Il mitο di Melaneo, Oichalia e la protostoria eretriese
p. 27-36
Texte intégral
1Secondo Strabone (X 1, 10 = C 448) Eretria si chiamava prima Μελανηίς, nome che è da mettere in relazione con Μελανεύς1, padre di Eurito. Vi è poi nel territorio di Eretria una località Οἰχαλία, che già Ecateo (FgrH I, 28) ricorda con precisione geografica: Oichalia si trova ἐν Σκίωιμοίραι τῆς Ἐρετρικῆς, il che anche se non ci aiuta ad individuarne il posto con esattezza2, indica tuttavia che Ecateo conosceva bene la sua esistenza. Di Oichalia vi è ricordo in Strabone (X 1, 10 = C 448), secondo il quale essa è κώμη τῆς Ἐρετρικῆς.
2Oichalia è nel mito, come si vedrà, la città di Eurito, figlio di Melaneo, e prende il nome da Oichalia, moglie di Melaneo. Pertanto questi elementi — Oichalia e Melaneis — presenti nella zona di Eretria, vanno esaminati insieme, in rapporto al mito di Melaneo e al suo significato.
3Altre Oichalie sono attestate in Tessaglia e nel Peloponneso ed anche ad esse è collegato il mito di Melaneo-Eurito3.
4Il mito va esaminato in tutti gli elementi che la tradizione ci offre di esso. Sia Melaneo che suo figlio Eurito, re di Oichalia, sono esperti nell’uso della freccia e dell’arco in cui è stato loro maestro Apollo4. Richiami al mito sono presenti in Omero. Nel «Catalogo delle navi» è nominata Oichalia, città di Eurito, e la sua localizzazione oscilla tra la Messenia e la Tessaglia5. La città della Tessaglia, vicino Tricca, invia un contingente di navi a Troia e pertanto essa è considerata una città in piena efficienza. Nell’Odissea (VIII 221 sgg.) Eurito di Oichalia viene ricordato come chi ha osato sfidare Apollo nel tiro dell’arco e per conseguenza è stato ucciso dal dio irato. Ancora nell’Odissea (XXI 14, 21 sgg.), Ifito, figlio di Eurito, e che sarà ucciso da Eracle, dà ad Odisseo l’arco che il padre morendo gli aveva lasciato nelle δώμασι ὑψηλοῖσι, in Messenia.
5Cioè l’epica omerica, nel suo insieme, a prescindere dai suoi singoli, diversi momenti cronologici, non conosce la distruzione di Oichalia, ciò che appare invece, come si vedrà, in altre tradizioni, e d’altra parte la fine di Eurito e quindi del grande tiratore d’arco, è dovuta ad Apollo6, proprio al dio che gli aveva insegnato l’arte di usare l’arco. Questa tradizione di Eurito ucciso da Apollo è attribuita, in Apollonio Rodio, precisamente all’Eubea, da dove vengono, nel «Catalogo degli eroi», i figli di Eurito, Ifito e Clitio.
6Da questa bisogna distinguere poi un’altra tradizione, diversa, successiva7, secondo cui Eurito e i suoi figli sono uccisi da Eracle, ed anche Oichalia viene distrutta da lui per vendetta, poiché Eurito, dopo aver promesso la figlia Iole a chi l’avesse vinto nell’arco, la rifiuta poi ad Eracle che ha vinto l’agone8. Eracle che distrugge Oichalia muove da Trachis e la sua spedizione è collegata, nel racconto degli autori che ne parlano, con le imprese di Eracle venerato sul monte Eta. Il culto di Eracle sull’Eta non è più antico dell’VIII secolo e, forse, del VII9. Pertanto soltanto dopo tale momento gli può essere stata attribuita la mitica spedizione.
7Il mito che narra la distruzione di Oichalia viene cantato in un poema epico, di cui ci rimane un solo verso, dal titolo Οἰχαλίας ἅλωσις, poema andato anche sotto il nome di Omero, ma la cui paternità fu attribuita, già da Callimaco (Epigr. 6 Pf.) a Creofilo di Samo10. Allo stesso motivo si riferisce Sofocle nelle Trachinie (74 sgg., 354 sgg., 260 sgg.). Apollodoro (II 7, 7), parlandone tra le imprese di Eracle, sunteggia brevemente Sofocle, talvolta ripetendo le stesse espressioni lessicali, ma la presenza di alcuni nomi, quali Ιppaso, figlio del re di Trachis, alleato di Eracle nella spedizione, che non compaiono in Sofocle, fa pensare che egli tenga presente anche qualcos’altro, forse lo stesso Creofilo. L’argomento dell’epos della presa di Oichalia è ripetuto ancora da Diodoro (IV, 37).
8Già nell’antichità si è discusso quale fosse la Oichalia distrutta da Eracle. Strabone (IX 5, 17 = C 438) riferisce, a proposito della Oichalia tessalica, che gli storici si chiedono quale fosse la Oichalia distrutta da Eracle. Tuttavia lo stesso Strabone, ο la sua fonte, a proposito della Oichalia euboica pare presentare il problema in un senso preciso, infatti dice: è Oichalia κώμη τῆς Ἐρετρικῆς, resto della città distrutta da Eracle, dello stesso nome delle altre Oichalie. Il ricordo di una disputa a riguardo tra Messeni, Tessali ed Euboici è anche in Pausania (IV 2, 2-3).
9I moderni ugualmente si sono posti il problema e sono partiti dalla considerazione che il nome Oichalia, diffuso in vari luoghi, ha fatto passare l’attribuzione del mito da una parte all’altra11 e che il nome Oichalia ha fissato geograficamente il ricordo di un combattimento di Eracle contro Eurito12.
10A partire da Ed. Meyer, è sembrato che il mito fosse originariamente legato ad una Oichalia, quella in Tessaglia presso Trachis, anche se diverse interpretazioni sono state date del fatto storico che la saga della distruzione di Oichalia nasconde13. Elementi per affermare ciò sono apparsi un passo di Pausania (IV 2, 3) secondo cui in Tessaglia ancora ai suoi tempi vi è un Εὐρύτιον e un’iscrizione del secondo secolo d.C., trovata in un luogo tra Lamia e Hypata in cui è nominato un monumentum Euryti14. Vi è cioè una testimonianza precisa che in quel luogo era presente il mito di Eurito, e ciò dimostrerebbe che la saga della distruzione di Oichalia riguarderebbe questo posto e da qui sarebbe passata, nella tradizione, negli altri luoghi che si chiamavano Oichalia.
11Ma questi elementi vanno esaminati alla luce di altri. Lo stesso Pausania infatti ricorda a proposito della Oichalia in Messenia una tomba di Eurito (IV, 2, 3; IV, 33, 5) e, insieme con altre feste religiose (IV, 3, 10), sacrifici fatti per Eurito, figlio di Melaneo, anche se essi sono posti in età molto antica. Inoltre il fatto che Eretria si chiamasse prima Melaneis indica che anche in Eubea il mito è legato al luogo. Cioè elementi che sono traccia di un culto e notizie che sono tramandate indipendentemente dal contesto del mito hanno lo stesso valore della testimonianza epigrafica e della notizia sull’Εὐρύτιον dell’età di Pausania per la Tessaglia e indicano che sia in Messenia che in Eubea il legame non è costruito dalla tradizione per il nome Oichalia, così come non lo è in Tessaglia.
12Bisogna allora concludere che in tutte queste zone è ugualmente presente il mito di Eurito, figlio di Melaneo, eroi legati entrambi all’uso dell’arco e freccia e ad Oichalia. A quando risalga questo mito non è possibile precisare, ma si può quasi con sicurezza porlo almeno già in età micenea, se nel nome Okara3 presente nei documenti di Pilo è da ravvisare, come è stato fatto15, Oichalia. Di esso si è vista una versione, riportata da Omero, in cui Eurito era ucciso da Apollo, e la sua casa rimaneva al figlio Ifito. Il mito degli eroi della freccia cioè è diffuso in vari ambienti, ma di esso non fa sempre parte la distruzione della città, che d’altronde appartiene, come si è visto, ad una tradizione diversa e più tarda (Eurito è ucciso da Eracle). Ε allora l’interrogativo già posto dagli antichi — quale fosse la Oichalia distrutta da Eracle — non coincide con la domanda, quale fosse la Oichalia di Eurito, anche se la distruzione di Oichalia, una versione mitica particolare, con intervento di Eracle, è pur essa inserita nel contesto del mito di Melaneo-Eurito. Pertanto la localizzazione della Oichalia distrutta, soggetto dell’epos, va vista indipendentemente dalle vestigia rimaste nei vari luoghi del mito di Melaneo-Eurito.
13Ad un esame delle fonti che raccontano le vicende connesse con la gara dell’arco per il matrimonio e con la distruzione di Oichalia, si nota che la più antica di esse, Creofilo di Samo (Paus., IV, 2, 3 = F2Ki, p. 62) riferisce l’argomento del suo poema ad Oichalia di Eubea, e cosὶ Sofocle (Trach., 74 ss.), Apollodoro (II, 6, 1), Diodoro (IV, 37), che possono direttamente ο indirettamente risalire a Creofilo. Soltanto un frammento di Ferecide (FGrH, 3, 82) pone Oichalia presa da Eracle in Arcadia e tuttavia collega l’avvenimento con l’Eubea, poiché Eurito, dopo la distruzione della città e la uccisione dei figli fuggὶ in Eubea16.
14Bisogna poi tener conto di un frammento di Scitino di Teo, giuntoci attraverso Ateneo (FGrH, 13, I = Athen., XI, 461 E). Eracle prese ed uccise, insieme con il figlio, Eurito, poiché questi pretendeva tributi dagli Euboici. In questo passo oltre al fatto che l’azione si svolge in Eubea, va notato che il motivo della uccisione è la pretesa di tributi. A prescindere dalla considerazione che qui non si tratta della motivazione mitica — rifiuto di Iole da parte di Eurito —, e ciò è dovuto a Scitino, scrittore del IV secolo, che può aver interpretato così il mito, bisogna notare che anche la causa della uccisione nel mito riguarda specificamente l’Eubea. Se la sola presenza di Eurito arciere in Eubea ο addirittura la semplice esistenza di una città di nome Oichalia avesse fatto trasferire meccanicamente il mito della distruzione da un’altra Oichalia a quella euboica, il racconto sarebbe quello della tradizione comune e la motivazione riportata da Scitino non avrebbe avuto occasione di nascere.
15Si può pertanto concludere che il nome primitivo di Eretria, Melaneis, e l’Oichalia κώμη τῆς Ἐρετριϰῆς, divenuta soggetto di un poema epico, sono la testimonianza che ad Eretria il mito di Melaneo era presente come nelle altre Oichalie, e non attribuito ad essa dalla tradizione, e del fatto che la mitica distruzione di Oichalia, di cui per primo racconta Creofilo, riguarda Eretria.
16Questi elementi vanno interpretati.
17Melaneo, va ricordato, è l’esperto nell’uso dell’arco e delle frecce e il suo rapporto con Melaneis e con un suo demo, Oichalia, lascia supporre che per questa città l’uso delle frecce aveva, almeno dall’età micenea, una posizione importante.
18Ad un certo momento poi, che Strabone (X, 1, 12 = C 449) collega con l’inizio della guerra lelantina, ci fu un decreto che vietava l’uso dei telebola. Di per sé tale decreto attesta che ad Eretria prima di esso venivano ancora adoperati i telebola, dal momento che non si vieta l’uso di una cosa già per suo conto in disuso.
19A prescindere dal legame con la guerra lelantina il decreto va inquadrato ed esaminato nel suo contesto cronologico. Forse può illuminare la cosa un episodio ricordato da Plutarco (Quaest. Gr., 11), in cui i cittadini di Eretria, per evitare che altri Eretriesi di ritorno da Corcira sbarchino in Eubea, li tengono lontani con tiri di fionde che, come le frecce, sono telebola, armi a lungo tiro. Il racconto è certamente aneddotico nel suo insieme. Tuttavia la fonte pare guardare le cose da un’ottica eretriese, e pertanto essere vicina agli ambienti eretriesi17. Ε allora la sua testimonianza acquista una certa importanza, almeno per quel che riguarda gli usi della città. Cioè se il racconto è invenzione tarda, e comunque posteriore al decreto sui telebola, l’autore, d’ambiente eretriese, difficilmente avrebbe potuto inventare l’uso di un’arma di cui conosceva bene il divieto, a meno che non sapesse, in modo preciso, che in una vicenda come quella che narra, collocata per l’allusione alla colonizzazione di Corcira nella seconda metà dell’VIII secolo, era consueto l’uso dei telebola.
20Pitture vascolari tardo-geometriche mostrano l’uso delle frecce, come armi a lunga distanza negli assalti dal mare verso la terra e, al contrario, nella difesa da terra contro assalti dal mare18. L’episodio plutarcheo sembra esprimere questa realtà per Eretria19. Se la testimonianza di Plutarco ha validità, il decreto sui telebola può trovare il suo terminus post quem nella metà dell’VIII secolo. Esso è d’altra parte operante ai tempi di Archiloco (3 D), secondo cui i signori dell’Eubea non usano né frecce, né fionde20. Cioè il decreto sui telebola va posto all’incirca tra la fine dell’VIII e la metà del VII secolo. Ma il passo di Plutarco illumina soprattutto sul modo d’uso dei telebola: assalti da lontano in cui l’arco con le frecce ο la fionda ha un ruolo primario e che, come fa supporre l’origine micenea del mito di Melaneo, sono un retaggio di età più antica.
21Alla fine dell’VIII secolo si ha l’introduzione in Grecia di nuovi tipi di punte di freccia, più piccole e più efficienti, provenienti dall’Est Mediterraneo21. Si ha quindi un incremento dell’uso delle frecce che, è stato detto, l’avvento dell’oplitismo accrebbe più che sminuire22. Cioè sorsero in Grecia formazioni di arcieri che proteggevano la falange oplitica ai fianchi, e il fenomeno giunse fino al punto da portare all’intervento degli arcieri mercenari a partire dalla metà del VII secolo23. È questo un uso diverso da quello con lancio da lontano attestato per Eretria dal passo di Plutarco, e dalle pitture vascolari per altri luoghi della Grecia, dove le frecce non avevano un ruolo ausiliario. E proprio in questo periodo cade il divieto dei telebola in un contesto, come Eretria, che si chiamava Melaneis da Melaneus, eroe dell’arco e delle frecce.
22Si pone quindi il problema del significato di tale divieto. Il testo del decreto era conservato nel tempio di Artemide Amarinzia, e Strabone lo riporta come un accordo stipulato tra Eretriesi e Calcidesi.
23Per intendere perché esso sia sorto, l’attenzione va rivolta soprattutto alle trasformazioni di contesto in cui l’uso delle frecce e la posizione dell’arciere vanno posti. Si è detto che Euboici, hippeis ed hippobotai, avranno voluto salvare, nello scontro della guerra, i loro preziosi cavalli, che sarebbero stati le prime vittime dell’uso delle frecce24. Questa interpretazione ha però bisogno di qualche precisazione. Da un episodio riportato in Plutarco (Mor., 760-761) si viene a conoscere che durante la guerra lelantina i Calcidesi, forti negli opliti, non lo erano altrettanto in cavalleria, e siccome era proprio la cavalleria eretriese che essi temevano, chiesero aiuto alla cavalleria tessalica, il cui intervento risolse la situazione in favore dei Calcidesi25. Cioè sembra potersi affermare che in un primo momento della guerra lelantina fossero gli Eretriesi a far particolarmente leva sulle forze di cavalleria.
24A queste dunque l’uso delle frecce poteva portare danno più che ai Calcidesi, i quali invece, avendo la loro forza nelle formazioni oplitiche ο preoplitiche, ne avrebbero tratto vantaggio. Se viene pertanto approvato un decreto che favorisce la forza eretriese maggiormente temuta dagli avversari, vuol dire che, nonostante Strabone presenti il decreto come risultante da un accordo tra le due parti, questo è voluto in realtà da Eretria che si trova pertanto, almeno in un primo momento, in posizione di maggiore forza; ciò si intravede del resto dallo stesso Plutarco (i Calcidesi sono costretti a chiedere aiuto ai Tessali), e anche dal fatto che la fonte di Scitino attribuisce la pretesa di tributi dagli Euboici al mitico re Eurito, il che sembra riflettere un momento di egemonia eretriese immediatamente precedente la distruzione di Oichalia, il cui epos, come si vedrà, è in stretto rapporto con la guerra lelantina. Di tale posizione è conferma il fatto che il decreto veniva conservato nel tempio di Artemide Amarinzia, tempio vicino ad Eretria e pertanto di interesse eminentemente eretriese. Ma il divieto di usare telebola vuol dire anche che all’interno di Eretria, in concomitanza con la prima fase della guerra lelantina, di una guerra cioè che vedeva in contrasto due città vicine nella stessa isola, l’uso del cavallo diventa più importante. L’uso delle frecce è ormai un fatto che appartiene al passato — assalti da lontano — ed è vietato per decreto quando esso rivive come forza ausiliaria dell’oplitismo. I cavalieri hanno pertanto il predominio e non si sa se sia questo il momento in cui prende corpo la oligarchia di hippeis di cui si ha notizia per il periodo arcaico di Eretria (Arist., Pol., 1306 a 35). È questo il momento in cui Melaneis ha cambiato nome ed è diventata Eretria? Eretria, si sa dagli scavi recenti26, ha avuto una forte crescita, a partire dal 2° quarto del VII secolo. Vengono costruite mura, alla metà del VII secolo è ricostruito il tempio di Apollo, i quartieri della città sono riorganizzati con opere di canalizzazione. Corrisponde ciò, oltre che ad un periodo di potenza, al momento di cambiamento del nome?
25In connessione con questi elementi va interpretata la distruzione della mitica Oichalia. Che Oichalia fosse in età più tarda un demo eretriese, è dimostrato, oltre che dalle testimonianze di Ecateo e di Strabone, da un’epigrafe del IV secolo, in base alla quale essa è stata localizzata nel V distretto, a nord-est di Eretria27. Se la distruzione della Oichalia del mito corrisponde a qualche avvenimento che riguarda questo luogo, essa deve corrispondere ad una sconfitta di Eretria ο ad un episodio che in qualche modo l’ha danneggiata.
26Il poema che ha cantato l’epos si intitola Οἰχαλίας ἅλωσις. Il poeta canta la distruzione di una città e ne vede la responsabilità nel suo mitico re Eurito, il quale non ha mantenuto la promessa ad Eracle che ha pur vinto la gara dell’arco. Ciò lascia intravedere che il punto di vista del poeta ο della tradizione da cui egli raccoglie la materia del suo canto, rappresenti la parte di chi ha distrutto la città. Va ricordato che l’autore, il poeta Creofilo, è di Samo. Scitino di Teo poi attribuisce la causa della distruzione di Oichalia ad una pretesa da parte di Eurito di riscuotere tributi dagli Euboici. Egli esprime pertanto una posizione avversa ad Eurito che è il vero responsabile della cosa e giustifica l’intervento degli avversari. Lo storico cioè, che è di una città della Ionia, riflette una partecipazione al lato degli avversari di Oichalia. Bisogna ricordare ancora che Ecateo menziona con precisione geografica Oichalia, come chi conosce bene la situazione eretriese28. Si può concludere che la conoscenza di questa vicenda euboica è particolarmente viva in ambiente ionico e, per di più, in quelle città della Ionia, Samo e Mileto, che, si sa da Erodoto (V, 99), hanno partecipato alla guerra lelantina: Samo accanto a Calcide, e di Samo è Creofilo anti-eretriese, Mileto accanto ad Eretria, ed Ecateo è esperto della chora eretriese in cui pone Oichalia. Sembra allora abbastanza fondata l’ipotesi che l’episodio che ha dato luogo al poema sulla distruzione di Oichalia, la cui attribuzione ad Eracle non può essere anteriore all’VIII secolo, sia un fatto della guerra lelantina, in cui sia da intravedere il momento della sconfitta di Eretria. Conferma tale ipotesi anche il fatto che nel mito Eracle dopo la distruzione di Oichalia si ferma a far sacrifici presso il tempio di Zeus Ceneo (Soph., Trach., 236 sq.) nel nord dell’Eubea, in una zona cioè della sfera calcidese.
27Nell’aneddoto di Plutarco già ricordato (Mor., 760-761) i Calcidesi chiedono aiuto alla cavalleria tessala contro gli Eretriesi πολέμου... ἀκμάζοντος. Cioè si intravede da Plutarco che la guerra ha avuto un suo culmine in cui, dietro intervento tessalo, comincia la riscossa calcidese.
28È una delle questioni più controverse, è noto, quella della cronologia e della durata della guerra lelantina. Tuttavia l’intervento tessalo nell’ἀκμή della guerra fa presupporre non soltanto che prima di esso la guerra abbia avuto una sua prima fase con prevalenza eretriese, ma anche che tra la prima e la seconda fase ci sia stato il tempo di organizzare l’aiuto tessalo per i Calcidesi. Il momento di Oichalia può esprimere questa seconda fase. L’Oἰχαλίας ἅλωσις ha quindi con ogni probabilità preso le mosse dalla sconfitta di Eretria. Nel poema è confluito il mito di Eurito, e la sua fine non avviene ad opera di Apollo, come nell’epica omerica, ma di Eracle. Eracle è il vincitore della gara dell’arco. Il motivo della gara con l’arco per conquistare la moglie e il regno non è un fatto isolato. OItre che per Odisseo si trova attestato per popolazioni asiatiche29. È però da notare che in tutte le versioni il vincitore della gara ottiene la sposa e il regno. Ad Eracle invece ciò viene negato, nonostante egli abbia vinto la gara e di conseguenza egli distrugge Oichalia. Il fatto che l’epos, come si è visto, prende l’avvio, calandolo nel mito di Eurito e della gara dell’arco, da un avvenimento proprio dell’Eubea che si è visto riguardare la guerra lelantina e il momento di essa sfavorevole ad Eretria, spiega forse perché il mito non venga qui presentato nella sua formulazione comune e si concluda invece con la distruzione della città, il che rappresenta una sua versione particolare.
29Questa ipotesi che vede a base dell’Oἰχαλίας ἅλωσις l’episodio definitivo della guerra lelantina pone innanzitutto un problema di cronologia. Nel poema di Creofilo è Eracle a distruggere Oichalia, e si è visto che il termine più alto per l’Eracle Eteo, che è il protagonista di questa impresa, è l’VIII secolo. Inoltre il suo intervento contro Eretria, e quindi a fianco di Calcide — va ricordata anche la sua sosta presso il capo Ceneo, dopo l’impresa — presuppone che egli rappresenti nel mito i Tessali che furono appunto alleati di Calcide. Ma la presenza di Eracle Eteo in una spedizione tessalica può essere nata soltanto nel clima di pacificazione tra gli abitanti della valle dello Spercheo, che appunto veneravano Eracle sull’Eta, e i Tessali, pacificazione che si è andata realizzando nella seconda metà del VII secolo30. Non prima di tale periodo quindi è possibile porre l’intervento di Eracle.
30Bisogna poi considerare un altro elemento. Il mito di Eracle veniva raccolto nell’Οἰχαλίας ἅλωσις da Creofilo. Di Creofilo non si conosce la cronologia precisa. Tuttavia alcuni elementi indicativi si hanno. Creofilo è messo dalla tradizione in relazione di ospitalità con Omero31. Questa contemporaneità, che, forse, ha determinato essa stessa in un passo aristotelico giunto attraverso Plutarco (Lyk., 4) 32 un rapporto temporale tra Licurgo e i figli di Creofilo e ha fatto di Pitagora un allievo di un discendente di Creofilo (Diog. Laert., VIII, 2), induce a pensare che gli antichi ritenevano che la cronologia di Creofilo non potesse scendere più giù del VII secolo33. Pertanto se l’Οἰϰαλίας ἅλωσις riprende un avvenimento della guerra lelantina, questo episodio non potrebbe che collocarsi nella seconda metà del VII secolo34. La prima metà del VII secolo è stata, si è visto dagli scavi, indubbiamente un momento di fioritura e di riorganizzazione per Eretria. Se questo, come pare, precede la guerra lelantina, ο anche è coevo al primo periodo di essa, viene allora comprovato che Eretria parte nella guerra da una posizione di forza e si spiega così il suo prevalere iniziale.
31Ad illuminare il rapporto Eracle-Eretria va notato che ad Eretria vi sono, già in età arcaica, gare in onore di Eracle35, che presiede anche un dromos (SIG3 714). Egli pertanto ad Eretria presiede ai giovani e al loro passaggio all’età adulta36. Certo il distruttore di Oichalia è in Eretria l’eroe che presiede alle formazioni militari giovanili37.
32In un passo di Plinio (Ν.H., IV, 64) Oichalia risulta tra le «città» dell’Eubea famose prima che lo fosse un altro gruppo di poleis tra cui Eretria. Eretria è la polis che ha combattuto la guerra lelantina, ed è sopravvissuta ad essa come comunità di hippeis, Oichalia quella parte di essa che nella crisi del conflitto è rimasta soccombente. Melaneis, la terra di Melaneus, l’allievo dell’arciere Apollo, ha cambiato nome ed è divenuta Eretria, e un decreto di Artemide Amarinzia ha vietato l’uso dei telebola. In questo contesto, al di là delle razionalizzazioni che ne fece poesia e logografia ionica, acquista luce anche il significato del mito stesso della condanna di Eurito, il figlio di Melaneo. Se la polis Eretria soppianta Melaneis, si può forse veder condannato con Eurito il passato «eroico» e l’uso delle frecce e dell’arco di cui egli è l’eroe; emerge invece con il nuovo nome e i nuovi ordinamenti militari, la comunità cittadina, di cui la oligarchia di hippeis (Arist., Pol., 1306 a 35) è, almeno agli inizi, la più reale espressione38. Questa continuerà ad essere, al di là della guerra lelantina, e della ambigua sconfitta che forse la «distruzione di Oichalia» dell’epos ionico volle adombrare, il simbolo e la dynamis degli Eretrieis (Arist., Pol., 1289 b 35-39). Lo stesso Eracle, distruttore di Oichalia e vincitore di Eurito nella gara dell’arco, resta ad Eretria divinità dei riti «di passaggio», marginale come la kome cui è legata la sua gesta.
Notes de bas de page
1 Steph. Byz., s.v.,Ἐρετρία cf. RE, XV, 1931, 414 s.v., Melaneus. Sia che la città abbia preso nome dall’eroe del mito ο sia avvenuto il contrario, il rapporto rimane sempre molto stretto.
2 F. Geyer, RE, XVII, 1937, 2096 s.v., Oichalia.
3 Cf. RE, XVII, 1937, 2096 sq. s.v., Oichalia: Strabon, Géographie (Livre X) par F. Lasserre, Paris, 1971, p. 164. Per quanto riguarda la Oichalia peloponnesiaca, non importa se la località sia precisamente in Arcadia ο in Messenia.
4 Paus., IV, 2, 2: A. Rh., I, 88: Sch. Il., V, 392.
5 Il., II, 595 sq.: 729 sq.: cf. F. Jacoby, FGrH, I, 28, komm.: R.H. Simpson-J.F. Lazenby, The Catalogue of the Ships in Homer’s Iliad, Oxford, 1970, p. 85, 140 sq.
6 A. Rh., I, 88: N. Levin, Apollonius’ Argonautica reexamined, Leiden, 1971, p. 25, n. 4.
7 M.P. Nilsson, The Mycenaean Origin of Greek Mythology, Cambridge, 1932, p. 200.
8 Soph., Trach., 260 sq: Sch. Il., V, 392: Sch. Soph., Trach., 266: Sch. Eur., Hipp., 545: Apoll., II, 6, I.
9 Y. Béquignon, La vallée du Spercheios, Paris, 1937, p. 211: J. Defradas, Les thèmes de la propagande delphique, Paris, 1954, p. 137: M. Sordi, La lega tessala, Roma, 1958, p. 30.
10 G. Kinkel, Epicorum Graecorum Fragmenta, Lipsiae, 1877, p. 60.
11 Cf. RE, XVII, 1937, 2100, s.v., Oichalia.
12 Cf. F. Lasserre, Strabon, p. 164.
13 Ed. Meyer, G.d.A., II, 127: U.V. Wilamowitz, Herakles, I, 70; cf. RE suppl., III, 942.
14 CIL, III, 12306.
15 An 519, cf. O. Landau, Mychenische-Griechische Personennamen, Göteborg, 1958, p. 224.
16 In questo frammento Eracle chiede Iole non per sé, ma per il figlio Illo. Ciò induce a pensare che ci sia un rapporto tra Ferecide e la tradizione che è nel racconto sofocleo delle Trachinie, dove Eracle morente dispone che il proprio figlio Illo sposi Iole.
17 Cf. B. D’Agostino, Dialoghi di Archeologia, I, 1967, p. 34, n. 39.
18 H.L. Lorimer, The Hoplite Phalanx, in ABSA, 1947, p. 115.
19 Sembra difficile che la fonte di Plutarco, proprio perché esperta del divieto che ancora Strabone leggeva, abbia inventato l’uso delle fionde dai dipinti vascolari, in cui, per altro, si usavano frecce e non fionde.
20 Per il rapporto tra il frammento di Archiloco e il decreto riportato da Strabone, cf. M. Sordi, op. cit., p. 44, n. 4.
21 A.M. Snodgrass, Early Greek Armour and Weapons, Edinbourg, 1964, p. 154.
22 H.L. Lorimer, op. cit., p. 115 sq.: Snodgrass, op. cit., p. 154: P.A.L. Greenhalgh, Early Greek Warfare, Cambridge, 1973, p. 91 sq.
23 Snodgrass, l.c.
24 Greenhalgh, op. cit., p. 92.
25 Il passo plutarcheo appartiene ad un contesto in cui non importa se si combatte con la fanteria ο con la cavalleria, pertanto non sembra che l’episodio sia inventato per quanto riguarda i tipi di forze da combattimento. D’altra parte la tradizione tarda (Arist., Pol., 1289 b) conosce Eretriesi e Calcidesi come allevatori di cavalli, quindi la fonte di Plutarco non avrebbe fatto ad arte questa differenza, tra Eretriesi e Calcidesi, se non avesse avuto nella sua tradizione notizie precise a riguardo. Gli Eretriesi allora sono forti per l’uso dei cavalli, i Calcidesi no. Molto probabilmente però quando per essi si parla di opliti, non bisogna intendere vere e proprie falangi oplitiche, ma qualcosa che ad esse prepara. Lascia incerti la interpretazione di Greenhalgh (op. cit., p. 92) secondo cui non si tratta di opliti, ma accanto ad una cavalleria vera e propria, vi è il grosso dei soldati che combattono a piedi, dopo essere smontati da cavallo.
26 C. Krause, Eretria IV, Berne, 1972, p. 18 sq.
27 IG, XII, 9, 241, cf. W. Wallace, The Demes of Eretria, in Hesperia, 16, 1947, p. 140.
28 L’indicazione di Ecateo ricorda che nella μοίρᾳ dal nome Σκίῳ si trova Oichalia. Non si sa se il V distretto, in cui nell’iscrizione IG, XII, 9, 241 si dice che si trova Oichalia e il cui nome, anche se non si legge, è però certamente diverso da Σκίος, ricalchi in qualche modo la μοῖρα di cui parla Ecateo. È possibile però che μοῖρα abbia un significato tecnico di ripartizione territoriale della Ἐρετρικῆς.
29 G. Germain, Genèse de l’Odyssée, Paris, 1954, p. 11 sq.
30 M. Sordi, op. cit., p. 38 sq.
31 Strab., XIV, 630 = EGF, p. 60.
32 Cf. RE, VIII, 2151, s.v., Homeridai.
33 Per un termine ante quem dell’Oichalias halosis alla fine del VII secolo, cf. W. Burkert, Die Leistung eines Kreophylos, in MH, 1972, p. 74 sq.
34 Tale ipotesi confermerebbe la cronologia che pone la guerra lelantina nella seconda metà del VII secolo, per cui cf. M. Sordi, op. cit., p. 42 sq.
35 Ἐφημ. ἀρχ., 1911, 35: Πρακτικά, 1890, 95; ΙG, XII, 9, 272, cf. Wilamowitz, Herakles, I, p. 36, n. 69. Nilsson, Griechische Feste, Leipzig, 1906, p. 448, n. 6; L.H. Jeffery, The local scripts of Archaic Greece, Oxford, 1961, n. 85.
36 Δρομεύς è l’uomo adulto: M. Guarducci, IC, 4: Roma, 1935, p. 150: H. Jeanmaire, Couroi et Courètes, Paris, 1939, p. 426: R.F. Willets, Cretans Cults and Festivals, Londres, 1962, p. 47.
37 Apollodoro, ΙΙ, 63, riferisce una tradizione secondo cui Eracle fu discepolo di Eurito nell’arte dell’arco e delle frecce. Se questa notizia non deriva, a sua volta, come è possibile, dalla conoscenza del rapporto Eracle-Eurito che risulta dal mito della distruzione di Oichalia, essa è un testimonianza più precisa che Eracle è nei confronti di Eurito il giovane in rapporto all’adulto.
38 Se Melaneo, esperto arciere ed «eroe nero» è alla pari degli altri eroi neri, espressione del guerriero primitivo (P. Vidal-Naquet, in Problèmes de la guerre en Grèce ancienne, Paris, 1968, p. 181; cfr. anche Il cacciatore nero e l’origine dell’efebia ateniese, in Il mito - Guida storica e critica, a cura di M. Détienne, Bari 1975, p. 51 sqq., spec. 71-72), si comprende la sua espulsione da una sorgente comunità cittadina.
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