Considerazioni conclusive
p. 35-36
Texte intégral
1Una ricostruzione grafica dell’elevato dell’Aphrodision in base agli elementi che possediamo non è possibile. Troppe sono infatti le incertezze, troppi i dati che ci mancano.
2Delle colonne possiamo ricostruire molto approssimativamente il diametro superiore, ma non conosciamo né l’altezza, né il profilo (rastremazione, entasis), né il diametro inferiore. Dei capitelli non conosciamo l’abaco. Non conosciamo né l’altezza dell’epistilio né quella del fregio dorico e che esso si svolgesse fra due kymatia è una semplice ipotesi.
3Abbiamo visto che la misura dei triglifi doveva essere molto vicina a quella teorica di due piedi (cm. 60,8). La larghezza delle metope doveva dunque essere almeno teoricamente di tre piedi (cm. 91,2). Salvo evidentemente le variazioni che possono essere imposte dalle soluzioni adottate per risolvere il problema angolare. Abbiamo il geison nel quale abbiamo visto ricorrere un mutulo su ciascun triglifo e due su ciascuna metopa. Su di esso doveva impostarsi il fregio di terracotta (geison ο cassetta fittile) del quale possiamo dire solo che era formato da elementi a risvolta inferiore e decorati con tre serie di astragali fortemente plastici. Quasi nulla invece ci resta della sima fittile.
4La presenza del fregio fittile sembrerebbe escludere la possibilità di un frontone lapideo a cui riferire il grande acroterio visto e disegnato dal Cavallari e oggi perduto26.
5Invece appartiene con tutta probabilità all’altare dell’Aphrodision la guancia di altare portata dall’Orsi al Museo di Siracusa, assai vicina tipologicamente a quelle dell’Athenaion e dell’Apollonion di Siracusa.
6Dell’altare stesso peraltro non è stato possibile finora ritrovare alcun indizio sul terreno.
7Concludendo possiamo dire che l’Aphrodision di Akrai ha alcuni elementi comuni con i più antichi templi siracusani quali l’Apollonion e l’Olympieion, generalmente attribuiti alla prima metà del VI secolo a.C. Sono questi il raddoppiamento del colonnato sulla fronte, il muro di fondo della cella, il profilo fortemente espanso dell’echino dei capitelli.
8Ma ha, rispetto ad essi, caratteri più evoluti, soprattutto le proporzioni meno allungate della pianta, il rapporto cioè di sei colonne a tredici, che lo avvicina maggiormente ai grandi templi dei primi decenni del V secolo come l’Athenaion di Siracusa e il tempio della Vittoria di Himera che hanno sei per quattordici colonne.
9A questi richiama anche il tipo delle armille dei capitelli a dente di sega anziché a profondo intaglio come nei templi più antichi.
10Nella tradizione dell’Apollonion e dell’Olympieion e del più antico Athenaion ionico di Siracusa è il coronamento dei lati lunghi e del frontone con terrecotte architettoniche dipinte: geison (ο cassette), attestata dagli sminuzzati frammenti, e sima che esso presuppone di cui non resta alcuna testimonianza.
11Ma la decorazione plastica ad astragali di queste terrecotte costituisce un elemento di seriorità rispetto ai rivestimenti fittili di questi templi più antichi. In essi peraltro troverebbe confronto la grande plastica in terracotta finora indiziata ad Akrai da un solo minuscolo frammento.
12La datazione più probabile per l’Aphrodision sembrerebbe dunque nel corso della seconda metà del VI secolo a.C. Una conferma di questa ipotesi, e forse una più precisa determinazione, si potrà trarre dallo studio, non ancora effettuato, delle ceramiche raccolte nello scavo e soprattutto nella fossa votiva.
13Una singolarità planimetrica è la presenza di quell’anticella ο vestibolo, forse a due colonne, che si interpone fra il pronao e la profonda cella. È un elemento questo che non trova riscontro in alcun altro dei templi sicelioti ο della Magna Grecia.
14Altrettanto singolare è quell’ingentilimento della severità dello stile dorico con una varietà di motivi decorativi che ricorrono nei vari elementi della sua struttura e che rispondono piuttosto ad un gusto ionicizzante.
15Sono questi gli astragali sul collarino dei capitelli, le palmette e il fregio a spirali che ricorrono sui triglifi e l’insolita obliquità dei margini della fascia che li sovrasta, ma probabilmente anche i kymatia che si può supporre limitassero anche superiormente e inferiormente il fregio di metope e triglifi. Con questo spirito ben si accorda la movimentata e coloristica decorazione ad astragali di forte plasticità delle terrecotte architettoniche.
16Ingentilimento senza dubbio in stretto rapporto col carattere eminentemente femmineo della divinità a cui il tempio era consacrato, ma che corrisponde ad una tendenza diffusa nella Magna Grecia e nella stessa Sicilia di cui potremo citare altri esempi.
17Si ricordino gli anthemia dei capitelli della basilica di Paestum e delle Tavole Palatine di Metaponto, e la più esuberante decorazione del tempio pestano di Cerere, mentre per la Sicilia abbiamo, forse unico esempio, l’elemento del fregio dorico, riccamente ornato, di quel sacello extraurbano di Megara Hyblaea, selvaggiamente distrutto dalle industrie, dal quale proviene anche la statua della dea allattante i due gemelli.
Notes de bas de page
26 Serradifalco, op. cit., vol. IV, pp. 158-161, tav. XXXIV, fig. 3 (cfr. tav. XXXI). Akrai, p. 133, n. 9, tav. XXV, 3.
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