Le iscrizioni parietali della Caserma dei vigili
p. 155-174
Résumés
Il contributo offre l’edizione delle iscrizioni parietali, graffite o dipinte, della Caserma dei Vigili di Ostia. Il loro numero totale è di 127, ma in questa sede viene data l’edizione solo delle prime 50. L’edizione stessa è preceduta da una breve introduzione sulla storia degli studi e da un prospetto sul contenuto dei testi (nomi di persona, quasi tutti maschili; riferimenti alla vita militare; motti; alfabeti; numeri; disegni di navi, rosette, fiori geometrici). Tra le iscrizioni presentate spiccano alcune dipinte, come la n. 18, preziosa sotto molti aspetti. La quasi totalità delle iscrizioni si può datare tra la seconda metà del II e la prima metà del III secolo.
The contribution offers the edition of the wall inscriptions of the Caserma dei Vigili of Ostia, both the scratched and the depicted. Their total number amounts to 127, but in the present publication only the first 50s have been considered. The edition is preceded by a short introduction on the history of the previous publications and by a few remarks on the personal names occurring in the inscriptions, references to the daily of the soldiers, maxims, alphabets, numbers, drawings of ships, rosettes, geometric figures. Among the texts some depicted inscriptions leap out, e. g. 18. Most of the inscriptions can be dated to late second or early third century.
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Keywords : Ostia, soldiers, wall inscriptions, scratched and depicted, personal names
Parole chiave : Ostia, soldati, iscrizioni parietali, graffiti e dipinti, nomi di persona
Texte intégral
1A partire dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso mi occupo dell’edizione integrale delle iscrizioni parietali di Ostia1. Come una primizia offro in questa sede l’edizione critica e commentata di una parte delle scritte murali della Caserma di Vigili (II, v, 1).
2I graffiti e i dipinti della Caserma dei Vigili vennero in luce per la maggior parte durante i grandi scavi del Lanciani nel 1888-1889 e del Vaglieri nel 1909-1912 e furono pubblicati nelle rispettive relazioni degli scavi2. Delle iscrizioni pubblicate dal Lanciani i nn. 9-14. 18 furono ripubblicati da H. Dessau, EphEp VII 1217-1223 sulla base delle copie di A. Mau e Chr. Hülsen, tra le quali un testo nuovo (1221). Una frettolosa compilazione dei graffiti pubblicati dal Lanciani si trova nel libro di L. Paschetto3, in forma per lo più corrotta. Tutte le iscrizioni rese note dal Lanciani e dal Vaglieri furono ripubblicate, in parte in base all’autopsia, in forma notevolmente migliore da L. Wickert, CIL XIV 4509-4529, che ne aggiunse anche alcune nuove (4517, 4520,27, 4527g, 4526f dal ms. di Hülsen). Occorre notare soltanto che il Wickert non ha ritrovato alcuni graffiti pubblicati dal Lanciani o dal Vaglieri (il Wickert non conosceva la compilazione del Correra), benché ancora oggi nitidamente leggibili. Il lavoro del Wickert sul posto deve essere stato quindi breve e un poco frettoloso. Inoltre, L. Correra pubblicò una grande quantità d’iscrizioni, tra le quali erroneamente anche graffiti di altri edifici di Ostia4: 331, 332, 335, 336 (l’ubicazione di 333-334 è molto incerta). La sua raccolta non risulta esatta né critica (fa quasi costantemente riferimento a Lanciani, senza precisare se abbia visto il graffito o meno; qualche volta risulta che ha visto più del Lanciani), ma offre alcuni graffiti notati solo da lui: nn. 343, 345, 356, p. 214 nn. 4-5. Infine, il palindromo ROMA | OLIM | MILO | AMOR fu letto soltanto nel 1963 e pubblicato un paio di anni dopo5.
3Tutte queste raccolte sono lacunose, e soltanto con la nostra pubblicazione viene offerta un’edizione completa dei graffiti e dei dipinti del complesso. Ho studiato le iscrizioni nel novembre 1967 e rivisto alcuni testi nel dicembre 1978. Purtroppo, una parte delle iscrizioni è andata distrutta, e molte delle superstiti si trovano in condizioni talmente disperate che ne restano solo alcune lettere. È anche certo (a giudicare da quanto dicono il Lanciani ed il Vaglieri) che già al momento dello scavo molte iscrizioni fossero diventate illeggibili o già distrutte. Infatti, la conservazione delle iscrizioni parietali della caserma è inferiore alla media, e ciò dipende soprattutto dal fatto che tutta la parte bassa delle pareti è intonacata di cocciopesto grossolano, materia che mal si presta all’incisione e alla conservazione dei graffiti. D’altra parte, l’intonaco fino, che va dallo zoccolone di cocciopesto al soffitto, è di solito caduto e i pochi brani che ne rimangono sono così guasti e corrotti dalla salsedine e dall’umidità che i tratti dei caratteri sono diventati più o meno illeggibili.
4Il numero delle iscrizioni parietali dalla caserma dei vigili ammonta a 127. La maggior parte sono graffiti, ma non mancano iscrizioni dipinte, alcune delle quali di grande importanza, purtroppo in parte oggi in condizioni disperate, che rendono difficile il controllo delle letture precedenti. Relativamente al loro contenuto occorre ricordare che esse consistono soprattutto in nomi di persona, quasi tutti maschili; compare solo un nome certamente femminile, Primigenia6; casi incerti sono Matusa in 35 e Monna in CIL XIV, 4527a (vedi i rispettivi commentari); i nomi sono alle volte accompagnati da indicazioni d’ambito militare, come miles, miles cohortis illius, ecc. Alcune iscrizioni contengono riferimenti generali alla vita militare. A sé stanno alcuni latercoli, soprattutto il n. 18: una preziosa testimonianza sulla consistenza e la composizione delle coorti. Non mancano alcuni motti del tipo perfixi (23) o alfabeti. Numerose iscrizioni consistono in numerali, spesso privi di qualsiasi contesto, ma che alle volte sono seguiti o preceduti da prezzi (assibus tot, panem a. tot). Poi si trovano, com’è naturale, figure: navi, rosette, fiori geometrici. Manca la sentina erotica, ben presente altrove tra le scritte parietali di Ostia7.
5Per motivi di spazio ho incluso nel presente contributo soltanto i primi cinquanta testi dei totali 127 numeri; per l’adeguato rendimento dell’edizione integrale mi sarebbero servite almeno cento pagine. Ma anche così spero che l’edizione parziale possa dare una multiforme immagine dell’intero patrimonio delle iscrizioni parietali della Caserma dei Vigili.
61. Stanza 1, parete NO, a destra. Diametro 48.
fiore geometrico con doppia circonferenza
72. «Sulla parete a sin. (= parete NO), si vedono i medesimi circoli concentrici e numeri graffiti e parte di una targa d’intonaco bianco, coperto di colore rosso (m. 0,60 × 0,28). Contiene otto linee scritte; ma finora non mi è stato possibile di decifrarle.» (Vaglieri).
8Vaglieri 1911, p. 368.
9Questo pezzo d’intonaco fu distaccato nel 1972 e si trova ora nel Magazzino, inv. 10957. (42) × 82, con 13 linee di scrittura. Nonostante la diversità delle misure e del numero delle linee si tratterà senza dubbio della stessa targa. Dell’iscrizione dipinta rimangono solo miseri avanzi; al centro della targa si possono individuare AM. Invece al Vaglieri sono sfuggiti tre graffiti che si trovano nella parte inferiore della targa, in parte anche sotto le linee:
10a) 27 × 2-7
T. Caelius Fuscus.
11Di sfuggita va notato un Caelius Fuscus da Limisa nell’Africa proconsularis (AE 2004, 1716) e un M. Caelius Fuscus da Leptis Minor (CIL VIII, 22905).
12b) Sotto a sinistra di a). 6 × 3.
VII
13c) Sotto a). 15 × 3-5.
Rusti[cus] (?)
14L’integrazione rimane beninteso incerta, ma in ogni caso Rusticus è ben attestato ovunque, anche a Ostia, dove compare, per es., anche il gentilizio Rusticelius (CIL XIV, 250 III 18; 263; 4569 dec. VIIII a, 11; Sijpesteijn 1990, p. 238 n. 4.
153. Parete NE, a sinistra. Diametro 27.
cerchio con doppia circonferenza
164. «Nel centro della parete di fondo (= NE) all’altezza di m. 0,80 dal pavimento esiste, dipinta, una targa ansata, conservata per due terzi (m. 0,47 × 0,81), di intonaco bianco con bordo rosso e quattordici linee di un’iscrizione in nero, di lettura disperata, perché in gran parte svanita» (Vaglieri).
17Vaglieri 1911, p. 368 (fig. 1). Da Vaglieri dipende Wickertt, CIL XIV, 4510, il quale ha visto il dipinto in condizioni ancora più disperate. Oggi non ne resta più nulla. – Sablayrolles 1996, p. 770.

182 Op[p]io Vaglieri (cf. r. 14), ma si potrebbe propendere con Wickert anche per op[t]io. – 3 se letto bene, si potrebbe pensare a qualcosa come [---]o Vrb[ano] o Vrb[ico]. – 6 Gemellianus deve essere identico a Oppius Gemellianus in 13, ma resta incerto se si possa leggere prima M. O[ppius]8; a fine riga, se letto bene, potrebbe celarsi il gentilizio Rauius, ma possibile sarebbe anche [cu]raui[t]. – 8 si ricorda un contubernalis, ma resta incerto se la mancanza di T e R va attribuita all’autore del dipinto o all’editore Vaglieri. – 9 [ue]nerunt agentes? Su agentes cf. 5. – 13 cf. CIL VI, 830 (III sec.) dove il testo nella fronte in h. d. d. T. Albanius Principianus euok. Aug. n. è circondato sul lato sinistro da saluos uenire, sul lato destro da saluos ire. – 14 OPPIVS S: stava così sulla parete o si tratta di un errore di stampa del Vaglieri?
19Del carattere del testo non si può dire niente di preciso. È anche possibile che Vaglieri abbia compreso male vari passaggi del difficile testo.
205. Parete SE, a sinistra. Dipinto a lettere rosse su scialbatura bianca. Dopo -NATVS, hedera distinguens. P montante. 39 × 8; alt. lett. 2-2,5. Ora nel Magazzino, inv. n. 10959 (fig. 2).
21Vaglieri 1911, p. 367 sq.; meglio Wickertt,CIL XIV, 4516, il cui testo è riprodotto in fig. 2. – Cf. Sablayrolles 1996, p. 307.

22Il senso del dipinto e il contesto dei resti conservati rimangono incerti. – 1 Vaglieri ha voluto vedere a sinistra assai staccata dal resto una A (che oggi è scomparsa); Wickert ne dubita assai; da notare tuttavia che il frammento attuale comincia con NATVS, per cui la presunta A sembrerebbe aver formato un frammento a parte. Della parte destra di 1 si vedono oggi solo miseri avanzi. – [Fortu?]natus Wickert, potrebbe leggersi anche [Do]natus o natus. – princip(iis) agens scil. stationem h(ora) [---] propone Vaglieri, in base alla frase stationem egimus (o fecimus) principi(i)s in CIL XIV, 4526c, pensando a un servizio nei principia, pur con esitazione; e infatti la cosa è tutt’altro che chiara (Wickert non prende posizione); vedi anche nel nostro commentario a 18. – 2 resta oscuro; a fine riga Vaglieri legge …FLEGI FEL…, Wickert [---] E [..]T LEGE FEL; oggi si distingue a stento [---]GE FEL[---]. – FEL viene integrato fel[iciter] da Vaglieri e Wickert, forse a ragione.
236. A destra di 5. 57 × 30.
disegno che imita, forse, la forma di un vaso
247. A sinistra del collo di 6. 8 × 1,5-2.
[---] a(ssibus?) XXXXXX (?)
258. Sotto a destra di 7. 9 × 1-2.
et (?) pa(nem) a(ssibus) XXII (?)
26La lettura è malsicura, ma se la lezione et è corretta, può trattarsi della continuazione di 7.
279. A destra di 6. 27 × 15.
a sinistra, una nave con timone, a destra un ritratto di uomo (?)
28Non è certo se le due figure vadano insieme.
2910. Assai a destra di 9. Diametro 28. Molto guastato.
fiore geometrico con triplice circonferenza
3011. A destra di 10. Diametro 40.
fiore geometrico con doppia circonferenza
3112. A destra di 11. 55 × 40.
disegno raffigurante sotto un cerchio con 11 circonferenze, sopra un cerchio più piccolo. I cerchi sono uniti mediante due triplici linee dritte, quasi a formare una specie di collo d’anfora. Il disegno è simile a quello in 6.
3213. Sugli scarichi nella stanza 1. Con lettere dipinte in nero su fondo bianco. Irreperibile.
[--- f(rumentum) p(ublicum)] a(ccepit) d(ie) XXII, o(stio) M[---?]
[--- f(rumentum)] p(ublicum) a(ccepit) d(ie) XII, o(stio) XXX[---?]
[--- (?) contubernalib?]us nostris FF[---?]
[--- (?)] Romae.
33Vaglieri 1911, p. 368, da cui Wickert, CIL XIV, 4511; Virlouvet 2009, p. 184-185 n. 9e.
341-2 le integrazioni e gli scioglimenti sono di Vaglieri, accettati da Wickert e Virlouvet, solo che questi, credo in base a 4509 (= 18), scrivono a(ccipit)9. Lo stesso latercolo 18 dice dei singoli vigili frumentum accipit, e frumentum publicum a(ccepit) si trova ad Ostia spesso nel contesto di vigili (CIL XIV, 4499, 4500, 4502, 4505, 4506; fuori di Ostia di provenienza ignota nel diploma militare AE 2003, 2040, a. 248-9 d.C.). Alla fine della riga 1, Vaglieri propone di integrare M[inuciae] (possibile sarebbe anche M(inuciae)), con riferimento alla porticus Minucia di Roma, (vedi 18); ma anche se abbiamo a che fare con la porticus Minucia, a Ostia nelle iscrizioni dei vigili non si usa mai il termine (porticus) Minucia; manca anche in genere nella documentazione epigrafica10, mentre in fonti letterarie compare qualche volta11. Ad Ostia il termine ostio, che qui significa «sportello» (vedi 18) viene sempre seguito da un numerale, per lo più in forma abbreviata O oppure, più raramente, OST (CIL XIV, 4500, 4502, 4505, 4506, 4509), per cui si preferirebbe vedere anche qui un numerale, per es. XX[---]. – 3 l’integrazione a sinistra è degli editori che propongono in alternativa [commilitonib]us, ma l’uso di contubernales è molto più comune nel contesto ostiense (commilitones soltanto in CIL XIV, 4385 nel contesto di vigili). Se l’integrazione coglie nel senso, il che rimane incerto, in ogni caso il contesto sintattico del termine rimane oscuro, come pure il senso di FF a fine riga, dagli editori spiegato come feliciter. Alla fine, a mezza riga, Vaglieri legge ROMAII spiegandolo Romae; se ciò è corretto, sarà da spiegare da quale luogo sono arrivati a Ostia e dove hanno ricevuto il frumento pubblico.
3514. Sugli scarichi nella stanza 1. Con lettere bianche su fondo nero. Irreperibile.
A ⋅ I
OST
36Vaglieri 1911, p. 369, da cui Wickert, CIL XIV, 4514.
372 [desciderunt] Ost[is?] propose Wickert. Il nesso descendere Ostis compare in CIL XIV, 4505 e 4506; lo stesso fatto, cioè che i vigili erano scesi da Roma ad Ostia, è presente anche in altre iscrizioni: CIL XIV, 4499-4501, 4503, 4504 (?), 4506, 4508, 4509; in molti casi la forma del verbo descendere è integrata, per cui resta problematica l’integrazione usuale descid- praticata da Wickert in base a 4501, 4503, 4505 e 4509 (= 18), dove è scritto descid- (la forma regolare descenderunt in CIL XIV, 4499; discenderunt 4500). Ma secondo una regola aurea dei principi editoriali, nelle integrazioni ci si dovrebbe attenere a forme regolari (e, ciò nonostante, il fatto che la forma descid- sia occasionalmente attestata anche in iscrizioni non ostiensi12). – Si può anche integrare [---] ost[io ---], che appare ad Ostia nel contesto della frumentatio dei vigili stanziati a Roma poi scesi a Ostia (CIL XIV, 4500, 4502, 4505, 4506, 4509 [= 18], 4511 [= 13]); sul senso della parola vedi il commentario a 18. Ma si può anche trattare di tutt’altra cosa, per es. di un elemento onomastico quale Hostilius o Hostilianus (ambedue attestati a Ostia), se non Ostiensis.
3815. Tra gli scarichi nella stanza 1. Con lettere graffite su fondo rosso. Irreperibile.
S
QVA
39Vaglieri 1911, p. 369, da cui Wickert, CIL XIV, 4518.
4016. Stanza 2, parete NO, a sinistra. 55 × 15.
tabella ansata senza scrittura
4117. Sopra 16. 52 × 10.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
4218. A destra di 16 e 17. Dipinto di colore rosso (nero a torto Vaglieri) in tabella dealbata e ansata. Linee ausiliarie. 64 × 24; alt. lett. 2 (riga 1), 1 (il resto). Ora nel Magazzino, inv. 10956 (fig. 3).
F ⋅ BRI(---?) coh(ort-) III u(igilum) ((centuria)) Max[i]mi: SE(---) Iulius Baccius, m<i>les coh(ortis) III u(igilum), ((centuria)) Maximi, frumentu(m) accipit; Titus Aelius Sara= pio mile(s) coh(ortis) III u(igilum), ((centuria)) Maximi, miles factus VII | |
5 | Idus Iuaelias pre(fecto) Aemiliano, supprefecto Sene(cione); M. Atteius Primit[ivu]s miles factus VII Iulias Vmbricio Emil[ia]no pref(ecto), supprefecto Seneci= one, accipit frum[e]ntu(m) accipit die primo ostio XVI. Descidimus contibernales su(b) cura tribuni |
10 | Vari Flori tri(buni) coh(ortis) pri(mae) u(igilum), <i>dem Cassio Longino tri(buno) coh(ortis) VII, Aurelio Senecione tribuno coh(ortis) IIII u(igilum), ((centurione)) coh(ortis) III Iulio Maximu, teserario Iuli= o Proculo. |

43Vaglieri 1911, p. 369 (AE 1912, 111); Wickertt, CIL XIV, 4509; Saxer 1967, p. 113 n. 356, 114; Virlouvet 2009, p. 105-113 n. 1, con foto e traduzione; Solin 2020, p. 320-321 n. 1. – Cf. Baillie Reynolds 1926, p. 113, 124; Virlouvet 1995, p. 16, 131; Sablayrolles 1996, p. 160, 220, 326 nt. 32, 331, 488, 530. 555, 584, 627, 674.
44Le lettere viste dal Vaglieri, ma ora svanite sono state sottolineate. – Ho omesso le diversità nelle indicazioni dei punti. – 3 Aelius: Afrius Vaglieri, Wickert, ma la nostra lettura è sicura: la terza lettera è una L il cui secondo tratto è staccato e in posizione inclinata, rappresenta quindi la forma normale per la L in questo dipinto; della pancia della R non c’è invece nessuna traccia. Quanto alla lettera precedente, l’ultima traversa della E non è distinguibile, ma si cela sotto la linea ausiliaria. – 4 MILES Vaglieri. – 5 IVLELEAS Vaglieri, ma la terza lettera mi pare una A priva di traversa; una divergente grafia come Iuael- non è da escludersi. – SIIN Vaglieri. – 10 V[ . ]RI Wickert, ma sicura la A, di cui restano i piedi delle due aste. – 11 SENIXIONE Vaglieri. – 12 MACIMV TFSERARIO gli editori, ma credo di aver potuto distinguere una X; della seconda parola oggi si vede soltanto ARIO, e se Vaglieri ha voluto leggere TES, non è il caso di rimetterlo in questione (inoltre il senso è chiaro). – Lo scrivente usa per la E ora la forma E, ora II.
45Un ricordo di tre vigili – probabilmente tutti della centuria di Maximus della terza coorte (per M. Atteius Primitiuus ciò non viene detto esplicitamente) – scesi (descidimus 9) da Roma ad Ostia per prestarvi il loro servizio di quattro mesi (cf. CIL XIV, 4499 e p. 610). Il reparto cui appartenevano era sotto il comando di Varius Florus, tribuno della I coorte, mentre gli altri principali dell’intera truppa distaccata erano il tribuno della VII e quello della IV coorte – così spiegherei gli ablativi alla fine dell’iscrizione, da interpretare come una specie di ablativi assoluti, sottinteso curantibus. Come altre iscrizioni ostiensi di vigili, anch’essa mostra che non ci sono tracce di un comando centrale e che le centurie di Ostia erano composte da varie unità romane. Nell’iscrizione viene indicato, pur con una certa goffaggine, quando quelli che ricevono il frumento siano diventati soldati, così come nel latercolo urbano CIL VI, 220, dove però vengono nominati i consoli invece del prefetto e subprefetto dei vigili. Il dipinto, quale che sia stato il suo autore (se gli autori non erano di più di uno), non è un documento ufficiale, bensì un ricordo personale di tre vigili scritto in modo abbastanza trascurato13.
46Alcuni dettagli. 1 A. von Domaszewski propose apud Vaglieri di sciogliere f(eliciter) pri(dianum), ma il Vaglieri afferma che la B è sicura; tuttavia, tale proposta viene più tardi accolta da Virlouvet. Comunque sia, non solo la lettura, ma anche gli scioglimenti restano molto incerti; certo, f(eliciter) potrebbe cogliere nel segno, ma pri(dianum) resta assai ipotetico. In sé e per sé non sarebbe escluso che Vaglieri abbia potuto leggere male e che si potrebbe ipotizzare pri(dianum); il nostro latercolo avrebbe potuto iniziare con feliciter pridianum cohortis III uigilum come preludio del documento, ma tale idea incontra l’insormontabile difficoltà nel fatto che pridianum come termine tecnico militare significa nelle fonti in cui appare un inventario annuale del personale di una legione o di un’unità ausiliaria; le attestazioni si limitano ad alcuni papiri dell’Egitto e di Dura-Europos14. Sarebbe davvero sorprendente se questo modesto latercolo senza alcuna ufficialità, scritto da un gruppo di vigili che si spostano per quattro mesi da Roma a Ostia fosse stato intestato come un pridianum; ancor più sorprendente sarebbe l’uso di tale termine esoterico in forma abbreviata, incomprensibile a chi lo leggeva (stando alla lettura del Vaglieri, che dà F⋅BRI⋅COH, non c’era dopo BRI o PRI posto per altre lettere). Per ricapitolare, una lettura convincente non sembra possibile; se ci atteniamo alla lettura BRI di Vaglieri, al massimo potrebbe venire in mente la restituzione fabri (o Fabri), il che tuttavia non avrebbe senso15; dei fabri tra i vigili ostiensi non abbiamo nessuna notizia. Con PRI si potrebbe pensare all’aggettivo primus: l’autore del testo voleva in qualche modo segnalare i primi arrivati in un certo momento o di una certa unità. Oppure l’autore potrebbe aver avuto in mente principia, come termine tecnico militare; il latercolo avrebbe avuto, quindi, un preludio come feliciter principiis coh(ortis) III u(igilum) ((centuria)) Maximi, in italiano «con buona fortuna alle prima fila della III coorte dei vigili», oppure «con buona fortuna al quartier generale, dove risiede la III coorte dei vigili»; cf. CIL XIV, 4526c stationem [fe]cimus principi(i)s dieru XXX mil(ites) coh(ortis) I uig(ilum) Seueriane (vedi pure 4516 = 5)16. Ma anche qui l’abbreviazione ambigua PRI sarebbe un po’ sorprendente.
472 se(cutor) legge e interpreta Vaglieri, seguito dagli altri editori17. Tuttavia ci si chiede come mai un principalis, com’era un secutor (tribuni), subito dopo venga detto un normale soldato della coorte; secondo Virlouvet SE, scritto con caratteri più piccoli al di fuori del margine sinistro del campo epigrafico, potrebbe essere stato aggiunto in un secondo momento, dopo la promozione di Iulius Baccius allo status di secutor. In sé e per sé ciò non sarebbe del tutto da escludersi, anche se resta assai incerto; soprattutto l’abbreviazione SE rimane poco chiara (del resto secutor non è attestato in iscrizioni ostiensi). Si potrebbe pensare al soprannome Seueriana della coorte, che compare in CIL XIV, 4526c (graffito della caserma dei vigili), riferita sopra, ma sorprenderebbe la collocazione del soprannome dopo la menzione della centuria di Maximus, anziché dopo quella della coorte; inoltre anche qui l’abbreviazione resterebbe ambigua. – Baccius, se letto bene da Vaglieri e da altri; oggi sono scomparse le lettere centrali del nome, rappresenta senz’altro il nome greco Bacchius scritto senza l’aspirazione (Wickert nell’indice dei cognomi p. 784 tralascia di notarlo)18. È vero che esiste un gentilizio Baccius19, che in teoria potrebbe essere usato come cognome, ma è gentilizio rarissimo, per cui non è il caso di supporlo qui. Una terza ipotesi: si tratterebbe del prenome Sextus (con meno probabilità di Servius), o scritto Se. oppure letto male da Vaglieri per Se. Tuttavia, l’abbreviazione Se. sarebbe anomala e non attestata da nessuna parte20.
483 anche se ciò non viene detto esplicitamente, non si può dubitare che Iulius Bacchius e altri vigili ricordati nel dipinto abbiano ricevuto il frumentum publicum a Roma nella porticus Minucia, già l’uso del verbo accipere e il medesimo trattamento nella riga 8, dove, nel caso di M. Atteius Primitiuus, dopo frumentum accipit viene aggiunto die primo ostio XVI, riferendo come egli ricevette il frumento pubblico nello sportello XVI della porticus Minucia a Roma, lo dimostrano (tuttavia, in virtù di una certa negligenza l’autore ha tralasciato di dirlo nel caso di T. Aelius Sarapio). La dichiarazione della ricezione del frumento pubblico riflette certamente un fatto concreto, anche se si è pensato che si trattasse solo di un riferimento al fatto che i vigili avessero il diritto al frumento pubblico21. Lo spazio dopo frumentu accipit è stato lasciato in bianco, forse per aggiungere più tardi il giorno, come sotto alla riga 8 ed in altre iscrizioni ostiensi; se così è, lo scrivente non aveva informazioni esatte su questo avvenimento, probabilmente già accaduto a Roma. Si noti, tuttavia, che lo spazio lasciato in bianco è assai breve, per cui quest’idea resta incerta22. – Il presente accipit (che ritorna nella riga 8) invece di accepit potrebbe sorprendere, anche se la lettura potrebbe essere buona; purtroppo in iscrizioni lapidee ostiensi questa formula viene sempre abbreviata f. a. (CIL XIV, 4499, 4500, 4502, 4505, 4506, 4511; a Roma CIL VI, 220)23. Ma nei casi ostiensi si tratta di un procedimento avvenuto a Roma, per cui il perfetto sarebbe più disinvolto24. D’altra parte potremmo vedere in accipit un presente storico o registrante25; e poi si tratta di un procedimento che dovette continuare durante il distaccamento a Ostia.
493-4 il nome del vigile era Titus Aelius Sarapio, come già detto nell’apparato critico. La vulgata Afrius non regge, e sarebbe inoltre un gentilizio rarissimo, di cui si conosce soltanto una attestazione del tutto certa26. In sé e per sé un tale gentilizio non sarebbe una formazione improbabile accanto a nomi come Afranius (che è assai diffuso), Afreius, Afren(i)us, Afrinius. Il cognome Sarapio (più frequente nella forma Serapio) è comune nei ceti libertini di Roma e non ha niente a che fare né con una origine egiziana né con l’adesione ai culti egiziani27. Il prenome Titus (scritto qui per intero) dà come terminus ante quem non il regno di Antonino Pio, nel qual caso il personaggio potrebbe essere un liberto imperiale, ma potrebbe anche essere vissuto più tardi e aver ereditato il prenome e il gentilizio da un suo antenato di condizione libertina.
505 Iuaelias (come mi sembra vada letto invece della vulgata IVLELIAS; cf. sopra nell’apparato critico) rappresenta una grafia negligente di Iulias. T. Aelius Sarapio è stato miles factus quando Vmbricius (il gentilizio risulta dalla riga 7) Aemilianus era praefectus scil. uigilum e Senecio subpraefectus; i loro nomi si trovano dunque in abl. abs. Prefetti e sottoprefetti dei vigili compaiono spesso in iscrizioni ostiensi (CIL XIV, p. 801 sq.)28. Ma Aemilianus e Senecio non possono aver agito a Ostia, bensì a Roma29; quando l’autore dice di ambedue i vigili miles factus VII Idus Iulias, ciò deve riferirsi a Roma. Su Vmbricius Aemilianus vedi Sablayrolles 1996, p. 488 e PIR2 V 889 (la datazione da loro sostenuta, a mio vedere sbagliata, agli anni 161-166 dipende da quella del sottoprefetto Senecio, su cui infra); da notare la mancanza del gentilizio in questa prima istanza, da attribuire al carattere trascurato del dipinto. Sull’identificazione, e così la datazione, di Senecio (il cui nome ritorna nella riga 7-8) vedi più avanti. Sul ruolo del prefetto e del sottoprefetto nell’arruolamento dei vigili vedi CIL VI, 220 e Virlouvet 2009, p. 148-169.
516 l’autore ha per negligenza omesso Idus tra VII e Iulias. Non si dubiti che M. Atteius Primitiuus sia stato arruolato lo stesso giorno di Titus Aelius Sarapio. Inoltre, è possibile che l’autore si sia confuso anticipando IV al posto di ID; ha fatto anche un pasticcio dando alla terza lettera la forma Λ (una confusione con lambda greco?)30. Sebbene non venga detto esplicitamente, anche M. Atteius Primitiuus avrà servito come vigile nella terza coorte.
528 accipit è stato scritto per negligenza dell’autore due volte. Il termine ostio significa, come già detto, lo sportello della porticus Minucia a Roma (cf. anche sopra n. 13). La stessa procedura, cioè la riscossione da parte di M. Atteius Primitiuus di frumentum, scil. publicum (su ciò vedi sopra) nel giorno primo allo sportello 1631, è vera pure per gli altri due vigili, anche se ciò non viene ripetuto esplicitamente; già le parole descidimus contibernales lo confermano. Possiamo ascrivere tali incongruenze alla generale trascuratezza del presente documento.
539 con descidimus l’autore si riferisce senz’altro all’arrivo dei tre vigili da Roma ad Ostia (il fatto che i vigili scendessero da Roma ad Ostia, è presente anche in altre iscrizioni: CIL XIV, 4499-4501, 4503, 4504-4506, 4508, forse 14. La forma descidimus è chiaramente un perfetto di descendo e rappresenta un interessante cambiamento morfologico, sul quale cf. Löfstedt 1913, p. 72-75 (la forma compare anche altrove nella documentazione epigrafica, cf. TLL V 1, col. 641, 61-63). La grafia contibern- è attestata spesso in iscrizioni (TLL IV col. 789, 70-73) e testimonia l’incertezza del trattamento della vocale in sillaba media davanti a b.
5410 Varius Florus era un tribuno (il suo grado viene ricordato per ridondanza due volte) della prima coorte dei vigili (sui tre tribuni Sablayrolles 1996, p. 555 sq.) DEM è certamente idem (forse il punto che precede D potrebbe rappresentare I, come potrebbe verificarsi anche in miles nella riga 2) e sta per item (sulla confusione tra item e idem cf. TLL VII 2, col. 532); ma Vaglieri 1912, p. 369 propone di intendere, in via alternativa, dem come de M(arco), il che non ha senso32. Idem = item unisce con il precedente gli ablativi assoluti indicanti gli altri due tribuni dell’intero distaccamento. Per il fatto che sono nominati tre tribuni, von Domaszewski (apud Vaglieri) suppone che durante il loro turno il comando del distaccamento sia stato cambiato tre volte, ma a giudicare da quanto si legge sulla parete tutti e tre i tribuni sembrano arrivati insieme in città: nel testo vengono nominati, uno dopo l’altro, i tre tribuni, poi viene ripetuto il nome del centurione dei tre soldati della terza coorte Iulius Maximus (se dello stesso si tratta), seguito dal nome del tesserarius33, cioè chi porta gli ordini34. Vista la mancanza del comando generale, non so se possa escludersi la possibilità dell’esistenza di tre tribuni di differenti coorti contemporaneamente nel distaccamento inviato a Ostia. Prima di chiudere l’analisi delle due ultime righe, sarà bene soffermarsi sulle due persone ivi ricordate. Virlouvet ha ipotizzato che il tesserarius potrebbe essere Iulius Maximus, mentre il grado di Iulius Proculus sarebbe scomparso per il logoramento dell’intonaco; ((centurione)) coh(ortis) III all’inizio della riga 12 si riferirebbe a un centurione il cui nome si sarebbe trovato in una riga precedente non conservata35. Quest’ipotesi mi sembra poco convincente. In realtà non c’è spazio tra le righe 11 e 12 per un’ulteriore riga; Vaglieri non la indica (non capisco come mai Wickert lascia uno spazio bianco tra 11 e 12), e dall’ispezione della parete e della foto ciò viene confermato. Inoltre, sarebbe strano se questa riga effimera avesse contenuto soltanto il nome del centurione. Da ultimo, il fatto che i nomi di Iulius Maximus e Iulius Proculus siano preceduti dalla menzione del grado, si spiega con il carattere non ufficiale e personale del dipinto. Lo stesso ordine lo troviamo nella riga 7: Vmbricio Emiliano pref(ecto), ma supprefecto Senecione; e se si intende nella riga 2 se(cutor) Iulius Baccius, avremmo il medesimo procedimento. Va detto ancora che nell’ultima riga dopo O PROCVLO non sembra mancare niente.
55Tutto sommato, abbiamo a che fare con un documento peculiare, un ricordo di tre vigili trasferiti in servizio da Roma ad Ostia, di carattere personale, molto informale e del tutto non ufficiale, il cui messaggio non è sempre facilmente penetrabile. Fatto sta che il dipinto è dedicato all’arrivo dei tre vigili da Roma per prestare servizio a Ostia. L’autore ha poi aggiunto i nomi di tre tribuni. Stando a quello che è stato scritto sulla parete, sembra che tutti e tre i tribuni abbiano comandato, al medesimo tempo, il distaccamento inviato ad Ostia, cioè siano scesi in città assieme ai vigili ad Ostia36. Il distaccamento, la uexillatio, era costituito da soldati della stessa coorte, come si vede dalle iscrizioni lapidarie37, mentre i tribuni non erano della medesima unità; così anche nel nostro dipinto: l’espressione descidimus contibernales su(b) cura tribuni Vari Flori tri(buni) coh(ortis) pri(mae) u(igilum) ricorda il responsabile vero e proprio dello spostamento dell’unità ad Ostia; dopo la costruzione sub cura tribuni Vari Flori l’autore menziona con due ablativi assoluti gli altri due tribuni, anche loro provenienti da una differente coorte, in qualche modo coinvolti nell’azione di spostamento.38 Alla fine l’autore ricorda ancora (di nuovo come sembra) il centurione della III coorte Iulius Maximus (sulla sua possibile identificazione con il centurione Maximus ricordato due volte nelle righe 1 e 2 vedi sopra) e il tesserario Iulius Proculus che certamente hanno fatto parte del distaccamento.
56Il presente dipinto viene datato in vario modo: i primi tentativi lo collocano generalmente all’età di Marco Aurelio39; allo stesso risultato portava l’identificazione del sottoprefetto Senecio con il procuratore e sottoprefetto della classe misenense L. Alfenus Senecio (PIR2 A 520), condivisa dalla quasi totalità degli studiosi che si sono occupati della questione40; recentemente si suole collocarlo all’inizio del regno di Marco Aurelio, agli anni 161-16641. Birley ha cercato di dimostrare che il procuratore e l’omonimo legato consolare, comunemente ritenuto suo figlio, fossero la stessa persona42; in tal caso dovremmo estendere la datazione del nostro dipinto all’età di Commodo. Tuttavia, rimane estremamente incerto che il Senecio del dipinto ostiense e il procuratore di origine africana possano ritenersi la stessa persona. Il primo è, nel testo del dipinto, privo del gentilizio, e poiché Senecio era un cognome abbastanza diffuso (anche il tribuno Aurelius Senecio in questa stessa iscrizione lo porta)43, l’identificazione si pone su una base vacillante. In generale si può datare l’iscrizione all’età di Marco Aurelio o Commodo. Non si può andare molto oltre nell’età severiana; già verso il 195 le iscrizioni ostiensi dei vigili non menzionano più che un solo tribuno44. L’onomastica non offre appigli sufficienti. La variabilità nell’uso del prenome va ricondotta al carattere informale del documento, e un Titus Aelius poteva benissimo appartenere ancora alla fine del II secolo, come un Aurelius privo del prenome non è argomento sufficiente per una datazione tarda.
5719. Sottoscala che mena alla latrina, parete destra (= parete SO), nella parte sinistra dell’intonaco conservato (in mezzo all’intera parete). 35 × 7-22.
[S]euerus.
58Seuerus (l’integrazione del nome è certa) era un cognome popolare in tutti i ceti della popolazione, molto usato anche a Ostia. Non è il caso di vedervi un richiamo a un imperatore Severo.
5920. Sotto a destra di 19. 7 × 2,5-3.
Idus.
60Così mi sembra debba essere letto. La I è più sottile delle altre lettere.
6121. Sotto 19. 22 × 1,5-8 (fig. 4).
<non liquet>

62Si tratta evidentemente di uno scrittore semialfabeta, per cui non è facile assodare quanto voleva esprimere. Se la prima lettera conservata è una H (la traversa si prolunga molto a destra; per un cedimento dell’intonaco la parte più a destra sta ora più giù, ma fa parte della traversa) e se al centro sta M, si potrebbe leggere HIIRM; si noti che l’intonaco è guasto prima di M, per cui della R sarebbe rimasta solo l’asta verticale. Ma il seguito? Dopo la M ci sono tre segni d’incerto significato. Si potrebbe bene arrivare a Hermet(---), ma poi? Hermetia che sarebbe buon nome femminile (d’altra parte non ci sono casi sicuri sulle pareti della caserma di nomi di donne) non terrebbe conto dei segni della penultima lettera. Tutt’altra lettura, incertissima tuttavia: hi empti a.
6322. A destra di 21. 4 × 7-9
IIII
6423. Sopra (nell’altezza di cm. 230) in mezzo all’intonaco conservato 53 × 9-13 (fig. 5).
perfixi.

65Perfigere «trafiggere» noto nell’antica latinità soltanto da Lucrezio. Qui forse p.p. in contesto erotico, cf. desiderio perfixa «tormentata dal rimpianto» (Lucr., 2, 360). Se non perfetto attivo: ho trafitto.
6624. Sotto a sinistra di 23. 23 × 12-22.
SA
67Forse sa(lutem).
6825. Sotto a destra di 23. 15 × 6-14.
felo (?)
6926. A destra di 25. 40 × 8.
torre
7027. Sotto 25. 3,5 × 3,5.
MD
7128. Sotto 25 e 27. 35 × 3-4.
<non liquet>
72Il graffito rappresenta una scrittura non disprezzabile. Purtroppo, la superficie ha subito l’offesa della consunzione, il che rende malsicura la lettura del graffito, tanto più che il graffito è stato tracciato con mano leggera. Vi si aggiunge il vezzo dell’autore di tracciare alle estremità superiori delle aste traverse esagerate a guisa degli allargamenti a spatola della scrittura lapidaria. Questo fatto autorizza a leggere il graffito nei più svariati modi. Eccone alcuni. La prima lettera visibile può essere V, ma già la seconda può essere letta o come N (che avrebbe nell’estremità superiore dell’asta destra una traversa esagerata) o come A o R più una lettera costituita da un’asta verticale con traversa nell’estremità superiore (dunque RI, AI, RT, AT, RP, AP ecc.). Le due seguenti aste verticali possono rappresentare qualsiasi delle lettere suddette (I, P, T, possibile anche L e H con traversa consunta), non escluderei neanche E scritta con due aste verticali). La lettera seguente sembrerebbe in primo luogo E o L (E con traversa mediana consunta, L con traversa nell’estremità superiore esagerata), quella seguente forse a prima vista sembrerebbe T. Poi sicuramente VS.
7329. A destra di 27. 7 × 3
un triangolo (come un delta)
7430. Assai sotto 23 (all’altezza di cm. 165). 10 × 0,7-2 (fig. 6).
<non liquet>

75Il graffito si manifesta prodotto di un semialfabeta, e non vale la pena fare troppi tentativi per decifrarlo. C’è una lettera che sembra sicura, la R, prima della quale forse HV o addirittura THV; dopo R c’è un pasticcio che può essere letto in più modi: IRETIO (o IRETID), HIO, ecc. Poi N e II (= e) o IC o simili. La prima cosa che viene in mente è un nome greco con desinenza -ione, ma il resto non si accorda. Inutile continuare le congetture.
7631. Stanza 5, parete SO, in mezzo alla parete. 80 × 40.
tabella ansata priva di scrittura
7732. Stanza 9, parete SE, in mezzo alla parete. 6 × 10-12.
IIII
7833. Parete SO. 10 × 11.
XIII
7934. Sottoscala fra le stanze 9 e 10 ("sottoscala prigione"), sulla spalla sinistra dell’ingresso, nell’angolo sinistro, all’altezza di un metro circa, su una tegola. 20 × 2-3,5 (fig. 7).
Hirpinius Do+[---]

80Lanciani 1889, p. 79 n. 5 (da cui Paschetto 1912, p. 299 n. 7); Correra 1895, p. 213 n. 357 (attribuendo erroneamente la sua ubicazione al n. 358); Wickert, CIL XIV, 4524 da Lanciani e dal ms. Hülsen.
81La scrittura copre tutta la tegola, per cui è rimasta incompiuta. – Wickert dà la prima I come I montante, tuttavia ha la stessa altezza delle altre lettere.
82Il gentilizio Hirpinius -ia è attestato solo poche volte; ad Ostia compare, oltre che in questo graffito, in un altro graffito tracciato nel pilastro sinistro della porta settentrionale della caserma (CIL XIV, 4521), ma con tutta verosimiglianza si tratta dello stesso personaggio. Quest’ultimo graffito è finora stato letto variamente: HIRPINI DO///ATI /// /// Lanciani 1889, p. 79 n. 5; HIRPINI DO////ATI/// Correra 1895, p. 213 n. 358; HIRPINI ///ATI Hülsen nella copia usata da Wickert, con la nota «supplemento Don]ati spatium non convenit, nisi credimus scriptum fuisse litteris contignatis». In base a un attento studio, condotto nel 1967 devo confessare che una lettura certa non si può raggiungere. Ma, per la rarità del gentilizio, quale che sia la lettura del cognome, a me sembra evidente che nei due graffiti si tratti della stessa persona; con tutta verosimiglianza si chiamava Hirpinius Donatus (in 4521 si legge oggi HIRPINI+[1 o 2]ATI). Al di fuori di Ostia, incontriamo due volte il femminile Irpinia, una volta a Teggiano (CIL X, 310 = InscrIt III, 1, 248 Irpinia Auia)45, un’altra a Pompei (CIL IV 8286 Irpinia; la lettura sembra buona). In questi due casi non può trattarsi che del gentilizio Hirpinia scritto senza l’aspirazione; nel graffito pompeiano rappresenta un nome unico, ma accade spesso che gli scriventi pompeiani abbiano trascurato la forma esatta del nome di una persona46. Hirpinius -ia fa parte di quei non numerosi gentilizi derivati da nomi di popoli come Campanius, Latinius, Romanius e altri, alcuni dei quali sono attestati fin dall’età repubblicana47. Gli Hirpini erano una popolazione sannita ben nota nella tradizione romana, per cui l’etnico poteva senz’altro fungere come fonte per un gentilizio; per quanto riguarda il gentilizio femminile Irpinia (vale a dire Hirpinia), non può avere origine da un toponimo Irpinia (a simiglianza della coppia Vmbrius -ia gentilizio e Vmbria toponimo), per il semplice fatto che Irpinia come nome del distretto storico-geografico nelle province di Avellino e Benevento non è antico. Invece non vedrei il punto di partenza nel cognome Hirpinus, poco diffuso48, in quanto questo tipo di gentilizi derivati dai cognomi è caratteristico dell’onomastica delle province galliche e germaniche.
8335. Nella volta dello stesso sottoscala (sottoscala A nella pianta NSA, 1899, p. 78). Irreperibile (fig. 8).

84Lanciani 1889, p. 81 n. 14 da copia di Gatti e Hülsen (da cui Paschetto 1912, p. 299 n. 8); Dessau, EphEp VII, 1222 dalla copia di Mau; Correra 1895, p. 211 n. 339; Wickert, CIL XIV, 4528 da EphEp e da copia di Hülsen. – cf. Sablayrolles 1996, p. 307, 384.
851 SVEXCVBA > XIIX MAR Correra malissimo. – 4 CVM MATVSA Lanciani CVMMA Hülsen ms.; ///VM////MA/////////////Λ//// Dessau. – 5-6 ////AVR/////// | ///T/// Dessau; AN SV / T TCHS Correra; Lanciani ha rinunciato a una lettura.
861 una centuria Valent(---) in CIL XIV, 4506 (202 d.C.); excubare ‘fare la sentinella’ – 2 forse M(arcus); si noti che M. è diffuso presso i Valerii. La lettura di 1-3 sarebbe ((centuria)) V( ); excubat XII K(alendas) Mar(tias) | M(arcus) | Valerius Seuerus. – 4 la lettura rimane molto incerta. Se si tratta di un nome e se la lettura del Lanciani fosse esatta, avremmo il nome femminile Matusa (anche se nomi di donna sono rarissimi sulle pareti della caserma). Ma Matusa sarebbe del tutto sconosciuto. L’unica possibile spiegazione sarebbe Mathusa come pendant femminile a Mathon, nome greco attestato anche a Roma (CIL VI, 22287. 35323 a). Ma Mathusa stesso non mi risulta finora attestato. Piuttosto si deve cercare, invece di un nome femminile, il nome di un contubernale o una espressione di tenore indefinito. In 5 Aur[---] potrebbe anch’esso rappresentare il nome di un contubernale Aurelius (se non Aurelianus).
8736. Stanza 11, parete SE, a destra. 50 × 25.
nave
88Logoratissimo l’intonaco.
8937. Parete SO, a sinistra. 60 × 20.
nave (?)
9038. A destra di 37. 54 × 13.
nave
9139. Stanza a sinistra dell’augusteo, parete SE. Diametro 8.
rosetta
92Nella parte sinistra della parete ci sono vari cerchi ecc. qui omessi, perché sono diventati più o meno invisibili per il logoramento dell’intonaco.
9340. Sotto e a sinistra di 39. 11 × 4; alt. lett. 1-2.
Titus Flauius (?)
XI[---]
94Di lettura molto incerta.
95La tabella ansata che circonda il graffito non è certo se sia stata fatta appositamente per esso.
9641. Sotto 40. 10 × 6; alt. lett. 2.
Sulpicius
Siluinus
[---] Nonas
fecit.
97Lanciani 1889, p. 81 n. 17 (da cui Paschetto 1912, p. 299 n. 11). Correra 1895, p. 213 n. 352. Da Lanciani dipende, come sembra, Wickert, CIL XIV, 4527c. – cf. Sablayrolles 1996, p. 384 (male).
98Ora l’intonaco è gravemente logorato, e sono appena riuscito a vedere la parte inferiore. Perciò è anche difficile stabilire lo stato dell’ «impaginazione» del graffito, cioè in che riga si trovassero le eventuali integrazioni del nome del mese e di stationem.
99Le lettere viste dal Lanciani, ma ora svanite sono sottolineate. – 3 il nome del mese stava o dopo Nonas o all’inizio della riga seguente. – 4 forse [stationem] fecit.
10042. Sotto 40, chiude dentro di sé 41. 53 × 26.
tabella ansata priva di scrittura, come sembra (la tabula non sembra appartenere a 41)
10143. A destra di 42. Diametro 48, dei cerchi più piccoli 24.
fiore geometrico
102Consta di un grande cerchio, dentro il quale si trovano cerchi con raggio di mezza lunghezza.
10344. A destra di 43. 25 × 23.
cerchio in forma di labirinto
10445. Sotto 43. Diametro 22.
fiore geometrico simile a 43
10546. A destra di 45. Diametro 23.
fiore geometrico simile al precedente
10647. Parete SO (= parete di fondo), a sinistra. 126 × 47.
figura di tavolo da gioco (?)
10748. Sopra 47. 25 × 8-12.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
10849. Sopra a destra di 48. 29 × 7; alt. lett. 3 circa (fig. 9).
Aelius Masuetus
exactus lâter[nar?]um.

109Lanciani 1889, p. 81 n. 18 (da cui Paschetto 1912, p. 299 n. 12); da Lanciani dipendono Dessau, EphEp VII, 1223 e Wickert, CIL XIV, 4527d; Correra 1895, p. 213 n. 353. – cf. Sablayrolles 1996, p. 384.
110Le lettere viste da Lanciani, ma ora svanite sono sottolineate. – MASVETVS / AELIVS C . . . VLIVS / EX⋅ACTVS LATER . . . VM / APERC . . . SVM Correra, in modo confuso (vista la poca attendibilità delle trascrizioni del Correra, non è il caso di pensare che egli avesse trascritto un altro graffito). – 2 punto triangolare tra ex ed actus.
1111 Mansuetus era un popolare cognome, spesso scritto Masuet-. Era usato anche in cerchie militari49; si conosce addirittura un [A]el(ius) Mansu[etus] be(neficiarius) leg(ati) pr(ouinciae) a Carnuntum50. – 2 Wickert propone di intendere exactus laternarum nel senso di sebaciarius, forse a ragione; exactus sostantivato era una carica militare, un soldato ex actis, con funzioni non meglio definite51. Lâter[nar?]um sembra essere scritto così, con nesso di A e T; difficile tirar fuori un triplice nesso di A, N e T. La forma laterna per lanterna compare spesso nei codici di autori romani (TLL VII 2, col. 935); e il termine la(n)terna sta bene nel contesto, in quanto significa una lampada portatile.
11250. A destra di 47 (fig. 10).
riquadro elaborato per un’iscrizione dipinta

113Lanciani 1889, p. 82-83 (AE 1889, p. 57); Paschetto 1912, p. 292.
114Questo è il primo esempio della classe di iscrizioni murali che Lanciani definì una specialità del castro ostiense (ma si trova anche altrove, per es. in Africa). Essendo questo l’esemplare meglio conservato, se ne dà qui una breve descrizione. Prima fu spicconato l’intonaco di cocciopesto nella misura voluta, poi si riempì e si spalmò lo spazio con intonaco fine e levigato a polvere di marmo, incorniciandolo con una cornice dipinta in minio vivacissimo. L’iscrizione dipinta racchiusa dalla cornice era divisa in otto linee. Se n’è perduta ogni traccia, ma sembra certo che vi sia stata.
115Quanto alla datazione delle iscrizioni parietali della Caserma dei Vigili52, sembra che per una buona parte siano della prima metà del III secolo. L’unico testo esattamente databile, CIL XIV, 4526c, risale al tempo di Severo Alessandro. Questa data sembrerebbe doversi applicare almeno ai dipinti e ai graffiti dei vani a destra e a sinistra della porta principale e dei vani circostanti l’augusteo. Oltre a criteri interni (l’uso incostante del prenome che viene più spesso omesso; il soprannome della coorte Seueriana in CIL XIV, 4526c e EphEp VII, 1221), a favore di questa datazione testimoniano anche le pitture parietali della stanza a destra dell’entrata che sono appunto dell’età severiana53; e poiché i vani circostanti l’ingresso principale sono simmetrici, è da credere nella contemporaneità di esecuzione delle loro pitture parietali; così avremmo per le stanze 2 e 3 un terminus post quem. Ma alcune iscrizioni possono appartenere ancora all’età di Marco Aurelio o di Commodo, come 18.
116I graffiti scritti sulle tegole delle porte della caserma sembrano anch’essi risalire per una buona parte alla prima metà del III secolo, come farebbero pensare ad es. la rarità del prenome, la presenza di Aurelii, il declino talvolta spaventoso della scrittura, ecc. Purtroppo non possiamo identificare con certezza alcun vigile con quelli tramandati nelle iscrizioni urbane di vigili; alcuni omonimi si trovano nei latercoli CIL VI, 1056-1058 degli anni 205-210, ma si tratta di nomi troppo comuni per consentire una sicura identificazione54. Quanto al centurione Iulius Maximus in 18, si conoscono dalle iscrizioni romane due centurioni dei vigili di nome Maximus, ma non sono della terza coorte come il nostro (CIL VI, 1064 I, 22 dell’età di Caracalla, della II coorte; CIL VI, 3005 dell’anno 227, della VII coorte). Più significativo potrebbe essere l’accostamento tra P. Tiberius Felix 96 e T. Tiberin(ius) Felix CIL VI, 1057 V, 123, essendo Tiberius un gentilizio poco diffuso, ma la lettura P. Tiberius è abbastanza sicura.
117Per i graffiti dei pilastri della porta settentrionale abbiamo un terminus ante quem. La porta fu chiusa al tempo di Settimio Severo, per cui i suoi graffiti si possono senza ombra di dubbio datare al periodo anteriore alla chiusura; è evidente che i vigili non andavano a tracciare i loro nomi sui pilastri facendo un lungo giro per giungere in un posto dove non si soleva più fermarsi.
118Queste considerazioni non valgono per tutti i graffiti. In una stanza sul lato nord della caserma van Essen (vedi sopra nt. 48) ha trovato pitture dell’inizio dell’età antoniniana, e proprio su questa parete stanno (se non mi sbaglio) il palindromo (Guarducci 1965, p. 264) e un inedito, per i quali abbiamo dunque un terminus post quem verso la metà del II secolo.
119Sulla destinazione dei diversi vani della caserma le iscrizioni dicono ben poco. Si può supporre che nella grande maggioranza gli scriventi fossero soldati: il contenuto è per lo più circoscritto all’ambito della vita dei vigili. Un paio di nomi di donna, di cui sopra, non cambiano l’impressione generale. Nonostante la loro ristrettezza, le iscrizioni sono interessanti per l’istituzione del corpo. Soprattutto i latercoli dipinti ci aprono uno spiraglio sulla mentalità dei vigili. Così essi, ad es., ricordavano con grande cura il segno più tangibile del loro pieno diritto di cittadinanza, vale a dire la concessione del grano. Inoltre dimostrano chiaramente, come anche le iscrizioni lapidarie, che il corpo dei vigili di Ostia non aveva un comando centrale e che le centurie di questa città erano composte da varie unità romane.
Bibliographie
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Vorbeck 1980 = E. Vorbeck, Militärinschriften aus Carnuntum, Vienna, 1980.
Notes de bas de page
1 Cf. Solin 2020. Per il presente contributo mi sono avvalso soprattutto dell’aiuto di Gianluca Mandatori, il quale si è preso la briga di rivedere il mio italiano e ha dato, anche per altri versi, il suo appoggio nella redazione del saggio.
2 Lanciani 1889, p. 79-83 (alcune delle trascrizioni furono fornite da G. Gatti, A. Mau e Chr. Hülsen; i graffiti furono visti, ma purtroppo non studiati, anche da K. Zangemeister) e Vaglieri 1911, p. 367-370 e 1912, p. 50. 277)
3 Paschetto 1912, p. 292, 298-300.
4 Correra 1895, p. 209-214 nn. 330a-360.
5 Guarducci 1965, p. 264 sq. fig. 8, tav. LXXXIII, 1.
6 CIL XIV, 4526b comm.; Correra 1895, p. 211 n. 343.
7 Sulla caserma e sui vigili di Ostia cf. in generale Baillie Reynolds 1926, p. 107-115; Meiggs 1973, p. 305-308; Sablayrolles 1996, passim; Virlouvet 2009, passim. Una pianta con la numerazione dei vani qui seguita, in Sablayrolles 1996, p. 294. I vigili sono attestati ad Ostia, oltre che in numerose iscrizioni lapidee (CIL XIV, 6, 13-15, 214, 221, 226, 230, 231, 4281, 4368, 4376, 4378, 4380, 4381, 4385-4389, 4397, 4398, 4490, 4499-4508; cf., inoltre, le importanti osservazioni di Wickert p. 610), anche nel graffito scritto su una parete del Sacello del Silvano (CIL XIV, 4530).
8 In ogni caso il personaggio menzionato era un vigile; così anche Sablayrolles 1996, p. 770.
9 Così anche Virlouvet. Sulla possibilità dell’uso di tale forma vedi il commentario a 18.
10 Tranne Fast. ann. Iul. Praen. Dec. 22 (InscrIt XIII, 2, 17), ma in tutt’altro contesto.
11 Sul complesso vedi Manacorda 1999.
12 Vedi TLL V 1, col. 641, 61-63.
13 La trascuratezza viene sottolineata anche da Virlouvet 2009, p. 111 sq.
14 Sull’interpretazione del termine Fink 1971, p. 2, 4, 180-182 e passim. Le attestazioni, quattro di numero, in TLL X 2, coll. 1228-1229.
15 Tale restituzione viene ascritta da Virlouvet 2009, p. 109 a Wickert, ma non ce n’è traccia nell’edizione di quest’ultimo; si tratta dunque di un malinteso.
16 Su principia come termine tecnico militare TLL X 2 coll. 1316-1318.
17 Sul senso cf. Domaszewski 1967, p. 13-16, 41; Virlouvet 2009, p. 109.
18 Era comune a Roma (14 attestazioni in Solin 2003, p. 332 sq.). Sulla diffusione nel resto dell’Impero romano cf. TLL II col. 1663.
19 CIL XI, 2620 Baccia Priscilla. Cf. Schulze 1904, p. 204, che ritiene Baccia solo una variante fonologica di Paccia (ma tale osservazione resta alquanto oscura).
20 Salomies 1987, p. 47-50 non ne conosce esempi.
21 Così van Berchem 1939, p. 41 sq. Ma cf. Virlouvet 1995, p. 273.
22 Poi, se Iulius Bacchius fosse veramente stato un secutor, avrebbe avuto già da tempo diritto al frumento pubblico, per cui si potrebbe ipotizzare che non avrebbe avuto bisogno di mettere in evidenza questo suo diritto; su ciò cf. Virlouvet 2009, p. 110.
23 Diversamente va giudicato CIL VI, 943 plebs urbana, quae frumentum publicum accipit, dove il presente è disinvolto.
24 Nel gergo epigrafico accipit può comparire nelle liste, in cui il presente è difendibile; per es. negli ostraca di Bu Njem della metà del III secolo (Marichal 1992, passim).
25 Su ciò vedi Szantyr 1965, p. 305-309, spec. 306 sq.
26 CIL VI, 34333. Casi meno sicuri: CIL IX, 6080, 2 (bollo d’anfora di lettura incerta); SupplIt 20 Venusia 53 (acefalo); CIL XI, 1147 VI 86 fundus Afrianus può appartenere a un Afrius sì, ma anche a un Afer. I numerosi esempi del bollo aretino, scritto Sex. Afri, che porterebbe il gentilizio Afrius, appartengono in realtà al vasaio Sex. Annius Africanus (CVArr 2000, p. 104 sq. n. 188-190). È al vasaio aretino che Schulze 1904, p. 113 riferisce il suo unico rimando al gentilizio Afrius. Licordari 1977, p. 243, leggendo ancora Afrius, attribuisce al vigile un’origine africana; anche se questa lettura cogliesse nel segno, ciò non direbbe niente sull’origine africana del vigile, giacché, in realtà, questa famiglia di nomi non ha niente a che fare con l’Africa (l’ha visto chiaramente già Schulze).
27 Come afferma Sablayrolles 1996, p. 183, n. 674. Il nome è attestato a Roma 33 volte (Solin 2003, p. 408 sq.). Sull’alternanza delle forme Serapio e Sarapio cf. un peregrino romano che si chiama Sarapio in CIL VI, 7025 e Serapio in 7033.
28 La grafia suppr- anche in CIL VI, 2997 e AE 1969/70, 704 (Chamsa in Numidia).
29 L’ha visto anche Pflaum 1960, p. 443.
30 Virlouvet, che nel suo exemplum 2009, p. 108 integra Idus, p. 111 adduce come alternativa Kalendas.
31 Su die primo cf. Virlouvet 1995, p. 16 nt. 18.
32 Tuttavia, è d’accordo Sablayrolles 1996, p. 160, 556. Contrari sono Wickert, ad CIL XIV, 4509 e Virlouvet 2009, p. 112.
33 Sugli incarichi del tesserarius cf. Sablayrolles 1996, p. 220 sq.
34 Virlouvet 2009, p. 113 desume alcuni omonimi del presunto tesserarius dal contesto militare, ma, come sottolinea lei stessa, è compito disperato trovare candidati per l’identificazione; inoltre, vede in Iulius Proculus un ulteriore vigile privo della menzione del grado (vedi qui di sotto).
35 Virlouvet 2009, p. 113.
36 Lo stesso quadro si ottiene dalle iscrizioni lapidarie, solo che di solito il numero dei tribuni del distaccamento è, fino alla fine del II secolo, due. cf. Sablayrolles 1996, p. 159 sq.
37 Vedi per es. CIL XIV, 4380, 4499, 4501-4506, 4508.
38 Diversamente Sablayrolles 1996, p. 160 e 556 ritiene Varius Florus l’unico tribuno che partecipa allo spostamento, mentre i soldati avrebbero designato i tribuni M. Cassius Longinus e Aurelius Senecio come comandanti di un distaccamento precedente. Ciò dipende da un’errata interpretazione delle lettere DEM nella riga 10 come de M(arco). Inoltre, non si capisce come con de si possa riferire a un precedente distaccamento.
39 Così Baillie Reynolds 1926, p. 124, rinviando alla similitudine con altre iscrizioni ostiensi dell’età di Marco Aurelio.
40 Il primo ad aver identificato il nostro con L. Alfenus Senecio, è Pflaum 1960, p. 440-444, il quale analizza con cura le testimonianze a lui relative (così dubitativamente già PIR2 A 520). Inoltre, Duncan-Jones 1967, p. 166; Jarrett 1972, p. 155 sq.
41 Sablayrolles 1996, p. 530 e altrove, seguito da Virlouvet 2009, p. 105 e PIR2 V 889.
42 Birley 1967, p. 79 sq.; 2005, p. 190 sq. Allo stesso modo, anche se con esitazione, Le Glay 1982, p. 771.
43 Kajanto 1965, p. 301 conta del nome, in totale, 138 attestazioni.
44 Sablayrolles 1996, p. 160.
45 La lettura è certa: autopsia nel 1979: Solin 1981, p. 50-52. Stranamente, Mommsen nell’indice del CIL X, p. 1040 dubita della correttezza della forma del nome della donna. Ma, oltre al gentilizio, che facilmente si spiega come forma priva di aspirazione di Hirpinia, un cognome Auia è difendibile, anche se manca nel repertorio del Kajanto.
46 (H)irpinia manca nell’album dei pompeiani compilato da Castrén 1975; va aggiunto a p. 175.
47 cf. Solin 2014, p. 80 sq.
48 Kajanto 1965, p. 185 registra di Hirpinus sei attestazioni, di Hirpina tre. Aggiungi CIL I2 3638 (Hirp(ini?), firma su una gemma); VI, 200 III, 66 (da leggere così, e non Hircinus, come nel CIL, cf. Solin 2000, p. 295); AE 1979, 182; 1988, 71; 2005, 415.
49 cf. Dean 1916, p. 220.
50 Vorbeck 1980, p. 300 (circa II/III secolo).
51 Vedi Fiebiger 1909, col. 1547. Le attestazioni in TLL V 2, coll. 1137 sq.
52 Come risulta dagli scavi effettuati da Fausto Zevi, cf. Sablayrolles 1996. Una prima fase dell’edificio risale al I secolo d.C.
53 Vedi van Essen 1956-1958, p. 168.
54 I casi sono i seguenti: Iulius Proculus 18: Iulius Proculus CIL VI, 1056 I, 116. IV, 39. A. (M.) Iulius Proculus 1057 V, 91 = 1058 VI, 23; Q. Marciy(s) Felix CIL XIV, 4527f: C. Marchiu(s) Felix 1057 VII, 22 (la diversità dei prenomi non esclude necessariamente una eventuale identità, visto che il Lanciani è l’unica autorità per il graffito); Iulius Faustinus CIL XIV, 4526b: P. Iulius Faustinus 1057 VI, 4. 1058 IV, 4; Pomponius Felix CIL XIV, 4520: C. Pomponius Felix 1057 VII, 15. 1058 V, 3; Marcus Aurelius Maxim(us) CIL XIV, 4522: M. Aurelius Maximus 1059, 11, inoltre un L. Aurelius Maximus 1057 I, 85; Aurelius Hermogenes CIL XIV, 4523: C. Aurelius Hermogenes 1058 V, 1. M. Aurelius Hermogenes 1058 VII, 96; Murrius (?) CIL XIV, 4521: Q. Murr(ius) Sabinus 1058 VI, 61 (?).
Auteur
heikki.solin[@]helsinki.fi
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