie sono, come del resto già la Harrison ha messo perfettamente in luce27, una festa delle donne ed insieme una festa agraria volta ad ottenere la fecondità di entrambe28. Esse cadono nel periodo che precede la semina29, anche se non dappertutto30. La festa ateniese durava come si è detto tre giorni: il primo 1’ἄνοδος indicava la salita delle donne al thesmoforion31, il secondo, la νηστεία, giorno dedicato al digiunoe giorno di tristezza; il terzo la Kalligeneia: era in questo giorno che si celebrava in particolar modo la fertilità umana,e in questo si facevano le offerte: essenzialmente dolci, orzo macinatoe non, fichi secchi, sesamo, papavero, formaggio. È probabile che ancora a questo giorno si debba attribuire il sacrificio cruento di un porcellino, indicato da uno scholio alle Rane di Aristofane32. A queste notizie sull’andamento della festa, bisogna aggiunge ancora che le Thesmoforie erano feste riservate non solo alle donne ed in particolare alle donne sposate33, ma alle sole donne cittadine, come si evince chiaramente da un verso di Aristofane (Thesm. 294: δούλοις γάρ οὐϰ ἔξεστ‘ἀϰούειν, τῶν λόγων)e ancora più chiaramente da una orazione di Iseo (VI, 49, 50) dove appunto una donna schiava è accusata perché « οὔσης της ϑυσίας ταύταις ταῖς ϑεαῖς ἐτόλμησε συμπέμψαι τὴν πομπήν ϰαὶ ἐσελϑεῖν είς τò ἱερòν ϰαὶ ἰδεῖν ἃ, οὐκ έξῆν αὐτῇ ».
12Ancora un passo di Lisia (sull’uccisione di Eratostene I, 19), dove una moglie adultera sceglie proprio la festa delle Thesmoforie per fissare i suoi appuntamenti nella casa del marito, grazie alla madre dell’amante, fa capire, come giustamente ha osservato il Detienne, che esiste una incompatibilità tra comportamento scandaloso della donnae sua partecipazione alle Thesmoforie. La cattiva condotta della donna accusata dall’oratore è infatti tanto più riprovevole, in quanto ha scelto le Thesmoforie per i suoi inganni. Sono proprio questi due aspetti: fecondità umana Sept. 754; Soph. Oed. Tyr. 1257; Ant. 590; Men. Per. fr. 720: παίδων ἐπ’ἀρότῳ γνησίων δίδωμι σοὑγὼ τὴν ἐμαντοῦ ϑυγατέραe Plut. Mor. 144b: Άϑηναῖοι τρεῖς άρóτους Ιερούς ἄγουσι, πρίδτον ἐπί Σϰίρῳ, τοῦ παλαιότάτου τῶν σπόρων ὑπόμνημα, δεύτερον ἐν τη Ῥαρίᾳ, τρίτον ὐπò πόλιν τòν καλούμενον βουζύγιον. τούτων δε πάντων ίερώτατος ἕστιν δ γαμήλιος σπόρος και ἄροτος ἐπί παίδων τεκνώσει.
Per il valore di Kalligeneia, cf. anche Nilsson, GGR2, cit., p. 465e Deubner, op. cit., p. 57; cf. anche Β. Ashmole, Kalligeneia and Hieros Arotos, JHS, 1934, p. 8-10.
13strettamente legata a quella della vegetazione, ed esclusività della festa che ci possono dare una chiave per capire la particolarità della festa eretriese.
14Di fatto la mancanza di fuocoe la mancanza di Kalligeneia possono essere interpretate come due facce di una stessa « realtà ».
15In un suo interessante articolo su Hermes ed Hestia34, Vernant ha messo in luce il rapporto esistente fra la donnae il focolare, e ricordava in particolare due passi del « Libro dei sogni » di Artemidoro, che conviene citare, data la loro importanza, per intero: il primo I, 74 è relativo all’ἑστία, al focolare: « τρίπους δέ και ἑστία τòν βίον ϰαὶ τήν ὅλην ϰατάστασιν ϰαὶ τήν γυναῖκα τοῦ ῦδόντος (scil. σημαίνει); nel secondo II, 40 accanto al rapporto donna-focolare, è indicato più chiaramente anche quello fuoco-generazione dei figli: ἀναϰαίεν δέ δοκεῖν πῦρ ταχέως ἀναπτόμενον ϰαὶ ἐφ’ ἑστίας ἐν κλιβάνῳ ἀγαϑόν ϰαὶ παίδων σημαίνει γονήν • ἒοιϰε γαρ ἱ ἑστία και ὁ κλίβανος γυναιϰί δια τò δέχεσϑαι τὰ πρòς τòν βίον εὔχρηστα • τò δέ ἐν αὐτοῖς πῦρ ἔγκυον ἔσεσϑαι τήν γυναίκα μαντεύεται • τότε ϰὰρ ἡ γυνή ϑερμότερα γίνεται.
16Questi passi di Artemidoro rivelano dunque una doppia simbologia del fuoco, per così dire: da una parte una simbologia relativa alla generazione dei figli, dall’altra alla donna: ma una simbologia che anche se a due facce, ha sempre come centro la donna: in quanto genera, ed in quanto è guardiana del focolare. Giustamente del resto, Vernant ricordava, per quanto riguarda i figli, come questi nel mito siano spesso assomigliati a tizzoni del focolaree come attraverso il fuoco del focolare stesso si cerchi di ottenere per loro l’immortalità; restando nel campo dei miti legati a Demetra, basterebbe ricordare lo stesso Inno omerico, in cui Demetra appunto, tenta di dare l’immortalità al figlio di Celeo tenendolo sospeso sul fuoco ardente (cf. Hynn. Om. Dem. 239 ss.). Ma altri esempi non mancano, quali il mito di Meleagro;e lo stesso Oreste è chiamato δαλός in Aesch. Coeph. 608. Il figlio è insomma, come diceva Vernant un « tizzone » del focolare paterno35. Se questo è il rapporto del figlio col focolare, il rapporto della donna col focolare è ancora più stretto. Già da Apollodoro abbiamo visto che 1’ἑστὶα rappresenta la donna;e si può aggiungere la sposa legittima, quella a cui è as- segnato il compito di continuare la stirpe del marito. Sappiamo infatti che al momento del matrimonio avevano luogo una serie di cerimonie, i καταχύσματα grazie ai quali la donna veniva integrata al focolare domestico del marito. A seguito di questa cerimonia assumeva nella casa quella funzione di fissità, di permanenza che vediamo esser propria della figura di Hestia, di cui l’Inno omerico ad Afrodite (vv. 28-30) dice che fu posta ἐν μέσῳ οἴκῳ da Zeus che le diede così ϰαλòν γέρας ἀντὶ γάμοio. È nella figura di questa dea vergine che si perpetua, appunto, come dice Vernant36, la linea familiare, perché « est comme si, à chaque génération nouvelle c’était directement “du foyer” que naissaient les enfants légitimes de la maison ». Questa identificazione col focolare è possibile però appunto solamente alla moglie legittima: in una società in cui è difficilissimo definire i tratti costitutivi del matrimonio « contratto », per cui anzi non esiste un termine specifico, come dice Aristotile (Pol. I, 3, 2 1253b ἀνώνυμος ἡ γυναιϰòς και ἀνδρòς σύζευξις)37, ed in cui probabilmente solo in età postsoloniana è stato riconosciuto un « matrimonio legittimo », la moglie « ufficiale » è considerata quella destinata a perpetuare la discendenza del marito38.
17È illuminante al riguardo un passo della contro Neera di Demostene (Dem. in Neaer. 122: τò γάρ συνοιϰεῖν τοῦτ’ἔστιν, ὅς παιδοποιῆται καὶ εἰσάγη εἴς τε τους φράτερας καὶ δημότας τούς υἱεῖς, καὶ τὰς ϑυγατέρας ἐϰδιδῷ ὡς αὑτοῦ οὔσας τοῖς άνδράσι. Ed aggiunge subito: τάς μὲν γὰρ ἐταίρας ηδονῆς ενεκ’ έχομεν, τὰς δὲ παλλαϰὰς τῆς καϑ’ἡμέραν ϑεραπείας τοῆ σώματος, τὰς δὲ γυναίκας τοῦ παιδοποιεῖσϑαι • γνησίων καὶ τῶν ἔνδον φύλακα πιστήν ἔχειν). La funzione della moglie è qui quindi legata alla generazione dei figlie circoscritta all’interno della casa39. Una discendenza di figli pienamente cittadini, è data solo attraverso la moglie legittima; ed è infatti noto che figli nati da schiave, da concubine, e, da un certo momento in poi, anche da straniere, non erano riconosciuti nella fratria del padre40 (cf. Dem. LVII, 53). Questa opposizione esistente tra figli legittimi ed illegittimi, fra γυνὴ γαμητή e παλλακή, non è tuttavia originaria: quello che noi troviamo in età classicae che ha cominciato a delinearsi probabilmente in maniera più marcata dopo Clistene41, non ha riscontro in Omero. Questo indica quindi che si è trattato di una regolamentazione subentrata in un determinato momento dell’evoluzione della πόλις, un momento in cui la città attraverso una tale regolamentazione, appunto, ha cercato di meglio vincolare le sue strutture42.
18È sullo sfondo di questi dati che può essere interpretato il rito eretriese delle Thesmoforie. Se infatti esiste uno stretto legame fra la generazione dei figli (Kalli-geneia)e il focolare (cf. il passo di Apollodoro su citato), la mancanza dell’unoe dell’altra assieme non è casuale. Se il fuocoe il focolare definiscono la γυνὴ γαμητή, in pari tempo escludono la παλλακή, l’ἐταίρα e la δούλη: e questo è perfettamente logico, dal momento che nessuna di queste è capace di garantire quello che la città vuole, cioè una discendenza di cittadini, ciò che appunto veniva richiesto nell’invocare Καλλιγένεια. Si è detto precedentemente che la spiegazione di Plutarco era di poco aiuto: in essa però era un particolare interessante: la festa delle Thesmoforie ad Eretria sarebbe stata istituita non da donne libere, cioè da donne capaci di fornire una discendenza legittima, ma da prigioniere troiane. Cosa può significare questo? Se consideriamo questo specifico elemento, dopo quanto si è venuto dicendo fino ad ora,e si ricorda appunto come le Thesmoforie ateniesi fossero una festa limitata alle donne sposate cittadine, (cioè una festa profondamente esclusiva), vien fatto di avanzare l’ipotesi, se la festa eretriese non conservasse un carattere che, originariamente, con gran probabilità, avevano anche le feste ateniesi, quello cioè di essere una festa aperta anche a donne straniere, schiavee così via. Che le Thesmoforie, infatti, avessero questo carattere è molto probabile: esse conservavano infatti, in tempi storici alcuni usi, quali la costruzione di capanne, σκενᾶν43, gli στιβάδες44 che sono tipici di quelle antiche feste campestri, che erano appunto aperte agli ξένοι: esempi se ne ritrovano in età classica ancora nella cerimonia della κοπίς, nelle Iacinzie a Spartae nelle Tithenidia45, e nei misteri di Andania46, per esempio, ο ancora nelle Dionisie cittadine, per cui anche è testimoniata apertamente la presenza di stranieri: così Phil. V. S. II, 3: ἐν ϰεραμείϰῳ ποτίζων (scil. Herodes Atticus) αὐτοὺς ὁμοίως ϰαί. ξένους ϰαταϰειμένους ἐπὶ στιβάδων κισσού47.
19Questi elementi ci riportano a quel tipo di feste che Gernet48 ha chiamato « fêtes des paysans »e un cui esempio potrebbe essere conservato in una grande festa celebrata in Arcadia a cui partecipano anche gli schiavi. E questo carattere delle Thesmoforie ateniesi può essere rintracciato ancora in questo elemento: esse sono, come osservava appunto Gernet49 una festa di distribuzione: il più volte citato Scholio al dialogo delle meretrici di Luciano è esplicito anche in questo caso: ὧν νομίζουσι τòν λαμβάνοντα ϰαί τῷ σπόρῳ συγκαταβάλλοντα εὑφορίαν ἔχειν. D’altra parte la partecipazione di elementi estranei alla πόλις, quali appunto stranieree schiave, che è vietata per Atene, sembrerebbe essere nota per le Thesmoforie in Laconia: da Hesych. sembra che la festa prendesse lì il nome di τριήμερος50, ed una epigrafe, abbastanza tarda (Le Bas-Loucart 243 a = IG V, 1208) ritrovata presso Gytheion, in cui si parla di τρῖς (scil. ήμέρας) τὰς τῆς ϑεού, e che sembra pertanto doversi identificare appunto con le Thesmoforie51, prescrive (11. 39/40) la partecipazione degli schiavi alla festa. I misteri di Eleusi erano aperti, come si sa, anche agli schiavie agli stranieri, e così pure i misteri di Andania erano aperti alle schiave52. La partecipazione anche di elementi estranei alla città viene spiegata in tutti questi casi come espressione di un momento molto arcaico53 quindi anteriore alla regolamentazione da parte dello stato dei misteri ο della festa. Ad Atene, nelle Thesmoforie la restrizione è rigidissima, in quanto la partecipazione è limitata, come si è detto, non solamente alle cittadine, ma alle mogli legittime in quanto generatrici di γνησίων παίδων54 : festa delle donne sposate legalmente, si contrappone, nel V sec., alle Adonie, la festa delle etere55 : nelle Haloe, tuttavia, che sono al pari delle Thesmoforie una festa della fecondazione, è permessa la partecipazione delle etere56. Tutto questo fa pensare quindi che anticamente le Thesmoforie in quanto feste agrarie, feste campestri, erano probabilmente una festa « aperta ». Quando s’è avuto l’intervento della πόλις per regolare la festa, ad Atene sono state escluse tutte quelle donne, etere, παλλακαί, straniere, schiave, che nell’ambito di una città che vuole garantire, nei termini in cui si è detto sopra, la propria riproduzione, erano incapaci di garantirla. Ad Eretria, invece, deve essere avvenuto il processo contrario: se Plutarco parla di prigioniere, possiamo immaginare che ad Eretria fossero appunto presenti altre categorie femminili che non le cittadine a tutti gli effetti: ma a questo punto esse potevano prendere parte alla festa solamente a condizione di restare escluse da quelli che erano i simboli della riproduzione della vita umana; il fuoco, l’ἑστίαe la celebrazione di Kalligeneia57.
20Ci troviamo davanti così ad Eretria ad un momento della festa prepolitico equivalente alla partecipazione di tutto l’elemento femminile, che l’avvento della πόλις ha bloccatoe regolato con la mutilazione di una parte della festa stessa.
Notes de bas de page
1 Cf. Κ. Kouroniotis, ’Αρχ. ’Εφ., 1911, 35; Id. gia in Πρακτικά, 1900, 55. La divinità femminile venerata in un tempio molto più antico, i cui resti sono stati recentemente rinvenuti, è con molta probabilità Artemide: cf. P. Auberson, Führer durch Eretria, Bern, 1970, p. 105; P. Themelis, Ἐρετριαϰά, Άρχ. Ἐφ., 1969, p. 171 ss.
2 Cf. Κ. Kouroniotis, ’Α ρχ. Ἐφ., cit., 35 = IG, XIII, 9, 258.
3 Per la pianta, cf. P. Auberson, op. cit., p. 105. Per la situazione in altri centri greci, in particolare Thasos, cf. E. Salviat, Une nouvelle loi thasienne, BCH, 82, 1958, p. 190-252; id., Décret pour Epiée, fille de Dionysos. Déesses et sanctuaires thasiens, BCH, 83, 1959, p. 362-397; Cl. Rolley, Le sanctuaire des dieux patrôoi et le thesmophorion de Thasos, BCH, 89, 1965, p. 468 ss. Per Delo, dove il tempio non è stato ritrovato, cf. la raccolta del materiale letterario ed epigrafico in Ph. Bruneau, Recherches sur les cultes de Délos à l’époque hellénistique, Paris, 1970, p. 269 ss.
4 In quest’ultimo senso L. Deubner, Attische Feste, Berlin, 1932, rep. 1956, p. 40 ss., che considerava come fondamentale Schol. Luc. Dial, meretr. p. 275 ss. Rabe. Lo scholio, che ha un parallelo in Clem. Protr. Il 17 14, stabilisce un parallelo tra Skiroforie, Thesmoforie e più oltre anche Arretoforie. Esso non è ben chiaro e molto discusso. Nella discussione moderna il Deubner è accettato pienamente dal Nilsson (cf. Geschichte der griechische Religion, Miinchen2, 1967, vol. I, p. 461 ss. ; e già in ARW, 32, 1935, p. 79 ss = Opuscola Selecta II, p. 542 ss. ; id., Greek Folk Religion, Philadelphia 1940, p. 22 ss.); ma le difficoltà dell’interpretazione sono messe in rilievo dallo Jacoby (cf. FgrHist, III b Supp. p. 197), che pensa che nello scholio sia caduta tutta la parte relativa alle Skira, e spiega sottol'associazione tra le varie feste fatta dalle due fonti antiche — derivanti probabilmente entrambe da Apollodoro — col fatto che si trattava in ogni caso di cerimonie celebrate da donne per ottenere la fecondità e la fertilità. Egli inoltre richiama una serie di dati relativi alle Skira, all'eroe Skiron e al probabile significato del termine gypsum che ricollegherebbe piuttosto ad Atena, senza tuttavia escludere la possibilità di collegamenti con Demetra. Ulteriori difficoltà, inoltre, per le Arreforie, ricordate in entrambi i passi come Arretoforie, ha sollevato il Burkert (cf. W. Burkert, Kekropidensage und Arrephoria. Von Initiationsritus zum Panathenaeenfest, Hermes, 94, 1966, p. 1-25, ora in (a cura di) M. Detienne, Il mito, Bari, 1975, p. 25-49 e 232-245): anche per questa festa abbiamo una serie di altri elementi che riporterebbero ad Atena e farebbero pensare non a riti di fecondità, ma di iniziazione (in questo senso, ma con respiro diverso, A. Brelich, Paides e Parthenoi, Roma, 1969, p. 229 ss.). Nonostante alcuni elementi sia in Jacoby sia in Burkert appaiano corretti ed effettivamente il Deubner sembri aver trascurato alcuni dati, rimane difficile credere che nello scholio sia caduto qualcosa e che Clemente quando dice: ταύτην τήν μυϑολογίαν (e cioè Γ ἀνϑολογία, il ϰάλαϑος, l'ἀρπαγή di Kore e lo σχίσμα τῆς γῆς) αί γυναῖκες ποιϰίλως ϰατά πάλιν ἑορτάζουσιν ϑεσμοφόρια, σϰιροφορια, ἀῤῥητοφόρια, πολυτρόπως τὴν Φερεφάττης ἐϰτραγωδοῦσαι ἀρπαγήν, abbia riunito queste feste, che così specificatamente ricollega a momenti precisi del mito del ratto di Kore, perché erano tutte celebrate da sole donne per uno stesso scopo. Il legame con Atena potrebbe non escludere quello con Demetra, e una festa di iniziazione femminile, quale le Arreforie, potrebbe esser meno distante da una festa di fecondità di quanto vuole il Burkert (e tale ancora la considerava Jacoby): ma son problemi il cui esame non rientra in questa sede.
5 Cf. M. Nilsson, G. G. R., loc. cit. ; id., Griechische Feste, Stuttgart, 1906, p. 313 ss. ; loc. cit.
6 La fonte principale è, appunto, lo scholio al dialogo delle meretrici di Luciano, Schol. Luc. Dial meretr. 275,23 Rabe; cf. L. Deubner, op. cit., loc. cit., che cerca di stabilire un rapporto con le Skira.
7 Per Delo, cf. Bruneau, op. cit., loc. cit.
8 Per Taso, cf. gli articoli di Salviat e Rolley citati alla n. 3, e già prima Nilsson, Gr. Feste, cit., p. 314.
9 Per Paro, cf. Salviat, articoli citati, e Nilsson, Gr. Feste, cit., p. 314.
10 Paus. IX, 8, 1; cf. Nilsson, Gr. Feste, cit., p. 321 n. 3.
11 Cf. Opuscola Select a, cit.
12 Cf. Salviat, BCH, 83, 1959, p. 362-397.
13 Cf. W. R. Halliday, The Greek Question of Plutarch, Oxford, 1928, repr. New York, 1975, comm. a p. 142. Potrebbe esser possibile anche una derivazione da Aristotele, che potrebbe averne parlato nella costituzione dei Calcidesi. L’esistenza di una « costituzione degli Eretriesi » tra le opere del filosofo non è apertamente documentata, ma presupposta dal Müller (FHG II, p. 142) in base a Pol. IV, 3,2 e V, 2,9, e al fatto che Heraclide Pontico (FHG II, p. 217), che tratta della costituzione eretriese, cita più volte Aristotele. Problemi « eretriesi » sono trattati da Plutarco ancora nelle quaestiones 22 e 33, dove pure forse si dovrebbe pensare ad Aristotele come fonte.
14 Cf. anche Ael. XII, 3, 4 che parla di κολοβά.
15 Bisogna tener presente che le notizie relative alla presenza eolica in Eubea sono diverse in Plutarco rispetto a Strabone: nella tradizione plutarchea gli eoli sono i primi abitanti dell’isola, in quella straboniana, gli ateniesi.
16 Cf. Strabo V, 4, 9, 248 C; Diod. IV, 21; contra J. Bérard, La Magna Grecia, tr. it., Torino, 1963, p. 49 ss. che nega validità alla tradizione di una partecipazione di Cuma eolica alla fondazione di Cuma.
17 Cf. Nilsson, Gr. Feste, cit., p. 319.
18 Cf. Prolegomena to the Study of Greek Religion, Cambridge, 1908, p. 130.
19 Lo Halliday, infatti, non trovando paralleli nel mondo greco, ricorreva al valore del fuoco nel mondo persiano.
20 Cf. Stengel, RE, II (1885) s. v. ἄπυρα, col. 292.
21 Diog. Laert. VIII, 1, 13; Cic. De nat. deor. II, 36, 88; Macrob. Sat. III, 6, 1-5; Jamb. V. P. V (25), VII (35); Clem. Alex. VII, 6. Per il problema di Pitagora e gli usi alimentari, cf. M. Detienne, I giardini di Adone, tr. it., Torino, 1972, passim; id., Les chemins de la déviance: orphisme, dionysisme et pythagorisme, Atti XIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto, 1974), Napoli, 1975, p. 49-79; id., Dionysos mis à mort, Paris, 1977, p. 163 ss.
22 Arist. Probi. XX, 12, 923a 25-30; 924a; XII, 8, 930b 20; Met. IV, II, 379b.
23 Xen. Oec. XVI, 15:
Εἰ δέ ἄνϑρωποι σϰάπτοντες τήν νεόν ποιοῖεν, ἔφη, ούκ εὔδηλον ὅτι καὶ τούτους ὅίχα δεῖ ποιεῖν τήν γῆν καὶ τὴν ὕλην. Καὶ τὴν μέν γε ὕλην, ἔφην έγώ, ϰαταβάλλειν, ὡς αὐαίνηται, ἐπιπολής, τήν δέ γὴν στρέφειν, ὡς ἡ ὠμὴ αὐτῆς ὀπτῷτο. ; e già a 14: « Ταῦτ’οὐν, ἔφη, σὺ ἄλλως πως νομίζεις μᾶλλον ἂν γίγνεσϑαι ἢ εί ἐν τφ ϑέρει ὅτι πλειστάκις μεταβάλοι τις τὴν γῆν. Οἶδα μὴν ούν, ἔφην, ἁϰριβῶς ὅτι οὐδαμώς ἂν μᾶλλον ἡ μέν ὕλη ἐπιπολάζοι καὶ αὐαίνοιτο δπò τοῦ καύματος, ἡ δέ γῆ ὀπτῷτο ὑπò τοῦ ἡλιου, ἢ εἴ τις αὐτήν ἐν μέσῳ τφ ϑέρει ϰαὶ ἐν μέσῃ τῇ ἡμέρᾳ κινοίη τῷ ζεύγει. »
24 Cf. M. Detienne, cit. supra.
25 Cf. Deubner, op. cit., p. 56.
26 Cf. Diod. V, 4.
27 Prolegomena, cit., p. 272.
28 Il parallelismo tra fertilità umana e fertilità animale e vegetale è comunissimo: lo stesso Schol. Dial, meretr. lo sottolinea: ἐμβάλλονται δέ ϰαὶ εἰς τὰ μέγαρα οὕτω καλούμενα άδυτα | ἐϰεῖνά τε ϰαὶ χοίροι, ὡς ἢδη ἔφαμεν, ϰαὶ αὐτοὶ διἀ τò | πολύτοϰον εἰς σύνϑημα τῆς γενέσεως τῶν καρπών ϰαὶ | τῶν άνϑρώπων οἶον χαριστήρια τῇ Δήμητρι.
Così pure la fecondazione della donna è assimilata ad un lavoro di aratura: cf. Aesch.
Sept. 754; Soph. Oed. Tyr. 1257; Ant. 590; Men. Per. fr. 720: παίδων ἐπ' ἀρότῳ γνησίων δίδωμι σοὑγὼ τὴν ἐμαντοῦ ϑυγατέρα e Plut. Mor. 144b: Άϑηναῖοι τρεῖς άρóτοὺς ἱερους ἄγοὺσι, πρίδτον ἐπί Σϰίρῳ, τοῦ παλαιότάτου τῶν σπόρων ὑπόμνημα, δεύτερον ἐν τη Ῥαρίᾳ, τρίτον ὑπò πόλιν τòν καλούμενον βουζύγιον. τούτων δε πάντων ίερώτατος ἕστιν ὁ γαμήλιος σπόρος καἱ ἄροτος ἐπί παίδων τεκνώσει.
Per il valore di Kalligeneia, cf. anche Nilsson, GGR2, cit., p. 465 e Deubner, op. cit., p. 57; cf. anche Β. Ashmole, Kalligeneia and Hieros Arotos, JHS, 1934, p. 8-10.
29 Ad Atene nel mese di Pyanepsione, cf. Deubner, op. cit., p. 51.
30 In alcuni luoghi la festa avveniva in estate: così a Tebe (Xen. Hell. V, 2,29; Plut. Pelop. 5) e a Delo (cf. Bruneau, op. cit., p. 285) e anche a Taso (cf. Salviat, Une nouvelle loi thasienne, cit., p. 248).
31 Cf. Schol. Aristoph. Thesm. 585.
32 Cf. Schol. Aristoph. Ran. 338, sec. la correzione di L. R. Farnell, The Cults of the Greek States, III, 326, 75b.
33 Cf. Deubner, op. cit., p. 53: bisogna considerare apocrifo lo scholio a Theocr. 4, 75. Così pure Luc. Dial, meretr. potrebbe riferirsi ο all’uso di età imperiale ο ad una festività dello stesso periodo delle Thesmoforie, ma da essa separata; cf. Detienne, I giardini di Adone, cit., p. 104-105.
34 Cf. J. -P. Vernant, Hestia-Hermes. Sur l’expression religieuse de l’espace et du mouvement chez les Grecs, L’Homme, 1963, ora in Mythe et pensée chez les Grecs, Paris, 1969, p. 97-143.
35 Cf. Vernant, op. cit., p. 106. Lo stretto rapporto dei figli col focolare è rappresentato d’altra parte anche nelle cerimonie delle Amfidromie. Per il rapporto dei miti regali del fuoco col focolare reale, da cui deriverebbe l’Hestia della πόλις cf. L. Gernet, Le foyer commun, Cahiers Internationaux de Sociologie, 1952, p. 22-43, ora in Anthropologie de la Grèce antique, Paris, 1968, p. 382-402.
36 Art. cit., p. 105.
37 Cf. E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indo-europee, Paris, 1969, tr. it., Torino, 1976, vol. I, p. 183.
38 Per il problema del matrimonio, cf. J. -P. Vernant, Le mariage, PP, 1973, p. 51-79, ora in Mythe et société en Grèce ancienne, Paris, 1974, p. 57-81.
39 Anche qui si riscontra appunto la posizione della donna che occupa lo spazio dell’interno, in contrapposizione a quella dell’uomo che occupa quello esterno: cf. Vernant, Hestia- Hestia-Hermes, cit., p. 104.
40 È il problema dei nothoi, per cui cf. da ultimo, S. C. Humphreys, The nothoi of Kynosarges, JHS, 94, 1974, p. 88-95: qui è esaminato anche il problema della legislazione periclea del 451, secondo la quale avevano cittadinanza ateniese solamente figli nati da entrambi i genitori ateniesi.
41 Cf. Vernant, Le mariage, cit., p. 64.
42 Cf. ibid.
43 Cf. Deubner, op. cit., p. 54-55.
44 Questi originariamente non avevano alcun valore specifico. Sappiamo che ad Atene le donne usavano come giaciglio l’agnocasto, che aveva un particolare valore anti-afrodisiaco: cf. Deubner, op. cit., p. 56. Che questo valore sia però secondario, lo evinceva giustamente il Nilsson, Gr. Feste, cit., p. 318 n. 4, da quanto sappiamo per Mileto, che anticamente era chiamata πιτύουσσα dalle piante usate come giaciglio: cf. Steph. Byz. s. ν. Μίλητος.
45 Cf. Polem. apud Athen. IV, 138 F: σϰηνὰς ποιοῦνται... ἐν δὲ ταύταις στιβάδας ἐξ ὕλης, ἐπὶ τούτων δὲ δαπίδας ὑποστρωννύουσιν, ἐφ αἷς τοὺς ϰαταϰλιϑέντας εὐωχοῦσι.
46 Michel, 694, 11, 35 ss. = IG, V, 1, 1390.
47 Che l’uso degli στιβάδες sia sopravvivenza arcaica, per le Thesmoforie in particolare, è dimostrato dal fatto che a Delo vengono ricordate nei conti dell’anno 250 a. C. le κλίναι (IG XI, 2, 287, A, 70) cf. Nilsson, Gr. Feste, cit., p. 319.
48 Cf. L. Gernet, Frairies antiques, REG, 41, 1928, ora in Anthropologie de la Grèce antique, cit., p. 21-61, spec. p. 23-26.
49 Cf. Gernet, art. cit., p. 59: « dans les Thesmophories, qui sont l’apport des ϑεσμοί — presque toutes les fêtes sont l’apport de quelque chose — on entrevoit un rite de distribution des ϑεσμοὶ de l’année antérieure (questo è, come si è detto sopra, probabilmente incerto) qui ont mécaniquement acquis des vertus fertilisantes ».
50 Cf. Hesych. r. ν. τριήμερος · Θεσμοφόρια ὐπỏ Λάϰωνες; cf. S. Wide, Lakonische Kulte, Leipzig, 1893, p. 117-178; Nilsson, Gr. Feste, cit., p. 314, n. 4.
51 Cf. Wide, op. cit., p. 178.
52 Per Andania, cf. IG, V, 1, 1390 e F. Borner, Untersuchungen über die Religion der Sklaven in Griechenland und Rom, Wiesbaden, 1961, vol. III, p. 351 ss.
53 Cf. Gernet, art. cit. La partecipazione di schiavi alle Eleusine si spiegherebbe, sec. Bömer, op. cit., p. 355 ss., col fatto che si tratterebbe di una festa della popolazione precedente, poi sottomessa, e che sarebbe stata poi riconosciuta dal popolo sopraggiunto.
54 Cf. il già citato Men. Per. fr. 720.
55 Cf. le opposizioni segnalate dal Detienne, I giardini di Adone, cit., p. 98 ss.
56 Cf. Deubner, op cit., p. 62 n. 2; id., AA, 1936, col. 339.
57 Dal focolare domestico gli stranieri in genere erano esclusi: cf. Proem, gr. I: Zenob. IV, 44; Diog. II, 40.
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Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 2
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