Ideologia e rituale funerario in Campania nei secoli VIII e VII a.C.
p. 107-110
Texte intégral
1Giustamente anche in questa sede è stato riproposto il problema della interpretazione della tomba 104 dal fondo Artiaco di Cuma. Il carattere spiccatamente etrusco di molti oggetti del corredo induce a chiedersi se essa sia la tomba di un greco ο non piuttosto di un etrusco. Ma a mio avviso in questi termini il problema non può essere affrontato. La tomba 104 in realtà non è l’unica tomba cumana che comprenda nel suo corredo oggetti etruschi; basta sfogliare il libro della Strøm per constatare come siano frequenti i prodotti dell’artigianato etrusco, gli scudi di bronzo, le fibule preziose, nei corredi delle tombe cumane più antiche e tra gli oggetti della collezione Stevens. Ed allora non soltanto la tomba 104 dovrebbe ritenersi il sepolcro di un Etrusco, ma anche molte altre tombe cumane: paradossalmente si finirebbe per giungere alla conclusione che le tombe ricche di Cuma sono tombe di Etruschi.
2Il problema va invece impostato diversamente: se si osservano i corredi delle tombe «principesche», da Pontecagnano presso Salerno, a Cuma, a Decima (Roma), a Praeneste, fino a Vetulonia, si può constatare che gli oggetti presenti in questi corredi non riappaiono quasi mai nelle altre tombe, anche in quelle ricche, delle stesse necropoli.
3Si tratta di oggetti di provenienza eterogenea: accanto alle importazioni dall’Oriente s’incontrano i prodotti dell’artigianato greco-coloniale fabbricati probabilmente a Ischia ο a Cuma, ed i prodotti della metallurgia etrusca. Questi oggetti, di provenienza disparata, vengono accuratamente scelti a formare i corredi delle tombe «principesche» in centri lontani e diversi per tradizione culturale, né in questo campo il comportamento di un Etrusco di Vetulonia sembra discostarsi sostanzialmente da quello di un Latino, di un Greco di Cuma ο di un indigeno di Pontecagnano. E, ciò che è ancora più significativo, quando uno di questi prodotti di importazione non era disponibile, si è ricorsi all’imitazione locale.
4Tutto ciò mi sembra rivelare che esiste una sostanziale omogeneità di cultura nei gruppi dominanti su un ampio arco che dalla Campania si estende verso Nord fino a Vetulonia. E questa omogeneità non è circoscritta alla cultura materiale ma, in misura varia, interessa anche il livello dell’ideologia. Naturalmente in questo ambito i problemi si fanno più complessi ed opinabili, ed i risultati hanno il carattere di semplici suggestioni e proposte.
5Per accennare brevemente a questi problemi, riprendo la tematica relativa al rituale funerario, cui si è già in precedenza accennato. Nella necropoli di Eretria l’incinerazione è il rito riservato agli adulti, mentre per gli adolescenti e i bambini si ricorre all’inumazione. Nelle tombe eminenti, come le sepolture di guerriero dello Heroon presso la Porta Occidentale, la cista contiene soltanto il lebete di bronzo in funzione di ossuario, e le armi.
6Per un gruppo sociale determinato il costume funerario comporta dunque il rito dell’incinerazione, la tomba a cista contenente il lebete, l’assenza di corredo.
7A Cuma per gli adulti viene adoperata sia l’inumazione che l’incinerazione; tuttavia, salvo una sola eccezione, l’incinerazione sembra riservata ad un gruppo sociale eminente: anche qui la tomba ha forma di cista; essa contiene il lebete di bronzo che a volte assolve direttamente la funzione di ossuario, altre volte contiene un’urna d’argento; il lebete è spesso ricoperto da uno scudo di bronzo; insieme alle ossa combuste si trovano le fibule e gli altri oggetti preziosi di ornamento personale.
8In questo ambito, assume una particolare importanza la tomba 104 più volte menzionata. Essa si compone di una cista inserita in una vasta fossa, e tra questi due elementi sembra di poter scorgere una opposizione funzionale: la cista contiene due lebeti, l’uno dentro l’altro, racchiudenti l’urna d’argento e ricoperti dallo scudo; insieme alle ossa sono numerose fibule in metallo prezioso; inoltre nel loculo sono compresi alcuni vasi in metallo prezioso, tra i quali vale la pena di ricordare l’oinochoe, la kotyle e le phialai d’argento. In questi oggetti possiamo riconoscere gli ktemata, ed in questo modo la cista assume l’aspetto di thalamos. Dalla cista è rigorosamente esclusa la ceramica.
9Diversa è la funzione della fossa, che contiene le armi del defunto, due lebeti di bronzo su piede, ed un’anfora attica del tipo SOS. Quest’ultima, deposta certamente per il suo contenuto, indica un orientamento della fossa verso la sfera dell’offerta e del sacrificio. Il rituale «nobile», che interdice la presenza del corredo, giunge dunque ad un primo compromesso con una mentalità diversa.
10A Pontecagnano troviamo una situazione ancora più emblematica. Anche qui nelle due tombe «principesche», 926 e 928, la sepoltura si articola in due elementi tra i quali esiste una netta opposizione funzionale. Esiste anche qui il thalamos, la cista che contiene i lebeti in funzione di ossuario, e l’adozione dell’incinerazione appare tanto più significativa in quanto a Pontecagnano in questo periodo il rito esclusivo è quello dell’inumazione. Con i lebeti sono gli ktemata: l’oinochoe, la kotyle, gli skyphoi, la phiale d’argento, oggetti preziosi che rientrano nella categoria degli agalmata.
11Il loculo, ipogeo, è al centro di un recinto in lastre di travertino. Gli oggetti contenuti nel recinto rivelano uno spiccato orientamento verso la sfera dell’offerta e del sacrificio. Accanto all’anfora vinaria, che è qui di fabbrica corinzia, si trovano la machaira, la scure, gli alari e gli spiedi: un complesso di oggetti tutti riconducibili alla Hestia. Nè è fuori luogo richiamare il concetto della Hestia in rapporto con due tombe «principesche»: infatti nel mondo greco arcaico la Hestia, come ha mostrato il Vernant, materializza la continuità dell’oikos.
12Come si vede, dunque, ai margini del mondo greco d’Occidente, il tipo della sepoltura nobile quale si osserva a Eretria viene recepito, secondo il modello cumano. Esso viene rielaborato potenziando la funzione dello spazio che circonda la cista, ma anche questa rielaborazione adopera elementi ideologici familiari al mondo greco.
13Che cosa significa il calco di questi modelli concettuali «eroici» o, per esprimerci come C. Bérard, di queste componenti «omeriche» a Pontecagnano? Significa forse che l’acculturazione con i vicini euboici di Pitecusa e di Cuma si era spinta a tal punto da consentire l’assimilazione di una complessa mentalità sociale e religiosa? Ιο non credo; ritengo piuttosto che il gruppo sociale dominante di Pontecagnano abbia assunto un determinato cerimoniale funebre soltanto come elemento di prestigio. Quel cerimoniale a Cuma esprimeva il prestigio del gruppo sociale più antico e più nobile; appropriarsi di questo apparato significava, per i «principi» di Pontecagnano, rivendicare la propria uguaglianza di rango con quel gruppo dominante greco. Ciò non significa, naturalmente, che questi «principi» fossero ellenizzanti; al contrario, proprio in queste due tombe la ceramica di tipo greco, così frequente in gran parte delle tombe coeve, è quasi assente.
14Ritornando all’osservazione fatta da G. Buchner ad un mio precedente intervento, anch’io sono convinto che l’adozione del rito dell’incinerazione non può in generale ritenersi caratteristico del gruppo più agiato. Nel caso di Cuma penso piuttosto che il rito fosse prerogativa di una parte dei coloni euboici come segno di un particolare status politico e sociale. D’altro canto mi sembra innegabile che, nelle tombe di personaggi di status sociale elevato, anche in ambienti dove è profondamente radicato il rito dell’inumazione, in questo periodo viene eccezionalmente adottato il rito incineratorio: il caso di Pontecagnano non è l’unico esempio di questo fenomeno, che si verifica anche altrove in punti disparati del Mediterraneo.
15Emblematico è il caso della «tomba reale» scavata da P. Dikaios a Salamina di Cipro1. È una tomba a camera con dromos che ha accolto due deposizioni: ciò è ben visibile nel dromos, dove si son trovati, in due strati sovrapposti, due carri con relativi cavalli. Incassato nel pavimento della camera era un angusto ricettacolo contenente un lebete di bronzo con le ossa di un individuo cremato, una collana di vaghi d’oro e di cristallo, frammenti di una lamina aurea ed uno skyphos attico geometrico del secondo quarto dell’VIII sec. All’altra deposizione spetta soltanto una mandibola di individuo adulto (non cremato) rinvenuta nella camera in un gruppo di vasi.
16Secondo il Dikaios, la deposizione più antica, quella per la quale sarebbe stata costruita la tomba, è quella dell’incinerato e, poiché la tomba a camera con dromos è strettamente legata ad una concezione di inumatori, avremmo in questo caso nella tomba cipriota un esempio altamente significativo di compenetrazione fra due concezioni diverse. A me sembra più probabile che la tomba sia stata costruita per un inumato, e che la prima deposizione sia stata interamente asportata, ad eccezione della mandibola rimasta accidentalmente nella camera, e del carro interrato nel dromos, al momento della seconda deposizione. Ma anche se si accetta questa interpretazione «riduttiva», non risulta meno significativo l’aver prescelto, per questa deposizione «reale», il rito dell’incinerazione, sforzando a ciò uno schema architettonico di tutt’altra tradizione.
17Del resto il Karageorghis ha ben sottolineato come il rito della incinerazione sia eccezionale a Cipro dopo l’XI sec. a.C.2, ed ha osservato: «it may be suggested that it was practised only occasionally in “royal” burials»; a suo avviso tutto ciò è imputabile ad un apporto esterno.
18Un altro esempio molto interessante è quello di una tomba di Carmona in Spagna3. Purtroppo quasi tutti gli oggetti preziosi definiti «tartessì», che mostrano tanta affinità con oggetti rinvenuti nelle tombe «principesche» italiane cui si è accennato, sono privi di contesto: è quindi del tutto impossibile fare un discorso sulle tombe del medesimo livello cronologico e sociale di quelle italiane. Anche della tomba di Carmona si conosce solo il disegno riprodotto dal Bonsor: sembra si trattasse di un tumulo che ricopriva una fossa nella quale era la pira con i resti di una incinerazione. Insieme al defunto era deposta suppellettile preziosa: particolarmente significativa è una oinochoe di bronzo di tipo strettamente affine a quello delle oinochoai d’argento rinvenute nelle tombe di Pontecagnano, Praeneste, Caere e Vetulonia.
19Questi esempli, a prima vista disparati, sono tratti da ambienti non privi di collegamenti. Proprio quando ad Al Mina l’elemento euboico scompare e l’emporio subisce una radicale trasformazione, l’espansione fenicia verso l’Occidente, ed in particolare verso la penisola iberica, si intensifica; è in questo momento che, a Toscanos, sulla costa meridionale della Spagna, sorge un emporio fenicio che, nella pianta, somiglia stranamente ad Al Mina4; ed è molto probabile che in questi stessi anni i Fenici abbiano occupato sulle coste del Tirreno il ruolo che prima era degli Euboici. Oltre al problema della trasmissione degli oggetti, è forse possibile oggi porsi anche il problema della trasmissione di ideologie, tenendo conto che questo tipo di ricerca potrà forse consentire di cogliere qualche suggestione relativa alle sfere del sociale e del politico, che rimangono in genere difficilmente accessibili per altre vie.
Notes de bas de page
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Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 2
Ettore Lepore, Jean-Pierre Vernant, Françoise Frontisi-Ducroux et al.
1984
Nouvelle contribution à l’étude de la société et de la colonisation eubéennes
Centre Jean Bérard (dir.)
1982
La céramique grecque ou de tradition grecque au VIIIe siècle en Italie centrale et méridionale
Centre Jean Bérard (dir.)
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 1
Pier Giovanni Guzzo, Renato Peroni, Giovanna Bergonzi et al.
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 2
Giovanna Bergonzi, Vittoria Buffa, Andrea Cardarelli et al.
1982
Il tempio di Afrodite di Akrai
Recherches sur les cultes grecs et l'Occident, 3
Luigi Bernabò Brea
1986