I santi delle origini cristiane nel protestantesimo del XVI secolo
p. 399-427
Résumé
Nonostante la soppressione del culto dei santi e l’eliminazione di gran parte della letteratura agiografica tradizionale, persiste nelle comunità protestanti, soprattutto luterane, del XVI secolo una devozione purificata ed evangelica verso gli eroi del cristianesimo primitivo, identificati con i martiri/confessori e i docentes verbum Dei. Una memoria sanctorum veteris ecclesiae, raccolta inizialmente in storie ed in « insegnamenti esemplari » (Bonnus, Major, Spalatino) mutuati dalla letteratura patristica opportunamente « ripulita » affiora con crescente evidenza a partire dagli anni Cinquanta in diversi martirologi, nei Kirchenkalender e in florilegi o Exempelbücher per la predicazione, al fine di proporre modelli di fedeltà all’evangelo, di docilità all’azione della grazia e di fermezza nella prova. Prende forma così un prezioso patrimonio di esemplarità volto a confortare e sostenere le chiese della Riforma in un momento in cui la persecuzione si abbatte su di esse, alla stregua, del resto, di quanto sta già accadendo per i nuovi martiri della fede annoverati tra le fila degli evangelici, le cui esaltanti testimonianze (Acta et Monumenta) sono devotamente conservate in Märtyrerflugschriften e ordinate con sistematicità nei vari « libri dei martiri » pubblicati a Strasburgo, Ginevra, Londra, Anversa.
Texte intégral
1Dopo l’attacco dei riformatori al culto dei santi e la conseguente eliminazione a livello di chiese locali e territoriali di ogni espressione di invocatio sanctorum sia nella liturgia che nella devozione popolare potrebbe sembrare fuori luogo interessarsi alla sorte nel mondo protestante del XVI secolo di una categoria dell’affollato santorale tradizionale, qual è appunto quella dei santi delle origini cristiane. Eppure, proprio queste figure antiche continuano a godere di grande considerazione e onore, in sostanza di una significativa e peculiare devozione da intendere ovviamente nella logica della nascente «evangelische Heiligenverehrung »1. Il tema dei martiri e confessori della chiesa antica rimane perciò un elemento non trascurabile, seppur marginale, di quel processo di formazione dei cristiani per un ritorno all’autentica veritas Evangelii; un tema che in questa sede sarà affrontato nel quadro di una duplice e per certi versi diversa fase storica del protestantesimo del Cinquecento. Nella prima generazione si pone all’interno della lotta contro il culto “papista” dei santi, della sua abolizione sul piano liturgico e devozionale e del tentativo di sostituirlo con una più corretta memoria sanctorum principalmente in ambito luterano, dove si avvia ben presto un’opera di purificazione dei testi agiografici più diffusi ed un loro recupero a fini pastorali e di edificazione dei fedeli. A partire dagli anni Cinquanta, invece, si trova inserito come elemento non secondario nell’operazione editoriale dei vari martirologi e nel riordino e nella pubblicazione di calendari storici ed ecclesiastici e di manuali omiletici volti all’edificazione spirituale, ma in ultima istanza a giustificare contro l’ «Anticristo romano» la correttezza del movimento evangelico quale ritorno alle genuine sorgenti cristiane.
Memoria sanctorum veteris Ecclesiae proponi potest
2Vale la pena ricordare anzitutto che Lutero, pur stigmatizzando la invocatio sanctorum come «Abgotteray» e «abuso dell’Anticristo »2, non esclude la possibilità di onorare i santi in maniera corretta a partire dalla nozione evangelico-paolina di santo (ogni battezzato è santo), vale a dire considerandoli non più mediatori, taumaturghi, super-uomini a cui rendere un culto o a cui affidarsi nelle difficoltà, ma quali semplici uomini, viventi o defunti, destinatari e testimoni dell’azione salvifica e gratuita di Dio e pertanto esempi da imitare e da ricordare ad edificazione comune. E perché questo radicale cambiamento di prospettiva si realizzi, auspica per il bene dei fedeli anche una revisione critica della letteratura agiografica tradizionale ritenuta palesemente inaffidabile sul piano della verità storica e nociva alla fede per il contenuto antievangelico che spesso veicola. Il fatto che gli scritti agiografici circolanti tra le chiese siano del tutto inservibili costituisce a suo giudizio un’autentica sciagura: «nessun altro libro accanto alla Sacra Scrittura – scrive – è più utile alla comunità cristiana delle leggende dei santi, soprattutto di quelle che sono pure e corrette». I buoni esempi dei santi, infatti, riproposti dai racconti agiografici che narrano la loro fede incrollabile nella Parola di Dio, professata con la vita sino al sacrificio supremo, sono molto efficaci per consolare e fortificare i cristiani deboli e per incoraggiare e rendere irremovibili i forti3. E tra le innumerevoli historiae bisogna preferire quelle narrate dalla bibbia perché più attendibili sul piano storico e soprattutto più sicure in ordine alla verità di fede; e ancora, aggiunge il riformatore, nello sfacelo generale «le meno sospette sono [altresì] quelle dei martiri, mentre le leggende degli anacoreti e dei monaci sono bislacche »4. Una valutazione, questa, che guiderà di fatto l’operazione di recupero della letteratura agiografica tradizionale portata avanti dalle chiese evangeliche, per cui saranno eliminati o radicalmente corretti tutti i racconti relativi a figure di santi monaci e asceti e valorizzati viceversa quelli sui santi martiri della chiesa antica. Lutero stesso legge e commenta frequentemente le historiae martyrum dei primi secoli. E nelle prediche durante il culto fa memoria di questa o quella singola figura del primo cristianesimo nel giorno della festa prevista dal calendario liturgico, facendo riferimento al racconto agiografico spesso per criticarlo. In generale nei lineamenti tratteggiati dai leggendari biasima la stravaganza, l’inattendibilità storica e la pura e semplice invenzione, ma specialmente ne stigmatizza l’erroneità dottrinale. Ad esempio, della Legenda di s. Bartolomeo non salva nulla perché la considera falsa, priva di buon senso, bizzarra, contraddittoria rispetto al vangelo e al dato storico: la vita degli Apostoli, osserva, è stata esattamente il contrario di quanto vi viene narrato5. Disapprova la figura di s. Cristoforo così come è tratteggiata dalla Legenda tradizionale e condanna il fatto che proprio ad un santo per nulla certo sul piano storico venga riservato dalla gente un onore superiore a quello di qualunque apostolo, del quale invece la Sacra Scrittura dà piena testimonianza6. Forti riserve avanza altresì sui racconti agiografici relativi a s. Barbara (descritta dall’agiografo come vendicativa)7, s. Caterina, s. Dorotea, s. Margherita8, confezionati tutti allo stesso modo, cioè senza fondamento storico e con innumerevoli e arbitrarie interpolazioni e sbagli dottrinali. Tra questi il più grave è a suo giudizio l’atto di arroganza fatto da tutte queste sante martiri in punto di morte: secondo le Legendae esse avrebbero chiesto a Dio di essere venerate dopo morte e di poter ricompensare i loro devoti con ricchezza, salute e sicurezza materiale9. Radicale è pure la condanna della Legenda su s. Andrea. Per Lutero essa «puzza di carne e sangue» perché, insistendo sulle virtù taumaturgiche con dovizia di fatti miracolistici, strani e di dubbia attendibilità, pone la vita dell’apostolo su un piano più di logica e di protagonismo umano che non di fede salvifica che viene dall’alto, e perciò stesso esempio improponibile ai fedeli della Riforma. Mentre viceversa, conclude, è sufficiente sapere ciò che più conta nella vita di s. Andrea (ma lo si deve dire di ogni apostolo o discepolo), e cioè che è stato un apostolo, scelto da Dio stesso quale annunciatore del vangelo, e che ha posto esclusivamente nel martirio il fondamento sicuro alla sua predicazione10.
3In linea con tali posizioni le chiese luterane aboliscono di fatto la «Heiligenanbetung», prospettando al suo posto nei testi confessionali e nelle varie Kirchenordnungen (= KKOO) una «evangelische Heiligenverehrung» rivolta quasi esclusivamente ad alcune figure classiche degli inizi del cristianesimo. La Confessio Augustana (1530) (= CA) dichiara all’articolo XXI che «è possibile proporre la memoria dei santi affinché ne imitiamo la fede e le buone opere (ognuno) secondo la propria vocazione »11. E nell’Apologia Confessionis (1531) (= AC) Melantone, pur biasimando fortemente la letteratura agiografica tradizionale, chiarisce che i luterani non nutrono una disistima totale dei racconti agiografici, che anzi auspicano una riedizione purgata di tanti esempi di fede perché siano letti in pubblico e in privato12. Sul grande vantaggio che da tale recupero deriva per i fedeli della Riforma insiste anche la Confessio Augustana Variata (1540) (= Variata): l’esempio della constantia martyrum veterum rinvigorisce la fede nella misericordia di Dio ed è un incentivo a resistere nelle prove. Un’attenzione, questa, alla fermezza degli antichi testimoni della fede rivelatrice della situazione martiriale in cui vengono a trovarsi gli evangelici a partire dagli anni Quaranta, quando il martirio a causa della fede diventa un’eventualità concreta per intere comunità. Da qui l’urgenza di temprare gli animi proponendo gli esempi dei primi testimoni della fede. Ma con una precauzione, puntualizza la Variata: data la sconcezza dei leggendari tradizionali occorre usare «prudenza» nel raccoglierli e discernimento nell’approntare i nuovi florilegi agiografici13. Un primo esempio concreto di applicazione di tale «prudente» opera di discernimento si può vedere nella Farrago di Bonnus pubblicata per l’appunto l’anno prima, nel 1539.
4Sul piano pratico le numerose KKOO, organizzando la liturgia evangelica, stabiliscono dei giorni dedicati alla memoria di alcune figure dell’AT e NT. L’ordinamento del Braunschweig (1528) ad esempio nella ricorrenza «der hilgen apostelen […] gedechtnissen» prescrive che il predicatore, dopo aver tenuto il sermone sul vangelo della domenica, ricordi alla comunità la memoria infra-settimanale dell’apostolo, dando lettura non delle «leggende bugiarde, ma dei brani evangelici o degli Atti che ne narrano la vera storia»; parimenti per la memoria della Maddalena l’ordinanza ecclesiastica ritiene sufficiente leggere quanto di lei scrivono i vangeli14. Il paragrafo «Van den festen» in conclusione sollecita i predicatori a presentare i lineamenti autentici di questi santi, e cioè: a proposito degli apostoli il ministero dell’evangelo, come l’hanno ricevuto ed esercitato, come vi sono rimasti fedeli nonostante le tribolazioni e la morte, mentre a riguardo di s. Lorenzo (una commemorazione specifica prevista dall’Ordinamento del Braunschweig) la diaconia, esercitata con spirito di carità ed umiltà e nella fedeltà sino al martirio15. La KO di Amburgo (1539), che prescrive come «extraordinarien Festdagen» i «Gedechtnisse der Hilligen, Apostel und Märterer» (Stefano, Giovanni ev., ss. Innocenti, Pietro e Paolo, Maddalena gli altri apostoli), richiama pure la ragione che motiva la conservazione di tali «giorni festivi straordinari», e cioè il dovere di mantenere la memoria di quei santi per spingere la gente ad imitarne gli esempi di fede, di dottrina e di sopportazione delle sofferenze16.
5Meno rilevante è l’interesse per gli eroi della chiesa antica da parte di Zwingli, Bucer, Calvino e in generale delle chiese della Svizzera e del Sud della Germania, dove il rigetto dell’ «Heiligenverehrung» papista e delle tradizionali Legendae sanctorum è più netto e polemico. Senza per questo, precisa Zwingli, voler cadere nel disprezzo dei santi e delle loro historiae; che anzi li si onora meglio, proprio evitando ogni invocatio, intercessio ed expiatio sanctorum fondate sui loro «falsi» meriti ed imitandone soltanto la testimonianza di fede vissuta17. Di fatto nelle città influenzate dalle posizioni zwingliane gli ordinamenti liturgici prescrivono a Zurigo che siano considerati e celebrati come giorni festivi, oltre a tutte le domenica e ai Festa Christi, anche s. Stefano, Ognissanti, i dodici apostoli, Giovanni Battista, la Maddalena, ss. Felice e Regola e a Basilea che si celebri il «gedechtnüß» delle benemerenze, delle alte virtù e della santità della Vergine Maria, dei santi apostoli, di Giovanni Battista e «der lieben Marterer Christi »18.
6Dal canto suo Bucer a Strasburgo sollecita l’abolizione del culto dei santi, richiamandosi alla vera antica tradizione: i primi cristiani, precisa in Grund und Ursach (1524), tenevano in particolare onore le tombe dei martiri, ma unicamente «affinché con ciò anche gli altri fossero incitati alla medesima coraggiosa confessione di fede e non per ricercare particolari aiuti »19. E proprio in linea con questa corretta memoria sanctorum nell’Einfältiges Bedencken (1543) prevede, oltre alla domenica, anche altri giorni festivi o semi-festivi, come quello degli apostoli, durante i quali la comunità, dopo aver ascoltato le loro historiae rigorosamente tratte dalla s. Scrittura, è chiamata a lodare e ringraziare Dio per i grandi benefici loro concessi e ad impegnarsi nella imitazione della loro vita20.
7Decisa è la condanna di Calvino: il culto dei santi va abolito non solo perché divide la potenza divina tra una moltitudine di piccole divinità, sfociando così nell’idolatria, ma in quanto, priva di ogni giustificazione scritturistica, contrasta con l’unica mediazione di Cristo e trascina la gente verso innumerevoli forme di superstizione21. Del resto, secondo l’antica tradizione, che i riformati di Ginevra intendono ripristinare, venivano richiamati «durante la celebrazione eucaristica i nomi degli apostoli e dei martiri più importanti e più noti alla gente per risvegliare la fede di tutti». Si trattava in sostanza di memorie che tendevano a rafforzare l’unità cristiana e ad «incitare vivamente all’imitazione della fede» dei martiri e non ad invocare la loro intercessione. I papisti invece, conclude con ironia polemica il riformatore ginevrino, assegnano giorni festivi a qualunque patrono, anche a quelli che non sono mai esistiti (come s. Cristoforo) o addirittura che sono stati assassini e carnefici (come Domenico, Medardo, Lubino ed altri). Perciò è necessario eliminare radicalmente ogni festività legata alla stessa memoria degli apostoli, dei martiri o di figure bibliche per concentrare viceversa la devozione solo sulla domenica e sulle poche feste del Signore22.
8Anche la chiesa d’Inghilterra, abbandonato il culto papista dei santi e avviata la «evangeliche Heiligenverehrung», fa proprio il criterio secondo cui i santi da ricordare e celebrare sono soltanto quelli di cui si trovano testimonianze nella bibbia o al massimo nella letteratura cristiana antica purché dottrinalmente affidabile23. Nel Book of Common Prayer, già a partire dal 1549, in linea con la tradizione luterano-buceriana il Daily Office stabilisce per i giorni festivi e quelli dedicati ai santi l’utilizzazione di letture proprie, qualora vi siano brani disponibili, mentre all’interno del Messale, che regola la liturgia della Holy Communion, il Sanctorale si presenta notevolmente ridotto: sono menzionate soltanto due feste della Madonna e quelle degli apostoli ed evangelisti (inclusi Paolo e Barnaba), di Giovanni Battista, della Maddalena, di Stefano, dei SS. Innocenti, di Michele e Angeli e di Ognissanti24.
Alla ricerca dei lineamenti autentici degli “eroi” delle origini cristiane
9Ottemperando al desiderio del riformatore di Wittenberg e venendo incontro al bisogno delle comunità a partire dalla fine degli anni Trenta in ambito luterano si decide di dare alle stampe in raccolte di esempi e di detti le historiae dei santi Padri delle origini cristiane debitamente corrette o rifatte25. Il primo a muoversi in questa direzione è il giovanissimo sovrintendente ecclesiastico di Lubecca, Hermann Bonnus, che nel 1539 pubblica la Farrago praecipuorum exemplorum in ossequio alle direttive emanate dalle chiese del Nord della Germania26. Come si evince già dal frontespizio la silloge contiene, assieme ad una serie di exempla (ma anche dicta) ordinati secondo tematiche teologiche e pastorali, i profili edificanti di apostoli, martiri, vescovi e santi Padri della chiesa delle origini. Chiudono la serie alcune vite di santi monaci. In concreto Bonnus redige una sorta di Exempelbuch, nel quale però la sezione principale è costituita da historiae su apostoli, alcuni vescovi (Martino, Nicola e Biagio), la Maddalena e da racconti, ricavati dalla storia ecclesiastica di Eusebio e Cassiodoro, su figure note delle origini cristiane, da Policarpo ai martiri Cointo e Marino, dalle vergini Potamiena, Apollonia, Dorotea ai vescovi Filea, Pafnunzio, Atanasio, Ambrogio, Spiridione, Basilio, dal giovane Ormisda ai tre monaci Ammonio, Antonio e Giovanni egiziano: personaggi, insomma, che nei primi secoli della chiesa «hanno difeso la religione cristiana insegnando la parola di Dio e proclamando la sua verità, e quindi il loro studio è utile e necessario anzitutto ai predicatori della parola divina»; come a sottolineare che l’interesse agiografico di Bonnus è rivolto principalmente ai docentes verbum Dei e ai testes veritatis allo scopo di rendere più convincente la predicazione. Nel presentare la stessa figura della Maddalena il sovrintendente luterano precisa che nella devozione ai santi ristabilita dalla Riforma ciò che interessa e conta non è tanto la loro vita o le opere – in ogni caso da non considerare mai come imprese meritorie personali ma bensì quali fructus fidei – quanto piuttosto la dottrina e la fede che hanno professato e per il cui tramite sono stati salvati27.
10È chiara inoltre la finalità apologetica ed edificante di tutta l’operazione, volta a mostrare la giustezza della Riforma ed il suo radicamento nell’ortodossia della chiesa primitiva, fedele interprete della Parola di Dio. In tale direzione si muovono gli stessi racconti relativi ai monaci. Nella historia su s. Antonio, presa vagamente dalla Vita Antonii di Atanasio, il giovane teologo di Lubecca riduce la biografia del santo eremita a pochissimi accenni, tutti funzionali alla legittimazione di comportamenti introdotti nelle chiese evangeliche e quindi da inculcare nei fedeli. Con la sua vita Antonio ha dato l’esempio di come vivere l’ascesi senza disprezzare il corpo e professare la vera fede contro l’eresia. In particolare ha preannunciato profeticamente il disastro in cui si trova la chiesa sotto il papato, ha condannato il culto delle reliquie e testimoniato che
allora la vita dei monaci era completamente libera e non vincolata da alcun voto, diversamente da come è invece nel nostro tempo sotto il papato. Allora i fratelli erano certamente indipendenti e perciò conservavano le loro cose; nella storia di Antonio non si parla affatto di regola o di romano pontefice e neppure di professione monastica28.
11Per Bonnus la storia di s. Nicola
è degna di essere raccontata anche nella chiesa a titolo di esempio affinché gli uomini pii comprendano come una volta ci fossero veri vescovi nella chiesa e come invece nel nostro tempo il titolo di vescovo è riferito quasi esclusivamente a coloro che si fregiano illecitamente del puro titolo episcopale senza lasciarsi toccare minimamente dalla cura e dalla conoscenza del vero vangelo29.
12Ciò spiega anche perché abitualmente la Farrago nel narrare gli eventi essenziali della vita di questo o quel santo introduca digressioni teologiche, pedagogiche, morali e pastorali. Una finalità peraltro evidenziata dalla stessa ripulitura operata da Bonnus delle fonti da cui attinge: più radicale a riguardo dei leggendari, dei martirologi e dei cataloghi medievali e tardo medievali e più sobria rispetto ai testi storiografici antichi. I criteri poi per una corretta scrittura sui santi sono quelli formulati da Lutero e indicati dalle KKOO: preferire i racconti biblici ed mettere in risalto nella biografia quei momenti essenzialmente legati all’esercizio della fede, al ministero della Parola e alla testimonianza della verità, lasciando da parte i miracoli, le attività ascetiche o gli interventi intercessori.
13Significative di tale orientamento a sostegno della centralità dell’ortodossia dottrinale sono ad esempio le historiae sugli apostoli, dove la silloge bonniana ripropone ogni volta il medesimo schema biografico scandito nei due momenti palesemente collegati all’annuncio del Vangelo: la chiamata all’apostolato o al ministerium Verbi (vocazione) e l’effettivo esercizio di tale annuncio (missione) sino alla suprema testimonianza (confessione) del martirio. Il racconto sulla Maddalena, liberato da tutte le sozzure della Legenda aurea che l’appiattiscono su tanti particolari biografici controversi, inutili o dannosi per la fede, diventa la dimostrazione più eloquente della gratuità della salvezza. Nella storia di s. Martino, poi, Bonnus vi trova
eccellenti testimonianze del vero vescovo ossia del predicatore del vangelo per cui è degna di essere conosciuta con attenzione, e sebbene in molte parti [tale storia] sia imbrattata da alcune menzogne superstiziose tuttavia non bisogna riprovare tutte le cose ottime ed utili che in essa pure vi sono.
14A suo giudizio ciò che caratterizza il profilo del vescovo di Tours non è tanto la capacità di dominare la volontà e la concupiscenza e non lo sono neppure le virtù personali o i prodigi realizzati – aspetti su cui invece insiste la Legenda aurea – ma il costante e fedele riferirsi alla verità evangelica e il difenderla contro l’eresia ariana. In tal senso incarna l’icona esemplare del sovrintendente protestante ante-litteram e i fatti della sua antica vicenda illuminano i problemi legati all’attualità come la questione dei conventi e delle collegiate soppressi e trasformati nei territori protestanti: quelli fondati e diretti dal vescovo di Tours, spiega il pastore di Lubecca, non erano affatto monasteri per monaci come sostiene la Legenda aurea, ma semplici collegi o scuole di teologia per la formazione cristiana e culturale dei giovani30. Nelle historiae apostolorum poi il pastore luterano introduce una sorta di catechesi continua per confermare punti fondamentali della dottrina e della disciplina delle chiese della Riforma. Così, la chiamata ad cognitionem evangelij e ad munus Apostolicum di Giovanni, Giacomo, Andrea e degli altri, descritta puntualmente quale evento di grazia, è additata nella historia su s. Bartolomeo come esempio luminoso
affinché non disperiamo circa le nostre infermità a causa del peccato; giacché viceversa Dio le ignora e ce le perdona soltanto che crediamo in Cristo, non ci allontaniamo dalla sua parola e non cadiamo nella fiducia delle nostre opere. Cristo infatti ha sopportato sovente molte cose nei suoi discepoli ed apostoli, quando questi sono stati infermi non alla maniera comune ma commettendo anche gravissimi errori31.
15Che l’esemplarità degli stessi apostoli proposta alla devozione dei cristiani riguardi certamente la loro vita ma soltanto in quanto correlata con la vera dottrina è confermato dal modo con cui Rabus interviene per modificare redazionalmente il testo della Legenda aurea ad esempio a proposito dei racconti su s. Andrea, s. Bartolomeo e s. Giovanni evangelista, e cioè tenendo sempre presenti gli assunti dottrinali della Riforma. Secondo la Farrago Policarpo è l’immagine ideale del vescovo proprio perché ha trasmesso con scrupolo e fedeltà la verità del vangelo e l’ha tutelata contro l’eresia, ha scritto su di essa in modo edificante, ma soprattutto ha preferito sacrificare con gioia e serenità la propria vita piuttosto che rinnegarla. Anche il vescovo martire Filea è un uomo illustre per pietà, dottrina, erudizione filosofica e teologica, oltre che funzionario pubblico di grande valore, e come tale particolarmente esemplare per i cristiani; un ritratto in verità solo parzialmente presente in Eusebio, al cui testo per altro il pastore luterano apporta varianti non marginali con l’intento di spiegare ai lettori come la forza d’animo dei martiri sia dovuta al notevole spessore morale e magisteriale di vescovi come Filea, il quale oltre tutto è sposato; è stato il loro luminoso esempio a trascinare la gente alla confessione della fede cristiana usque ad effusionem sanguinis32.
16Ancora una valorizzazione delle figure e delle storie sanctorum veteris ecclesiae è l’edizione purgata delle Vitae Patrum curata da Georg Major e data alle stampe a Wittenberg nel 1544; una pubblicazione che rispetto all’opera bonniana ha avuto più fortuna e maggiore ufficialità nel mondo protestante per l’autorità conferitale da Lutero33. Anche in questa operazione identiche sono le finalità apologetico-edificanti e l’applicazione dei metodi di scrittura e di quei criteri che il riformatore di Wittenberg torna a ribadire nella Vorrede: è necessario seligere et purgare sulla base della regula sicura di discernimento e verifica, vale a dire la fedeltà alla dottrina della salvezza per sola gratia, e ciò al fine di recuperare quei fragmenta Evangelicae mensae che pure vi si possono trovare a beneficio della comunità34. E Major aggiunge nell’Epistula nuncupatoria: trattandosi della vita di uomini santi dell’antichità cristiana, la prima domanda da porsi non riguarda tanto le loro virtù private, quanto piuttosto la dottrina che essi hanno professato ed insegnato così da distinguere i pii dagli impostori; perché «[…] come ha scritto Apollinare, dove non c’è la verità di Cristo, non c’è neppure la verità del martirio». Bisogna quindi rivolgere l’attenzione ai segni prodigiosi che «Dio ha compiuto per provare che Egli è vicino alla chiesa ed esaudisce quanti lo invocano»; miracoli che dimostrano l’appartenenza di quei santi alla vera chiesa. E infine: occorre considerare la loro vocazione pubblica e i diversi carismi e compiti ad essa collegati, ma non per imitarne goffamente e pedissequamente la vita, ma affinché «ciascuno comprenda il proprio compito »35.
17Sulla base di un tale impianto concettuale e metodologico il predicatore della Schloβkirche di Wittenberg ripulisce il testo delle Vitae Patrum, rimuovendo gli elementi leggendari e le «sozzure diaboliche» di carattere dottrinale, in particolare l’esaltazione dell’ «abominio della vita monastica» e della sua ascesi. Dal De Apollonio monacho et martyre elimina l’ultimo brano in cui Rufino accenna al ritrovamento dei corpi dei santi martiri, restituiti miracolosamente dal mare, ed all’inizio del culto presso il loro sepolcro, presumibilmente per non rievocare gli abusi del culto delle reliquie, dell’intercessione dei santi, dei pellegrinaggi, ecc. spazzati via dalla Riforma36. Dalla historia su Pafnunzio toglie due paragrafi che esaltano la scelta della vita religiosa come la cosa più desiderabile da un pio cristiano per giungere alla santità, un terzo lungo brano sulla scelta monastica suggerita da Pafnunzio ad un mercante e l’ultima parte in cui il santo eremita viene glorificato come assunto dagli angeli in cielo37. Più risoluto è l’intervento per la revisione del De Ammone, primo Nitriae monacho: Major elimina un ampio brano iniziale sulla scelta di castità fatta da Ammone assieme alla giovane moglie e sullo scioglimento consensuale del loro matrimonio ed un lungo passo finale celebrativo dei meriti di Ammone e della sua opera taumaturgica per conservare solamente il breve episodio della guarigione del giovane morso dal cane rabbioso38. E ciò per il motivo che tali brani contraddicono la dignità cristiana della vita coniugale, recuperata viceversa dalla Riforma con l’abrogazione del celibato ecclesiastico e della vita monastica.
18Ugualmente rivolta all’apprezzamento di personalità insigni del cristianesimo delle origini con l’obiettivo di edificare e consolare è l’opera pubblicata da Georg Spalatin nel 1544, in cui è raccolta una serie di exempla atque sententiae mutuati, oltre che dai classici della storiografia ecclesiastica antica e della patristica, sorprendentemente anche da opere medievali e umanistico-rinascimentali39. Un’antologia che in realtà ha avuto ben poca notorietà e diffusione in ambito evangelico, nonostante il sostegno di Lutero che in una lettera a Spalatino, inserita poi come Praefatio, metteva in rilievo la bontà, l’opportunità e l’urgenza di tale operazione volta a recuperare sanctorum dicta et facta, passandoli però al vaglio prudente della regula seu analogia fidei (la giustificazione per fede)40. Praticamente in una successione (non alfabeticamente ordinata) di 84 voci relative a nomi di personaggi per la maggior parte del cristianesimo antico (martiri, confessori, vescovi, laici) il pastore di Altenburg colleziona diversi episodi e detti loro attribuiti, ponendoli sotto ciascun nome. Il suo obiettivo è di approntare un sussidio spirituale e pastorale, per cui si rivolge maggiormente ai dicta utilizzabili sul piano personale e nella predicazione a conforto e sostegno dei cristiani in tentazione che non ai racconti agiografici. E ciò spiega perché ad esempio non dica quasi nulla sulla vita di Ambrogio, Cipriano, Agostino, Tertulliano, Bernardo (le voci più consistenti e rilevanti della serie), preferendo riportare dai loro scritti un florilegio di consolatoriae sententiae per offrirlo al pio lettore. Anche se non manca di mostrare non pochi exempla sul piano del comportamento quasi sempre collegati alla confessione della fede davanti ai tribunali e ai carnefici sino al martirio, come nei racconti su Dionisia e suo figlio Maiorico, sull’Anus Aphricana, sull’ Edessena Mulier cum filio, sui Juvenes duo Antiocheni Martyres e su molti altri.
Gli «antichi testimoni della fede» nei martirologi protestanti
19Occorre ricordare che nella seconda metà degli anni Cinquanta con il precipitare dello scontro tra cattolici ed evangelici cresce una «Märtyrerstimmung», una sorta di stato d’animo/atmosfera martiriale che all’interno del protestantesimo favorisce la nascita del genere letterario dei martirologi e di testi similari come i Kirchenkalender, con cui si rafforza tra le chiese evangeliche l’attenzione e la devozione verso gli eroi del cristianesimo delle origini41.
20Tra gli autori di martirologi Ludwig Rabus è l’unico, oltre all’olandese Haemstede, che già nella prima edizione del 1552 raccoglie le Historien di «confessori» e di «santi testimoni, confessori e martiri» della chiesa antica42. Anzi questa sezione si consolida e si accresce nelle edizioni successive sino alla redazione definitiva pubblicata nel 1571-72, dove l’intera rassegna sistemata in successione cronologica si concentra solo su due periodo storici, l’epoca biblica e dei primi secoli da un lato e i seccoli XV-XVI dall’altro, scartando completamente l’età di mezzo. A giudizio di Rabus infatti, in linea peraltro con Lutero e gli altri riformatori, la chiesa primitiva è vissuta in perfetta conformità con l’insegnamento evangelico; una conformità che è andata smarrendosi nel medioevo per ritornare in auge con Huß e la riforma protestante. L’elenco, poi, si spinge a ritroso oltre Cristo e il cristianesimo delle origini per risalire ad Abele, palesando in tale scelta una concezione allargata di chiesa che abbraccia i «testimoni della verità» di tutti tempi dagli inizi della storia (AT) a Gesù e gli Apostoli (NT) e ai discepoli di Cristo lungo la storia dalle origini fino al presente, anche se di fatto il sovrintendente luterano riserva più attenzione e più spazio ai secoli iniziali dell’era cristiana. E ciò soprattutto per l’importanza che egli attribuisce al collegamento dei martiri protestanti del suo tempo con quelli dei primi secoli. In concreto, nell’In-folio Historien der Martyrer suddiviso in due grandi parti, vi dedica più di tre quarti dell’intero Erste Theyl costituito da due libri per un totale di 140 racconti o capitoli (11 dell’AT nel Libro I e 129 del NT e delle origini cristiane sino a V secolo nel Libro II)43. Qui la struttura del racconto appare completamente diversa rispetto alla narrazione delle redazioni precedenti almeno relativamente ai martiri vetero- e neo-testamentari. Nella parte centrale della historia sono inseriti brani scelti degli scritti del personaggio al fine di precisarne meglio i lineamenti edificanti e valorizzarne il magistero a beneficio dei lettori. Si rivela così una nota peculiare dell’opera rabiana che solo parzialmente risponde all’idea classica di martirologio: oltre ad inglobare testimoni e confessori che non hanno subito il sacrificio estremo della vita, vi si trova un po’ di tutto, dalle notizie storico-biografiche alla raccolta di testi spirituali ed edificanti. Così, ad esempio, nel capitolo su s. Ignazio, dopo aver menzionato le varie posizioni degli storici antichi circa l’identità del martire, Rabus passa ad esporre l’imprigionamento e il viaggio a Roma; continua quindi con la citazione di brevi passi delle dodici lettere del vescovo di Antiochia e la narrazione sulla carcerazione, il tipo di martirio subìto, i prodigi accaduti in tale circostanza e la venerazione dei cristiani; per finire con la puntualizzazione finale della data della morte44.
21Nel presentare questa ed altre figure dei primi secoli ciò che al teologo luterano interessa mettere a fuoco è la loro fedeltà alla verità evangelica in molti casi a prezzo della vita, elevandosi per questo ad esempi preziosi ed incoraggianti per coloro che si trovano a subire la tribolazione e persino il martirio da parte dei nemici di Cristo. In quest’ottica la historia del martire s. Policarpo – ma lo si potrebbe dire ugualmente delle narrazioni di tutti gli altri confessori menzionati nel martirologio – si sofferma sulla vita e il ministero del vescovo di Smirne; ne riporta alcuni scritti (in questo caso la Lettera ai Filippesi), ma soprattutto racconta le vicende legate al martirio compresi i prodigi, da cui emerge il suo attaccamento a Cristo e alla fede. Policarpo è ancora il vescovo che ha difeso la tradizione asiatica sulla questione della data di Pasqua in fraterno e sincero confronto con papa Aniceto (il sovrintendente sottolinea come allora la diversità delle cerimonie non intaccava l’unità della chiesa), ha affrontato senza ambiguità gli eretici, si è opposto con forza all’idolatria professando la sua fedeltà a Cristo sino al martirio accettato con pazienza e nella preghiera. Del «Bekenner Christi» Celerino, che è stato in carcere ed ha subito sevizie senza però essere martirizzato, Rabus riferisce quanto di lui scrive Cipriano in una lettera elogiativa, e cioè che il giovane cartaginese è stato un insigne confessore della fede cristiana e modello ammirevole di fermezza nonostante le molteplici sofferenze fisiche. Esempio di pentimento e di riconciliazione con la chiesa è invece la historia di Serapione mutuata da Eusebio e Niceforo: dopo aver ceduto durante la persecuzione e sacrificato agli idoli, l’anziano cittadino di Alessandria si è ravveduto e ora in punto di morte brama di ricevere l’assoluzione da un sacerdote; desiderio che si realizza in maniera inconsueta, dal momento che a portargli la comunione e la riconciliazione con la chiesa è un suo figlio inviato dal sacerdote, impossibilitato ad andare a causa di una grave malattia45.
22Figure edificanti sono ugualmente alcuni Padri della chiesa antica non per il martirio che non hanno subito, ma per il magistero evangelico, la profondità del pensiero scritturistico e teologico, il ministero pastorale intessuto di sofferenze per la difesa della vera fede e della dottrina evangelica. Di Atanasio, vescovo di Alessandria, la lunga historia ricostruisce brevemente, attingendo a «glaubwürdigen» autori di storie ecclesiastiche, le cose «notwendig und nutzlichs zu wissen» sulla sua biografia: l’infanzia e la giovinezza straordinarie, la provvidenziale elezione episcopale, la lotta contro l’eresia ariana, il conflitto con gli imperatori per la difesa della vera dottrina, i diversi processi cui viene sottoposto e i conseguenti esili, il ministero episcopale, la morte. Rabus avvalora la narrazione con l’inserimento di numerosi documenti ufficiali. L’immagine messa a fuoco è quella di pastore ammirevole, difensore infaticabile della dottrina autentica e disposto a subire per essa calunnie e angherie senza mai cedere46. Ancora un paladino della verità contro l’eresia ariana è il vescovo di Cesarea in Cappadocia, s. Basilio Magno, scrittore insigne di opere di carattere retorico, ascetico, omiletico, dogmatico, ma anche pastore caritatevole e attento ai poveri. Nel racconto assumono un ruolo centrale i vari discorsi davanti alle autorità civili ed ecclesiastiche, in cui professa con fermezza e fedeltà la fede ortodossa definita a Nicea, come ad esaltarne i tratti esemplari di confessore e testimone della dottrina evangelica. Scompare viceversa significativamente ogni accenno al suo interesse per la vita monastica e alla Grande e Piccola Regola scritte per orientare la vita dei monaci47. Di Origene il martirologio rabiano traccia una biografia schematica, da cui risaltano l’ardente desiderio di martirio che lo animava e la grande venerazione che nutriva per i testimoni e i confessori della fede, la fermezza con cui affrontava i tanti disagi a motivo della verità evangelica, ma soprattutto l’attività di catechista e di scrittore cristiano. Egli annunciava ed insegnava ovunque con gioia la Parola di Dio a uomini e donne e la viveva con coerenza e radicalità, attirandosi per questo il furore della plebaglia pagana oltre che l’inimicizia dell’autorità ecclesiastica di Alessandria: lui che era un laico e spiegava così bene e nelle pubbliche assemblee dei fedeli e alla presenza del vescovo locale le Scritture, annota Rabus con evidente riferimento alla rivalorizzazione dei laici nella chiesa avviata dalla Riforma. Insomma, è stato un testimone autorevole della verità evangelica e, pur non subendo il martirio, per essa ha dovuto patire molto48.
23L’altro martirologio che fin dalla prima edizione del 1559 valorizza i santi della chiesa primitiva è De Gheschiedenisse dell’olandese Adrien Cornelisz van Haemstede, ancorché la trattazione si presenti molto più ridotta a confronto dell’imponente materiale raccolto da Rabus49. Ai martiri anteriori a Wyclif, infatti, dedica soltanto 35 piccoli capitoli iniziali. La fonte a cui si ispira, soprattutto per la parte antica, sono probabilmente le opere antiche di storia ecclesiastica, ma anche il Catalogus Testium veritatis di Flaccio Illirico, mentre per quanto riguarda l’attualità risente dell’influenza del martirologio di Crespin sia per l’importanza data agli eventi recenti e per l’orientamento calvinista sia in particolare per la concezione stretta di martirio: da buon giurista Haemstede scarta tutti i personaggi che non hanno dato la testimonianza del sangue col martirio. Seguendo una successione cronologica, comincia con alcune figure bibliche del NT e delle origini cristiane per poi passare ai perseguitati e ai martiri del Medioevo e dell’evo moderno. Nel determinare il punto di partenza Haemstede non risale però ad Abele, e neppure si accontenta di iniziare con Wyclif, ma apre con Gesù Cristo ( «van de tijden Christi af», recita il frontespizio) e collegandosi agli apostoli, percorre tutte le età della storia cristiana sino al 155950. Anche per lui l’obiettivo è edificare e incoraggiare, oltre che rafforzare l’identità protestante, piuttosto che offrire un testo agiografico per alimentare un culto dei santi che nella chiesa calvinista è stato radicalmente soppresso. In altri termini, intende illustrare ai fratelli riformati, sottoposti ad afflizioni e morte, il senso cristiano della persecuzione sull’esempio dei martiri antichi perché restino saldi nella testimonianza di Cristo. Si tratta perciò di un’opera con un forte carattere popolare: abbastanza contenuta nelle pagine, meno erudita, senza lunghe disquisizioni teologiche o storiche per concentrare l’attenzione del lettore sulle gesta eroiche dei singoli martiri51.
24Di tale impostazione risentono anzitutto i racconti relativi a coloro che hanno dato la vita per la fede evangelica dal Battista a Stefano, a Barnaba, a Giustino, a Melitone e a tutte le altre vittime della ferocia pagana scatenatasi durante le dieci persecuzioni tra I e IV secolo. Stefano appare, così, come l’uomo pieno di Spirito santo e di fede in Gesù Messia e riformatore della legge ebraica e per questo processato, imprigionato ed ucciso, mentre dalla sua bocca uscivano parole di perdono e di fiducia in Dio. Ignazio è il campione coraggioso della verità cristiana contro l’idolatria pagana. Ed è pure il pastore fedele e diligente della Chiesa antiochena, pronto a sigillare con il sangue la sua fede in Cristo ed impegnato, tramite le sue lettere, di cui Haemstede riporta un brano, a rafforzare gli animi dei credenti con l’esempio del suo coraggio e della sua perseveranza. Felicita è icasticamente ricordata con poche parole come «una vedova, nata a Roma ed uccisa nella sua città natale assieme ai suoi sette figli a causa della Parola di Dio». Attalo, Blandina e Pontico sono i valorosi confessori della fede cristiana. Secondo il martirologo calvinista, che dalla Lettera dei martiri di Lione e Vienne riporta l’episodio finale di Alcibiade, Attalo è anche il propugnatore della libertà evangelica contro le astinenze alimentari imposte dal papa e in questo senso una sorta di antesignano della Riforma. Di Ireneo al martirologio olandese interessa mettere in luce la pietà e la saggezza, ma soprattutto l’attaccamento amoroso e diligente all’autentica dottrina cristiana, difesa con molti scritti contro le eresie, e l’impegno per la pace nella chiesa. A questo proposito Haemstede menziona il suo contributo pacificatore nella controversia «creata da papa Vittore» con le chiese dell’Asia sulla data della celebrazione della Pasqua, mettendo in risalto come il vescovo di Lione abbia consigliato moderazione al pontefice romano e ricordato che nessuno dei papi precedenti aveva mai imposto gli usi liturgici della chiesa di Roma alle comunità asiatiche. Consigli andati disattesi, annota l’autore non senza una punta polemica, perché l’ostinazione di Vittore ha contribuito alla separazione della chiesa orientale da quella occidentale e alla punizione di Ireneo52.
25Attento fin dalla giovinezza alla storia delle persecuzioni dei veri cristiani è pure John Foxe, autore di uno dei testi martiriali protestanti più noti e di grande successo anche fuori delle comunità anglicane. Sotto l’influsso di John Bale e dietro le sollecitazioni dell’arcivescovo Edmund Grindal ne avvia un’esposizione già durante gli anni dell’esilio, pubblicando i Commentarii nel 1554 e i Rerum in ecclesia gestarum nel 155953. Un’esposizione però che rimane circoscritta all’Inghilterra e parte a Vuiclevi temporibus per giungere alle vittime della persecuzione di Maria Tudor. In fondo la preoccupazione dello storico inglese è di dimostrare come la Riforma, avviata da Lutero, non costituisca una novitas secondo l’accusa dei papisti, ma affondi le radici già nei secoli precedenti. Con l’edizione in inglese del 1563 Actes and Monuments l’inizio del racconto si sposta da Wyclif all’anno Mille54. Ancora una volta il termine martire è assente sul frontespizio, quasi ad avvalorare il proposito dell’autore inglese di mettere in luce la lotta che oppone gli aguzzini dell’ «Anticristo romano» ai servitori fedeli della chiesa, più che esaltare il coraggio di qualche singolo testimone di Cristo55. Senza dimenticare, però, che tra le motivazioni di questa storia c’è la volontà di non lasciar cadere nell’oblio «le testimonianze di coloro che nella nostra chiesa hanno dato il sangue per la stessa causa dei primi martiri» ad imitazione di quanto Eusebio ha fatto per la chiesa delle origini. In loro, infatti, sottolinea Foxe, si è rivelata la forza di Dio e con il loro esempio rafforzano la fede e spingono alla sobrietà e alla pazienza. Perciò fin dall’antichità i cristiani hanno attribuito ai martiri grande onore e per essi hanno nutrito una devozione corretta che, andrebbe ripristinata dopo averla ripulita da tutte le «sozzure idolatriche» del culto dei santi papista56. Concretamente l’edizione londinese tratta della chiesa delle origini nei primi due capitoli del Libro I, Difference between early Church and Roman Church e A certaine brief description of the 4. ages of the Churche, ma al fine di dimostrare che quella «forma pura originaria» è andata gradualmente perduta dopo il periodo apostolico per riaffiorare negli ultimi duecento anni (dal tempo di Wyclif) per intervento divino e grazie ai movimenti di riforma57.
26Più consistente e completamente nuova si presenta viceversa l’esposizione sui primi secoli nella redazione definitiva del 157058. In essa gli Actes and Monumets passano in secondo piano per cedere il posto ad una Ecclesiasticall history, contaynyng the Actes and Monumentes, come recita il frontespizio, lasciando emergere così in maniera evidente il carattere ibrido dell’opera da collocare tra il lavoro editoriale e la sintesi, tra la raccolta archivistica e il lavoro storico. Inoltre ancora una volta Foxe non sembra interessato ai dibattiti psicologici dell’eroe solitario davanti ai suoi persecutori, ma piuttosto ai momenti della lotta eterna tra satana e Dio nella storia, tra l’ «Anticristo romano» e la «nazione eletta» (Inghilterra), a cui Dio ha affidato una missione. Ora, nel paragrafo sulla Differenza tra chiesa primitiva e chiesa romana, volto a dimostrare la difformità tra la chiesa del papa soprattutto a partire dal secolo VII e il modello della comunità delle origini in particolare su quattro aspetti: Title, Iurisdiction, Life, and Doctrine, lo storico inglese riconosce l’opportunità di iniziare l’opera con l’epoca antica, così da percorrere tutti i momenti della storia della chiesa59. E di fatto vi dedica 28 dei 32 capitoli del Libro I, coprendo così i primi trecento anni: da Cristo e dal periodo apostolico alle dieci persecuzioni fino a Costantino, compresa la persecuzione persiana, secondo lo schema delle cinque età della vita della chiesa60. Sulla base di molteplici fonti Foxe redige la narrazione delle vicende delle origini cristiane, soffermandosi certo sui profili dei vari martiri e santi Padri, ma presentando anche altri personaggi importanti positivi o negativi e ricostruendo conflitti e vicende attinenti la vita della chiesa nei primi secoli. L’intenzione almeno per il periodo antico non è tanto di redigere un martirologio capace di raccogliere e offrire ai lettori le singole ed innumerevoli historiae della «nube dei testimoni» menzionati nel calendario liturgico, ma di disegnare e presentare soprattutto un quadro dinamico della vita della chiesa, contrassegnata sin dall’inizio dal conflitto tra fede ed idolatria, tra veri e falsi cristiani; in esso certo occupano un posto importante, quali esempi di pietà autentica, coloro che hanno combattuto e sofferto angherie e persecuzioni sia dalle autorità civili e religiose anti-cristiane sia all’interno della chiesa dai fautori delle eresie e in molti casi hanno dato la vita per la vera fede, come Stefano, gli apostoli e i più noti protagonisti dei primi secoli della storia del cristianesimo, da Ignazio a Flavia, a Felicita e i suoi sette figli, da Vitale e Marziale a Giustino, Origene, Agnese e a tanti altri fino al IV secolo. A Policarpo lo storico inglese dedica un’attenzione particolare e, seguendo la testimonianza di Eusebio, ne evidenzia la pazienza e la costanza nelle tribolazioni, la dimensione orante e la prontezza nell’annunziare la dottrina cristiana, l’amore fraterno e il coraggio nell’affrontare la morte per Cristo, senza tacere il prodigio del fuoco verificatosi nel momento finale. Del vescovo di Smirne cita pure alcuni passi delle lettere, vedendovi affermato il principio della giustificazione per fede. Accenna anche alla stima e all’autorità di cui era circondato nella chiesa d’Asia e ricorda come nella controversia con papa Aniceto sulla data della Pasqua abbia difeso il suo parere con parresìa, convincendo il vescovo di Roma della legittimità di tradizioni liturgiche diverse61. Anche i martiri di Vienne e Lione occupano un posto di rilievo: sulla loro vicenda viene riportato per intero in traduzione inglese la lunga Epistola Ecclesiarum Viennensis et Lugdunensis ai fratelli dell’Asia e della Frigia, mutuata da Eusebio62.
27Spesso Foxe affronta problemi delicati per una raccolta di figure esemplari dell’antichità cristiana, come l’identificazione di questo o quell’ eroe della fede, del luogo e della data del martirio, il significato del nome, ma tratta pure la controversa questione della successione episcopale sulla cattedra di Pietro e della durata di ogni singolo pontificato, e lo fa sempre offrendo un ventaglio accurato delle diverse posizioni degli autori antichi e medievali. Attacca duramente le Epistole Decretali sostenitrici del primato romano, contestandone l’autenticità con documenti contrari. In quest’ottica anti-romana Cipriano, a cui Foxe riserva numerose pagine, è segnalato non solo quale pastore esemplare della sua chiesa cartaginese, autore di molti scritti edificanti e profondi (il martirologio ne riporta moltissimi brani) e martire esemplare, ma soprattutto come il paladino dell’autonomia della chiesa locale di fronte alle indebite ingerenze del pontefice romano e contro la sua pretesa di voler essere vescovo della chiesa universale. Come Rabus, anche lo storico inglese, non manca di citare l’episodio del vecchio “lapsus” Serapione per confermare il ruolo dei laici nell’amministrazione dei sacramenti63. Le virtù, poi, di tanti eroi della chiesa antica che il martirologio foxiano tiene a valorizzare non sono le capacità taumaturgiche o le pratiche ascetiche, ma la fedeltà, la costanza, la forza interiore nelle prove, la sopportazione, il coraggio nel confessare pubblicamente la verità cristiana, l’affidamento a Dio nel momento della morte, la libertà di dire la verità di fronte agli abusi papali, insomma l’essere stati per grazia di Dio e col conforto della presenza di Cristo «testimoni della verità» a tutto tondo in moltissimi casi sino all’effusione del sangue.
28Ben poco interessato ai santi delle origini cristiane si rivela invece il ginevrino Jean Crespin, autore di un martirologio di grande popolarità. Nel suo primo Le Livre des Martyrs del 1554, che parte «depuis Jean Hus jusques à ceste année presente M.D.LIIII »64, non introduce alcun racconto dell’antichità, anche se nella prefazione sottolinea come la persecuzione sia stata una caratteristica costante della chiesa fin dal suo nascere. Per cui, esorta Crespin nella Preface, è doveroso che i fedeli raccolgano la memoria e gli esempi di quanti hanno conservato la verità della dottrina del Figlio di Dio ed hanno accettato di morire piuttosto che sconfessarla: «mai come in questo tempo di disgrazie è necessario essere confermati in mezzo a tante afflizioni», anche perché, conclude, dopo la chiesa primitiva in nessun secolo come nel XVI Dio ha fatto risplendere la sua forza nella debolezza degli uomini e la sua luce così da poter discernere più facilmente i veri martiri del Signore da quelli falsi65. Ugualmente in Acta Martyrum del 1556 i racconti iniziano con l’età moderna, ma per la prima volta l’editore ginevrino si impegna ad inserire in futuro le testimonianze della chiesa primitiva; del resto, assicura, quidcquid differtur non auferri66. L’esigenza di onorare ed imitare gli esempi dei predecessori ad arricchimento di coloro che vengono dopo è stata sempre presente nella chiesa, ricorda nella lettera «A l’Eglise du Segneur» prefatoria all’edizione del 1564 (un’edizione questa che costituisce la rifondazione radicale del martirologio: Crespin riorganizza tutta la documentazione raccolta seguendo un ordine cronologico, la completa e la pubblica in un unico volume, diviso in sette libri, fornendolo di prefazioni varie)67. Senza riuscire a stilare la parte relativa ai primi secoli, che dopo la sua morte sarà redatta da Simon Goulart (con maggiori competenze storiche che non l’editore ginevrino) e inserita nell’edizione del 1582 come nuovo Liber primus per coprire i secoli che vanno da Nerone a Wyclif68, Crespin viene incontro all’esigenza di un confronto tra l’antico e il contemporaneo, introducendo per la prima volta nell’ Histoire des vrays Tesmoins del 1570 una prefazione allo scopo di mostrare la «conformité des persecutions et martyrs de ces dernieres temps à ceux de la premiere Eglise» . E proprio per aiutare gli «indotti» a considerare i martiri attuali come veri martiri, inizia con brevi racconti relativi ad alcune figure tra le più significative che la Sacra Scrittura propone quali veri modelli e che attestano con chiarezza come da una medesima causa (la confessione della verità evangelica) derivino gli stessi effetti e procedure sia in ordine all’accusa che al giudizio e alla condanna. E le figure evocate sono: Giovanni Battista, Gesù Cristo, Stefano e Paolo. Ad essi Crespin dedica un brevissimo profilo, da cui fa emergere ogni volta il medesimo «schema procedurale», vale a dire lo scontro tra l’uomo di Dio, che annuncia l’Evangelo, e l’arroganza, la prepotenza e la falsità delle autorità civili e religiose che vogliono impedirglielo con l’accusa di sovvertire le istituzioni e falsificare la religione69. Poca cosa, in verità, tenuto conto della mole imponente dell’opera e rispetto a quanto viceversa gli altri martirologi dedicano ai martiri e confessori dell’antichità cristiana. Una carenza riconducibile verosimilmente al contesto confessionale e culturale in cui nasce e si sviluppa il martirologio ginevrino: diversamente da Foxe, guidato dallo storico John Bale, e da Rabus, inserito in una Strasburgo particolarmente favorevole ai lavori storici, Crespin si trova all’inizio isolato in una Ginevra francofona ancora priva di una tradizione storica. Ciò lo porta a interessarsi dell’attualità e della cronaca più che del passato e da buon editore, vedendo circolare sotto forma di manoscritti le lettere di alcuni martiri protestanti che già dalla fine degli anni Venti sono uccisi come eretici, si premura inizialmente di dare alle stampe soltanto gli Actes des Martyrs con pochi commenti storici. Solo più tardi amplierà poco a poco l’Histoire des Martyrs, ma senza intordurvi mai la promessa sezione sui primi secoli70.
I santi antichi nei Kirchenkalender e nei manuali per la predicazione
29Più significativo risulta viceversa nei calendari ecclesiastici, destinati non raramente anche al culto, l’apprezzamento delle figure del cristianesimo antico sempre a fini apologetici, devoti ed edificanti. Nell’ambito della letteratura agiografica evangelica ( «Heiligenliteratur»), soprattutto luterana, il primo a creare una nuova categoria di libro, il Kirchenkalender, con l’obiettivo di coniugare insieme calendario e storia, anno ecclesiastico e storia della chiesa, è Kaspar Goltwurm71. La sua aspirazione è mettere a disposizione della predicazione a scopo formativo una serie di esempi di vita cristiana da utilizzare nei sermoni nel giorno della festa del santo ( «Heiligenpredigten» o «Heiligenpostille»); un’esigenza cresciuta anche in seguito all’applicazione dei nuovi ordinamenti liturgici nella seconda metà del ‘500 che fissano il ciclo delle festività annuali tradizionali72. Per il teologo luterano altoatesino, che pure condanna duramente la invocatio sanctorum dei papisti, la vita dei santi ha un carattere esemplare, in linea con quanto insegna Eb 13,7. Da qui la necessità per tutti i cristiani di conoscere come istruzione e sostegno della fede ( «underweisung und sterckung unsers Christlichen glaubens») le Historien, quelle vere e fondate ( «warhafftigen unnd gegründten historien») e non le favole e le menzogne dei testi agiografici tradizionali, dei santi e degli eroi cristiani «che hanno donato la loro vita e versato il sangue per amore della vera conoscenza e della libera e pubblica confessione di Gesù Cristo». Le loro vite dimostrano che tutto quanto essi hanno insegnato ed istituito altro non è che la Parola di Dio e la sua volontà. E testimoniano altresì che la Provvidenza divina nella storia non abbandona mai il suo popolo e alla fine fa giustizia del sangue innocente dei suoi, punendo nel tempo e nell’eternità i tiranni persecutori. Una convinzione che Goltwurm avvalora introducendo nella prefazione brevi racconti sulle dodici persecuzioni dei primi secoli e sui castighi a cui sono andati incontro i crudeli oppressori dei cristiani, da Nerone a Genserico73.
30Nel calendario, poi, fornisce i nomi dei santi di ogni giorno – in grande maggioranza martiri, confessori e figure eminenti delle origini cristiane oltre a personaggi vetero-testamentari – di brevi dati biografici ricavati dagli storici ecclesiastici antichi e da altri testi patristici, e vi aggiunge ammonimenti, spiegazioni e precisazioni attinenti l’attualità. Di ognuno di essi Goltwurm si preoccupa di mettere a fuoco gli elementi essenziali che abbiamo visto tratteggiati già nei martirologi precedenti e che sono sempre i medesimi: la costanza nel confessare Cristo e il suo vangelo di fronte agli aguzzini empi e crudeli e la fermezza nell’affrontare le sofferenze e la stessa morte. Così, presenta s. Agata (5 febb.) come la giovane che «con fermo coraggio e cuore gioioso» è andata incontro al supplizio, riuscendo a farsi beffe della violenza del diavolo e dei tiranni, e si è addormentata santamente nell’incrollabile confessione di Gesù Cristo. E coglie l’occasione per stigmatizzare come idolatrico l’uso di pregarla per tener lontani gli incendi74. Anche nell’accennare alla storia di Apollonia (9 febb.), uccisa sotto Decio dopo aver confessato con gioia e fermezza Cristo e sopportato nonostante la tarda età tribolazioni, carcere e supplizi per amore della fede cristiana, conclude con la riprovazione della deprecabile abitudine degli idolatri di invocarla contro il mal di denti75. Nel Kirchenkalender Gregorio (12 mar.), vescovo di Neocesarea nel Ponto, è indicato come l’estensore di una bella professione di fede sulla Trinità proposta al sinodo di Antiochia contro l’eresia di Paolo di Samosata e quale protagonista di numerosi prodigi76. Altro grande Padre della Chiesa, figura di spicco al concilio di Efeso nella lotta all’eresia nestoriana e autore di scritti sempre validi, è Cirillo. A lui il pastore luterano dedica una scheda il giorno della festa (13 giugno), rimarcando come il vescovo di Alessandria abbia vinto l’eretico Nestorio e la sua setta solo tramite la Parola di Dio77. Il 19 aprile ricorda papa Aniceto ma con un profilo negativo: questi è intervenuto per imporre al clero alcune norme disciplinari (essere rasati e portare la tonsura per allontanare i pensieri impuri); prescrizioni che Goltwurm contesta espressamente, bollandole come pericolosi «malzeichen des Römischen Anti-christischen Bestiae» da cui bisogna difendersi78. A proposito di s. Giorgio (23 apr.) ironizza sulla devozione che verso di lui hanno i militari: lo considerano loro patrono, allo stesso modo che i pagani invocavano Marte come dio della guerra79.
31I santi della chiesa antica sono ugualmente presenti, ancorché assieme a tante altre figure dell’età medievale e moderna, nei due calendari compilati da Andreas Hondorff ad uso dei singoli e delle chiese, il Calendarium Sanctorum et Historiarum del 157380 e il Calendarium historicum. Oder Der Heiligen Märterer Historien del 157581, pubblicati postumi a cura di Vinzenz Sturm e successivamente ampliati e riediti da Nikolaus Selneccer. Come si evince dai frontespizi l’arco cronologico è esteso «von anfang der Welt biß auff unsere letzte zeiten». Delle singole figure, poi, se consideriamo il Calendarium Sanctorum, Hondorff descrive i tratti comuni nella letteratura agiografica protestante, vale a dire la vita del martire o del dottore, la coraggiosa e decisa professione di fede, i patimenti sofferti con pazienza e nell’abbandono gioioso in Dio e in molti casi sino al martirio, facendo attenzione alle fonti da cui sono ricavate le notizie; fonti, quali la Sacra Scrittura ed altri autori, che permettono di attingere racconti credibili e sicuri. Nelle Historien dei santi «Ertzvätter, Patriarchen, Propheten, Aposteln, Leher, Märterer» infatti – precisa nella Vorrede il curatore dell’edizione postuma Vinzenz Sturm, indicando anche i criteri con cui Hondorff ha raccolto e trattato i racconti – vengono presentate cose di grandissimo valore per la vita cristiana. Proprio per questo è necessario operare un discernimento tra falsi e «warhafftigen Heiligen» e valutare nei racconti l’ortodossia, la genuinità del martirio e l’autenticità dei miracoli, tenuto presente che i martiri non sono tutti uguali e che alcuni, pur avendo subito un duro martirio, sono rimasti avviluppati in errori dottrinali. Perciò, dei santi bisogna indicare gli stessi errori e peccati quale ammonimento affinché i cristiani si guardino dall’imitarli e vivano nella grazia di Dio. In ultima analisi il Calendarium sanctorum, conclude Sturm riprendendo l’idea di Hondorff, deve contribuire ad eliminare dalla chiesa le Fabulosae Mendaces Narrationes dei vari testi agiografici papisti «mit ihren erdichten Teuffels Heyligen», canonizzati da pontefici insensati ed inseriti nel loro santorale a spregio di Cristo e dei veri santi82.
32In concreto, solo per fare alcuni esempi, di papa Stefano I (2 gennaio) il calendario menziona la nascita a Roma, la conversione di molti pagani per suo mezzo, il martirio nella capitale e la sepoltura, rimandando per le altre notizie al Chronicon (in realtà le Vitae pontificum) del Platina83. A proposito, poi, di papa Marcello I (festa il 16 gennaio), pur inserendo la testimonianza di John Bale e dei Chronica di Caspar Hedion che lo classificano come martire, Hondorff privilegia quanto attestato da Damaso e Mariano Scoto: costoro lo descrivono quale vescovo esperto nel governare la chiesa di Roma con «Weiβheit unnd Verstandt» e «Mann nach dem Wundtsch Gottes […] voller Christlicher guter Werck», difensore della libertà dei cristiani e perciò perseguitato e torturato e costretto a fare il guardiano di animali in una stalla fuori della capitale, dalla quale tuttavia ha continuato a guidare la comunità con scritti dottrinali e dove è morto nel Signore, vittima di un martirio spirituale. Un pastore esemplare, cioè, da additare ai pastori delle chiese evangeliche perché lo imitino nel loro ministero ecclesiastico84.
33Anche alcuni manuali omiletici e florilegi di esempi destinati alla predicazione, molto apprezzati e diffusi peraltro tra le comunità evangeliche in particolare luterane di terza e quarta generazione, propongono le storie dei primi martiri in funzione edificante. Hieronymus Weller von Molsdorf (†1572) ad esempio nel suo sussidio omiletico in latino, pubblicato postumo nel 1573, in cui raccoglie meditazioni sulla passione di Cristo, commenti spirituali ad alcuni salmi e libri dell’AT e del NT, include 27 historiae di martiri e confessori dei primi secoli mutuate dal Martyrologium Romanum e dalle Vitae Patrum, oltre che da Eusebio, Ambrogio ed altri, assieme ad alcuni Insegnamenti dalle Historien da lui elaborati o ripresi dalla Sacra Scrittura ed opportunamente titolati85. Ritiene infatti che le historiae Martyrum et Confessorum86, opportunamente ripulite e accompagnate da Scholia esplicativi, possano offrire preziosi insegnamenti ai fedeli. Così i brevi cenni sulla figura di Lorenzo, ordinato «levita» da papa Sisto a Roma ut secum […] ministerio verbi asserviret, concentrati sul coraggio del diacono nel rifiutare di dare all’imperatore i beni della chiesa e nell’affrontare il conseguente supplizio della graticola e il risultato sorprendente della conversione di un soldato presente al martirio, gli danno lo spunto per fare alcune applicazioni all’attualità: i fedeli evangelici messi alla prova non devono avventatamente presumere di sé nel confessare Cristo: se non si è abbastanza forti è meglio aspettare una più profonda maturazione nella fede onde evitare di cedere alle torture87. Singolare è la narrazione della storia di Marcellino vescovo di Roma, ricavata con molta probabilità dal Catalogus del De Natalibus e corretta in più punti: Weller elimina ad esempio tutte le asserzioni teologicamente inaccettabili per un protestante, come quella che «il papa non può essere giudicato da nessuno», e altri episodi in cui vede proposti alcuni abusi della chiesa papista. Marcellino, dopo aver sacrificato agli idoli per debolezza e chiesto e ricevuto il perdono e la consolazione dei suoi confratelli riuniti in sinodo, ritorna nella capitale per subire il martirio sotto Diocleziano; una tale historia, commenta Weller negli Scholia, contiene un insegnamento utile per gli evangelici, e cioè: coloro che hanno ceduto alle sofferenze e rinnegato la fede non devono disperare perché, se pentiti, Cristo li accoglierà sempre e lo Spirito li renderà più forti88.
A modo di conclusione
34L’analisi fin qui condotta, ancorché circoscritta e sommaria, ci permette di trarre alcune brevi considerazioni conclusive. Nonostante la soppressione del culto dei santi e l’eliminazione di gran parte della letteratura agiografica tradizionale persiste nelle comunità protestanti, soprattutto luterane, del XVI secolo una devozione purificata ed evangelica verso gli eroi del cristianesimo primitivo, identificati con i martiri/confessori e i docentes verbum Dei. Ad essi vengono pure associate figure classiche del monachesimo antico, ma solo in quanto i loro dicta et exempla, prudentemente mondati, possono istruire e spingere all’emulazione per una più coerente vita cristiana. Una memoria sanctorum dunque che non serve certo ad alimentare un culto ormai abolito, ma ad impedire che vada perso un patrimonio di esemplarità, prezioso per confortare e sostenere le chiese della Riforma in un momento in cui la persecuzione si abbatte su di loro. Alla stregua, del resto, di quanto sta già accadendo per i nuovi martiri della fede annoverati tra le fila degli evangelici, le cui esaltanti testimonianze (Acta et Monumenta) sono devotamente conservate in Märtyrerflugschriften e ordinate con sistematicità nei vari «libri dei martiri» pubblicati a Strasburgo, Ginevra, Londra, Anversa. Va in tal senso l’operazione realizzata con le raccolte di storie e di «insegnamenti esemplari» (Bonnus, Major, Spalatino) e a partire dagli anni Cinquanta con i diversi martirologi, i Kirchenkalender e i florilegi o Exempelbücher per la predicazione, in cui personalità significative del cristianesimo delle origini sono proposte quali modelli di fedeltà all’evangelo, di docilità all’azione della grazia e di fermezza nel momento della prova. Non intercessori, quindi, né asceti, né taumaturghi, né soccorritori ( «Nothelfer»), ma umili testimoni dei Magnalia Dei e martiri della verità/dottrina evangelica, come narrano le loro historiae. In effetti, ciò che di loro si vuole commemorare non è la vita o le opere o le virtù private e neppure la modalità della morte, ma l’esercizio concreto della fede nella confessione e nella testimonianza a costo della vita di quel Cristo per il cui tramite sono stati salvati. Gli stessi elementi biografici più significativi sono selezionati proprio sulla base del loro rapporto stretto con la Parola di Dio.
35Si spiega così l’attenzione alla chiesa dei primi secoli, considerata dai riformatori come il momento più alto di fedeltà alla Sacra Scrittura, a cui occorre ritornare per ritrovare il vangelo autentico. In un certo senso i santi del periodo iniziale e i racconti che ne tramandano l’esperienza di fede sono strettamente funzionali all’annuncio dell’Evangelo: il Battista è messaggero e precursore del Verbo divino (testis veritatis) e gli Apostoli e la Maddalena a loro volta sono beneficiari e annunciatori della grazia misericordiosa di Dio (testes gratiae) e così tutti gli altri eroi e testes veritatis dei primi secoli. Mostrare, infatti, esempi positivi di fedeltà alla vera dottrina e di vita autenticamente cristiana serve a rendere più persuasivo ed efficace lo stesso annuncio secondo l’adagio exempla trahunt. E servono altresì alla legittimazione della Riforma: i protestanti sono gli eredi diretti dei primi cristiani, perché come loro difendono la pura dottrina dell’Evangelo contro le manipolazioni e le deviazioni dell’ «Anticristo romano» e come loro sono perciò sottoposti alla persecuzione e alla morte.
36Bisogna dire però che col tempo questa singolare devozione verso la memoria pubblica Martyrum et Confessorum veteris ecclesiae tenderà ad attenuarsi fino a scomparire persino nelle chiese luterane già nel XVII89. C’è da chiedersi infine se lo sforzo di rendere storicamente più credibili le historiae dei martiri e confessori antichi abbia raggiunto lo scopo. Indubbiamente l’impegno degli autori delle raccolte esaminate è teso a recuperare i lineamenti degli eroi dei primi secoli più fruibili dagli evangelici, liberandoli dalle incongruenze storiche, dalle invenzioni fantasiose e dalle «sozzure idolatriche» con cui i leggendari e una certa letteratura ecclesiastica li avevano deturpati e tramandati. E ciò allo scopo di offrire sussidi pastorali efficaci ad uso degli evangelizzatori, dei catechisti e dei missionari, oltre che per l’edificazione personale e comunitaria e quali armi apologetiche di auto-giustificazione. Non per questo, però, gli interventi correttivi messi in atto per l’operazione di ripulitura” e di attualizzazione hanno fatto guadagnare molto al valore storico di tali opere e ai profili dei santi delle origini in esse contenuti, nonostante la dichiarata intenzione di recuperare la veritas historica.
Notes de bas de page
1 Per un’analisi più ampia sul culto dei santi e la letteratura agiografica nel protestantesimo del primo Cinquecento mi permetto di rimandare a Cavallotto 2009, con bibliografia aggiornata p. 361-417.
2 Sulla critica di Lutero e degli altri riformatori e le disposizioni delle chiese evangeliche relative al culto dei santi e alle Legendae sanctorum cf. ivi, p. 65-150.
3 M. Lutero, Vorrede zu Lazarus Spengler. Bekenntnis, WA 38, p. 313.
4 WATr 3, n. 3568, p. 490.
5 M. Lutero, Sermo in Festo Bartholomaei Apostoli, 24. August 1516, in Id., Predigten des Jahres 1516, WA 1, p. 79-80.
6 M. Lutero, Decem praecepta Wittenbergensi praedicata populo, WA 1, p. 413 e Id., Predigt am 9. Sonntag nach Trinitatis nachmittags, 25. Juli 1529, in Id., Predigten des Jahres 1529, WA 29, p. 499-500.
7 M. Lutero, Am tag Barbare der hailigen Jungkfrawen. Evangelion Mathey xxv, in [Id.], Roths Festpostille 1527, WA 17 II, p. 265
8 A giudizio di Lutero la leggenda di s. Margherita, come tante altre, è una favola alla stregua della narrazione biblica su Giuditta; anzi più precisamente una metafora ecclesiastica, in cui Margherita sta per la chiesa, il tiranno Olibrus per il mondo, il drago per Satana e la croce liberatrice per Cristo. Cf. WATr 1, n. 478, p. 210 e nn. 1220-1221, p. 607; WATr 3, nn. 2827-2828, p. 9; WATr 6, n. 6990, p. 608-609.
9 M. Lutero, Decem praecepta…, cit., p. 415-416.
10 M. Lutero, Am tage Andree des hailigen Apostels. Evangelion Mathey am vierdten, in [Id.], Roths Festpostille…, cit., p. 253.
11 Confessio Augustana, BSLK, p. 83b.
12 F. Melantone, Apologia Confessionis Augustanae, BSLK, p. 324-325.
13 F. Melantone, Confessio Augustana Variata, StA, 6, p. 36.
14 Tra le fonti a cui attingere l’Ordinamento annovera, oltre alla Sacra Scrittura, anche la letteratura patristica come nel caso della festività di s. Lorenzo. E ciò probabilmente in linea col convincimento che la testimonianza della chiesa antica (Padri e i primi quattro Concili ecumenici) abbia per certi versi valore normativo in quanto interprete fedele della Parola di Dio; valore viceversa negato alle fonti medievali, leggendari compresi.
15 KO-Braunschweig 1528, in EKO, ed. Sehling, VI/I, 1, p. 397.
16 KO-Hamburg 1539, in EKO, ed. Richter, I, p. 319.
17 ZW 2 (CR 89), p. 188.
18 KO-Zürich dopo 1529, in Bullinger 1838, I, n. 175, p. 328-329; KO-Basel 1529, in EKO, ed. Richter, I, p. 126.
19 M. Bucer, Grund und Ursach aus göttlicher Schrift der Newerungen zu Straβburg fürgenommen, Strasburgo (1524), BDS 1, p. 273-274.
20 M. Bucer, Einfältiges Bedencken. Entwurf einer Reformationsordnung für das Erzstift Köln, BDS 11/1, p. 373-375. Concretamente, oltre a quelle di Cristo e della Madonna, Bucer prevede la celebrazione delle feste di s. Stefano, s. Giovanni, Conversione di Paolo, Nascita del Battista, Pietro e Paolo, s. Michele e ancora i giorni semi-festivi della memoria apostolorum.
21 G. Calvino, Institutio christianae religionis [Ginevra; ed. 1559], OC 2 (CR 30), col. 86-89, 645-655.
22 G. Calvino, Vera Christianae Pacificationis et ecclesiae reformandae ratio, [1549], OC 7 (CR 35), col. 651-655.
23 Precisa a questo proposito Thomas Cranmer nella riforma del 1543: i testi liturgici «[…] dovrebbero essere corretti e purgati da ogni menzione del papa, da tutti gli apocrifi, dalle false leggende, da orazioni, collette, versetti e responsori intrisi di superstizione, ed essere aboliti i nomi e le memorie di tutti quei santi che non sono menzionati nella Sacra Scrittura o che non sono dottori autentici», cf. Cuming 1982, p. 34.
24 Ivi, p. 51-52.
25 Per questa parte sulle opere agiografiche di Bonnus, Major e Spalatino cf. Cavallotto 2009, p. 283-348.
26 Bonnus 1539.
27 Ivi, f. 11v -15r.
28 Ivi, f. 58r -61v.
29 Ivi, f. 22r-v.
30 Ivi, f. 9r-11v. Cf. Jacques de Voragine 1969, p. 741s.
31 Bonnus 1539, f. 20v.
32 Ivi, f. 26r-30r e 34r-35r.
33 Nel 1559-60 viene pubblicata a Wittenberg una nuova edizione – alla quale qui faccio riferimento (Major 1559) – che riprende sostanzialmente il testo del 1544 con l’aggiunta in appendice della Farrago di Bonnus (Bonnus 1539) e il cui frontespizio recita: Vitae Patrum, in usum ministrorum verbi, quo ad eius fieri potuit repurgatae…, Wittenberg 1559.
34 M. Lutero, Vorrede zu Major 1559, WA 54, p. 111.
35 Major 1559, f. Bjv- Biijv.
36 Ivi, f. 45r-46v e Rufino, Historia.
37 Major 1559, f. 42r-45r e Rufino, Historia, col. 435-436.
38 Major 1559, f. 50r-v e Rufino, Historia, col. 455-457.
39 Spalatino 1544.
40 M. Lutero, Vorrede zu Spalatin…, cit., p. 114-115.
41 Buscher 1946, p. 43, e inoltre Gregory 1999. In generale sui martirologi protestanti del XVI secolo cf. l’analisi della bibliografia più recente in Cavallotto 2009, p. 9-16 e 2002, p. 321-351.
42 Rabus 1552.
43 Rabus 1571-72, f. 1r-348v.
44 Ivi, f. 215v-219v.
45 Ivi, f. 223v-229r, 259r-260r.
46 Ivi, f. 308r-322r.
47 Ivi, f. 323v-327r.
48 Ivi, f. 253r-259r.
49 Haemstede 1559. Qui utilizzo l’edizione del 1655 (Haemstede 1657), presente online http://www.iclnet.org/pub/resources/text/nederlandse/haemstedius-martelaren.htm#206#206, ma priva di paginazione, in cui risulta notevolmente accresciuta proprio la parte relativa al cristianesimo delle origini.
50 Haemstede tratta i primi secoli molto rapidamente: 23 pagine da Gesù alla pace costantiniana; 17 pagine dal IV secolo a Wyclif; 31 pagine per il secolo XV. Queste 71 pagine che portano dalle origini della chiesa a Lutero, rappresentano soltanto un sesto della raccolta.
51 Gilmont 1966, p. 348.
52 «Stefanus, de diaken, gestenigd», «Ignatius, bisschop van Antiochië», «Felicitas en haar zeven zonen», «Attalus, Blandina, Ponticus en nog een ander», «Irenaeus, bisschop» in Historie der martelaren, cf. Haemstede 1657.
53 Foxe 1554; Foxe 1559.
54 Foxe 1563 (le citazioni sono prese dal testo online http://www.johnfoxe.org/index.php?realm=text&edition=1563&gototype=modern).
55 Gilmont 1966, cit., p. 191.
56 Foxe 1563, p. 7-16.
57 Ivi, p. 17-30.
58 Foxe 1570 (due volumi in-folio in 12 libri per un totale di oltre 2300 pagine (le citazioni sono presi dal testo online: http://www.johnfoxe.org/index.php?realm=text&edition=1563&gototype=modern).
59 Difference between Early Church and Roman Church, in Foxe 1570, Book 1, p. 26-41. A sostegno dell’assunto anti-romano seguono significativamente i paragrafi su Gregory the Great and his epistle, St. Paul’s doctrine e Summary of Roman Catholic heresies, cf. ivi, p. 41-62.
60 Foxe 1570, Book 1, p. 62-151. La prima sino alla pace costantiniana è l’età della sofferenza della chiesa; la seconda è quella della fioritura e della crescita; la terza è l’epoca della decadenza; la quarta è l’era dell’ «Anticristo» che regna ed infuria all’interno della chiesa; l’ultima, che abbraccia gli ultimi 300 anni sino al secolo XVI, è l’età della Riforma.
61 Foxe 1570, Book 1, p. 72-75.
62 Ivi, p. 82-85.
63 Ivi, p. 105-114.
64 Crespin 1554.
65 Ivi, f. *IIr-*VIIr.
66 Crespin 1556, f. *Iv.
67 Crespin 1564, f. αijr-γiv.
68 Crespin 1582. Concretamente la nuova edizione presenta la storia delle 10 persecuzioni della chiesa antica, a cui aggiunge quelle perpetrate dai maomettani e dall’ «Anticristo romano» sino al secolo XIV. Seguono l’esposizione dei tormenti e della fine orrenda dei persecutori della chiesa antica ed un trattato conclusivo del Libro I sulle afflizioni e le persecuzioni che ordinariamente si abbattono sui cristiani.
69 Crespin 1570. Per la prefazione cf. ivi, f. αiiiir-αviir.
70 Gilmont 1966, p. 288-289. Totalmente inesistente è il ricordo dei martiri delle origini cristiane nel martirologio anonimo anabattista Het Offer des Heeren del 1562; un’assenza probabilmente spiegabile per l’urgenza dell’attualità, che registra l’acuirsi di una repressione violenta sia cattolica che luterano-calvinista contro i seguaci di Konrad Grebel, Felix Manz e Michael Sattler e che spinge i fratelli anabattisti a raccogliere le memorie di quanti fra loro hanno sacrificato la vita per la causa della radicalità evangelica. Solo l’edizione del 1570 introduce dopo la Vorrede una historia di s. Stefano, mutuata completamente da At 6-7, seguita da un inno al santo da cantare anche nella liturgia.
71 Goltwurm1559, f. aijr-aivv. Sull’opera di Goltwurm cf. Deneke 1974, p. 124-177. In generale sui Namenkalenders protestanti del XVI secolo cf. Schulz 1975.
72 Brückner 1974b, p. 543.
73 Goltwurm1559, f. aijr- bijr.
74 Ivi, f. Xr.
75 Ivi, f. XIr.
76 Ivi, f. XVIv.
77 Ivi, f. XLv.
78 Ivi, f. XXVIIr.
79 Ivi, f. XXVIIv.
80 Hondorff – Sturm – Selneccer 1575. Qui cito l’edizione del 1587 accresciuta da Nikolaus Selneccer sul testo di Andreas Hondorff, precedentemente completato, migliorato e aggiornato già nel 1575 da Vinzenz Sturm.
81 Hondorff – Sturm – Selneccer 1575. Su Hondorff e la sua opera cf. Schade 1974.
82 Hondorff – Sturm –Selneccer 1575, f. iij r. e v.
83 Ivi, p. 7.
84 Ivi, p. 44.
85 Weller 1573. Proprio la parte relativa ai santi antichi verrà tradotta in tedesco e pubblicata come volume a parte da Michael Hempel nel 1580 a Magdeburgo e nuovamente riedita a Freiberg in Sassonia nel 1607. Su Hieronimus Weller cf. Ledl 2007, Jena 2007.
86 Weller si è dovuto occupare della questione del culto dei santi, dei miracoli e di altre cose del genere più volte già nella sua giovinezza quand’era studente a Wittenberg e commensale di Lutero; da questi è stato incoraggiato a valorizzare in particolare le historiae Martyrum: spesso il riformatore esortava i suoi amici e discepoli a prenderne visione, a leggerle, interpretarle e spiegarle (cf. Brückner 1974, p. 537-538). Lo ricorda lo stesso pastore luterano a conclusione della Prefatio, cf. Weller 1573, f. A8r.
87 Ivi, f. Q5v-Q6v.
88 Ivi, f. S81r-T1r.
89 Schulz 1975, p. 100.
Auteur
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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