Domnulo optimo et carissimo : la dedica funeraria di un tata per il suo pupillo (Roma, via Flaminia)
Note de l’auteur
Ringrazio Federica Chiocci per avermi fornito i dettagli relativi al ritrovamento dell’epigrafe e quanti sono intervenuti nella discussione seguita al mio intervento, dei cui consigli ho cercato di tenere conto ; Roberta Marchionni mi ha gentilmente inviato il materiale presente nell’archivio del Thesaurus Linguae Latinae relativo alla voce tata.
Texte intégral
1Ho voluto cogliere l’occasione offerta dal tema di questa Rencontre per presentare l’epitaffio inedito di un bambino morto in tenera età posto dal suo tata e per riflettere su questa e altre figure analoghe alla luce della ricca documentazione epigrafica urbana.
2Lo scavo in corso dal 2008 a Roma tra il V e il VI miglio dell’antica via Flaminia (nel tratto corrispondente all’odierna via Vitorchiano) oltre a restituire la monumentale iscrizione del mausoleo di Marco Nonio Macrino e numerose stele funerarie di soldati in servizio presso le milizie urbane (soprattutto pretoriani) ha consentito anche il recupero di altre epigrafi funerarie, purtroppo fuori contesto.
3L’iscrizione, che qui si pubblica grazie all’autorizzazione di Daniela Rossi, funzionario di Soprintendenza responsabile dello scavo, è incisa su di una lastra di marmo con cornice modanata ; è alta cm 36,5, larga cm 40, spessa cm 6,5 ; il campo epigrafico misura cm 28 x cm 31,5 ; le lettere hanno un’altezza compresa tra cm 3,5 e cm 2. È stata trovata nel settembre 2013 nel riempimento delle vasche di una fullonica, che fu installata in età tardoantica sopra un gruppo di monumenti funerari d’età imperiale, lungo il lato E della strada (fig. 1).
4Vi si legge :
L. Modio
Nicephoro
domnulo optimo et
carissimo;
uix(it) ann(is) VI,
mensib(us) IX, dieb(us) XXII;
L. Modius Vrbanus
tata fecit.
5Accurata è l’impaginazione ad asse centrale ; il nome del defunto, quello del dedicante e la funzione svolta da quest’ultimo sono stati incisi in caratteri maggiori rispetto alla formula biometrica e alla serie di epiteti attribuiti al piccolo defunto. I caratteri paleografici e l’assenza della formula di adprecatio agli Dei Mani sembrerebbero orientare per una datazione ancora nell’ambito del I secolo d.C. ; T montante a r. 3.
6L’epitaffio fu dedicato al piccolo Lucio Modio Niceforo, morto a poco meno di 7 anni, dal suo tata Lucio Modio Urbano, che si rivolge al bambino definendolo domnulo optimo et carissimo. Questi due epiteti insieme, riferiti alla medesima persona, nell’epigrafia funeraria di Roma non sono comuni come si potrebbe pensare e si ritrovano soprattutto per mariti, sporadicamente per un figlio, un amico e un liberto1. Anche se li consideriamo singolarmente, né carissimus né optimus sembrano essere stati a Roma epiteti consueti di padroni o patroni da parte di loro schiavi o liberti. Neppure nel resto d’Italia la compresenza di questi due epiteti per un medesimo defunto è frequente, così come modesto è il numero dei confronti al femminile.
7Ancora più interessante si rivela però la definizione di domnulus : se non sbaglio, abbiamo qui la prima attestazione epigrafica del diminutivo di dominus usato come termine comune ; anche tra gli autori latini esso non sembra del resto aver goduto di particolare fortuna2. Domnulus e Domnula sono invece ben documentati come cognomi, ma solo nell’epigrafia tardoimperiale3.
8Riflettendo sulle forme onomastiche del bambino e del dedicante e a giudicare dal cognome grecanico Nicephorus, peraltro molto comune a Roma pure nella forma Nicephor, è possibile che il piccolo appartenesse a una famiglia di liberti4. A sua volta il dedicante, a dispetto del suo cognome latino (Urbanus), poteva essere un ex schiavo ; sembra suggerirlo il fatto che il tata e il bambino portino il medesimo gentilizio e che il cognome stesso del primo, per quanto latino, sia abbastanza diffuso pure in ambito servile/libertino (all’incirca il 10 % del totale ; la percentuale aumenta se consideriamo anche le attestazioni al femminile)5. Ma soprattutto è da tenere presente che il tata, come s’è detto, si rivolge al piccolo definendolo domnulus : anche se tale termine potrebbe essere qui usato con un semplice valore affettivo6, preferirei vedervi una precisa allusione alla precedente condizione servile di Urbanus7. In tal caso Niceforo sarebbe stato figlio dell’ex padrone di Urbano.
9Il gentilizio Modius in unione con il prenome Lucius a Roma è raro8 ; più di frequente lo si incontra con i prenomi Marcus e Quintus.
10A differenza di quanto si verifica nella maggior parte dei casi, nei quali la figura dei tatae viene ad aggiungersi a quella dei genitori, nella dedica ai piccoli defunti, nel nostro testo ad accollarsi le spese del sepolcro e dell’epitaffio sembra essere stato il solo tata.
11Questo nuovo testo offre quindi l’occasione per riflettere su questa figura maschile e su quelle, parimenti attestate epigraficamente, del nutricius e del nutritor, tutti ruoli e figure ben documentati soprattutto nell’epigrafia urbana, anche se meno frequentemente rispetto a nutrix.
12Occorre innanzitutto dire che le attestazioni del termine tata sono soprattutto epigrafiche ; a Roma se ne contano una sessantina, comprendendo anche il raro diminutivo tatula. Del tutto sporadici sono i riferimenti nelle fonti letterarie, dalle quali si ricava solo che come i bambini chiamavano la madre mamma, così si rivolgevano al padre definendolo tata9. H. S. Nielsen sostenne che tata e mamma non avrebbero indicato figure e ruoli precisi all’interno della famiglia, ma che fossero termini allusivi a relazioni e situazioni di volta in volta diverse (padre o madre adottivi, nonni, patroni…)10 ; K. R. Bradley, a sua volta, osservò come, contrariamente alla definizione varroniana, se ci si attiene alle iscrizioni, il ruolo dei tatae e delle mammae risulti nella maggioranza dei casi indeterminato, per quanto riconducibile a un rapporto di tipo quasi-parentelare (genitori adottivi, nonni…) ; certo è evidente come non possa trattarsi sempre di padri e madri naturali11.
13Soffermandomi in particolare sui tatae, occorre in effetti dire che in molte iscrizioni la figura paterna appare nettamente distinta da quella del tata, smentendo così l’assunto varroniano : a fungere da tata fu talora il patrono12, talaltra, come sarebbe anche nel nostro caso, uno schiavo o un liberto. Ad Arruntia Hermione posero sepoltura il padre e il tata (gli Arruntii Hermias et Hermes)13 ; al piccolo L. Flauius L. f. Saturninus, vissuto 5 anni e mezzo, fecero invece la sepoltura il padre Flauius Euhodus e il tata Phoebus14 ; Papiria Petale curò quella del tata M. Papirius Primus15, dal che si evince che al tata potessero essere affidati sia bambini sia bambine.
14La figura del tata, distinta da quella paterna, ritorna anche nell’ambito di famiglie servili : la sepoltura del piccolo Alexander, morto a 5 mesi, fu curata dal padre Marinus e dal tata16 ; quella di Crescentilla dal padre Crescens, dalla madre Soteris e dal tata Epaphroditus17 ; quella del piccolo Victor, morto a 2 anni, dalla madre Mursine, dal padre Mercurius e dal tata Hilarus18.
15Vi è però anche il caso di famiglie costituite da schiavi e liberti in cui il ruolo di tata fu svolto da un liberto : nella famiglia formata da Diocles, dalla moglie Marcia Dionysias e dal figlio omonimo Diocles, ad esempio, funse da tata Q. Marcius Aristonicus, che presenta lo stesso gentilizio della donna e che fu accolto nella tomba di famiglia19.
16Il quadro si complica nei casi in cui il tata sembra essere stato scelto al di fuori della familia, a giudicare almeno dal suo gentilizio20.
17In genere il tata compare soprattutto in veste di dedicante di epitaffi per bambini morti in tenera età (in prevalenza tra 1 e 5 anni). Non mancano tuttavia casi in cui i defunti non possano più definirsi bambini (avendo tra i 10 e i 24 anni) e altri in cui fu il tata a essere sepolto da colui che aveva allevato, tutte circostanze che rivelano quanto forte dovesse essere e quanto a lungo si mantenesse il legame che veniva a instaurarsi tra i due21.
18Segnalo tra gli altri il caso di L. Apisius C. f. Capitolinus, che fece erigere per testamento un sepolcro nel quale avrebbero dovuto essere accolti oltre ai propri familiari la nutrice e il tata C. Apisius C. l. Felix, evidentemente liberto del padre22, o quello di Flauia Trophime, che seppellì nella stessa tomba sia il patrono sia il tata23. Nella lista dei destinatari del sepolcro familiare T. Aconius Karus mise al primo posto proprio il tata L. Mummius Onesimus, prima ancora della madre Flauia Hygia e del padre T. Aconius Blastus24 ; non mancano del resto casi in cui il tata compare come unico destinatario dell'epitaffio25.
19Alcune situazioni si presentano come particolarmente complesse : la sepoltura della piccola Siluina fu curata dal padre, dalla madre e dal fratello, ai quali si aggiunsero nell’ordine il tata Iulius Telesphorus, la mamma Cornelia Spes e il tatula Threptus26.
20Al piccolo Zethus, morto a 1 anno, fecero la tomba Corinthus e Nice, rispettivamente tata e mamma, forse almeno in questo caso da intendere come veri genitori del bambino27. Il medesimo dubbio nasce anche per una Manlia Nicephoris sepolta dal tata Helius e dalla mamma Manlia Modesta28, per una Tonneia Vitalis, che curò la sepoltura della mamma Tonneia Anthusa e del tata L. Tonneius Primus29, come pure nel caso di un fratello e di una sorella sepolti dal tata e dalla mamma30. Non sembrano esserci dubbi in proposito nel caso di Fortis e Caenis, qualificati come tata e mamma, che seppellirono una bambina di poco più di 3 anni definita esplicitamente figlia31.
21Diverso il caso di un Ti. Iulius [- - -] di 3 anni sepolto dal tata Anthus e dalla mamma Rhoxane, perché nel testo dopo di loro sono menzionati sia il padre sia la madre32, così come di tutti quei documenti in cui i genitori aprono la lista dei defunti seguiti da tata e mamma33, ma anche di quella mamma e di quel tata, entrambi probabilmente di condizione servile, che furono sepolti da una Iulia Primitiua di condizione libertina34.
22Vi sono famiglie libertine in cui risultano presenti sia la nutrice (con lo stesso gentilizio del capofamiglia) sia il tata (estraneo al nucleo familiare)35, mentre nella dedica alla piccola Terentia Spes morta a 3 anni la nonna e il tata si associarono ai genitori36.
23Come si vede le situazioni documentate per via epigrafica sono molteplici e tuttavia non conosco finora a Roma casi, analoghi al nostro, di una dedica da parte del solo tata nei confronti del proprio piccolo padrone o patrono. L’assenza di padre e madre in quest’epitaffio potrebbe far pensare qui a una figura analoga a quella di un padre adottivo, che si fosse preso cura del bambino forse a causa della prematura morte dei genitori naturali.
24Nessuno dei numerosi testi urbani aiuta purtroppo a comprendere il reale ruolo affidato a questa figura, quando diversa da quella di un familiare ; anche gli epiteti che raramente lo connotano sono del tutto generici e convenzionali (benemerente, pientissimo, infelicissimo)37.
25Ciò che comunque sembra emergere dalle iscrizioni è che in linea di massima quella del tata fosse una figura diversa da quella paterna, che egli avesse un ruolo nella cura del bambino a partire dalla tenera o tenerissima età e che questo ruolo non dovesse esaurirsi troppo presto, visto che il rapporto affettivo che si era creato perdurava talora anche quando il ruolo di tata doveva essere terminato da tempo.
26Colpisce in particolare il fatto che, con un paio di eccezioni38, tutti i casi urbani di tatae siano inquadrabili all’interno di famiglie di condizione servile o libertina, almeno a giudicare dalle formule onomastiche dei personaggi ricordati nei testi. Non conosciamo finora tatae al servizio di cavalieri e senatori, così come mancano di questo termine attestazioni epigrafiche d’età repubblicana.
27Nel tratteggiare il ruolo del tata dobbiamo tenere conto anche di altre due figure maschili che paiono almeno in parte sovrapporsi, il nutricius e il nutritor.
28Il primo svolgeva compiti evidentemente differenti dalla nutrix ; il suo ruolo sembra assimilabile piuttosto a quello di un tutore, impegnato a guidare i fanciulli fino al raggiungimento della maggiore età39.
29A differenza di quanto evidenziato per i tatae, nel caso dei nutricii (solo una diecina di casi a Roma) dobbiamo rilevare la loro presenza, pur sporadica, anche nell’ambito di famiglie senatorie : conosciamo ad esempio un Cn. Cornelius Atimetus, che fu liberto, procurator fidelissimus e nutricius piissimus del senatore Cossus Cornelius Lentulus Gaetulicus, il quale gli eresse il sepolcro nelle sue proprietà sabine (nella uilla Bruttiana)40.
30Si conoscono anche nutricii di nascita libera (a differenza di quanto abbiamo riscontrato per i tatae) : così C. Tadienus L. f. Secundus fu nutricius del liberto imperiale Trophimus, arbitro in seconda nella caserma gladiatoria del Ludus Magnus41.
31D’altra parte che il tata e il nutricius svolgessero in linea di massima mansioni diverse sembrerebbe dimostrato dall’epitaffio posto a Manlia Nicephoris, morta a 5 anni, dal tata Helius, dalla mamma Manlia Modesta e dal nutricius Apollonius42. Questo testo, al pari di un altro in cui il defunto ha solo due anni43, dimostra che anche il nutricius, come il tata, si occupava in genere di bambini in tenera età.
32Per quanto riguarda infine il nutritor, la sua funzione sembra piuttosto accostabile a quella di un precettore, anche se letteralmente il termine indica « colui che alleva ». Probabilmente i nutritores educavano e istruivano i giovani in differenti campi, non senza l’uso della forza quando necessario e sin da giovanissima età. Non è un caso che raramente essi siano ricordati quali dedicanti di epitaffi per bambini44 ; più spesso essi compaiono come dedicanti di iscrizioni onorarie ai loro ex alumni che fecero carriera nell’amministrazione dello Stato (senatori e cavalieri, ma anche liberti imperiali), oppure sono i nutritores a ricevere dediche, in questo caso di carattere sepolcrale, da parte di questi ultimi.
33Del resto se Chirone è definito nutritor di Achille45, nella Historia Augusta si fa esplicito riferimento a principi impuberi che temevano il nutritor per le sue punizioni46. Interessante è anche la testimonianza di Suetonio sul grammatico M. Antonius Gnipho, che, nato libero ma esposto, era poi stato manomesso dal suo nutritor e restituito alla libertà47. In questo caso il nutritor è colui che ha cresciuto il bambino, allevandolo dopo che questi era stato abbandonato. In taluni contesti il termine è di fatto equivalente a « genitore adottivo », ma non sarà stato sempre così.
34La funzione del nutritor non sembra comunque esaurirsi nei primi anni di vita del ragazzo, che spesso veniva seguito fino alla maturità48. Numerosi sono le attestazioni epigrafiche (poco meno di 50 a Roma) : va subito detto che, ben più dei nutricii, numerosi sono i nutritores al servizio di famiglie senatorie e che a differenza di quanto si verifica per i tatae, sono documentate anche coppie di nutritores, costituite da un uomo e da una donna. Al senatore T. Aelius T. f. Pal. Naeuius Antonius Seuerus dedicò una statua un suo liberto e nutritor49 ; al senatore C. Caerellius Fufidius Annius Rauus C. f. Ouf. Pollittianus al tempo di Caracalla posero una dedica un uomo e una donna, probabili liberti di famiglia, che si qualificano come suoi nutritores (Fufidius Amycus e Fufidia Chrestina)50 ; anche nel caso del pretore L. Virius Lupus Iulianus dedicanti furono due nutritores di sesso diverso appartenenti a famiglie apparentemente estranee a quella del senatore (L. Fabius Ammianus e Claudia Dia)51.
35Come abbiamo riscontrato a proposito dei tatae, anche i nutritores si associano talora ai genitori nel predisporre la sepoltura di bambini e vengono ricordati dopo i parentes52. Capita anche però che sia stato il nutritor a ricevere sepoltura da parte di chi aveva allevato, a testimonianza di quello stesso rapporto affettivo e duraturo che abbiamo rilevato anche per i tatae53 : emblematico da questo punto di vista il caso di due Quintii, Eutychianus e Victoria, che predisposero la sepoltura del loro nutritor Q. Quintius Eutyches vissuto più di 105 anni54. Il giovane senatore Antonius Arrianus dedicò a sua volta un epitaffio al suo nutritor Herculanius, definito anche cliens obsequentissimus55, mentre un Mecilius di condizione libertina fu nutritor di due Caeionii di rango senatorio che ne curarono la sepoltura, quando questi morì all’età di 75 anni56.
36Al di là delle specifiche funzioni e delle differenze che distinguevano tra loro i ruoli del tata, del nutricius e del nutritor (ricordo che solo in un caso incontriamo nello stesso testo sia un tata sia un nutricius, mentre in nessun documento troviamo insieme un tata e un nutritor)57, credo si possa per il momento concludere che :
- tranne qualche rara eccezione, elemento comune a tutte e tre le figure sembra essere stata la condizione servile o libertina58 ;
- tali figure sono finora epigraficamente attestate a Roma solo a partire dalla prima età imperiale e solo quella del nutritor sembra sopravvivere nell’epigrafia tardoantica e cristiana ;
- rispetto alla documentazione epigrafica le attestazioni letterarie di tata, nutricius e nutritor si rivelano meno significative ; la prima attestazione di tata risale a Varrone ; l’uso del termine nutricius non sembra anteriore all’età cesariana, mentre nutritor è attestato a partire dall’età augustea ;
- il termine indicante la persona di cui il tata, il nutricius o il nutritor si erano presi cura, quando presente, è sempre alumnus/-a59.
37Del tutto diverso è il quadro relativo alle nutrices, documentate nelle iscrizioni già a partire dall’età repubblicana e che compaiono spesso nelle commedie di Plauto e Terenzio.
Notes de bas de page
1 CIL, VI, 8467 = EDR129421 ; VI, 20852 = EDR126858 ; VI, 29540 (marito) ; 35425 = EDR126324 (figlio) ; 38546 (amico) ; AE, 1968, 48 = EDR074751 (liberto).
2 TLL, V, 1, c. 1907.
3 Kajanto 1965, p. 363.
4 Oltre 200 casi, più della metà dei quali è da riferire a schiavi o liberti sicuri : Solin 2003, p. 125-129.
5 Colpisce in particolare il fatto che poco meno della metà di tutte le attestazioni provenga dalle province africane : Kajanto 1965, p. 311.
6 Come accade in alcune iscrizioni funerarie di Roma (CIL, VI, 2233 = EDR121735 ; VI, 3500 = EDR126916 ; VI, 8453 ; 11511 ; 21787 = EDR150407), in cui dominus / domina precede l’esplicita definizione del rapporto parentelare, che nel nostro caso per la verità manca ; questo uso è però soprattutto letterario (anche nel caso di parenti stretti), in particolare nell’intitolazione delle lettere o nelle allocuzioni : TLL, V, 1, c. 1925-1926.
7 Sembrerebbe questo il caso di un paio di iscrizioni urbane (CIL, VI, 17663 = EDR156221 ; VI, 18221), che potrebbero però anche rientrare nella casistica precedente, trattandosi di mogli che si rivolgono al marito, con il quale condividono il medesimo gentilizio, mediante l’epiteto di dominus.
8 Da segnalare solo un L. Modius Proculus, praeco, e un L. Modius L. l. Philomusus, di professione purpurarius, entrambi vissuti però almeno qualche decennio prima dei nostri personaggi : CIL, VI, 1952 e VI, 32454 = 37169 = I2, 2991a = EDR101334.
9 Non. Marc., 1, p. 113 L citando Varrone riferiva che cum cibum ac potionem buas ac pappas uocent et matrem mammam, patrem tatam ; è poi da ricordare quel verso in cui Mart., 1, 100 afferma : mammas atque tatas habet Afra, sed ipsa tatarum dici et mammarum maxima mamma potest. In particolare sull’uso del termine mamma : Adams 2005, p. 591-592 ; sul linguaggio infantile e l’uso dei vezzeggiativi per indicare parentela : Symeonidis 2009, p. 138.
10 Nielsen 1989.
11 Bradley 1991. Sulla stessa linea sembra ora muoversi anche Sparreboom 2014.
12 Nel caso di C. Vibius Threptus, figlio illegittimo di una Vibia Epiteuxis e dello schiavo pubblico Threptus, a fungere da tata fu il patrono C. Vibius Tyrannus (CIL, VI, 2334) ; il ruolo di tata e di patrono coincidono anche nel caso di un Metilius Eros, nei confronti di un M. Metilius Eupor (CIL, VI, 22460).
13 CIL, VI, 5941 = EDR103580.
14 CIL, VI, 18196.
15 CIL, VI, 23792 = EDR133570. L’epitaffio della quattordicenne Appuleia Gratilla fu invece commissionato dai due patroni e dal tata dal medesimo gentilizio (L. Appuleius Regillus : Wilson 1911, p. 171-172 nr. 56).
16 CIL, VI, 11395.
17 CIL, VI, 16578 = EDR151282.
18 CIL, VI, 22802.
19 CIL, VI, 16854.
20 Il sepolcro della quindicenne Arminia Gorgilla fu predisposto dai genitori C. Arminius Aphrodisius e Valeria Gorgilla e dal tata C. Taurius Primitiuus (CIL, VI, 5642) ; ai due fratelli Aelius Primus e Aelius Ingenuus la sepoltura fu curata dalla madre Aelia Data e dal tata Cornelius Atimetus (CIL, VI, 10873) ; un Ti. Claudius Doryphorus fu tata di M. Lucceius Primigenius (CIL, VI, 15009), così come A. Cornelius Stephanus lo fu di Pompeia Eutropilla (CIL, VI, 16316 = EDR156137).
21 CIL, VI, 11690 ; 15009 ; 16316 ; 27964.
22 CIL, VI, 12133 = EDR151276.
23 CIL, VI, 18450 = EDR125866.
24 CIL, VI, 34206 = EDR145902.
25 CIL, VI 29424.
26 CIL, VI, 16926.
27 CIL, VI, 29634 = EDR125216.
28 CIL, VI, 38598 = EDR032505.
29 AE, 1986, 103 = EDR080015.
30 CIL, VI, 10016 = EDR118055.
31 CIL, VI, 35323.
32 CIL, VI, 35530.
33 CIL, VI, 36353.
34 CIL, VI, 20632.
35 CIL, VI, 25301.
36 CIL, VI, 27259 = EDR137135.
37 Nell’arula dedicata da una Iunia Tethis al suo tata M. Iulius Potitus compare l’epiteto amantissimus, frequente soprattutto per parenti stretti e mai finora documentato per un tata : vd. Gregori 2015.
38 CIL, VI, 12133 = EDR151276 ; VI 37619 = EDR145207.
39 Nelle Fabulae di Hyginus (131, 1) si legge che Nysus era stato nutricius di Liber e che a lui il dio aveva lasciato la guida del suo regno ; il termine nutricius viene utilizzato anche da Varrone, con riferimento a Faustulus, il pastore che allevò Romolo e Remo (Rust., 2, 1, 9) ; in questo caso il termine assume il significato di padre adottivo ; la stessa accezione ricorre in una lettera di Girolamo, nella quale il vescovo consiglia ad una vedova di andare a vivere con la figlia che ha scelto di convivere con un uomo ; per evitare uno scandalo e mettere a tacere ogni voce, Girolamo suggerisce anche alla donna di dire che l’uomo è il nutricius dei suoi figli (Epist., 117, 11) ; il medesimo autore utilizza però la parola pure nel senso classico di istitutore e tutore, quando egli stesso si offre di fare da nutricius alla giovane Paola (Epist., 108, 13).
40 CIL, VI, 9834.
41 CIL, VI, 10170 = EDR110666.
42 CIL, VI, 38598 = EDR032505.
43 CIL, VI, 15104.
44 CIL, VI, 13151.
45 Stat., Achill., 1, 274.
46 SHA, Tac., 6, 6 : quae (malum) ratio est habere imperatorem, qui famam curare non nouerit, qui quid sit res publica nesciat, nutritorem timeat, respiciat ad nutricem…
47 Suet., Gramm., 7, 1: M. Antonius Gnipho ingenuus in Gallia natus sed expositus a nutritore suo manumissus institutusque…
48 Cfr. SHA, Heliog., 13, 4: … (Heliogabalus) misit et ad nutritores eius (scil. Alexandri), quibus imperauit sub praemiorum spe atque honorum ut eum occiderent quo uellent modo, uel in balneis uel ueneno uel ferro.
49 CIL, VI, 1332 = 31632 = EDR109213.
50 CIL, VI, 1365 = EDR109275.
51 CIL, VI, 37078 = EDR072422. Come mi ha fatto notare F. Chausson, i due personaggi potevano però essere collegati al ramo femminile della famiglia del senatore.
52 CIL, VI, 7741 ; 13151.
53 CIL, VI, 16446 = EDR16520.
54 CIL, VI, 25302.
55 CIL, VI, 31686 = 37055 = EDR113996.
56 CIL, VI, 21787 = EDR150407.
57 CIL, VI, 38598 = EDR032505.
58 Il quadro non muta se si considerano altre figure, come quella dell’educator, attestata epigraficamente a Roma in meno di 10 casi (cfr. DE, III, 3, p. 2088 ; TLL, V, 2, c. 113 : CIL, VI, 4871 = EDR126655 ; VI, 10714 ; VI, 13221 = EDR122276 ; VI, 15983 ; VI, 27198 = EDR100517 ; AE, 1984, 84 = EDR079194 ; Panciera 2006, p. 1848), o quelle più strettamente coinvolte nei vari stadi dell’apprendimento (paedagogi, praeceptores, grammatici… ; per questi ultimi : Agusta-Boularot 1994).
59 Serv., ad Aen., 2, 11 : … Alumnus est qui graece trophimos dicitur : quod nomen quia Latinum non est, ut ab eo quod est nutritor, inueniamus eum qui nutritus est, transiit ad nomen aliud et alumnum dixit. Cfr. in generale Nielsen 1987.
Auteur
« Sapienza » Università degli Studi di Roma - gianluca.gregori@uniroma1.it
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