Le accademie ecclesiastiche Roma, Napoli e Firenze
p. 599-636
Texte intégral
1Nate a partire dagli anni ’80 del ’500, le Accademie ecclesiastiche crebbero nel corso del ’600 e conobbero un forte incremento nel ’7001. Lo studio ravvicinato delle date di creazione di tali accademie consente di individuare due momenti forti di questa tendenza, che peraltro non conobbe sosta nel corso del secolo; l’analisi degli ambienti che ne promossero la nascita a Roma, Napoli e Firenze consente inoltre di cogliere le spinte che indussero i gruppi ecclesiastici a mantenere ed ampliare la sfera d’influenza della forma accademia proprio quando quest’ultima entrava in crisi, oggetto di critica da parte dei «moderni» e sottoposta alla concorrenza di nuove forme aggregative, come le riviste e le corrispondenze.
2Da un esame delle date di creazione delle accademie emerge un primo dato importante, ovvero una prima forte concentrazione di fondazioni attorno agli anni ’40-’50 del ’700, cui seguì, in un clima politico e culturale profondamente mutato, un secondo momento forte di fondazioni attorno agli anni ’802.
3Ad aprire quella che potremmo definire una vera e propria voga fu Benedetto XIV che nel 1740 crea a Roma due accademie, quella di Storia ecclesiastica e quella per la Liturgia ed i Riti e rifonda quella dei Concilî, nata nel 1671 per iniziativa del Ciampini ed esauritasi intorno agli anni 17153; sempre nel 1740 nasce a Parma un’Accademia Ecclesiastica, seguita nel 1741 dalla creazione a Napoli dell’Accademia di Scienze ecclesiastiche; nel 1744 prende avvio l’Accademia Ecclesiastica di San Miniato; nel 1745 nascono l’Accademia Ecclesiastica di Bologna4 e quella dell’Aquila5, seguite nel 1747 da quelle di Osimo, Palermo e Orvieto e nel 1749 da quella di Pisa; tra 1752 e 1759 vedono la luce le Accademie Ecclesiastiche di Lucca6, di Cosenza e di San Severino; nel 1759 l’Accademia dei Teologi dogmatici, nata nel 1753 in maniera informale per iniziativa degli studenti di teologia delle scuole Pie fiorentine, assume un carattere formale e strutturato; possiamo chiudere questa schematica lista cronologica segnalando la creazione nel 1760 di un’Accademia Ecclesiastica a Napoli nel Collegio dei Cinesi, in questo caso però l’Accademia non si aprì al pubblico, rimase cioè un’iniziativa privata, volta a migliorare la qualità dei teologi licenziati.
4Il secondo momento forte di fondazione di accademie pubbliche si colloca negli anni ’80 : a prescindere dalle accademie di Livorno, Arezzo e Pistoia che furono in realtà dei convitti nati all’interno del piano leopoldino di riforma ecclesiastica7, tra 1783 e 1789 vedono infatti la luce numerose accademie ecclesiastiche, nel 1782 quella Teologica di Napoli, nel 1783 quella di Genova, seguita nel 1784 dalla nascita di quella di Crema e nel 1787 da quelle di Este e di Macerata; infine, nel 1789, prese avvio l’Accademia Ecclesiastica di Urbino.
5Se dall’analisi cronologica passiamo a quella dei gruppi che a Roma, Napoli e Firenze, si fecero promotori delle fondazioni della prima grande ondata degli anni ’40-’50 e parteciparono attivamente alla vita di queste accademie, ci troviamo in presenza di una generazione d’ecclesiastici letterati ed eruditi, nati sul finire del Seicento e formatisi attorno agli anni trenta del Settecento, cui si deve in larga parte il profondo dinamismo e l’incisiva azione di rinnovamento della cultura ecclesiastica che caratterizzarono il «momento muratoriano» della cultura italiana8. L’erudizione storica e la «sana critica» della storia della chiesa, congiunte ad un aperto recupero della patristica, spinsero questa generazione d’ecclesiastici a chiedere la riforma degli usi liturgici9, delle forme di devozione10 e dello stesso linguaggio liturgico11, critiche che giunsero ad investire, nel corso della seconda metà del secolo, la stessa organizzazione ecclesiastica12. Eccettuata l’Accademia dei Teologi dogmatici ospitata nella sede delle Scuole Pie fiorentine che, come si vedrà, assunse una fisionomia del tutto peculiare, da ricollegare al mutato clima culturale e politico degli ultimi anni cinquanta, le accademie ecclesiastiche fondate negli anni ’40-’50 a Roma, a Napoli ed a S. Miniato presentano forti somiglianze, in larga parte dovute proprio alla presenza di secolari e regolari muratoriamente tesi al rinnovamento della cultura ecclesiastica.
6Alcuni esponenti di rilievo di questa generazione d’ecclesiastici entrarono a far parte delle nuove accademie istituite da Benedetto XIV e contribuirono a creare quella profonda mediazione traistanze di rinnovamento e di conservazione della centralità della chiesa romana cui papa Lambertini associò la propria attività nel primo decennio del suo pontificato13. Benedetto XIV, creando queste accademie, diede infatti visibilità e pubblicità al nuovo habitus etico-scientifico impersonato dai cattolici illuminati; tale orientamento culturale sembrava infatti poter costituire l’asse portante di una formazione ecclesiastica all’altezza dei tempi, capace cioè di rintuzzare sia gli attacchi che provenivano al cristianesimo dalla cultura dei «lumi», sia la messa in discussione del primato della chiesa di Roma sferrati da sempre più numerose schiere di gallicani e di giansenisti. Da questo punto di vista è importante sottolineare che nelle dissertazioni degli ecclesiastici chiamati da Benedetto XIV a far parte delle accademie romane, in particolare di quella di Storia ecclesiastica, è impossibile disgiungere l’erudizione storica ed il recupero delle fonti della vita ecclesiale da finalità polemiche ed apologetiche, obiettivi peraltro chiaramente perseguiti da Benedetto XIV ancor prima di chiudersi a difesa dell’ortodossia, con la condanna prima dell’Esprit des lois e poi dell’Encyclopédie14. L’istituzionalizzazione di sedi di discussione che si distinguevano per il loro carattere di serietà e d’utilità si venne pertanto ad inserire in questo più vasto programma di rilancio della romanità attuato da Benedetto XIV15 il quale, significativamente, diede il suo assenso alla pubblicizzazione dell’avvenuta nascita e vivificazione delle accademie ecclesiastiche16. Nel dare notizia della loro creazione, l’accento era posto sul fatto che a farne parte fosse chiamato un numero ristretto d’ecclesiastici altamente qualificati : i membri nominati nel 1740 dallo stesso Benedetto XIV furono infatti soltanto 1217; si insisteva inoltre sulla periodicità mensile delle sedute 18, fissate al lunedì, e sulla certezza della pubblicazione sia degli Argomenti de’ discorsi da farsi in ciascun anno sia di un Estratto dei Ragionamenti svolti; particolare risalto era dato all’adozione dell’italiano come lingua di discussione, soltanto nell’Accademia dei Concilî si decise di utilizzare il latino «per utile e profitto degl’Alunni del Collegio Urbano destinati all’Apostoliche Missioni, e che niuno, o poco uso hanno di nostra favella». Tutte le accademie in questione, d’altra parte, erano vincolate al rispetto di precise norme, era infatti il rispettivo segretario a scegliere gli argomenti oggetto di discussione, anche se la nomina dei membri successivi a quelli fondatori era lasciata agli stessi accademici; degno di rilievo è il fatto che per spronare i membri all’emulazione si prevedevano non soltanto lodi ma anche doni.
7Va rilevato peraltro che nel presentare la contemporanea creazione della quarta accademia, quella di Storia ed Antichità Romane, sotto la presidenza del principe Fabrizio Colonna, si sottolineava come lo studio dell’antico Impero Romano fosse strettamente connesso a quello della storia ecclesiastica «ambedue si strettamente fra di loro congiunte, che sia impossibile ben intendere la seconda senza aver certezza della prima»19. A rinsaldare questo stretto legame tra le due nuove accademie ecclesiastiche e quella d’Antichità romana provvidero il canonico Antonio Baldani, contemporaneamente membro dell’Accademia di Liturgia e segretario per 15 anni dell’Accademia di Storia romana ed antichità dove, peraltro, «non presentò mai propri contributi, limitandosi a leggere, come segretario, quelli degli accademici infermi e assenti»20, e l’oratoriano Giuseppe Bianchini21, membro dell’Accademia Romana, dove tenne numerose conferenze, e segretario, dal 1748, dell’Accademia di Storia ecclesiastica, dove lesse numerose dissertazioni alla presenza del papa, tra cui quella recitata il 6 settembre 1751 «sopra la curia e la sua situazione»22. Il collegamento tra le tre accademie ecclesiastiche era assicurato dal padre Tommaso Sergio de’ Pii Operai, membro dell’Accademia di Storia ecclesiastica e segretario dell’Accademia di Liturgia, segnalatosi nel 1727 per aver pubblicato il Della vita del padre D. Antonio Torres23, in cui difendeva il preposto generale della sua congregazione dall’accusa di quietismo24.
8Le tre accademie ecclesiastiche ebbero comunque sedi, protettori, segretari e membri distinti : l’Accademia dei Concilî, che si radunava nella Propaganda, aveva come protettore Filippo Monti, segretario della stessa congregazione, e come segretario Nicola Maria Antonelli, cui si deve nel 1741 una difesa della supremazia feudale della chiesa sul ducato di Parma e Piacenza contro le rivendicazioni asburgiche25; l’Accademia di Storia ecclesiastica, che si radunava nel convento degli Oratoriani presso la chiesa Nuova, in ricordo del Baronio26 che lì aveva scritto i suoi Annali, ma che fu ospitata dal 1745 al Quirinale, aveva come protettore Fortunato Tamburini e come segretario il già ricordato Giuseppe Bianchini; la terza accademia per la Liturgia ed i Riti, che si radunava nel collegio dei Pii Operai presso Santa Maria ai Monti, aveva come protettore il cardinale Jacquin Fernandez de Portocarrero, patriarca d’Antiochia27, e come segretario Niccolò Panzuti.
9Uno studio ravvicinato degli accademici fondatori28 rivela la presenza d’ecclesiastici che non soltanto avevano raggiunto un notevole prestigio personale come studiosi, come ad esempio il citato Bianchini che eguagliò nel campo degli studi biblici l’opera dei maurini29, rivelandosi peraltro un attento estimatore delle scienze sperimentali e un curioso lettore di opere di carattere economico, o come l’erudito maronita Giuseppe Simone Assemani30, una delle personalità più importanti dell’orientalismo internazionale. I membri fondatori delle accademie romane erano anche ecclesiastici già avviati nella carriera curiale, in molti casi legati ai precedenti pontefici. Benedetto XIV, probabilmente su sollecitazione dell’influente segretario di stato Silvio Valenti Gonzaga, «creatura» di Clemente XII, nominò infatti numerosi prelati ed eruditi messisi in luce al tempo del papa Corsini, come lo stesso Assemani, che nel 1736 aveva presieduto in qualità di ablegato pontificio il sinodo nazionale della Chiesa maronita riunitosi in Libano o come il ricordato Antonelli, già cameriere segreto di Clemente XII, associato nel 1741 da Benedetto XIV nella commissione incaricata di riformare il breviario e nel 1744 in quella di studiare il lezionario. Benedetto XIV nominò inoltre eruditi e prelati toscani protetti dal cardinale Neri, come Giovanni Gaetano Bottari31, che fu membro dell’Accademia Romana ed ebbe la supervisione di tutte e tre le accademie ecclesiastiche, come Michelangelo Giacomelli32, membro dell’Accademia dei Concilî oltre che di quella romana, come Gaetano Cenni33, membro dell’Accademia Ecclesiastica, come monsignor Giacomo Amadori Lami34, del ramo senese della famiglia Lami, che il redattore delle Novelle Letterarie aiutò ad ottenere la prestigiosa prelatura Amadori, dal 1739 membro della Segnatura Apostolica, tramite tra lo stesso Lami ed i più importanti esponenti della cultura religiosa e riformistica romana che si riunivano nel circolo dell’Archetto, come il canonico fiorentino Pietro Francesco Foggini, entrato a far parte dell’Accademia di Storia ecclesiastica appena giunto a Roma su invito del Bottari35, come infine Lodovico di Costanzo, anch’egli membro dell’Accademia di Storia ecclesiastica.
10Benedetto XIV comunque ammise anche prelati legati all’entourage di papa Clemente XI, come monsignor Giovan Vincenzo Lucchesini36, elegante latinista, già Segretario dei Brevi ai Principi al tempo di Clemente XI, nominato membro dell’Accademia dei Concilî, come il già ricordato Antonio Baldani, epigrafista mediocre ma fine archeologo oltre che botanico37, legato al cardinale Alessandro Albani di cui era stato bibliotecario, che significativamente giunse ai massimi livelli della carriera ecclesiastica divenendo prima cappellano di Benedetto XIV e poi cameriere segreto pontificio sotto Clemente XIII, come Jean Bouget38, che dedicò agli Albani la sua Grammaticae hebraicae rudimenta39 ed il raro Lexicon hebraicum et chaldaico-biblicum40, nello stesso 1740 nominato da Benedetto XIV, a lui legato da profonda amicizia, suo cappellano segreto.
11È comunque innegabile che nell’Accademia di Storia ecclesiastica, quella per la quale grazie anche a recenti studi si hanno maggiori informazioni41, si respiri, soprattutto nel primo decennio d’attività, un clima di recettiva apertura agli stimoli dell’erudizione muratoriana e insieme del pensiero filosofico-scientifico europeo, stimoli che indussero gli accademici ad indagare le origini della cristianità ed i grandi momenti della storia della chiesa, spesso servendosi di autori acattolici o giansenisti. A questo riguardo è importante sottolineare che accanto a Giovanni Bottari sedeva nell’Accademia di Storia ecclesiastica il gesuita P. Lazzeri, sostenitore della piena potestà e suprema autorità del Pontefice Romano42, e l’agostiniano Lorenzo Berti43 che distinguendo chiaramente il proprio agostinismo, che era quello del Noris, da quello di Giansenio44, ricorse «a gli stessi nostri nemici», ovvero a Basnage ed a Dodwell per riaffermare «l’autorità del Romano Pontefice» sia in materia di canone, sia in ambito disciplinare. Sarà proprio la crescente contestazione mossa alla supremazia papale ed alla gerarchia ecclesiastica dagli appellanti francesi, di cui si trova ampia traccia nelle dissertazioni del Berti45, a decretare la rottura di quella mediazione moderata raggiunta da Benedetto XIV nei primi anni ’40, mediazione alla cui costruzione contribuirono altri membri dell’Accademia, come il padre minimo François Jacquier46, matematico ed astronomo, divulgatore a Roma delle opere di Newton, in corrispondenza con il riformatore portoghese António Verney47, collaboratore delle Efemeridi letterarie e membro della rinnovata Arcadia, come infine il domenicano Giuseppe Agostino Orsi, entrato a far parte dell’accademia contemporaneamente all’uscita di due sue opere in cui difendeva l’infallibilità pontificia48. Significativamente l’Orsi, autore di un’Istoria ecclesiastica che, nel chiaro difensivismo apologetico, voleva sostituirsi all’interpretazione gallicana del Fleury49, riconobbe all’Unigenitus il carattere di costituzione irreformabile ed ottenne nel 1759, in un clima ormai mutato, la promozione a Maestro del Sacro Palazzo e la nomina a cardinale.
12Il giudizio non muta se dall’esame della produzione e della personalità degli ecclesiastici che facevano parte dell’Accademia passiamo all’analisi delle loro dissertazioni; all’interno dell’Accademia di Storia ecclesiastica, almeno nei primi anni, assistiamo infatti a quell’uso della «sana critica dei libri, degli autori, dei prodigi e delle leggende» cui Muratori invitava il Bianchini una volta venuto a conoscenza della sua creazione50. Fortunato Tamburini, monaco cassinese elevato alla porpora da Benedetto XIV, allievo del Bacchini e di Celestino Galiani ed amico del Maffei e del Muratori51, riferisce ad esempio di una riunione in cui, alla presenza del Papa, Monsignor Enea Silvio Piccolomini (1709-1768)52 «dovendo fra gli altri trattare il punto se per la processione dei 25 aprile, che da san Marco si parte a S. Pietro, si celebri il primato della chiesa romana sopra le altre, con tutta libertà mostrò l’insussistenza di tale pretensione sostenuta da Monsignor Bianchini e favorita dal Nipote»53. Una presa di posizione, questa, d’estremo rilievo se si considera cosa succederà dopo qualche anno, durante il tournant degli anni ’50 messo in luce da Marina Caffiero, quando si assistette ad una rinnovata esplosione di trattatistica cerimoniale e ritualistica tesa ad accreditare una figura di pontefice come capo della chiesa, che esploderà con il pontificato di Pio VI54.
13Va tuttavia sottolineato che le accademie ecclesiastiche volute da Benedetto XIV, significativamente esauritesi tutte nel 1758 con la fine del suo pontificato, ben presto divennero vere e proprie palestre dove giovani aspiranti ad incarichi prestigiosi nella gerarchia ecclesiastica mettevano in mostra il proprio talento e si facevano conoscere, luoghi importanti di selezione, tanto che i giovani ricorsero a lettere di raccomandazione per esservi ammessi; il mutamento è fedelmente rispecchiato dall’abbassamento dell’età degli ecclesiastici che furono reclutati successivamente ai fondatori e dall’incremento numerico degli stessi membri, ben testimoniato dall’Accademia dei Concilî che nel 1756 annoverava ben 51 accademici55. Significativa da questo punto di vista è la vicenda del suddiacono riminese Giuseppe Garampi (1725-1792) giunto a Roma nel 1746 per intraprendere la carriera curiale; discepolo dell’umanista, scienziato e medico riminese Giovanni Bianchi, una volta a Roma frequentò le lezioni di storia ecclesiastica impartite dal domenicano Tommaso Maria Mamachi nell’Accademia ecclesiastica che si riuniva nel monastero di Santa Maria sopra Minerva56. A soli ventitré anni Garampi fu associato nell’Accademia pontificia di Storia ecclesiastica (1748), elezione cui non dovette essere estraneo il solido rapporto di stima ed amicizia che aveva legato in gioventù Prospero Lambertini, allora arcivescovo di Bologna, a suo padre Lorenzo; in questa sede il giovane erudito, estimatore di Muratori ed appassionato d’antiquaria e numismatica, mise in mostra le proprie doti leggendo tra 1748 e 1750 numerose dissertazioni alla presenza del papa il quale, come di consueto, era visto solamente dall’oratore mentre rimaneva invisibile agli altri accademici57. Sull’onda del successo riscosso dal suo De Nummo Argenteo Benedicti III (1749), opera che, oltre agli elogi di Muratori, gli aprì le porte del circolo romano dell’Archetto, Garampi subentrò nel 1751 a Filippo Antonio Ronconi come prefetto degli archivi vaticani; questo incarico fu la prima tappa di una carriera che lo porterà, sotto Clemente XIII, a svolgere un’intensa attività diplomatica, coronata nel 1766 dalla nomina a segretario della Cifra, e successivamente, nel 1775, con Pio VI, dalla nomina di nunzio a Vienna. Da questo osservatorio privilegiato Garampi trasse la convinzione che fosse necessario porre il proprio talento d’archeologo e numismatico, nonché di storico esperto di cronologia, al servizio della causa romana e pertanto si mise alla testa di una rete «ultramontana» che rispose sul terreno erudito agli attacchi sferrati al potere papale da febroniani, giansenisti e dai filosofi anticristiani. Fu certamente proprio la consapevolezza acquisita nel corso di questa intensa attività, a spingere Garampi, in gioventù poco incline al «miracoloso»58, a sostenere sul finire degli anni ’80 la politica romana e filopapale dei miracoli «stupendi», come testimonia l’azione da lui svolta nel 1786, ormai cardinale, in favore del riconoscimento della santità di Benoît-Joseph Labre, il giovane pellegrino francese morto a Roma nel 1783 all’età di 31 anni per eccesso di pratiche ascetiche e di penitenza59.
14Caratteristiche decisamente vicine a quelle assunte dalle accademie romane durante il pontificato di Benedetto XIV sono rinvenibili nell’Accademia di Materie ecclesiastiche aperta a Napoli il 15 giugno 1741 nella biblioteca del Collegio de’ Padri dell’Oratorio di S. Filippo Neri. Anche questa accademia divenne infatti la sede privilegiata di formazione di un clero più avvertito non solo dei propri doveri pastorali ma anche della necessità di difendere sul terreno della scienza e dell’erudizione storico-ecclesiastica il magistero dottrinale ed ecclesiologico del pontificato romano. Anche quest’Accademia, come quelle romane, fu improntata a serietà ed utilità : si prevedevano infatti riunioni periodiche bimensili, fissate al mercoledì, e la stampa di «un Ristetto» delle ricerche compiute; infine, come nelle accademie romane, era il segretario ad assegnare il «saggio di quanto deve trattarsi nel corso di un anno»60.
15Anche in questa accademia, come in quelle romane, troviamo tra i membri fondatori in prevalenza ecclesiastici formatisi negli anni ’20 e ’30, giunti agli inizi degli anni ’40 ad un notevole livello di notorietà grazie alla loro attività erudita, come il canonico oltre che filologo Alessio Simmaco Mazzocchi, come Ignazio della Calce, anch’egli, come Mazzocchi, titolare della cattedra di teologia nello studio napoletano, come Pio Milante, vicario generale della Congregazione dei domenicani di S. Maria della Sanità di Napoli oltre che professore di teologia61, come Gaetano Mari, professore di diritto canonico nello stesso studio, come infine Giuseppe Orlandi, apprezzato professore di fisica sperimentale, legato all’Intieri62. Tra i trenta accademici63 c’era inoltre un nucleo d’ecclesiastici con precedenti esperienze accademiche come Antonio Spinelli che aveva fatto parte (con il nome di Debole), assieme all’abate Scipione di Cristoforo (con il nome di Tacito), dell’Accademia degli Oziosi che si riuniva dal 1733 nella casa del suo fondatore, Niccola Maria Salerno principe di Lucignano64. Più significativa era stata l’esperienza di don Ciro de Altèriis, che assieme al ricordato Gaetano Mari, a don Francesco Macchia, al canonico Agnello Onorati, autore di Dissertazioni su veri punti degli antichi riti e della disciplina della Santa Chiesa65, al già ricordato Tommaso Pio Milante ed al canonico Domenico Scalfati, aveva fatto parte di un’Accademia informale, ospitata dal 1728 in casa del principe Giuseppe Ruffo di Bagnara, accademia in cui laici ed ecclesiastici discettavano senza un obiettivo polemico prefissato di storia ecclesiastica66.
16Diversamente da questa accademia che rimase informale, l’Accademia di Materie ecclesiastiche, nata su iniziativa d’alcuni autorevoli oratoriani napoletani, in particolare di padre Giuseppe Coppola e di padre Annibale Marchese, fu ufficializzata ed ebbe per presidente il giovane cardinale Giuseppe Spinelli (1694-1763), figura di vescovo «zelante» che le impresse un carattere dichiaratamente apologetico. I trenta accademici fondatori, reclutati sia tra i regolari67 sia tra i secolari, decisero infatti di affrontare questioni di storia ecclesiastica e di liturgia, opponendosi di volta in volta ad un autore «nemico della cattolica fede, che la storia ecclesiastica maliziosamente scrivendo, riempita l’abbia di velenosi, ma gagliardamente sostenuti, gravissimi errori». Durante il primo anno le dissertazioni si incentrarono sulla confutazione degli errori contenuti nel De rebus sacris et ecclesiasticis exercitationes historico-criticae del calvinista Samuel Basnage68,
sì perché contro ad opera sì famosa non s’è per anche veduto alcun libro; e sì ancora perché la profonda erudizione, e l’ingegno del traviato Autore, la forte veemenza, con cui sono esposte le sue fallaci ragioni, la franchezza e l’audacia, ond’egli superbamente decide, meritano di una cattolica adunanza la più valida opposizione69.
17La scelta di impegnare gli accademici a smascherare gli errori commessi dal confutatore degli Annali del Baronio, va senza dubbio connessa all’acuta sensibilità del nuovo vescovo giunto a Napoli nel 1735 all’età di 41 anni; Spinelli, d’antica nobiltà napoletana, nipote del cardinale Giuseppe Renato Imperiali, animatore di un’Accademia di Teologia che tra il 1695 ed il 1700 aveva ospitato nel suo palazzo romano70, non aveva alle sue spalle significative esperienze pastorali ma una brillante carriera ecclesiastica, avendo ricoperto la prestigiosa carica di Segretario della Congregazione dei Vescovi e Regolari e soprattutto tra 1721 e 1731 quella di nunzio nei Paesi Bassi. Era stata proprio questa esperienza a porlo precocemente di fronte alla necessità di contrastare, sul terreno storico-erudito, non solo gli attacchi portati alla religione cristiana dagli ambienti non ortodossi, ma anche le accuse mosse all’autorità papale dal tardo giansenismo e dal nazionalismo episcopale; una precoce consapevolezza testimoniata dai passi compiuti da Spinelli «per opprimere il venerabile e dotto Van Espen, gran sostenitore di quella [d’Utrecht] afflitta chiesa», come scriverà Scipione de’ Ricci a Pietro Leopoldo commentando il ruolo avuto in gioventù da Spinelli nella destituzione del teologo Van Espen dall’università di Lovanio71.
18Una volta giunto a Napoli, Spinelli mise a frutto l’esperienza accumulata durante la missione nei Paesi Bassi e decise di raccogliere attorno a sé un gruppo d’accademici in grado di controbattere in chiave apologetica gli errori non soltanto degli eretici ma anche dei contestatori dell’autorità pontificia. Per facilitare le ricerche degli accademici il vescovo promosse la riorganizzazione della ricca biblioteca dell’Oratorio e mise a loro disposizione la propria biblioteca, che successivamente donò al seminario72.
19In questa attività di smascheramento degli errori commessi dagli «spiriti forti» si distinsero in particolare Sebastiano Paoli, lucchesino noto per aver cercato di screditare Giannone sul piano erudito73, il canonico capuano Francesco Maria Pratilli, archeologo e numismatico oltre che «falsario della storia dei Longobardi meridionali»74 e Carlo Blasco. Il clima che si respirava all’interno dell’Accademia non era certo quello auspicato dal Muratori nella lettera al Bianchini già ricordata : gli accademici, nell’analizzare temi rilevanti quali la divinità di Cristo, l’Immacolata concezione e l’assunzione della Vergine, i miracoli e le profezie, i sacramenti, la transustanziazione, il diritto divino del primato del pontefice, la struttura monarchica e l’infallibilità della Chiesa, avevano piuttosto di mira i nemici dell’ortodossia che non un aperto confronto75. Tenendo conto del clima sostanzialmente di difesa che si respirava nell’Accademia non stupisce che l’abate Antonio Genovesi76, chiamato nel 1747, proprio nei giorni precedenti il concorso alla cattedra di Teologia, a farne parte, fu attaccato nel 1748 perché, trattando il tema dell’inferno, «non si spiegò con molta chiarezza sulla durevolezza eterna della pena dell’Inferno»77.
20La creazione dell’Accademia non rispose comunque a quest’unico obbiettivo apologetico che lo Spinelli perseguì utilizzando la stampa, in particolare facendosi promotore dell’edizione di libri agiografico-devozionali78; l’attività svolta a favore del miglioramento della formazione del clero rientrava a tutti gli effetti nel più ampio programma di rinnovamento spirituale che il cardinale Spinelli, bell’esempio di «vescovo pastore-amministratore»79, perseguì nei primi anni del suo vicariato a Napoli, quando delineò le linee della riforma catechistica, delle parrocchie, del seminario e della stessa curia80. Da questo punto di vista è importante sottolineare che le riforme liturgiche promosse dallo Spinelli trovarono un sostegno nelle ricerche condotte sui vescovi santi napoletani e sugli atti bolognesi di S. Gennaro dal già ricordato Alessio Simmaco Mazzocchi; le ricerche del noto filologo ed archeologo – sarà tra i primi soci dell’Accademia ercolanense fondata nel 1755 – portarono alla sostanziale conferma della cronotassi episcopale napoletana proposta dal Muratori e all’estensione a trenta degli arcivescovi degni di culto ai quali Spinelli eresse in duomo statue marmoree81. All’interno dell’accademia, d’altra parte, uno spazio speciale era riservato all’analisi della storia della chiesa di Napoli, argomento questo capace, negli anni quaranta, di dividere gli ecclesiastici, legato com’era alle tematiche muratoriane della riduzione del culto dei santi e della «regolata devozione». Non a caso proprio su questo terreno vennero alla luce le diverse sensibilità religiose e la diversa qualità di eruditi dei soci accademici : vanamente il padre operaio Lodovico Sabbatini82 ed il canonico Giuseppe Sparano tentarono di portare testimonianze contrarie a quelle prodotte dal socio Mazzocchi, che demolì la leggenda dell’origine apostolica della chiesa di Napoli83.
21Se l’accademia, come ha ricordato Elvira Chiosi, colse precocemente il pericolo rappresentato dallo spirito di «indifferenza» e cercò di contrastarlo ciò si deve indubbiamente al fatto che al suo interno trovarono spazio forti personalità come l’abate Innocenzo Molinari che, trasferitosi da Napoli a Roma fin dal 1748, divenne acerrimo nemico di Genovesi oltre che del gruppo massonico e anticattolico capeggiato dal principe di San Severo84. La reattività dell’Accademia può essere imputata anche alla presenza di ecclesiastici che, da atteggiamenti rigoristi, stavano approdando ad una più aperta adesione al giansenismo, orientamento che li rendeva estremamente sensibili alle insidie dell’«indifferenza» e soprattutto li faceva reagire all’«attacco dell’empietà»; a questo proposito va sottolineato che accanto al canonico Ciro de Altèriis, «uomo versato nella storia ecclesiastica, che aveva lettura di libri giansenisti e ch’era e’ medesimo loro gran partegiano»85, sedeva il teologo Giuseppe Simioli, stretto collaboratore del cardinale Spinelli, che negli anni ’50 andò a rinforzare la schiera della prima generazione di giansenisti italiani che chiese una spiegazione della bolla Unigenitus. Simioli, cui Cerati invierà nel 1756 una memoria contenente le spiegazioni da apportare alla bolla, autore egli stesso di «quattordici capi di dottrina» grazie ai quali intendeva spiegarla86, non soltanto si legherà al circolo dell’Archetto, ambiente che lo stesso Spinelli frequenterà una volta tornato a Roma, ma intratterrà una fitta corrispondenza con Clément e con Gourlin, il maggiore teologo francese degli anni sessanta, entrambi patrocinatori della causa della Chiesa di Utrecht. Fu proprio Simioli a parlare, in un abbozzo di bolla, Quantopere Dominus Jesus, destinata a condannare nel suo complesso la cultura illuministica dopo la censura del De l’esprit di Helvétius e dell’Encyclopédie avvenuta nel 1759, di «perditissimorum hominum adversus omnia divina et humana coniuratio» e di «conspiratio persuasibilibus humanae sapientiae verbis armata», tema questo, della congiura perpetrata dalla cultura illuministica a danno della cattolicità, che paradossalmente sarà ripreso sul piano ideologico-politico durante la Rivoluzione da parte del cattolicesimo reazionario87.
22Va infine sottolineato che l’Accademia dello Spinelli, come quelle romane, garantì il reclutamento delle forze di governo e funzionò come trampolino di lancio verso i vertici della carriera ecclesiastica; una grossa percentuale di soci andò infatti a ricoprire alti incarichi con cura d’anime, come Ciro de Altèriis che diverrà vescovo di Monopoli e successivamente di Acerra, come il canonico Bernardo Cangiano, più tardi vescovo di Boiano, come padre Niccola Caracciolo, che diverrà arcivescovo di Otranto e poi priore di Bari, come don Giuseppe Carafa, successivamente vescovo di Mileto, come l’oratoriano Giuseppe Coppola, segretario dell’accademia, che divenne vescovo dell’Aquila dove promosse nel 1743 la nascita di un’Accademia Teologica88 per poi passare a Castellammare, come il francescano Bonaventura Fabozzi, più tardi vescovo di Potenza, come il domenicano Tommaso Pio Milante, che diverrà vescovo di Castellammare, come il celestino Giuseppe Orlando dal 1752 vescovo di Giovinazzo, come don Gennaro Perrelli, successivamente vescovo di Atri e Penne, come il già citato pio operaio Lodovico Sabbatini d’Anfora, dal 1750 vescovo d’Aquila.
23Un altro dato che accomuna quest’Accademia a quelle romane è che la sua vita si esaurì quando venne a mancare la mente ispiratrice : l’Accademia di Materie ecclesiastiche chiuse infatti le sue riunioni nel 1754 quando lo Spinelli, a seguito dei noti contrasti con la corte, si dimise da arcivescovo89 e ritornò a Roma90, anche se a decretarne l’esaurimento, contribuì la morte nel 1753 dell’attivo segretario, padre Annibale Marchese.
24L’accademia rinacque nel 1758 «in un clima più clericale e più domestico»91, nel segno della continuità, anche se ampliò i temi oggetto di studio, estendendoli alla Teologia, alla Sacra Scrittura ed al diritto canonico; in questo caso l’iniziativa fu presa direttamente dal vescovo Antonino Sersale, che raccolse il suggerimento propostogli da Giuseppe Sparano, animatore della precedente accademia, cui fu affidata la carica di proprefetto. L’accademia, ora Arcivescovile perché ospitata nel palazzo del Sersale, si riunì settimanalmente, ogni sabato, e, a differenza di quella presieduta da Spinelli, contava soltanto 12 membri, reclutati questa volta anche tra i padri gesuiti. Gli accademici furono chiamati, come a suo tempo quelli dell’Accademia di Materie ecclesiastiche, a confutare le opere dei nemici della cattolicità92; contro Barbeyrac si distinsero in particolare il celestino Benedetto Maria Colonna ed il prete grecista Paolo Moccia, i quali lessero tra il 1762 ed il 1764 numerose dissertazioni alla presenza dell’ambasciatore spagnolo Clemente de Aróstegui oltre che di Giulio Lorenzo Selvaggi, cui era stata affidata l’orazione di apertura, dell’agostiniano Ignazio della Croce, di Alessandro Maria Calefati, estensore delle regole, di Giuseppe Rossi, futuro vescovo di Brindisi ed «ottimo sacerdote missionario»93, dell’apologeta Domenico De Jorio, di Andrea Serrao, di Carmine Fimiani, di Luca Nicola de Luca, futuro maestro di Filangeri e di Domenico Malabrì. Come l’allontanamento da Napoli di Spinelli era risultato fatale per la vita dell’Accademia di Materie ecclesiastiche, così la nomina di Giuseppe Sparano a vescovo di Acerenza e Matera nel 1775 segnò la fine dell’Accademia arcivescovile che, in questo stesso anno, chiuse i battenti.
25La spregiudicata Accademia creata nel 1744 nel seminario di San Miniato dall’abate Ferdinando Paoletti testimonia ulteriormente il dinamismo e l’apertura del mondo cattolico degli anni ’40-’50 quando si dispiegò a pieno la potente azione mediatrice muratoriana, un clima che, sul finire del decennio, muterà profondamente in stretta connessione con le polemiche sui temi del gesuitismo e del giansenismo e soprattutto in risposta agli attacchi portati al cattolicesimo dalla prima generazione dei philosophes, quando papa Lambertini, animatore nei primi anni quaranta delle ricordate accademie romane, si chiuse a difesa dell’ortodossia.
26Nel creare l’Accademia, Paoletti voleva infatti non soltanto dar lustro al seminario da lui stesso diretto ma soprattutto, come si legge nella lettera inviata a Lami per dargliene notizia e che quest’ultimo immediatamente pubblicò nelle Novelle Letterarie del 1745, «perché si sappia dagli ignoranti impostori, specialmente, che tali cose non sono se non degne di lode, e che tali veramente le stimano i valent’uomini e quei che son dotati di una vera e soda scienza, opposta totalmente a quella, che può dirsi comodamente, millantamento e ciarlataneria»94. L’Accademia, riunita una volta al mese, non aveva una struttura rigida e «la materia per le dissertazioni è totalmente libera; sicché ci se ne leggono delle Teologiche, delle Filosofiche, delle storiche, sì in genere di Storia ecclesiastica, come profana». Va comunque sottolineato che i temi di storia ecclesiastica discussi rispecchiano ampiamente i grandi temi muratoriani : Paoletti infatti, sollevando l’indignazione «dei frati perché non avevo seguito le opinioni volgari», aveva trattato criticamente il problema «de i Magi adoratori di Cristo, e della Stella, che servì loro di scorta» e quello dei «supposti prodigi che da alcuni impostori diconsi seguiti nella nascita del Redentore». A queste dissertazioni se ne affiancarono altre, come quelle sulla «Teologia degli Egiziani» e «sopra la Teologia de’ Caldei»95, che toccavano temi sui quali la cultura cattolica più avvertita aveva consapevolmente scelto di cimentarsi, come testimonia il De Trinitate (1733), opera con la quale Lami, affermando l’indipendenza della rivelazione neotestamentaria «da precedenti sistemi filosofici e dalle concezioni trinitarie dei Greci, soprattutto di Platone, dei Caldei ed Egizi», ribadiva la conoscenza da parte dei Padri del dogma trinitario prima del Concilio di Nicea, prendendo in questo modo le distanze sia dal cristianesimo ragionevole di Locke sia dalle correnti razionalistiche vicine al deismo96. L’apertura culturale dell’accademia fondata da Paoletti emerge ancor più chiaramente se si considera che al suo interno trovarono accoglienza anche dissertazioni, come quella del dottor Ranieri Gamucci97, in cui «si mostrò, che la vita del corpo umano consiste nella circolazione del sangue», esposizione seguita da una lezione dello stesso Gamucci sull’anatomia del cuore; i problemi dell’attrazione, del vuoto, del moto perpetuo dei corpi e del «tremoto» trovarono anch’essi spazio in questa accademia, discussioni, queste ultime, incoraggiate dallo stesso vescovo, il quale aveva introdotto nel seminario lezioni di filosofia newtoniana. A buon ragione Lami poteva scrivere : «Mi rallegro vedendo il zelo, che nutrono per l’avanzamento de buoni studi negli Ecclesiastici, a’ quali è necessario molto altro, che qualche libruccio di Teologia Morale, perché sieno a portata d’istruire i popoli, come conviene»98.
27Fu proprio l’assunzione di questo nuovo habitus etico-scientifico, sorretto da un deciso ritorno alle fonti della vita ecclesiale, in particolare ai Padri della chiesa, che proprio nel ventennio 1740-1760 conobbero il maggior numero di edizioni italiane99, a rendere inattuale la lezione di quanti, come Brocchi, rettore del seminario fiorentino dal 1723, erano intenti a pubblicare raccolte di sentenze di oltre duemila moralisti. Brocchi100, seguace del gesuita Busembaum e favorevole al benignismo e al probabilismo, fu infatti travolto dall’ondata di opposizione che in questo decennio si sollevò contro il casismo gesuitico, tanto che non riuscì a completare la sua progettata Biblioteca morale, promessa fin dal 1714; la sua personalità era certamente molto lontana da quella del Paoletti, figura di «buon parroco» che, assieme all’abate Montelatici, giungerà a parlare di un «regolato esercizio dell’agricoltura» così come Muratori aveva parlato di «regolata devozione»101. Quel che più conta è che la sensibilità religiosa e culturale del Brocchi non era più in sintonia con le aspirazioni che animavano il nuovo vescovo giunto a Firenze nel 1741 all’età di 38 anni. L’Incontri dette infatti un’impronta peculiare al suo apostolato, incarnando perfettamente quell’«immagine di vescovo pastore-amministratore» individuata da Donati come caratteristica affermatasi proprio a partire dal pontificato di Benedetto XIV102. Originario di Volterra, Francesco Gaetano Incontri era stato discepolo di Giuseppe Averani nella giurisprudenza civile e di Virginio Valsecchi nelle sacre scritture103 nello studio di Pisa, dove si era addottorato in utroque iure104; antimolinista e antilassista, muratorianamente teso a proporre le consapevoli motivazioni di un culto «ragionevole»105, una volta a Firenze prestò subito molta attenzione alla formazione culturale del suo clero106. Da questo punto di vista è importante sottolineare che il nuovo vescovo, stando alla testimonianza di Lami, divenne un assiduo frequentatore delle riunioni promosse nel 1744 da padre Ferrante Moniglia107 all’interno del collegio de’ Chierici regolari delle scuole Pie fiorentine. La partecipazione dell’Incontri a questa Accademia di Teologia morale pratica è importante in quanto la sua presenza delegittimava di fatto la pubblica Accademia Scolastica e Teologica fondata all’interno del seminario fin dal 1716 da Brocchi. Quest’ultimo, membro della Società della Colombaria, dell’Accademia degli Apatisti e di quella Etrusca di Cortona108, stimato da Lami per il suo rigoroso scrupolo filologico che dette i suoi maggiori frutti nell’agiografia dove applicò l’insegnamento dei bollandisti, nel 1743 si era dimesso dalla carica di rettore del seminario fiorentino proprio perché non condivideva le nuove direttive impartite dall’arcivescovo Incontri circa gli studi teologici. Direttive che dovettero prevalere anche all’interno dell’Accademia di Teologia morale pratica se Lami ne parlò come di «un’altra breccia fatta al Probabilismo», attribuendone l’ispirazione allo stesso prelato : «Ma benché lo strumento della sua fondazione sia stato il P. Moniglia, pure egli è stato mosso a ciò fare dalle prudenti insinuazioni del nostro vigilantissimo Arcivescovo Incontri e di alcuni signori canonici della Metropolitana, che hanno cospirato ad una sì degna, e desiderabile, intrapresa»109. Di fatto l’Incontri, che nel 1746 istituì all’interno del seminario la cattedra per l’insegnamento del diritto canonico, nel corso degli anni quaranta divenne il naturale punto di riferimento di Lami che a più riprese elogiò allo stesso tempo lo zelo pastorale e la forte attenzione per lo studio della storia ecclesiastica; disciplina quest’ultima che, stando alle stesse parole del vescovo, era essenziale in quanto
manifesta le ragioni de’ canoni; la varia, secondo i vari tempi, disciplina della Chiesa; distingue i Canoni e Decretali false dalle sincere e genuine; e supplisce e illustra i frammenti, che delle Costituzioni Conciliari e Pontificie, hanno riportati i Collettori de’ Canoni, ne’ quali mancava spesso la critica, e la piena intelligenza delle medesime. Tutto questo non si può fare, se non coll’aiuto della Storia Ecclesiastica, e con lo studiare ne’ fonti tutti que’ Canoni, e Decreti110.
28Nel corso degli anni Lami dovette però constatare un mutamento negli atteggiamenti che avevano contraddistinto l’apostolato del vescovo fiorentino e che tanto lo avevano entusiasmato111 : l’Incontri, rigorista e agostiniano, che negli anni ’40 da orientamenti riformatori muratoriani si era spinto verso un più rigoroso appello alla primitiva Chiesa cristiana e verso temi che saranno propri della «pietà illuminata», tanto che negli anni ’60 patrocinerà una politica di lavori pubblici a sostegno dei disoccupati validi e d’assistenza dei deboli e degli invalidi112, non passò dalla «giusta critica» alla «sana dottrina»; e soprattutto, dopo aver pubblicamente sostenuto nel Trattato delle azioni umane (1767) l’efficacia di per sé ed ab intrinseco della grazia, attirandosi le critiche dei gesuiti toscani, in particolare di quelli del Collegio pistoiese113, ed aver accettato la dedica del Della Giustificazione e della Limosina114, trattato teologico anti molinista di Ildefonso di S. Luigi, carmelitano scalzo della provincia di Toscana, osteggiò la soppressione della Compagnia di Gesù. Incontri si rifiutò inoltre di sciogliere i gesuiti fiorentini, tanto che soltanto dopo un richiamo ufficiale di Pietro Leopoldo applicò la bolla Dominus ac Redemptor, non rinunciando, peraltro, a proteggerne singole figure, come il Covoni, al quale concesse di tenere delle missioni in S. Ambrogio115. Tenendo conto di questo percorso intellettuale116, per larga parte ancora da ricostruire, assume particolare rilievo il fatto che l’Incontri partecipò attivamente alla vita dell’Accademia de’ Teologi Dogmatici, tanto da divenirne protettore perpetuo nel 1760.
29Sorta nel 1753 per iniziativa degli studenti di teologia delle Scuole Pie, che «desiderosi di più internarsi nelle cognizioni teologiche», si erano ritrovati una volta la settimana in case private per «disputare sopra qualche punto di controversia Dogmatica, Istorica, Critica»117, dal 1759 l’accademia era divenuta pubblica, si riuniva ogni sabato nell’Oratorio del Collegio delle Scuole Pie, in via de’ Cimatori, aveva un’Impresa, dove figurava il versetto di S. Paolo «Nunc videmus per speculum in aenigmate»118 e si era data statuti dettagliati119. Questa accademia, legata alla forte personalità del suo Presidente, il padre Alberto Pappiani, chierico regolare e lettore di teologia delle Scuole Pie dopo aver insegnato filosofia e matematica nel Collegio fiorentino120, aveva precise finalità. Scopo dell’accademia era infatti formare ecclesiastici
che siano meritevoli del loro grado, e che siano capaci di servire con decoro nel Santuario, ben istruiti ne’ Dogmi, e nelle Sagre Leggi della Chiesa collo studio delle Controversie Canoniche. Non s’allontana perciò dalla Sentenze dell’Angelico Dottore S. Tommaso d’Aquino (alla cui protezione s’appoggia) che anzi esattamente le custodisce e s’attiene a quelle opinioni, che anno il loro fondamento nell’Autorità delle Divine Scritture, nelle Divine ed Apostoliche Tradizioni, nella dottrina della Chiesa, nella Decisione de’ Concili, e de’ Pontefici, e non lascia da parte una speciale direzione per introdurli nella cognizione della Storia Ecclesiastica, della Cronologia, e nell’esame delle Questioni, che con molto interesse s’intraprendono da Critici; in somma apre la strada all’acquisto di quei mezzi, per i quali la Religione trionfa, e la vera Sapienza si apprende121.
30Per raggiungere questi obbiettivi l’Accademia de’ Teologi Dogmatici si era data una ricca articolazione interna e godeva di notevoli sostegni economici; al presidente, «che sarà sempre il Professore Pubblico di Teologia nelle dette Scuole», veniva affidato il compito di indicare sei nomi tra cui, in una solenne adunanza ed a scrutinio segreto, veniva eletto il Consolo «colla superiorità di un voto almeno sopra la metà», e quello di indicare nove soggetti prescelti tra tutto il corpo degli accademici, tra i quali, «colla pluralità dei voti segreti sopra i due terzi», venivano eletti tre Consiglieri, il primo con l’ufficio di Censore, il secondo con l’incarico di Segretario ed il terzo con quello di Reggente Maggiore; i Consiglieri, che duravano in carica tre mesi, avevano il compito tanto «di invigilare sopra il profitto dei Sig. Accademici, quanto sopra il buon ordine da osservarsi nelle funzioni dell’Accademia, e per il dilatamento del credito della medesima».
31L’accademia prevedeva tre ordini di soci, i Maggiori, gli Onorari ed i Licenziati. Nel primo rango veniva ammesso «col partito segreto vincendo per i due terzi» chi, dopo aver nel corso di un anno «per 12 volte argomentato, o per sei volte sostenuto le conclusioni», aveva sostenuto favorevolmente «due questioni dogmatiche canoniche proposte dal Reggente Maggiore» in una funzione straordinaria aperta anche «ad altri estranei Letterati, e colla preparazione di soli due giorni», aveva presentato per iscritto «una dotta soluzione di un Dubbio Dogmatico Canonico proposto dal Sig. Consolo nel breve termine di un giorno» ed era in possesso della «Commendatizia del Presidente, che assicuri il consiglio dell’abilità, e buoni costumi del concorrente»; nell’ordine degli Accademici Onorari veniva automaticamente ammesso colui che era «ascritto al ruolo di Studenti Teologi» con l’obbligo di assumere per almeno dodici volte in un anno il posto di Arguente o per sei volte quello di Difendente nel corso delle Adunanze; nell’ordine degli accademici Licenziati entrava infine colui che per almeno 12 anni «avrà partecipato all’Accademia e che sarà passato per tutte le sue graduazioni ed abbia contribuito colla rispettiva tangente alle spese dell’Accademia»122.
32Se nelle Leggi gli aspetti organizzativi erano estremamente curati, non meno presenti erano le considerazioni economiche : «poiché le straordinarie ricompense sono all’uomo un gagliardo incitamento per manifestarsi più virtuoso», il regolamento dell’accademia prevedeva l’istituzione di un premio «da dispensarsi annualmente a quello degli accademici Onorarj, che sarà giudicato il più meritevole nei confronti del loro esperimento pel passaggio alla classe degli Accademici Maggiori». Per dotarsi dei fondi necessari le Leggi prevedevano il ricorso ad un mecenate scelto «tra quei soggetti ecclesiastici, che nella città fioriscono col maggior credito».
33La forte attenzione data dall’accademia all’aspetto economico della propria attività si conferma tra il 1761 ed il 1762, quando vennero creati 12 Conservatori, «giacché senza un forte sussidio, che la Società Nostra riporti da un ceto rispettabile di persone Ecclesiastiche si scorge difficile, li Signori Rappresentanti l’Accademia s’interessarono nella ricerca delle medesime nelle persone del Rev. Gabriello Riccardi, Bonaccorso Perini, Rosso Maria Ricci, Giuseppe Maria Pasquali, Cammillo Strozzi, Zanobi Mormorai Canonici della Metropolitana, Alfonso Alamannni Priore della Basilica Laurenziana, ed il Sig. Abate Luigi Raimondo Vecchietti, coll’annua di due Ruspi»123; con il provvedimento del 27 marzo 1762 ai 12 Conservatori si aggiunsero, sempre tenendo conto «della munificenza», sei Edili ed un Assessore, scelto quest’ultimo tra i più accreditati nelle materie legali124.
34Fu certamente questa forte disponibilità di denaro oltre che il pagamento della tassa in onore di San Tommaso d’Aquino125, già eletto dagli studenti di teologia come protettore della loro accademia informale, a rendere possibili gli spettacolari festeggiamenti che ogni 7 marzo l’accademia organizzava per la festa del Santo.
Assestato vagamente con setini l’Altare Maggiore, e con molta cera, postovi il ritratto del Santo, e la sua Reliquia, e accomodati pure gli altri Altari per le Messe, che sono state molte, de Sig. Canonici Conservatori, di altre Persone di riguardo, e varj altri sacerdoti, stati invitati, e che hanno favorito onorare tal festa, si è celebrata da essi Sig. Accademici la medesima con molto decoro, e con il concorso; avendo dispensato particolarmente à celebranti la cioccolata, e l’Imagine del Santo, con anche il mazzolino di fiori secchi à più riguardevoli, e dopo il coro al Duomo, si è cantata la Messa solenne in musica dal Sig. Canonico Rosso Ricci, Mecenate dell’Accademia.
35I festeggiamenti del 1764 proseguirono anche nel pomeriggio quando
dal Sig. abate Niccolò Nucci nel suo abito talare venne letto il panegirico del Santo, assistendovi gli accademici in cotta al posto di Coro, in cui già si trovavano, con varj Signori Canonici parte in Chiesa e parte nel coretto col Sig. Mecenate Sig. Canonico Rosso Ricci. Terminato il panegirico si è incensata la Reliquia del Santo, ed intonato ad onore di esso l’Inno Iste Confessor. Si è data a baciare l’istessa Reliquia, prima agli Accademici in cotta, poi agli altri nel proprio loro abito, e infine al Popolo; e così si è terminata la presente Festa, con molta proprietà devozione, e decoro; onorata da molti Sig. Canonici [...] per mezzo de’ Sig. Accademici stessi e per opera principalmente del Sig. Presidente Alberto Pappiani di S. Luigi Gonzaga, istitutore della medesima126.
36Fin dal 1764 comunque all’interno dell’accademia dovettero crearsi delle frizioni perché a partire da questa data le cariche, inizialmente a rotazione, divennero più stabili ed il controllo sui partecipanti si rafforzò; nel 1766 tutte le cariche, quella di Mecenate, di Consolo, di Censori (2) e di Segretario, divennero annuali, con provvedimento del 24 febbraio 1771 la carica di Consolo passò a triennale e quella di Segretario divenne perpetua. I provvedimenti che più di altri riflettono gli scontri che dovettero caratterizzare la vita di questa accademia, che contò una cinquantina di partecipanti fra cui sacerdoti fiorentini e provinciali, alcuni provenienti dalla Romagna toscana127, sono quelli del 7 gennaio 1764 e del 9 febbraio 1771. Con il primo provvedimento venne infatti imposto l’utilizzo di un formulario che doveva attestare «con autentiche prove del loro operato e del loro merito» la buona condotta degli accademici128; la necessità di procedere a questi accertamenti lascia intravedere la presenza di contrasti tra personalità che proprio in questo arco di tempo stavano maturando orientamenti e sensibilità religiose molto distanti dall’ortodossia romana del Pappiani. Antonino Baldovinetti di lì a qualche anno fonderà infatti un’accademia che si riuniva il venerdì in una casa della compagnia di S. Pio in via del Cocomero, avvicinandosi ai circoli giansenisti che si incontravano alla biblioteca Riccardiana129. Con il secondo provvedimento si disponeva che il
professore di teologia nel collegio fiorentino delle scuole Pie sia il Presidente dell’Accademia senz’alcun’altra ricerca. Non essendo però dovere, che una società abbia da essere diretta da persone alla medesima ignote, i rappresentanti hanno deciso che la disposizione si avveri allor quando il lettore di Teologia presenti autentiche prove firmate coll’attestato de suoi superiori, e corroborate coll’asserzione giurata dal sig. Censore, Osservatore e Cronista dell’Accademia di avere antecedentemente lette al pubblico per anni XII la filosofia nel predetto Collegio Fiorentino delle Scuole Pie, con averne fatte sostenere altrettante pubbliche conclusioni, e susseguentemente di essere passato a leggere pubblicamente, nello stesso Collegio Fiorentino delle Scuole Pie, la Sacra Teologia per una continuazione di altrettanti anni 12 con aver spedito all’Accademia dentro detto tempo XII Soggetti fatti Accademici Maggiori colla prova dell’Esperimento, e di essere o di patria fiorentino, o almeno toscano, e uomo di sperimentata prudenza, di provato credito, e ben fornito di tutti quei pregi, che fanno il distintivo di un soggetto, che sia meritevole di ricevere la direzione di una rispettabile comunità, e che sia atto a mantenerla fedele nell’esecuzione de suoi doveri130.
37Attraverso questa seconda misura il Pappiani, a cui venne data facoltà di scegliersi il successore, cercò evidentemente di vigilare sulla comunità dei Padri Scolopi che non nascondeva il suo apprezzamento per l’insegnamento degli «zelanti vescovi e parroci francesi»131.
38Sebbene le vicende di questa Accademia siano da chiarire, certo è che gli orientamenti culturali e religiosi del suo Presidente, resi pubblici nel Doctrina Christiana de Sacrosantis Ecclesiae Sacramentis ab heterodoxorum erroribus vindicata132, non si trovarono in sintonia né con quelli che animavano la comunità dei Padri Scolopi, né con quelli che guidavano l’azione riformatrice del Granduca, soprattutto dopo il tournant degli anni ’70, una volta soppressa la Compagnia di Gesù. Un fatto indiscutibile è che l’Accademia de’ Teologi ed il padre Pappiani, magna pars della società che nel 1770 aveva dato vita alle Notizie Letterarie, settimanale di stretta osservanza romana che tradì l’eredità delle Novelle Letterarie, di cui voleva essere il continuatore dopo la morte del Lami133, non trovarono più spazio nel Collegio di S. Giovannino dove la comunità degli Scolopi si era trasferita nel 1775 accettando l’offerta fatta loro dal Mormorai, responsabile della commissione granducale liquidatrice dei beni dei gesuiti. Il 31 ottobre di questo stesso anno i padri Scolopi si erano trasferiti nella nuova sede senza tener conto delle esigenze dell’Accademia che veniva a perdere i locali. Di fronte alla proteste del Pappiani che si era rivolto al funzionario granducale per aver assegnato «il posto ove fare pubblicamente la scuola di Teologia dogmatica, e fare ancora le funzioni dell’accademia annessa alla scuola suddetta nell’istessa forma che solea praticarsi ad Orsammichele», il padre Audrich, a cui il Mormorai si era rivolto per spiegazioni, fu irremovibile. Nella risposta, che oltre alla sua firma porta quella dei sedici Padri della comunità, l’accademia era presentata come un corpo estraneo e pericoloso :
Nella erezione e restaurazione di questa Accademia, a riserva del solo P. Alberto Pappiani, Lettore di Teologia, né la Religione delle Scuole Pie, né i Superiori di essa vi hanno avuto mai parte e molto meno ingerenza alcuna nelle cariche e negli interessi della medesima; anzi l’hanno sempre rimirata come un oggetto per loro d’impegno e di pericolo; atteso che decidendo quest’Accademia talora sopra de dubbi di dottrina propostile e sopra casi morali controversi, e possedendo de fondi ed amministrando somme di danaro, hanno temuto e temono con ragione, che in faccia del Pubblico possano essere creduti partitanti di tali decisioni e partecipanti di simili amministrazioni134.
39Il padre Audrich in sostanza prendeva le distanze da un’accademia che si era trasformata in un centro di potere in cui venivano gestiti ingenti fondi, sottratti alla collettività, e dove venivano affrontate questioni teologiche e risolti dubbi morali facendo appello a principi profondamente distanti da quelli che ispiravano la politica riformatrice del Granduca, alla quale i padri Scolopi diedero un forte contributo in ambito scolastico.
40Stando ai documenti rinvenuti, nell’Accademia di norma si svolgevano due dispute, la cui durata era fissata ad un’ora e mezza, su soggetti scelti da Consolo, assegnate a due Arguenti, che avevano a disposizione un quarto d’ora, come anche il Difendente, che venivano estratti tra gli accademici Maggiori; accanto alle Dispute teologiche all’interno dell’accademia si esaminavano inoltre alcuni controversie di natura morale che, come «una lite insorta in causa di collazione di dote», vennero risolte in forme che non trovarono il gradimento granducale, tanto che «portata al Trono, fu dal Sovrano giudicata diversamente»135. Al fondo del contrasto doveva esserci quel pervicace attaccamento al molinismo ed al probabilismo, ferocemente attaccati nelle Nouvelles Ecclésiastiques136, che ritroviamo nei Principi di morale cristiana137, l’altra opera data alle stampe da Pappiani per l’istruzione dei suoi accademici.
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41Gli sviluppi assunti dall’Accademia teologico dogmatica fiorentina ci immettono decisamente nel clima degli anni ’80, altro momento forte di creazione delle accademie ecclesiastiche, quando, consumatasi la stagione muratoriana e abolita la compagnia di Gesù, il papato si chiuse nella difesa della cattolicità. La nascita delle già ricordate accademie ecclesiastiche a Napoli, a Genova, a Crema, ad Este, a Macerata ed Urbino, testimonia d’altra parte efficacemente quel complesso processo di ripensamento e di riorganizzazione che investì il mondo cattolico sotto la spinta degli attacchi della seconda generazione dei philosophes; le accademie in questione assolsero infatti prevalentemente il compito di creare un clero in grado di contrastare la diffusione del razionalismo e dell’ateismo oltre che gli assalti portati alla supremazia romana dal gallicanesimo e dal febronianesimo.
42Le reazioni alla crescente presa delle idee dei lumi sulle coscienze ed ai processi di secolarizzazione non furono comunque univoche : è importante sottolineare che la riconquista dell’egemonia cattolica avvenne non soltanto attraverso un rifiuto totale ed una chiusura radicale nei confronti della cultura illuminista ma anche attraverso un dialogo con i risultati cui questa stessa cultura era approdata138. L’azione svolta a Napoli dall’arcivescovo Serafino Filangeri assume in questo contesto particolare rilievo; lo zio di Gaetano, giunto a Napoli nel 1776, fece infatti rivivere in chiave decisamente antienciclopedista139 la precedente Accademia dello Sparano con il nome di Arcivescovile; allo stesso tempo però, attraverso la creazione nel 1782 di una nuova Accademia, quella Teologica, tentò di conciliare il cristianesimo con la riforma della società. Serafino Filangeri, come più tardi il suo successore Capece Zurlo, spinse gli accademici, ospitati nella chiesa di San Michele Arcangelo di Napoli, a confrontarsi con le indagini sull’uomo e sulla società condotte dagli «spiriti forti», chiamando al «soccorso quelle medesime scienze di cui si valgono gli empj»140. È stato recentemente sottolineato che attraverso l’indagine fisica gli accademici teologici pervennero ad elaborare un’idea del Dio della Rivelazione assai vicina a quella del Dio della natura nata in ambiente razionalista. Analizzando l’Accademia del Filangeri come luogo di aggregazione di gruppi intellettuali e di apprendistato alla politica, Elvira Chiosi ha avanzato l’ipotesi che il dialogo intessuto dagli accademici tra sapere teologico ed analisi fisica dell’uomo li rese permeabili al mondo massonico141.
43Sarebbe importante verificare se, e in che misura, le caratteristiche individuate dalla Chiosi siano estendibili anche alle altre accademie sorte in contesti politici per molti versi distanti da quello napoletano.
Notes de bas de page
1 Le accademie ecclesiastiche rappresentavano l’1 % del totale delle accademie nel ’500 – ma il 5,1 % se rapportate agli anni ’80 –, il 2,7 % nel ’600 e l’11,3 % nel ’700, vedi A. Quondam, L’Accademia, in A. Asor Rosa (dir.), Letteratura italiana, I, Il letterato e le istituzioni, Torino, 1982, p. 823-898, che ha elaborato queste percentuali sulla base del repertorio di M. Maylender, Storia delle accademie d’Italia, Bologna, 1926-1930.
2 Per le date di creazione, anche se a volte impreciso, M. Maylender, Storia delle accademie cit., e G. Gabrieli, Repertorio alfabetico e bibliografico delle Accademie d’Italia nell’opera di M. Maylender, in Accademie e Biblioteche d’Italia, X, 1936, p. 71-99; utili informazioni dalle Novelle Letterarie pubblicate in Firenze, Firenze, 1740-1769, e dalle Novelle Letterarie pubblicate in Firenze l’anno MDCCLXX. Volume primo che può servire di seguito ad una simile compilazione principiata nel MDCCXL, Firenze, Allegrini, Pisoni e Comp., all’insegna di Ercole Fanciullo, con licenza de’ Superiori (da ora in poi NL).
3 Sulle vicende di questa accademia si veda la voce Ciampini Giovanni Giustino (Roma 1633-Roma 1698) di S. Grassi Fiorentino in DBI, 25, 1981, p. 136-143 ed il saggio di M. P. Donato, con ricca bibliografia, in questo volume.
4 La segnalazione in NL, IX, 1749, col. 39.
5 La segnalazione ivi, V, 1745, col. 409.
6 Su quest’accademia, presieduta da Domenico Mansi, della congregazione della Madre di Dio, a cui venne associato nel 1754 Giovanni Lami, si vedano le NL, XV, 1754, Lucca, col. 458.
7 Su questi convitti e più in generale sul più vasto piano di riforma ecclesiastica : si veda M. Rosa, Giurisdizionalismo e riforma religiosa nella Toscana leopoldina, in Id., Riformatori e ribelli nel ’700 religioso italiano, Bari, 1969, p. 178 ss., C. Fantappiè, Riforme ecclesiastiche e resistenze sociali. La sperimentazione istituzionale nella diocesi di Prato alla fine dell’Antico regime, Bologna, 1986, Id., Problemi della formazione del clero nell’età moderna, in Istituzioni e società in Toscana nell’età moderna, Roma, 1994, II, p. 729-747; utili osservazioni in E. Passerin, La Toscana civile. Lotte politiche e correnti culturali tra Sette e Ottocento, a cura di G. Adami e L. Coppini, Pisa, 1994.
8 Su questa tendenza erudito-riformatrice «moderata», si veda M. Rosa, L’«età muratoriana» nell’Italia del ’700, in Id., Riformatori e ribelli nel ’700 cit., p. 9-47; il peso di questa tradizione sul linguaggio e sulle problematiche dell’illuminismo italiano è stato messo in rilievo da G. Ricuperati, Introduzione a La letteratura italiana. Storia e testi, 44, Dal Muratori al Cesarotti. V, Politici ed economisti del primo Settecento, Milano, 1978, p. IX-XXXVIII, in particolare p. XXXIIXXXV; sul ruolo assunto da questi eruditi nel contesto delle riforme ecclesiastiche, si veda M. Caffiero, Cultura e religione nel Settecento italiano. Giovanni Cristofano Amaduzzi e Scipione de’ Ricci, in Rivista di storia della chiesa in Italia, XXVIII, 1974, p. 94-121 e XXX, 1976, p. 405-437.
9 Sui diversi orientamenti degli studiosi che si fecero artefici della revisione critica del breviario romano, in particolare sul ruolo attivo svolto dai giansenisti, si veda F. Callaey, La critique historique et le courant pro-janséniste à Rome au xviiie siècle, in Analecta, LXXI, 1954, p. 185-194.
10 Sull’avversione del Muratori per le «devozioncelle», si veda G. Giarrizzo, Illuminismo e religione : l’Italia religiosa alla fine del ’700, in G. De Rosa e T. Gregory (a cura di), Storia dell’Italia religiosa, II, L’età moderna, Roma-Bari, 1994, p. 477-521 e p. 565-567, in particolare p. 477 ss.
11 Sul problema della lingua liturgica sollevato dall’abate Antonio Genovesi nel dialogo Studi e sulla sua predilezione per l’uso dell’italiano, si veda A. Tisi, Il pensiero religioso di Antonio Genovesi, Amalfi, 1937, p. 110 e G. Galasso, Il pensiero religioso di Antonio Genovesi, in Id., La filosofia in soccorso de’ governi. La cultura napoletana del Settecento, Napoli, 1989, p. 368-399, in particolare p. 382.
12 Sull’ «aurea antichità» e sulle ripercussioni che questo «mito» ebbe tra le correnti arcaizzanti e rigoriste nella seconda metà del secolo, si veda M. Rosa, Introduzione all’Aufklärung cattolica in Italia, in M. Rosa (a cura di), Cattolicesimo e lumi nel Settecento italiano, Roma, 1981, in particolare p. 13-15.
13 Sul significato storico del suo pontificato si veda la voce Benedetto XIV di M. Rosa in DBI, 8, 1966, p. 393-408, ampliata in Tra Muratori, il giansenismo e i «lumi» : profilo di Benedetto XIV, in Id., Riformatori e ribelli cit., p. 49-85 e la voce Benoît XIV di M. Rosa nel Dictionnaire historique de la Paupauté, Ph. Levillain (dir.), Paris, 1994, p. 214-219; per una valutazione del governo temporale di Benedetto XIV, si veda E. Garms-Cornides, Benedikt XIV. Ein Papst zwischen Reaktion und Aufklärung, in G. Ammerer e H. Haas (ed.), Ambivalenzen der Aufkälrung. Festschrift für Ernst Wangermann, Vienna-Monaco, 1977, p. 169-186 e Benedetto XIV (Prospero Lambertini), Convegno internazionale di studi storici sotto il patrocinio dell’arcidiocesi di Bologna (Cento, 6-9 dicembre 1979), Cento, 1982.
14 Sulla decisa, quanto precoce, condanna romana dello spirito di «indifferenza religiosa», condanna peraltro sollecitata dagli ambienti giansenisti francesi, si veda M. Rosa, Cattolicesimo e lumi : la condanna romana dell’ «Esprit des lois», in Id., Riformatori e ribelli cit., p. 87-118.
15 Sul più vasto ed articolato programma concepito da Benedetto XIV in difesa dei diritti della Santa Sede che non escludeva un cauto riformismo sul terreno ecclesiale e morale, si veda E. Garms-Cornides, Zur Kulturpolitik der römischen Kurie um die Mitte des 18. Jarhunderts, in Johann Joachin Winckelmann 1717-1768, Amburgo, 1986, p. 179-193.
16 Si veda la Notizia delle Accademie erette in Roma per ordine della Santità di N. Sig. Papa Benedetto decimoquarto, Roma, 1740, per Giuseppe Collini, con licenza de’ Superiori, in cui in apertura si legge : «Il nostro Ottimo Pontefice [...] ben conoscendo quanto contribuir alla felicità de’ Sudditi, e allo splendore della Città il promuovere i studj del più utile, e sodo sapere [...] non lasciò di rivolgere per pubblico bene a questa si grande ed utile Opera il suo paterno pensiero», p. 2; sul loro carattere utile, serio e metodologicamente avvertito, ha posto l’accento F. Waquet, Le modèle français et l’Italie savante. Conscience de soi et perception de l’autre dans la République des lettres (1660-1750), Roma, 1989 (Collection de l’École française de Rome, 117), p. 240-242.
17 L’Accademia di storia e antichità romane ebbe invece 14 membri; ad ulteriore conferma del carattere scientifico delle accademie, ai cardinali, ad eccezione del cardinale di York, non era concesso partecipare alle riunioni.
18 Per l’Accademia dei Concilî ad esempio si prevedeva «che un solo di essi membri in ciascun mese ragioni, trattando il primo ciò che alla storia, il secondo all’intelligenza de canoni, il terzo a Teologica disputa, che nascer può da Canoni medesimi s’appartiene, e così per tutto il giro dell’anno s’abbia a continuare», in Notizia delle Accademie cit., p. 9.
19 Ivi, p. 4.
20 Su questa figura d’antiquario, possessore di una cospicua biblioteca, si veda la voce Baldani Antonio (Roma 1691-Roma 1765), di L. Moretti in DBI, 5, 1963, p. 442-443, la cit. a p. 442.
21 Sull’importanza di Bianchini per il rinnovamento della cultura romana del tempo : si veda la voce Bianchini Giuseppe (Verona 1704-Roma 1764) di S. Rotta in DBI, 10, 1968, p. 200-205; E. Appolis, Entre jansénistes et Zelanti. Le «Tiers parti» catholique au xviiie siècle, Paris, 1960, lo colloca, assieme ad Amaduzzi e Foggini, nel «tiers parti»; alla figura dell’oratoriano dedica interessanti notazioni V. E. Giuntella, Roma nel Settecento, in Storia di Roma, XV, Bologna, 1970, p. 255-256.
22 Sulle Conferenze di Bianchini, segnalate da L. von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo, XVI, Storia dei papi nel periodo dell’assolutismo, dall’elezione di Benedetto XIV sino alla morte di Pio VI (1740-1799), parte I, Benedetto XIV e Clemente XIII (1740-1769), Roma, 1933, p. 136, n. 4 e da S. Rotta, Bianchini Giuseppe cit., p. 204, si veda R. Operti, Giuseppe Bianchini e Benedetto XIV, in Oratorio Filippino, XIX, 1962, n. 4, p. 13-14 e n. 5, p. 1-3 e Id., Osservazioni sul metodo storico di p. Giuseppe Bianchini, ivi, n. 7, p. 1-6 ed inoltre M. P. Donato, Accademie romane. Una storia sociale (1671-1824), Napoli, 2000.
23 Sul Della vita del padre D. Antonio Torres, preposito generale della Congregazione de’ Pii Operai scritta da Tommaso Sergio e dedicata alla santità di N. S. Benedetto XIII, libri tre, Roma, 1727, si veda G. Ricuperati, L’esperienza civile e religiosa di Pietro Giannone, Milano-Napoli, 1970, p. 44-46 e n. 2.
24 In qualità di consultore dell’Inquisizione, Tommaso Sergio, assieme a Fortunato Tamburini ed al minimo padre Zavaroni, aveva dato l’approvazione al trattato teologico di padre Bettelli agostiniano, censurato con quello del Bechi, dalle università di Magonza e Ingolstad, rette da gesuiti, notizia tratta dalla lettera di F. Tamburini a Muratori, Roma, 5 luglio 1749, in Carteggio con Fortunato Tamburini, a cura di F. Valenti, Centro studi muratoriani, Modena, Edizione nazionale del carteggio di L. A. Muratori, Firenze, 1975, p. 423.
25 Sull’opera le Ragioni della sede apostolica sopra il ducato di Parma e Piacenza esposte a’ Sovrani, e Principi d’Europa, Roma, 1741 e sulla sua carriera culminante nell’elezione a cardinale nel 1759, si veda la voce Antonelli Nicola Maria (Pergola 1698-Roma 1767) di E. Gencarelli in DBI, 3, 1961, p. 500.
26 Sullo sviluppo dell’antiquaria cristiana promosso nella Roma di fine ’500 dal cardinale Baronio, si veda R. De Maio, L. Giulia, A. Mazzacane (ed.), Baronio storico e la Controriforma, Sora, 1982, e S. Zen, Baronio storico. Controriforma e crisi del metodo umanistico, Napoli, 1994.
27 Sulla protezione che Portocarrero riservò alla Dissertazione sopra le tre Magie, opera postuma di Costantino Grimaldi, Roma, Pagliarini, 1751, si veda G. Ricuperati, Nota introduttiva a C. Grimaldi, in R. Ajello et al., Dal Muratori al Cesarotti, V, Politici ed economisti del primo Settecento, Milano-Napoli, 1978, p. 771-772.
28 I nomi dei fondatori si ricavano dai Nomi degli Accademici allegati alla Notizia cit, quelli dei membri successivi nei Nomi degli Accademici allegati agli Argomenti de’ discorsi da farsi nell’anno... nelle Accademie nuovamente istituite da N. Signore Papa Benedetto XIV, Roma, 1742 ss., raccolte conservate in BAV, Ferrajoli, V, 6172, utilizzate da M. P. Donato, Accademie romane cit.
29 Come sottolinea S. Rotta, Bianchini Giuseppe cit., p. 203-204, nelle Vindiciae Canonicarum scripturarum Vulgata latinae editionis, uscite nel 1740 con dedica al cardinale Quirini, appena eletto prefetto della Congregazione dell’Indice, Bianchini condivise l’opinione dei maurini che fosse esistita una sola versione pregeronimiana della Bibbia, l’Itala, ipotesi che gli consentiva di contrastare sul terreno filologico gli attacchi dei protestanti alla Volgata.
30 Su questo interessante erudito si veda la voce Assemani Giuseppe Simonio (Hasruūn 1687-Roma 1768) di G. Levi della Vida, in DBI, 4, 1962, p. 437-440; sull’Italicae Historiae Scriptores..., Romae, ex typ. Komarek apud A. Rotilium, 1751-1755, opera in cui Assemani si proponeva di fornire un supplemento ai Rerum del Muratori in una Roma ormai roccaforte degli anti-muratoriani, si veda M. Rosa, L’«età muratoriana» cit., p. 23.
31 Su questa importante figura di antiquario e letterato cruscante, bibliotecario della Corsiniana e poi della Vaticana, amico di Cerati e di Celestino Galiani oltre che di Lami, Foggini e Tanucci, animatore del circolo dell’Archetto, infaticabile divulgatore del pensiero giansenista, si veda la voce Bottari Giovanni (Firenze 1689-Roma 1775), di G. Pignatelli e A. Petrucci in DBI, 13, 1971, p. 409-418 con ricchissima bibliografia; il ruolo dei cattolici illuminati ed in particolare di Bottari nella presentazione al pubblico italiano della teologia naturale newtoniana, della lockiana ragionevolezza del cristianesimo e del naturalismo gassendista, è stato messo in risalto da V. Ferrone, Scienza, natura, religione. Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo Settecento, Napoli, 1982, il quale sottolinea come Bottari rimase «ben al di qua dell’illuminismo, intimorito, come Cerati, dal violento dispiegarsi della nuova cultura dei lumi e della sua vigorosa componente anti-cristiana», p. 206; sul contributo di Bottari alla fortuna delle opere di Machiavelli, M. Rosa, Dispotismo e libertà nel 700. Interpretazioni repubblicane di Machiavelli, Bari, 1964 e G. Procacci, Studi sulla fortuna del Machiavelli, Roma, 1965; sull’attività di animatore del circolo dell’Archetto si veda R. Palozzi, Monsignor Giovanni Bottari e il circolo dei giansenisti romani, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, s. II, vol. X, 1941, p. 70-90 e p. 199-220.
32 Su Giacomelli (1695-1774), giunto da Pistoia a Roma su invito del connazionale Forteguerri, bibliotecario di vari cardinali, tra cui Silvio Valenti Gonzaga, segretario delle lettere latine nel 1759, si veda P.-J. Grosley, Observations sur l’Italie et les Italiens données en 1764 sous le nom de deux gentilshommes suédois, Londres, 1770, e la recensione che le NL, XVIII, 1757, n. 33, dedicarono all’edizione critica curata da Giacomelli di S. Giovanni Crisostomo, Del sacerdozio libri VI, volgarizzati e con annotazioni illustrati, Roma, Collini e Francesi, 1757, in cui si sottolinea che la traduzione con testo a fronte, dedicata a Monsignor Marco Antonio Colonna, «è stata ben pensata da esso [Giacomelli] [...], perché libri cotanto utili e necessari possono essere intesi nella nostra Italia da tutti», col. 513-517; nell’Avvertimento ai Lettori Giacomelli sottolineava che la sua traduzione si rivolgeva «ai Cattolici, ai quali non conviene che trattino libri infetti de’ sentimenti de Settari», i settari in questione erano Huygens, Thirlby e Bengelio, precedenti traduttori del testo, confutati da Giacomelli attraverso numerose annotazioni; sulla collaborazione al Giornale de’ letterati si veda M. P. Donato, Gli «strumenti» della politica di Benedetto XIV : il «Giornale de’ Letterati» (1742-1759), in M. Caffiero e G. Monsagrati (a cura di), Dall’erudizione alla politica, Milano, 1997, p. 39-61, in part. p. 45 e p. 51.
33 Sull’erudito Gaetano Cenni (1698-1762), originario di un paesino vicino Pistoia, trasferitosi a Roma come bibliotecario di Lorenzo Corsini, dal 1738 beneficiato della Basilica Vaticana, collaboratore di Giuseppe Bianchini alla nuova edizione romana del Liber Pontificalis, redattore del rinnovato Giornale de’ Letterati, che dette alle stampe le proprie Dissertazioni sopra vari punti interessanti d’istoria ecclesiastica, pontificia e romana pubblicate ora per la prima volta da Gio. Bartolomeo Colti nipote dell’autore, Pistoia, 1778, si veda M. P. Donato, Gli «strumenti» cit., in part. p. 43-45.
34 Su Lami Amadori si veda V. Bartoloni (a cura di), Giovanni Lami e il Valdarno inferiore. I luoghi e la storia di un erudito del Settecento, Pisa, 1997, p. 60.
35 E. Codignola, Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio De Vecchi, Firenze, 1944, t. I, p. 33, sottolinea che Foggini ottenne un posto di beneficiato nella Basilica Lateranense, di cui il cardinale Neri Corsini, suo protettore, era arciprete.
36 Su Lucchesini (Lucca 1660-Roma 1744), si vedano le NL, VI, 1745, col. 261 e E. Cochrane, Tradition and Enlightenment in the Tuscan Academies, 1690-1800, Chicago-Londra, 1961, p. 165, che segnala la sua traduzione latina di Demostene, Demosthenis Orationes de Republica ad populum habitae, Latio domatae a Jo. Vincentio Lucchesino, cum notis criticis et historicis, Roma, 1712, oltre che l’Historiarum sui temporis ab Noviomagensi pace, Roma, ex typ. Petri Ferri, 1725-1738, costruita sul modello di Aulo Gellio.
37 Si veda il Catalogo ristretto delle cose più notabili, che sono nel museo di Storia naturale del fu Mons. Antonio Baldani romano, ora venale in Roma, presso i di lui eredi, recensito in NL, XXVII, 1766, n. 4, Roma, col. 50-58.
38 Sulla figura di questo accreditato orientalista, precettore dei nipoti del cardinale Alessandro Albani, dal 1715 insegnante di ebraico al collegio della Propaganda, dal 1737 sulla cattedra di letteratura greca al Collegio romano, si veda la voce Jean Bouget (Saumur 1692-Roma 1775), di P. Vaucelles, in M. Prevost-R. d’Amat (ed.), Dictionnaire de biographie française, VI, Paris, 1954, p. 1293; per la sua lunga amicizia con Benedetto XIV si vedano le Lettere di Benedetto XIV al cardinale De Tencin, a cura di E. Morelli, Roma, 1965, I, p. 128 e passim.
39 Roma, 1717, in 8°.
40 Roma, 1737, 3 vol. in-fol.
41 M. P. Donato, Accademie e accademisti in una capitale particolare. Il caso di Roma, secoli xviii-xix, in MEFRIM, 111, 1999, 1, p. 415-430, e Accademie romane. Una storia sociale (1671-1824), Napoli, 2000.
42 Su questo trattato, rimasto ms., e sulla sua produzione a stampa, si veda M. P. Donato, Gli «strumenti» cit., p. 57, n. 47.
43 Su questo agostiniano rigorista che preferì la vita di studioso alla carriera curiale, autore del noto, quanto contestato, manuale teologico per le scuole agostiniane, De theologicis disciplinis, 8 vol., usciti a Roma tra 1739 e 1745, professore di storia ecclesiastica all’Università di Pisa dal 1748 al 1766, anno della sua morte, socio dell’Accademia degli Apatisti di Firenze, giudicato severamente dal circolo giansenista dell’Archetto e da Bottari in quanto ritenuto troppo indulgente verso i molinisti, si veda la voce Berti Gianlorenzo (Seravezza 1696-Pisa 1766) di G. Pignatelli in DBI, 9, 1967, p. 516-521, con ricca bibliografia; sull’agostinismo del Berti essenzialmente filoromano e antigallicano, si veda P. Stella, Introduzione ad Atti e decreti del Concilio diocesano di Pistoia dell’anno 1786, a cura di P. Stella, Firenze, 1986, I, p. 22.
44 Per l’uso di Basnage e di Dodwell in funzione apologetica, si veda la dissertazione Sopra il proposto argomento della maniera di ristabilire la Storia quasi affatto perduta dei SS. Ponziano ed Autero Pontefici Romani, letta nel 1743 in cui Berti riaffermava la storicità del martirio di Ponziano e di Autero; per la presa di distanza da Van Espen che non capisce «come a gli eminentissimi porporati si restringe il nome di cardinali, comune (ei dice) a’ vescovi e a’ parochi», la dissertazione Nella quale si tratta de’ titoli distribuiti da S. Evaristo Papa à Preti di Roma, letta nel 1742; per la difesa di S. Agostino e di Noris e la presa di distanza da Giansenio «Predestinaziano anch’egli, e nelle sue illazioni poco da Calvino dissimigliante», la dissertazione Intorno ciò, che operò S. Celestino Papa co’ Vescovi di Francia, per raffrenare i Semipelagiani di Marseglia, che censuravano la dottrina di Santo Agostino nella materia della Predestinazione e della Grazia, letta nel 1744, dissertazioni pubblicate in Prose volgari di F. Gianlorenzo Berti agostiniano, dedicate al merito sublime di sua eccellenza il signor cavaliere Gaetano Antinori priore di Orvieto, consigliere di stato e di reggenza, e segretario di guerra, in Firenze, MDCCLIX, appresso Andrea Bonducci con licenza de’ superiori; sull’attività del Berti si veda B. Van Luijk, O.E.S.A, Gianlorenzo Berti agostiniano (1696-1766), in Rivista di storia della chiesa in Italia, XIV, 1960, p. 235-262 e p. 383-410.
45 Si veda la dissertazione In cui trattasi di ciò, che il Pontefice S. Melchiade operò nella Causa de i Donatisti, letta nel 1744 in cui Berti, parlando della convocazione da parte di Costantino del Concilio di Arles per appianare i contrasti con i Donatisti che lo avevano interpellato, afferma «Il Baronio, il Balduino, il Pagi, dicono non esser disdicevole, né ripugnante al giudizio del Romano Pontefice, nelle cose al dogma appartenenti certo e infallibile, rivedere una questione spettante a disciplina, o a puro fatto, del qual genere è questa, se Ceciliano fosse traditore, e ordinato secondo i canoni e conseguentemente non inferirsi da un tale appello quello che gli avversari nostri pretendon lecito, anche da una Ponteficia dogmatica Definizione. Si potrebbe è vero, inferire delle cose già dette, quanto sia negli Ecclesiastici pregiudiciale l’ambizione de i Vescovadi, quanto disconvenevole il ricorso a i Principi secolari, quanto irregolare la disubbidienza à Rescritti Apostolici [...] si potrebbe invitare ad unirsi alla Chiesa, e ad umiliarsi al sovrano Pastore di quella, chiunque n’è separato, colla bella esortazione fatta a i Donatisti dal mio gran Padre S. Agostino», in Prose cit., p. 183-215, la cit. a p. 212-214.
46 Utili elementi per cogliere la personalità di François Jacquier (1711-1788), editore e commentatore, in collaborazione con il confratello Thomas Le Seur, dei Principia mathematica di Newton, Ginevra 1739-42, dal 1746 professore di fisica alla Sapienza e dopo la soppressione della Compagnia di Gesù professore di matematica al Collegio romano, negli elogi funebri di L. Godard, Per la morte del celebre matematico P. Francesco Jacquier de’ Minimi, Roma, 1788, e del discepolo G. B. Avanzo, Elogio del celebre P. Jacquier, Roma, 1790; sul suo sperimentalismo che «non si presentava in contraddizione con le istanze metafisiche della teologia», si veda M. Caffiero, Le «Efemeridi letterarie» di Roma (1772-1798). Reti intellettuali, evoluzione professionale e apprendistato politico, in Dall’erudizione alla politica cit., p. 63-101, in part. p. 80-83.
47 F. Venturi, Settecento riformatore, II, La Chiesa e la repubblica dentro i loro limiti : 1758-1774, Torino, 1976, p. 11.
48 Nonostante le accuse di giansenismo che gli provenivano dall’aver condiviso assieme a Bottari e Lami la cultura rigorista ed aver frequentato negli anni ’30 gli ambienti vicini ai Corsini, Orsi dette un notevole contributo alla difesa dell’infallibilità pontificia con il suo De irrefutabili Romani pontificis in definendis Fidei controversiis judicio, Roma, 1739-1740, opera che conobbe una versione abbreviata in italiano, Roma, 1741, che conteneva numerosi attacchi a Bossuet ed una Dissertazione sulla natura del governo monarchico della Chiesa.
49 Sulla rivisitazione curiale del Fleury operata nel Della Istoria ecclesiastica, si veda A. Prandi, La Istoria ecclesiastica di P. Giuseppe Orsi e la sua genesi, in Rivista di storia della chiesa in Italia, XXXIV, 1980, p. 430-450, sul ruolo svolto dal cardinale Corsini nell’ideazione dell’opera si veda M. P. Donato, Gli «strumenti» cit., p. 57, n. 4. Entrato a far parte della Congregazione del S. Uffizio, Orsi espresse assieme a Passionei, Tamburini, Spinelli ed a Corsini, parere negativo alla messa all’Indice dell’Esposizione del simbolo della fede cattolica, traduzione italiana promossa e rivista da Bottari, apparsa a Napoli in 5 tomi tra il 1758-1760, dell’Exposition de la doctrine chrétienne del Mésenguy, catechismo già censurato da Benedetto XIV nel 1755 e posto all’Indice nel 1757; per questo ultimo aspetto si veda la lettera dello Sterlich a Lami, Chieti, 5 agosto 1761, in R. De Sterlich, Lettere a G. Lami (1750-1768), a cura di U. Russo e L. Cepparone, Napoli, 1994, n. 277, p. 558; si veda inoltre A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della rivoluzione, Bari, 1928, p. 199 e V. E. Giuntella, Roma nel Settecento cit., p. 163-164.
50 La lettera di L. A. Muratori al p. Giuseppe Bianchini, Modena, 5 novembre 1740 in L. A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori, IX, Modena, 1905, n. 4314, p. 4074, si veda anche la lettera del 20 dicembre 1740, ivi, n. 4334, p. 4091.
51 Sulla personalità del monaco cassinese, in contatto con António Verney, tenace probabilista, sostenitore del Maffei nella polemica sulla liceità dell’interesse, favorevole al catechismo di Mésenguy, si veda P. Elli, Il cardinale Fortunato Tamburini (1683-1761). Note biografiche, in Benedectina, 19, 1972, p. 33-64, Id., Il cardinale Fortunato Tamburini da Modena e il suo De Conscientia, Roma, 1979, e G. Bedoni, La dissertazione muratoriana De codice carolino, in Corte, buon governo, pubblica felicità. Politica e coscienza civile nel Muratori, Firenze, 1996, p. 128-129.
52 Si veda in NL, XXIX, 1768, Ravenna, col. 789, la commossa notizia della sua scomparsa.
53 Lettera di F. Tamburini a L. A. Muratori, Roma, 9 agosto 1741, n. 59 in Carteggio con Fortunato Tamburini cit., p. 59.
54 M. Caffiero, La maestà del papa. Trasformazioni dei rituali del potere a Roma (xviii-xix secolo), in M. A. Visceglia e C. Brice (a cura di), Cérémonial et rituel à Rome (xvie-xixe siècle), Roma, 1997 (Collection de l’École française de Rome, 231), p. 281-316; sui grandiosi rituali collettivi da crociata elaborati dalla «scuola romana», Id., La nuova era. Miti e profezie dell’Italia in Rivoluzione, Genova, 1991.
55 Per l’abbassamento dell’età, passata da 49 anni per i soci fondatori, a 38 anni per i nuovi membri e per la lettera di raccomandazione sollecitata nel 1744 da L. Farinacci al cardinale Albani per essere ammesso nell’Accademia di Storia ecclesiastica, si veda M. P. Donato in questo volume.
56 Su quest’accademia, attiva fino al 1757, dove Garampi lesse nell’estate del 1747 due dissertazioni (Lettere formate, communicatorie e dimissorie dei vescovi della prima Chiesa), si veda D. Vanysacker, Cardinal Giuseppe Garampi (1725-1792) : an enlightened ultramontane, Bruxelles-Roma, 1995, p. 56 e n. 16 di p. 69, su Tommaso M. Mamachi (1713-1792), teologo casanatense, dal 1749 segretario dell’Indice del Sacro Palazzo e sulla sua collaborazione al Giornale de’ Letterati dopo i cambiamenti del 1745, si veda M. P. Donato, Gli «strumenti» cit., p. 46.
57 La copia ms. della dissertazione del Garampi dal titolo Delle lettere scritte vicendevolmente da’ Romani Pontefici, e da’ Principi Cattolici nelle loro rispettive Promozioni al Principato, e Pontificato ad illustrazione di un passo dell’Apologetico di S. Simmaco Papa ad Anastasio Imperatore, letta il 1° luglio 1748, è conservata in ASV, Collezione Garampi, n. 1, Garampi, Dissertationes variae, la dissertazione Della fondazione della Scuola Anglo-Sassonica in Roma, seguita dallo studio comparativo Del danaro di S. Pietro, letta il 13 maggio 1750, conservata in copia ms. in BAV, Vat. lat., 9022, è stata edita da P. A. Uccelli, Dissertazione inedita del Conte ab. Giuseppe Garampi poi cardinale della S.R.C. con prefazione e note, Roma, 1875. Entrambe le dissertazioni sono state segnalate da D. Vanysacker, Cardinal Giuseppe Garampi cit., rispettivamente a p. 57 e n. 19 di p. 69 ed a p. 67 e n. 102 di p. 75.
58 Per la sua erudizione agiografica poco incline al «miracoloso», si veda M. Caffiero, Dall’esplosione mistica tardo-barocca all’apostolato sociale (1650-1850), in L. Scaraffia e G. Zarri (a cura di), Donne e fede. Santità e vita religiosa in Italia, Roma-Bari, 1994, p. 327-373, in particolare p. 346-349.
59 Sulla sua attività anti-febroniana e poi «ultramontana», si veda D. Vanysacker, Cardinal Giuseppe Garampi cit., specie p. 106-112 e p. 155-170; sull’adesione alla politica romana dei miracoli da opporre alla «diabolica» e anticristiana filosofia si veda M. Caffiero, La politica della Santità. Nascita di un culto nell’età dei lumi, Bari, 1996, p. 44-46.
60 Le informazioni provengono dal Breve saggio dell’accademia di materie ecclesiastiche, eretta dentro la Congregazione de’ Padri dell’Oratorio di Napoli nell’anno 1741 sotto la protezione dell’eminentissimo Signor Cardinale Spinelli Arcivescovo, Presidente della medesima, in Napoli, 1741 nella stamperia Muziana; per il tema scelto nel primo anno si veda l’Orazione parenetica per lo ricominciamento letta dal padre Annibale Marchese, segretario dell’accademia, il 15 giugno 1741 e pubblicata in Appendice al Breve saggio cit.
61 Autore delle Exercitationes Dogmatico-Morales in Propositiones Proscriptas a S.S. P.P. Alexandro VII, Napoli, 1739, ex typographia Ianuarii et Vincentii Mutio, recensite da Lami il quale, nel segnalare l’uscita nel 1740 del III tomo dell’opera, Exercitationes Dogmatico-Morales in Propositiones Proscriptas a S.S. P.P. Alexandro VIII, sottolineava «l’amore per la sana Morale, il rispetto per coloro che l’Autore crede essersi da quella allontanati, non mancando egli di mano in mano di liberar ancora dalla taccia di rilassati quei Teologi, alla difesa de’ quali l’interessa la sua Religione», in NL, III, 1742, n. 36, Napoli, col. 569-570, la cit. a col. 570.
62 Su Giuseppe Orlandi, fratello di Celestino Orlandi (membro dell’Accademia di Liturgia a Roma), allievo a Sulmona di Celestino Galiani, amico di Antonio Genovesi con cui collaborò all’edizione (1745) degli Elementa physicae del van Musschenbroek, si veda F. Venturi, Settecento Riformatore, I, Da Muratori a Beccaria, Torino, 1969, p. 528-29 e p. 557-563, V. Ferrone, Scienza natura cit., in part. p. 577-78, p. 609-10 e Id., Profeti dell’Illuminismo. Le Metamorfosi della ragione nel tardo Settecento italiano, Roma-Bari, 1989, p. 117, che sottolinea l’importanza delle sue riflessioni sui concetti newtoniani di spazio e di tempo assoluti e delle sue valutazioni matematiche delle forze vive.
63 Oltre ai ventiquattro ecclesiastici che discettavano su questioni di storia ecclesiastica, partecipavano infatti alle riunioni anche altri sei accademici, cinque dei quali dovevano intervenire a turno sulle questioni liturgiche sollevate dagli oratori, mentre al sesto era affidato il compito di analizzare da vicino la storia della chiesa di Napoli; per i nomi degli ecclesiastici fondatori, si veda il Breve saggio cit.
64 Su questa accademia che aveva eletto come protettori S. Agostino, S. Tommaso d’Aquino, S. Girolamo e S. Teresa di Gesù, si veda G. P. Cirillo, Breve ragguaglio dell’Accademia degli Oziosi istituita in Napoli nell’anno 1733 in casa del Sig. D. Niccolò Maria Salerno, patrizio salernitano de’ baroni di Lucignano, Napoli, 1734, Varj componimenti recitati nell’Accademia degli Oziosi in Napoli, Padova, 1735, il Catalogo degli Accademici Oziosi e delle materie intorno alle quali ragioneranno in quest’anno, Napoli, 1738 e C. Minieri-Riccio, Cenno storico delle accademie fiorite nella città di Napoli, in Archivio storico per le province napoletane, V, 1880, p. 350.
65 Lucca, 1737.
66 Sul carattere aperto di questa accademia, nata nel 1726 su iniziativa di don Ciro de Altèriis (Altieri) a cui partecipavano laici ed ecclesiastici ed in cui si dissertava di storia, di lettere amene, di filosofia, di scienze esatte ma soprattutto di scienza ecclesiastica, si veda C. Minieri-Riccio, Cenno storico cit., IV, 1879, p. 165-166 e p. 582 ed E. Chiosi, in questo volume.
67 Tra cui cinque oratoriani, due teatini, due francescani, un celestino, un pio operaio, un domenicano, un leonardino e nessun gesuita.
68 S. Basnage, De rebus sacris et ecclesiasticis exercitationes historico-criticae, in quibus cardinalis Baronii Annales, ab anno Christi XXXV, in quo Casaubonus desiit, expenduntur, Utrecht, 1692; Samuel Basnage (1638-1721), cugino del pastore protestante Jacques Basnage che polemizzò con l’opera di Bossuet, fu anche l’autore dei fortunati Annales politico-ecclesiastici annorum DCXV a Caesare Augusto ad Phocam usque, Rotterdam, R. Leers, 1703.
69 Breve saggio cit.; il passaggio è commentato da Lami, il quale scrive : «Questo vuol dire esser Vescovo, e non credere stoltamente, che lo studio della Storia Ecclesiastica proggiudichi all’essere di Ecclesiastico, come si vede pensare da alcuni capi, i quali hanno la disgrazia che manchi loro tutto il midollo», in NL, VI, 1745, n. 25, Napoli, col. 392.
70 Nata in maniera informale e priva di regolamenti rigidi, l’accademia con il breve di Clemente XI del 23 aprile 1718 era stata dotata di statuti e trasferita nel palazzo della Sapienza; fu riorganizzata da Benedetto XIII, che con la bolla del 16 maggio 1726, le assegnò notevoli fondi e soprattutto decise che i lettori di filosofia e teologia dell’Università e del Collegio di Propaganda Fide, gli esaminatori dei vescovi ed i qualificatori del S. Ufficio dovessero essere scelti tra gli accademici. Su questa accademia, sul cui livello scientifico si hanno giudizi discordanti, trampolino di lancio per la burocrazia prelatizia, si veda F. Cancedda, Figure e fatti intorno alla biblioteca del cardinale Imperiali mecenate del ’700, Roma, 1995 e la voce Girolami Raffaele Cosimo (Firenze 1670-Roma 1748) di S. Tabacchi in DBI, 56, 2001.
71 La lettera del 16 maggio 1785 da Prato in Lettere di Scipione de’ Ricci a Pietro Leopoldo, t. I, 1780-1785, a cura di B. Bocchini Camaiani e M. Verga, Firenze, 1990, n. 44, p. 415; sul ruolo avuto da Spinelli nella cacciata di Van Espen dall’Università di Lovanio, si veda G. Leclerc, Zeger-Bernard Van Espen (1646-1728) et l’autorité ecclésiastique, Zurigo, 1964; sul tardo apprezzamento di Spinelli per Van Espen, si veda, oltre la già citata lettera del Ricci, la lettera del Cerati a Bottari dell’8 agosto 1752, cit. in E. Passerin d’Entrèves, La riforma giansenista della Chiesa e la lotta anticuriale in Italia nella seconda metà del Settecento, in Rivista storica italiana, XXXI, 1959, p. 228, n. 41.
72 Sulla biblioteca di Spinelli, che rispecchiava l’apertura intellettuale e la predilezione per le scienze positive del suo maestro Celestino Galiani, F. Russo, Storia della biblioteca teologica «san Tommaso» di Napoli, Firenze, 1980.
73 Su Sebastiano Paoli (1684-1751), predicatore, teologo, archeologo, chierico regolare della congregazione di Lucca, si veda C. A. Erra, Memorie de’ religiosi per pietà e dottrina insigni della congregazione della Madre di Dio, Roma, 1760, II, p. 282; sulle Annotazioni critiche sopra il nono libro del t. II della Storia civile di Napoli del Sig. Pietro Giannone, Lucca, 1731, e la polemica che ne seguì, si veda G. Ricuperati, L’esperienza civile e religiosa di Pietro Giannone, Milano-Napoli, 1970, p. 318 e p. 351; per il non lusinghiero giudizio del Giannone sul Paoli, autore a suo avviso di «trasonerie e rodomontate», si veda la Vita di Pietro Giannone, in Opere di Pietro Giannone, a cura di S. Bertelli, Milano-Napoli, 1971, p. 210-212 ed il Ragguaglio dell’improvviso e violento ratto praticato in Venezia ad istigazione de’ gesuiti e della corte di Roma nella persona dell’avvocato P. Giannone, a cura di S. Bertelli, ivi, p. 548.
74 Su Pratili, autore del Della via Appia, riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi, Napoli, 1745, e curatore della ristampa dell’Historia principium longobardorum di Camillo Pellegrino a cui aggiunse alcune dissertazioni, si veda N. Cilento, Il falsario della storia dei Longobardi meridionali : Francesco Maria Pratilli (1689-1763), Milano-Napoli, 19712, p. 36-51.
75 Sulle numerose censure e richieste di spiegazioni che costellano le copie manoscritte delle dissertazioni degli accademici, ha richiamato l’attenzione E. Chiosi, Andrea Serrao. Apologia e crisi del regalismo nel Settecento napoletano, Napoli, 1981, p. 89 e Id., La seduzione della ragione, in Id., Lo spirito del secolo. Politica e religione a Napoli nell’età dell’illuminismo, Napoli, 1992, p. 39-40, che sottolinea come il ricorso ai testi dei padri della chiesa, l’erudizione e le rigorose norme metodologiche che gli accademici si dettero, sostanziarono «una ricerca attestata su posizioni di difesa [...] e di conferma a previe indiscusse e indiscutibili certezze».
76 Sulla sua nomina si veda la prima autobiografia, Vita di Antonio Genovesi, pubblicata in appendice al volume di P. Zambelli, La formazione filosofica di Antonio Genovesi, Napoli, 1972, p. 855.
77 Per la critica mossa alla dissertazione letta da Genovesi il 14 maggio del 1748, si veda E. Chiosi, La seduzione cit., p. 38 e Id., L’Evangelo della ragione, in Id., Lo spirito cit., p. 212.
78 Sul picco che la produzione di libri agiografico-devozionali raggiunse durante l’episcopato dello Spinelli, si veda M. Campanelli, Agiografia e devozione nell’editoria napoletana del Settecento, in A. M. Rao (a cura di), Editoria e cultura a Napoli nel xviii secolo. (Atti del Convegno organizzato dall’Istituto Universitario Orientale, dalla Società di Studi sul secolo xviii e dall’Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli 5-7 dicembre 1996), Napoli, 1998, p. 447-475, in particolare p. 452-453.
79 Sull’affermarsi dell’ «immagine di vescovo pastore-amministratore» a partire dal pontificato di Benedetto XIV, si veda C. Donati, Vescovi e diocesi d’Italia dall’età post-tridentina alla caduta dell’antico regime, in M. Rosa (a cura di), Clero e società nell’Italia moderna, Bari, 1992, p. 373.
80 Sulla «primavera di riforme ecclesiastiche» avutasi a Napoli tra il 1741 ed il 1746, si veda R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna (1656-1799), Napoli, 1971, p. 234; sulle iniziative di rinnovamento dell’amministrazione curiale e di riordino degli archivi, si veda Id., Religiosità a Napoli (1656-1799), Napoli, 1997, in particolare le p. 208 ss.; sul rinnovamento nella disciplina e del programma di studi del seminario, entrambi promossi da Spinelli, si veda C. Sarnataro, La catechesi a Napoli negli anni del cardinale Giuseppe Spinelli (1734-1754), Napoli, 1989.
81 R. De Maio, Dal Sinodo del 1726 alla prima restaurazione borbonica del 1799, in Storia di Napoli, IX, L’età di Vico, a cura di E. Pontieri, Napoli, 1981, p. 463.
82 Sul padre Lodovico Sabbatini d’Anfora (1708-1776), della Congregazione dei Pii Operai, vescovo dell’Aquila dal 1750 alla morte, autore di Riflessioni sulla divozione regolata del Muratori, Napoli, 1751, in cui polemizzava con Muratori, sostenitore della canonizzazione di Bellarmino, si veda il giudizio espresso da Sterlich in una lettera da Chieti, 30 ottobre 1751, a Lami : «Questo prelato ha letto molto, et è dotato dalla natura di una prodigiosa ritentiva, ma non so se abbia tutte le qualità d’un buon critico»; in un’altra lettera, anch’essa da Chieti, del 10 agosto 1752, Sterlich scrive sempre a Lami : «vorrei di più che il nostro Sabbatini scrivesse con maggiore eleganza in latino, e che sapesse di lingua greca, di cui sa neppur l’abbiccì [...]», entrambe le lettere in Lettere a Giovanni Lami cit., rispettivamente alle p. 145 e p. 233.
83 Si vedano le recensioni che Lami dedicò sia a L. Sabbatini, Vetusto calendario romano, Napoli, 1744, in NL, VI, 1745, n. 21, Napoli, col. 330-336, VII, 1746, n. 36, Napoli, col. 566-570, e XI, 1750, n. 41, Napoli, col. 651-654, sia a A. S. Mazzocchi, Santae Neapolitanae Ecclesiae Kalendarium Commentarius, Neapoli, 1744, ivi, VIII, 1747, n. 2, Napoli, col. 21-23. Su Mazzocchi si veda E. De Maio, Alessio Simmaco Mazzocchi e la filologia del Settecento, in Critica storica, X, 1973, p. 1-9, A. Lauro, A. S. Mazzocchi fra curialisti e giansenisti, in Archivio storico di Terra di Lavoro, IV, 1965-1975, e P. Borraro (a cura di), Alessio Simmaco Mazzocchi e il Settecento meridionale, Salerno, 1979.
84 V. Ferrone, I profeti cit., p. 226-331.
85 A. Genovesi, Vita di Antonio Genovesi in Scritti, a cura di F. Venturi, in La letteratura italiana. Storia e testi, vol. 46, t. V, p. 21.
86 Per la proposta di Simioli, si veda la lettera di Cerati a Bottari, del 9 gennaio 1757 da cui si apprende che Simioli aveva condensato in quattordici capi di dottrina le spiegazioni richieste, punti in cui egli «avrà posti in salvo tutte le verità oscurate o combattute da chi ha interesse d’abusare della costituzione ed avrà posti in palese gli errori condannati in essa dalla Sede Apostolica», cit. in R. Palozzi, Monsignor Giovanni Bottari cit., p. 78.
87 Sull’abbozzo di bolla, sul Simioli e sul fatto che «fu il giansenismo a lanciare questo motivo forte e dalle risonanze imprevedibili» si veda M. Rosa, Il giansenismo, in G. De Rosa e T. Gregory (a cura di), Storia dell’Italia religiosa cit., p. 237-238; sui rapporti di Simioli con i circoli giansenisti, E. Chiosi, Andrea Serrao cit., p. 86-92, e F. Strazzullo, Carteggi eruditi del Settecento, Napoli, 1993, p. 388-390; per gli elogi e gli apprezzamenti che Simioli, dal 1764 rettore del seminario napoletano e confessore del re, ricevette dal de’ Vecchi, si veda E. Codignola, Il giansenismo toscano cit., I, p. 266.
88 L’istituzione di questa accademia è segnalata da Lami il quale scrive : «Quest’accademia è teologica, e in essa si trattano specialmente questioni riguardanti la Storia ecclesiastica, la Liturgia, le Rubriche e la Teologia morale. Ella s’aduna frequentemente e sono proposti in essa antecedentemente gli argomenti da trattarsi, secondo le varie materie sopra accennate. Io ho veduto gli argomenti de’ Discorsi da recitarvisi nell’anno 1744 i quali fanno ben conoscere il buon gusto di questa erudita Adunanza, simile alla quale piacesse a Dio, che tutti i Vescovi ne istituissero una nella loro Città, per togliere più, che sia possibile l’ignoranza dal Clero, la quale è un fonte assai fecondo della corruzione de’ costumi. Ma pure tanta è la cecità di molti in alcuni luoghi, che reputano pregiudicarsi dalla cognizione dell’Istoria Ecclesiastica, e dalla dottrina Liturgica, alla Scienza clericale, che Iddio gliele perdoni», in NL, VI, 1745, n. 26, Napoli, col. 409-410.
89 Sul contrasto che oppose la corte allo Spinelli, accusato di voler introdurre a Napoli l’Inquisizione, si veda E. Chiosi, Massoneria ed Inquisizione, in Id., Lo spirito cit., p. 45-78, in particolare p. 67-70, Id., Il Regno di Napoli dal 1734 al 1799, in G. Galasso e R. Romeo (a cura di), Storia del Mezzogiorno, IV, Il Regno dagli Angioini ai Borboni, I, Roma, 1986, p. 372-467 e A. M. Rao, Il riformismo borbonico a Napoli, in Storia della società italiana, XII, Il secolo dei lumi e delle riforme, Milano, 1989, p. 215-290.
90 Una volta rientrato a Roma, Spinelli ricoprì la carica di Prefetto di Propaganda Fide, si avvicinò agli ambienti anti-gesuitici e si oppose, nella già citata seduta della Congregazione del S. Uffizio del 26 maggio 1761, alla messa all’Indice dell’Esposizione del simbolo della fede cattolica cit.; su questo aspetto si veda la lettera del 5 agosto 1761 di Sterlich a Lami, cit. in questo lavoro alla n. 49, e P. Sposato, Per la storia del giansenismo nell’Italia meridionale. Amici e corrispondenti di Alberto Capobianco Arcivescovo di Reggio Calabria, Roma, 1966, p. 19-53; Spinelli, «Porporato veramente luminoso», venne ricordato dal nuovo arcivescovo Antonio Sersale, nell’elogio funebre pubblicato a stampa con il titolo Funerali per l’eminentissimo cardinale Spinelli decano del Sacro Collegio e Vescovo d’Ostia e Velletri, celebrati dall’Em. Card. Antonio Sersale nella Metropolitana chiesa di Napoli nel giorno 26 d’Aprile 1763, Napoli, presso Novello de Bonis Stampatore Arcivescovile, 1763, recensito in NL, XXV, 1765, n. 11, Napoli, col. 173.
91 R. De Maio, Dal Sinodo cit., p. 462, condivide il giudizio E. Chiosi, Andrea Serrao cit., p. 91.
92 Per gli argomenti affrontati nell’accademia, si vedano gli Argomenti delle dissertazioni destinate in questo terzo anno nell’accademia sacra arcivescovile eretta dall’Eminentissimo e reverendissimo Sig. cardinale Sersale arcivescovo, Napoli, 1760, Alessandro Maria Kalefati, Julii Laurentii Selvagii... vita, p. 17-19, G. Sparano, Memorie della chiesa napoletana, Napoli, 1768, t. I, p. 119-122, e la Relationes ad limina, Neapolis 1760 utilizzata da R. De Maio, Dal Sinodo cit., p. 462-463; sull’attività di questa accademia e sui suoi partecipanti, si veda E. Chiosi, Andrea Serrao cit., p. 89-92 con ricca bibliografia.
93 Giudizio espresso da B. Tanucci in una lettera a Carlo III di Borbone, Napoli, 6 marzo 1763, cit. in R. De Maio, Dal Sinodo cit., p. 462; si veda inoltre il lusinghiero giudizio espresso da G. M. Galanti nelle sue Memorie, in Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, 1962, p. 115-116.
94 La lettera del Paoletti in NL, VI, 1745, n. 30, San Miniato, col. 468-471, la cit. alla col. 469.
95 La dissertazione fu pubblicata nell’Antichità illustrata per mezzo di Dissertazioni tanto edite, quanto inedite, ovvero Introduzione generale allo studio dell’Antichità, T. I, Firenze, 1743, in-8°, opera recensita in NL, IV, 1743, n. 6, Firenze, 8 febbraio 1743, col. 85-88.
96 M. Rosa, Atteggiamenti culturali e religiosi di Giovanni Lami nelle Novelle Letterarie, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Classe di lettere, storia e filosofia, II serie, XXV, 1956, p. 267.
97 Il necrologio di Gamucci, «professore di medicina nella città del Borgo a San Sepolcro [...] dove ha esercitato la sua professione con lode, e ci è stato tolto ancor giovane da un attacco, e infiammazione, di polmoni», in NL, XVIII, 1757, n. 19, Borgo San Sepolcro, col. 290, periodico che a più riprese aveva ospitato alcune sue Lettere, Istorie mediche ed altre operette.
98 In NL, VI, 1745, n. 30, San Miniato, col. 468-471, la cit. col. 470-471.
99 Sull’ «epoca d’oro delle edizioni patristiche italiane», almeno trenta opera omnia di Padri della Chiesa e scrittori ecclesiastici antichi apparse tra il 1726 ed il 1750, e sul fatto che queste edizioni mirassero «a creare i meccanismi di consenso in appoggio a una lettura delle fonti cristiane diverse da quella prevalsa nel ’600», si veda P. Stella, Produzione libraria religiosa e versioni della Bibbia in Italia tra età dei lumi e crisi modernista, in Cattolicesimo e lumi cit., p. 99-125, la cit. a p. 102; di P. Stella si veda anche Agostinismo in Italia e cultura patristica europea tra Sette e Ottocento, in Augustinianum, 16, 1976, p. 173-203; sull’idealizzazione del primitivismo cristiano da parte dell’erudizione protestante e cattolica, si veda B. Neveu, L’érudition ecclésiastique du xviiie siècle et la nostalgie de l’Antiquité Chrétienne, in K. Robbins (ed.), Religion and Humanism. Papers read at the Eighteenth Summer Meeting and the Nineteenth Winter Meeting of the Ecclesiastical History Society, Oxford, 1981, p. 195-225.
100 Su questa interessante figura di filologo, autore delle Vite de’ Santi e Beati fiorentini, in Firenze, 1742, nella stamperia di Gaetano Albizzini, volume dedicato al cardinale Neri Maria Corsini, in cui contestava la genealogia comunemente accettata di S. Antonino, si veda la voce Brocchi Giuseppe Maria (Firenze 1687Firenze 1751) di G. Pignatelli in DBI, 14, 1972, p. 400-401.
101 M. Mirri, Ferdinando Paoletti, agronomo, georgofilo, riformatore nella Toscana del Settecento, Firenze, 1967, in particolare p. 29, 40 e 69 ss.
102 C. Donati, Vescovi e diocesi cit., p. 373.
103 Sul benedettino cassinese Virginio Valsecchi, esperto di erudizione sacra, che tra il 1711 ed il 1739 ricoprì la cattedra di sacre scritture, personaggio impegnato in ambito teologico morale in chiave apologetica, si veda A. Fabbroni, Vitae italorum doctrina excellentium qui saeculis xvii et xviii floruerunt, Pisis, excudebat Aloysius Raphaellins, MDCCLXXXV ad vocem e M. P. Paoli, La teologia e la storia sacra, in Storia dell’Università di Pisa, commissione rettorale (a cura di), Pisa, vol. II**, 2000, p. 417-460.
104 Si veda Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, a cura di R. Ritzler e P. Sefrin, VI, Padova, Messaggero di Sant’Antonio, 1968, e VII, 1979; sulla preparazione giuridica dell’Incontri ha richiamato l’attenzione B. Bocchini Camaiani, I vescovi toscani nel periodo lorenese, in Istituzioni e società in Toscana nell’età moderna, II, Firenze, 1994, in quanto «sottolinea l’ambito comune di estrazione e di formazione con le élites cittadine» (cit. a p. 688).
105 M. Rosa, Introduzione all’Aufkärung cit., p. 13.
106 Sulla Spiegazione teologica, liturgica e morale sopra la celebrazione delle feste diretta a’ chierici della città e diogesi fiorentina, Firenze, 1762, in cui l’Incontri riprendeva i temi della sua lettera pastorale del I gennaio 1744, ibid. e la recensione in NL, XXIV, Firenze, 20 maggio 1763, col. 305-307 in cui si legge : «Questa è una dotta, erudita, pia, e istruttiva, opera del nostro degnissimo e zelantissimo, Arcivescovo Monsignor Francesco Gaetano Incontri, che avendo premura di ammaestrare utilmente nella Scienza Ecclesiastica, e nella devozione verso Iddio ed i Santi, i giovani Chierici della sua Diocesi, l’ha con molta accuratezza e giudizio composto, indirizzandola ai medesimi Chierici con una lettera preliminare. Non è bastato al medesimo di distendere semplicemente questo sano libro, ma l’ha voluto ancora illustrare con belle ed opportune Annotazioni in piè di pagina [...] Non tanto la storia vi è brevemente e criticamente distesa, quanto la Liturgia illustrata e insegnata la buona Morale, e le disposizioni dell’animo per accendere gli effetti della pietà, ed alla religione».
107 Su padre Ferrante Moniglia (1685-1763), lettore di teologia morale nel Collegio dei chierici regolari delle Scuole Pie : Th. Viñas S. Aloysio, Index biobibliographicus CC.RR.PP. Matris Dei Scholarum Piarum, Roma, 1914, ad vocem.
108 Utili notizie in P. Zaccaria, Storia letteraria d’Italia, I, Venezia, 1750, p. 138-144 ss., II, Venezia, 1751, p. 171-174 e 176-179, III, Venezia, 1752, p. 729-735 ed in A. Fabbroni, Vitae italorum cit., ad vocem.
109 Così scriveva Lami dando notizia dell’istituzione nel 1744 dell’Accademia di Teologia morale pratica che si riuniva due volte la settimana, il lunedì e il venerdì, e che prevedeva, oltre alle lezioni del padre Ferrante Moniglia, anche delle conferenze cui assistevano «un buon numero di Ecclesiastici, i quali all’esempio de predetti signori canonici, anzi del Monsignor Arcivescovo medesimo, vi concorrono», in NL, VI, n. 4, Firenze, 22 gennaio 1745, col. 49-50. Sulla vita di questa Accademia allo stato attuale si ha un’unica testimonianza che ci induce a pensare che avesse carattere privato; l’estensore del Registro Provinciale, 1754-1765, ms. conservato presso l’Archivio Provinciale Toscano riferendo dell’assegnazione delle classi ai singoli docenti, scrive infatti : «Lector emeritus Theologiae moralis P. Ferrantes. Ipse publicas lectiones in Theologico-morali Academia ab ipso instituita, pro suo libito habebit, privatasque institutiones pro admittendis ad confessiones excipiendas et pro clericis ad S. Ordines promovendis, quotiescumque ei videbitur tradet. Lectiones autem quotidianas Theologiae moralis in schola habebit pro ipso P. Ferrante, P. Petrus Soderini a S. Joanne Baptista», cit. in Stop, Il P. Alberto Pappiani e l’Accademia de’ teologi dogmatici delle Scuole Pie, in Ricerche. Bollettino degli Scolopi italiani, 1984, p. 139-159, la cit. a p. 150, n. 15; ringrazio vivamente la dott.sa Anna Maria Ognibene, bibliotecaria della Marucelliana, per avermi messo in contatto con padre Brevieri che mi ha accolto nella sede degli Scolopi fiorentini, un ringraziamento speciale devo a padre Osvaldo Tosti (Stop) il quale mi ha generosamente messo a disposizione il proprio tempo oltre che i documenti conservati nella biblioteca (BSF) e nell’archivio provinciale dei Padri Scolopi (APPS).
110 Franciscus Caietanus Incontris Arch.., ad Clericos omnes in Florentino Seminario Iuris Pontificii auditores, 1746, parenesi pronunciata in occasione della creazione della cattedra dei Sacri Canoni e dello Ius pontificio nel seminario fiorentino, recensita in NL, VII, 1746, n. 1, Firenze, 7 gennaio 1746, col. 737.
111 Sulle aspettative di Lami disattese da Incontri, si veda F. Venturi, Settecento riformatore, I, cit., p. 139, ed E. Cochrane, Florence in the Forgotten Centuries, 1527-1800. A History of Florence and the Florentines in the Age of the Grand Dukes, Chicago-London, 1973, il quale sottolinea che Incontri «refused to press for a reduction of holy days in 1741; he went right ahead and exposed the relics of St. Zanobi in 1743; and he showed a notable want of courage «in uprooting Molinism» when he discouraged the publication of anti-Molinist treatises in 1757», p. 393.
112 Per l’utilizzo delle elemosine per dare lavoro, si veda la lettera pastorale del 1766 recensita in NL, Firenze, 1767, col. 210.
113 R. Palozzi, Monsignor Giovanni Bottari cit., p. 218-219, M. Rosa, Atteggiamenti culturali cit., p. 309 ed E. Passerin d’Entrèves, Scipione de’ Ricci dalla formazione giovanile all’esperienza sinodale. Rileggendo le sue Memorie, in C. Lamioni (a cura di), Il Sinodo di Pistoia del 1786 (Atti del Convegno internazionale per il II Centenario, Pistoia-Prato, 25-27 settembre 1986), Roma, 1991, p. 65-149 : 83-86.
114 Firenze, Cambiagi, 1770.
115 A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia cit., p. 266, A. Wandruska, Pietro Leopoldo, Firenze, 1968, p. 429-430 e E. Passerin d’Entrèves, Scipione de’ Ricci cit., p. 83-86; si veda inoltre il necrologio che le Novelle Letterarie gli dedicarono nel numero del 6 aprile 1781.
116 Sulla richiesta avanzata dall’Incontri, e non accolta dal governo granducale, di sospendere la pubblicazione dell’Istoria della decadenza e della rovina dell’Impero romano, traduzione di Francesco Zacchirolli dell’opera del Gibbon, si veda V. Baldacci, Stecchi cit., p. 35.
117 Recensione alle Leggi dell’Accademia de’ Teologi Dogmatici delle Scuole Pie di Firenze pubblicate ed accettate nella Generale Assemblea il dì 17 febbraio 1759, in Firenze, MDCCLIX, Appresso Giovanni Risaliti con licenza de’ Superiori, in NL, XXI, n. 40, Firenze, 13 ottobre 1760, p. 625-626.
118 S. Paolo ai Corinzi I, 13.
119 Leggi dell’Accademia de’ Teologi Dogmatici cit., opuscolo di pagine 19, conservato in BRF, Misc. 379 e in BSF, D. VII. 346 in-4°.
120 Su Alberto Maria Gaetano Pappiani (1709-1790), autore di Della Sfera Armillare, e dell’uso di essa nell’Astronomia, Nautica e Gnomonica, presso Andrea Bonducci, stampatore di Firenze, 1746 si veda Th. Viñas, Index cit., III, Roma, 1914, p. 40-41.
121 Stato presente dell’Accademia de’ Teologi Dogmatici delle Scuole Pie di Firenze col Sommario delle Funzioni che annualmente si fanno da Signori Accademici, Firenze, 1766, nella Stamperia Granducale, con Licenza de’ Superiori, p. IV, in BSF, D VII 354 e in BRF, Mis. 379 (13).
122 Leggi dell’Accademia de’ Teologi Dogmatici delle Scuole Pie di Firenze pubblicate ed accettate nella Generale Assemblea il dì 17 febbraio 1759, p. XIII.
123 Provvedimento del 14 febbraio 1761 in Leggi dell’Accademia de’ Teologi Dogmatici delle Scuole Pie di Firenze pubblicate ed accettate nella generale assemblea il di XVII febbraio MDCCLIX ed aumentate de Provvedimenti e Riforme fatte fino a tutto il mese d’Aprile del corrente anno MDCCLXXIV, Firenze, 1774, p. 29.
124 Provvedimento del 27 marzo 1762, ivi, p. 30.
125 La tassa, che poteva anche essere pagata a rate, era fissata a due lire per i Direttori, a due paoli e mezzo per i Consiglieri ed a una lira per gli Accademici Onorarj.
126 Padre Leonardo Targioni, Diario delle cose particolari di questa casa professa della Madonna de’ Ricci 1764-1766, ms. conservato presso A.P.T., S.M.R. 20, Reg. Dom. 510.
127 Accanto ad Antonio Bellieri ed all’abate Vincenzo Gaetano Favi, sedevano infatti il dottore Giuseppe Bigini di Cutigliano, l’abate Giuseppe Biondi della Terra del Sole; i dati sulla partecipazione sono ricavati dal ruolo del 30 gennaio 1759 e da quello dell’aprile 1774; i Padri Scolopi presenti nel 1759 erano Stanislao Canovai, Giuseppe Calasansio Laszezynski, Pellegrino Vitali, Pietro Paolo Failla, Placido Margheri, Domenico Salvioli, a cui si aggiunsero Alessandro Brunaccini, Angelo Burgagni ed Antonino Canovai.
128 Stato presente dell’Accademia de’ Teologi dogmatici delle scuole Pie di Firenze, col Sommario delle Funzioni che annualmente si fanno da Signori Accademici, In Firenze l’anno MDCCLVI, con licenza de’ Superiori, p. IV.
129 P. Cannarozzi, I collaboratori giansenisti di Pietro Leopoldo granduca di Toscana, in Rassegna storica del Risorgimento, LI, 1966, p. 7-8 e p. 20; sulla figura del Baldovinetti, laureatosi a Pisa in utroque jure nel 1771, frequentatore a Roma del Circolo dell’Archetto, dal 1775 vicario dell’arcidiocesi fiorentina grazie alle referenze del giansenista Della Stufa, passato nel 1776 alla prepositura di Livorno dove istituì nel 1783 la ricordata Accademia ecclesiastica, si veda Baldovinetti Antonino (A. Maria Niccolò) (Firenze 1745-Castelfranco 1808) di M. Rosa in DBI, 5, 1963, p. 513-516, e F. Sani, Collegi, seminari e conservatori nella Toscana di Pietro Leopoldo. Tra progetto pedagogico e governo della società, Brescia, 2001.
130 Si vedano le Leggi dell’Accademia de’ Teologi Dogmatici delle Scuole Pie di Firenze pubblicate ed accettate nella generale assemblea il di XVII febbraio MDCCLIX ed aumentate de Provvedimenti e Riforme fatte fino a tutto il mese d’Aprile del corrente anno MDCCLXXIV, Firenze, 1774.
131 Sulla fedeltà alla tradizione galileana e sull’apertura alla cultura «zelante» francese, si veda E. Cochrane, Florence in the Forgotten cit., p. 381.
132 Doctrina Christiana de Sacrosantis Ecclesiae Sacramentis ab heterodoxorum erroribus vindicata, Florentiae 1771-1773, apud D. Marzi et Soc., in-4°, dedicata a Incontri.
133 Stando ad una lettera di Angelo Maria Bandini a Giovan Cristoforo Amaduzzi del 5 maggio 1772 che estende il giudizio negativo a tutti i Padri Scolopi i quali «in oggi [1772] si fanno difensori delle dottrine gesuitiche», la lettera è riprodotta in M. A. Timpanaro Morelli, Legge sulla stampa e attività editoriale a Firenze nel secondo Settecento, in Rassegna degli Archivi di stato, XXIX, 1969, p. 613-698, la cit. a p. 692.
134 Memoriale di padre Audrich cit. in Stop, Il P. Alberto Pappiani cit., p. 157.
135 Ibid.
136 Suite des Nouvelles Ecclésiastique, 21 agosto 1783, p. 133.
137 Principi di morale cristiana che possono servire per istruzione di qualunque persona che voglia a grado e con fondamento ammaestrarsi nella direzione della propria e dell’altrui coscienza, Firenze, 1780-1783, presso la Stamperia di Francesco Allegrini, il I vol. dedicato all’Incontri, e presso la Stamperia di Andrea Bonducci il II, dedicato al nuovo arcivescovo Martini a cui Pappiani riconosce la bontà di aver «rivolte le vostre mire a promuoverne [dell’Accademia] gli avanzamenti in maniera, che sotto l’ombra del vostro amorevole patrocinio, confortata dalla vostra viva voce ed esempio, non solo si assicura mantenersi nel primiero suo lustro, ma confida eziandio salire a un grado più eccelso di riputazione e di fama», p. v-vi, dedica che attesta la vitalità dell’accademia ancora nel 1783.
138 Sulle diverse reazioni che la cultura dei lumi suscitò in ambito cattolico, specie negli anni settanta-ottanta, M. Rosa, Politica ecclesiastica e riformismo religioso in Italia alla fine dell’antico regime, in D. Menozzi (a cura di), La Chiesa italiana e la Rivoluzione francese, Bologna, 1990, p. 17-45, in particolare p. 31; sul prevalere all’interno della Chiesa a fine Settecento della «fede del cuore» opposta alla «fede ragionevole» ed alla pietà illuminata, M. Rosa, Prospero Lambertini tra «regolata devozione e mistica visionaria», in G. Zarri (a cura di), Finzione e santità tra medioevo ed età moderna, Torino, 1991, in particolare p. 546, e sempre di M. Rosa, Settecento religioso. Politica della ragione e religione del cuore, Venezia, 1999.
139 Sull’Accademia Arcivescovile, divisa nelle sezioni di teologia e di morale, si veda R. De Maio, Dal Sinodo cit., e Id., Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna, Napoli, 1971, p. 295-302.
140 B. della Torre, Orazione inaugurale[...] Recitata nell’Accademia Teologica stabilita nella chiesa di S. Michele dall’Ecc. mo D. Serafino Filangeri arcivescovo di Napoli, Napoli, Raimondi, 1782, p. 4, che segnala come causa dell’ateismo non soltanto gli scritti di Saint-Évremond, di Bolingbroke e di Voltaire, ma anche le numerose dispute teologiche e l’eccessiva cupidigia di alcuni ecclesiastici; sull’adozione di strategie culturali comuni operata dal padre somasco della Torre, ha richiamato l’attenzione E. Novi Chavarria, «Per utile e profitto de’ sacerdoti». La metodologia pastorale nell’editoria napoletana del Settecento, in A. M. Rao (a cura di), Editoria cit., p. 477-501, in particolare p. 498-499.
141 E. Chiosi, «La Cristiana letteraria repubblica» e la controrivoluzione, in Id., Lo spirito del secolo cit., p. 233-264, specie p. 249 ed il suo intervento in questo volume.
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