I male ablata dei lombardi fra sanzione ecclesiastica e riconoscimento pubblico nei paesi Bassi
p. 243-251
Résumé
Il problema della restituzione dei male ablata nelle Fiandre e nei Paesi Bassi, dove assai diffusa era l’attività creditizia esercitata dai lombardi, mette in luce una ricorrente ambiguità nel comportamento delle autorità laiche o ecclesiastiche nei confronti dei prestatori che, di volta in volta, potevano essere condannati come usurai manifesti o considerati onesti mercanti ai quali legittimamente concedere l’esercizio del banco di pegno. A partire dalle decisioni del II Concilio di Lione (1274) e del successivo Concilio di Vienne (1311) – oltre che dei sinodi locali – la questione nodale era costituita appunto dalla definizione dello status di usuraio manifesto e dalle condizioni necessarie per ottenere sia la remissione della scomunica che da tale status derivava sia la successiva riammissione nella societas christiana.
Texte intégral
1Come fu affrontato il problema della restituzione dei male ablata nell’Europa settentrionale, in particolare nelle Fiandre e nei Paesi Bassi dove più diffuso era il prestito di denaro esercitato, come è noto, dai lombardi?
2Occorre anzitutto distinguere la normativa ecclesiastica dalla prassi di governo, esercitato anche dagli ecclesiastici quando erano al tempo stesso detentori del potere pubblico (come i vescovi-principi di Liegi). Ne conseguì una generale ambiguità di comportamento nei confronti dei lombardi che, di volta in volta, potevano essere condannati come usurai manifesti o considerati onesti mercanti ai quali legittimamente concedere l’esercizio del banco di pegno. Si trattò di una «schizofrenia» protrattasi fino all’età moderna con significative oscillazioni dettate dalle circostanze1.
31. Le tradizionali sanzioni canoniche contro l’usuraio manifesto vennero ribadite e articolate nel corso del II Concilio di Lione (1274): in particolare, la costituzione 27 Quamquam usurarii prevedeva la riammissione dell’usuraio manifesto ai sacramenti e alla sepoltura cristiana solo nel caso in cui la volontà di restituire il mal acquisito diventasse operativa con la restituzione completa alle vittime oppure, in loro assenza, all’ordinario della diocesi o al rettore della parrocchia di appartenenza autorizzato a ricevere la cautionem, senza la quale gli usurai non potevano essere ammessi alla confessione né i loro testamenti essere considerati validi.
4Per quanto riguarda i Paesi Bassi, tra i più antichi provvedimenti in materia si colloca lo statuto sinodale di Liegi del 1288 che recepiva integralmente la costituzione conciliare, prevedendo:
- la scomunica degli usurai manifesti;
- il divieto di ricevere offerte e di ammetterli alla comunione a meno che non soddisfacessero gli obblighi della costituzione Quamquam usurarii;
- l’annullamento dei testamenti;
- il riconoscimento come usuraio manifesto di colui che o è stato condannato o ha confessato o ha commesso colpa evidente o è designato usuraio dalla voce pubblica, e che non si è discolpato entro i termini previsti;
- l’ordine ai curati di avvertire frequentemente che occorre rinunciare ai contratti usurai e di convocare entro sette giorni chi li avesse stipulati;
- l’applicazione della costituzione conciliare anche agli stranieri, cioè soprattutto ai lombardi, e l’espulsione dell’usuraio entro tre mesi2.
5Lo statuto sinodale provocò violente proteste fra le diverse classi sociali – fin dal 1280/1282 gruppi di lombardi avevano ottenuto dal conte Gui di Dampierre l’autorizzazione a stabilirsi in Fiandra e a esercitarvi il prestito – e nel 1291 il vescovo attenuò l’eccessivo rigore relativo alla presunzione di usura manifesta, inserendo la richiesta di prove più complesse da sottoporre a giudizio e precisando il diritto degli usurai di impegnarsi sotto cauzione a restituire le usure per ottenere sepoltura cristiana. Ma il suo successore nel 1301 fece espellere i lombardi dal principato, espulsione che in seguito non fu generale perché i vescovi si riservarono comunque il diritto di concedere octrois ai prestatori3.
6È chiaro che il problema cruciale era costituito dall’individuazione dell’usuraio manifesto: i lombardi forniti di autorizzazione pubblica potevano essere considerati usurai in quanto categoria? Un problema che si ripropose per il coinvolgimento delle amministrazioni cittadine. I decreti del successivo concilio di Vienne (1311), oltre gli usurai, infatti condannavano anche le comunità che legalizzavano l’attività dei lombardi e negli statuti cittadini sanzionavano il mancato pagamento degli interessi sottoponendo a giudizio i debitori. Il concilio ordinò l’abrogazione di tali statuti e stabilì l’obbligo per i presunti usurai di produrre i loro libri di conto.
7Nei Paesi Bassi non è stata ancora condotta una ricerca sulle restituzioni dei male ablata, ma è evidente come quest’operazione si sia rapidamente generalizzata4.
8Benedetto Roero – detentore di una dozzina di banchi in Brabante e in Fiandra – in seguito alla pubblicazione dei decreti conciliari nel 1317 cedette, nel 1323, tutti i beni colà posseduti alla Santa Sede in remissione dei suoi peccati; altri prestatori provvedevano alle restituzioni localmente o in patria5.
9Ma vi furono anche reazioni più violente in talune località: senza istruire nessun procedimento legale, alcuni parroci dichiaravano scomunicati a loro insaputa i singoli lombardi del loro territorio e i giudici ecclesiastici proibivano a quelli secolari di intervenire in alcun modo nei processi intentati nei confronti dei loro debitori. In questo clima di «caccia alle streghe», il banco di Saint-Trond (Limburgo) fu impunemente saccheggiato dalla popolazione e solo nel 1320 si addivenne a un accordo con l’amministrazione comunale per l’indennizzo dei danneggiati. Nel 1319 i lombardi si rivolsero al papa che fece sapere agli arcivescovi di Colonia e di Reims – da cui dipendevano le province ecclesiastiche comprendenti i Paesi Bassi – e ai loro suffraganei che doveva immediatamente cessare ogni forma di violenza perpetrata contro il tenore della costituzione di Clemente V e che occorreva ripristinare i postulanti nel loro stato precedente, lasciando ai giudici secolari di conoscere gli affari loro concernenti6.
10Gli scabini delle città dipendenti dal duca di Brabante – ai quali spettava registrare i contratti e giudicare i debitori – temevano tuttavia di incorrere nelle sanzioni del concilio di Vienne, sicché il duca Giovanni III (il cui padre nel 1307 si era fatto autorizzare da Clemente V a cassare le autorizzazioni da lui rilasciate ai lombardi, in quanto usurai) si rivolse nel 1319 ai dottori di Parigi, ottenendo pareri in contrasto fra giuristi e teologi: l’incertezza sul fatto che i prestatori fossero o no usurai per i primi assolveva gli scabini da ogni responsabilità, mentre per i secondi la stessa insicurezza poteva renderli complici di usura. Alla fine ogni città si comportò come riteneva7.
11Pochi anni dopo, nel 1323, il sinodo di Cambrai irrigidì tuttavia la normativa, giudicando usurai manifesti tutti coloro che tenevano un banco di pegni con tanto di regolare insegna – dunque autorizzati a operare – e quelli che la voce pubblica riteneva tali perché esercitavano il prestito non autorizzato. Insomma, tutti i prestatori erano usurai, dunque scomunicati e preclusi ai sacramenti e alla sepoltura religiosa, a meno che pagassero una cauzione per sé e per i loro eredi, impegnandosi alla restituzione dei guadagni illeciti. Questi canoni, giova sottolineare, rimasero in vigore nei Paesi Bassi fino al secolo XVII.
122. I decreti sinodali di Cambrai non potevano non provocare reazioni e conflitti tra autorità religiose e civili; va detto però che per lo più restarono lettera morta, salvo essere ripresi strumentalmente quando lo richiedevano gli interessi dei principi laici ed ecclesiastici.
13Proprio sulla restituzione dei male ablata, in realtà, i contrasti fra autorità ecclesiastica e amministrazione civile risalivano già al secolo precedente. Un significativo caso è quello accaduto ad Arras nel 1248:
- in lite con gli scabini municipali, il vescovo affermava che, quando un borghese della città riconosce in extremis di essere usuraio e confessa che ha acquisito con l’usura quanto possiede e che i suoi beni non sono sufficienti alla restituzione, tali beni devono essere affidati alla Chiesa per essere restituiti hiis a quibus extorsit per usuram;
- gli scabini, dal canto loro, intendevano invece trattenersi la quinta parte dei beni ceduti dall’usuraio e non permettevano di eseguire le ultime volontà del defunto;
- per tale motivo il vescovo denunciava gli scabini al giudizio dell’arcivescovo di Reims, ma non si sa come si sia conclusa la questione8.
14 Una restituzione del 1309 mostra tuttavia in atto le prerogative del vescovo di Arras e informa sulla procedura seguita. Il vescovo Gerardo il 19 maggio si indirizza al curato della parrocchia di San Gaugerico comunicandogli che un certo Giacomo di Abbazia, cittadino di Arras, avendo estorto denaro a molti per usurariam pravitatem, intende restituire dicta extorta ai danneggiati e promette di versare 14 lire parigine all’anno fino alla somma di 166 lire, affidate al curato. In conseguenza il vescovo lo assolve cum suis participibus dalla scomunica in quanto usuraio e ordina al curato di somministrargli i sacramenti e di prestargli, quando sarà ora, sepoltura religiosa. Gli chiede infine di redigere l’elenco di coloro a cui devono essere restituite le somme indicando il loro ammontare per ciascuno, elenco che il curato compila il 24 dicembre e acclude al documento. Si tratta di 17 persone alle quali Giacomo deve restituire piccole somme che vanno da 20 a 60 soldi – l’unica eccezione è costituita da un credito di 10 lire – per un totale di circa 40 lire, mostrandosi così un modesto prestatore9.
15Se questo borghese di Arras si impegna alla restituzione degli extorta con versamenti annui che vanno presumibilmente alla Chiesa in quanto eccedono le restituzioni elencate, molto più disinvolto si mostra invece un lombardo attivo in Lorena, Ranieri Buneo – detentore nel 1279 di un octroi di Federico III di Lotaringia – che nel 1292 fa testamento presso il parroco di St. Amand di Toul, distinguendo con chiarezza i lasciti dalle restituzioni: attraverso i primi si mostra generoso verso le chiese di Toul e di Asti (dove vorrebbe essere sepolto, si forte, quod posset ire in Lombardia), attraverso le seconde, fatte cum consilio sociorum et filiorum eius, specifica di voler risarcire i suoi clienti di Toul, Neufchâteau, Ligny, Sorcy, Bulgnéville, Vézelise, Bayon, ma non restituisce nulla al signore di Neufchâteau perché dichiara che questi ha tratto ben vantaggio da lui e lo stesso afferma nei confronti del comune di Toul. Morirà in grazia di Dio a Toul dove il suo nome sarà inserito come Renerius lombardus nell’obituario della cattedrale10.
16Sotto la minaccia continua di essere considerati e trattati come usurai, spesso i lombardi cercarono di evitare le restituzioni anticipandole, per così dire, con munifiche donazioni alle chiese in modo che si diffondesse la pubblica voce di un loro normale inserimento nella società cristiana. Si sa così che Raimondo di Montevetulo, lombardo nel Vallese, fu benefattore dell’abbazia di St. Maurice dove venne sepolto e a favore della quale redigeva il suo testamento nel 1303: la conservazione del solo estratto relativo alle donazioni impedisce di sapere se nella parte restante del documento si prevedessero anche restituzioni, ma è improbabile11. Così, per tornare ai Paesi Bassi, i Turco astigiani a Mons nell’Hainaut verso il 1337 edificarono la chiesa di Notre Dame des Lombards, mentre nel Quattrocento i chieresi Villa facevano il loro ingresso nella prestigiosa Confrérie de la Sainte-Croix di Bruxelles dopo aver finanziato i lavori di costruzione della cattedrale di St. Jean (1467) e dell’Ospedale piccolo (1469) a Gand12.
17Una certa disinvoltura, d’altra parte, connotava anche il comportamento dei religiosi, se a Tournai nel 1338 gli Ospedalieri di San Giovanni, opponendosi al vescovo locale, invocavano il privilegio di ospitare anche persone di dubbia moralità, specie usurai che, mediante una pensione annuale (restituzione formale di male ablata?), ottenevano il diritto alla sepoltura cristiana13.
18La questione su chi dovesse accogliere i testamenti degli usurai e le loro restituzioni aveva provocato nel Trecento non poche discussioni nel clero di Liegi, dove nel secolo successivo i curati delle parrocchie della città cercarono di accordarsi per riconoscere la giurisdizione in materia d’usura al prevosto di St. Lambert. Il vescovo Jean de Heinsberg regolerà la giurisdizione rispettiva in materia con il prevosto della cattedrale dopo il 143214.
19Un documento conservato presso un archivio privato piemontese e relativo proprio a Liegi mostra l’iter procedurale di una restituzione nel 1468: a istanza di Amedeo Asinari di Asti, in qualità di procuratore dei lombardi Obertino e Giorgio di Montafia, usurai confessi, il pievano e arciprete della cattedrale notificherà per tre giorni, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria ad fontes, l’invito a presentarsi a chiunque avesse avuto denaro a usura dai Montafia o dai loro agenti in domo Lombardorum in civitate Leodiensi, per ottenere la restituzione delle usure subite15. Negli statuti sinodali del 1454 si erano rinnovati provvedimenti nei confronti dei detentori dei banchi di prestito e nel 1462 il vescovo Luigi di Borbone aveva sottoposto la città all’interdetto: si sa comunque che con questo provvedimento il presule intendeva sottrarre alla municipalità il diritto di istituire banchi e avocarlo all’episcopato in quanto cospicua fonte di entrata, come si evince dalle concessioni successive16. D’altra parte, del 1496 è una dispensa decennale del vescovo di Cambrai, Henry de Bergues, inviata ai parroci di Malines, di Bruxelles e di Hal, con cui si dispone di accogliere i lombardi e le loro famiglie operanti in queste città come gli altri fedeli, amministrando loro tutti i sacramenti, senza alcuna condizione17.
20Ancora nel Cinquecento, il vescovo di Liegi svolgeva tuttavia la funzione di amministratore dei male ablata, come appare nel caso del prestatore di origine chierese Bernardino Porchini/Porquin che si era rivolto direttamente alla Penitenzieria romana di papa Giulio II per ottenere la remissione delle sue colpe. Il vescovo stimò infatti le usure del Porquin a 5000 lire brabantine, obbligandolo nel 1571 a istituire un ospedale per gli appestati di valore equivalente: in conseguenza di tale atto, Bernardino ottenne ufficialmente l’assoluzione dei suoi peccati18.
21Nei Paesi Bassi l’atteggiamento persecutorio della Chiesa nei confronti dei prestatori considerati usurai comunque continuò fino al secolo successivo: nel 1604, per ricevere l’assoluzione essi devono infatti assoggettarsi a una penitenza pubblica e dar prova di aver emendato la loro vita. Infine, ancora nel 1631, la costituzione Quamquam usurarii del 1274 è richiamata a proposito del divieto dei funerali per gli usurai che non hanno provveduto alla restituzione dei male ablata19.
DOSSIER
1) Costituzione 27 del II Concilio di Lione (1274)
22Quamquam usurarii manifesti de usuris quas receperant satisfieri expressa quantitate vel indistincte in ultima voluntate mandaverint nihilominus tamen eis sepultura ecclesiastica denegetur donec vel de usuris ipsis fuerit prout patiuntur facultates eorum plenarie satisfactum vel illis quibus est facienda restitutio si praesto sint ipsi aut alii qui eis possint acquirere vel eis absentibus loci ordinario aut eius vices gerenti sive rectori parochiae in qua testator habitat coram aliquibus fidedignis de ipsa parochia quibus quidem ordinario, vicario et rectori praedicto modo cautionem huiusmodi eorum nomine liceat praesentis constitutionis auctoritate recipere ita quod illis proinde actio acquiratur aut servo publico de ipsius ordinarii mandato idonee de restitutione facienda sit cautum. Ceterum si receptarum usurarum sit quantitas manifesta illam semper in cautione praedicta exprimi volumus alioquin aliam recipientis cautionem huiusmodi arbitrio moderandam. Ipse tamen scienter non minorem quam verisimiliter creditur moderetur et si secus fecerit ad satisfactionem residui teneatur. Omnes autem religiosos et alios qui manifestos usurarios contra praesentis sanctionis formam ad ecclesiasticam admittere ausi fuerint sepulturam poenae in Lateranensi concilio contra usurarios promulgatae statuimus subiacere. Nullus manifestorum usurariorum testamentis intersit aut eos ad confessionem admittat sive ipsos absolvat nisi de usuris satisfecerint vel de satisfaciendo pro suarum viribus facultatum praestent ut praemittitur idoneam cautionem. Testamenta quoque manifestorum usurariorum aliter facta non valeant sed sint irrita ipso iure.
2) Canone del Sinodo di Cambrai (1323)
23Presenti synodali statuto decernimus et declaramus omnes tales usurarios huiusmodi signa tenentes aut mensam foenebrem exercentes, manifestos usurarios iudicandos et fore contra ipsos tamquam contra manifestos usurarios procedendum, ipsosque et omnes alios usurarios manifestos in civitate et diocesi Cameracensibus predictis nostris manentes excommunicamus... Item, quia sunt quidam alii usurari qui non sint omnino manifesti, usuras tamen, licet occulte, et usurarios contractus indifferenter exercent, quos publica fama usurarios esse demonstrat, eos ad ecclesiasticam sepolturam praecipimus non admitti.
3) Restitutions opérées par des bourgeois d’Arras de sommes obtenues par usure, in G. Bigwood, Le régime juridique et économique du commerce de l’argent dans la Belgique du Moyen Âge, Bruxelles, 1922, II, nr. 32, p. 321-323.
4) Archivio Montafia, in Archivio Birago di Vische, Torino
24Manifesto del pievano e arciprete di Liegi a istanza di messer Amedeo de Asinariis di Asti, come procuratore dei signori Obertino e Giorgio fratelli di Montafia, mediante il quale notifica per tre giorni nella chiesa parrocchiale di Santa Maria ad fontes di Liegi a chiunque abbia avuto denari a usura dai nobili fu Obertino di Montafia e Antonio e da Baldovino di Montafia o dai loro agenti nei tempi passati domo Lombardorum utentes in civitate Leodiensi la restituzione di dette usure (1468, 4 settembre).
Notes de bas de page
1 M. Greilsammer, Il credito al consumo in Europa: dai lombardi ai Monti di Pietà, in F. Franceschi, R.A. Goldthwaite, R.C. Mueller (a cura di), Il rinascimento italiano e l’Europa, vol. 4, Commercio e cultura mercantile, Treviso, 2007, p. 603 sg.
2 G. Bigwood, Le régime juridique et économique du commerce de l’argent dans la Belgique du Moyen Âge, Bruxelles, 1921, p. 580; C. Thion, Aperçus sur l’établissement des lombards dans les Pays-Bas aux XIIIe et XIVe siècles, in Revue Belge de Philologie et d’Histoire, 1961, p. 356-357.
3 Op. cit., p. 357.
4 M. Greilsammer, Il credito al consumo in Europa… cit. n. 1, p. 603.
5 Bonifacio di Moncalieri nel 1310 confessa ad Asti di avervi parzialmente provveduto, su richiesta del suo confessore, in loco de Minfa, dove aveva esercitato il prestito: A.M. Cotto Meluccio, P. Dacquino, L. Franco (a cura di), Carte astigiane del secolo XIV (1303, 1307-1310; 1310-1311), Asti, 1992, doc. 439, p. 285.
6 C. Thion, Aperçus sur l’établissement des Lombards… cit. n. 2, p. 360-361.
7 Ivi, p. 361-363.
8 G. Bigwood, Le régime juridique et économique du commerce de l’argent… cit. n. 2, p. 582.
9 Ivi, II, p. 521.
10 J. Schneider, Les Lombards en Lorraine, in Annuaire de la Société d’histoire et d’archéologie de la Lorraine, 79, 1979, p. 65-98; W. Reichert, Lombarden in der Germania-Romania, Trier, 2003, II, p. 739-740.
11 P. Dubuis, Raymond de Montevitulo. Lombard et bourgeois de Saint-Maurice à la fin du XIIIe siècle, in Annales Valaisannes. Bulletin trimestriel de la Société d’histoire du Valais romand, 1976, p. 131-139.
12 R. Bordone, F. Spinelli (a cura di), Lombardi in Europa nel Medioevo, Milano, 2005, p. 162.
13 G. Bigwood, Le régime juridique et économique du commerce de l’argent… cit. n. 2, p. 582.
14 Ivi, p. 581.
15 Archivio Montafia, in Archivio Birago di Vische, Torino.
16 M. Greilsammer, Il credito al consumo in Europa… cit. n. 1, p. 603.
17 G. Bigwood, Le régime juridique et économique du commerce de l’argent… cit. n. 2, p. 583.
18 M. Greilsammer, La roue de la fortune. Le destin d’une famille d’usuriers lombards dans les Pays-Bas à l’aube des Temps Modernes, Paris, 2009, p. 119-120.
19 Ead., Il credito al consumo in Europa… cit. n. 1, p. 605.
Auteur
Presente contributo costituisce la traccia, ampiamente definita, dell’intervento presentato da Renato Bordone (1948-2011) in occasione della I Giornata di studio Biens mal acquis. Journées d’étude sur la restitution des usures au Moyen Âge tenutosi presso l’École française de Rome il 30 giugno e il 1° luglio 2010. Restituisce, pur nella sua brevità, alcune linee guida della quarantennale attività di uno studioso che ha costruito, a livello internazionale, relazioni scientifiche decisive per il rinnovarsi della storiografia sociale ed economica tra Medio Evo ed Età Moderna e ha prodotto lavori fondamentali sull’attività dei lombardi in Europa. Per questa ragione e per onorarne la memoria, i curatori del volume hanno deciso la pubblicazione postuma del saggio, ringraziando la famiglia per la disponibilità.
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