Introduzione. I grandi ufficiali nei territori angioini : dal bilancio storiografico alle prospettive di ricerca
Texte intégral
I grandi ufficiali : la genesi di un tema di ricerca all’interno della storiografia « nazionale » napoletana
1L’attenzione storiografica per i grandi ufficiali coincide con l’inizio di un interesse scientifico per la presenza angioina nel Mezzogiorno e si inserisce all’interno di quell’articolato filone di ricerche erudite di cui Giuseppe Galasso ha sottolineato la rilevanza nella maturazione di una coscienza nazionale napoletana1. Sono infatti dedicati a tale tema alcuni lavori che nel XVII secolo segnano il debutto della storiografia sulla monarchia nel Mezzogiorno, sin da allora strettamente legata all’impegno degli archivisti regi. Pietro Vincenti pubblica nel 1607 un’opera sui protonotari, a cui ne segue un’altra sui grandi ammiragli, uscita postuma nel 1628 : tali scritti erano, nelle intenzioni dell’Autore, i primi due Teatri di uomini illustri di una serie dedicata anche gli altri cinque grandi uffici del Regno, che doveva essere utile innanzitutto a evitare le « gare di precedenza fra nobili » 2. Si deve tuttavia a Camillo Tutini lo sforzo di avere completato, forse riprendendo i materiali preparati dal Vincenti, l’analisi dei sette grandi uffici del Regno (1666)3. Vincenti e, sulla sua scia, Tutini, circoscrivono per la prima volta l’argomento, limitando i grandi ufficiali alle cariche di conestabile, ammiraglio, maestro giustiziere, protonotario e/o logoteta, gran camerario, cancelliere e gran siniscalco.
2In tali lavori è già è preconizzato il legame a doppio filo fra istituzioni e indagini prosopografiche, che in seguito caratterizzerà gli studi angioini e che all’epoca si esprimeva soprattutto nell’intreccio, comune all’erudizione secentesca, fra studio della storia e interessi genealogici : i grandi ufficiali – con gli stretti intrecci tra famiglie e uffici di corte – erano un ambito privilegiato per esprimere una simile sensibilità, che del resto in quegli stessi anni stava prendendo piede anche al di là delle Alpi, in maniera ancora più esplicita, con l’edizione nel 1674 dell’Histoire généalogique et chronologique de la Maison Royale de France et des grands officiers de la Couronne di Pierre de Guibours (noto come Anselme de Sainte-Marie) : quest’opera è infatti dedicata all’analisi familiare delle discendenze che avevano rivestito i maggiori uffici del Regno di Francia4.
3Cionondimeno i contributi del Vincenti e, ancor più, del Tutini ebbero un’influenza decisiva sulle ricerche maturate in seguito. È noto che il rilancio secondo metodi scientificamente più aggiornati di questo tema si debba a Camillo Minieri Riccio, che con la pubblicazione nel 1872 dei Cenni storici intorno i Grandi Uffizii rivendicava sì una presa di distanza dall’erudizione seicentesca, dichiarando orgogliosamente che « la storia oggi si scrive in modo ben diverso da quello si praticò per lo addietro ; la critica e gli avvenimenti ànno cambiato gli avvenimenti ed ànno dato ad essi uno aspetto affatto nuovo » 5. Tuttavia, declinando il rinnovamento soprattutto in una più estesa conoscenza dei profili prosopografici degli uffici, Minieri Riccio ha di fatto legittimato l’impostazione complessiva ad essi trasmessa dal Vincenti e dal Tutini, sdoganandola definitivamente nella storiografia Otto-Novecentesca.
4Insomma, Vincenti e Tutini hanno tratto dalle categorie istituzionali di età moderna l’argomento storiografico, i « grandi ufficiali », il cui numero è stato solo allargato da alcuni studi successivi, giungendo a includere maestri razionali e marescialli, ma accettato come codificato sin dall’epoca di Carlo I6, e hanno tracciato il metodo, quello dello studio delle istituzioni attraverso le famiglie, che la storiografia ha in seguito aggiornato attraverso l’approccio prosopografico.
Fra indagini prosopografiche e istituzioni : gli studi a cavallo tra Otto e Novecento
5Sul finire dell’Ottocento, una svolta negli studi angioini avviene con le ricerche della « scuola » francese, in buona misura gravitante attorno all’École française de Rome, con Paul Durrieu e Léon Cadier. I due studiosi insistono sull’origine francese degli uomini di governo a servizio di Carlo I e dei suoi successori, che appare oggi ridimensionata dagli studi successivi che hanno messo in evidenza i tratti di continuità con il reclutamento delle maggiori famiglie regnicole (fino a parlare piuttosto di una « italianizzazione » degli ufficiali angioini), ma anche l’eterogenea provenienza, provenzale e francese, dei collaboratori del capetingio. A prescindere da tali valutazioni, è in questo momento che si definiscono i criteri scientifici di un’analisi prosopografica di tipo moderno sul personale politico, con un decisivo avanzamento nella creazione di liste sistematiche degli ufficiali al servizio dei sovrani di Napoli7. Tuttavia, ancor più che le conquiste prosopografiche, il lascito decisivo di tali indagini consiste nell’avere cominciato a mettere l’accento sulla dimensione amministrativa dei grandi ufficiali, alimentando un filone istituzionale di storia angioina che in quello stesso periodo si stava radicando con forza anche nella storiografia italiana e che avrebbe raggiunto la piena maturità a partire dai primi decenni del Novecento (si pensi soltanto all’opera di Romolo Caggese)8.
6È questo un superamento decisivo del lavoro del Minieri Riccio sui grandi ufficiali, che, come lucidamente sintetizza Cadier, « abonde en renseignements précieux, mais il est sans critique, et l’auteur a fait plutôt une série de biographies qu’une histoire des institutions » 9. Con Cadier, il tema dei grandi ufficiali si lega indissolubilmente a quello della corte, che lo storico francese declina soprattutto in forma amministrativa : i grandi ufficiali sono filtrati alla luce di quei caratteri di prossimità al principe che caratterizzano ab origine gli studi sulle corti, anche quando si occupano non del personale domestico, ma di quello rivestito di funzioni di governo10. Cadier tende a mettere in risalto la provenienza francese dei più stretti collaboratori di Carlo I e parallelamente a sottolineare le novità d’impronta capetingia introdotte nelle istituzioni del Regno : ciò che porta Cadier a parlare di « une administration française dans le Royaume de Sicile » è innanzitutto lo studio della corte regia. Così, l’emergere di una curia, divisa in personale domestico e ufficiali, viene messa in parallelo – malgrado certe differenze – con l’affermazione della curia regis in Francia11. A Carlo I viene assegnato un ruolo di innovazione : egli infatti « organisa sa cour royale, et s’entoura de conseillers en rétablissant au profit de ses plus fidèles chevaliers les grands offices de la Couronne » 12. Cadier è ben consapevole che la curia degli Angiò è difficilmente circoscrivibile, anche a causa della facilità con cui i sovrani concedono sia il titolo di familiaris, che dovrebbe teoricamente implicare una prossimità fisica al sovrano, sia quello, che invece dovrebbe rimandare a una più solida dimensione istituzionale, di consiliarius13 : tuttavia, egli finisce per accettare la logica definitoria dell’erudizione seicentesca napoletana (Vincenti e Tutini), limitando il numero dei grandi ufficiali a un ristretto numero di cariche operanti a Napoli, a stretto contatto con il sovrano14. Concentrandosi sull’amministrazione centrale, Cadier fa coincidere i grandi ufficiali con il personale residente presso la curia napoletana preposto alla gestione dei processi amministrativi.
7Di certo, il difetto imputato da Cadier a coloro che prima di lui si erano occupati dei grandi ufficiali, di avere studiato « moins les offices eux-mêmes que les personnages qui les ont occupés » , non può essere rimproverato ai suoi successori15 : non alle fondamentali indagini sull’amministrazione di Eduard Sthamer, che si apre anche, seppur in misura minore, al tema dei grandi ufficiali, e neppure a Gennaro Maria Monti e Romualdo Trifone, che sono tra gli interpreti italiani più acuti di una nuova sensibilità storico-giuridica per le istituzioni dello spazio angioino. Tale attenzione tuttavia non si libera da un approccio positivo, offrendo un’immagine uniforme e compatta di istituzioni di cui oggi occorre invece recuperare la dimensione pragmatica e frammentaria, capace di presentarsi in forme differenti al variare degli anni e dei contesti locali, al di là delle analogie nelle denominazioni degli uffici16.
Uno spazio policentrico
8Sin dalla fine dell’Ottocento alcune ricerche erudite, a dire il vero a scarsa elaborazione teorica e maturate in sostanziale autonomia dagli studi franco-napoletani, proposero un allargamento dello studio dei grandi ufficiali dal « centro » della corte napoletana alle « periferie » dello spazio angioino.
9Nel 1898 Lorenzo Bertano pubblicò sul Bollettino storico-bibliografico subalpino la Serie dei siniscalchi del Piemonte e della Lombardia dal 1259 al 1382, seguita l’anno successivo, sulla stessa rivista, dalla Serie dei siniscalchi della Provenza dal 1259 al 138217. In realtà, Bertano non fa mai riferimento nel suo lavoro all’espressione « grandi ufficiali ». Eppure, queste liste cronologiche, presentate senza alcuna riflessione metodologica come semplice elenco di attestazioni documentarie dei siniscalchi piemontesi e lombardi, hanno il merito di proporre una prima suggestione sulla necessità di intrecciare i percorsi di ricerca sugli Angiò, uscendo dai naturali limiti territoriali – regionali o nazionali – praticati dalla ricerca erudita.
10Appare più complesso il lavoro di Fernand Cortez sui Grands officiers royaux di Provenza, nato, ancora una volta, da un interesse di lungo periodo : Cortez guarda infatti al medioevo per svolgere un’indagine regressiva sugli uffici d’ancien régime, che si propone come una naturale prosecuzione degli studi compiuti sulle istituzioni di governo provenzali in età moderna18. A tal punto è stretta la volontà di tracciare una continuità diacronica con l’età moderna, che l’opera reca il sottotitolo di Supplement à la chronologie des officiers des cours souveraines per B. des Clapiers Collongue et de Boisgelin, con riferimento a un precedente lavoro erudito-genealogico del XVIII secolo, pubblicato in forma ampliata e rivista a inizio Novecento, sul personale del Parlamento e della Corte dei Conti di Provenza a partire dal XVI secolo19.
11Cortez è tra i grandi artefici della fortuna dell’espressione « grandi ufficiali » o « grands officiers » in ambito angioino. Per lo studioso provenzale a tale categoria corrisponde una definizione molto chiara :
Les hauts fonctionnaires de la Provence au Moyen Âge, placés à la tête des trois grands corps d’État, justice, administration, finances, étaient appelés majores officiales, nommés pour un temps où à vie, par opposition au minores officiales, fonctionnaires annuels et au nombre de trois par baillage ou viguerie20.
12In realtà questa definizione, di cui Cortez non spiega l’origine, né la derivazione storiografica, rimanda ancora una volta alle categorie istituzionali monolitiche dello Stato francese d’ancien régime. Cortez, peraltro, costruisce il suo interesse per i grandi ufficiali in maniera del tutto autonoma dagli studi della storiografia napoletana, da Vincenti, Tutini e Minieri Riccio, che non sono mai citati nel suo lavoro.
13Insomma, i grandi ufficiali di Cortez presentano senz’altro analogie con l’ambito di ricerca individuato dagli studi sul Regno : secondo lo studioso provenzale, rientrerebbero in tale categoria i siniscalchi, i giudici maggiori, i maestri razionali, i procuratori e avvocati del fisco, l’avvocato e i procuratori dei poveri, i presidenti razionale e i razionali, gli archivisti e i tesorieri21. Tuttavia, tale definizione del campo d’indagine parte da premesse metodologiche molto differenti : la discriminante non è l’esistenza di un rapporto diretto con il sovrano di Napoli, un legame « di corte », ma piuttosto la rilevanza delle funzioni esercitate e la durata non annuale del mandato.
14Non stupisce pertanto che si debba a uno studioso napoletano, Gennaro Maria Monti, l’introduzione delle categorie elaborate dagli studi sul Regno nei territori periferici. Occupandosi del dominio angioino in Piemonte, il Monti sceglie di non adottare la categoria dei « grandi ufficiali » in riferimento al personale sovralocale incaricato di gestire la regione – siniscalchi, giudici maggiori, maestri razionali e tesorieri – che egli ribattezza come « gli organi centrali della Contea » . Effettivamente, tali ufficiali erano estranei alla limitata lista fornita a suo tempo dal Vincenti e dal Tutini per l’amministrazione centrale del Regno, sicché, nella prospettiva di Monti, possono essere considerati soltanto « alti ufficiali », ma non « grandi ufficiali » (per quanto le due espressioni suonino in buona misura come sinonimiche)22. Ma davvero questa classificazione degli ufficiali, costruita in primo luogo in base al mandato territoriale, è coerente con le categorie di governo del Regno, o non occorre piuttosto, per recuperare una dimensione più vicina alla prospettiva angioina, guardare innanzitutto alle persone?
Le persone e le istituzioni
15Così come si presentavano alla vigilia della seconda guerra mondiale, i grandi ufficiali angioini costituivano un tema in fermento, che già aveva raggiunto una sua complessità storiografica, fra dimensione policentrica e corte, e metodologica, fra persone e istituzioni. La ragionevole prospettiva di una maggiore definizione dell’argomento e di un suo futuro sviluppo è rimasta tuttavia disattesa dalla crisi degli studi angioini seguita alla distruzione dei registri dell’Archivio di Stato di Napoli nel 194323. L’indagine sui grandi ufficiali nella seconda metà del Novecento è stata portata avanti soprattutto attraverso le voci del Dizionario Biografico degli Italiani, che malgrado la loro qualità eccelsa hanno finito per alimentare l’approccio biografico al tema24. Se nuove e più aggiornate sensibilità per l’analisi prosopografica degli ufficiali sono state espresse soprattutto dopo la ripresa degli studi angioini seguita alla pubblicazione dell’opera collettiva sull’État angevin nel 1998, patrocinata dall’École française de Rome25, queste hanno riguardato solo in parte i grandi ufficiali e, anzi, sollecitano con la grande mole di dati messi a disposizione una ripresa dell’argomento : si pensi solo alle approfondite ricerche di Serena Morelli sui giustizieri di Carlo I e Carlo II, di Jean-Luc Bonnaud sugli ufficiali locali, vicari, giudici e clavari, nella Provenza del Trecento o di Giuliana Vitale sulla nobiltà napoletana26. Parallelamente, nuove considerazioni sul tema sono suggerite innanzitutto dal progredire delle indagini sulle strutture amministrative dei territori angioini, che largo spazio hanno consacrato agli ufficiali, soprattutto alle cancellerie e agli uffici deputati alla produzione scritta : non solo per il Regno, ma anche per le aree periferiche dei domini dipendenti da Napoli, quali la Provenza, il Piemonte e l’Anjou27. Così, i rinnovati studi sulla corte ungherese in età angioina consentono di cogliere le differenze con il mondo napoletano, ma anche i suoi eventuali rapporti28. Ma soprattutto una ripresa su basi nuove dell’argomento è suggerita dal mutato quadro metodologico, che può oggi giovarsi, tanto in ambito italiano che francese, di una matura riflessione su ufficiali e prosopografia29.
16Guadando oggi alla produzione storiografica sui grandi ufficiali nel suo complesso non si può non avere l’impressione di un quadro eterogeneo, persino dal punto di vista cronologico, poiché l’attenzione è stata volta in maniera prevalente ai regni di Carlo I e di Carlo II, mentre l’epoca di Roberto e Giovanna, anche a fronte delle note vicissitudini della documentazione della cancelleria angioina e della sua ricostruzione, è rimasta meno esplorata. Insomma, esiste lo spazio per ripensare in termini complessivi, anche sul piano metodologico, un tema storiografico che si è arricchito in maniera incostante, per folate, e che ha lasciato irrisolti il suo stesso ambito di definizione, le modalità di studio prosopografico e l’inquadramento istituzionale.
17Per quanto concerne l’ambito di studio, abbiamo visto che i grandi ufficiali si definiscono in quanto tali tra la fine del Medioevo e l’età moderna, quando vengono codificati e inseriti nei rituali cerimoniali30 : è del resto in quest’epoca che in tutta Europa cresce la gerarchizzazione della società e degli ambienti di corte, con distinzioni sempre più rigide tra « maggiori » e « minori » all’interno delle familiae dei principi e dei sovrani31. La stessa definizione di maiores officiales ricorre soprattutto nella documentazione monarchica quattro-cinquecentesca, epoca in cui inizia a essere usata con specifico riferimento ai grandi ufficiali già delineati dal Vincenti e dal Tutini32. Non si intende tuttavia riproporre in questa sede un lavoro di archeologia su istituzioni consolidatesi fra Quattro e Settecento, che imprigioni l’interpretazione nella logica istituzionale d’ancien régime. È pienamente condivisibile l’approccio critico di Pietro Corrao, che ha rilevato come « l’identificazione dei « sette grandi uffici » dell’amministrazione centrale come struttura stabile nei secoli delle istituzioni monarchiche meridionali, operata fin dal XVII secolo dai trattatisti e dagli studiosi, oltre a costituire un elemento di forte confusione e di arbitraria semplificazione nell’osservazione degli apparati di governo […] ha generato l’immagine di una struttura atemporale, esistente ab origine e smantellata solamente in coincidenza della modernizzazione istituzionale del XIX secolo » 33.
18Occorre dunque abbracciare una prospettiva in linea con l’età angioina, in cui tali figure appaiono meno definite e in cui gli stessi confini tra « alto » e « basso », tra « centro » e « periferia » – come ricordava Andreas Kiesewetter qualche anno fa – risultano incerti34. Bisogna pertanto uscire dal circolo vizioso per cui, per dare forma alla istituzioni, si usano in maniera monolitica categorie maturate in età moderna e formalizzate nella riflessione storiografica fra Otto e inizio Novecento, evitando di assegnare alle istituzioni e agli uffici una coerenza interna che appartiene loro solo in parte. Spostare l’attenzione dagli uffici agli ufficiali è forse il primo antidoto contro una tradizione storico-giuridica di approccio alle istituzioni che, se da un lato è stata utile per riempire di contenuti i profili biografici ricostruiti fra Sei e Ottocento, dall’altro ha finito con il creare categorie rigide laddove l’amministrazione angioina pensava in maniera liquida le cariche e le persone preposte all’assolvimento di determinate funzioni.
19Gli uffici angioini sono infatti creati su misura delle persone che li rivestono : potremmo dire che, se non sempre, molto spesso sono le persone che fanno le istituzioni. Senza rinunciare a una prospettiva istituzionale, occorre guardare a queste cariche come a soggetti fluidi, in continua costruzione e decostruzione, con la consapevolezza che il nostro sforzo interpretativo e la nostra volontà di reductio ad unum rischiano di sfumare l’unicità dell’attestazione di ogni ufficio, che vive innanzitutto perché legato a una persona e, rispetto a quanto avviene con le istituzioni attuali, a essa si adatta35. Pensiamo soltanto alle figure di primissimo piano, scelte tra la cerchia di fedeli più vicina al re, per i quali si devono coniare nuovi uffici, anche se le funzioni sono le stesse già esercitate da altri ufficiali, alle quali per lo più si sovrappongono. Sul piano metodologico, si sente pertanto la necessità di un duplice approccio, che partendo dalla ricostruzione prosopografica indaghi la trasformazione degli uffici, senza neppure trascurare le denominazioni a essi attribuiti dalle fonti.
20Un approccio pragmatico e duttile, che cominci dalle persone per arrivare alle istituzioni, può anche consentire di uscire dalla prospettiva che, fin dal Vincenti e dal Tutini, ha portato a guardare ai grandi ufficiali con un interesse strettamente legato alle vicende della corte napoletana, in una dimensione, per così dire, « nazionale », di cui l’erudizione meridionale era ben consapevole. Alla luce dei caratteri artificiali nella costruzione storiografica della definizione di « grandi ufficiali », si è dunque voluti tornare su questo tema ampliando l’indagine alle figure delegate al coordinamento regionale e verificando di volta in volta le modalità di raccordo fra il sovrano, le curiae e il governo dei territori. Si è pertanto allargato lo sguardo al complesso di quegli ufficiali, per lo più non di nomina annuale, che costituiscono la vera cinghia di trasmissione tra la corona e le differenti aree dello spazio angioino, anche al di fuori del milieu napoletano36. Lo studio dei grandi ufficiali al servizio degli Angiò assume infatti – da Bertano e Cortez in poi – tratti originali, che collocano tali figure al di fuori della corte, come cerniera fra spazi differenti. Nella dimensione – per così dire – policentrica dei territori angioini, i grandi ufficiali, che pure risultano per lo più avvinti da stretti legami con la corona, quasi sempre formalizzati dalla concessione del titolo di familiaris o di consiliarius, escono dallo studio della corte come ristretto entourage residente presso il sovrano37.
Conclusioni
21Sebbene possa sembrare un tema già esplorato, quella dei grandi ufficiali è dunque per molti aspetti una questione ancora tutta da affrontare, tanto che da un lato non si conoscono neppure bene quali fossero gli uffici preposti e le modalità di funzionamento, mentre dall’altro a sistematiche analisi prosopografiche sono per lo più state preferite occasionali ricostruzioni biografiche. Restituire i contorni a personaggi le cui carriere sono conosciute solo in maniera parziale o talora, per quelli meno noti, quasi del tutto sconosciute, è un tassello fondamentale per una comprensione più profonda dei meccanismi di circolazione e di selezione del personale politico, che visti su scala regionale, magari accontentandosi di inserire i pochi dati facilmente reperibili negli studi più citati, risultano ancora poco intellegibili. L’indagine sui grandi ufficiali si propone pertanto di recuperare i percorsi di ricerca comuni e sempre più integrati in un ambito, quello degli studi angioini, che finora, giustamente, ha approfondito soprattutto la « diversità », la specificità delle differenti aree dello spazio angioino, così come appare evidente dagli ultimi volumi internazionali dedicati al tema38. Tale diversità, che pure è irrinunciabile e che in questa sede è salvaguardata attraverso il ricorso a saggi a taglio « regionale », necessita sempre più di comuni griglie di interrogazione e della messa in evidenza degli intrecci delle ricerca. Solo una maggiore attenzione comparativista allo studio sinottico delle differenti aree dello spazio angioino può consentire di ricostruire nel maggior dettaglio possibile le influenze istituzionali e gli scambi di uomini tra le diverse zone, pur rispettandone i percorsi autonomi di sviluppo.
22Se, infatti, per i meccanismi di funzionamento dei grandi ufficiali prevalgono i caratteri regionali, mai omologabili, di storie amministrative differenti nelle varie aree dello spazio angioino, i grandi ufficiali, coloro che rivestono tali uffici e le cui carriere si snodano per lo più su territori molto vasti, esprimono nella maniera più completa quella necessità di raccordo delle diverse storiografie nazionali e regionali. Insomma, questo caso esemplare, solo all’apparenza noto, soddisfa appieno l’esigenza di una ricerca che sappia impegnarsi nella produzione di un’erudizione minuta sulle fonti, ma anche della creazione di strumenti – come la raccolta informatizzata di dati a cui è dedicato il progetto di ricerca Europange, al cui interno si collocano i testi raccolti in questo volume – che consentano di avere un quadro più chiaro delle carriere nelle differenti aree dello spazio angioino. È cambiando le dimensioni e la precisione degli strumenti di interrogazione che si potranno forse aprire piste di ricerca anche sotto il profilo metodologico più aggiornate.
Notes de bas de page
1 Insiste sulla coscienza della nazione napoletana da parte degli intellettuali napoletani e meridionali G. Galasso, Alla periferia dell’impero. Il Regno di Napoli nel periodo spagnolo (secoli XVI-XVII), Torino, 1994, p. 17-21, 269. Si vedano anche le sue considerazioni circa la genesi di una nazione napoletana in Id., Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese (1266-1494), Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, XV, Torino, 1992, p. 322-325, p. 314-316.
2 P. Vincenti, Teatro degli uomini illustri che furono Protonotarii nel Regno di Napoli, Napoli, 1607 ; Id., Teatro degli uomini illustri che furono Grand’Ammiragli nel Regno di Napoli, Napoli, 1628. Per un profilo biografico del Vincenti, archivista della Zecca, si rimanda a P.-F. Palumbo, Pietro Vincenti archivarius R. Siclae e l’erudizione napoletana del primo Seicento, in Studi salentini, 57-58, 1980-1981, p. 17-60, che alle p. 32-36 spiega la genesi di tali opere sui grandi ufficiali e la questione delle « gare di precedenza » (p. 34).
3 C. Tutini, Discorsi de’ Sette Offici, o vero de’ Sette grandi del Regno di Napoli, Roma, 1666. Per le ipotesi sui prestiti del Tutini all’opera di Vincenti : Palumbo, Pietro Vincenti archivarius R. Siclae … cit., p. 35-36. Per le posizioni di Tutini rispetto alla nobiltà napoletana e al rapporto con la monarchia : G. Galasso, Una ipotesi di « blocco storico » oligarchico-borghese nella Napoli del Seicento : i «Seggi» di Camillo Tutini fra politica e storiografia, in Id., Alla periferia dell’Impero… cit., p. 247-269. Su Tutini e i seggi di Napoli si vedano anche M. A. Visceglia, Identità sociali. La nobiltà napoletana nella prima età moderna, Milano, 1998, p. 29-43 e M. Santangelo, Preminenza aristocratica a Napoli nel tardo medioevo : i tocchi e il problema dell’origine dei sedili, in Archivio storico italiano, 171, 2013, p. 273-318 (alle p. 282-283). In sintesi, sul confronto fra Tutini e De Lellis, cfr. M. Cerasa, s.v. De Lellis, Carlo, in DBI, XXXVI, Roma, 1988, p. 502-504. Per meglio comprendere la prospettiva del De Lellis, si vedano anche le osservazioni di R. Delle Donne, Regis servitium nostra mercatura. Culture e linguaggi della fiscalità nella Napoli aragonese, in G. Petti Balbi, G. Vitolo (a cura di), Linguaggi politici, cerimoniali civici e pratiche della politica a Genova e nel Regno di Napoli nel tardo Medioevo, Salerno, 2007, p. 91-150, qui alle p. 103-105.
4 A. Sainte-Marie, Histoire généalogique et chronologique de la Maison Royale de France et des grands officiers de la Couronne di Anselme de Sainte-Marie, Paris, 1733. Ai grands officiers della monarchia francese, pensati come categoria del presente, è dedicata anche l’opera di Louis Trabouillet, L’État de la maison de la France, contenant tous les princes, ducs et pairs et marêchaux de France…, Paris, 1702.
5 C. Minieri Riccio, Cenni storici intorno i grandi Uffizii del Regno di Sicilia durante il Regno di Carlo I d’Angiò, Napoli, 1872, p. V.
6 Al riguardo si rimanda ai contributi di Serena Morelli, Andreas Kiesewetter e Rosanna Lamboglia, in questo stesso volume, che hanno sviluppato ampiamente tali tematiche e il confronto con la storiografia meridionale.
7 P. Durrieu, Études sur la dynastie angevine de Naples. Le Liber donationum Caroli I, in Mélanges d’archéologie et histoire, 6, 1886, p. 189-228 ; L. Cadier, Essai sur l’administration du royaume de Sicile sous Charles Ier et Charles II d’Anjou, Paris, 1891. Sull’opera di Léon Cadier e sulla vivace stagione di studi angioini maturata all’École française de Rome e all’École de Chartes tra fine Otto e inizio Novecento, si veda S. Morelli, Le carte di Léon Cadier alla Bibliothèque nationale de France, Rome, 2005, p. XVIII-XXIII.
8 R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, Firenze, 1922-1930, 2 voll.
9 L. Cadier, Essai sur l’administration… cit., p. 157.
10 All’interno di una vastissima bibliografia, un utile inquadramento del problema è fornito da B. Del Bo, Le corti nell’Italia del Rinascimento, in Reti Medievali. Rivista, 12/2, 2011 e dal volume miscellaneo : M. Gaude-Ferragu, B. Laurioux, J. Paviot (dir.), La Cour du Prince. Cour de France, cours d’Europe, XIIe-XVe siècle, Paris, 2011. Per un rapido quadro di sintesi sulla corte angioina, cfr. le osservazioni generali, relative a Carlo I, di J. Dunbabin, Charles I of Anjou. Power, Kingship and State-Making in Thirteenth-Century Europe, Singapore, 1998, p. 65-78 (per il personale dell’amministrazione centrale) e 181-232 (per la vita di corte) e Id., The Household and Entourage of Charles I of Anjou, King of the Regno, 1266-85, in Historical Research, 77, 2004 p. 313-336.
11 L. Cadier, Essai sur l’administration… cit., p. 157-168.
12 Ibid., p. 164.
13 Un’analisi approfondita dei consiliarii dei Savoia nel Quattrocento è stata effettuata da G. Castelnuovo, Ufficiali e gentiluomini. La società politica sabauda nel tardo medioevo, Milano, 1994, p. 149-182. Per un esempio degli obblighi di un familiaris nel Cinquecento, si veda L. Byatt, Aspetti giuridici e finanziari di una familia cardinalizia del XVI secolo : un progetto di ricerca, in C. Mozzarelli (a cura di), «Familia» del principe e famiglia aristocratica, Roma, 1988, II, p. 611-630. Per un esempio di tali differenze si rimanda all’analisi della corte di Ludovico II di Saluzzo, in P. Grillo, I gentiluomini del marchese : Ludovico II e i suoi ufficiali, in R. Comba (a cura di), Ludovico II marchese di Saluzzo : condottiero, uomo di stato e mecenate (1475-1504), Atti del convegno (Saluzzo 10-12 dicembre 2004), Cuneo, 2005, I, p. 17-49 soprattutto alle p. 18-19, 21-22.
14 La facilità di simili concessioni è ricordata da L. Cadier, Essai sur l’administration… cit., p. 162.
15 L. Cadier, Essai sur l’administration… cit., p. 168.
16 Di R. Trifone si veda soprattutto Gli organi dell’amministrazione angioina, in Archivio storico pugliese, 15, 1962, p. 83-100. Di Monti si vedano soprattutto G. M. Monti, Sul testo dei Riti della Magna curia dei Maestri razionali et su Andrea d’Isernia, in Annali del seminario giuridico-economico dell’Università di Bari, 3, 1929, p. 65-101 ; Id., Le origini della Gran Corte della Vicaria e le codificazioni dei suoi riti, in Id., Dal secolo sesto al decimoquinto. Nuovi studi storico-giuridici, Bari, 1929, p. 119-252 ; Id., La dominazione angioina in Piemonte, Torino, 1930. Su Monti si veda A. Kiesewetter, Gennaro Maria Monti (1936-1943), in C. D’Angela, I. Sisto (a cura di), Atti della Giornata di studio per il settantesimo anniversario dell’istituzione della Società di storia patria per la Puglia 1935-2005 (Bari, 3 dicembre 2005), Bari, 2008, p. 21-45. Per il contributo di Monti alle ricerche sui grandi ufficiali si rimanda ai saggi di Kieswetter e Morelli, in questo stesso volume. Di Eduard Sthamer (1883-1938), al di là del lavoro sull’amministrazione dei castelli nel Regno ai tempi di Federico II e Carlo I, si veda soprattutto, per gli uffici finanziari, E. Sthamer, Das Amtsbuch des sizilischen Rechnungshofes, hg. W. Heupel, Burg bei Magdeburg, 1942 (al riguardo si veda anche V. Niola, Les formulaires de la chancellerie angevine de Charles Ier à Jeanne Ière, in Rives nord-méditerranéennes, 28, 2007, p. 57-90. Su Sthamer, si veda H. Houben, Eduard Sthamer (1883-1938), Werdegang und Lebenswerk eines deutschen Mediävisten. in Beiträge zur Verfassungs- und Verwaltungsgeschichte des Königreichs Sizilien im Mittelalter Scientia-Verlag, Aalen, 1994, p. IX-XVIII e A. Esch, A. Kiesewetter, Süditalien unter den ersten Angiovinen. Abschriften aus den verlorenen Anjou-Registern im Nachlass Eduard Sthamer, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 74, 1994, p. 646-663. La necessità di tornare alla documentazione pragmatica, uscendo dalle definizioni degli ufficiali contenute nei testi di natura teorica elaborati in età moderna, è espressa anche da F. Autrand, Offices et officiers royaux en France sous Charles VI, in Revue Historique, 242, 1969, p. 285-338, qui alle p. 294-296.
17 L. Bertano, Serie dei siniscalchi del Piemonte e della Lombardia dal 1259 al 1382 durante il dominio della Casa d’Angiò ricavata da documenti e da scrittori che attinsero a documenti, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, 3, 1898, p. 425-444 ; Id., Serie dei siniscalchi della Provenza dal 1259 al 1388 ossia dall’anno in cui incominciò il dominio della Casa d’Angiò nel Piemonte sino a quello dell’unione di Nizza al dominio della Casa di Savoia ricavata da documenti e da scrittori che attinsero a documenti, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, 4, 1899, p. 55-68.
18 F. Cortez, Les grands officiers de Provence au Moyen Âge. Listes chronologiques du haut personnel administratif, judiciaire et financier, Aix-en-Provence, 1921, p. V-VI : « on a beaucoup écrit sur l’organisation administrative et surtout judiciaire de la Provence sous l’ancien régime. […] Mais les nombreux ouvrages qui ont traité des anciennes institutions provençales ne remontent pour la plupart que jusqu’à la création du parlement en 1501 ». Sulle complesse modalità di elaborazione del lavoro di Cortez, pubblicato alla fine della sua vita, si rimanda al contributo di Th. Pécout, in questo stesso volume.
19 B. des Clapiers-Collongue, Chronologie des officiers des cours souveraines de Provence, publiée, annotée et augmentée par le marquis de Boisgelin, Aix en Provence, 1904.
20 F. Cortez, Les grands officiers de Provence… cit., p. IX.
21 Ibid., p. X.
22 G. M. Monti, La dominazione angioina in Piemonte… cit., p. 259-260.
23 Al riguardo si veda S. Morelli, La storiografia sul regno angioino di Napoli : una nuova stagione di studi, in Studi Storici, 41, 2000, p. 1023-1044.
24 Si menzionano a titolo di esempio : M. Del Treppo, Acquabianca, Giovanni d’, in DBI, I, Roma, 1960, p. 159-160 ; E. G. Léonard, s.v. Acciaiuoli, Niccolò, ibid., p. 87-90 ; F : Sabatini, s.v. d’Agoult (d’Agout, de Agoto, de Angoto, de Agata), Amelio (Amiel, Amelino) d’, ibid., p. 494-496 ; I Walter, Beaumont, Pietro, de, ibid., VII, Roma, 1965, p. 385-386 ; H. Enzensberger, s.v. Cardona (Chardona), Raimondo, ibid., XIX, Roma, 1976, p. 796-798 ; J. Göebbels, s.v. Del Balzo Bertrando, ibid., 36, Roma, 1988, p. 304-308 ; A. Kiesewetter, Eppe, Jean, d’ (Giovanni d’Appia), ibid., XLIII, Roma, 1993, p. 29-34 ; F. Delle Donne, Gambatesa, Riccardo, ibid., LII, Roma, 1999, p. 87-89 ; B. Pio, s.v. Monfort, Giovanni di e Monfort, Guido di, in DBI, LXXVI, Roma, 2012, rispettivamente a p. 201-204 e 204-209. I principali quadri di sintesi sui grandi ufficiali, che accettano la codificazione dei sette uffici sin dall’epoca di Carlo I, sono quelli di G. Galasso, Il Regno di Napoli… cit., p. 322-325 ; G. Vitolo, Il Regno angioino, in Storia del Mezzogiorno, diretta da G. Galasso e R. Romeo, IV/1, Il regno dagli Angioini ai Borboni, Roma 1986, p. 11-86, qui alle p. 54-56 e L. Catalioto, Regno di Sicilia e contea di Provenza sotto Carlo d’Angiò. Innovazione, tradizione e punti di contatto fra le due amministrazioni : gli organi periferici di governo, in Ricerche storica, 24/3, 1994, p. 531-550, soprattutto alle p. 531-535.
25 L’état angevin. Pouvoir, culture et société entre XIIIe et XIVe siècles, Rome, 1998.
26 S. Morelli, Per conservare la pace. I giustizieri nel Regno di Sicilia da Carlo I a Carlo II d’Angiò, Napoli, 2012 ; J.-L. Bonnaud, Un État en Provence. Les officiers locaux du comte de Provence au XIVe siècle (1309-1382), Rennes, 2007. Tra gli studi di Giuliana Vitale si cita soltanto G. Vitale, Nobiltà napoletana della prima età angioina. Élite burocratica e famiglia, in L’état angevin… cit., p. 535-576, qui alle p. 539-540 per le relazioni fra grandi uffici e nobiltà napoletana, trattata soprattutto attraverso il caso dei protonotari. Maggiore attenzione è stata invece prestata ai grandi ufficiali e agli uffici centrali della Sicilia dopo il Vespro : si veda soprattutto P. Corrao, Governare un regno, Potere, società e istituzioni in Sicilia fra Trecento e Quattrocento, Napoli, 1991, p. 307 sgg.; Id., Fra città e corte. Circolazione dei ceti dirigenti nel regno di Sicilia fra Trecento e Quattrocento, in A. Romano (a cura di), Istituzioni politiche e giuridiche e strutture del potere politico ed economico nelle città dell’Europa mediterranea medievale e moderna. La Sicilia, Messina, 1992, p. 13-42 e A. Marrone, I titolari degli uffici centrali del Regno di Sicilia dal 1282 al 1390, in Mediterranea. Ricerche storiche, 2, 2005, p. 299-354.
27 All’interno di un’ampia bibliografia, per il Regno si veda soprattutto il contributo di A. Kiesewetter, Il governo e l’amministrazione centrale del Regno, in G. Musca (a cura di), Le eredità normanno-sveve nell'età angioina : persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno, Atti delle quindicesime giornate normanno-sveve (Bari, 22-25 ottobre 2002), Bari, 2004, p. 25-68. Una maggiore attenzione hanno destato branche specifiche dell’amministrazione centrale, in special modo la cancelleria, con l’eccezionale attività di Bartolomeo di Capua : cfr. Id., La cancelleria angioina, in L’état angevin… cit., p. 361-415 ; S. Palmieri, La cancelleria del regno di Sicilia in età angioina, Napoli, 2006 ; Id., La chancellerie angevine de Sicile au temps de Charles Ier, in Rives méditerranéennes, 28, 2007, p. 45-55 (alle p. 46-47, notizie sulla Magna curia, con riferimento ai grandi ufficiali). Sempre sulla cancelleria si deve fare riferimento soprattutto a R. Delle Donne, Le cancellerie dell’Italia meridionale (secoli XIII-XV), in Ricerche storiche, 24, 1994, p. 361-388. Per il Piemonte, il principale punto di riferimento è costituito da R. Comba (a cura di), Gli Angiò nell’Italia nord-occidentale (1259-1382), Milano, 2006. Per la Provenza, all’interno di un’intensa stagione storiografica sull’amministrazione, si menzionano soltanto N. Coulet, La chambre des comptes de Provence, in Ph. Contamine e O. Mattéoni (a cura di), Les chambres des comptes en France, XIVe-XVe s., 2, Textes et documents, Paris, 1998, p. 199-232 (p. 202-207), e Th. Pécout, Les maîtres rationaux de Provence au XIVe siècle, in A. Jamme (a cura di), Le pouvoir de compter et décompter. Structure et contrôle des comptabilités des XIIIe-XVe siècles, in corso di stampa e J.-P. Boyer, Construire l’État en Provence. Les enquêtes administratives (mi XIIIe siècle - mi XIVe siècle), in Des principautés aux régions dans l'espace européen, Lyon, 1994, p. 1-26. Per l’Anjou, si citano almeno J.-M. Matz, N. Tonnerre (a cura di), René d’Anjou (1409-1480) : Pouvoirs et gouvernement (Actes du colloque international d’Angers, 2009), Rennes, 2011 e, specificamente dedicato all’argomento dei grandi ufficiali, J.-M. Matz, Un grand officier des princes angevins à la fin du XIVe siècle : le chancelier Jean Le Fèvre d’après son journal, in Provence historique, 256, 2014, p. 313-325.
28 Per l’Ungheria si veda il veda il volume E. Csukovits (a cura di), L’Ungheria angioina, Roma, 2013, in particolare il saggio di Ead., Le innovazioni istituzionali nell’età angioina e i loro parallelismi napoletani, p. 59-119, soprattutto alle p. 83-86. Per la comprensione delle relazioni fra Angiò ed Europa Orientale si rimanda inoltre alla consistente sezione di saggi dedicati a tale area all’interno del volume Z. Kordé e I. Petrovics (a cura di), La diplomatie des États angevins aux XIIIe et XIVe siècles, Rome-Szeged, 2010.
29 All’interno di un’ampissima letteratura, si fa innanzitutto riferimento a F. Autrand, Offices et officiers royaux… cit. ; J.-P. Genet (dir.), L’État moderne et les élites, XIIIe-XVIIIe siècles. Apports et limites de la méthode prosopographique, Actes du colloque international (CNRS-Paris I, 16-19 octobre 1991), Paris, 1996 ; G. Castelnuovo, Ufficiali e gentiluomini… cit. ; J.-C. Maire Vigueur (dir.), I podestà dell’Italia comunale. Parte I. Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XIII sec.-metà XIV sec.), Rome, 2000.
30 È pertanto necessario centrare l’attenzione alle trasformazioni avvenute fra età angioina ed età aragonese. Anche se centrato sullo studio della Sommaria, un fondamentale contributo è costituito dal lavoro di R. Delle Donne, Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo. La Camera della Sommaria e il Repertorium alphabeticum solutionum fiscalium Regni Sicilie Cisfretanae, Firenze, 2012, che alle p. 74-75 fa riferimento anche ai Grandi Ufficiali nel loro complesso e all’affermazione delle luogotenenze fra Angiò e Aragonesi. Tra le menzioni di tali ufficiali negli ultimi decenni del medioevo, nel 1459, assieme alle altre maggiori dignità del Regno, i sette grandi ufficiali del Regno giurano a Ferrante subito dopo la sua incoronazione : F. Senatore, Cerimonie regie e cerimonie civiche a Capua (secoli XV-XVI), in G. Petti Balbi, G. Vitolo (a cura di), Linguaggi politici e pratiche del potere. Genova e il Regno di Napoli nel Tardo Medioevo, Salerno, 2007, p. 151-205, qui a p. 159.
31 Per l’area piemontese, sabauda e monferrina, si vedano A. Barbero, Il ducato di Savoia. Amministrazione e corte di uno stato franco-italiano, Roma-Bari, 2002, p. 197-256 ; B. Del Bo, Uomini e strutture di uno stato feudale. Il marchesato di Monferrato (1418-1483), Milano, 2009, p. 53-62. Più in generale si rimanda alle considerazioni di P. Pissavino, Il De officiis del Della Casa e alcuni raffronti metodologici, in C. Mozzarelli (a cura di), «Familia» del principe… cit., I, p. 51-145. Per la monarchia francese, Autrand rileva come fra Tre e Quattrocento la documentazione del Parlamento distingua poco, dal punto di vista teorico, tali categorie : F. Autrand, Offices et officiers royaux… cit., p. 312.
32 Uno sguardo sulle distinzioni fra maggiori e minori ufficiali nel Regno, a partire da una definizione ancora fluida di Fine Trecento, è proposto da G. Castelnuovo, Uffici e ufficiali nell’Italia del basso medioevo (metà Trecento - fine Quattrocento), in L’Italia alla fine del medioevo : i caratteri originali nel quadro europeo, I, Atti del convegno (San Miniato, ottobre 2000), Firenze, 2006, p. 295-332. Per l’irrigidimento delle procedure di nomina degli uffici centrali nel Quattrocento si veda P. Corrao, Governare un regno… cit., p. 189 sgg.
33 P. Corrao, Mediazione burocratica e potere politico : gli uffici di cancelleria nel regno di Sicilia (sec. XIV-XV), in Ricerche Storiche, 24, 1994, p. 389-410, qui a p. 389.
34 A. Kiesewetter, Il governo et l’amministrazione centrale del Regno… cit., p. 32.
35 Sottolinea la centralità delle persone chiamate a rivestire i grandi uffici G. Vitolo, Il Regno angioino… cit., p. 54.
36 Che effettivamente il carattere non annuale della carica sia sentito come una discriminante per individuare una cerchia di alti ufficiali distinti da quelli locali nominati di anno in anno è indirettamente suggerito anche da una disposizione del 1275 relativa agli ufficiali di Cuneo, in Piemonte : volumus quod omnes officiales qui pro tempore erunt in Cuneo, excepto senescallo Lombardie, annis singulis de novo creentur (RCA, XI, p. 348).
37 Sull’elargizione di tale titolo, comunque piuttosto generosa, come già ricordava il Cadier (cfr. sopra, nota 13), si veda anche, per quanto riguarda la nobiltà napoletana, G. Vitale, Nobiltà napoletana della prima età angioina… cit., p. 542. Il conseguimento del titolo di consiliarius è uno dei tratti distintivi dei maggiori uffici della monarchia francese (F. Autrand, Offices et officiers royaux… cit., p. 312).
38 Si vedano, in particolare, N. Coulet e J.-M. Matz (a cura di), La noblesse dans les territoires angevins à la fin du Moyen Âge, Actes du colloque international organisé par l’Université d’Angers (Angers-Saumur, 3-6 juin 1998), Rome, 2000 ; J.-P. Boyer, A. Mailloux, L. Verdon (a cura di), La justice temporelle dans les territoires angevins aux XIIIe et XIVe siècles, Rome, 2005 ; J.-M. Matz e M.-M. De Cevins (a cura di), Formation intellectuelle et culture du clergé dans les territoires angevins (milieu du XIIIe-fin du XVe siècle), Rome, 2005 ; Z. Kordé e I. Petrovics (a cura di), La diplomatie des États angevins… cit.
Auteur
Università degli Studi di Bergamo - riccardo.rao@unibg.it
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