Religione, donne, storia d’Italia
p. 57-67
Résumé
The volume on Women and Faith was the first of the series of the History of Women in Italy. It focused on the relationship between women, Church institutions and beliefs which was something that militant feminists were not particularly interested in. Philosophers and women theologians developed a feminist thought in the field of religion, while feminist historians chose to shed light on the forms of religious dissent from orthodoxy and ecclesiastic institutions. The volume offered a synthesis of the ongoing national and international research and I will point first to its lacunae, and secondly to its high points. Its main shortcoming is the absence of minority religions in Italy, and especially the lack of attention for Jewish communities, the only ones on which there were some significant studies. Today’s interest for “other” religions beyond Catholicism measures the changed intellectual landscape that separates us from the Nineties. Owing to the fruitful encounter between Italian and North American scholars, Women and faith integrated religious history into the wider institutional, social and cultural history. In 1999 it was translated and published by Harvard University Press and had a deeper influence on religious studies in the US than in Italy. The emerging new theme of the book are nuns viewed in their refusal or acceptance of the religious profession, in their daily life inside important Italian convents in major cities, and within family strategies that allocated daughters to the marriage market or to the convent. The crucial role of convents in promoting women’s intellectual and artistic production is an important feature of the volume which offers a diachronic overview of religious female movements in Italy.
Texte intégral
1Il bilancio di una impresa culturale deve mettere in conto due rischi: quello di esaltare il momento della progettazione e delle origini, e quello di accentuare gli obiettivi mancati. Io non ignoro questi rischi, e cercherò di evitare il pericolo di presentare un bilancio truccato.
2Il volume Donne e fede fu il primo della serie Storia delle donne in Italia. Si iniziò da questo tema perché era quello che presentava in quel momento un maggior numero di ricerche già compiute sia in capo nazionale che internazionale e consentiva quindi di proporre significative sintesi e aprire proposte di nuove indagini. Si trattava di un terreno arato e ancora passibile di ulteriori studi per la presenza negli archivi statali di una documentazione ricchissima e inesplorata, relativa in particolare ai monasteri femminili soppressi nel periodo napoleonico. Discusso anche con Giuseppe Laterza nella fase di preparazione, il libro venne strutturato rispettando la tradizionale diacronia che vede la successione di età antica, medievale, moderna e contemporanea; ciascuna ripartizione cronologica era introdotta da una sintesi storica e prevedeva un numero variabile di saggi su tematiche specialistiche in stretta relazione con la religiosità del periodo, ed è proprio per il duplice carattere di sintesi da un lato e di nuove proposte dall’altro che il volume Donne e fede ebbe notevole influenza sul piano storiografico nei due decenni successivi.
3L’argomento trattato, e cioè il rapporto delle donne con le istituzioni ecclesiastiche e le credenze, non rappresentò tuttavia un campo di interesse particolarmente frequentato dalla militanza femminista italiana, che lasciò alle filosofe e al coordinamento delle teologhe italiane l’elaborazione del pensiero femminista in campo religioso, riservandosi di esplorare in campo storico le espressioni concrete di dissenso dalla ortodossia e dalla istituzione ecclesiastica. Al volume Donne e fede si affiancarono così convegni e pubblicazioni dedicati alle dubbiose o alle “infedeli”1, che rinnovarono il consolidato filone di studi sulle eretiche e le streghe. Ricordo questo per porre in primo piano la difficoltà di valutare oggettivamente ricerche e correnti storiografiche che riguardano un tema ancora fortemente polemico e divisivo, anche se proprio il rilievo riservato al dissenso religioso da molte giovani studiose della società delle storiche contribuisce a mettere in luce alcune carenze di quel primo volume della Storia delle donne in Italia la cui fecondità storiografica ci proponiamo di valutare.
4Rinunciando a riprendere i nodi teorici prospettati nell’introduzione al volume, alcuni dei quali, come il tema del corpo o della produzione simbolica, hanno avuto rilevanti approfondimenti in campo nazionale e internazionale2, mi soffermerò dapprima sulle carenze, per poi appuntare l’attenzione sugli aspetti del rapporto donne e fede che si sono rivelati particolarmente fecondi sul piano storiografico.
5La più considerevole lacuna, rilevata fin dall’apparizione del volume, è rappresentata dall’assenza delle religioni minoritarie presenti nel territorio italiano. E più precisamente la mancanza di uno spazio riservato alle comunità ebraiche, le uniche su cui al momento della progettazione del volume esistevano studi sufficienti a offrire una indagine significativa. Non si prospettava allora, per mancanza di studi e di rilevanza politica, la possibilità di considerare anche le minoranze greco-bizantine e mussulmane, presenti soprattutto nelle regioni meridionali.
6E proprio sul piano delle religioni “altre” si misura la distanza incolmabile che divide gli interessi storici attuali con quelli, pur nuovissimi, di venticinque anni fa. La riconsiderazione di problematiche di fondo come quelle del rapporto donne e fede, religione e politica, simboli religiosi andrebbe ora avviata partendo dalla consapevolezza acquisita che nell’età medievale e rinascimentale esisteva a livello europeo una notevole mescolanza di tradizioni culturali e religiose la cui storia è ora al vaglio degli studiosi, specialmente per quanto riguarda l’area mediterranea.
7Merita ora soffermarsi, sia pur brevemente, sui più innovativi filoni di ricerca di storia delle donne religiose scaturiti dal volume Donne e fede. Progettato agli inizi degli anni Novanta, Donne e fede ha rappresentato il felice innesto della storia religiosa con la storia istituzionale, sociale e culturale3, realizzata con il positivo incontro di storici italiani e statunitensi di diverse discipline4. Strutturato, come si è detto, sull’alternanza di saggi di sintesi e di saggi tematici attinenti alle problematiche più discusse negli studi di storia delle donne, il volume presentava la religione come spazio privilegiato di confronto tra vissuto quotidiano e domande di autorealizzazione femminile. Certamente la visione d’insieme rispecchiava il contesto teorico sintetizzabile nella espressione di agency che la storiografia statunitense aveva coniato in quegli anni. E la religione come possibilità di riscatto e promozione culturale e sociale delle donne ha trovato conferma in molti studi successivi, che pure hanno rilevato l’ambivalenza e la complessità del problema. Non mancava nel volume la possibilità di sviluppare il rapporto con la religione nel senso della gender history, intendendo con questo la necessità di analizzare le differenti identità maschile e femminile, i loro reciproci rapporti nel confronto con il sacro, con il potere gerarchico, con la guida di coscienza, con i modelli di santità, materie che trovarono approfondimento nei decenni successivi.
8Bisogna innanzitutto rilevare che, nonostante un competente apporto di diverse studiose italiane, il volume ha influenzato maggiormente gli studi anglofoni, grazie anche alla traduzione inglese compiuta dalla Harvard University Press nel 19995.
9Tra i temi emergenti occorre mettere in primo piano il soggetto monache, che assume un rilievo del tutto nuovo sul piano dell’indagine storica, fino allora interessata al monachesimo o alla storia di un ordine religioso. Le molte donne destinate dalle famiglie al convento nel periodo medievale e della prima età moderna alimentano domande che si sviluppano in una duplice direzione: il rilievo cittadino del fenomeno della monacazione coatta6 e le forme di accettazione o ribellione delle giovani alla professione religiosa. Tra gli studi meglio riusciti in questo campo vi sono quelli che hanno indagato con sguardo complessivo l’insieme dei monasteri femminili in città di differente ampiezza e ricchezza come Firenze7, Venezia8, Napoli9, Genova10 e Roma11 mettendo in luce il ruolo attivo o simbolico svolto dalle vergini offerte a Dio dalle famiglie e facendo affiorare con chiarezza la necessità di studiare le strategie familiari che regolavano il flusso delle monacazioni. Non raggiungevano questo obiettivo le sempre importanti ricerche che prendevano in considerazione le donne nei diversi stati o condizioni di vita, come le vedove12, le prostitute13, le regine o le donne che esercitavano funzioni di governo14. Studiare separatamente i soggetti femminili destinati dalla famiglia al matrimonio e quelle destinate al convento, come le studiose hanno fatto per molto tempo, non può condurre ad un esame obiettivo del contesto sociale che alimenta per secoli una prassi come quella che crea e difende un istituto matrimoniale in cui la donna è soggetta al marito e un istituto monastico che richiede la clausura. Occorre porre la famiglia al centro dell’analisi della storia delle donne. Un esempio interessante in questo senso è rappresentato dal volume Nobildonne, monache e cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano. Modelli e strategie femminili nella vita pubblica della Toscana granducale, a cura di Marcella Aglietti, che indaga unitariamente le donne aristocratiche nelle loro diverse destinazioni di vita, maritate o monache, all’interno di uno stato territoriale che crea ex novo un ordine religioso per nobili di alto rango: i Cavalieri e le Cavalieresse di Santo Stefano15.
10Rientra ancora nel tema delle strategie familiari una delle forme approvate istituzionalmente di ribellione al chiostro: la richiesta di annullamento dei voti pronunciati per vim et metum. Aveva ben presente il problema Silvana Raffaele che nel volume, Aut virum aut murum. Matrimoni strategici, serafiche nozze e mistici divorzi nella Sicilia moderna16 analizza con approccio di demografia storica e con l’uso di fonti inedite le strategie familiari e patrimoniali nella Sicilia moderna, con particolare riguardo per la sorte dei figli cadetti e delle donne costrette alla monacazione. La studiosa ha rinvenuto le richieste di annullamento dei voti che interessano la città di Catania: nell’arco di duecento anni le richieste superstiti sono in tutto 50, non molte in relazione all’alto numero delle monache. Come si evince dai profili di donne ricostruiti attraverso le fonti, molto spesso gli annullamenti vengono richiesti solo alla morte del padre, segno evidente della costrizione paterna e familiare. Approfondisce poi l’importante questione della monacazione forzata uno studio di Anne Jacobson Schutte che, nell’ottica della gender history, considera la destinazione coatta alla professione monastica sia delle donne che degli uomini nel periodo compreso tra il 1668 e il 179317. L’analisi di oltre un migliaio di richieste inoltrate alla Sacra Penitenzieria e conclusesi positivamente riguardano per lo più gli uomini, destinati anch’essi al convento contro voglia, e soltanto in minima parte le donne, il cui ritorno nella casa paterna era quasi sempre ostacolato da fratelli e parenti.
11L’aver tracciato con il volume Donne e fede un profilo di lungo periodo dei movimenti religiosi femminili ha fatto emergere l’importanza delle istituzioni monastiche nella storia sociale e culturale d’Italia; i monasteri femminili si propongono infatti come spazi di preghiera ma anche come luoghi di custodia e di educazione delle donne, e acquisiscono ben presto un ruolo funzionale alle strategie familiari e un peso rilevante nella cultura ed economia cittadina. Nel periodo basso medievale e moderno la clausura monastica è avvertita come condizione necessaria per la disciplina monacale e tutti i movimenti religiosi femminili sono uniformati all’unico modello claustrale. Il superamento di questa forma di vita imposto dalle mutate condizioni economico-sociali e politiche del secolo XVIII e realizzato traumaticamente nel periodo napoleonico aprirà la via al dispiegarsi di nuove fondazioni che, ponendo al centro della propria identità l’azione educativa e sociale, daranno vita alle Congregazioni di voti semplici prive di clausura. Gli studi sulle nuove Congregazioni e sui movimenti religiosi femminili nell’Ottocento e Novecento non sono mancati nell’ultimo ventennio18, ma l’attenzione principale delle storiche si è senz’altro appuntata sul problema della clausura monastica.
12Indagato specialmente nei primi anni Novanta, quando era ancora viva la lezione di Foucault che in Italia si coniugava con il precedente dibattito sul pauperismo e le istituzioni di assistenza, la clausura era interpretata come momento del più generale renfermement delle donne operato dallo stato moderno19. Interpretazioni più recenti, che tengono conto anche della richiesta spontanea della clausura da parte delle donne, specialmente nel periodo dell’Osservanza20, fanno ancora ricorso a Foucault e alla sua teoria dell’Eterotopia per indicare uno spazio «connesso a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano »21. Altri ancora hanno coniato il concetto di permeabilità del chiostro per indicare la persistenza di legami sociali e culturali tra monache e famiglie d’origine o personale ecclesiastico22. Ma non c’è dubbio che la clausura tridentina segna un passaggio decisivo per le monache, non tanto e non soltanto nella delimitazione degli spazi materiali, quanto piuttosto nelle prerogative gestionali e di potere. Dopo Trento la dipendenza delle monache dalla gerarchia maschile e dalla sorveglianza parentale diviene sempre più accentuata23.
13Se dal soggetto monache e dal monastero come spazio fisico si volge lo sguardo all’interno degli istituti e delle comunità, possiamo constatare che un nuovo tema è emerso prepotentemente sul piano storiografico: quello dei monasteri femminili come centri di cultura. Con il volume laterziano prendeva corpo in Italia un indirizzo di studi italo-americani (diciamo così) iniziato qualche anno prima dal mio incontro personale con studiosi americani che, da versanti disciplinari diversi, vuoi di storia della letteratura come Elissa Weaver24, vuoi di storia della musica, come Craig Monson25 e Robert Kendrick26, avevano cominciato a indagare con grande raffinatezza metodologica sui monasteri femminili italiani della prima età moderna. Il tema della cultura nei monasteri femminili ha avuto una declinazione diversa nel contesto storiografico americano, più legato all’indirizzo dei cultural studies nel versante della sociologia storica, e in quello italiano, più legato per tradizione all’indirizzo filologico-letterario. Ma dall’incontro delle due tradizioni sono scaturite ricerche innovative27 che hanno segnato una lunga stagione non ancora esaurita e che hanno consentito anche il profilarsi di una sintesi della storia dei monasteri femminili di antico regime come quella di Silvia Evangelisti28, che si fonda ampiamente sui risultati di queste indagini e pubblicazioni.
14Il carattere interdisciplinare degli women’s studies si è dunque riflesso nella storia dei monasteri, luoghi che avevano a lungo custodito scritture di donne. Testi già noti e documenti inediti sono divenuti oggetto di indagine e hanno attratto l’interesse di italianiste, di storiche della lingua, di studiose di storia. È nato così un cospicuo filone di studi volto alla ricerca, repertoriazione, analisi di scritture monastiche che ha portato alla luce commedie e poesie, cronache e i diari, biografie e autobiografie, fino a giungere ai numerosi scritti spirituali che registrano rivelazioni e visioni. Possiamo a questo proposito constatare che a partire da una decina di anni fa si sono avviate in Italia diverse collane di studi volte alla pubblicazione di scritti inediti di donne e fra questi sono presenti in maggiore o minor misura le scritture monastiche. Citerò innanzi tutto La Memoria restituita. Fonti per la storia delle donne, collana per i tipi di Viella diretta da Marina Caffiero e Manola Ida Venzo, che ha promosso la pubblicazione di due cronache e un diario di monasteri romani29. Completamente dedicata al recupero delle scritture monastiche, non esclusivamente femminili, è invece la serie Scritture nel chiostro delle Edizioni di Storia e Letteratura, diretta dalla scrivente, che è giunta alla pubblicazione del settimo volume. Qui sono presenti scritti di donne, come l’autobiografia di Lucia da Narni, di monache e confessori, come il Libro della beata Chiara, di frati che compongono testi agiografici di donne ritenute sante, come il Theocasticon del domenicano Heinrich Kramer, il libro de La beata Chiara conduttrice e altri scritti del monastero di San Domenico di Pisa30.
15Se gli studi relativi alla scrittura monastica si sono tradotti in molteplici iniziative volte anche al recupero dei testi inediti, altrettanto feconda si è rivelata l’analisi delle committenze artistiche31 e gli studi di architettura monastica32 che hanno completato il profilo della importanza culturale degli spazi femminili destinati al sacro.
16Un ultimo aspetto rilevante delle indagini di storia delle donne collegati con la religione è rappresentato dalla mistica, con le sue connessioni alla scrittura e ai rapporti con la guida spirituale. Il settore della mistica, che poteva già contare sulla preziosa e ricchissima antologia di Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi33, aveva un proprio spazio nel volume Donne e fede. Gli studi successivi si sono mossi su diversi registri: quello più propriamente filologico letterario, perseguito specialmente dalle iniziative della Fondazione Franceschini e della SISMEL Edizioni del Galluzzo, che ha avviato la serie Scrittrici mistiche europee34 e favorito le edizioni critiche di testi agiografici come la Legenda maior di Caterina da Siena35, e quello più propriamente storico dei modelli di santità, su cui si sono prodotti saggi di notevole impegno, come il recente volume collettivo su Caterina da Siena e le sue imitatrici36.
17L’indagine sulle mistiche del periodo basso-medievale e moderno, lo studio delle loro agiografie, l’analisi dei loro scritti ha posto in primo piano la necessità di approfondire anche i rapporti tra monache e confessori o padri spirituali, nell’ottica della gender history. Ne sono nati saggi volti a esplorare l’origine della pratica della direzione spirituale, intesa come rapporto privilegiato di un discepolo con il maestro, e a tracciarne una storia37, ma si è anche considerato il ruolo svolto dal confessore nella sua funzione di vigile lettore delle visioni e rivelazioni di monache carismatiche a cui veniva ordinato di porre per iscritto pensieri ed ispirazioni. La lettura prevalente di questo rapporto tra mistica e confessore sottolinea l’aspetto della scrittura “por mandato”, cioè della scrittura imposta dal confessore-inquisitore a scopo di controllo; ma si affaccia ora anche una diversa interpretazione proposta da Guido Mongini, che vede in questa pratica un mezzo per guidare positivamente il cammino mistico e non per controllare le devianze38.
18Il rapporto tra mistiche e confessore risulta in primo piano anche nell’interessante questione della “simulata” santità, che diviene problema storico rilevante nell’ultimo scorcio del secolo XVI, quando il profetismo femminile divenuto sospetto viene perseguito dall’inquisizione con l’accusa di finzione. Già presente con un saggio di Anne Jacobson Schutte nel volume Donne e fede, il filone di studi sulla simulata santità, che aveva avuto precedentemente una felice messa a punto storiografica nel volume collettivo Finzione e santità39, ha poi visto originali approfondimenti nei lavori della stessa Jacobson Schutte40, di Malena, Bottoni e Modica41. Un approccio meno legato alla gender history e finalizzato invece a decifrare il problema alla luce della teologia, delle strutture ecclesiastiche e delle nuove conoscenze medico-scientifiche del secolo XVII è il libro di Elena Brambilla, Corpi invasi e viaggi dell’anima42 che rappresenta una tappa significativa nella interpretazione della simulazione di santità, tema che appassiona anche giovani studiosi43.
19Per concludere, la mistica femminile, il rapporto con la guida spirituale, l’ingresso in religione non per obbligo ma per vocazione sono le indagini più recenti44 che, suscitate dalla storia delle donne, sono ora sviluppate anche da storici attenti come Adriano Prosperi45.
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3 Calvi 2004.
4 Brambilla – Jacobson Schutte 2014.
5 Scaraffia – Zarri 1999.
6 Zarri 2000.
7 Strocchia 2009.
8 Carraro 2015; Sperling 1999.
9 Novi Chavarria 2001.
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12 Calvi – Chabot 1998.
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15 Aglietti 2009.
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18 Scaraffia 2003; Scaraffia 2008; Bartoloni 2007.
19 Medioli 1997.
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31 Matthews Grieco – Zarri 2000.
32 Hill 2004.
33 Pozzi – Leonardi 1988.
34 Bartolomei Romagnoli – Degl’Innocenti – Santi 2015.
35 Nocentini 2013.
36 Bartolomei Romagnoli – Cinelli – Piatti 2013.
37 Filoramo 2006-2010.
38 Mongini 2012. Opinione analoga in Zarri 2003, ora in Zarri 2016.
39 Zarri 1991.
40 Jacobson Schutte 2001.
41 Malena 2003; Bottoni 2009; Modica 2009.
42 Brambilla 2010.
43 Eliav-Feldon, Herzig 2015.
44 Turrini 2015.
45 Prosperi 2016.
Auteur
Università degli Studi di Firenze
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