Viabilità e utilizzo del territorio. Il suburbio sud-orientale di Ostia alla luce dei recenti rinvenimenti archeologici
Résumés
Questo contributo intende analizzare le modalità di uso del territorio ed il problema della viabilità antica nell’area suburbana sud-orientale della città romana di Ostia, alla luce dei recenti rinvenimenti archeologici. Il suburbio ostiense risultava condizionato da una serie di elementi naturali : il mare ad ovest, lo Stagno ad est ed il corso fluviale con il meandro a nord. In età imperiale in questo territorio possono individuarsi differenti settori in relazione al loro utilizzo, anche a causa dei vincoli idrogeologici. In particolare, possono distinguersi una vasta area utilizzata a scopo funerario nella zona sud-orientale e lungo il lato meridionale dell’antica via Ostiense ed un’area invece rivolta alle attività commerciali presso il meandro del Tevere, mentre lungo le due sponde del lungo Stagno si praticavano attività agricole ed artigianali, anche connesse con strutture residenziali, condizionate dalla sistemazione del terreno paludoso con caratteristiche opere di bonifica idraulica con anfore.
This research will analyse the different uses of the surroundings of Roman Ostia in ancient time and the problem of the main road in this territory, especially thanks to the new archaeological excavations. The suburbium of Ostia was conditioned by natural elements: the sea in the West, the Lagoon in the East and the Tiber with its meander in the North. In the imperial age, we can identify several areas with different uses, also conditioned by hydrogeological restrictions. In particular, we can recognise a large funerary area at the South-East of the Roman city ; furthermore, along the southern side of ancient via Ostiense, another area with commercial activities near the Tiber meander is to be found, whereas along the banks of the Lagoon the new archaeological investigations found remains of farming and craft activities, related in some cases with residential settlements, and traces of the drainage systems with amphoras of marshy land.
Entrées d’index
Keywords : Saltworks, lagoon, road, storehouses, funerary area, amphoras, reclaim land, river harbor, kiln
Parole chiave : Saline, stagno, viabilità, magazzini, necropoli, anfore, bonifiche, porto fluviale, fornace
Texte intégral
La grande necropoli sud-orientale (fig. 1, A)
1Il suburbio sud-orientale dell’antica città di Ostia è stato condizionato nel suo utilizzo antropico da importanti fattori di natura idrogeologica, di cui ancor oggi possiamo indagare i diversi aspetti. La città, fondata presso la foce del fiume Tevere e vicino al suo ultimo meandro prima dello sbocco a mare, viene a trovarsi stretta tra una serie di elementi naturali che vincolano lo sviluppo e l’utilizzo del territorio direttamente circostante all’agglomerato urbano. Ad ovest il mare impediva qualsiasi ulteriore espansione, mentre ad est la grande laguna semipaludosa formava un’altra vasta barriera d’acqua insieme al Tevere, che, a conclusione del suo percorso meandriforme, chiudeva la città sul lato nord. Non solo l’acqua costituiva un ostacolo per l’espansione della città nel suo immediato suburbio, ma anche la tipologia litologica dei terreni intorno alla città, legati anche a fattori idrogeologici, creava un ulteriore condizionamento allo sviluppo delle diverse attività ed all’utilizzo del territorio. Così, non a caso, la grande area funeraria cittadina si venne a localizzare nella vasta zona di sabbie retrodunari subito a Sud della città1, luogo mediamente asciutto, rispetto ai terreni più ad est, dove l’area paludosa dello Stagno veniva ad allargarsi e a restringersi a seconda dei cicli climatici.
2Riguardo all’estesa necropoli del suburbio sud-orientale di Ostia, numerosi sono ormai i dati archeologici che sono venuti a definirne topograficamente i limiti ed a ricostruirne l’organizzazione interna (fig. 2). Oggi il riconoscimento del tessuto territoriale antico è alterato dalla realizzazione in epoca moderna dell’attuale tracciato della via Ostiense-via del Mare e dalla Ferrovia metropolitana Roma-Lido, che sono venute a separare contesti funerari in epoca antica tra loro coerenti. Con tutta probabilità la necropoli meridionale venne a svilupparsi progressivamente senza soluzione di continuità dalle mura della città verso sud (cd. tombe dei Claudii e moderna località di Pianabella) e lungo una viabilità territoriale costituita da una serie di percorsi stradali basolati e non, che seguivano la linea delle dune di sabbia. Fin dall’epoca tardo-repubblicana/primo-imperiale l’area funeraria si allargava dalla zona di Porta Romana verso est, fino all’inizio dei terreni semipaludosi della sponda ovest del grande Stagno, sul lato meridionale della strada principale di collegamento con Roma, la via Ostiense. Dalla ricerca archeologica di questi ultimi anni è emerso come nella zona della moderna borgata di Ostia Antica l’ambito necropolare direttamente affacciato sulla strada dovesse costituire uno degli spazi funerari della città maggiormente ricercati per la costruzione di tombe famigliari e di collegia, mentre la zona più lontana dalla strada e più vicina alla laguna, ma ancora caratterizzata dalla presenza di terreni sabbiosi, era utilizzata per il seppellimento della popolazione più povera.
3Gli elementi scaturiti dalle recenti indagini archeologiche nel suburbio di Ostia portano perciò a superare la tradizionale visione di aree funerarie distinte e separate (la necropoli di Porta Romana, la necropoli di Porta Laurentina e la necropoli di Pianabella con la Basilica paleocristiana)2 e a riconoscere invece un’unica estesa area funeraria, molto più ampia di quanto prima immaginato, con differenti caratterizzazioni architettoniche e diverse modalità di utilizzo all’interno, a seconda del periodo d’uso e delle condizioni sociali di coloro che vi erano sepolti. A questo proposito, grazie alle attività di scavo archeologico nell’ambito di un complesso e articolato cantiere Acea lungo la via Ostiense-via del Mare (a. 2006), all’estremità settentrionale dell’area funeraria nella moderna località di Pianabella, è stato possibile analizzare una nuova parte della grande necropoli destinata alla popolazione di ceto elevato, occupata in antico per la maggior parte da sepolcri di una certa monumentalità e da sepolture con corredi di particolare interesse (fig. 2, A1)3. Anche l’analisi antropologica ha confermato la presenza di inumazioni di epoca medio-imperiale riferibili ad un ceto cittadino abbastanza elevato4, tra le quali si segnala quella di una donna di circa 30-35 anni, dall’eccezionale corredo caratterizzato da una fascia tessuta con fili d’oro in trama e ordito, da considerarsi con tutta probabilità come un ornamento per l’acconciatura5. In questa zona vi erano anche sepolture riferibili con tutta probabilità a popolazione di origine orientale6, anche per la presenza di particolari maschere fittili sistemate sui volti degli inumati7. All’estremità orientale dell’area di Pianabella, presso la chiesa di S. Ercolano, sono testimoniati ritrovamenti sepolcrali fin dall’Ottocento, confermati da rinvenimenti novecenteschi e del 2006 (fig. 2, A2)8, come pure nella zona della Stazione della Ferrovia Roma-Lido, connessi a strutture più antiche destinate forse ad altre funzioni, legate probabilmente all’uso agricolo del territorio (v. infra).
4Inoltre, l’area funeraria si estendeva anche nella zona dell’attuale Borgo medievale, sorto nel IX secolo col nome di Gregoriopoli intorno alla chiesa di S. Aurea, le cui strutture originarie di epoca probabilmente tardoantica, con orientamento opposto all’attuale, sono state rinvenute al di sotto dell’edificio tardo-quattrocentesco9. Nell’area dell’abitato medievale già nella metà dell’Ottocento erano segnalati ritrovamenti di tombe e di iscrizioni sepolcrali, parte delle quali sono state riutilizzate nelle murature degli edifici del Borgo10. Inoltre, in periodi diversi del Novecento una parte dell’area funeraria di età presumibilmente tardoantica/altomedievale, ma con una continuità d’uso per tutto il Medioevo ed oltre, è stata scavata all’interno e all’esterno dell’odierno edificio di culto di S. Aurea, senza lasciare però una documentazione adeguata dei rinvenimenti11. Questa parte dell’area necropolare antica risultava svilupparsi lungo una serie di percorsi stradali secondari, rispetto alla via Ostiense, rinvenuti in più di un’occasione al di sotto della viabilità moderna dell’abitato medievale, che ricalcò fedelmente la sistemazione antica12.
5Inoltre, subito fuori del Borgo, sul lato settentrionale di via dei Romagnoli (in questo tratto corrispondente all’antica via Ostiense), all’altezza dell’incrocio con via Pericle Ducati e via delle Saline, nella seconda metà del Novecento sono state segnalate strutture murarie riferibili, dagli scavatori dell’epoca, ad età imperiale e forse anche tarda, con connesse sepolture ad inumazione di non meglio specificato ambito cronologico.
6Subito ad est del Borgo, sul lato meridionale di via dei Romagnoli, tra piazza Gregoriopoli e le vie limitrofe, sono stati rinvenuti diversi nuclei cimiteriali con il medesimo orientamento nord-ovest/sud-est (fig. 2, A3)13. In particolare, durante indagini archeologiche preventive effettuate negli anni 2006 e 2007 nell’attuale piazza Gregoriopoli, è stato messo in luce un piccolo colombario di pianta rettangolare (2,50 x 4,00 m). L’edificio, abbastanza ben conservato, tanto da mantenere parte della volta a botte, aveva l’ingresso sul lato settentrionale, probabilmente su un percorso interno alla necropoli e immediatamente parallelo all’antica via Ostiense14. Il colombario fu utilizzato per un periodo abbastanza lungo (dall’inizio dell’età imperiale almeno alla fine del II secolo d.C.), oltre che per incinerazioni, anche per sepolture ad inumazione, sia all’interno dell’edificio che in ambienti ad esso addossati, posti ad una quota più elevata e probabilmente raggiungibili tramite una scala. Immediatamente ad ovest di questa costruzione, su via Claudia Quinta, è stato possibile verificare nel 2007 l’esistenza di altre strutture sepolcrali di più difficile riconoscimento, tra le quali sicuramente un altro colombario15, mentre nell’anno precedente erano state individuate altre sepolture (tombe ad inumazione) poco più ad est, lungo la limitrofa via della Gente Salinatoria16. Inoltre, in quest’area lungo il lato meridionale dell’antica via Ostiense, alcune planimetrie conservate nell’Archivio del Parco Archeologico di Ostia Antica documentano l’esistenza di altri edifici con tutta probabilità sepolcrali, rinvenuti nel secolo scorso17.
7Dall’analisi archeologica ed antropologica di tutti questi ritrovamenti si evince che la zona dell’immediato suburbio meridionale e orientale della città romana era quella destinata alla costruzione di sepolcri di una certa monumentalità, utilizzati da una parte dal ceto medio-alto (l’area meridionale della necropoli) e dall’altra dalla classe medio-bassa (l’area orientale della necropoli, a sud dell’antica via Ostiense). Elementi in tal senso emergono dalla tipologia delle strutture funerarie, dai dati epigrafici, dai corredi rinvenuti e dall’analisi antropologica effettuata sui resti degli incinerati e degli inumati. In particolare, le recenti analisi effettuate sul campione di popolazione proveniente dai contesti funerari della necropoli meridionale (via del Mare - loc. Pianabella) suggeriscono che la maggior parte di questi individui non svolgesse pesanti attività lavorative, appartenendo probabilmente alla classe medio-alta della città : ciò è testimoniato dalla bassissima frequenza di malattie articolari e dalla carenza di alterazioni scheletriche causate da stress da carico o da intensa attività fisica (traumi, fratture ed infezioni), nonché dallo studio delle affezioni dentoalveolari, che mostra una frequenza molto bassa di carie, in relazione probabilmente anche ad una dieta bilanciata, caratterizzata da un modesto apporto di carboidrati. Invece, i resti degli individui rinvenuti nel colombario di piazza Gregoriopoli hanno evidenziato, specie nelle sepolture maschili, scheletri con artropatie correlate a stress biomeccanici, tipici di un gruppo di popolazione che svolgeva attività di un certo impegno fisico, anche se non particolarmente pesante. La struttura architettonica dell’edificio e degli ambienti annessi, le modalità di realizzazione delle sepolture ed i materiali rinvenuti all’interno del colombario e nelle tombe vengono anch’essi a confermare l’ipotesi di un campione di popolazione appartenente ad una classe sociale di limitate, ma comunque presenti, risorse economiche18.
8Dalle indagini archeo-antropologiche effettuate nel 2006 e nel 2010 all'interno del Parco dei Ravennati (fig. 2, A3, fig. 3) e nella zona dello svincolo di Ostia Antica all’incrocio tra la moderna via del Mare e via di Castelfusano (a. 2010-2011) (fig. 2, B e C), è emerso invece come l’area suburbana necropolare sud-orientale, più lontana dall’antica via consolare, fosse riservata alla popolazione più povera, in parte forse anche di ceto servile. In particolare, nella zona del Parco dei Ravennati sono state rinvenute alcune sepolture ad incinerazione in olle deposte sotto terra databili alla prima età imperiale, mentre, ad epoca coeva e poi successiva, è da riferire un maggior numero di sepolture ad inumazione sistemate in semplici fosse scavate nelle sabbie litoranee : gli scheletri erano disposti gli uni sugli altri, con riduzioni e parziali rimaneggiamenti dei resti ossei, in alcuni casi lungo muri di recinzione che evidentemente servivano per circoscrivere gli spazi da utilizzare a scopo funerario19. Anche l’analisi antropologica effettuata su tali sepolture ha confermato come questa fosse la parte della necropoli destinata agli strati più bassi della popolazione. Infatti le carenze nutrizionali, le malattie e le alterazioni scheletriche evidenziate, causate da stress biomeccanici, hanno dimostrato con precisione che questi individui svolgevano lavori molto pesanti, che prevedevano intense azioni compressive lungo l’asse vertebrale ed in generale un forte impegno funzionale degli arti, anche relativo al sollevamento ed al trasporto di carichi pesanti, attività forse da mettere in relazione con la vicina attività portuale, in cui tali individui potevano essere impiegati, per es. come saccarii.
9Questa modalità d’uso dell’area funeraria è apparsa continuare anche nell’area dello svincolo stradale tra la moderna via Ostiense-via del Mare e via di Castelfusano, dove, durante una recentissima complessa indagine archeologica preventiva in vista del possibile rifacimento della sede stradale (a. 2010-11), sono state indagate alcune aree distinte (aree 5, 6, 7), occupate dalla continuazione del sepolcreto rinvenuto nell’adiacente Parco dei Ravennati20. L’area funeraria era costituita per lo più da pochissime incinerazioni e da numerose inumazioni, inquadrabili nella prima/media età imperiale, in fossa terragna o sarcofago, a volte ligneo, solo in alcuni casi con corredo fittile, spesso sovrapposte l’una all’altra, anche con orientamento diverso, con gli inumati talvolta deposti a breve distanza di tempo tra loro, con un’evidente finalità di uso intensivo dello spazio funerario. Le sepolture risultavano scavate nelle sabbie che costituivano gli antichi cordoni dunari presso l’antica linea di costa, sensibilmente arretrata rispetto all’attuale. In uno dei saggi di scavo (area 7) è stata individuata la singolare presenza di alcune strutture concrezionarie, certamente legate alla risalita lungo una linea di faglia di fluidi profondi ricchi di carbonato di calcio, che hanno cementato localmente le sabbie presenti. In particolare, una di queste polle di risalita ha inglobato e calcarizzato un sarcofago ligneo, che si trovava al di sopra di essa. Il carbonato di calcio ha sostituito le fibre lignee della cassa con un processo di mineralizzazione avvenuto successivamente all’inumazione21, databile alla prima età imperiale. Questo dato è di notevole importanza perché ci fornisce un limite post quem per la data di formazione di queste strutture concrezionarie22. Dal punto di vista demografico, questa parte della necropoli è risultata caratterizzata da un maggior numero di sepolture di individui di sesso maschile di età compresa tra 20-40 anni, il cui scheletro presentava un’elevata incidenza di fratture, traumi, enteropatie etc. degli arti e della colonna vertebrale, dovuti a stress da carico di lavoro, che evidenziano carenze nutrizionali e malattie. Perciò, come già si era potuto constatare nell’area limitrofa del Parco dei Ravennati ed in parte delle sepolture lungo via Gesualdo, il campione analizzato risulta appartenente ad uno strato molto basso della popolazione che doveva svolgere lavori pesanti e gravosi, forse collegati con l’attività che si svolgeva nei vicini impianti delle saline e/o degli edifici di immagazzinamento localizzati presso l’antico meandro del Tevere23.
10In conclusione, i dati finora scaturiti dagli studi archeo-antropologici sulle sepolture ostiensi, mettendo in relazione le modalità funerarie utilizzate nelle varie parti della grande necropoli sud-orientale (tipo di sepoltura, corredo, contesto sepolcrale, gruppi parentali etc.) con l’analisi antropologica dei resti umani rinvenuti, contribuiscono in modo nuovo e determinante allo studio storico della società ostiense in età imperiale, evidenziando nel contesto funerario la scelta di una divisione in settori ben distinti, utilizzati per la sepoltura di individui appartenenti alle diverse classi sociali presenti nella città, separati così sia da vivi che da morti.
La zona tra l’ingresso agli « Scavi di Ostia » e la Stazione della ferrovia Roma-Lido (fig. 1, B, C e D)
11Nella zona più vicina all’estremità orientale dell’area urbana della città di Ostia, ai margini dell’attuale Parco dei Ravennati verso la moderna via della Stazione, da quanto emerso anche di recente dalle indagini archeologiche, i vari contesti funerari rinvenuti sembrerebbero localizzarsi in aree in cui sono stati messi in luce anche edifici a carattere civile (magazzini) ovvero abitativo : con gli elementi attualmente a disposizione è però difficile chiarire la successione cronologica delle varie strutture, che forse in parte rimasero indipendenti nella loro diversa funzione ed in parte accolsero nuovi usi in tempi differenti (fig. 3).
12Particolarmente interessante a questo proposito è stato il ritrovamento di una serie di ambienti in cortina laterizia, pavimentati con mosaici in bianco e nero dai motivi inquadrabili nel II-III secolo d.C.24, ad uso abitativo o di magazzini e forse da ricollegarsi a parte delle strutture murarie ancor oggi emergenti nell’area adibita a giardino pubblico all’angolo tra via dei Romagnoli e via della Stazione25.
13Invece non è stato possibile determinare la possibile relazione tra tutti questi edifici evidenziati sul lato orientale della strada moderna (via della Stazione) e quelli rinvenuti in occasione di due indagini preventive, relative a lavori di illuminazione e fognari, sul lato occidentale del percorso stradale, all’interno dell’attuale Campo Sportivo (fig. 1, C e fig. 4)26. In quest’area sono venute alla luce alcune fondazioni murarie della larghezza di 0,80 m, con andamento nord-est/sud-ovest, poste su livelli di sabbie e realizzate con scaglie di tufo legate con malta. Due di questi lacerti di muri conservavano ancora un brevissimo tratto dell’alzato, costruito su entrambi i lati con blocchetti di tufo legati da malta tenace di colore chiaro; in un caso si era mantenuto anche un piccolo tratto di intonaco dipinto. Relativi a questi muri erano alcuni tratti di piani pavimentali, per lo più battuti di malta ovvero in alcuni casi forse preparazioni a pavimenti di maggior pregio (fig. 4)27. Tutte le strutture murarie messe in luce sono risultate rasate ad una quota simile, inducendo ad ipotizzare un’azione volontaria di distruzione. I materiali rinvenuti in associazione stratigrafica con le strutture sono riferibili al III-IV secolo (anfore africane, sigillata africana C), mentre le fondazioni appaiono tagliare strati con materiali databili al I-II secolo d.C. (sigillata sud-gallica, sigillata italica, ceramica africana da cucina), forse riferibili ad un generale rialzamento dei piani. Ad una fase di frequentazione dell’area, precedente la costruzione dei muri, sono da collegare alcune buche di palo scavate nelle sabbie gialle, gli strati naturali più superficiali messi in luce in quest’area. Purtroppo durante queste indagini è stato impossibile definire l’ambito cronologico preciso delle numerose attività rilevate nell’area. Comunque tutta questa zona del moderno Campo Sportivo, molto vicina al limite urbano antico, è risultata intensamente frequentata almeno per tutta l’età imperiale, e forse anche durante epoche precedenti, senza, sembrerebbe, alcun uso funerario.
14Più a sud, nel parcheggio davanti all’ingresso della Stazione della ferrovia Roma-Lido, sono state rinvenute nel 2006 alcune strutture murarie riferibili a uno o a due edifici di età probabilmente medio-imperiale di non evidente funzione, a cui erano connesse alcune inumazioni, con tutta probabilità sistemate successivamente, dopo l’abbandono dell’uso originario degli edifici (fig. 1, D e fig. 3)28. Infatti, proprio vicino a questi ritrovamenti, subito a nord dei binari ferroviari, in anni precedenti era stata rinvenuta una grande fossa circolare foderata da file di anfore sovrapposte, di cui non è stata analizzata ancora la precisa cronologia, con una noria all’interno29, particolarissima sistemazione di cui andrà chiarita la funzione, ma che sembrerebbe finalizzata al prosciugamento di acqua da terreni estremamente umidi, fors’anche per scopi agricoli.
15Inoltre, sempre in quest’area, presso l’attuale bar della Stazione, durante la sistemazione di un cavo ACEA nel 2009, è stato possibile mettere in luce alcune strutture adiacenti a quelle ritrovate circa una quindicina di anni fa : ciò ha permesso di riconsiderare quanto rinvenuto all’epoca, permettendo di chiarire alcuni dubbi allora lasciati aperti30. Infatti, dopo quest’ulteriore indagine è risultato maggiormente plausibile attribuire i resti di queste strutture ad un complesso abitativo o di magazzini, forse legati ad un utilizzo agricolo del territorio, non essendo emersa in questo ambito alcuna traccia di carattere funerario. I resti rinvenuti testimoniano una continuità di uso delle strutture dall’età imperiale fino ad epoca tarda, evidenziata da una distruzione, almeno parziale, di un basolato stradale, forse quello attribuibile ad un percorso orientato nord-ovest/sud-est rinvenuto più a sud (v. infra), che mostrano una particolare attenzione alla regolarizzazione delle acque di falda e meteoriche.
16Questa zona, già abbastanza vicina al grande Stagno, sembrerebbe così caratterizzata da sistemazioni per usi diversi, in parte abitativi ed in parte senz’altro funerari, visto il ritrovamento nelle indagini 1999-2000 per la realizzazione del sottopassaggio pedonale della Stazione di edifici funerari sia a nord che a sud della ferrovia, lungo un percorso stradale orientato nord-ovest/sud-est (cf. supra), fiancheggiato da una serie di sepolcri rinvenuti negli anni 1996-1997, a sud-ovest del moderno cimitero di Ostia Antica31. Inoltre, una struttura che potrebbe essere interpretata come un ustrinum fu rinvenuta negli stessi anni nel parcheggio ovest della Stazione, dove fu ritrovata anche una sistemazione ad anfore poste nel terreno in verticale in due file sovrapposte, con tutta probabilità anch’esse finalizzate al drenaggio dell’acqua, che in quest’area depressa rispetto a quella della moderna Stazione, doveva evidentemente raccogliersi e stagnare.
17Terreni soggetti ad allagamento in epoca antica dovevano essere ancor di più quelli all’estremità orientale di quest’area, verso lo Stagno : infatti, all’interno della proprietà adiacente al parcheggio est della Stazione (Vivaio Rosellini), nel 2012, durante un’indagine preventiva ancora inedita32, è stato rinvenuto un deposito di anfore, databili ad una prima analisi in età augustea, sistemate in una fossa scavata nel terreno a formare una fila, secondo lo stesso sistema di bonifica idraulica dei suoli messo in luce in anni passati (1975 e 2005) lungo quella che doveva essere la sponda occidentale della laguna (cf. infra).
Il percorso della via Ostiense e il meandro fluviale
18Nell’immediato suburbio della città il percorso della via Ostiense, fondamentale via di collegamento tra Ostia e Roma, e le sue modalità costruttive furono determinate dall’estensione del grande bacino palustre con le antiche Saline, ma soprattutto, nella zona più vicina all’abitato urbano, furono condizionate dal meandro fluviale, in quanto queste zone d’acqua vennero a trovarsi proprio lungo quello che era il tracciato più diretto della strada per l’arrivo in città a Porta Romana.
19Nel suburbio ostiense la strada manteneva un percorso rettilineo, parallelo all’antico acquedotto anch’esso proveniente da est, come è ben indicato già nell’antica cartografia (dalla pianta di Anonimo del 1557 alla pianta di G. Verani del 1803-1804)33, superando la grande laguna ostiense grazie alla costruzione in età tardo-repubblicana (probabilmente in periodo sillano) di un lungo viadotto ad arcate. Questo permetteva di scavalcare l’area acquitrinosa, pur mantenendo un collegamento idrico tra lo Stagno vero e proprio e la zona più a nord utilizzata come Saline. Tale caratteristica struttura sopravvisse fino all’età moderna, poiché risulta ancora chiaramente rappresentata nella carta cinquecentesca di Eufrosino della Volpaia, nel seicentesco Catasto Alessandrino ed in modo più schematico in una pianta delle Saline conservata all’Archivio di Stato di Roma databile al XVIII secolo; il viadotto basolato è poi riconoscibile in una veduta del 1745 di Silvestro Appunti (fig. 5)34 e sappiamo che era ancora utilizzato nei primi dell’Ottocento per raggiungere l’abitato ostiense, come riportato dal viaggiatore svizzero de Bonstetten35; i suoi resti sono stati rinvenuti durante scavi degli anni 20 del Novecento in località Saline subito a nord dell’incrocio tra l’attuale via Ostiense ed uno dei moderni canali di bonifica (il Collettore primario)36.
20Più vicino alla città romana, presso l’attuale borgata di Ostia Antica, la via Ostiense è stata rinvenuta in più punti al di sotto della carreggiata stradale della moderna via dei Romagnoli (fig. 6)37 : la strada antica basolata con crepidini in blocchi di tufo, con un andamento leggermente in salita verso ovest, fu messa in luce durante lavori effettuati per la posa in opera di cavidotti nel 1938 (fig. 7), di cui rimangono alcune interessanti immagini fotografiche38, nel 1947 e poi nel 197439. Recentissimamente, la sistemazione di un condotto fognario all’incrocio tra via Claudia Quinta e via dei Romagnoli ha permesso di intercettare un tratto del basolato probabilmente attribuibile sempre all’antica via Ostiense. Anche in questo punto la strada, costruita su una preparazione di circa 90 cm di scaglie di tufo, sembrerebbe essere stata fornita di crepidine40. Il percorso rettilineo della via consolare risulta perciò certo fino a piazza Gregoriopoli nella moderna borgata. Tale tracciato è riportato graficamente in una pianta conservata nell’Archivio Disegni del Parco Archeologico di Ostia Antica (inv. 11138 del 1993, redatto da A. Pascolini) (fig. 8), dove è indicato il ritrovamento anche di un tratto della strada più ad ovest, poco prima dell’ingresso originario al Borgo medievale presso la torre quadrangolare.
21In questa zona il percorso dell’antica via Ostiense intercettava il meandro formato dal Tevere, scomparso dopo la piena del 1557, dando vita all’odierno tracciato41. L’ansa fluviale divideva il territorio subito fuori le mura di Ostia in due parti ben distinte, isolando il cd. Trastevere ostiense, inglobato all’interno dell’occhiello, dal resto del territorio42. Dopo la scomparsa del meandro si formò, nell’area prima occupata dall’ansa, un’area acquitrinosa, conosciuta nella toponomastica tardo-rinascimentale e moderna come località Fiume morto43. Il preciso posizionamento topografico dell’antico tracciato fluviale, il cui caratteristico meandro con tutta probabilità ancora in epoca storica continuò a subire delle trasformazioni44, appare fondamentale per la ricostruzione dell’utilizzo dell’immediato suburbio di Ostia in epoca romana. Uno studio fondamentale sull’evoluzione del tracciato del Tevere dall’inizio dell’Olocene alle epoche storiche è quello del Segre, che ha ipotizzato con fondatezza diversi cambiamenti di corso nella parte terminale del percorso fluviale presso la foce45. Secondo lo studioso l’effetto della corrente marina sui sedimenti che si andavano accumulando a nord del fiume venne progressivamente a deviare il suo corso nella zona dell’immediato entroterra, formando così il famoso meandro presente fino alla seconda metà del XVI secolo. A questo riguardo risulta fondamentale per la ricerca archeologica definire in modo preciso nella zona del meandro la localizzazione della riva sinistra, quella più esterna, con i suoi leggeri ma vincolanti spostamenti nel corso dell’età storica, i quali dovettero condizionare il posizionamento di edifici e strutture posti presso il fiume ed il tracciato della via Ostiense, con la viabilità extraurbana ad essa collegata46.
22Infatti è ancor oggi incerta l’individuazione dell’effettivo percorso della via Ostiense nel tratto immediatamente precedente il suo ingresso in città da Porta Romana. Da un importante studio archeologico del 1995, supportato da indagini geoelettriche, è stato evidenziato che la riva sinistra del fiume nella zona dell’occhiello subì uno spostamento verso est e verso sud tra l’età tiberiana e le epoche successive, con un allargamento dell’ansa fluviale nella zona più vicina al Castello di Giulio II47. Dalla planimetria elaborata in quella occasione, evidenziando i diversi tracciati fluviali nelle differenti epoche, appare chiaro che dopo l’età tiberiana la via Ostiense abbia trovato il suo percorso verso la città sbarrato dall’alveo del fiume, a quell’epoca particolarmente largo, con l’impossibilità di raggiungere Porta Romana tramite un percorso rettilineo.
23Questo dato, che appare particolarmente significativo in una ricostruzione topografica del suburbio ostiense, non risulta adeguatamente sviluppato finora dalla ricerca archeologica. Un accenno alla problematica si trova in un contributo di A. Pellegrino che, proponendo un cambiamento di percorso della strada tra l’età repubblicana e quella post-tiberiana, ipotizza l’esistenza di « un’ampia curva, come sembrerebbe dimostrare la direzione della via all’interno del borgo medievale di Ostia Antica »48. L’« ampia curva » proposta, però, sembrerebbe essere più un percorso a zigzag, con un cambiamento di direzione della strada a 90 gradi, presso l’angolo nord-orientale delle mura del Borgo medievale. Il basolato romano, con andamento circa nord-sud, rinvenuto al di sotto della moderna via del Vescovato all’interno del Borgo, verrebbe così identificato come l’Ostiense di periodo imperiale. Poi la strada, nella zona dell’odierno Episcopio, avrebbe ripreso il suo percorso verso la città con un basolato in parte ancora visibile nel giardino pubblico fuori del Borgo medievale (fig. 10)49. Questa ipotesi, però, non chiarisce quale potesse essere l’ultima parte del percorso con il quale la strada raggiungeva Porta Romana. Bisogna inoltre ricordare che al di fuori di questa porta, verso est, è ben documentato archeologicamente un percorso stradale rettilineo, in continuazione del Decumano massimo, ritenuto comunemente l’ultimo tratto della via Ostiense, attorniato da sepolcri in prevalenza di età imperiale, a cominciare dall’età augustea, e con resti anche di cremazioni repubblicane di II sec. a.C.50. Allo stato degli studi, però, non è in alcun modo chiaro come tale strada, che costituirebbe l’ultimo resto di quella pre-tiberiana, fosse collegata con il supposto percorso zigzagante proposto dal Pellegrino come la via Ostiense post-tiberiana. Inoltre, se tale strada pre-tiberiana, prima dell’allargamento dell’ansa fluviale, riusciva a raggiungere Ostia con un percorso pressoché totalmente rettilineo51, allora il tratto di basolato riportato planimetricamente nella documentazione conservata negli Archivi della Soprintendenza subito ad Ovest di piazza Gregoriopoli (cf. inv. 11138, a. 1993), dovrebbe anch’esso attribuirsi all’Ostiense di età pre-tiberiana52.
24Perciò, stanti diverse ricostruzioni planimetriche dell’ansa fluviale nel corso del tempo, ne deriva plausibilmente o un cambiamento di percorso dell’Ostiense tra il periodo repubblicano-augusteo e quello post-tiberiano, ipotesi maggiormente plausibile ma che andrebbe meglio verificata dalla ricerca archeologica, ovvero l’esistenza in età antica o di due ponti o di un altro lungo viadotto, che avrebbero permesso il passaggio della strada sul meandro fluviale53. Di tali ipotetiche strutture, di difficile realizzazione viste le correnti del fiume in quel tratto, non rimane però alcuna menzione nelle fonti, né si è conservata alcuna traccia archeologica, se non il problematico rinvenimento di un'imbarcazione di epoca incerta.
25I resti di tale nave, di cui non si hanno dati per una precisa cronologia, furono intercettati nel 1983 durante uno scavo ACEA ed interpretati come parte di un ponte di barche, senza darne motivazione, né purtroppo fornire i dati di scavo, fondamentali per poter esprimere una valutazione del ritrovamento (fig. 13)54. Sorge lecito il dubbio, perciò, se il ritrovamento sia effettivamente da riferire ad una imbarcazione casualmente andata a fondo nel fiume, ovvero affondata volontariamente per rinforzare la sponda del fiume, o se sia invece da collegarsi al presunto ponte costruito durante l’assedio degli Spagnoli al Castello di Ostia nella metà di XVI secolo da parte del Buontalenti, di cui le scarne fonti, che pure lo riportano più a valle, non indicano la precisa fattura55.
26Allo stato presente, perciò, risulta necessario un approfondimento della ricerca sulle trasformazioni idromorfologiche dell’immediato suburbio di Ostia, causa dei sostanziali cambiamenti nei tracciati stradali del territorio, i quali non appaiono ancora del tutto correttamente compresi, né sufficientemente indagati archeologicamente.
La zona a nord della via Ostiense e il cd. molo repubblicano (fig. 1, E)
27Definire le modalità di sviluppo edilizio nell’area suburbana a nord dell’antica via Ostiense, oggi occupata dalla moderna borgata di Ostia Antica, risulta abbastanza complesso, anche se nuovi importanti elementi sono stati acquisiti grazie a recenti ricerche archeologiche preventive. Anche in quest’area appare fondamentale definire quale fosse in età storica il preciso andamento dell’ansa fluviale, che condizionò la localizzazione degli edifici ed i percorsi viari extraurbani.
28Nella zona dell’antico meandro negli anni 70 del Novecento vennero alla luce i resti di una banchina portuale in cementizio e blocchi di tufo (cd. « molo repubblicano »), perpendicolare al corso fluviale (fig. 15)56. Presso questa struttura, da cui sembrerebbe avere origine una larga strada che doveva raccordarsi con l’antica via Ostiense sul lato nord, sono stati effettuati numerosi e diversi ritrovamenti che potrebbero, almeno in parte, permettere di localizzare in questa zona, su entrambe le sponde del fiume, magazzini ed edifici di carattere civile, che ben si connetterebbero con la presenza di un attracco portuale sul Tevere. L’utilizzo del meandro a questo scopo dovette essere un’opportunità particolarmente favorevole, in quanto qui si poteva allestire un bacino ampio e riparato e qui poteva essere convogliata la viabilità suburbana, evitando il disturbo della quiete cittadina con attività portuali inevitabilmente movimentate e caotiche; nello stesso tempo, la vicinanza dello scalo alla città consentiva un celere trasporto delle merci, da utilizzare per il fabbisogno interno della città, mentre la via Ostiense, direttamente collegata al molo da una strada basolata, costituiva una veloce comunicazione con Roma. L’analisi geoarcheologica ripresa di recente in questa zona sta contribuendo a chiarire le trasformazioni avvenute nell’antico meandro e le conseguenti utilizzazioni del territorio in età romana57. In particolare, un minuzioso riesame dei dati geofisici e dei carotaggi eseguiti nel 1979 dalla Fondazione Lerici58 presso il cd. molo repubblicano indica una netta divisione in senso nord-sud tra un’area ricca in presenze archeologiche (ad est) ed una priva di elementi archeologici in situ di età romana (ad ovest), che potrebbe corrispondere ad una zona in quel periodo interessata dalla presenza dell’ansa fluviale.
29Poco distante dall’attracco sul fiume, subito a sud-est, altri importanti rinvenimenti archeologici avvenuti in anni più o meno recenti nell’abitato moderno consentono di ipotizzare che questa zona del suburbio fosse utilizzata per attività di immagazzinamento, commerciali ed abitative per tutto il periodo imperiale (fig. 16)59. Solo in età tarda (tra il IV e il VI secolo probabilmente) la zona cominciò ad essere abbandonata e nei pressi degli edifici antichi vennero sistemate alcune sepolture ad inumazione, per es. presso le strutture scavate vicino al molo60, nell’area del cd. Casalone, dove erano presenti edifici identificati negli studi passati come magazzini61, e presso gli edifici ad uso residenziale e forse commerciale scavati recentissimamente presso via Ducati62. Invece, le formae con sepolture ad inumazione di non precisato ambito cronologico rinvenute nel 1974, oltre ad alcune strutture murarie di età genericamente imperiale subito a nord della via antica Ostiense, all’altezza dell’incrocio tra via dei Romagnoli, via P. Ducati e via delle Saline, sono invece forse da riferire al peculiare utilizzo a scopi funerari delle aree lungo la via consolare63.
30L’uso a fini commerciali di questa zona è evidente in particolare anche nel cd. « Trastevere Ostiense », dove, malgrado le vaste lacune nella documentazione che pregiudicano la corretta comprensione della planimetria e delle fasi costruttive degli edifici, è certa la presenza di horrea (cd. « Horrea Aldobrandini ») scavati nel 1957 lungo la sponda destra del fiume (fig. 11 e 17)64. Dall’analisi della documentazione grafica è evidente che questo complesso edilizio, scavato nella metà del secolo scorso, presentava parti con orientamenti diversi, che fanno ipotizzare differenti fasi di edificazione, benché queste non siano state messe in evidenza né nella descrizione edita, né nella documentazione conservata nell’Archivio ostiense della Soprintendenza. In particolare, le varie planimetrie conservate, realizzate sia durante lo scavo che dopo da diversi disegnatori, risultano discordanti tra loro per es. in riferimento alle fasi murarie, alle tipologie costruttive e alle comunicazioni tra gli ambienti65. Pertanto appare molto difficile, con i dati oggi in nostro possesso, stabilire se questo fosse un unico edificio, come proposto finora, o se al contrario gli ambienti rinvenuti appartenessero a strutture indipendenti tra loro, e forse anche con differenti cronologie, costruite con orientamenti diversi al fine di seguire l’andamento dell’ansa fluviale, per immagazzinare direttamente e più comodamente la merce sbarcata.
31Nello stesso scavo del 1957, ad ovest di questo complesso di edifici, fu rinvenuto anche un altro piccolo gruppo di ambienti, con « vasche rettangolari rivestite di impasto impermeabile (argilla, sabbia, stucco) e altre fosse quadrangolari orlate di grosse lastre di peperino », di cui si suppose un utilizzo « connesso con l’impiego di acqua », forse una fullonica. Secondo gli scavatori dell’epoca, anche questo gruppo di ambienti sembrerebbe aver subito successive trasformazioni, le più tarde delle quali coincidenti con l’ultima fase dei vicini horrea, il cui inquadramento cronologico fu posto « tra la metà (seconda probabilmente) del I secolo d.C. e oltre quella del secolo successivo ».
32Già da queste sommarie indicazioni sembrerebbe perciò che l’utilizzo del meandro come scalo portuale, con collegate attività di immagazzinamento e deposito di merci, non possa essere stato limitato solo ad un periodo tardo-repubblicano, come proposto all’epoca dei ritrovamenti del molo, ma che l’area in oggetto sia stata utilizzata per questi scopi anche in epoca imperiale.
La sponda occidentale e la sponda orientale dello Stagno (fig. 1, F e G)
33Grazie a recenti ricerche archeologiche sono oggi a disposizione nuovi elementi per definire con più precisione, almeno per l’epoca romano-imperiale, la delimitazione planimetrica della grande laguna ostiense in età antica utilizzata per la produzione del sale nella sua parte più settentrionale. Le indagini di scavo preventivo per nuove costruzioni nelle moderne località Stagni, più a sud, e Saline, più a nord, hanno consentito di verificare, grazie ad una puntuale analisi dei suoli, l’assenza di tracce di frequentazione antica all’interno di queste aree, evidenziando sotto l’humus una composizione litostratigrafica completamente diversa dalle sabbie presenti nel suburbio sud-occidentale di Ostia (località Pianabella)66, con strati successivi, anche di notevole spessore (1,5-2 m), di argille a copertura di un potente livello di torbe67. Negli strati argillosi sono stati rinvenuti in gran quantità resti di molluschi di ambiente lagunare-palustre, in particolare cerastoderma glaucum, che, sopportando un certo grado di salinità, potrebbero risultare indici della localizzazione dell’antico bacino68.
34Abbastanza precisabile è oggi la localizzazione della sponda occidentale della laguna più meridionale (lo Stagno), che non includeva l’area dell’attuale svincolo stradale di Ostia Antica, all’incrocio tra via di Castelfusano e la via del Mare, dove sono stati rinvenuti i notevoli resti di necropoli sopra menzionati (v. supra), come invece era stato proposto in ricostruzioni planimetriche allegate a recenti studi geologici ed archeologici69. Grazie agli scavi in quest’area è stato possibile accertare che la zona in antico occupata dalla laguna cominciasse subito ad est dell’aiuola più orientale presente al centro dello Svincolo, mentre la necropoli arrivava in questo punto molto vicino alla riva dell’antico Stagno.
35Di particolare importanza per la localizzazione della riva occidentale della laguna sono due rinvenimenti, poco più a sud dello svincolo stradale soprannominato, avvenuti a trent’anni di distanza uno dall’altro (1975 e 2005) lungo il lato nord-orientale della moderna via di Castelfusano (località Longarina) (fig. 1, F)70. Qui, tra la strada ed il moderno canale di bonifica delle acque medie, le indagini archeologiche hanno messo in luce un vasto intervento di risanamento del terreno paludoso71, realizzato con tutta probabilità nei primissimi anni dell’impero mediante la sistemazione della sponda del bacino tramite grandi colmate di terra miste a materiali fittili vari, intercalate da depositi di anfore, per lo più impilate le une nelle altre oppure sistemate a gruppi, in lunghe file disposte con orientamento circa est-ovest verso l’antico Stagno, secondo un sistema ben conosciuto anche in altre parti del mondo romano per la bonifica di terreni acquitrinosi con il drenaggio dell’acqua di falda72. In particolare i due depositi di anfore rinvenuti nel 2005 all’interno del vivaio « Rosagarden » erano allineati sullo stesso asse verso il moderno Canale, che risulta così corrispondere alla sponda occidentale di età romana del grande Stagno, a revisione di precedenti ipotesi archeologico-topografiche, secondo le quali la sponda dello Stagno sarebbe risultata molto più vicina all’attuale percorso della moderna via di Castelfusano73. Il recentissimo studio analitico delle anfore ritrovate nel 2005 (Longarina 2), effettuato anche in rapporto con quelle scoperte nel 1975 nel sito contiguo ed affine di Longarina 1, ha permesso di precisare le tipologie rinvenute e la relativa cronologia, con interessanti riflessioni sulla circolazione delle anfore utilizzate e sulle loro modalità di riuso, venendo in particolare a puntualizzare cronologicamente l’intero intervento con tutta probabilità messo in atto dall’imperatore Augusto a scopo agricolo e di bonifica dei terreni lungo lo Stagno ostiense74.
36Inoltre, altri contesti archeologici, anche di notevole consistenza monumentale, hanno permesso di definire con una certa precisione, nella zona della moderna località Stagni, la localizzazione delle due rive, occidentale ed orientale, del bacino in epoca romana75, portando anche interessanti chiarimenti circa l’utilizzo di questo territorio in età antica (fig. 18).
37Infatti è risultato assai significativo per la localizzazione della sponda orientale della laguna il ritrovamento nel 2009, lungo l’attuale via Chigi, subito a sud della linea ferroviaria Roma-Lido, di una fornace romana di forma rettangolare per confronti databile ad epoca imperiale76, forse utilizzata per la fabbricazione di mattoni o tegole, primo rinvenimento nel territorio ostiense di un impianto produttivo di tal genere (fig. 1, G e fig. 19)77. Ciò fa capire che questo tipo di strutture in età antica erano di preferenza costruite nel territorio limitrofo alla città, come può evidenziarsi anche per Roma78, presso fonti di approvvigionamento idrico, in questo caso lo Stagno, e vicino alle più importanti vie di comunicazione del territorio, in questo caso la via Ostiense, che attraversava il territorio subito a nord ed a cui possono essere riferiti come resti in qualche modo afferenti di un battuto pavimentale ed una serie di muri a mattoni tra loro paralleli rinvenuti nel 2008 e nel 201179. Sul lato occidentale lo Stagno doveva essere circondato da campi coltivati e probabilmente da insediamenti rustici (fig. 1, G), ai quali possono essere riferiti i lunghi canali di drenaggio realizzati con materiale vario (tufi e laterizi) in epoca probabilmente tardo-repubblicana/primo-imperiale, rinvenuti nel 2007 in via Micali80, ed i resti della villa rustica con cisterna ritrovata proprio recentissimamente nei pressi81. Infine, dai dati emersi in un contesto archeologico lungo via Fosso di Dragoncello, ancora in corso di studio, sembra potersi ipotizzare una trasformazione planimetrica dell’area acquitrinosa nel corso del tempo, in quanto è stato qui rinvenuto, a circa -2 m dal piano di campagna, un interessante nucleo di ceramica dell’Eneolitico, riferibile probabilmente ad un insediamento capannicolo perilacustre, all’interno di uno strato di torbe, coperto da ulteriori livelli di torbe nerastre e di argille, riferibili a fasi ed ampiezze diverse della laguna, il cui allargamento determinò probabilmente l’abbandono del sito protostorico82.
38In conclusione, si ritiene necessario sottolineare come, per comprendere quali siano state le modalità di utilizzo del suburbio ostiense in età antica, sia risultato fondamentale, oltre al riesame critico delle « antiche » documentazioni di scavo, anche e soprattutto un puntuale ed accorto controllo del territorio mediante indagini archeologiche preventive, che, supportate in questo caso da ricerche multidisciplinari geoarcheologiche ed antropologiche, hanno contribuito in modo efficace a mettere insieme nuovi ed importanti elementi per la ricostruzione di complesso ed articolato quadro storico e territoriale.
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Archivi
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Notes de bas de page
1 Archivio Storico SSBAR-sede di Ostia, Relazione allegata al vincolo archeologico DM 30-6-1997; Arnoldus Huyzendveld – Pellegrino 1999, p. 219-224; Arnoldus Huyzendveld 2005, p. 14-21; Pannuzi et al. 2006a, p. 202-203; Villani – Molinari 2007, p. 20-21.
2 Calza 1938; Floriani Squarciapino 1958; Pellegrino – Zaccagnini 1999, p. 84-102; Paroli 1999; Heinzelmann 1998, p. 175-225; Heinzelmann 2000; Heinzelmann 2001, p. 373-384; Carbonara – Pellegrino – Zaccagnini 2001; Pavolini 2006, p. 42-48, 244-253. Ritrovamenti sparsi riferibili all'ambito necropolare sono testimoniati nella moderna località Pianabella, vasta area non urbanizzata a Sud della Ferrovia Roma-Lido, fin dalla prima metà dell'Ottocento, quando da parte del cardinale Bartolomeo Pacca furono effettuati degli sterri in loc. la Torretta, riconoscibile ancor oggi per la presenza di un’altura del terreno, che indica la probabile presenza di un sepolcro : Paschetto 1912, p. 481. Per altri ritrovamenti nella grande area di Pianabella : Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica : per es. vol. 12 (a. 1919), p. 133; vol. 17 (a. 1921), p. 132-141; vol. 27 (a. 1941), p. 78 e 90; vol. 30 (a. 1953), p. 10; Visconti 1958; Floriani Squarciapino 1958, p. 233; Zevi – Calza 1972, p. 432-487; Lauro 1983, p. 163-165; Pellegrino 1999, p. 72-73; Carbonara – Pellegrino – Zaccagnini 2001.
3 Pannuzi et al. 2006a, p. 195-202; Pannuzi – Cenciotti 2007a, p. 31-62.
4 Pantano – Nava – Tartaglia 2007, p. 70-76.
5 Pannuzi – Cenciotti 2007a, p. 58; Ferro – Rapinesi 2007, p. 59-60; Pannuzi 2009a, p. 71-72.
6 Pellegrino – Zaccagnini 1999, p. 88, 91, 92.
7 Pellegrino – Zaccagnini, p. 94; Pannuzi – Cenciotti 2007a, p. 54-55; Pannuzi 2009b, p. 70-71.
8 Paschetto 1912, p. 477-483; Calza 1919, p. 70-73; Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 3001 di G. Pascolini, a. 1971; Carbonara 1999, p. 73-76; Pergola 1990, p. 173-176; Loreti 1990, p. 83-94; Pannuzi et al. 2006a, p. 200-202; Pannuzi – Carbonara 2007, p. 6-10; Pannuzi – Cenciotti 2007b, p. 65-69; Pannuzi 2008, p. 259-262.
9 Liber Pontificalis 1892 (ed. Duchesne), p. 376, 380; Episcopo 1980, p. 228-233; Broccoli 1983, p. 170-175; Broccoli 1984, p. 31, 37-39; Casamassa 1951-1954, p. 271-273; Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, vol. 29, p. 72-94; Pannuzi et al. 2006b, p. 311-318; Pannuzi 2006a, p. 369-377; Mastrorilli 2007; Pannuzi 2014, p. 126-133, con bibliografia precedente per la fase rinascimentale della chiesa.
10 Biblioteca Parco Archeologico di Ostia Antica, Lettera di P. E. Visconti del 13-6-1855; Paschetto 1912, p. 182; Floriani Squarciapino 1958, p. 52-60, 233; Pavolini 2006, p. 16; Marinucci 1991, p. 100-101, n. 22-23; Mazzoleni 2001, p. 283, inv. 10337; Pannuzi 2008, p. 267-270, nota 47.
11 Cf. supra nota 9.
12 Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di scavo 1969, vol. 44, scavi Acea e Giornale di scavo 1973, vol. 45, p. 1-6, scavi Sip; Broccoli 1983, p. 170-175.
13 Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di scavo 1973-74, vol. 45, scavi SIP; Archivio Fotografico Parco Archeologico di Ostia Antica, B 2175, B 2422; Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, planimetria di Giorgio e Aldo Pascolini inv. 9788, a. 1991 e planimetria di A. Pascolini inv. 9846, a. 1991; Pannuzi 2012b, p. 94 n. 43.
14 Pannuzi et al. 2006a, p. 203-206; Pannuzi – Pantano 2011, p. 271-279; Pannuzi – Pantano – Tantucci 2013, p. 376-381.
15 Pannuzi 2013a, p. 366 : da questa indagine è emerso che la posa in opera del condotto, presumibilmente nella metà del secolo scorso, intercettò alcune strutture antiche, tra cui un colombario con pareti rivestite di intonaco dipinto, sepolture ad inumazione, anche in anfora, ed altri edifici probabilmente a carattere funerario di una certa monumentalità, a cui potevano riferirsi alcuni frammenti di rocchi di colonna, i blocchi squadrati di tufo appartenenti ad una struttura muraria e i tratti di muratura in opera reticolata, apparsi in parte ormai sconvolti nel reinterro del cavo fognario ed in parte forse ancora nella loro collocazione originaria.
16 Pannuzi et al. 2006a, p. 203. Lungo via della Gente Salinatoria erano già stati effettuati altri scavi in anni precedenti : planimetrie dell’Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, invv. 9846 e 11138; Archivio Fotografico Parco Archeologico di Ostia Antica, R 18208 : scavo del 1991.
17 Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica : planimetrie inv. 9846 (a. 1991) e inv. 11138 (a. 1993), redatte da A. Pascolini. È conservata negli Archivi ostiensi anche una serie di fotografie riguardanti gli scavi Sip del 1974, indicati nelle sopra nominate planimetrie (Archivio Fotografico Parco Archeologico di Ostia Antica, per es. invv. R 12453, 12455, 12458, 12460, 12462). In riferimento a queste strutture funerarie potrebbero essere alcune fotografie degli anni 30 del Novecento (Archivio Fotografico Parco Archeologico di Ostia Antica, per es. B 2175, B 2422). Invece, nei coevi Giornali di Scavo dell’Archivio Storico del Parco Archeologico non è riportata alcuna notizia di questi rinvenimenti.
18 Pantano – Nava – Tartaglia 2007, p. 70-76; Pannuzi et al. 2006a, p. 203-206; Pannuzi – Pantano 2011, p. 271-279.
19 Pannuzi et al. 2006a, p. 208-209; Pannuzi et al. 2013a, p. 384-393; Pannuzi et al. c.d.s.
20 Lo scavo di quest’area è stato effettuato all’interno di un più ampio cantiere di indagini preventive per la nuova sistemazione dello svincolo stradale, finanziate dal Comune di Roma, Dip. XII, V U.O., con la Direzione dei Lavori di Theo Huber del Comune di Roma, che ringrazio per la costante collaborazione e disponibilità, e la Direzione scientifica di chi scrive per la Soprintendenza archeologica. Le indagini archeologiche nelle aree con resti funerari sono state seguite da Carmen Lalli, Andrea Carbonara e Francesca Ulisse. La documentazione grafica è stata realizzata da Giampaolo Luglio. La documentazione antropologica delle aree funerarie è stata realizzata con la collaborazione del Servizio di Antropologia della SSBAR, diretto da Paola Catalano. I risultati completi delle indagini sono ancora inediti; per una sintesi preliminare : Pannuzi et al. c.d.s.
21 Le analisi microstratigrafiche e mineralogico-petrografiche su sezione sottile trasversale al microscopio polarizzatore ed al microscopio ottico in luce riflessa sono state eseguite dal Dott. D. Poggi, ArtLab srl.
22 Altre forme di concrezioni calcaree, dovute al medesimo fenomeno, sono state individuate in un’area scavata poco più a sud durante il medesimo intervento (area 10), rendendo possibile identificare la direzione della faglia sepolta, alimentatrice di queste risalite di fluidi ricchi in carbonato di calcio. L’andamento circa nord-ovest/sud-est della faglia è lo stesso del limite meridionale dello Stagno ostiense, il quale potrebbe essere stato condizionato nella sua formazione ed evoluzione in quest’area proprio da questa presenza (Pannuzi – Rosa c.d.s.).
23 I dati antropologici desunti da questa parte della necropoli ostiense mostrano numerosi punti in comune con quelli rilevati in alcune necropoli del Suburbio romano, come quella non lontana di Castel Malnome (zona Ponte Galeria), riferita ai lavoratori delle saline portuensi (Catalano et al. 2010, p. 111-128) e quella di Casal Bertone (zona via Tiburtina), riferita ai lavoratori di una fullonica (Benassi et al. 2011, p. 291-305).
24 Pannuzi et al. 2013a, p. 385, note 4, 5, fig. 206.
25 Già nel corso della seconda metà del Novecento erano stati messi in luce lungo via della Stazione di Ostia Antica – angolo via dei Romagnoli alcuni resti di edifici antichi, in parte ancora parzialmente visibili, senza chiarirne all’epoca la funzione ed il preciso ambito cronologico d’uso (Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di scavo 1971-72, vol. 44). Recentissimamente queste strutture sono state oggetto di un nuovo scavo archeologico, in parte inedito (Pellegrino – Raddi 2014), e attribuite quelle più occidentali ad un edificio di media età imperiale con fasi tardoantiche e quelle più orientali, al centro del giardino pubblico, ad ambito funerario. Inoltre si veda la documentazione planimetrica di strutture murarie rinvenute all’incrocio tra via dei Romagnoli e via della Stazione ed oggi non più visibili (Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 4440 (G. e A. Pascolini, a. 1971) e riportate anche nella pianta inv. 11138 (A. Pascolini, a. 1993). Inoltre, nel 1976 è testimoniata da foto conservate nell’Archivio Fotografico della Soprintendenza archeologica (inv. 13198, 13199), la scoperta durante uno scavo Italgas, lungo la moderna via della Stazione, di una pavimentazione a tessellatum, realizzato con cubetti di pietra bianca di media grandezza, di cui non è specificato in alcun modo il punto preciso di ritrovamento.
26 Pannuzi 2013a, p. 367-368, fig. 192-193.
27 Durante le indagini del 2009 sono stati evidenziati anche i limitati resti di un differente livello di calpestio posto più a nord rispetto ai tratti murari e non connesso con quelli, costituito da terra mista a malta con frammenti ceramici di difficile inquadramento cronologico, posto su un livello di sabbie giallastre che copre uno strato di sabbie di colore grigio di più antica formazione, riferibili alle antiche dune litoranee individuate anche più a sud, nell’area di Pianabella (vedi supra nota 1).
28 Pannuzi et al. 2006a, p. 199-200; Pannuzi 2007, p. 63-64.
29 Pannuzi – Carbonara 2007, p. 7.
30 Pannuzi – Carbonara 2007, p. 7; Pannuzi – Carbonara – Colli 2013, p. 381-384.
31 Pannuzi – Carbonara 2007, p. 6, tav. 1, F; Pannuzi 2012b, p. 91, fig. 3.
32 Lo scavo di quest’area è stato effettuato all’interno del cantiere di indagini preventive per la nuova sistemazione dello svincolo stradale Via Ostiense-Via del Mare, finanziate dal Comune di Roma, Dip. XII, V U.O., con la Direzione scientifica di chi scrive per l’allora Soprintendenza archeologica. Le indagini di scavo in questa zona sono state seguite da Paolo Grazia. La documentazione grafica è stata realizzata da Giampaolo Luglio.
33 Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 5442b.
34 Frutaz 1972, II, tav. 30 e 128; ASR, Ostia b1586 (cit. in Pannuzi 2013b, fig. 10); Archivio Fotografico Parco Archeologico di Ostia Antica, G 37.
35 De Bonstetten 1804-1805, p. 40, pianta pieghevole.
36 Quilici Gigli 1992, p. 78, fig. 8; Quilici 1996, p. 72-73, 76. Si veda anche Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 2441. In questo punto la strada era stata costruita su una potente massicciata, gettata su palificazioni lignee, foderata da blocchi di tufo e sostenuta da contrafforti sempre in tufo. Nel 2008 e poi nel 2011 sempre in questa zona, a sud della moderna via del Mare sono state rinvenute delle strutture probabilmente riferibili all’antica viabilità (v. infra).
37 Floriani Squarciapino 1958, p. 52-60.
38 Archivio Fotografico Parco Archeologico di Ostia Antica, per es. B 2629, B 2640, B 2643. Si vedano anche alcune planimetrie con sezioni riferibili al rinvenimento del basolato dell'antica via Ostiense : Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 2435, 2436, 2437 (G. Pascolini).
39 Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di Scavo vol. 29, a. 1947; Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 4437 (G. Pascolini, a. 1974); Santa Maria Scrinari 1984, p. 359 nota 3 : la Scrinari segnala sondaggi degli anni 80 del Novecento durante i quali lungo via dei Romagnoli venne alla luce, accanto all’antica via Ostiense, anche parte « dell'acquedotto sotterraneo con fistole in terracotta ».
40 Pannuzi 2013a, p. 366.
41 La rottura del meandro del Tevere è stata sempre considerata come un avvenimento concluso al momento stesso della piena del settembre 1557, mentre invece, dalla testimonianza delle visite ad Ostia di Francesco Laparelli, in quegli anni incaricato papale della revisione delle fortificazioni pontificie, risulta chiaro che il corretto svolgimento degli eventi naturali fu un po’ diverso. Infatti, alcuni anni dopo la piena, nei primi mesi del 1562, Laparelli riporta che il fiume è ancora « vicino alla rocca (= il Castello di Giulio II) e presto taglierà il gomito », mentre nel 1565 lo spostamento del corso fluviale risulta definitivamente avvenuto (Marconi 1970, p. 56-57) (fig. 9). Il « taglio » del meandro dovrebbe essere avvenuto perciò proprio nel 1562, subito dopo la prima visita ad Ostia del Laparelli, e comunque prima del mese di maggio, quando papa Pio IV emise alcune ordinanze riferibili all’avvenuta rotta del fiume ed al conseguente spostamento della dogana pontificia dal Castello di Ostia alla medievale Tor Boacciana, all’epoca più vicina al mare rispetto alla rocca (Guglielmotti 1893, p. 339; Tomassetti 1897, p. 76).
42 In questa zona, sull’alveo fluviale, finora non risulta (storicamente ed archeologicamente) che vi fossero ponti, benché appaia difficile non immaginarne almeno uno, per garantire gli indispensabili collegamenti tra le due rive, che in alternativa, comunque, potevano essere unite da un servizio di traghetti.
43 Quest'area semipaludosa semicircolare è già indicata con tale denominazione nella pianta del 1603 di Orazio Torriani, Tenuta di Porto del Capitolo di S. Pietro (Frutaz 1972, tav. 55), mentre in un’altra pianta del Borgo di Ostia sempre degli inizi del XVII secolo, conservata nell’Archivio Segreto Vaticano, l’area dell’antico meandro è segnalata come Laguna che in estate resta in Aqua (Danesi Squarzina 1981, p. 15 fig. 1); infine, l’antico meandro può essere ancora ben individuabile nella divisione catastale a forma di semicerchio riportata nella pianta delle Saline della Reverenda Camera Apostolica, probabilmente del XVIII secolo (Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 58). Il ricordo di tale particolare curva del fiume rimase anche successivamente, come risulta per es. da una pianta di fine Ottocento (a. 1870) con l’indicazione « antiche vestigia del Tevere ». Poi il meandro fu chiaramente riconosciuto nella famosa foto dal pallone del 1911, effettuata dal Capitano Tardivo del Genio Militare (Shepherd 2006, p. 15-38), che non lasciò più alcun dubbio circa le notevoli trasformazioni del percorso fluviale avvenute in età rinascimentale.
44 Salomon et al. 2017.
45 Dragone – Malatesta – Segre 1960-1961; Dragone et al. 1967; Segre 1986.
46 Si è notato che la maggior parte delle planimetrie del suburbio ostiense allegate a studi archeologici riporta tracciati diversi dell’ansa ad occhiello, senza una loro storicizzazione, da cui deriva la conseguente indicazione solo di quelle strutture archeologiche che non vanno a sovrapporsi al percorso fluviale in quel caso indicato. Ciò crea una certa confusione nell’effettiva ricostruzione delle evidenze archeologiche e nella comprensione della loro funzione.
47 Arnoldus Huyzendveld – Paroli 1995, p. 383-385, fig. 2. Lo spostamento della riva destra del fiume nel meandro, segnata da una serie di cippi di terminazione dell’alveo di età tiberiana (Bertacchi 1960, p. 22, fig. 6; Arnoldus Huyzendveld – Paroli 1995, p. 383-385, fig. 2, n. 5, 5’, 5’’, 5’’’, 5’’’’), è apparsa invece meglio individuabile grazie alle indicazioni fornite da vecchie indagini archeologiche (Calza 1921, p. 262), nelle quali si è evidenziato lo slittamento verso sud anche della sponda destra, con l’inglobamento degli antichi cippi terminali nelle nuove strutture murarie che vennero ad ingrandire gli edifici posti su quel lato del meandro. Ciò è stato confermato successivamente anche da un’altra indagine di scavo, menzionata dall’Arnoldus, effettuata più a nord-sst sempre all’interno del meandro, di cui purtroppo non sono forniti ulteriori dati, se non l’individuazione di tre successivi spostamenti verso est della sponda destra per una distanza complessiva di m 25, avvenuti in concomitanza di tre alluvioni, la prima alla fine del I secolo, la seconda nel 1530 e la terza nel 1557 (Arnoldus Huyzendveld – Paroli 1995, p. 391, fig. 2, n. 8; indagini geopedologiche e sedimentologiche a. 1992, in Relazione tecnico-scientifica 1997 di Antonia Arnoldus, conservata nell’Archivio Storico del Parco Archeologico di Ostia Antica, vol. 90, a. 1997, p. 2). Non vengono però forniti dati precisi circa la modalità con la quale sono stati inquadrati cronologicamente questi tre successivi spostamenti della sponda destra. Interessanti per il posizionamento della riva destra del fiume nella zona dell’ansa sono state anche le trincee operate nel 1997 presso uno dei cippi terminali (Arnoldus Huyzendveld – Paroli 1995, fig. 2 n. 5), indicate sempre nella medesima relazione dell’Arnoldus (p. 3-7), dove si è ben evidenziata la transizione netta tra l’alveo fluviale, indicato da strati di depositi fluviali, e l’area urbanizzata « segnata dalla presenza di muri e grossi blocchi e da uno strato (US 2) ricco di malta e di elementi riferibili a costruzioni romane », di cui purtroppo però non sono stati riportati i dati cronologici, determinanti per definire con precisione i diversi momenti di trasformazione del territorio.
48 Pellegrino 1991, p. 74.
49 Tale basolato è stato documentato graficamente negli anni 90 del Novecento, senza purtroppo alcun altro elemento descrittivo (Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 11138, a. 1993, redatta da A. Pascolini). A questo proposito si può notare come anche l’acquedotto, databile tra la fine del II e gli inizi III secolo, nei pressi del Borgo di Ostia abbia cambiato percorso, creando un angolo e procedendo nord-est/sud-ovest per un tratto poi inglobato nella mura altomedievali del Borgo (Pannuzi 2006b), per dirigersi infine verso la città con un percorso di nuovo orientativamente est-ovest (Santa Maria Scrinari – Ricciardi 1997; Olivanti 2006; Bukowiecki – Dessales – Dubouloz 2008). L’acquedotto avrebbe perciò dovuto assumere un tracciato simile a quello che era stato definito per la via Ostiense già in periodo post-tiberiano, a causa delle trasformazioni del meandro del Tevere.
50 Pellegrino 1991, p. 74.
51 A questo proposito, per una indicazione grafica si veda : Pannuzi – Carbonara 2007, tav. 1. Si veda anche nell’Archivio Disegni del Parco Archeologico di Ostia Antica la pianta inv. 4434 (G. e A. Pascolini 1974), ed in particolare la planimetria inv. 2022 (G. Pascolini 1958, pubblicata in Barbieri 1969, p. 10), in cui viene proposta graficamente proprio questa ipotesi (fig. 11).
52 Inoltre, dalla planimetria inv. 11138, conservata nell’Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, risulta un ulteriore leggero cambiamento di percorso verso sud della strada individuata nel giardino pubblico a sud del Castello, poco prima dell’incrocio tra la moderna via dei Romagnoli e via della Stazione. Tale diversa angolazione non è invece riportata per il percorso della medesima strada nella planimetria elaborata dallo Heinzelmanm (1998, Beilage 1).
53 Circa l’ampiezza della parte meridionale dell’antica ansa del fiume, a diretto contatto con il fossato del Castello di Giulio II, è da fare una piccola precisazione, alla luce dello studio della documentazione rinascimentale. Infatti, appare necessario verificare in modo più puntuale le differenze, proposte negli studi sopra indicati, tra il percorso del Tevere in età antica e quello in epoca medievale e rinascimentale (ante 1557). A questo proposito, la planimetria del 1995 riportata da Paroli e Arnoldus (Arnoldus Huyzendveld – Paroli 1995, fig. 2) segnala un’ampiezza eccessiva del Tevere nell’area prospiciente il Castello, il quale sarebbe stato così lambito dall’acqua del fiume, senza mantenere una seppur stretta separazione da esso, con il cd. terrapieno di « controscarpa », esistente sicuramente all’epoca dell’assedio degli Spagnoli al Castello nella metà del XVI secolo, poco prima della famosa piena del fiume (Guglielmotti 1893, p. 63; Guglielmotti 1894, p. 304), e ben visibile in una schematica pianta cinquecentesca del Theti, pubblicata nel 1617 al rovescio e riportata poi raddrizzata dal Paschetto nei primi del Novecento (Paschetto 1912, p. 13) (fig. 12).
54 Broccoli 1984, p. 27; Broccoli 1986, p. 166. L’unico dato conservato negli Archivi della Soprintendenza archeologica è una planimetria, redatta da Aldo Pascolini nel 1993 (inv. 11138) sulla base di aggiornamenti e revisioni di altre piante precedenti (vedi fig. 8), in cui è raffigurata un’imbarcazione, indicata come « nave oneraria », posta a poca distanza dal Castello verso ovest, in quello con tutta probabilità che in epoca antica e medievale doveva essere l’alveo del Tevere, comunque non indicato in pianta. Nell’Archivio Disegni del Parco Archeologico di Ostia Antica si conserva inoltre una sezione (inv. 6046), senza posizionamento topografico, datata al 1983 e redatta sempre da A. Pascolini, in cui è segnalato il parziale profilo della stessa barca (fig. 14). Alcuni provini fotografici, difficilmente leggibili, rimangono nell’Archivio Fotografico del Parco Archeologico di Ostia Antica, s. n. i. Di questa nave, il cui sensazionale ritrovamento avrebbe dovuto essere reso noto, non si hanno purtroppo altre testimonianze ed elementi circa la struttura e la cronologia.
55 Guglielmotti 1894, p. 300. Tale ponte di barche potrebbe essere quello graficamente testimoniato dal Theti, contemporaneo degli avvenimenti, proprio a valle del castello (Pannuzi 2009c, p. 45; Pannuzi 2011, p. 296, fig. 1).
56 Santa Maria Scrinari 1984, p. 362-363; Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di Scavo vol. 45, a. 1973; Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, planimetrie del 1976 di G. Pascolini, inv. 4816, 4817.
57 Indagini geofisiche e carotaggi realizzati grazie alla collaborazione messa in atto negli anni 2008-2012 tra l’allora Soprintendenza archeologica, la Maison de l’Orient et de la Méditerranée, CNRS di Lione, l’Università di Lione (prof. Jean-Philippe Goiran e dott. Ferréol Salomon) e la British School at Rome-Università di Southampton (prof. Simon Keay e prof. Kristian Strutt) : i risultati di queste indagini sono in corso di elaborazione per la definitiva pubblicazione.
58 Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di Scavo vol. 45, Relazione Fondazioni Lerici 1979; Archivio Lerici.
59 Nell’abitato moderno di Ostia Antica vari sono i ritrovamenti riferibili a questo uso : edifici rinvenuti negli anni 90 del Novecento nella zona del cd. Casalone (edificio in cui può ben riconoscersi l’ottocentesco « Casone », cioè uno dei depositi del sale, attestati dalla documentazione archivistica e cartografica : Pannuzi 2012a, p. 326; Pannuzi 2013b, p. 22-25; ASR, Ostia, b1583 e b1587, Progetto di G. de Bayon a. 1924; ASR, Galla Placidia, Ostia, busta 13, R27) e di via Morcelli, datati al I-II secolo d.C. (scavi inediti diretti dalla dott.ssa L. Paroli per l’allora Soprintendenza archeologica; Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, planimetria inv. 11653; relazione allegata al Vincolo archeologico DM 19-11-1985 e 8-6-2001); diversi edifici databili dal I a.C. al IV-V d.C., rinvenuti nel 2010 in zona via Ducati (Pannuzi et al. 2013b, p. 400-413); zona via delle Saline, dove una serie di muri laterizi paralleli, interpretati come resti di un horreum furono rinvenuti già nel 1947 (Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di Scavo vol. 29, a. 1947), mentre altri resti di muri tra loro paralleli furono messi in luce durante scavi Acea nel 1974 e poi in scavi Sip nel 1991 (questi ritrovamenti non sono menzionati nei Giornali di Scavo dell’epoca, ma risultano documentati nella planimetria redatta da A. Pascolini nel 1991, Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 9846), mentre altri resti di un edificio, probabilmente inquadrabile nella seconda metà I secolo-primi decenni II secolo d.C., con orientamento diverso dagli altri tratti murari ritrovati in precedenza, sono stati messi in luce nel 2006 (Pannuzi et al. 2006a, p. 209-210, fig. 27); resti di un edificio forse a carattere commerciale individuato nel 1958 lungo il lato settentrionale di via dei Romagnoli davanti alle mura del Borgo medievale (sotto case di proprietà Menghi e Savini) (Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di Scavo vol. 33, 1, a. 1958), oltre ad altri resti di muri e pavimenti (Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, planimetria con sezioni di A. e G. Pascolini del 1974, inv. 4434; planimetrie di A. Pascolini del 1991, inv. 9846, di G. e A. Pascolini del 1991 inv. 9788, di A. Pascolini del 1993, inv. 11138). Invece, sul lato occidentale di via delle Saline, nel 1959 fu rinvenuto un ambiente quadrangolare formato da blocchi di tufo, di cui si ipotizzò all’epoca del ritrovamento una datazione ad epoca tarda o successiva, ma le cui funzioni e cronologia sarebbero senz’altro da rivedere (Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, Giornale di Scavo vol. 33, 1, a. 1959).
60 Da alcune poco chiare indicazioni appuntate a matita sulla planimetria redatta al momento della scoperta, sembrerebbe che queste tombe siano state ritenute dagli scavatori di epoca tardomedievale-rinascimentale : Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, planimetria di G. Pascolini del 1976, inv. 4817.
61 Scavi inediti diretti dalla dott.ssa L. Paroli per l’allora Soprintendenza archeologica; Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, planimetria inv. 11653 a. 1995, tav. 2 e 11345 a. 1995, tav. 3; relazione allegata al Vincolo archeologico DM 19-11-1985 e 8-6-2001; Paroli 2004, p. 257.
62 Pannuzi et al. 2013b, p. 411-412.
63 Giornale di Scavo vol. 45, a. 1974 e Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, planimetria di A. Pascolini del 1991, inv. 9846, di G. e A. Pascolini del 1991, inv. 9788, e di A. Pascolini del 1993, inv. 11138.
64 Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, vol. 32, a. 1957; Ricci 1957; Bertacchi 1960; Arnoldus Huyzendveld – Paroli 1995, p. 386.
65 Archivio Disegni Parco Archeologico di Ostia Antica, inv. 2383, inv. 2385, inv. 5041e inv. 6318, a. 1984.
66 Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, relazione allegata al vincolo archeologico DM 30-6-1997; Arnoldus Huyzendveld – Pellegrino 1999, p. 219-224.
67 Capelli – Mazza 2008, p. 238-239, fig. 10. Dagli scavi archeologici preventivi effettuati in questi ultimi anni in località Stagni, una zona posta ad una quota al di sotto del livello del mare, è stata evidenziata una sensibile risalita superficiale dell’acqua di falda.
68 Villani – Molinari 2007, p. 21. La presenza di tali molluschi non è mai stata riscontrata in scavi effettuati in altre parti del suburbio orientale e meridionale dell’antica città di Ostia.
69 Si veda per es. Heinzelmann 1998, fig. 1; Bellotti et al. 2009, p. 52, fig. 2; Alessandri 2009, p. 16-18, fig. 2.2. Il perimetro particolarmente frastagliato della laguna proposto in questi studi si rifà chiaramente alla pianta dell’Amenduni di fine Ottocento, relativa alla bonifica delle paludi ostiensi e portuensi (Amenduni 1884, tav. 1).
70 Righi 1979, n. 100022; Rivello 2002; Pannuzi et al. 2006a, p. 192-216.
71 È da segnalare in questa zona, in riferimento alla peculiare natura del terreno, particolarmente umido e dalla falda acquifera sensibilmente alta, la scoperta, durante le indagini in alcuni dei settori di scavo per il nuovo svincolo stradale di Ostia Antica (aree 7 e 10), dell’attività in età storica di alcune polle, con conseguente formazione di caratteristiche incrostazioni calcaree, in aree limitrofe alla riva occidentale dello Stagno (Pannuzi – Rosa c.d.s.) (v. supra). A questo proposito si veda quanto notato anche nel vicino territorio portuense (Tuccimei et al. 2007).
72 Antico Gallina 1996; Antico Gallina 1998; Balista 1998; Pesavento Mattioli 1998; Cipriano – Mazzocchin 1998; Cipriano – Mazzocchin 2011.
73 Cf. per es. Heinzelmann, 1998, fig. 1; Rivello 2002, fig. 1; Alessandri, 2009, p. 16-18, fig. 2.2.
74 Nella pubblicazione preliminare il contesto di Longarina 2 era stato collocato entro la metà del I sec. d.C. (Pannuzi et al. 2006a, p. 195), confermando quanto era stato ipotizzato alcuni anni prima, in uno studio effettuato anche sui materiali ceramici rinvenuti, oltre alle anfore, nel contesto di Longarina 1 (Rivello 2002, p. 421-449); invece, lo studio puntuale delle anfore ritrovate nel 2005, effettuato recentissimamente, porterebbe ad attribuire il complesso intervento di bonifica con maggiore precisione all’età augustea (D’Alessandro – Pannuzi 2016), avvalorando quanto già ipotizzato alcuni decenni fa riguardo al contesto anforico di Longarina 1 (Righi 1979, p. 637; Hesnard 1980). La presenza nel contesto di Longarina 2 di tipologie anforiche leggermente più antiche rispetto alla zona di Longarina 1 appare facilmente spiegabile con l’utilizzo di lotti di materiale differente, risultando chiaramente unitario l’intervento di risanamento del suolo, finalizzato ad una notevole trasformazione del territorio. Analoghi interventi di bonifica furono realizzati da Augusto nella città e nel suburbio di Patavium (Cipriano – Mazzocchin 2011, p. 333-338, 354). Per gli importanti interventi di epoca augustea nella città di Ostia e per l’ipotesi di una fondazione in quell’epoca di una colonia di veterani nel territorio ostiense : Meiggs 1973, p. 41-48, 131-132, 487; Pavolini 2006, p. 31.
75 Pannuzi 2012a, p. 321-322, fig. 1; Pannuzi 2013b, p. 5-8, fig. 2 : in particolare, a questo riguardo, si segnala il ritrovamento nel 2006-2007 lungo via di Castelfusano, quasi all’incrocio con il Canale dei Pescatori, di un vasto insediamento rustico con relativa necropoli, che vedeva la presenza di una numerosa comunità di ceto servile, adibita ad attività agricole e di pesca (Pannuzi – Pantano 2011, p. 279-286; Pannuzi – Ceazzi – Pantano 2013, p. 394-400), a cui era forse connesso poco più a sud, in località Sassone, un alto e lungo muraglione in opera reticolata forse di età tardo-repubblicana/primo imperiale, con una serie di setti ortogonali, che all’epoca della scoperta (1968) fu interpretato come un argine o un molo costruito sulla riva dello stagno (Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, vol. 42, a. 1968 e documentazione planimetrica di G. Pascolini, inv. 2461, a. 1968).
76 Cuomo Di Caprio 1985, p. 138-143, fig. 18-19, tipo II/b; Petracca – Vigna 1985, p. 134-137 : fornaci di Tor di Quinto, fornace presso la villa romana in località Ospedaletto Annunziata lungo la via Veientana e fornace in loc. Torrino; Odoardi – Staffa 1996 : fornace rinvenuta a Murata Bassa di S.Vito Chetino.
77 Pannuzi – Monari – Mantovani 2009, p. 199-200; Pannuzi 2013a, p. 368-371, fig. 194-195-196.
78 Pannuzi c.d.s.
79 Pannuzi 2013a, p. 368; Tantucci 2013, p. 393-394, fig. 210.
80 Pannuzi 2013a, p. 371, fig. 197; per il tipo di canali : Musco – Detrassi ] Pracchia 2001, p. 277-286, fig. 44 e 46.
81 Ringrazio per l’informazione Renato Sebastiani e Carlo Rosa.
82 Ringrazio della preliminare indicazione cronologica il dott. Carlo Persiani, che si occuperà nel prossimo futuro dello studio puntuale di tale contesto ceramico. Si fa presente che questo nucleo costituisce uno dei pochissimi ritrovamenti di ceramica di epoca pre-protostorica avvenuti in area ostiense; a questo proposito si veda : Alessandri 2009, p. 294-295; Archivio Storico Parco Archeologico di Ostia Antica, vol. 90, relazione Arnoldus Huyzendveld 1995, p. 7, 11; Floriani Squarciapino 1961, p. 174-177 (ceramica di VI-V secolo a.C.); ceramiche protostoriche inedite dallo scavo dello svincolo stradale di Ostia Antica.
Auteur
MIBACT, Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, simona.pannuzi@beniculturali.it
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2002
Rome et la Révolution française
La théologie politique et la politique du Saint-Siège devant la Révolution française (1789-1799)
Gérard Pelletier
2004
Sainte-Marie-Majeure
Une basilique de Rome dans l’histoire de la ville et de son église (Ve-XIIIe siècle)
Victor Saxer
2001
Offices et papauté (XIVe-XVIIe siècle)
Charges, hommes, destins
Armand Jamme et Olivier Poncet (dir.)
2005
La politique au naturel
Comportement des hommes politiques et représentations publiques en France et en Italie du XIXe au XXIe siècle
Fabrice D’Almeida
2007
La Réforme en France et en Italie
Contacts, comparaisons et contrastes
Philip Benedict, Silvana Seidel Menchi et Alain Tallon (dir.)
2007
Pratiques sociales et politiques judiciaires dans les villes de l’Occident à la fin du Moyen Âge
Jacques Chiffoleau, Claude Gauvard et Andrea Zorzi (dir.)
2007
Souverain et pontife
Recherches prosopographiques sur la Curie Romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846)
Philippe Bountry
2002