Avant-propos
p. 7-8
Texte intégral
1Nel periodo in cui furono creati i poemi omerici, già per antica tradizione oggetti di particolare importanza e valore erano considerati anche fuori dal mondo egeo come κειμήλια destinati al dono e non allo scambio. Tale consuetudine, che appare già in crisi nell'ambito del mondo greco verso la metà del VI secolo, quando i Samii s'impadroniscono di un cratere destinato dagli Spartani a dono per Creso, dedicandolo come preda nell'Heraion, in base ad una concezione che rimarrà valida fino in piena età classica, continua ad essere coltivata nei confronti delle popolazioni « barbariche » sia confinanti, sia lontane, e di quelle semibarbare come i Macedoni e gli Etruschi prima della loro sostanziale ellenizzazione. Oltre a strumenti per accattivarsi i favori delle aristocrazie dominanti, avide di prodotti di lusso ο di prestigio, in particolare determinate categorie di vasi melallici sono diventati il tramite della diffusione presso tali classi della concezione greca del simposio come espressione del concetto dell'ospitalità e lo sono rimasti anche quando nelle aree di produzione e talvolta in quelle vicine era incominciata la commercializzazione di quelli meno complessi, con tutte le sue conseguenze. Se tale sopravvivenza dell'economia del dono verso l'esterno è stata strumento di espansione economica, oltre che per le città greche, per i maggiori centri etruschi e per lo stesso impero achemenide, devono esser stati però anche frequenti i casi di acquisizione di simili beni attraverso la rapina ο la pirateria, di cui il dirottamento del cratere a Samo, narrato da Erodoto, è solo uno dei più clamorosi.
2Un salto di qualità di estrema importanza nell'ambito della produzione del vasellame metallico e nello sviluppo della metallotecnica è stato dovuto indubbiamente all'« invenzione » di un metodo per produrre da un'unica lamina anche forme chiuse. Se molto fa supporre che ciò possa essere avvenuto ancora nella prima metà del VII secolo nel vicino Oriente, anzi probabilmente in area fenicia, tale nuova tecnologia non ha tardato troppo ad essere applicata in centri di produzione greci, tra i quali forse non casualmente, data la sua struttura sociale, che ha favorito anche la lavorazione dell'avorio, introdotta pure da maestranze orientali, la Laconia, e poi, apparentemente in seguito ad influssi congiunti, negli ultimi decenni del secolo, anche in Etruria, dove comemporaneamente i vasi aperti cominciano ad essere prodotti in misura più vasta. Se questi e, grazie all'uso della lamiera a sbalzo quale surrogato economico delle parti plastiche in metallo massiccio, le stesse oinochoai imitanti modelli greco-orientali attribuibili con ogni probabilità all'area Tarquinia-Vulci, divennero rapidamente commerciabili fra le aristocrazie ed anche fra le classi medie in formazione nelle aree anche non etrusche di gran parte dell'Italia centro-meridionale, non è così in un primo momento per i vasi chiusi di produzione greca, cui vanno aggiunti quelli aperti particolarmente rappresentativi, tra cui soprattutto i crateri. Continuando una tradizione già affermatasi con i grandi tripodi geometrici con i piedi fusi e le anse ornate e fiancheggiate spesso da figure, anche tali vasi hanno il piede, le anse e talvolta l'orlo fusi ed accuratamente e talvolta riccamente elaborati, e, come quelli, si sono trovati in Grecia, se non più esclusivamente, soprattutto in santuari, quasi come se fosse considerata una hybris il possesso da parte di privati. Già prima della metà del VI secolo tale rapporto tende comunque ad invertirsi, in quanto anche nel mondo greco, ο forse dapprima nelle colonie in Occidente, oinochoai ed hydrie cominciano a diventare meno rare in tombe, anche se la loro presenza rimane pur sempre un fatto elitario, mentre la funzione di κειμήλια viene assolta anche da prodotti ancora più vistosi, ma non sempre funzionali e pertanto semplicemente di prestigio, quali il cratere destinato a Creso e le hydrie del gruppo Grächwil, che trovano tuttavia imitatori in ambiente umbro-piceno.
3Far luce su tali problemi strettamente connessi con quello delle officine e delle maestranze, attratte talvolta, in momenti di crisi soprattutto, da altri centri dove la produzione poteva divenire più redditizia, come qualche città dell'occidente, ο alla ricerca di nuove soluzioni, quali ad esempio i lebeti campani del tardo arcaismo, è il compito che si è prefisso Claude Rolley. Se tuttavia diversi problemi attendono ancora una soluzione più soddisfacente, che potrà venire da ulteriori scoperte che potranno consentire anche approfondimenti di indagini, il volume che qui si presenta costituisce pur sempre un contributo decisivo nello studio di un settore importante della metallurgia antica oltre che uno strumento di lavoro indispensabile, tenendo conto che tratta di una categoria di materiali fra le più falcidiate dalle circostanze.
Auteur
Soprintendente Archeologo di Salerno, Avellino e Benevento
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