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Résumés


Texte intégral

Marie-Laurence Haack, Introduction. Les nécropoles, miroirs des morts, reflets des vivants ?

1L’article introduit la série des communications, en rappelant le cadre dans lequel elles s’inscrivent. Il a été demandé aux participants au colloque « L’écriture et l’espace de la mort » de s’interroger sur les relations spéculaires entre habitat et nécropoles par le biais des inscriptions funéraires. Le choix de cette problématique est l’aboutissement d’un programme de travail de jeunes chercheurs dans le programme ANR appelé EPIPOLES sur l’épigraphie funéraire de l’Italie centrale préromaine et républicaine. L’objectif du colloque est de vérifier la validité des critiques de la Post-Processual Archaeology à l’encontre de la New Archaeology qui voyait dans les nécropoles le reflet des sociétés qui les produisent. Pour cela, il est proposé aux participants de faire appel aux apports de la New Literacy et de prouver, à l’aide d’exemples précis, que la réflexion théorique peut enrichir l’analyse de cas.

 Mariassunta Cuozzo, Rappresentazione ed interpretazione : alcune annotazioni sugli oggetti descritti

2 Il punto di partenza della mia relazione è la considerazione del complesso campo dell'interpretazione delle necropoli come un contesto privilegiato di ricerca in ambito archeologico perché l'evidenza funeraria implica uno dei più alti gradi di « intenzionalità » da parte della collettività corrispondente e, dunque, costituisce una fonte di informazioni preziosa sulle ideologie, sulle mentalità e sulla produzione dell'immaginario sociale. L'ambiguità del rapporto tra immagine funeraria e mondo dei vivi occupa, pertanto, una posizione centrale in questo contributo. La lettura dei contesti funerari coinvolge molteplici aspetti spesso contraddittori e fuorvianti : da un lato, la dialettica tra turbamento collettivo/ individuale e le modalità rituali per controllare e « incanalare » tali stati d'animo in forme socialmente adeguate, dall'altro le dinamiche tra regole della collettività e le strategie dei gruppi e/o di individui, e, pertanto, le possibili tensioni tra ambiti collettivi/ segmentari/individuali.

Flavia Frisone, Codici antichi, modelli moderni: l’epigrafia e l’interpretazione dei rituali funerari nelle società antiche

3Il dibattito metodologico sull’« archeologia della morte », pur essendo riuscito a modificare gli originari, rigidi schemi dell’archeologia dei contesti funerari indirizzandoli verso posizioni più sensibili al dato simbolico-contestuale e storico, suscita oggi un’impressione di chiusura. Muovendo da alcuni temi evidenziati dalla discussione degli ultimi anni, la relazione prova a riflettere sul contributo specifico che l’epigrafia può portare per sviluppare non tanto una « archeologia funeraria » ma una matura indagine del complesso sistema di azioni-simboli-rappresentazioni nel quale s’inscrive, per utilizzare l’espressione che dà titolo al convegno, lo « spazio della morte » nelle società antiche. Il contributo mette a fuoco alcuni aspetti della documentazione epigrafica che possono essere illuminanti in questo senso. In primo luogo, il rilevante potenziale informativo che le testimonianze epigrafiche possono avere nella ricostruzione del rituale funerario, sia rispetto al solo record archeologico, di cui mostrano i limiti, sia rispetto ad altri tipi di fonti scritte. Esse offrono inoltre un accesso diretto al sistema simbolico che controlla l’associazione delle evidenze archeologiche, fungendo da raccordo fra la rigidità del modello ricostruttivo e la variabilità degli elementi del rituale funebre di cui resta traccia. Infine la testimonianza epigrafica consente di cogliere in termini operativi alcune categorie concettuali essenziali per comprendere appieno l’azione rituale nella comunità antica. Alcuni esempi scelti nell’orizzonte dell’Italia antica, in ambito greco italiota (Cuma, Hipponion), ma anche anellenico (messapico), illustreranno quanto indicato.

Kathryn Lomas, Hidden writing : epitaphs with tombs in Early Italy

4Studies of literacy in pre-modern societies have most frequently discussed the phenomenon in terms of communication between readers and writers, or in terms of cognitive changes in how information was stored, retrieved and processed. However, there is increasing evidence that in some early Italian societies, writing was used for its symbolic value just as much (or possibly even more so) than as a technology for communicating information. This is a particularly complex issue when writing formed part of the pattern of funerary ritual and behaviour. A high proportion of the earliest inscriptions in Italy are found (or would originally have been located) inside tombs. Many of these inscriptions are on grave goods and relate to either the giver or recipient of the funerary gift. However, a considerable number of funerary inscriptions inside tombs in some regions of Italy are not grave offerings but epitaphs. This raises some interesting questions about the purpose of such epitaphs, their intended audience or readership, and by extension, the function of writing in the funerary sphere. In these instances, the function of the epitaph is clearly not as a straightforward way of commemorating the deceased or conveying information about him/her, but has a more symbolic function. This paper will explore some of these issues in relation to the epigraphy of Puglia, a region in which a high proportion of epitaphs were located inside closed and sealed tombs.

Giovanni Colonna, La scrittura e la tomba : il caso dell’Etruria arcaica

5Si sottolinea l'ormai affermata necessità metodologica di scomporre la topografia anche delle necropoli etrusche al fine di isolare i singoli agglomerati familiari o gentilizi. Ad essi la presenza di iscrizioni consente non solo di recare conferme, ma anche di dare un nome, con le dovute cautele nel caso di iscrizioni di possesso e/o di dono. Come esempi si adducono Fratte, Pontecagnano e soprattutto Cerveteri, di cui si esaminano anche alcune problematiche iscrizioni arcaiche esterne alle tombe. Nel caso di Orvieto l'epigrafia conferma che la necropoli è considerata uno spazio civico, amministrato dalla città, senza alcun riguardo ai gruppi gentilizi. Questi ritornano in primo piano nel IV sec. come mostra il caso di Norchia.

Valentina Belfiore, Definizioni locali di spazi tombali

6I concetti di pubblico/ privato sono considerati nel presente contributo in relazione alla terminologia individuante i luoghi funerari, in base al loro ricorrere in contesti diversi. Varie voci sono impiegate in etrusco per indicare un luogo circoscritto della tomba o la tomba stessa, connotandoli implicitamente come riservati (alla sepoltura, al defunto, al cerimoniale funebre) in epigrafi funerarie, dove la referenzialità del testo è solitamente diretta (si considerino le « iscrizioni di possesso », spesso contenenti anche definizioni dell’oggetto o luogo su cui sono apposte). Gli stessi termini possono talvolta anche riscontrarsi al di fuori della sfera funeraria, ad es. in iscrizioni a destinazione sacra, per definire un’area legata ad un diverso tipo di fruizione (in questo senso latamente « pubblico », quando non ufficiale). Il tipo di testo, la sua collocazione e la sua localizzazione geografica consentono alcune ipotesi sull’individuazione del luogo di riferimento e su come sia concepito quel determinato spazio.

Catherine Cousin, Typologie et fonction des didascalies dans l’imagerie funéraire étrusque

7Lors d’une communication antérieure sur le sujet, à l’École normale supérieure, rue d’Ulm, nous avions regardé l’origine des didascalies, ces sortes de « légendes » d’images, et la place qu’elles occupaient dans l’imagerie funéraire étrusque de Tarquinia et de Volsinii. Nous avons depuis élargi notre corpus en prenant en compte toutes les didascalies des tombes étrusques (sauf celles de Bolsena), qu’elles soient sur une paroi tombale ou sur un objet du mobilier funéraire. Après avoir essayé d’établir d’éventuelles distinctions entre les didascalies que nous avons recensées afin d’en dresser une typologie, nous étudierons les relations qu’elles entretiennent avec les images et avec les autres types d’inscriptions. Nous nous demanderons alors dans quelle mesure les didascalies influent sur la signification de l’image et en quoi les images, les inscriptions et les didascalies sont liées à l'importance de la tombe et au statut social de la famille ou d'un personnage en particulier.

Emmanuel Dupraz, Beaucoup d’inscriptions, peu d’inscriptions, pas d’inscriptions : les épitaphes péligniennes, marses et vestines à l’époque tardo-républicaine

8À l’époque tardo-républicaine, Péligniens, Marses et Vestins partagent une culture funéraire régionale commune, en dépit de variations caractéristiques de chacun de ces trois peuples des Abruzzes. Le traitement des épitaphes, par exemple, est très différent. Chez les Péligniens, les tombes à chambre, au moins depuis le IIe siècle avant notre ère, sont couramment accompagnées d’épitaphes sur des plinthes de pierre disposées au-dessus d’un dromos. Chez les Vestins, à l’époque tardo-républicaine, la présence d’épitaphes est exceptionnelle et renvoie à un goût individuel et non à une pratique établie. Chez les Marses, des épitaphes isolées, retrouvées hors contexte, mais comparables aux épitaphes plus récentes des nécropoles du Cantone et d’Arciprete, semblent attester que dès le IIe siècle avant notre ère des épitaphes gravées sur des stèles en forme de porta Ditis ont pu être apposées sur la façade des tombes à chambre, à flanc de relief. Ainsi, les épitaphes, jusqu’à la fin de la République, sont des éléments caractéristiques qui distinguent les trois peuples. L’unification des cultures funéraires de l’Italie est encore loin d’être effective à la fin de la République. Toutefois, il est difficile de déterminer quelle motivation était attachée aux épitaphes, lorsque celles-ci étaient présentes, et il peut sembler que l’épigraphie est un élément marginal dans l’ensemble des rituels et pratiques funéraires, qui est largement commun aux trois peuples concernés.

Daniele Maras, Storie di dono : l’oggetto parlante si racconta

9Sembra ormai assodato che il formulario del dono aristocratico, attestato in Etruria da una serie di iscrizioni tra il VII e la metà del VI secolo a.C., attinge ad una più ampia tradizione orale, della quale l’epigrafia conserva solo una traccia, documentando la fase finale di tale fenomeno.

10Nell’ipotesi che le prime fasi della scrittura documentino spesso espressioni orali, con aspetti retorici e formulari trascritti dalle iscrizioni, l’a. dimostra come alcuni testi di dono più lunghi e complessi appartengano ad una tradizione più antica che includeva nel formulario di dono elementi della storia dell’oggetto, dalla produzione fino all’entrata nel circuito degli scambi.

11Il confronto con la tradizione omerica e con la storia delle firme degli artigiani serve ad inquadrare il fenomeno del passaggio dalla formularità orale ad una scritta, ancora in atto nell’età orientalizzante.

Giovanna Bagnasco Gianni et alii, Segni eloquenti in necropoli e abitato

12Nel 2008-2009 è iniziata una ricerca su segni ricorrenti sui vasi del periodo orientalizzante e arcaico, provenienti sia da abitato sia da necropoli, immediatamente percepibili indipendentemente dalla conoscenza della scrittura e dunque come immagini prodotte da entrambi gli ambienti.

13La ricerca è partita dal constatare la ripetitività di segni che hanno un’eloquenza visiva, determinata dal modo in cui essi si rapportano al proprio supporto epigrafico, che sembrerebbe alludere a un campo concettuale diverso rispetto a quello della scrittura. Lettere singole, segni alfabetiformi, contrassegni e loro combinazioni, sembrano infatti eludere la prospettiva linguistica. Ciò si verifica soprattutto quando questi segni si trovano combinati con iscrizioni più lunghe, di ben evidente contenuto linguistico, o con alfabetari. La documentazione etrusca, specialmente quella inerente al periodo orientalizzante mostra con chiarezza come il binomio fra segno e iscrizione costituisca invece il nucleo di un messaggio visivo connesso all’intimo meccanismo creativo della religione etrusca. I segni alfabetiformi potrebbero dunque significare concetti condivisi dalle comunità della Penisola antica e in particolare etrusche.

14Da tale ricerca iniziale, presentata in questa sede, si è poi sviluppato il progetto IESP (International Etruscan Sigla Project), avviato congiuntamente dall’Università degli Studi di Milano e dalla Florida State University e tutt’ora in corso, diretto per la parte archeologica da G. Bagnasco Gianni, A. Gobbi e N. de Grummond e per la parte informatica da S. Valtolina. A più di cinque anni di distanza dal Convegno del gruppo EPIPOLEIS, tenutosi a Roma nel 2009, è dunque premessa necessaria specificare che il nostro contributo presenta i risultati acquisiti all’epoca e il repertorio analizzato fa riferimento a una chiusura bibliografica al 2009. Nostro principale obiettivo era il rapporto fra un certo numero di identici segni epigrafici ricorrenti in abitato e in necropoli, che costituiscono i casi studio, la loro funzione, in quanto oggetti iscritti in sé, e il loro ruolo, in quanto collegati a un contesto specifico e a un sistema di significati.

15Il lavoro si basa su una tabella di occorrenze, distribuite in area etrusca, campana, padana e golasecchiana, a partire dall’orientalizzante recente in poi, tra le quali abbiamo tenuto conto di associazioni ricorrenti a partire da un minimo di due elementi. Abbiamo in seguito valutato i nuclei tematici così ricavati trasversalmente in senso territoriale e in diacronia ponendo a confronto tipi di supporti epigrafico e contesto.

Gilles Van Heems Idéologie et écriture : réflexions sur les mentions de titres et magistratures dans les inscriptions étrusques

16Les éléments relatifs au cursus honorum constituent le renseignement biographique de loin le plus fréquemment ajouté à l’épitaphe dans le monde étrusque, même si le nombre d’inscriptions concernées reste modeste (79). Notre propos est de reprendre ce dossier, élargi à toutes les inscriptions comprenant une désignation de magistrat ou de magistrature, en nous demandant pourquoi ces informations apparaissent surtout dans des épitaphes rédigées à l’intérieur des tombes ; il s’agira ainsi de comprendre ce que peut signifier une telle association à la sphère privée et quelles informations ces textes permettent de tirer sur les usages dévolus aux espaces public et privé dans le monde étrusque. L’analyse portera essentiellement sur les types de cursus employés dans les tombes gentilices de Tarquinia entre le IVe et le IIe siècles av. J.-C., seule région qui développe une véritable tradition en matière de cursus honorum dans l’épitaphe, et cette typologie nous conduira à reconstruire l’histoire de cette invention épigraphique d’origine étrusque en Italie.

Adriano Maggiani, Magistrati e sacerdoti? Su alcuni monumenti funerari da Chiusi

17Chiusi ha restituito pochissimi documenti epigrafici relativi a magistrati. Questi sono tutti iscritti su urne cinerarie in pietra con coperchio configurato. Malgrado la notorietà delle iscrizioni, scarsa attenzione è stata finora tributata al supporto lapideo, che infatti è rimasto generalmente del tutto inedito. Recentemente è stato possibile identificare nei depositi del Museo archeologico di Firenze il coperchio, purtroppo acefalo, sul quale è iscritto il titolo magistratuale CIE 2771, già considerato disperso, e la relativa cassa. La contemporanea pubblicazione dell’urna, sulla quale è incisa l’altra iscrizione relativa a un magistrato, CIE 1192, conservata a Philadelphia, apre una nuova prospettiva di ricerca. Il personaggio raffigurato sul coperchio, pur rappresentato, secondo la convenzione del tempo, come recumbente nel simposio dell’aldilà, parzialmente coperto dal solo mantello, esibisce però un vistoso copricapo simile al pilleum con offendices, comune nell’iconografia dei sacerdoti etruschi  ; un tipo di pilleum che ricompare, identico, su un’altra urna chiusina, purtroppo priva di iscrizione. Si tenta, attraverso l’esame comparato dei tre monumenti, di ricavare qualche elemento di novità circa le competenze di questi personaggi.

Larissa Bonfante, Etruscan Mirrors and the Grave

18A bronze mirror was an important part of the trousseau of an Etruscan bride, a part of the wedding ritual, and thereafter represented aspects of her life as a mater familias. At her death, she took it with her to the grave. The mirror then belonged to another ritual, the funeral, and was consecrated to a different level of reality – the world of the dead, of ancestors, and of the gods. The function of an Etruscan mirror began and ended in ritual. With this in mind, one reads many of the images and inscriptions on the backs of these mirrors in new ways. Characters in scenes of ritual preparations for marriage, of births, children, and other scenes of daily life are often labelled with names of heroes or divinities of mythology. These inscriptions elevate the scenes on the mirrors to another, religious sphere, one that confirms these objects as more than merely attractive and practical toilette articles. Various other scenes are also relevant in this ritual context: scenes of prophecy, which are related to the marriage ritual, images of Lasas, who are connected with scenes of love, prophecy and fate, and the twin Dioscuroi, who guard the gates of life.

Enrico Benelli, Breve in exiguo marmore nomen ero. L’iscrizione funeraria etrusca tra esposizione pubblica e spazio privato

19Le iscrizioni funerarie etrusche sono concentrate prevalentemente all’interno delle sepolture; esistono tuttavia alcune serie destinate a essere collocate in posizione esterna. Scopo del contributo è analizzare le differenze fra queste serie per quanto riguarda gli aspetti interni (testuali) delle iscrizioni, in modo da vedere se la posizione può aver influito sulla composizione dei testi. Il contributo si concentra soprattutto sulla fase recente, anche se non mancano riferimenti a quella arcaica, per la quale viene presentato un nuovo documento da Tolle (Chianciano Terme). La scelta degli elementi della formula onomastica nelle iscrizioni funerarie, che sono un messaggio lasciato ai viventi dai morti (o meglio da coloro che hanno composto queste iscrizioni) è di grande importanza per capire il circuito cui esse sono destinate, e il tipo di informazioni che si riteneva necessario tramandare. Dallo studio di questo corpus si possono evincere i tipi di rapporti vigenti all’interno della società, fino al più elementare livello familiare.

Francesco De Angelis, Il destino di Hasti Afunei. Donne e famiglia nell'epigrafia sepolcrale di Chiusi

20Fra gli elementi che compongono le formule onomastiche etrusche, il gamonimico non presenta le stesse connotazioni di « etruscità » che vengono comunemente ascritte al metronimico. Ciononostante, lo studio della frequenza e distribuzione dei gamonimici nell'epigrafia funeraria dell'Etruria ellenistica è una chiave niente affatto secondaria per comprendere la posizione delle donne e il ruolo dell'istituto matrimoniale nella società coeva, soprattutto se lo si combina con l'esame dei dati archeologici. Un'analisi statistica delle formule onomastiche di Chiusi permette di cogliere il diverso peso dei vari tipi di legame familiare nell'orientare la scelta della tomba in cui collocare i monumenti funerari con i resti delle defunte. Al tempo stesso, l'accento posto sui dati contestuali può aiutare a comprendere meglio il carattere del gamonimico stesso. In particolare, lo studio di un caso fuori dalla norma quale quello del sarcofago di Hasti Afunei richiama l'attenzione su quegli aspetti dei legami di parentela a cui le formule onomastiche non sono in grado di dar voce, sottolineando così e contrario le valenze specifiche delle iscrizioni sepolcrali consuete.

Clara Berrendonner, Les cités de l’Italie et la gestion des espaces funéraires (Ve siècle av. J.-C.-époque augustéenne)

21Le recensement de toutes les expressions qui, dans l’épigraphie latine républicaine ou augustéenne, renvoient aux espaces funéraires, montre la forte proportion au sein du corpus à la fois des documents publics et des documents privés qui mentionnent une intervention des pouvoirs publics. Les autorités des cités romaines ou latines, contrairement à leurs homologues étrusques ou italiques, faisaient donc état de leurs activités en matière de gestion des nécropoles.

22Au nom de quelles compétences les autorités civiques intervenaient-elles dans la gestion des espaces funéraires ? Deux hypothèses seront successivement envisagées : les pouvoirs publics cherchaient-ils à protéger les terrains appartenant à la cité ? S’efforçaient-ils de garantir les monopoles accordés à des sociétés prestataires de services d’intérêt général ? Enfin, on examinera si les octrois de tombes publiques à certains individus doivent être interprétés comme des mesures d’exception dérogeant aux règles fixées par les pouvoirs publics eux-mêmes.

Coline Ruiz Darasse L’épigraphie funéraire de la péninsule Ibérique en contexte « indigène »

23L’objet de cette présentation est de proposer un aperçu rapide de l’épigraphie funéraire dans la péninsule Ibérique préromaine. Il s’agit d’identifier les pratiques en usage en insistant sur les différentes problématiques suggérées par les organisateurs de cette rencontre afin de pouvoir disposer de points de comparaisons lors de la discussion. Le caractère fragmentaire des données dont on dispose conduit à une réévaluation de la définition même d’épigraphie funéraire pour la péninsule Ibérique préromaine.

Élisabeth Deniaux, L’épigraphie de Dyrrachium, colonie romaine

24Le territoire de l’Illyrie du Sud et de l’Épire (Albanie d’aujourd’hui) est celui d’un espace de rencontres et d’échanges culturels aux limites de deux mondes, celui qui parle grec et celui qui parle latin. L’épigraphie funéraire de la colonie de Dyrrachium (Dürres), fondée à l’époque augustéenne, fait émerger une société originale dans un pays anciennement hellénisé. Nous en examinerons quelques aspects.

Paolo Poccetti, Morire lontano dall' Italia : differenze e interazioni attraverso l'epigrafia ellenistica della necropoli dell'isola di Renea (Delo)

25Le iscrizioni funerarie di Delos, luogo di frequentazione internazionale e crocevia di mercanti, mostrano che l’affermazione dell’« etnicità », mentre in vita si dispiega su un piano pubblico e collettivo, con la morte riacquista la dimensione individuale e privata. Cio', come vedremo, ha anche delle ripercussioni nelle scelte linguistiche ed onomastiche. L’onomastica degli « Italiens » riflette un quadro ben più complesso dal punto di vista sia delle articolazioni sociali sia delle origini geografiche sia delle pertinenze etnico-culturali. Emerge che i tratti di « etnicità », che caratterizzano la comunità degli « Italiens » de Délos nella vita pubblica e professionale nel presentarsi all’esterno in maniera coesa e coerente a partire dalla forma della loro denominazione personale, si allentano fortemente nella « città dei morti », dove prevalgono più nettamente, anche attraverso i nomi insieme con l’iconografia monumentale, le personalità, le vicende e le storie dei singoli individui.

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