Daniele Vitali e la rifondazione degli studi di archeologia celtica in Italia
p. 9-11
Texte intégral
1Daniele Vitali si è formato in uno dei maggiori centri di studi e ricerche archeologici in Italia, l’Università degli Studi di Bologna. Allievo di Guido Achille Mansuelli, strinse rapporti di collaborazione con Cristiana Morigi Govi, direttrice del museo civico archeologico di Bologna, che gli affidò la cura della sezione sull’età del Bronzo e sull’età gallica. Frutto di questa istruttiva collaborazione è il volume “Il museo civico archeologico di Bologna”, del 1982, ma ancor più importante è la pubblicazione nella serie dei cataloghi del Museo del volume “Tombe e necropoli galliche di Bologna e del territorio”, con il quale Daniele si imponeva come uno dei maggiori studiosi, se non il maggiore, della civiltà gallica in Italia. La completa collazione delle fonti archivistiche, l’accurata descrizione dei materiali, il loro commento esaustivo ci parlano di uno studioso che ha ormai raggiunto la piena maturità scientifica.
2Nel frattempo, a partire dal 1978 Vitali aveva ripreso gli scavi nell’abitato di Pianella di Monte Savino, raddrizzando una situazione che negli anni precedenti aveva avuto un esordio non molto felice. Dall’anno successivo ha inizio la serie delle campagne di scavo nella vicina necropoli di Monte Tamburino, che continuarono – pur con interruzioni – fino al 1998 e portarono all’acquisizione di 161 tombe. La scoperta di eccezionali documenti celtici, quali elmi, spade, catene porta-spada, e la chiara stratigrafia orizzontale lungo le pendici del monte ebbero una immediata risonanza internazionale, testimoniata dalle pubblicazioni in prestigiose sedi scientifiche come Études Celtiques, la serie dei Kleine Schriften di Marburg, lo Jahrbuch des Römisch-Germanischen Zentralmuseum di Mainz.
3Nel 1985 in occasione delle grandi mostre sugli Etruschi e del congresso internazionale di Etruscologia, Daniele Vitali organizzò a Bologna il convegno “Celti ed Etruschi nell’Italia centro-settentrionale dal V secolo a.C. alla romanizzazione”, a cui fui invitato a partecipare con una relazione sulle fibule tardo hallstattiane del Forcello. Le nostre ricerche si erano incrociate in occasione degli studi di Daniele Vitali sulla situazione culturale dell’Emilia centro-occidentale prima della fase della Certosa, che lo portarono a definire la facies Sant’Ilario-Correggio, mentre a nord del Po io avevo individuato una facies affine a Remedello Sotto e Fontanella Mantovana, per cui proposi di adottare il termine Remedello-Sant’Ilario. Qualche anno prima Daniele mi aveva segnalato con grande generosità uno studente mantovano che aveva raccolto al Castellazzo della Garolda, al Forcello e a Mantova ceramiche con iscrizioni in lingua e alfabeto etruschi e in un caso un piccolo lingotto di bronzo con iscrizione venetica. Questi materiali, insieme ad altri nel frattempo venuti alla luce al Forcello, furono decisivi per confermare l’attribuzione dell’abitato del Forcello agli Etruschi e per rompere gli indugi annunciando alla stampa l’importante scoperta (Corriere della Sera, del 29 maggio 1982).
4Il 1991 fu l’anno della grande mostra sui Celti a palazzo Grassi di Venezia, della quale Vitali è stato uno dei segretari scientifici. L’idea nacque da una visita di Sabatino Moscati al museo di Monterenzio e agli scavi della nuova necropoli di Monterenzio Vecchio, che stava restituendo straordinari reperti della civiltà gallica in Italia.
5Dopo la mostra di Venezia, che superò il milione di visitatori, Daniele Vitali è ormai proiettato verso una dimensione europea della ricerca, come dimostrano le numerose collaborazioni istituite per le ricerche e gli studi a Monterenzio. Ben presto viene chiamato a entrare nel consiglio scientifico del centro di ricerca internazionale di Glux-en-Glenne, a pochi chilometri da Bibracte, Centre archéologique européen du Mont Beuvray, e per qualche anno conduce scavi a Bibracte, che lo portano a studiare le relazioni tra gli oppida tardo La Tène e Roma. Per approfondire la tematica della diffusione del vino romano in Gallia a partire dal 2000 apre una stagione di scavi ad Albinia, in provincia di Grosseto, con un’ampia serie di collaborazioni nazionali e internazionali. Gli scavi degli impianti artigianali per la produzione di anfore gli hanno permesso di formare un corpus di circa 700 timbri anforici, che in parte sono gli stessi rinvenuti negli scavi di Bibracte.
6Instancabile cacciatore di necropoli celtiche, dal 2006 Daniele avvia gli scavi di una estesa necropoli cenomane a Povegliano Veronese, con tombe ricche di vasellame bronzeo italico.
7I nostri rapporti sono sempre stati improntati a stima reciproca e a una sincera amicizia. Vorrei ricordare almeno due aspetti che mi accomunano a Daniele Vitali. Il primo è l’insofferenza per la mancanza della libertà della ricerca in campo archeologico in Italia e verso quei funzionari delle Soprintendenze che de facto si comportano come se fossero i feudatari di un territorio e i proprietari dei beni archeologici loro affidati. Il tentativo di far inserire nel codice dei beni culturali, là dove si specificano le competenze delle Soprintendenze, la piccola frase semplice, ma conforme alla Costituzione, “senza pregiudizio per la libertà della ricerca”, proposta dal prof. Marco Cammelli, Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Bologna, è da tempo naufragato per la compatta opposizione delle Soprintendenze e l’insipienza della classe politica della fine degli anni ’90. Il secondo aspetto è il non aver partecipato alla strumentalizzazione politica dell’archeologia celtica, in funzione antiromana, che raggiunse il suo culmine negli anni ’90 del secolo scorso e nei primi anni di questo secolo. A questa strumentalizzazione si sono prestati – spesso per motivi prettamente venali – diversi studiosi, anche stranieri, e perfino soprintendenti e funzionari di Soprintendenza. A questo proposito la posizione di Daniele è stata sempre molto chiara. D’altra parte, le sue ricerche avevano dimostrato come dopo l’invasione gallica del 388 a.C. si erano formate comunità in cui convivevano due etnie di diversa origine. Alla comunità etrusca di Pianella di Monte Savino si erano aggregati guerrieri celti immigrati e si realizzò un mélange di Etruschi, Celti e forse anche Umbri. Gli Etruschi erano una società tutt’altro che chiusa, ma aperta all’accoglienza, come ci dicono le fonti antiche (v. l’episodio dell’arrivo di Demarato di Corinto a Tarquinia, dove sposò una donna etrusca) e come si può comprendere dai molti gentilizi etruschi, che all’analisi filologica si rivelano di origine latina, greca o italica.
8Concludendo, a Daniele l’augurio di ancora lunghi e fecondi anni di studi e ricerche.
Auteur
Professeur émérite
Università degli Studi di Milano Beni culturali e ambientali
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Itinéraires d’hommes, trajectoires d’objets
Mélanges offerts à Daniele Vitali
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2021
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