Consorti, collaboratrici e vicarie. Il ruolo delle regine nelle questioni amministrative e politiche del Regno
Résumés
Nel 1338 Roberto aveva affidato alla moglie Sancia la riforma dell’ufficio dei maestri razionali e dell’archivio amministrativo. Si trattava di un insolito incarico per una regina consorte, a cui peraltro Sancia si impegnò con acribia. Il suo interesse si rivolse prevalentemente ad un intervento di carattere organizzativo, che mirava a rivedere il complesso e gerarchizzato sistema della Magna Curia e del suo Archivio. Un primo e fondamentale aspetto di questa riforma riguardò la riduzione del numero degli ufficiali, selezionandoli sulla base della loro capacità e della loro efficienza. Altre disposizioni erano destinate in dettaglio ad organizzare il sistema archivistico, rendendolo più funzionale. La riforma fu approvata da Roberto con un diploma regio datato 13 luglio del 1339 e può essere considerata un modesto, ma pur sempre significativo contributo, nel contesto del più generale processo di lenta trasformazione delle strutture amministrative del regno angioino, già messo in luce da Roberto delle Donne, in vista di una lenta burocratizzazione del sistema della cancelleria e dei suoi apparati. Al di là del suo significato per la riforma delle strutture amministrative del Regno, il documento rivela la capacità di Sancia, moglie di Roberto, ma con lei anche di Maria e delle prime regine angioine, ad intervenire a diverso titolo nell’esercizio del governo del Regno. Nel contributo si è cercato di mostrare, sull’esempio di Maria e di Sancia, quali spazi di azione erano consentiti alle regine angioine fra la fine del secolo XIII e la prima metà del secolo XIV. Come le altre consorti dei sovrani in Aragona, in Castiglia, in Sicilia, a Maiorca e in Portogallo, anche Maria e Sancia non si limitarono nella loro azione politica a gestire e promuovere una reginale Frömmigkeit, pertinente alla sfera religiosa della celebrazione liturgica e della rappresentazione monumentale della memoria dinastica. Esse furono più volte coinvolte nell’esercizio del potere ed agirono in prima persona come vicarie e luogotenenti nel governo, nell’amministrazione e nelle trattative di politica internazionale. Come tali esse, spesso avvalendosi di proprie risorse finanziarie e di una propria “corte nella corte”, ossia di un apparato di funzionari autonomo da quello del sovrano, esercitarono, a seconda delle necessità e degli eventi politici, una reginale Herrschaft e possono pertanto essere considerate, in quanto collaboratrici, consigliere e ‘companyones’ del sovrano, mächtige Frauen.
En 1338, Robert confia à sa femme Sancia la réforme de l’office des maîtres des comptes et de leur archive administrative. Pour une reine consort, il s’agissait là d’une mission insolite, à laquelle d’ailleurs Sancia s’attela avec méticulosité. Son intervention fut principalement de portée organisationnelle, visant à revoir le système complexe et hiérarchisé de la Grande Cour et de ses archives. Un premier aspect de cette réforme, fondamental, fut la réduction du nombre des officiers, qui seraient désormais sélectionnés selon leurs capacités et leur efficacité. D’autres dispositions étaient destinées, dans le détail, à organiser le système archivistique en le rendant plus fonctionnel. La réforme fut approuvée le 13 juillet 1339 par un diplôme de Robert. On peut la considérer comme une modeste, mais toujours significative, contribution au processus plus général de lente transformation des structures administratives du royaume angevin, déjà mis en lumière par Roberto delle Donne, lequel aboutit à la lente bureaucratisation du système de la chancellerie et de ses appareils. Au-delà de sa signification pour la réforme des structures administratives du royaume, le document révèle la capacité de Sancia, femme de Robert, mais aussi, avec elle des premières reines angevines à intervenir, à des titres divers, dans le gouvernement du royaume. L’article cherche à dégager, à l’exemple de Marie, femme de Charles II, et de Sancia, les espaces d’action des deux reines dans l’exercice du pouvoir. Comme les autres reines consorts en Aragon, Castille, Sicile, à Majorque et au Portugal, les deux reines angevines ne se sont pas limitées, dans leur action politique, à gérer et promouvoir une reginale Frömmigkeit relevant de la sphère religieuse de la célébration liturgique et de la représentation monumentale de la mémoire dynastique. Elles furent aussi impliquées dans l’exercice du pouvoir, agissant à la première personne comme vicaires et lieutenants dans le gouvernement, l’administration et les négociations de politique internationale. En ces qualités, se servant souvent de ressources financières propre et de leur propre cour au sein de la cour, c’est-à-dire d’un appareil de fonctionnaires indépendant de celui du souverain, elles exercèrent, selon les nécessités et les événements politiques, une reginale Herrschaft et purent être considérées de fait, en tant que collaboratrices, conseillères et “companyones” du souverain, comme mächtige Frauen, c’est-à-dire de puissantes femmes.
Texte intégral
1Il 18 marzo del 1338 la regina Sancia, moglie di re Roberto d’Angiò1, emanava un documento indirizzato ai maestri razionali della Magna Curia2: il cui testo era relativo ad un intervento rivolto alla riorganizzazione del loro ufficio e del loro Archivio3. Nel 1336, infatti, a causa di un’alluvione, parte degli archivi angioini, che dal 1333 erano stati concentrati nel palazzo della Zecca a Sant’Agostino di Napoli, erano stati gravemente danneggiati4. La calamità naturale non era stata tuttavia il solo motivo all’origine di questo intervento. La regina aveva constatato infatti che nel corso degli anni «multiplicata gens sed non magnificata leticia» era cresciuto il numero delle persone impegnate nell’apparato amministrativo dell’archivio, ma questo aumento del personale non aveva comportato un miglioramento effettivo nella qualità del suo funzionamento. A dire della regina una riorganizzazione complessiva era pertanto non solum utilis, sed necessaria. Come possiamo desumere dal documento, a questa impresa Sancia si era applicata con molta dedizione e, dopo un intenso lavoro che aveva coinvolto sia la mente che il corpo, con il consenso di Roberto e la deliberazione dei consiglieri, aveva deciso di procedere ad un complessivo ridimensionamento dell’ufficio della Magna Curia dei maestri razionali e ad una risistemazione del suo sistema archivistico5.
2Una simile idea circa la pericolosità della moltiplicazione del personale impiegato negli uffici come causa di negligenza e di inefficienza e della necessità dell’intervento del sovrano come garante della sua accurata organizzazione si trova enunciata anche nel De regimine principum di Egidio da Romano6.
3Tendenze riformistiche e concreti tentativi di riorganizzazione del sistema amministrativo caratterizzarono un po’ ovunque i regni europei. Nel 1337 Giacomo III, nipote di Sancia e re di Maiorca, promulgò le Leges palatinae7. Questo testo alla cui base stavano i principi del decoro, dell’ordine e dell’utile si diffuse rapidamente in tutta Europa offrendo spunto per ulteriori riflessioni circa il cerimoniale e i codici di comportamento della corte e dei suoi membri, ma anche per un generale ripensamento delle cariche e degli uffici in vista del raggiungimento di una maggiore efficienza delle strutture amministrative8. Metaforicamente la corte era come una casa che doveva essere ordinata e il suo ordine si sarebbe riflesso sul Regno e sul suo governo. Particolare valore era consegnato alla scrittura come strumento di produzione della realtà e come mezzo per poterla ordinare9.
4La riforma proposta da Sancia si concentrava proprio su uno dei luoghi privilegiati di conservazione della scrittura, l’archivio dei maestri razionali e della tesoreria, ossia un organo centrale per la corte e l’intero Regno, nonché per la sua amministrazione. Le sue disposizioni prevedevano innanzitutto una drastica riduzione del personale impiegato nell’archivio e una riorganizzazione delle sue funzioni. La più alta carica, dopo i maestri razionali, ossia quella degli auditores, passava da quattordici a sei unità. L’anzianità del servizio e l’esperienza nell’esercizio della funzione (antiquiores et peritiores in officii exercitio) erano i parametri stabiliti dalla regina per la selezione di coloro che avrebbero potuto continuare ad esercitare l’attività. Agli auditores erano affiancati due archivari (Bernardo di Cava e Antonio di Noto10) e due notai, uno impiegato per la redazione degli atti, Facius de Arpea, e uno destinato alla composizione delle lettere, Jacobus Ferrillus. Anche il numero degli scriptores era ridotto da venticinque a dodici, compreso il regestator. Per volere della regina gli auditores non confermati sarebbero stati degradati al ruolo di scriptores, oppure sarebbe stato necessario trovare loro un’altra funzione presso la Curia. Coloro che sarebbero stati considerati meno abili e meno utili (minus sufficientes et minus utiles) sarebbero stati dimessi, anche se la regina chiedeva di essere informata personalmente circa il loro allontanamento. Per ciascuna delle funzioni, inoltre, la regina stabiliva il compenso annuo da assegnare come retribuzione del lavoro esercitato. Nel documento era regolato il caso delle sostituzioni ed era prescritto che, se qualcuno degli scriptores fosse stato destinato ad altre funzioni per più di un mese, costui avrebbe dovuto essere sostituito da un altro impiegato, che sarebbe stato pagato in modo regolare secondo il compenso dovuto. Al gradino più basso della gerarchia Sancia confermò poi una lista nominale di inservientes, che avrebbero dovuto assistere e sostenere con il loro aiuto l’intero sistema.
5Dopo la descrizione delle funzioni e dei criteri di selezione del personale impiegato, la regina si occupò della riorganizzazione e del funzionamento dell’archivio. Sia gli auditores, sia gli archivarii, i notarii e gli scriptores prescelti per esercitare la loro funzione, o rimasti in carica con il consenso della regina, avrebbero dovuto essere presenti nell’archivio regolarmente ogni giorno, eccetto i giorni festivi. Per evitare confusione e errori la regina stabiliva che almeno due persone rimanessero giorno e notte per due mesi consecutivi nell’archivio. Ella spiegava inoltre le modalità per la riscossione delle imposte e dei pagamenti, in particolare per ottenere il denaro spettante dai debitori fraudolenti. Altre disposizioni erano destinate a regolare le uscite degli impiegati, che dovevano recarsi a quella che più tardi sarebbe stata definita come ‘Camera della Sommaria’, ossia l’istituzione incaricata di gestire l’intero sistema fiscale del Regno11, e le dispense alla partecipazione agli ordinaria seu extraordinaria consilia, accordate ai due funzionari residenti a turno nell’archivio12.
6La regina corroborava le sue decisioni sottoscrivendole con il sigillo personale utilizzando la formula sub anulo nostro secreto13. Il 13 luglio del 1339 Roberto aveva poi approvato in un solenne documento la riforma stilata da Sancia e per rendere il nuovo ordinamento duraturo e impedire che fosse derogato o modificato, il sovrano aveva aggiunto una clausola nella quale egli esortava i funzionari a mettere in pratica tenaciter et irrefragabiliter le nuove disposizioni stabilite da Sancia e da lui considerate ugualmente utili e necessarie14.
7La riforma non rimase senza eco, altri due documenti della regina Giovanna I rappresentano un completamento e un perfezionamento dell’ordinanza disposta da Sancia. Il primo di questi documenti, datato 1347, introdusse nuove disposizioni anch’esse riguardanti il funzionamento dell’Archivio. La regina ricordava che la presenza degli archivarii da mattina a sera era la premessa per il buon funzionamento dell’intero sistema archivistico e per la corretta esecuzione dei mandata della Curia e dei suoi reggenti. Giovanna I proibiva inoltre di redigere copie degli atti ivi conservati, se non con il permesso della regina e su conoscenza dei maestri razionali. Agli archivisti proibiva tassativamente di estrarre le scritture originali (registra, privilegia e monumenta), sia presenti, che passate o future, dopo che esse erano state depositate all’Archivio. Nel caso in cui le scritture non fossero ancora state consegnate, gli archivisti, con l’aiuto dei maestri razionali, avrebbero dovuto adoperarsi per ottenere che fossero depositate e qui formalmente archiviate15. Un secondo documento, datato 1354, mirava a riconfermare il numero degli ufficiali di nomina regia impiegati nell’Archivio e sottoposti al controllo dei maestri razionali: quattro auditores, sei scriptores e un regestator16.
8Le disposizioni di Giovanna I non meravigliano, poiché la regina dopo la morte di Roberto era stata designata come legittima erede al trono e come tale disponeva di pieni poteri sovrani in ogni questione di governo17. Il documento di Sancia attesta l’assunzione di notevoli responsabilità amministrative e rappresenta un insolito incarico per una regina consorte. Si trattava di una eccezione? La domanda rimanda ad una questione più complessa relativa al ruolo delle regine e alla loro funzione politica alla corte di Napoli in quanto consorti del sovrano. La risposta a questi quesiti non è immediatamente evidente e le testimonianze a nostra disposizione sono sporadiche e forniscono talvolta informazioni molto differenti.
9Il ruolo e l’agire di Sancia nella dimensione politica è attestato in maniera indiretta da alcune testimoniante narrative che ci rivelano interessanti particolari. La prima fonte è un’opera storica, la Cronica di Partenope18. Di essa possediamo due versioni. Mentre nella prima redazione si accenna a Roberto, ma non vi è alcuna menzione circa Sancia e la sua funzione, nella versione rivista della fine del secolo XIV, sono brevemente presentati sia il re che la regina ed i loro ruoli appaiono chiaramente definiti. Roberto era descritto come un sovrano abile nelle imprese militari, sapiente nel governare (huomo extrenuo di cavallaria et gran sciensa), ma al tempo stesso pio, religioso e devoto (hu[o]mo catholico et pietoso), dedito alla costruzione di nuove residenze e attento alla riorganizzazione amministrativa attraverso la creazione di nuovi uffici, alla promozione di nuovi signori e di conseguenza anche alla costituzione di nuovi legami feudali, forse per un migliore controllo delle periferie del Regno19. Sancia era invece ricordata come inclita catholica, impegnata nella costruzione di molti monasteri non solo a Napoli, ma anche in Provenza. L’immagine che ne emerge è quella di una coppia attiva, ma caratterizzata da una chiara divisione dei compiti: a Roberto era affidato il governo, alla regina era attribuita invece la funzione di occuparsi dell’aspetto religioso, della cura liturgica della memoria familiare e dell’immagine del Regno20.
10Agli inizi del XV secolo un’altra fonte, prodotta in ambiente aragonese e con una funzione ed un carattere completamente diverso rispetto alla precedente, metteva in evidenza il rapporto fra Roberto e la moglie in un’altra prospettiva:
Si racconta che re Roberto di Napoli s’interessasse di cose frivole, da donne e da fanciulle. Sua moglie, la regina Sancia, figlia del re di Maiorca, un giorno che lo vide occuparsi di tali frivolezze, gli disse: “Signore! Se pensate di continuare a comportarvi in tal modo è meglio che prendiate la conocchia, mentre prenderò io lo scudo e la lancia, perché il Regno non ha bisogno di due regine. Una sola di noi dev’essere regina, e anche se non volete che lo sia io, vi prego di essere re e di compiere opere da re, che servano cioè al buon governo del Regno, accompagnandovi solo ai vostri consiglieri e cavalieri nel trattare il bene dello Stato, e io starò nella mia camera con le mie damigelle, tenendone fuori tutti gli uomini”. E si narra che il re, il quale conosceva lo zelo della moglie e l’amore che la stessa nutriva nei suoi confronti, le rispondesse così: “Regina! Che il Signore mi salvi! Che io sia degno di tanto onore e amore, poiché mi avete manifestato una grande verità e dato un prezioso consiglio, utile e onorevole, che intendo seguire sempre per il futuro”. E così fece. Vedete dunque cosa può fare il consiglio di una donna santa e buona21?
11L’episodio è narrato nella Scala Dei, un trattato moraleggiante che il francescano catalano Francesc Eximenis compose per la regina d’Aragona Maria de Luna fra la fine del secolo XIV e gli inizi del secolo XV. Alla sovrana aragonese, moglie di Martino I, più volte incaricata come luogotenente e vicaria del re aragonese durante le sue lunghe assenze, il francescano predicatore presentava una serie di modelli di regalità femminile a cui ispirarsi22. Fra questi vi era anche Sancia qui descritta non solo come esempio di virtù morale, ma anche come modello della regina saggia e determinata, in grado di consigliare e correggere i comportamenti devianti del marito e pronta ad assumersi responsabilità politiche nel caso in cui fosse stato necessario23. In un altro trattato, i Llibres de dones, lo stesso autore, pur valutando positivamente il governo di Roberto nel Regno, riconosceva tuttavia anche il grande merito di Sancia come regina. In questo testo l’autore francescano presentava Sancia non solo come dotata di grande saggezza, ma concentrava poi la sua attenzione alla definizione del suo ruolo di regina, la cui pietà personale, si rifletteva nella consapevolezza della sua responsabilità per la conservazione della moralità e della religiosità nel Regno. Secondo il francescano il re aveva al suo fianco una donna de gran sanctedad e de gran fama, che seppe mettere freno alla proliferazione a Napoli e nel Regno dei cattivi costumi provenienti dalla Francia e seppe consigliare le donne a vestirsi decorosamente, a onorare i loro mariti e a prendersi cura dei figli. Al tempo stesso essa era attenta all’aspetto religioso, esortava infatti a frequentare le messe regolarmente, a recitare le preghiere, ma anche a porre attenzione e devozione nei confronti delle celebrazioni liturgiche24.
12I due testi di Francesc Eiximenis erano il risultato di una lunga riflessione, avviata sin dalla metà del secolo XIV alla corte di Pietro il Cerimonioso in Aragona e frutto di un clima culturale vivace e attento al ruolo della donna nella vita politica e nel governo del Regno a fianco del marito. Nell’aggiunta alle Ordinaciones composte per l’incoronazione della regina, ispirandosi al testo della Genesi, il re Pietro scriveva che “non è bene che l’uomo sia solo”. Come Eva, creata a immagine e somiglianza di Adam, era stata da Dio a lui affidata come compagna, così le regine d’Aragona avrebbero dovuto accompagnare i re d’Aragona (“les reynes d’Aragó companyones sien dels reys d’Aragó”) e avrebbero dovuto essere portatrici di grazie spirituali e di onori25. Come ‘companyona’ del sovrano la regina era pertanto legittimata ad occupare una funzione pubblicamente riconosciuta e ad esercitare un’autorità come sua ‘alter ego’, quando la pubblica situazione lo richiedeva26.
13Riprendendo le stesse argomentazioni, il francescano Eiximenis, nei suoi due trattati composti con scopo educativo e meditativo per la regina Maria de Luna, descriveva Roberto e Sancia come consorti esemplari, comunicando l’immagine di una coppia capace di mutuo sostegno e di stretta cooperazione reciproca nell’azione politica, pur con una chiara divisione dei compiti. A Sancia il frate catalano attribuiva infatti una chiara responsabilità nella salvaguardia della moralità del Regno e una funzione di organizzazione liturgica e religiosa.
14Un altro cronista di ambiente napoletano, Lupo de Specchio, nella sua Summa dei Re di Napoli, composta agli inizi del secolo XV, parlando del rapporto fra Sancia e Roberto, riferiva in primo luogo la stima e l’amore di Roberto per la moglie (“la catalana rigina Jangia, che fu molto hamata dal suo marito”) e non mancava di sottolineare che il re “spesso era acordato per essa et consegliato, et isso l’ascoltava”27. Anche Lupo rifletteva sul ruolo di Sancia, mettendone in luce la sua funzione di consigliera del sovrano. Per entrambe gli autori, pur nella diversità della loro provenienza geografica e della loro funzione a corte, era stato importante offrire un’immagine della regalità femminile, presentando Sancia come modello di regina saggia, onesta e virtuosa e pertanto capace di esercitare un ruolo a fianco del marito per il benessere del Regno. Nelle loro descrizioni Sancia appariva come il perfetto esempio di questo modello e il suo ruolo andava ben oltre la semplice funzione di fondatrice di chiese e di monasteri, come l’aveva invece descritta la versione rivista della Cronaca di Partenope.
15Jean-Paul Boyer ha recentemente ben dimostrato che, dopo il matrimonio, Sancia accompagnò costantemente la vita pubblica di Roberto28. Il suo ruolo di regina, unta e consacrata29, non rimase solo limitato alla sua funzione simbolica, ma le diede l’opportunità come consorte di svolgere la propria attività in nuovi spazi di esercizio del potere. Non solo nelle opere, nei discorsi e nella diffusione di idee religiose ma anche nelle questioni politiche, i due sovrani seppero agire secondo forme di stretta cooperazione e collaborazione30. Le osservazioni dello studioso francese acquisiscono un nuovo significato, se analizzate alla luce delle più recenti discussioni affrontate dalla storiografia circa un ripensamento della funzione della donna nell’esercizio del potere sovrano.
16Recentemente Theresa Earenfight31 e Nuría Fernádez-Silleras32 hanno messo in luce che il ruolo delle donne nella dimensione politica medievale è stato spesso trascurato dalla storiografia contemporanea, poiché più difficile da individuare, in quanto l’attenzione è stata sempre rivolta ad una storia degli uomini, scritta da uomini. Studiose e studiosi contemporanei, in particolare nel contesto ibero-americano, nel mondo anglosassone e in Germania, hanno messo in luce la complessità della regalità femminile medievale, offrendo la possibilità di un nuovo bilancio sul ruolo effettivo delle donne nell’esercizio del potere33. Molteplici ricerche si sono concentrate sulle sovrane del Regno aragonese e degli altri piccoli territori della penisola iberica, dimostrando che, in particolare nel mondo basso medievale, le regine governarono non solo in sostituzione del sovrano, come reggenti, dopo la morte del consorte, ma di fatto furono attive come vicarie e luogotenenti durante i periodi di assenza del re, o agirono al suo fianco come collaboratrici in molti aspetti dell’amministrazione, delle relazioni internazionali e delle decisioni di governo34.
17Ogni discorso sul potere prevede un meta-discorso che, a prescindere dalla tradizionale attenzione al ruolo svolto dagli uomini, è fondato sulle relazioni fra il re e la regina, ma non solo; esso comprende la loro famiglia in senso estensivo: i familiari, i domestici, ma anche i nobili, lo ‘staff’ burocratico e i favoriti, in una parola il complesso delle relazioni che generano la corte35. In questo contesto è stato possibile individuare, pur attraverso la limitatezza delle fonti, il significato della componente femminile a corte, e il ruolo della regina nel governo del Regno, ben al di là della sua tradizionale funzione di madre e di garante della continuità dinastica36.
18Le nuove tendenze storiografiche definiscono questo ambito allargato di esercizio del potere femminile in termini di queenship, di reginale Herrschaft o di reginalidat37. In un recente contributo Nikolas Jaspert ha messo in evidenza che, accanto alle eccezioni di Urraca38 e di Berenguela di Castiglia39, che governarono autonomamente sulla base del loro diritto dinastico, fra XII e XIV secolo in particolare nel mondo iberico, a causa di una serie di eventi contingenti, quali le frequenti guerre, la consistente espansione dei territori controllati e la morte prematura dei figli primogeniti, le donne assunsero una funzione accanto al sovrano nell’esercizio del governo40. Nella sua analisi lo studioso tedesco mostra che molteplici erano le forme e gli ambiti di azione (agency) di questo esercizio di potere, che egli definisce come reginale Herrschaft. Una regina poteva agire come reggente, come luogotenente e vicaria, o come semplice regina consorte. Essa era chiamata, ovviamente con diverso grado di responsabilità e di libertà di azione a seconda della funzione esercitata e dell’autorità a lei delegata, a partecipare in modo più o meno diretto al governo del Regno, nelle questioni relative alla giustizia, all’amministrazione e alla politica internazionale. Un secondo, ma non meno importante, ambito di azione riguardava le questioni fiscali. Le regine, infatti, gestivano autonomamente il proprio patrimonio dotale e si occupavano del buon funzionamento dei loro possessi feudali. Esse disponevano, nella maggioranza dei casi, di un vero e proprio apparato di funzionari e di una sorta di corte nella corte. Tali risorse economiche potevano poi essere impiegate per il bene e le necessità del Regno nel caso in cui fosse stato necessario41. In terzo luogo poi esse ebbero un ruolo centrale come patrone, fondatrici di chiese e monasteri e sostenitrici di nuove idee religiose. In questo ambito di azione esse furono affiancate da consiglieri, molti di questi erano religiosi. Essi, come confessori, che ne ispirarono non solo l’agire politico, ma anche le preferenze religiose, un aspetto questo che lo studioso tedesco ha definito reginale Frömmigkeit42. Nella sostanza Nikolas Jaspert concludeva il suo bell’articolo affermando che, in quanto consorti del sovrano, le regine esercitavano di fatto un potere, una reginale Herrschaft, poiché erano capaci di influenzare direttamente o indirettamente la politica del Regno, agendo come consigliere, collaboratrici o addirittura anche come vicarie del sovrano43.
19Studi comparativi hanno permesso di mettere in luce che questi tre ambiti di reginale Herrschaft possono essere ben osservati anche al di fuori della Penisola Iberica. Infatti le regine del Regno di Napoli non rimasero estranee a questo tipo di coinvolgimento politico. Intendo tralasciare qui il terzo ambito di azione, quello della reginale Frömmigkeit44, sul quale è stata posta negli ultimi decenni una grande attenzione, in particolare dagli studi di Caroline Bruzelius45, di Mario Gaglione46, di Rosalba di Meglio47, di Paola Vitolo48 e di chi scrive49, a proposito del ruolo di Maria di Ungheria, di Sancia e di Giovanna I nel sostegno ad ambiziosi progetti religiosi e a grandi imprese di fondazioni monastiche, per concentrami sugli altri due aspetti della reginale Herrschaft delle sovrane angioine.
20È noto che le due mogli di Carlo I, Beatrice e Margherita, che portarono al sovrano rispettivamente le contee di Provenza e di Borgogna, ebbero una propria corte autonoma e un proprio funzionante apparato amministrativo, con ufficiali incaricati di gestire i loro patrimoni dotali50. Il loro ruolo politico nelle questioni del Regnum Siciliae fu tuttavia marginale. Esse non furono direttamente coinvolte nella gestione del potere regio, accompagnarono tuttavia con la loro presenza discreta le fasi di organizzazione e consolidamento del Regno. Beatrice, a cui Carlo I doveva la legittimità del suo potere sulle contee di Provenza e di Folcalquier, si occupò ad esempio, nel breve arco temporale in cui fu regina, della custodia delle figlie dei prigionieri e dei ribelli, ma al tempo stesso fu interlocutrice nella organizzazione dell’alleanza matrimoniale fra la figlia Isabella e uno degli eredi dell’imperatore di Costantinopoli, Filippo di Courtenay51.
21Molti documenti emanati da Carlo I e attinenti a questioni di governo menzionano inoltre la moglie Margherita di Borgogna con parole di stima e di affetto e permettono di leggere, fra le righe, la sua presenza accanto al sovrano come sua fedele consigliera52. Si tratta di un’immagine proposta anche da Bartolomeo di Neocastro, che ritrae la regina come saggia consolatrice in un critico momento del governo di Carlo I53. Diverso appare invece il giudizio di Tolomeo da Lucca che, nella sua Historia ecclesiastica nova, definisce Beatrice come “buona” moglie e “buona” sovrana, capace di assistere il marito nel governo del Regno, mentre ritrae Margherita come una sovrana completamente disinteressata alle questioni politiche54.
22Ben più significativo dal punto di vista politico fu invece il ruolo della moglie di Carlo II, Maria, figlia del re d’Ungheria Stefano V, su cui si sono soffermati recentemente Matthew J. Clear e Mario Gaglione. Giunta a Napoli, accompagnata da un seguito di nobili e di funzionari ungheresi, la regina non solo assolse pienamente al suo ruolo di moglie e di madre, avendo dato alla luce ben quattordici figli e garantito in tal modo una sicura successione dinastica, ma partecipò attivamente alla vita politica del Regno, assumendo in diversi momenti critici concrete funzioni di governo55.
23Già prima dell’incoronazione a regina di Napoli, durante il periodo di prigionia di Carlo II a Cefalù e poi in Aragona, fra il 1284 e il 1288, Maria assunse responsabilità politiche di primo piano, nonostante Roberto di Artois e il cardinale legato Gerardo Bianchi fossero stati ufficialmente incaricati del vicariato nel Regno di Napoli56. In particolare Maria agì nei territori della contea di Provenza, con documenti composti a suo nome e dotati di sigillo personale, recante l’inscrizione filia regis Hungariae principissa Salernitana et Honoris Montis Sancti Angeli. Nelle sue missive la principessa Maria si rivolgeva ai funzionari del Regno per ottenere da loro il rispetto degli accordi stabiliti durante il periodo di regno di Carlo I. Un esempio offre la lettera inviata nell’aprile del 1286 dalla regina al consiglio e agli ufficiali della città di Marsiglia con l’intento di ricordare alla comunità cittadina il forte legame con la corona, fondato sull’affetto, la fedeltà, la costanza e l’attenzione. Nel domandare al senescalco di vigilare affinché la città rispettasse quanto era stato stabilito essa concedeva alla comunità urbana una esenzione sulle tasse delle merci importate, facendosi così prosecutrice di una linea politica avviata dal marito durante il periodo della sua luogotenenza in Provenza57. Anche i pontefici riconobbero alla sovrana una capacità politica: Martino IV e Onorio V ricordavano infatti nelle loro lettere al vicario Roberto di Artois di assistere e consigliare la regina per salvaguardare in tal modo gli interessi del Regno58. In quegli stessi anni Maria non solo svolse un attivo ruolo politico, ma dimostrò anche una spiccata abilità diplomatica: fu lei infatti a condurre i negoziati con il papato, i regni di Inghilterra e di Francia per la liberazione del marito e solo grazie al suo intervento fu possibile ottenere da una famiglia di banchieri fiorentini, i Buonaccorsi, una ingente somma di denaro per il riscatto del sovrano59. Nuovamente nel giugno del 1291, nonostante Carlo II a quella data fosse già stato liberato, Maria, ora regina, è attestata come delegata del potere sovrano, ossia come sua luogotente, nel regno di Provenza, di Folcalquier e della città di Avignone per tutto il periodo dell’assenza del marito dalla Francia60.
24La sua attività politica non rimase tuttavia limitata alle questioni del Regno di Napoli. Nel 1290, dopo la morte senza eredi del fratello Ladislao IV, Maria fu riconosciuta regina del regno di Ungheria. Anche in questo caso il suo agire politico mostra un’unità di intenti e di cooperazione con il marito, pur lasciandole ampio spazio di azione autonoma. In questo frangente, con il consenso di Carlo II, ella inviò da Aix-en-Provence una delegazione nel regno ungherese per ricevere l’omaggio e il giuramento di fedeltà degli stati e degli ordini61. Nel 1291 fu poi solennemente incoronata a Napoli come regina d’Ungheria, ma cedette l’anno successivo la corona al figlio primogenito Carlo Martello62. Per suo mandato, il conte Enrico di Vaudemont, suo vicario, era stato incaricato nel gennaio del 1292 di incoronare il nuovo sovrano e di investirlo con il vessillo del regno ungherese63. Se tale progetto coincideva con il consolidamento delle mire espansionistiche del Regno, nell’atto di investitura, Maria considerava la rinuncia e il passaggio della corona come un rimedio necessario, affinché il figlio potesse governare il regno magiaro travagliato da lotte intestine con la giustizia necessaria64. In un documento del febbraio 1292 Carlo II comunicava ai prelati, ai nobili e al popolo ungherese la cessione della corona da parte della moglie, corroborando in tal modo la sua scelta, e ordinava ai sudditi ungheresi di riconoscere il figlio Carlo Martello quale nuovo sovrano65. In quest’occasione l’intervento del sovrano angioino intendeva mostrare la sua influenza e la sua ‘collaborazione’ a fianco della moglie: si potrebbe pensare che fosse Carlo II qui ad agire come il companyó di Maria. L’intervento della regina nelle questioni ungheresi non era tuttavia terminato. Con una serie di disposizioni di conferma e di atti contenenti la concessione di feudi, Maria si preoccupò di garantire l’appoggio politico e militare di molti esponenti dell’alta nobiltà ungherese a favore del figlio66.
25I continui impegni politici in diverse parti del Regno e il nuovo riacutizzarsi del conflitto con gli Aragonesi per il controllo della Sicilia costrinsero Carlo II a delegare con frequenza il potere. Mentre nel Regno il vicariato continuò ad essere esercitato ufficialmente da Carlo Martello, affiancato durante le assenze del padre da un consiglio di reggenza67, Maria fu nuovamente nominata dal sovrano il 16 febbraio 1291 luogotenente delle contee di Provenza e di Folcalquier e della città di Avignone. Il sovrano le concedeva di agire sia nelle contee che nella città plenaria vice, cioè con pieni poteri al suo posto.68. Molti documenti in questi anni recano il sigillo della regina e sono emanati a suo nome e attestano interventi in questioni amministrative in Provenza, come ad esempio la lettera del 1293 diretta alla città di Marsiglia in difesa di un mercante genovese i cui diritti erano stati ingiustamente usurpati dalla città69. Dopo la morte del figlio primogenito Carlo Martello nel 1295, Maria riottenne nuovamente il titolo di regina del Regno di Ungheria e agì fino al 1306 come tutrice e reggente del nipote Caroberto70, occupandosi parallelamente anche dell’educazione degli altri nipoti rimasti orfani. Sino al 1306, prima del trasferimento di Caroberto in Ungheria insieme ad un consiglio di reggenza, sono numerosi gli atti che recano il suo sigillo come Maria Dei gracia regina Ungarie71 e che attestano la sua capacità dispositiva e il suo coinvolgimento nelle questioni di potere.
26La scomparsa prematura del figlio ebbe come conseguenza anche un diretto coinvolgimento della regina nelle questioni del Regno di Napoli, non solo per volere di Carlo II, ma anche per diretto desiderio del pontefice. Bonifacio VIII dopo aver nominato in un primo tempo come vicari e baiuli del regno il cardinale legato Landolfo di Sant’Angelo e Filippo d’Angiò, principe di Taranto72, il sovrano si rivolse a lei con una lettera datata 30 agosto 1295. Nella missiva il pontefice ammirava le sue doti politiche “di affabilità, prudenza e circospezione” e pertanto considerava utilius per il regno designare lei sola ad assumere il vicariato e il baliato generale del Regno (te solam dicti regni generalem vicariam et baiulam ordinamus)73. Ancora nel 1302, in occasione di un viaggio di Carlo II presso la curia papale, Maria ricevette nuovamente dal marito la commissio vicariatus et regiminis regni nostri Sicilie74.
27Il suo ruolo politico fu accompagnato anche da un considerevole potere finanziario. Maria disponeva di un consistente patrimonio dotale, di numerose rendite di castelli e di terre, che la regina gestiva per mezzo di un proprio apparato amministrativo, completamente autonomo da quello del marito75. Con il sostegno di numerosi funzionari posti al suo servizio, essa amministrava autonomamente i propri feudi. Probabilmente sono da inquadrare in questo contesto i due documenti dell’agosto 1295: il primo, datato 27 agosto, diretto al giustiziere della Capitanata in difesa di alcuni privilegi acquisiti dall’ordine dei Templari76 e il secondo del 27 agosto, nel quale comunicava ai maestri razionali di aver incaricato Riccardo di San Dioniso del vicariato nella terra di Nocera e stabiliva il compenso a lui dovuto77. Con il suo patrimonio personale la regina pagava le spese per il suo mantenimento e per quello della sua corte, supportava i figli, finanziava l’educazione dei nipoti rimasti orfani e sosteneva le spese per le cerimonie organizzate in rappresentanza del re e della corte78. Molti documenti di Carlo II testimoniano inoltre transazioni di denaro che il sovrano dispose a risarcimento delle spese effettuate da Maria per le necessità del Regno e permettono di ricostruire anche donazioni patrimoniali e rendite a lei devolute79. Cospicue somme furono destinate inoltre dalla regina al finanziamento di fondazioni religiose e per la committenza di opere artistiche legate alla legittimazione e alla rappresentazione del potere. Il complesso monastico di Santa Maria Donna Regina, il poderoso monumento sepolcrale di Maria e il ciclo di affreschi dedicati a Ludovico rappresentano l’esempio sicuramente più significativo delle sue capacità nell’esercizio anche di una reginale Frömmigkeit80. La regina sostenne inoltre gran parte delle spese per la canonizzazione del figlio Ludovico e partecipò con donazioni di denaro anche al finanziamento del processo per il riconoscimento della santità di Tommaso di Aquino81.
28La sovrana mantenne inoltre una fitta comunicazione epistolare con le più grandi corti europee, sia per motivi familiari, sia per la negoziazione di trattati di pace e per la stipula di alleanze matrimoniali. Abbiamo in precedenza già menzionato le trattative per la liberazione dalla prigionia di Carlo II e poi dei figli Roberto, Ludovico e Berengario, in esecuzione dei trattati di Oleron (1286) e Canfranc (1288), alla stipula dei quali la regina Maria di Ungheria ebbe un ruolo di primo piano82. Un’ulteriore negoziazione per il raggiungimento della pace ci è nota tramite il racconto del cronista aragonese Ramón Mountaner. Maria e sua nuora Sancia, sulla base dei legami familiari che stringevano fra loro i principali attori della guerra fra angioini e aragonesi per il controllo della Sicilia, convinsero nel dicembre 1314 Federico re di Trinacria a impedire che l’infante Ferdinando portasse a compimento una nuova campagna militare contro gli angioini. Il re di Trinacria insieme all’infante sottoscrisse la tregua con Roberto e Giacomo II di Maiorca. Secondo il racconto del cronista furono le due regine protagoniste del raggiunto accordo e furono loro a firmare di persona il contratto83. Questo episodio, considerato da molti una narrazione fantasiosa, troverebbe in parte conferma in una lettera di Federico di Trinacria del 1315, nella quale il sovrano siciliano forniva a Giacomo II un riassunto dettagliato delle imprese militari dell’anno precedente e ricordava l’intervento pacificatore di Sancia, che qui tuttavia era menzionata come unica intermediaria84.
29Il significato politico di Maria è ricordato dal pontefice Giovanni XXII nella lettera di condoglianze inviata alla corte in occasione della sua morte. Il papa la definiva come una donna «dalla potente eloquenza, di gloriosa fecondità, di pura castità, di onesta santità e di provata umiltà»85. Come ha ben messo in luce Matthew Clear, mentre fecondità, castità, santità e umiltà rappresentano i tradizionali attributi per definire una regina, salta all’occhio la menzione da parte del pontefice fra le sue doti quella di una potente eloquenza. Si trattava forse, secondo lo stesso Clear, di un riconoscimento del ruolo che ella aveva saputo difendere come attivo membro della casa angioina, capace di agire con autorità, non solo in qualità di moglie e di madre, ma anche come reggente e negoziatrice politica, pronta a promuovere gli interessi della dinastia e a difendere il suo regno86.
30Alla luce di queste considerazioni è possibile meglio inquadrare il ruolo di Sancia nella riforma amministrativa del 1338, da cui sono partita, e di comprendere che il suo intervento non fu affatto occasionale. Come già era avvenuto per Maria, la regina Sancia non solo collaborò attivamente con il sovrano in una serie di interventi congiunti, sia sul piano religioso che su quello della rappresentazione del potere, ma fu anche associata espressamente all’esercizio della sovranità in assenza del re o nei momenti di particolare crisi politica. A partire dal 1325 la regina assunse nelle questioni di governo un ruolo sempre più centrale. In quell’anno a Carlo, duca di Calabria e vicario del Regno87, era stato infatti affidato il comando delle truppe angioine in Sicilia88. Prima della sua partenza, per assicurare il governo del Regno, fu istituito per suo desiderio un consiglio di reggenza, costituito dai suoi più stretti collaboratori e sottoposto in ogni sua deliberazione all’approvazione definitiva di Sancia89. Erano parte del consiglio di reggenza fra Raimondo de Mausaco, cancelliere, consigliere e familiare del duca Carlo90, Bartolomeo da Capua, logoteta e protonotario del Regno91, Errico de Aprano, maestro razionale, Riccardo di Gambatesa92, e Tommaso di San Giorgio, maestro razionale93. Costoro avrebbero dovuto riunirsi due volte alla settimana in casa del cancelliere del Regno per risolvere gli affari più urgenti della cancelleria e con più frequenza nella casa del logoteta, poiché gli affari connessi a questo ufficio erano più complessi94. Tuttavia dopo la morte del figlio primogenito di Roberto, Carlo95, a partire dal 1329 Sancia, in mancanza di un erede al trono, fu sempre più protagonista delle questioni politiche e fu coinvolta direttamente nel governo del Regno96. Si trattava di un ruolo che il pontefice Giovanni XXII, in una lettera di condoglianze, inviata in occasione della morte di Carlo, riconosceva alla regina, raccomandandole, per il bene e la sicurezza del Regno, di assistere e consolare il marito97. Anche dopo la designazione di Giovanna a erede della corona, Sancia continuò ad avere un ruolo decisivo nella sua educazione e in quella della sorella, la principessa Maria, occupandosi di loro come una madre98, come già aveva fatto a suo tempo per Carlo99.
31Come hanno ben mostrato Jean-Paul Boyer, Matthew J. Clear e Mario Gaglione100 il suo impegno attivo come collaboratrice di Roberto e vicaria del Regno è attestato più volte in interventi relativi all’amministrazione, alla gestione, alla rivendicazione di diritti feudali e all’esercizio della giustizia.
32Per quanto riguarda il suo ruolo nelle questioni amministrative, da un documento del 21 novembre 1335 emerge che la regina, almeno a partire da quella data, era coinvolta nelle attività della Magna Curia dei maestri razionali. Barbato da Sulmona101, che era stato durante la campagna fiorentina al seguito di Carlo, duca di Calabria, era attivo come notaio, addetto alla registrazione delle entrate, ed era presso quell’ufficio, sottoposto a Sancia. La stessa funzione era da lui ancora ricoperta nel 1337102. Queste informazioni attestano pertanto un rapporto di Sancia con la Magna Curia dei maestri razionali anche prima della riforma del 1338, che trova la sua giustificazione, come si evince dal documento stesso, nell’assenza del re, impegnato nella organizzazione di una nuova campagna militare in Sicilia. Questo vuoto di potere era pertanto all’origine delle responsabilità attribuite a Sancia nell’intero sistema fiscale, in quegli anni fortemente indebitato. La conferma di Roberto, concessa al documento nel 1339, non intendeva sminuire l’azione della regina e la sua autorità, ma sembra essere parte delle normali procedure, adottate sin dal periodo di Carlo II per molti degli atti emanati dalla curia dei vicari del regno.
33Come attesta il documento descritto in apertura103, Sancia possedeva una dettagliata conoscenza dei meccanismi e dei processi dell’apparato amministrativo contabile e al tempo stesso disponeva di un’adeguata esperienza, ottenuta forse anche grazie alla accurata acribia con la quale gestiva le sue fondazioni monastiche e le loro dotazioni patrimoniali104, tali da permetterle di intervenire in prima persona per migliorare l’intero funzionamento di questo specifico apparato. Come abbiamo visto infatti, un primo e fondamentale aspetto in questa riforma riguardò la riduzione del numero degli ufficiali e i criteri della loro selezione. I funzionari avrebbero dovuto essere scelti non secondo simpatie personali, ma sulla base di parametri oggettivi legati alla loro esperienza, alla loro capacità, alla loro efficienza e alla loro effettiva utilitas. Gli sforzi di Sancia erano pertanto orientati ad una ‘razionalizzazione’ che mirava al raggiungimento di un sistema il più possibile ispirato sul criterio dell’‘efficienza’.
34Un secondo aspetto era rivolto invece alla dettagliata organizzazione dell’archivio, in modo da garantire un perfetto funzionamento privo di intoppi. Nella complessità e nella precisione delle prescrizioni, il testo può essere considerato, come Eugenio Casanova nel 1928 aveva affermato, “uno dei più antichi regolamenti archivistici”105. È necessario considerare che interventi di riorganizzazione dell’Archivio regio erano già in atto sin dal 1333, quando si era proceduto alla sua concentrazione nel palazzo della Zecca presso Sant’Agostino106, in accordo con un ‘trend’ che già si era manifestato in Italia, presso le corti dei signori, ma anche presso altre corti europee107, come ad esempio era avvenuto circa due decenni prima in Aragona108.
35Nel 1336 un’alluvione aveva gravemente danneggiato parte degli archivi ed era pertanto stato necessario intervenire nuovamente ad una riorganizzazione complessiva del sistema. In questo contesto l’intervento amministrativo di Sancia del 1338 può essere ritenuto un modesto, ma pur sempre significativo, contributo da parte di una regina persino nel più generale processo di lenta trasformazione delle strutture amministrative del regno angioino, già messo in luce da Roberto delle Donne, in vista di una lenta burocratizzazione del sistema della cancelleria e dei suoi apparati109.
36Anche Sancia, esattamente come prima di lei le altre regine nel Regnum Siciliae, aveva gestito un cospicuo patrimonio di introiti e di rendite110 ed al tempo stesso possedeva numerose città, castelli e terre appartenenti ai suoi beni dotali e a lei legati da vincoli di subordinazione feudale, entro i quali la regina, grazie a un apparato a lei subordinato e autonomo rispetto a quello del sovrano, era pienamente responsabile in particolare per ciò che concerneva l’esercizio della giustizia. Gli interventi da essa intrapresi erano poi spesso corroborati da privilegi di conferma del sovrano. Nel 1332 ad esempio la città di Potenza, appartenente alla regina, chiedeva al sovrano il riconoscimento di un privilegio già concesso da Sancia, in cui era riconosciuto ai vassalli di poter essere giudicati per qualsiasi reato o causa civile solo dagli ufficiali inviati dalla sovrana111. L’11 agosto 1334 Roberto aveva posto sotto la giurisdizione civile e penale di Sancia la città di Melfi, già dal 1324 travagliata da lotte intestine e di fazione. Per risolvere la complessa situazione politica la regina aveva ricevuto poteri coercitivi112. Il 2 gennaio del 1341 il sovrano incaricava la moglie, affiancata da una speciale commissione, di costringere i baroni ribelli a prestare il servizio legato alla condizione feudale e a versare il denaro dovuto e non pagato l’anno precedente113.
37Intorno a Sancia gravitava pertanto una corte di funzionari e familiares a lei fedeli e separati rispetto a quelli del sovrano114. Dall’analisi di due documenti datati 1343 e 1344 relativi alle disposizioni testamentarie di Sancia, prima del suo ingresso in monastero, Jean Paul Boyer ha recentemente dimostrato che la regina esercitava un potere che, secondo lo studioso francese, «assomigliava a quello di un piccolo Stato nello Stato»115. I suoi ufficiali esercitavano sulle terre sottoposte al suo controllo l’alta giurisdizione con i poteri di merus et mixtus imperius116, esattamente come avveniva nei territori soggetti al sovrano. Nella sostanza il suo apparato amministrativo era perfettamente organizzato e riproduceva il sistema pensato dalla monarchia per la gestione delle periferie del Regno e delle corti dei grandi signori feudali, come è stato recentemente studiato per i principi di Taranto e della famiglia Durazzo117. È possibile pertanto supporre che, almeno in certi momenti, Sancia avesse goduto dell’esistenza di un autonomo apparato di funzionari a lei subordinato, forse quasi equivalente ad una camera reginalis, a giudicare dalla pratica di utilizzare i due sigilli – uno grande per le lettere relative alla giustizia e alle condanne dei reati, per la concessione delle grazie e per le altre questioni relative all’amministrazione, e uno piccolo le questioni finanziarie118. A differenza delle corti dei signori feudali, il funzionamento dell’apparato amministrativo della regina, modellato sull’esempio di quello che era stato un tempo pensato per Carlo, duca di Calabria, pur essendo nella pratica separato da quello del sovrano, era ad esso inestricabilmente collegato. Come ha recentemente affermato Jean Paul Boyer esso si poneva come uno strumento destinato a coadiuvare il potere sovrano: «Sa principauté contribuait à son association au trône en servant Robert». Lo scopo era pertanto quello di «créer un pouvoir auxiliare, dans lequel la monarchie trouvait un coopérateur certain», [qui] «aidait à contrôler l’espace» sino ad intervenire nei meccanismi più complessi dell’amministrazione centrale119 Si trattava nella sostanza della concreta realizzazione della ben funzionante collaborazione fra il sovrano e la regina nell’esercizio del potere, cooperazione che, come abbiamo visto nel caso di Sancia e Roberto, aveva non poco colpito i contemporanei. Ad ulteriore dimostrazione di questa tesi lo studioso francese pubblica, in appendice al suo recente articolo, lo stralcio di un regesto di un giudice maggiore, nel quale sono attestate undici lettere indirizzate al senescalco del Regno fra il 1337 e il 1342, che testimoniano in diverse questioni politiche, amministrative, finanziarie e religiose sia un’attività autonoma della regina nelle questioni di potere (nove litterae reginales), sia la capacità di intervento congiunto dei due sovrani nell’esercizio del governo (due litterae regiae et reginales)120.
38Non mancarono inoltre da parte di Sancia, come già era stato anche nel caso di Maria, operazioni di mediazione nella politica internazionale, in particolare nei rapporti con i regni di Maiorca, di Aragona e di Sicilia per il raggiungimento di compromessi, di trattati di pace121 e nella organizzazione di nuove alleanze matrimoniali122, ma al tempo stesso anche per mantenere positivi rapporti fra la dinastia di Maiorca, a cui Sancia apparteneva, e il regno angioino123. In particolare proprio il settore delle relazioni internazionali e delle trattative di pace fu considerato come uno degli ambiti di competenza propria delle regine anche nel famoso trattato scritto all’inizio del Quattrocento da Christine de Pizan sul potere e l’influenza delle donne124.
39La responsabilità politica della regina e il suo potere di agire nel governo del Regno tuttavia non terminava qui, ma era destinata ad aumentare quando, poco prima della morte, Roberto dispose che Sancia fosse riconosciuta come sua principale esecutrice testamentaria125. Nelle sue ultime volontà, fondandosi sulla reciproca fiducia e sulla mutua cooperazione che avevano caratterizzato la loro relazione coniugale anche nell’esercizio del potere, le affidava il compito di dirigere il Consiglio di reggenza destinato a coadiuvare Giovanna nel governo del Regno, sino al raggiungimento della maggiore età126. L’abilità politica e la stima verso il ruolo svolto dalla regina da parte della giovane nipote sono chiaramente espresse in un atto dell’aprile del 1343 contro gli abusi feudali, nel quale Giovanna dichiarava espressamente di agire rifacendosi al consiglio e all’assenso di Sancia, qui definita Dei gratia Jerusalem et Siciliae regina, con la funzione di mater, administratrix et gubernatrix127.
40Anche le regine angioine, così come le altre consorti dei sovrani in Sicilia, in Aragona, in Castiglia, a Maiorca e in Portogallo, non si limitarono nella loro azione politica a gestire e promuovere una reginale Frömmigkeit, pertinente alla sfera religiosa della celebrazione liturgica e della rappresentazione monumentale della memoria dinastica. Esse furono coinvolte nell’esercizio del potere non solo come consorti e come madri, ma anche come vere attrici politiche. Esse agirono infatti in prima persona come vicarie e luogotenenti sia nel governo, che nell’amministrazione, e si occuparono spesso della gestione delle negoziazioni a difesa del Regno. Come tali esse, spesso avvalendosi di risorse finanziarie reginali, esercitarono, a seconda delle necessità e degli eventi politici, un vero potere (una reginale Herrschaft) e possono essere considerate, di fatto, in quanto collaboratrici, consigliere e ‘companyones’ del sovrano, mächtige Frauen, ossia donne potenti.
Notes de bas de page
1 La regina Sancia era figlia di Gacomo II, re di Maiorca e di Esclaramonda di Foix, cfr. J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu reine de Jérusalem et de Sicile, in MEFRM, 129-2, 2017, p. 1-48, disponible in rete http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/mefrm/3655 (data di consultazione 28 agosto 2018) (colgo qui l’occasione per ringraziare il professor Boyer per avermi concesso la fiducia di leggere questo suo fondamentale articolo in un momento in cui non era ancora stato pubblicato); C. Andenna, “Francescanesimo di corte” e santità francescana a corte. L’esempio di due regine angioine fra XIII e XIV secolo, in G. Andenna, L. Gaffuri, E. Filippini (a cura di), Monasticum regnum. Religione e politica nelle pratiche di governo tra Medioevo ed Età moderna, Münster, 2015 (Vita regularis, 58), p. 139-180; M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Maiorca tra impegno di governo e “attivismo” francescano, in Studi storici. Rivista trimestrale, 49, 2008, p. 931-984; M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Majorca. Da regina di Sicilia e Gerusalemme a monaca di Santa Croce, in Archivio per la storia delle donne, 1, 2004, p. 27-54; M. Greiner, La piété de Jacques de Majorque et les ordres mendiants: une tradition revisitée, in Société Agricole Scientifique et Littéraire des Pyrénées-Orientales, 108, 2001, p. 33-115; M. J. Clear, Piety and Patronage in the Mediterranean: Sancia of Majorca (1286-1345), Queen of Sicily, Provence and Jerusalem, testi di dottorato, University of Sussex, 2000.
2 L’ufficio dei maestri razionali era stato introdotto nel Regnum Siciliae durante il regno di Federico II e si era poi stabilizzato sotto Manfredi e ulteriormente sviluppato durante il regime di Carlo I. Solo con Carlo II nel 1294 furono definiti con precisione i compiti di questi importanti ufficiali regi, affidando loro la completa gestione delle entrate e di tutti gli aspetti fiscali della corona. Sui maestri razionali e i loro compiti, si veda anche A. Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II. von Anjou (1278-1295): das Königreich Neapel, die Grafschaft Provence und der Mittelmeerraum zu Ausgang des 13. Jahrhunderts, Husum, 1999 (Historische Studien 451), p. 424-428. Un parallelo sviluppo ebbe questo ufficio anche nel Regno d’Aragona, dove l’introduzione del sistema dei maestri razionali risale alla fine del secolo XIII; cfr. T. Montagut Estragués (a cura di), El Mestre Racional a la Corona d'Aragó: (1283-1419), 2 vol., Barcelona, 1987. Per l’organizzazione del loro archivio in Aragona, cfr. R. Conde y Delgado de Molina, Reyes y archivos de la Corona de Aragón. Siete siglos de reglamentación y praxis archivística (siglos XII-XIX) (Fuentes históricas aragonesas, 44), Saragozza, 2008, p. 83-87.
3 Il documento è noto grazie a E. Casanova, Archivistica, Siena, 19282, p. 344-345 ed è commentato da B. Capasso, Gli archivi e gli studii paleografici e diplomatici nelle provincie napolitane fino al 1818, Napoli, 1885, p. 20-24, alla nota 7, dove è contenuta una trascrizione del testo. Sul significato del documento accenna brevemente anche N. Jornet Benito, Sança of Majorca, queen of Naples: monastic foundation within a project of genealogical awareness and franciscan spirituality, in B. Garí de Aguilera (a cura di), Women’s networks of spiritual promotion in the peninsular kingdoms (13th-16th centuries), Roma, 2013 (Ircum-Medieval cultures, 2), p. 130.
4 E. Casanova, Archivistica, p. 335-338; L. Bianchini, Storia delle finanze delle due Sicilie, ried. a cura di L. De Rosa, Napoli, 1971, p. 132-133 e R. Delle Donne, Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo. La Camera della Sommaria e il Repertorium alphabeticum solutionum fiscalium Regni Siciliae Cisfretanae, Firenze, 2012, p. 48. Sulla storia complessiva dell’Archivio angioino, rimando anche a S. Palmieri, Degli Archivi napoletani. Storia e tradizione, Napoli, 2002, p. 249-252.
5 B. Capasso, Gli archivi e gli studii paleografici e diplomatici nelle provincie napolitane fino al 1818, Napoli, 1885, p. 21: […] circa reformacionem status et vestri officii racionum in quibus erat multiplicata gens sed non magnificata leticia que non solum utilis sed necessaria plurimum noscebatur diebus lapsis pluribus non absque labore mentis et corporis meditantes demum Reformacionem ipsam de certa scientia domini regis et cum magna deliberacione consilii fieri providimus […].
6 Egidius Romanus, De regimine principum, Libri III recogniti et una cum vita auctoris in lucem editi per Fratrem Hyeronimum Samaritanium, Roma 1607 (Ristampa anastatica, Aalen 1967), Liber II, Pars III, pp. 387-388. Sulla organizzazione dell’intero sistema amministrativo angioino rimando al volume R. Rao (a cura di), Les grands officiers dans les territoires angevins / I grandi ufficiali nei territori angioini, Rome 2016 (Collection de l'École française de Rome, 518), in particolare alle riflessioni conclusive di J.-P. Boyer, Conclusion. Définir une haute administration au Moyen Âge tardif, p. 321-373.
7 Cfr. G. Drossbach, G. Kerscher (a cura di), Utilidad y decoro: Zeremoniell und symbolische Kommunikation in den “Leges Palatinae” König Jacobs III. von Mallorca (1337), Wiesbaden, 2013 (Trierer Beiträge zu den historischen Kulturwissenschaften, 6).
8 In particolare L. Tudela Villalonga, La organización de la corte en época de Jaime III según las ‘Leyes Palatinas’, in Drossbach, G. Kerscher (a cura di), Utilidad y decoro, p. 29-42.
9 Ma E. Varela-Rodríguez e N. Jornet Benito, Las ideas del cuerpo y buen gobierno e el ‘Prólogo de las Leges Palatinae’, in Ibid., p. 55-65, in particolare p. 56.
10 Antonio di Noto era menzionato in un documento del 21 aprile 1331 nella funzione di camerario di re Roberto a Roma, nello stesso documento egli era definito anche archivario del regio Archivio, con buona probabilità occupava già tale ruolo prima della riforma di Sancia; C. Minieri Riccio, Genealogia di Carlo II re di Napoli, Bologna, 1882, p. 676.
11 Sull’origine e lo sviluppo, dall’età angioina al suo pieno compimento in età aragonese, della Camera della Sommaria come organo amministrativo e consultivo, incaricato di seguire l’intero sistema fiscale regio, rimando a R. Delle Donne, Burocrazia e fisco a Napoli, p. 37-135.
12 B. Capasso, Gli archivi, p. 20-24 e Casanova, Archivistica, p. 344-345.
13 B. Capasso, Gli archivi, p. 24; sull’uso dei signa, dei sigilli e delle firme presso le regine aragonesi, cfr. R. Conde y Delgado de Molina, Signos, sellos y firmas de las reinas de Aragón, Acta historica et archaeologica mediaevalia, 25 (2003), p. 925-948.
14 B. Capasso, Gli archivi, p. 24.
15 E. Casanova, Archivistica, p. 346-347, con parziale edizione del documento e B. Capasso, Gli archivi, p. 23-24. Simili disposizioni furono prescritte anche in Aragona nelle Ordinacions di Pietro IV il Cerimonioso, R. Conde y Delgado de Molina, Los Archivos Reales, p. 128 e Ordinacions de la Casa i Cort de Pere el Cerimoniós, ed. F. M. Gimeno Blay, D. Gozalbo Gimeno, J. Trenchs I Odena, Valencia, 2009, 53, p. 126.
16 E. Casanova, Archivistica, p. 347 e B. Capasso, Gli archivi, p. 24, ma anche N. Jornet Benito, Sança of Majorca, queen of Naples, p. 130.
17 Su Giovanna I, si veda É. G. Léonard, Histoire de Jeanne Ier, reine de Naples, comtesse de Provence, 1343-1382, 2 vol., Monaco-Parigi, 1932-1936; la voce di A. Kiesewetter, Voce Giovanna I d'Angiò, regina di Sicilia, in Dizionario biografico degli Italiani (DBI), 55, Roma, 2001, p. 455-477 e M. Gaglione, Donne e potere a Napoli. Le sovrane angioine: consorti, vicarie, regnanti (1266-1442), Soveria Mannelli, 2009, p. 175-292.
18 The cronaca di Partenope: an introduction to and critical edition of the first vernacular history of Naples (c. 1350), ed.. S. L. Kelly, Leida, 2011 (The medieval Mediterranean, 89).
19 The cronaca di Partenope, p. 276-279, qui p. 275: «Al quale re Karolo sighondo socciese in del dominio et ghovernacion dil regnio Roberto suo figliuolo terzogenito, huomo extrenuo di cavallaria et gran sciensa dal principio di la soa gioventu e p. 277: Fo anche il re Roberto hu(o)mo catholico et pietoso, il quale molto frequentava e vigitava le cchiese e gli officii divini et molto aumentò il colto divino faciendo et componendo sermoni per la soa sciensa la quale avia. Era sollicito di odire le prediche et ogni paruola di i facti di Dio. […] Anche fe fare magiore et crescere gli edifici dil Castel Nuovo, et fevi hedificare et pengiere una cappella la quale è forse la piu bella che sia ogi nel mondo per remission di i peccati dil decto suo figliuolo duca di Calabria. Fe anche edificare il Castello di Sancto Heramo. Et in dil suo dominio meritò e fe molti signiori in grandi officii et signorie […]».
20 The cronaca di Partenope, p. 277-279, qui p. 277: «Eciamdio, Dio operante et sollicitante, fe hedificare la inclita et catholica dompna madamma Sansia di Magiorica regina e soa mogli i soscrepti monasteri, cio è: il nobil monastero dil Santo Corpo di Xpo di gli ordine di santa Chiara. Il monastero di Santa Maria Egipciaca, il monastero di Santa Crocie di Napoli chon convento di frati minori et di reriligiose monache. I quay frati minori et monache pre i renditi et borghesatichi bona vita conducieno. Et fe fare un altro monastero di quesso ordine il qual se chiama puro Santa Chiara ala cita di Acx im Provensa. Fe fare anche un altro monastero in Jerusalem il qual se chiama Santa Maria di Monte Scion. Al quale monastero di Santa Croce di Napoli è sepellito il corpo di la dicta regina Sansia».
21 F. Eximenis, Scala Dei: devocionari de la reina Maria, ed. C. J. Wittlin, Montserrat, 1985, p. 18, il testo è citato in traduzione da M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor: profili di sovrani angioini, da Carlo I a Renato (1266-1442), Milano, 2009, p. 327-328.
22 Cfr. M. J. Clear, Piety and Patronage in the Mediterranean: Sancia of Majorca (1286-1345), Queen of Sicily, Provence and Jerusalem, tesi di dottorato, University of Sussex, 2000, p. 324, ma anche N. Silleras-Fernandez, Chariots of Ladies. Francesc Eiximenis and the court culture of medieval and early modern Iberia, Ithaca-Londra, 2015, p. 113-117 e 130-137.
23 N. Silleras-Fernandez, Chariots of Ladies, p. 130-137. Quello della moglie come veicolo per la ‘moralizzazione’ dei comportamenti del marito è motivo già presente all’inizio del secolo XIII. Thomas Chobham aveva incoraggiato i sacerdoti a far leva sulla capacità delle donne di raggiungere il cuore dei loro mariti, esercitando su di essi un’influenza determinante per il miglioramento dei costumi e della loro azione politica, cfr. S. Farmer, Persuasive Voices: Clerical Images of Medieval Wifes, in Speculum, 861, 1986, p. 517-543, qui p. 517.
24 F. Eiximenis, Los libre de les dones, ed. F. Naccarato, Barcellona, 1981, p. 90-92, cfr. M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 324 e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 328-331, che riporta una traduzione italiana del testo catalano. A questo proposito si veda anche N. Silleras-Fernandez, Chariots of Ladies, p. 44-46.
25 Ordinacions de la Casa i Cort de Pere, 2009, II, 2, p. 266: «Scrit es en la sancta Scriptura que apres lotes les coses creades Déu omnipotent creà l’om, e veent que l’hom tot sol no era profitós dix: ‘No és bo hom ésser sol façam a ell ell ajutori semblant a ell’ [Gen 2, 18]. Perquè apar per la paraula demunt al·legada e per les següents en ço que diu: ‘Façam a ell ajutori semblant a ell’ [Gen 2, 18], que Déu donà Eva a Adam per companyona, majorment con fo formada de la costella del costat de Adam segons que en la Sancta Scriptura és demostrat per les paraules següents: ‘E con hagués dormit, pres una de les costelles d’aquell e umplí-la de carn, e nostro senyor Déu hedifi cà la costella que havia presa de Adam en fembra, e amenà-la a Adam’ [Gen 2, 23]. E axí apar que Eva fon dada a Adam per companyona, cor del mig loch del cors de l’hom fo presa e formada, e no de les parts jussanes, a dar entendra que no fos súbdita a l’hom, ne axí mateix fo presa o formada de les parts sobiranes, per tal que no fos entés ella ésser sobirana a l’hom. Donchs convé que axí con Nostre Senyor Déu deputà e ordonà per companyona Eva a Adam, que les reynes d’Aragó compayones sien dels reys d’Aragó, e d’aquelles gràcies spirituals, honors e prerogatives que sancta mara Esgleya los reys d’Aragó han insignits se alegren». Su questo passo si veda anche N. Silleras-Fernández, Creada a su imagen y semajanza: La coronación de la Reina de Aragón según las Ordenaciones de Pedro el Ceremonioso, in Lusitania sacra, 31, 2015, p. 113 e p. 125 e N. Jaspert, Indirekte und direkte Macht iberischer Königinnen im Mittelalter. „Reginale“ Herrschaft, Verwaltung und Frömmigkeit, in C. Zey (a cura di), Mächtige Frauen?: Königinnen und Fürstinnen im europäischen Mittelalter (11.-14. Jahrhundert), Ostfildern, 2015 (Vorträge und Forschungen, 81), p. 83.
26 N. Silleras-Fernández, Creada a su imagen, p. 124.
27 Lupo de Spechio, Summa dei re di Napoli e Sicilia e dei re d’Aragona, ed. critica A. M. Compagna Perrone Capano, Napoli, 1990 (Romanica Neapolitana, 26), p. 84.
28 J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 19.
29 Jean Paul Boyer fa notare che nelle cerimonie di incoronazione, a differenza delle prescrizioni presenti negli ordo coronationis imperiali, le regine angioine nel Regno di Sicilia non furono solo incoronate, ma secondo un’usanza della tradizione francese erano anche unte. Nel caso di Sancia inoltre ella poté ricevere, insieme a Roberto, la comunione secondo le due specie e con il marito partecipò alla cavalcata che concludeva la cerimonia, J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 19.
30 Per un esempio relativo alla collaborazione sul piano delle iniziative religiose, cfr. C. Andenna, “Franziskanische” Frauenklöster als Orte dynastischer Selbstrepräsentation und “reginaler” Handlungsspielräume. Eine Fallstudie am Beispiel der Kapetinger in Frankreich und der Anjou in Süditalien (ca. 1250-ca. 1350), in S. Hirbodian, E. Schlotheuber (a cura di), Zwischen Klausur und Welt. Autonomie und Interaktion spätmittelalterlicher geistlicher Frauengemeinschaften (Reichenau, 10.-13.10.2017), in corso di stampa. In relazione alla coppia regale come „Arbeitspaar“, rimando a R. Averkorn, Das Arbeitspaar als Regelfall: Hochadlige Frauen in den Außenbeziehungen iberischer Frontier-Gesellschaften des Spätmittelalters, in C. Bastian (a cura di), Das Geschlecht der Diplomatie. Geschlechterrollen in den Außenbeziehungen vom Spätmittelalter bis zum 20. Jahrhundert (Externa 5), Colonia-Weimar-Vienna, 2014, p. 16-26.
31 T. Earenfight, Absent Kings: Queens as Political Partners in the Medieval Crown of Aragon, in T. Earenfight (a cura di), Queenship and political power in medieval and early modern Spain, Aldershot, 2005 (Women and gender in the early modern world), p. 33-49 e T. Earenfight, Without the Persona of the Prince: Kings, Queens and the Idea of Monarchy in Late Medieval Europe, in Gender & History, 19, 2007, p. 1-21.
32 N. Silleras-Fernández, Reginalitat a l’Edat Mitjana hispànica: concepte historiogràfic per a una realitat històrica, in Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 50, 2005, p. 121-142 e N. Silleras-Fernández, Queenship en la Corona de Aragón en la Baja Edad Media: estudio y propuesta terminológica, in La Corónica: A journal of Medieval Hispanic Languages, literatures and Cultures, 32, 2003, p. 119-133.
33 A. Echevarría Arsuaga, N. Jaspert, Introducción. El ejercicio del poder de las reinas ibéricas en la Edad Media, Introduction. The power of Iberian queens in the middle ages, in Anuario de estudios medievales, 46, 2016, p. 3-33; C. Zey (a cura di), Mächtige Frauen?: Königinnen und Fürstinnen im europäischen Mittelalter (11.-14. Jahrhundert), Ostfildern, 2015 (Vorträge und Forschungen, 81); T. Earenfight (a cura di), Queenship in medieval Europe, Basingstoke Hampshire, 2013; E. C. Woodacre (a cura di), Queenship in the Mediterranean: negotiating the role of the queen in the medieval and early modern eras, New York, 2013; N. Silleras-Fernández, Reginalitat a l’Edat Mitjana hispànica: concepte historiogràfic per a una realitat històrica, in Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 50, 2005, p. 121-142; J. Rogge (a cura di), Fürstin und Fürst. Familienbeziehungen und Handlungsmöglichkeiten von hochadligen Frauen im Mittelalter, Stoccarda, 2004 (Mittelalter-Forschungen, 15); M. Faure (a cura di), Reines et princesses au Moyen Âge, Actes du cinquième colloque international de Montpellier (Université Paul-Valéry 24-27 novembre 1999), 2 vol., Montpellier, 2001 (Les cahiers du CRISIMA, 5); A. Fößel, Die Königin im mittelalterlichen Reich. Herrschaftsausübung, Herrschaftsrechte, Handlungsspielräume, Stuttgart, 2000 (Mittelalter-Forschungen, 4) e A. Duggan (a cura di) Queen and Queenship in medieval Europe, Woodbrige, 1997.
34 S. Cernadas Martínez, M. García-Fernández (a cura di), Reginae Iberiae: el poder regio femenino en los reinos medievales peninsulares, Santiago de Compostela, 2015; Averkorn, Das Arbeitspaar als Regelfall , p. 16-26; T. Earenfight, Without the Persona of the Prince, p. 19; E. L., Jordan, Women, Power, and Religious Patronage in the Middle Ages, New York, 2006, p. 61-85; A. Fößel, Die Königin im mittelalterlichen Reich, p. 383. Sul ruolo delle regine regnanti secondo un proprio diritto di successione si veda per il Regno di Navarra la bella monografia di E. Woodacre, The Queens Regnant of Navarre Succession, Politics, and Partnership, 1274-1512, Basingstoke Hampshire, 2013.
35 Sulla complessità del concetto di corte medievale, si veda la ben nota definizione di Walter Map: “in curia sum, et de curia loquor, et nescio, Deus scit, quid sit curia (W. Map, De nugis curialium. Courtiers” trifles, ed. M. R. James, revised by C. N. L. Brooke, R. A. B. Mynors, Oxford 1983, p. 2), cfr. O. Auge, K.-H. Spiess, Hof und Herrscher, in W. Paravicini (a cura di), Höfe und Residenzen im spätmittelalterlichen Reich. Bilder und Begriffe, bearb. von J. Hirschbiegel, J. Wettlaufer (Residenzenforschung, 15/2, Teilbd. 1), Ostfildern, 2005, p. 3-16.
36 C. Leyser, L. J. Smith (a cura di), Motherhood, religion, and society in medieval Europe, 400-1400: essays presented to Henrietta Leyser, Farnham, 2011; J. C. Parson, The Pregnant Queen as Counsellor and the Medieval Construction of Motherhood, in J. C. Parsons, B. Wheeler (a cura di), Medieval Mothering, New York-Londra, 1996, p. 39-61.
37 N. Silleras-Fernández, Queenship en la Corona de Aragón en la Baja Edad Media: estudio y propuesta terminológica, in La Corónica: A journal of Medieval Hispanic Languages, literatures and Cultures, 32, 2003, p. 119-133; N. Silleras-Fernández, Reginalitat a l’Edat Mitjana hispànica: concepte historiogràfic per a una realitat històrica, in Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 50, 2005, p. 121-142 e A. Echevarría Arsuaga, N. Jaspert, Introducción. El ejercicio del poder de las reinas ibéricas en la Edad Media, Introduction. The power of Iberian queens in the middle ages, in Anuario de estudios medievales, 46, 2016, p. 3-33.
38 M. Pallares Méndez, E. Portela, La reina Urraca, Madrid, 2006 (Serie Media, 21).
39 J. Bianchini, The Queen’s hand: power and authority in the reign of Berenguela of Castile, Philadelphia, 2012 e M. Shadis, Berenguela of Castile (1180-1246) and political women in the High Middle Ages, New York, 2009.
40 N. Jaspert, Indirekte und direkte, p. 73-130.
41 A. Fößel, The queen’s wealth in the middle ages, in Majestas, 13, 2005, p. 23-45 e per il ben documentato caso di Eleonora di Sicilia, regina d’Aragona, cfr. S. Roebert, […] que nos tenemus a dicto domino rege pro camera assignata. The development, administration and significance of the queenly estate of Elionor of Sicily (1349-1375), in Anuario de Estudios Medievales, 46-1, 2016, p. 231-268. A proposito delle regine altomedievali, si veda T. Lazzari (a cura di), Il patrimonio delle regine: beni del fisco e politica regia fra IX e X secolo, in Reti Medievali, 13-2, 2012, p. 121-298.
42 N. Jaspert, Indirekte und direkte, p. 110-123.
43 N. Jaspert, Indirekte und direkte, p. 123-124.
44 Cfr. N. Jaspert, Indirekte und direkte, p. 110-123. Per il mondo iberico una serie di contributi hanno messo a fuoco la stretta relazione fra la vita religiosa e le regine, cfr. R. Averkorn, Adelige Frauen und Mendikanten im Spannungsfeld zwischen Macht und Religion: Studien zur Iberischen Halbinsel im Spätmittelalter, in C. A. Rabassa Vaquer, R. Stepper (a cura di), Imperios sacros monarquías divinas. Heilige Herrscher, göttliche Monarchien. Primer Coloquio Internacioanal del Grupo Europeo de Investigación Histórica 'Religión, Poder y Monarquía (Castello de la Plana, Vinaròs [España], 19-21 de noviembre de 2001), Castelló de la Plana, 2002 (Collecció Humanitats, 10), p. 219-268 e N. Jaspert, El perfil trascendental de los reyes aragoneses, siglos XIII al XV: santitad, franciscanismo y profecías, in J. A. Sesma Muñoz (a cura di), La Corona de Aragón en el centro de su historia, 1208-1458. La Monarquía aragonesa y los reinos de la Corona (Zaragoza y Monzón 1- 4 de diciembre de 2008), Huesca, 2010 (Colleción Actas, 74), p. 185-219; in particolare per la Castiglia, M. Graña Cid, Reinas, infantas y damas de corte en el origen de las monjas mendicantes castellanas (c. 1222-1316). Matronazgo espiritual y movimiento religioso femenino, in B. Garí (a cura di), Redes femeninas de promoción espiritual en los Reinos Peninsulares (s. XIII-XVI) (IRCVM Medieval Cultures, 1), Roma, 2013, p. 21-43; per il Portogallo, A. M. S. A. Rodrigues, Espiritualidade e patrocínio religioso na Coroa Portuguesa no século XV: reis, rainhas e infantes, in B. Garí (a cura di), Redes femeninas, p. 203-218; per l’Aragona, in particolare il caso di Elisenda de Montcada, A. Castellano i Tresserra, La reina Elisenda de Montcada i el monestir de Pedralbes. Un model de promoció espiritual femenina al segle XIV, in B. Garí (a cura di), Redes femeninas, p. 109-130 e su Eleonora di Sicilia, S. Roebert, Leonor de Sicilia y Santa Clara de Teruel: La fundación reginal de un convento de clarisas y su primer desarrollo, in Anuario de Estudios Medievales, 44-1, 2014, p. 141-178 e S. Roebert, Idcirco ad instar illius Zerobabell templum Domini rehedifficantis. La politica monastica di Eleonora di Sicilia, in Edad Media, 18, 2017, p. 49-74.
45 C. A. Bruzelius, Queen Sancia of Mallorca and the convent church of Sta. Chiara in Naples, in Memoirs of the American Academy in Rome, 40, 1995, p. 69-100.
46 M. Gaglione, Dai primordi del francescanesimo femminile a Napoli fino agli Statuti per il monastero di S. Chiara, in F. Aceto, S. D’Ovidio, E. Scirocco (a cura di), La Chiesa e il Convento di Santa Chiara: committenza artistica, vita religiosa e progettualità politica nella Napoli di Roberto d’Angiò e Sancia di Maiorca, Battipaglia, 2014 (Quaderni, 6), p. 27-128; M. Gaglione, Francescanesimo femminile a Napoli: dagli statuti per il monastero di Santa Chiara (1321) all’adozione della prima regola per santa Croce di Palazzo, in Frate Francesco, 79, 2013, p. 29-95; M. Gaglione, Sancia di Maiorca e la dotazione del monastero di S. Chiara in Napoli nel 1342, in Rassegna storica salernitana, ns 27, 53, 2010, p. 149-187; M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Maiorca. Da regina, p. 27-54.
47 R. Di Meglio, Gli Ordini mendicanti nella Napoli dei secoli XIII-XV, Roma, 2015, p. 31-100 e R. Di Meglio, Istanze religiose e progettualità politica nella Napoli angioina. Il monastero di S. Chiara, in F. Aceto, S. D’Ovidio, E. Scirocco (a cura di), La Chiesa e il Convento di Santa Chiara, p. 7-26.
48 P. Vitolo, Imprese artistiche e modelli di regalità al femminile nella Napoli della prima età angioina, in Archivio storico per le province napoletane, 126 (2008), p. 1-54, poi ripubblicato in P. Mainoni (a cura di), Con animo virile. Donne e potere nel Mezzogiorno medievale, secoli XI-XV, Roma, 2010 (I libri di Viella, 104), p. 263-318 e P. Vitolo, La chiesa della regina: l’Incoronata di Napoli, Giovanna I d’Angiò e Roberto di Oderisio, Roma, 2008.
49 C. Andenna, ‘Secundum regulam datam sororibus ordinis sancti Damiani’. Sancia e Aquilina: due esperimenti di ritorno alle origini alla corte di Napoli nel XIV secolo, in M. Robson, J. Röhrkasten (a cura di), Franciscan Organisation in the Mendicant Context. Formal and informal structures of the friars’ lives and ministry in the Middle Ages, Berlino, 2010, S. 139-178; C. Andenna, Zwischen Kloster und Welt. Deutungen eines weiblichen franziskanischen Lebens im 14. Jahrhundert am Beispiel Sanchas von Neapel, in L. Steindorff, O. Auge (a cura di), Monastische Kultur als transkonfessionelles Phänomen: Beiträge einer deutsch-russischen interdisziplinären Tagung in Vladimir und Suzdal', Berlino, 2016 (Veröffentlichungen des Deutschen Historischen Instituts Moskau, 4), p. 145-160; C. Andenna, “Francescanesimo di corte”, p. 139-178 e Cristina Andenna, “Franziskanische” Frauenklöster, in corso di stampa.
50 J. Dunbabin, The household and entourage of Charles I of Anjou, king of the Regno 1266-1285, in Historical research, 77, 2004, p. 322; M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 167, nota 161. Sul patrimonio dotale delle regine francesi e la sua gestione, si veda ora J.-M. Cazilhac, Le douaire des reines de France à la fin du Moyen Âge, Parigi, 2017.
51 T. Pécout, Celle par qui tout advint: Béatrice de Provence, comtesse de Provence, de Forcalquier et d’Anjou, reine de Sicile (1245-1267), in MEFRM, 129-2, 2017, p. 265-282, disponible in rete http://0-journals-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/mefrm/3655 (data di consultazione 28 agosto 2018) (colgo qui l’occasione per ringraziare Thierry Pécout per avermi concesso la fiducia di leggere questo suo fondamentale articolo in un momento in cui non era ancora stato pubblicato); M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 103- 106; M. Gaglione, Donne e potere a Napoli, p. 59-66; I. Walter, Beatrice di Provenza, in DBI, Roma, 1965, vol. 7, p. 367-369.
52 M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 107-117; M. Gaglione, Donne e potere a Napoli, p. 66-72; M. P. Lillich, The queen of Sicily and gothic stained glass in Mussy and Tonnerre, Philadelphia, 1998.
53 Bartholomaei de Neocastro Historia Sicula (1250-1293), a cura di G. Paladino, Bologna, 1921-1922, p. 58-59 e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 115-117.
54 Et attende hic de dicto rege, quantum facit ad gubernationem regni bona uxor, et quantum nocet mala, sicut apparet in Jezabel uxore Achab. Quanto enim tempore vixit prima uxor [quae filia fuit comitis Raymundi, unde et comitatum habuit Provinciae] regnum bene gubernabatur. Sed ipsa mortua, accepit Rex unam juvenculam, quae de regimine non curabat, licet alia non esset mala; et tunc Regnum propter malos officiales sui in justitia dissipatum, cfr. J. M. Blythe, The worldview and thought of Tolomeo Fiadoni (Ptoplemy of Lucca), Turnhout, 2009 (Disputatio, 22), p. 53, citazione nota 63.
55 M. J. Clear, Maria of Hungary as a Queen, patron and exemplar, in J. Elliott and C. Warr (a cura di), The Church of Santa Maria Donna Regina. Art, Iconography, and Patronage in Fourteenth-Century Naples, Londra, 2004, p. 45-60 e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 150-182 e M. Gaglione, Donne e potere a Napoli, p. 73-103.
56 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 46 e M. Gaglione, Donne e potere a Napoli, p. 77. Sulla reggenza di Roberto di Artois e del cardinale, cfr. Andreas Kiesewetter, Die Regentschaft des Kardinallegaten Gerhard von Parma und Roberts II. von Artois im Königreich Neapel 1285-1289, in K. Borchardt, E. Bünz (a cura di), Forschungen zur Reichs-, Papst- und Landesgeschichte. vol. 1, Stoccarda 1998, p. 477-523 e ora anche P. Silanos, Gerardo Bianchi da Parma (m. 1302): la biografia di un cardinale legato trecentesco, Roma, 2010, p. 201-254.
57 La lettera è datata 3 aprile 1286; cfr. T. Pécout, Des lieutenances en Provence, 1278-1328, in R. Alaggio, J.-M. Martin, in Quei maledetti Normanni. Studi offerti a Errico Cuozzo per i suoi settant’anni da colleghi, allievi, amici, 2 vol., Napoli, 2016, p. 812, nota 49 e M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 46.
58 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 46.
59 Ibid. e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 29
60 Questa informazione si ottiene da una lettera da Marsiglia composta il 13 giugno del 1291, cfr. M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 57, nota 11.
61 C. Minieri Riccio, Genealogia di Carlo II re di Napoli, Bologna, 1882, p. 22 e M. Schipa, Carlo Martello, in Archivio storico delle province napolitane, 15, 1890, p. 5-125, p. 10-11, cfr. M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 50 e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 155. Sulla complessa vicenda relativa al regno di Ungheria, si veda anche A. Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II. von Anjou (1278-1295): das Königreich Neapel, die Grafschaft Provence und der Mittelmeerraum zu Ausgang des 13. Jahrhunderts, Husum, 1999 (Historische Studien, 451), p. 371-383.
62 Carlo Martello, nato intorno al 1271, fu designato nel giugno del 1284 da Carlo I come coerede della corona del regno di Sicilia insieme al padre, Carlo, principe di Salerno. Egli tuttavia non partecipò fino al settembre del 1290 alle attività di governo, quando fu investito del vicariato del regno, affiancato da Roberto di Artois. Dopo l’incoronazione di Carlo II egli era stato investito principe di Salerno e signore dell’Onore di Monte Sant’Angelo. Il suo primo intervento come vicario del Regno è attestato dagli statuti del 5 luglio 1290. Il 16 febbraio del 1294 egli aveva riconsegnato il potere al padre, rientrato dalla Toscana. A partire da quella data assistè il padre regolarmente nelle questioni di governo, accompagnandolo ufficialmente in numerose occasioni. Dopo la partenza di Carlo II per l’Aragona, dal 12 febbraio del 1295 Carlo Martello fu nominato vicario generale del regno, la morte lo colse tuttavia alcuni mesi dopo, il 5 agosto del 1295. Su di lui si veda M. Schipa, Carlo Martello, in Archivio storico delle province napolitane, 14, 1889, p. 17-33; 204-264 e 432-434; 15, 1890, p. 5-125 e T. Pécout, Des lieutenances en Provence, p. 799-800, nota 1.
63 C. Minieri Riccio, Genealogia di Carlo II re di Napoli, Bologna, 1882, p. 22-23 e M. Schipa, Carlo Martello, 1890, p. 30, cfr. M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 50-51; M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 155-156 e A. Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II. , p. 375.
64 M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 156, si veda nota 151 e A. Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II, p. 375.
65 M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 156, ma anche A. Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II., p. 375-376.
66 M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 156-158.
67 C. Minieri Riccio, Genealogia di Carlo II re di Napoli, Bologna, 1882, p. 27 e in dettaglio M. Schipa, Carlo Martello, in Archivio storico delle province napolitane, 14, 1889, p. 17-33; 204-264 e 432-434; 15, 1890, p. 5-125.
68 RCA 35, p. 284, N. 28 e M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 46.
69 Ibid.
70 M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 158-159.
71 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 50.
72 G. Digard, M. Faucon, A. Thomas e R. Fawtier (a cura di), Les registres de Boniface VIII (1294-1303). Recueil des bulles de ce pape, 4 vol., Parigi 1884-1939, vol. 1, col. 274, doc. 814; cfr. A. Kiesewetter, Die Anfänge, p. 402.
73 G. Digard, M. Faucon, A. Thomas e R. Fawtier, (a cura di) Les registres de Boniface VIII, vol. 1, p. 278, docc. 823-824; una trascrizione si trova in M. Schipa, Carlo Martello, in Archivio storico delle province napolitane, 15, 1890, p. 122, doc. 4: si tu, quam gratiarum omnium elargitor regalium elegantia morum, affabilitatis, prudentiae, ac circumspectionis multae virtutibus decoravit, per quas gratam acceptamque redderis plurimum incolis memoratis vicariatus, et baiulatus huiusmodi regimen exerceres; de praedictorum fratrum consilio, et eiusdem plenitudine potestatis te solam dicti regni generalem vicariam et baiulam ordinamus […]; cfr. anche A. Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II., p. 404, in particolare nota 3.
74 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 46 e 50, in particolare nota 14.
75 Oltre alle rendite provenienti dai castelli a lei soggetti, Maria riceveva anche un assegno di 3000 once d’oro sulla dogana di Napoli, si veda R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, 2 vol., Firenze, 1922-1930, vol. 1, p. 641.
76 A. de Aprea, Syllabus membranarum ad regiae siclae archivium pertinentium, vol. 2, Napoli, 1832, p. 159-160, doc. 8, si trattava della difesa dei diritti di frate Giacomo, maestro dei Templari, sul monastero di San Benedetto di Torre Maggiore.
77 A. de Aprea, Syllabus membranarum, p. 160, doc. 9.
78 Ad esempio sono da ricordare in questo contesto i due documenti del 1297; A. de Aprea, Syllabus membranarum, p. 185, si tratta di un atto dell’11 giugno in cui Maria dichiarava di aver ricevuto dal giustiziere dell’Abruzzo 200 oncie per le spese del suo hospitium e p. 189, un atto del 28 giugno in cui Maria chiedeva a Enrico de Hervilla, secreto della Puglia, che fosse pagata con la debita somma di denaro la nutrice di suo figlio Ludovico. Si veda anche M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 46 e 49.
79 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 49 e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 165-168.
80 Rimando a questo proposito al volume miscellaneo dedicato al monastero di Santa Maria Donna Regina di J. Elliott, C. Warr (a cura di), The Church of Santa Maria Donna Regina, ma soprattutto i contributi di S. Kelly, Religious patronage and royal propaganda in Angevin Naples; M. J. Clear, Maria of Hungary e T. Michalsky, Mater Serenissimi Principis: the tomb of Mary of Hungary, nello stesso volume, p. 27-43; 45-60; 61-77; cfr. inoltre M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 170-182 e sulla politica religiosa nei confronti dei monasteri clariani, C. Andenna, “Francescanesimo di corte”, p. 147-156.
81 M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 168. Sulla canonizzazione di Tommaso d’Aquino, si veda G. Signori, Thomas von Aquin oder die Schwierigkeiten, aus einem Intellektuellen einen Heiligen zu machen, in corso di pubblicazione.
82 Per le complesse trattative in risoluzione della guerra del Vespro rimando alla accurata trattazione di A. Kiesewetter, Die Anfänge der Regierung König Karls II. , p. 160-240.
83 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 49 e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 162-163. Il testo si trova in Cronache catalane del secolo XIII e XIV: una di Raimondo Muntaner, l’altra di Bernardo d’Esclot, Firenze, 1844, trad. it. a cura di F. Moisè, Palermo, 1984, p. 336-337.
84 M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 105-108; il documento si trova in Acta Aragonensia. Quellen aus der Diplomatischen Korrespondenz Jaymes II. (1291-1327), ed. H. Finke, Bd. 3, Berlino-Lipsia, 1922, p. 276-280, doc. 124, in particolare p. 278-279.
85 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 56; il documento è datato 13 giugno 1323: puderosa facundia, gloriosa facunditas, candida castitas, honesta religio et humilitas comprobata.
86 M. J. Clear, Maria of Hungary, p. 56.
87 Carlo aveva ricevuto sin dall’incoronazione del padre responsabilità amministrative. Durante il primo soggiorno di Roberto in Provenza (1309-1310), era stato incaricato del vicariato generale del Regno, dove era rimasto, essendo ancora bambino, sotto la protezione dello zio Filippo di Taranto e di Bartolomeo da Capua. C. Minieri Riccio, Genealogia di Carlo II re di Napoli, Bologna, 1882, p. 213-218; R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, vol. 1, p. 101-102 e 652-656. Fra il 1319 e il 1324 durante il soggiorno di Roberto in Provenza, egli era stato poi nominato vicario generale del Regno e affiancato nelle questioni di governo da collaboratori attivi nel Regno, ma di provenienza anche provenzale; T. Pécout, Des lieutenances en Provence, p. 825-838, in particolare p. 827-828.
88 R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, vol. 1, p. 213.
89 C. Minieri Riccio, Cenni storici intorno i grandi uffizii del regno di Sicilia durante il regno di Carlo I. d’Angiò, Napoli, 1872, p. 142-143 e M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 278.
90 Raimondo de Mausaco, frate minore originario di Marsiglia († 1336), vescovo di Alba e cancelliere del duca Carlo di Calabria, poi dal 1321 vescovo di Chieti e dal 1326 vescovo di Aversa.; T. Pécout, Des lieutenances en Provence, p. 828 e 831, nota 140, ma anche M. G. Del Fuoco, Raymondus de Mausaco O.M. e l’inventario dei beni della diocesi teatina, in M. Del Monte (a cura di), Episcopati e monasteri a Penne e in Abruzzo (secc. XII‐XIV). Esperienze storiografiche e storiche a confronto, Napoli, 2008, p. 143-171. Raimondo apparteneva ai gruppi vicini anche a Élzear de Sabran, conte di Ariano, a cui dal 1314 sino alla morte nel 1323, era stata affidata insieme alla moglie Delphine de Puimichel la tutela e l’educazione del giovane principe ereditario, cfr. A. Vauchez, Entre la Provence et le royaume de Naples: Elzéar et Delphine de Sabran, in M. Maccarrone, A. Vauchez (a cura di), Échanges religieux entre la France et l’Italie du Moyen Âge à l’époque moderne, Ginevra, 1987, p. 89-100 e A. Vauchez, Deux laïcs en quête de perfection: Elzéar de Sabran († 1323) et Delphine de Puimichel (†1360), in A. Vauchez, Les laïcs au Moyen Âge, pratiques et expériences religieuses, Parigi, 1987, p. 83-92.
91 J.-P. Boyer, Parler du roi et pour le roi. Deux “sermons” de Barthélemy de Capoue, logothète du royaume de Sicile, in Revue des sciences philosophiques et théologiques, 79, 1995, p. 193-248 e J.-P. Boyer, Prediche e sentenze a Napoli intorno al 1300. Il modello del logoteta Bartolomeo di Capua, in Rassegna Storica Salernitana, 61, 2014, p. 39-80.
92 Nel 1304, nel 1306 e nel 1323-1324 era senescalco di Roberto in Provenza; F. Delle Donne, Voce: Gambatesa, Riccardo, in DBI, 52, Roma, 1999, p. 87-89; T. Pécout, Des lieutenances en Provence, p. 817, nota 76; p. 822-823, nota 107 e p. 826, nota 122.
93 Era già maestro razionale nel 1320, cfr. T. Pécout, Des lieutenances en Provence, p. 831, nota 139.
94 C. Minieri Riccio, Cenni storici, p. 143; sul funzionamento della cancelleria rimando a S. Palmieri, La cancelleria del Regno di Sicilia in età angioina, Napoli, 2006 (Quaderni dell’Accademia Pontaniana, 48).
95 R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, vol. 2, p. 133, cfr. G. Coniglio, Angiò, Carlo d’, detto l’Illustre, in DBI, 3, Roma, 1961, p. 263-265 e T. Pécout, Des lieutenances en Provenc… cit.e, p. 825-838.
96 A questo proposito si vedano le considerazioni di J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 23-24.
97 M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 278, che non indica tuttavia da dove ha tratto il documento papale.
98 A testimonianza di questo stretto rapporto materno esistente fra le due donne è un atto in cui Giovanna a proposito di Sancia scriveva: […] Officium filialis reverentiae admonet, et caritatis affectus signanter inducit, ut inclitae dominae, dominae Sanciae Hierusalem et Siciliae reginae, reverendae dominae matris nostrae potestatis nostrae praesidium commoda studiose promoveat […] affectionem maternam placidamque benevolentiam quam regina mater nostra erga nos gessit a tempore quo nos in lucem natura produxerat circa educationem nostram curam gerendo sollicitam et plures labores domestice subeundo […], in Annales minorum seu trium Ordinum a S. Francisco institutorum, ed. L. Wadding, 25 vll., Roma, 1931-1964, vol. 8, doc. 57, p. 530-532; anche nella lettera del 31 agosto 1343 Giovanna definiva Sancia […] Dei gratia Ierusalem et Sicilie regine reverende domine matris administratricis et gubernatricis nostre […], si veda, La legislazione angioina, ed. R. Trifone, Napoli, 1921, p. 285, doc. 191, ma anche J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 20. Va qui anche ricordato che in questa dimensione di regina e di ‘madre’ Sancia è ritratta nella rappresentazione della genealogia angioina della cosiddetta Bibbia di Napoli, dove nel registro inferiore è infatti seduta in trono accanto a Roberto, mentre Carlo, duca di Calabria, le affida le sue due figlie Giovanna e Maria. Per Paola Vitolo, che ha recentemente reinterpretato la rappresentazione genealogica, il ruolo di primo piano attribuito a Sancia sarebbe legato al prestigio di cui la regina godeva sia sul piano personale, che sul piano pubblico. Grazie all’esempio di Sancia, rappresentata con un libro in mano, simbolo della sua saggezza, Giovanna avrebbe ereditato le virtù morali e religiose necessarie alla sua funzione di regina. Anche la collocazione di Giovanna sul lato sinistro dell’immagine, quello della linea di successione femminile, sarebbe stata secondo la studiosa una scelta consapevole dell’artista, che avrebbe legittimato Giovanna non solo quale discendente di Carlo I, Carlo II e Roberto, ma anche in una continuità di regalità femminile che sarebbe stata appunto incarnata nella figura di Sancia, cfr. P. Vitolo, Imprese artistiche e modelli di regalità al femminile nella Napoli della prima età angioina, in Archivio storico prer le province napoletane, 126 (2008), p. 4.
99 Si tratta di un documento del 1313: Spectabili principisse domine Sanciae, Ierusalem et Sicilie regine magnifice, quam loco matris gerimus et habentibus in reverentia matronali, exequium privilegii regis Roberti viri illustri reverendi patris nostri, il documento è trascritto in M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 299, doc. 15; cfr. anche M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Majorca. Da regina, p. 33. Anche Matteo Camera riferiva che re Roberto aveva lodato l’amore materno con cui Sancia si era occupata dei suoi figli e delle sue nipoti omnes descendentes a Nobis diligit affectione materna, ac si eos proprie genuisset; M. Camera, Elucubrazioni storico-diplomatiche su Giovanna I regina di Napoli e Carlo III di Durazzo, Salerno, 1889, p. 39. La stessa Sancia considerava Carlo come proprio figlio, a questo proposito si veda l’indicazione di Carlo nel privilegio Speciosus forma concessole da Giovanni XXII del 1321 e contenente l’approvazione delle sue ordinationes per il monastero del Corpus Christi di Napoli: Deinde fiat oratio pro Domino Viro nostro illustri Hierusalem, et Siciliae Rege, pro nobis, pro Carolo Calabriae benedicto filio nostro, et subsequenter pro animabus omnium defunctorum, cfr. Annales minorum seu trium Ordinum a S. Francisco institutorum, vol. 6, p. 631-647, in particolare p. 641. Se qui si tratta di una maternità affettiva più che fisica, Sancia non aveva mancato a più riprese di sottolineare anche la sua maternità spirituale nei confronti dei fratres minores. Nelle sue lettere ella dichiarava: Et illud verbum possum in persona mea dicere vobis toti ordini sicut mater et vera mater […] (Chronica XXIV generalium Ordinis minorum (Analecta Franciscana 3), Quaracchi, 1897, p. 509) e Licet ego non sim digna ex me, tamen per gratiam Dei ego multipliciter possum dici vera mater Ordinis beati Francisci, non solum verbo vel scripto, sed operibus, quae feci continue et intendo facere cum adiutorio suo toto tempore vitae meae (Chronica XXIV generalium Ordinis minorum, p. 514); su questo aspetto della maternità spirituale nei confronti dell’ordine, cfr. I. Würth, Altera Elisabeth: Königin Sancia von Neapel (1286-1345) und die Franziskaner, in E. Bünz, S. Tebruck, H. G. Walther (a cura di), Religiöse Bewegungen im Mittelalter. Festschrift für Matthias Werner, Colonia, 2007 (Veröffentlichungen der Historischen Kommission für Thüringen, Kleine Reih, 24; Schriftenreihe der Friedrich-Christian-Lesser-Stiftung, 19), p. 517-542; I. Heullant Donat, En amont de l’Observance. Les lettres de Sancia, reine de Neaple, aux Chapitres généraux et leur transmission dans l’historiographie du XIVe siècle, in F. Mayer, L. Viallet (a cura di), Identités franciscaines à l’âge des réformes, Clermont-Ferrand, 2005; R. D. Musto, Queen Sancia of Naples (1286-1345) and the spiritual Franciscans, in J. Kirshner, S. Fonay Wemple (a cura di), Women of the Medieval World. Essays in honour of John H. Mundy, Oxford, 1985, p. 179-214, ma si veda anche M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Maiorca tra impegno di governo, p. 980-984, in cui si trova la traduzione italiana delle lettere di Sancia al ministro generale, al capitolo e ai frati francescani.
100 J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 1-48; M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 26-115; M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Majorca tra impegno di governo, p. 931-984.
101 Figlio di un notaio di Sulmona, divenne egli stesso notaio nel 1325 e figura, sin dal 1327, in questa funzione nella tesoreria di Carlo, figlio del re Roberto, che egli seguì nei vari spostamenti, a Firenze e poi a Siena e forse l’Aquila. Fra il 1335 e il 1337 era sicuramente al servizio della regina come notaio della tesoreria della Magna Curia e a partire dal 1338 fu promosso giudice ai contratti da Roberto nelle province di Terra di Lavoro, del Molise e dei due Abruzzi, incarico che egli mantenne anche durante il regno di Giovanna; su di lui, cfr. A. Campana, Voce: Barbato da Sulmona, in DBI, 6, Roma, 1964, p. 130-134.
102 Si tratta di un documento in cui era stabilita la somma dovuta per il pagamento; R. Caggese, Roberto d’Angiò, vol. 2, p. 385-387.
103 Cfr. nota 3 e testo corrispondente e per il documento B. Capasso, Gli archivi, p. 20-24, nota 7.
104 Su questo aspetto rimando in dettaglio a M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 117-198 e a M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Majorca. Da regina, p. 43-49.
105 E. Casanova, Archivistica, p. 345. Sulla storia degli archivi e la loro riorganizzazione in età tardo medievale e moderna sono state pubblicate recentemente numerosi volumi, che hanno dato vita a un archival turn nelle ricerche storiche, a questo proposito si veda F. de Vivo, A. Guidi, A. Silvestri (a cura di), Archivi e archivisti in Italia tra medioevo e età moderna, Roma, 2015; F. de Vivo, A. Guidi, A. Silvestri (a cura di), Archival Transformation in Early Modern European History, dossie pubblicato in European History Quarterly, 46-3, 2016, e A. Walsham, The Social History of the Archive: Record-Keeping in Early Modern Europe, in Past&Present, 230, 2016, p. 9-48.
106 Cfr. sopra nota 4.
107 Particolarmente interessante appare il fatto che, seppure quella di Sancia fosse una delle riforme più innovative, poiché ispirata a criteri di ‘razionalità’ e ‘efficienza’, esistono esempi di altre riforme archivistiche che dimostrano, durante la prima metà del secolo XIV, uno spiccato interesse per una concentrazione e riorganizzazione dei sistemi archivistici presso diversi centri di potere in Italia. In particolare, come rivela Casanova, il progesso di riorganizzazione procedette in senso dinastico e mirava a una limitazione dell’accesso agli archivi, tipica invece dei regimi comunali, e a una loro subordinazione all’amministrazione contabile; E. Casanova, Archivistica, p. 348.
108 Un primo intervento di concentrazione e risistemazione degli Archivi della Corona d’Aragona era avvenuto circa due decenni prima, ossia a partire dal 1318-1319; cfr. R. Conde y Delgado de Molina, Reyes y archivos de la Corona de Aragón. Siete siglos de reglamentación y praxis archivística (siglos XII-XIX), Saragozza, 2008, p. 35-37; R. Conde y Delgado de Molina, Los Archivos Reales o la memoria del poder, in El poder real en la Corona de Aragón, siglos XIV-XVI, 2 vol., Saragozza, 1996 (XV Congreso de Historia de la Corona de Aragón, 1), tomo 1/2, p. 121-139 e E. Casanova, Archivistica, p. 344-345. Sulla riorganizzazione degli archivi della corona aragonese nel secolo XV si veda ora anche A. Silvestri, Archives of the Mediterranean: Governance and Record-Keeping in the Crownof Aragon in the Long Fifteenth Century, in F. de Vivo, A. Guidi, A. Silvestri (a cura di), Archival Transformation, p. 435-457.
109 R. Delle Donne, Le cancellerie dell’Italia meridionale (secoli XIII-XV), in Ricerche storiche, 24, 1994, p. 361-388 e R. Delle Donne, Burocrazia e fisco a Napoli, p. 7-14.
110 Si veda a questo proposito M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 278-280 e doc. 6-8, p. 285-289; doc. 11, p. 292-295; doc. 15, p. 299-301; doc. 22, p. 307-318. Ai rapporti patrimoniali dedica anche una particolare attenzione M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Majorca. Da regina, p. 43-49. Nello stesso arco temporale anche la cognata Eleonora d’Angiò aveva ricevuto dal marito Federico III d’Aragona, dal 1296 re di Trinaclia un cospicuo patrimonio dotale consistente in beni feudali e diritti giurisdizionali su alcune città; cfr. A. Kiesewetter, Eleonora d’Angiò, regina di Sicilia, in DBI, 57, Roma, 1993, p. 396-397 e F. Costa, Eleonora d'Angiò (1289-43), Regina francescana di Sicilia (1303-43), in A. Musco (a cura di), I Francescani e la politica (secc. XIII- XVII), Atti del Convegno internazionale di studio (3-7 dicembre 2002), tomo 1, Palermo, 2007, p. 205-206.
111 R. Caggese, Roberto d’Angiò, vol. 1, p. 441.
112 R. Caggese, Roberto d’Angiò, vol. 1, p. 472-473: iurisdictionem meri et mixti imperii ac gladii potestatem, exercendam per eum quem ad hoc duxerit [Sancia] ordinandum.
113 R. Caggese, Roberto d’Angiò, vol. 2, p. 359.
114 Si veda l’elenco fornito da M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 274-277.
115 J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 22. I documenti sono contenuti in due lettere papali, cfr. Annales minorum seu trium Ordinum, vol. 8, doc. 57, p. 530-533 e doc. 75, p. 542-549.
116 J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 22.
117 Si veda a questo proposito anche il volume miscellaneo R. Rao (a cura di), Les grands officiers e in esso i preziosi contributi di A. Kiesewetter, I grandi ufficiali e le periferie del regno. I dirigenti della cancelleria dei principi di Taranto e dei duchi di Durazzo (ca. 1305-1380), T. Pécout, La construction d’un office: le sénéchalat des comtés de Provence et de Forcalquier entre 1246 et 1343 e J.-P. Boyer, Conclusions. Définir une haute administration , p. 321-373.
118 J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 22.
119 J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 22-23.
120 J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 30-31.
121 Mi permetto qui di rimandare a M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 105-111; M. Greiner, La piété de Jacques de Majorque et les ordres mendiants: une tradition revisitée, in Société Agricole Scientifique et Littéraire des Pyrénées-Orientales, 108 (2001), p. 118-119. Un ruolo centrale nella politica di pacificazione fra le famiglie d’Aragona e di Napoli, ebbe anche Eleonora d’Angiò, moglie di Federico III, cfr. F. Costa, Eleonora d'Angiò (1289-43), p. 206-213.
122 M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 93-97.
123 M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 93-102; M. Greiner, La piété de Jacques de Majorque, p. 119-120.
124 Christine de Pizan, Livres de trois vertus, éd. C. C. Willard. Texte établi en collaboration avec E. Hicks, Parigi, 1989, cap. IX, p. 33.
125 J. C. Lünig, Codex Italiae diplomaticus, 2 vol., Frankfurt-Leipzig, 1726, sectio 2, doc. 73, col. 1105 e 1107-1108; É. G. Léonard, Histoire de Jeanne Ire, reine de Naples, vol. 1, p. 214-217; mi permetto di rimandare qui anche a J.-P. Boyer, Faire mémoire du roi. Le testament de Robert et son application en Provence, in J.-L. Bonnaud (a cura di), Memini. Travaux et documents, 19-20, 2015-2016, Des communautés aux États. Mélanges offerts à Michel Hébert, p. 259-295.
126 M. J. Clear, Piety and Patronage, p. 47-50; M. Gaglione, Sancia d’Aragona-Majorca. Da regina, p. 39; cfr. anche M. Gaglione, Converà ti que aptengas la flor, p. 289-291.
127 Si tratta della lettera del 31 agosto 1343, cfr. La legislazione angioina, p. 285, doc. 191 e sopra nota 91. A questo proposito si veda anche J.-P. Boyer, Sancia par la grâce de Dieu, p. 20.
Auteur
Technische Universität Dresden - cristina.andenna@gmx.de
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