Ex partibus totum
Le «parti cavate» come specchio della vita musicale romana tra Sei e Settecento
p. 281-315
Résumés
Muovendo dalle numerose giustificazioni per la copiatura di manoscritti musicali, conservate negli archivi gentilizi della Roma barocca, il contributo affronta la questione delle parti staccate. Attraverso l’esame di un corpus di ventisette manoscritti di sicura provenienza romana, relativo a drammi, cantate e oratori degli anni 1685-1733, è stato possibile osservare come questo medium abitualmente trascurato, al di là della sua prevedibile importanza ai fini della restituzione di un testo criticamente corretto e di una più accurata ricostruzione dell’evento musicale, dischiuda nuove prospettive di ricerca sul fronte della performance e dei riflessi che i nuovi orientamenti compositivi ebbero sulla nascente organizzazione orchestrale. Oltre ad integrare le nostre conoscenze riguardo alle date di esecuzione e ai nominativi dei musicisti coinvolti negli eventi spettacolari, il repertorio in esame ha infatti fornito nuove indicazioni su aspetti della prassi esecutiva, quali dinamiche e impiego di tutti e soli; sulla composizione e l’entità degli organici strumentali, con particolare riferimento a forme e modi di partecipazione di strumenti non specificati espressamente in partitura, come l’oboe o il contrabbasso; e sulla progressiva scomparsa del concertino in funzione preminente a favore di due compagini distinte ma omogenee di violini primi e secondi, significative dell’imporsi di un nuovo gusto musicale.
Beginning with the numerous giustificazioni (household records) for the copying of musical manuscripts that are held in the archives of aristocratic families of baroque Rome, this contribution tackles the issue of vocal and instrumental parts. Through an examination of a corpus of twenty-seven manuscripts with secure Roman provenance pertaining to dramas, cantatas, and oratorios from the years 1685 to 1733, this essay shows how this overlooked medium, beyond its obvious importance for both the recovery of correct critical editions and a more accurate reconstruction of musical events, reveals new research perspectives on performance as well as the repercussions of new compositional techniques on the birth of the modern orchestra. In addition to rounding out our knowledge of dates and names of musicians participating in specific performance events, the sources studied in this essay offer new information on some aspects of performance practice, namely the dynamics and use of tutti and solo passages. These sources also shed light on the composition and size of instrumental ensembles, with particular reference to forms and modes of participation of instruments not precisely identified in the score, such as the oboe or the double bass. Finally, these sources reveal a progressive disappearance of the concertino in a leading role in favour of two distinct but homogeneous groups of first and second violins, belying the emergence of a new musical style.
Entrées d’index
Keywords : Part-books, baroque Rome, performance practice
Parole chiave : Parti separate, Roma barocca, prassi esecutiva
Texte intégral
Premessa
1Il presente contributo si propone un’analisi delle parti staccate – o “cavate”, come allora si chiamavano1 – di cantate, oratori e drammi per musica eseguiti a Roma tra il 1685 e il 1733. Le testimonianze sono sia documentali, come i conti di copisti, sia musicali, come le copie manoscritte impiegate per le esecuzioni: queste ultime, anzi, diventano esse stesse documento, prova tangibile della vivace vita musicale romana. Il primo quesito a cui cercheremo di dare risposta è se le parti forniscano informazioni aggiuntive riguardo all’evento performativo, agli organici strumentali impiegati, agli elementi di prassi esecutiva e allo stesso processo creativo, le cui ultime propaggini si estendono fino all’atto dell’esecuzione. Quindi indagheremo gli eventuali cambiamenti di organico e di disposizione dei musicisti col mutare dell’epoca, del luogo e delle circostanze dell’esecuzione. Individueremo analogie e differenze durante il cinquantennio preso in esame. Cercheremo di chiarire in che misura tali informazioni concorrano a definire paradigmi spettacolari specificamente romani e a gettare luce sulla ricezione delle partiture romane in altri centri musicali (si veda più oltre il caso della ripresa modenese de La Maddalena di Scarlatti). Infine vedremo in che modo il concetto di performance ci aiuti a rivalutare una fonte tradizionalmente marginale come le parti separate. All’interno di una selezione di casi rappresentativi, saranno quindi classificate tutte le informazioni pertinenti alla prassi esecutiva documentate dalle parti stesse o desunte dal confronto con le relative partiture. Tale indagine non vuole soltanto essere al servizio di una ricostruzione filologicamente attendibile delle modalità performative. Essa si ripromette altresì di fare di questa peculiare tipologia di fonti musicali, abitualmente negletta, un documento eloquente di un evento sociale ed artistico altrimenti muto, nonché il necessario riscontro della documentazione archivistica in nostro possesso, con esiti che auspichiamo ricchi di conseguenze sulla nostra percezione della storia dello spettacolo e della prassi esecutiva a Roma tra Sei e Settecento.2
Descrizione dei documenti archivistici: i conti di copiatura
2Una tipologia di documenti presente in quasi tutti gli archivi familiari romani del Sei e Settecento è quella dei conti per la copiatura di partiture e parti.3 L’interesse di tali documenti investe tanto la storia della musica e dello spettacolo – in quanto forniscono informazioni utili su compositori, librettisti, luoghi e date di composizione, organici e circostanze di esecuzione – quanto il profilo del committente, i suoi gusti musicali, i suoi mezzi finanziari e l’importanza da lui attribuita a questo ambito artistico. Tali conti si presentano generalmente con l’intestazione del copista, l’elenco più o meno dettagliato dei lavori di copiatura eseguiti, il numero di fogli copiati e la spesa complessiva, cui seguono l’approvazione, il mandato e la ricevuta di pagamento. Si vedano, a titolo d’esempio, due giustificazioni tratte dagli archivi del principe Francesco Maria Ruspoli e del cardinale Benedetto Pamphilj:4
1.
Conto dell’eccellentissimo signor principe Ruspoli con Francesco Antonio Lanciani. Adì 16 agosto 1717. Copie di musica scritte per servitio dell’Accademia dell’eccellentissimo signor prencipe Ruspoli
Lungi dal caro bene. Cantata a canto solo con violini del signor [sic]
Originale f. 3
Parte f. 1 ½
Violini f. 3
Deh quando fia ch’io miri. Cantata alto solo con violini del signor [sic]
Alto f. 2 ½
Violini f. 3 ½
Qui del Latmo fiorito. Cantata a 2, canto e alto, con violini del signor [sic]
Originale f. 10
Endimione f. 3 ½
Diana f. 3 ½
Violini f. 8 ½
La mia superba Irene. Cantata a alto solo con violini del [sic]
Alto f. 2 ½
Violini f. 4
Dieci volte. Cantata a canto solo con violini et oboe del signor Marcelli
Canto f. 2
Violini et oboè f. 5 ½
Per fatale decreto. Cantata canto solo con violini et oboe del detto
Canto f. 2
Violini et oboè f. 6
Vola, sospiro, vola. Cantata alto solo con violini del signor Gasparini
Alto f. 2
Violini f. 3 ½
Dunque Cesare. Cantata a 2 con violini del detto
Cleopatra f. 3 ½
Marc’Antonio f. 4
Violini f. 6
Tu mi lasciasti. Cantata alto solo con violini del signor Mozzi
Alto f. 1 ½
Originale f. 3 ½
Violini f. 3 ½
Su la vicina sponda. Cantata a canto solo con violini del signor Gasparini
Originale f. 4 ½
Canto f. 2 ½
Violini f. 5
In tutto sono fogli cento e mezzo f. 100 ½
e sono scudi dieci e baiocchi cinque sc. 10,05
Francesco Gasparini
Io sottoscritto ho ricevuto dall’eccellentissimo signore principe Ruspoli per le mani del signor Giuseppe Gellée, suo mastro di casa, li suddetti sc. dieci, ba. 05 moneta per saldo del sudetto conto, questo dì 31 ottobre 1717
per sc. 10,05 moneta
Francesco Antonio Lanciani mano propria
2.
Conto de’ fogli reali di musica scritti nell’oratorio per servitio dell’eminentissimo signor cardinal Panfilio da Giovanni Pertica, Tarquinio Lanciani et altri etc.
A primo aprile 1689
Nota e conto de’ fogli reali di musica, che si sono scritti nell’oratorio di Santa Beatrice [D’Este di Giovanni Lorenzo Lulier] per servitio dell’eminentissimo signor cardinale Panfili
Prima per haver cavate le 5 parti che cantano f. 24
E più violini del concertino f. 14
E più l’originale f. 34
E più un originale per il leuto f. 7 ½
E più un originale per il 2o choro f. 6
E più per tutte le parti de’ stromenti raddoppiate tante volte, cioè violini primi e secondi, viole e violoni f. 101
E più rappezzature di tutte le parti e originale f. 53
E più un originale pulito f. 34
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In tutto sono fogli n. 273 ½
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che a ba. 12 ½ il foglio inporta sc. 34,19
Io Gio. Lorenzo Lulier
Si può spedir mandato all signor Giovanni Pertica e Compagni, copista di musiche, di scudi trentaquatro, ba. 19 moneta, qualli sono per saldo et intiero pagamento dell’ soprascritto conto fatto per servizio et ordine di Sua Eminenza Padrone, questo dì 5 aprile 1689
Dico sc. 34,19 moneta
Ascanio Bartoccini
3I copisti specificano se si tratta della copiatura di partiture intere, con il semplice titolo del brano o con la dicitura “originale”, oppure di parti “cavate” ad uso di cantanti e strumentisti. Delle dieci cantate menzionate nella prima giustificazione – di cui cinque adespote, tre di Francesco Gasparini,5 due di Benedetto Marcello e una di Mozzi – vengono copiate tutte le parti e quattro “originali”. Fine della copiatura di questo materiale è certamente l’esecuzione pratica, come espressamente specificato dalla nota «per servitio dell’accademia» di casa Ruspoli.6 Nella seconda giustificazione, oltre alle parti cavate per i cinque cantanti, il concertino e i violini di ripieno, vi sono quattro originali: uno semplice e uno pulito, entrambi di 34 fogli, uno di 7 ½ fogli per il liutista e uno di 6 fogli per il «2o choro» di trombe, violini, violetta e basso, che in due sinfonie e un’aria della S. Beatrice D’Este di Lulier si contrappone al primo coro, ossia al concerto grosso.7
4L’originale poteva dunque assolvere a una quadruplice funzione e rappresentare:
51) una bella copia che confluiva nella biblioteca privata del committente: per es. «originale pulito» potrebbe talvolta far riferimento a una partitura da archiviare;
62) una partitura a disposizione del compositore o del cembalista durante l’esecuzione: per es. «[…] per fogli ricopiati all’originale del signor Pier Simone [Agostini] 25»8 fa verosimilmente riferimento all’originale utilizzato da Agostini per dirigere ad Ariccia la sua opera, Gl’inganni innocenti, overo l’Adalinda (1673);
73) la riduzione per uno strumentista o una compagine strumentale, come l’originale «per il leuto» e il «secondo coro» contenenti soltanto i numeri in cui suonano;
84) un manoscritto da offrire in dono: per es. «Adì 6 ottobre 1685. Nota di quello ha scritto Giovanni Pertica per servitio dell’eminentissimo signor cardinal Panfilio. Prima una copia dell’oratorio della Madalena ordinò sua eminenza per donare, sono fogli 34 […]».9
9Talora nei documenti si incontrano i termini originale «disteso» e «originale non disteso»: «[…] Per l’originale disteso prima e 2a parte fogli 28. Per l’altro originale non disteso prima e 2a parte fogli 19 ½ […]».10 Disteso sta per allungato: ma cosa si intende con questo termine in relazione ad una partitura? Dal momento che l’originale disteso ha un terzo delle carte in più, potrebbe trattarsi di un manoscritto in cui le arie sono copiate per esteso, ossia senza segni di Da Capo. Presso la Biblioteca Apostolica Vaticana si conservano due cantate di Pietro Paolo Bencini (1670-1755) che sembrerebbero avallare questa ipotesi: Aminta e Dori, in una partitura dalla scrittura più corsiva, con segni di Da Capo nelle arie (originale non disteso), e una bella copia d’altra mano, con le arie scritte per esteso (originale disteso); Le gare festive, in una partitura riveduta, con correzioni, sezioni rimosse e rimandi, tale da sembrare autografa (originale non disteso), e una copia pulita con arie scritte per esteso, senza Da Capo, e le revisioni della precedente partitura accolte a testo (originale disteso).
Descrizione delle parti “cavate”
10Le parti staccate di opere, cantate e oratori romani del periodo in esame che sono sopravvissute sino ai giorni nostri sono rare, diversamente dalla musica sacra che è tradizionalmente tramandata in parti separate. In quanto mero materiale d’uso, è andato il più delle volte incontro ad una triste sorte. Mentre il repertorio liturgico, che veniva rieseguito continuamente per decenni e talvolta per secoli, restava conservato negli archivi delle istituzioni religiose, le parti di musica vocale profana avevano vita breve e non rappresentavano un oggetto da collezione, a differenza delle partiture complete.11
11Le parti staccate potevano contenere:
121) un singolo strumento, come il violino I e II, l’oboe, la tromba, il violoncello, il contrabbasso etc., oppure, più raramente, una parte vocale senza accompagnamento, come nella Maddalena o nella S. Teodosia di Scarlatti della Biblioteca Corsiniana;12
132) la parte di canto con il solo accompagnamento del basso continuo (particella). Nei duetti le due voci sono per lo più riportate assieme. Il basso continuo può presentarsi completo e corredato della numerica, oppure soltanto accennato quando la voce tace o in corrispondenza di punti strategici. Le sezioni in cui il cantante non canta sono indicate con porzioni di testo di orientamento (ad esempio la fine del numero precedente) o con le espressioni «tace», «tace fino a» o simili;
143) il concertino, ossia violino I-II e basso. Nei recitativi accompagnati la parte vocale si aggiunge a quella del basso o la sostituisce, essendo così più facile seguire la voce. I pentagrammi si riducono a due nelle arie con violini unisoni. Più raramente si trovano sezioni con violini soli senza basso;
154) violino I-II, canto e basso: si tratta del cosiddetto “originaletto”, privo dei recitativi. Tale doveva essere l’«originaletto de’ violini dell’ concertino» menzionato in un conto di copiatura del 1705 per l’oratorio S. Vincislao di Carlo Francesco Cesarini.13
16A differenza di ciò che avviene ai giorni nostri, le parti esaminate non recano annotazioni da parte degli esecutori, né rilevanti segni d’usura. Ciò è dovuto sia al valore intrinseco del materiale manoscritto, che doveva essere trattato con cura e reso in buone condizioni, sia alle abitudini degli esecutori di allora, che non sembra fossero soliti intervenire sulle parti. Aggiungere indicazioni non era avvertito come un bisogno e si esercitava una maggiore attività mnemonica durante le prove; d’altronde non era consuetudine annotare dinamiche dettagliate o segni espressivi nemmeno nelle partiture. La sopravvivenza delle parti può essere anche dovuta, di contro, al loro buono stato di conservazione.
Casi specifici
17L’esame delle parti “cavate” romane di cantate, drammi e oratori nell’arco del cinquantennio che va dal 1685 al 1733 è stato effettuato su un gruppo di ventisette manoscritti, di cui sette provenienti dalla Biblioteca Corsiniana di Roma, cinque dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, quattordici dall’Archivio generale delle Scuole pie di Roma e uno dal fondo Santini di Münster (vedi in questo saggio l’Appendice a. Elenco delle fonti esaminate).
18I manoscritti della Biblioteca Corsiniana di Roma derivano dal fondo di Girolamo Chiti (1679-1759), maestro di cappella della Basilica Lateranense dal 1726 fino al 1759 e primo cappellano custode della Cappella Corsini posta nel Laterano dal 1735 al 1759. Attraverso il lascito testamentario al cardinale Neri Maria Corsini la collezione pervenne infine alla Corsiniana.14
19Particolare interesse destano i manoscritti dell’Archivio generale delle Scuole pie, in quanto fondo unitario.15 Provengono dal Collegio Nazareno di Roma16 e contengono prevalentemente cantate eseguite per la Natività della Vergine. Le partiture giunsero probabilmente nell’archivio degli scolopi tra il 1870 e il 1874 per effetto della soppressione degli ordini religiosi.17 Nel 1658 il Collegio Nazareno istituì l’Accademia degli Incolti, che celebrava la Beata Vergine sua protettrice nelle tre festività del 25 marzo (Annunciazione della Beata Vergine), 8 settembre (Natività di Maria) e 10 dicembre (traslazione della casa di Loreto). La musica si concentrava soprattutto nella solennità della Natività della Vergine, durante la quale veniva organizzata un’accademia solenne di poesia e musica, e in altre occasioni particolari, come nei balli e negli intermezzi di tragedie e commedie durante il Carnevale. Nel 1694 all’interno del collegio fu istituito anche un teatro, dove il 7 febbraio 1699 il cardinal Ottoboni fece rappresentare la sua Santa Rosalia. Per le cantate al Collegio Nazareno, spesso riprese di opere eseguite altrove, si assumevano musici scelti e si prediligevano compositori in auge (le cronache fanno spesso riferimento a una «vaghissima cantata con scelte voci e stromenti musicali»).18
Parti staccate come fonte d’informazione per la storia della musica e della prassi esecutiva
20Abbiamo raggruppato i dati emersi dall’esame dei manoscritti citati in sei categorie. Le parti staccate, infatti, possono:
21a) informarci circa l’identità degli interpreti
b) documentare date di esecuzione
c) testimoniare cambiamenti di gusto, di prassi compositiva e di disciplina orchestrale
d) integrare i nostri dati sugli organici strumentali
e) provvedere indicazioni di prassi esecutiva
f) contribuire, tramite informazioni suppletive e annotazioni marginali, a colmare la distanza tra manoscritto ed esecuzione.
a. Identità degli interpreti
22Le parti vocali della cantata Abramo il tuo sembiante di Alessandro Scarlatti, eseguita la notte di Natale del 1705 al Palazzo Apostolico, registrano i nomi dei cantanti: il soprano «Sig.r Checchino», ossia Francesco Finaja (Ezechiele), il soprano «Sig.r Pasqualino» Tiepoli (Daniele), il contralto «Sig.r Momo», ossia Girolamo Bigelli (Geremia), il tenore «Sig.r Vittorio» Chiccheri (Isaia), il basso «Il Sig.r Abb.e D. Ant.o Manna» (Abramo).
23Analogamente le uniche due parti superstiti della cantata anonima Tirsi e Mopso, verosimilmente databile agli anni Trenta o Quaranta del Settecento, ci informano sui cantanti coinvolti nelle celebrazioni in onore della Beata Vergine del Collegio Nazareno: sulle parti di Tirsi (soprano) e Mopso (contralto), infatti, sono annotati rispettivamente i nomi del «Sig.re Domenico» e del «Sig. Pasqualino». Il soprano è verosimilmente Domenico Ricci, detto Menicuccio (ca. 1700-1755), che cantò altre volte nelle accademie del collegio (1743, 1745 e 1747),19 mentre il contralto è il celebre Pasqualino Betti (fine sec. XVII-1752).
24Dalle due partiture della Teodora Augusta di Scarlatti veniamo a sapere chi furono i cembalisti in occasione della ripresa romana del gennaio 1693: Giovanni Francesco Garbi al primo cembalo e Giacomo Simonelli al secondo cembalo.20 Visto che il compositore generalmente sedeva al cembalo, si può concludere che Scarlatti, allora impegnato nelle recite di Gerone tiranno di Siracusa al San Bartolomeo di Napoli, non fosse presente all’esecuzione romana.
25Il caso più interessante, però, è senz’altro quello della cantata di Giuseppe Amadori E quali odo d’intorno (1705), che ha due parti di violino I e due di violino II, oltre a quella di concertino. Nessuna delle parti di violino reca espressamente indicato “di concerto grosso”, ma ne presenta il classico aspetto, con un solo pentagramma per il violino. Due di queste parti mostrano una peculiarità, in quanto recano l’intestazione «Violino primo […] signor Arcangelo | 1705» e «Violino 2o […] signor Matteo | 1705»:
26Dalle parti ricaviamo dunque che all’evento del Collegio Nazareno presero parte Corelli e Fornari, ma non solo: contrariamente a quanto saremmo inclini a pensare, in quella occasione i due celebri violinisti dovettero suonare nel concerto grosso e non nel concertino. L’aria Che risolvi a violino e violoncello soli reca nella parte di Corelli la scritta «Violino solo | Che risolvi la sona il concertino» (l’aria è scritta per esteso):
27Nella parte di concertino vi è la scritta «Violino solo». Se Arcangelo e Matteo fossero stati nel concertino, i loro nomi sarebbero stati apposti sulla parte del concertino e non su quelle del concerto grosso. Nella parte di Matteo, inoltre, dopo l’aria Pria vedrò vi è l’annotazione «siegue subito contino», ossia si richiede di contare le battute di pausa: il plurale ci fa pensare che, come al solito, erano in due a leggere dal leggio, e qui non Corelli e Fornari, bensì Fornari e un altro violino II del concerto grosso. Si potrebbe obiettare che nell’aria Pria vedrò a due violini e basso continuo, l’unica in cui si alternino tutti e soli (a parte un piccolo intervento del violino solo in Vendetta, sì vendetta), le entrate delle due compagini non sono indicate in partitura, ma solo nel concertino e nelle parti di Arcangelo e Matteo, mentre mancano in quelle degli altri due violini, che nei soli presentano delle pause. È però probabile che le parti di Arcangelo e Matteo fossero complete perché servivano di orientamento nella conduzione del concerto grosso. Si tratta comunque di un caso molto particolare, dal momento che le loro parti sono una via di mezzo tra il concertino e il concerto grosso, su un unico rigo come le parti del concerto grosso, ma con le entrate di soli e tutti come nel concertino.
b. Date di esecuzione
28Nel caso appena citato della Teodora Augusta di Scarlatti, troviamo stratificato materiale di due diverse esecuzioni. La prima andò in scena al Palazzo Reale di Napoli il 6 novembre 1692, in occasione del compleanno di Carlo II,21 e a poche settimane di distanza, nel gennaio 1693, l’opera fu replicata a Roma nel Teatro Capranica.22 La parte di concertino reca la data 1692,23 mentre la partitura quella del 1693. Le mani dei copisti di partitura e parti, però, sembrano tutte romane. Il cembalo I è una copia pulita del cembalo II, ma presenta anch’essa correzioni e revisioni dell’ultimo momento. Ci sono parecchie cancellature, indicazioni come «questo ci và» e «questo non ci và», oppure arie da trasporre un tono sopra. Ad esempio, nel concertino del 1692, l’aria del I atto Viva l’arco, con due violini, viola e basso continuo, è trasposta in Do (la versione in Re è tagliata e ne resta solo l’inizio), mentre nella partitura del 1693 è in Do, ma si richiede di riportarla alla versione originale, ossia in Re: «questa aria va scritta un tono più alto con doi diesis come la mandò Scarlatti». Parti e partiture con le loro stratificazioni testimoniano dunque l’evoluzione diacronica dell’opera tra la prima rappresentazione napoletana e quella romana.
29Altro manoscritto interessante ai fini della datazione è la parte di secondo cembalo della Santa Rosalia, unica fonte sopravvissuta, che reca il seguente frontespizio: «1698 | St:a Rosalia | Secondo Cimbalo | [in altra grafia:] Nel Colleg.o Naz.o Rappresentata». La parte contiene i righi del canto e del basso cifrato, ma a differenza della Teodora Augusta, senza violini. Sono presenti ampie tracce di rimaneggiamento, come porzioni cassate, fogli tagliati e inserti incollati. Il copista è lo stesso sia per le modifiche che per il resto del manoscritto. La Santa Rosalia, su testo di Pietro Ottoboni, ebbe diverse rappresentazioni in quegli anni: una prima versione, La Santa Rosalia. Dramma per musica per l’anno 1695, andò in scena il 20 luglio 1695 alla Cancelleria nel teatrino dei pupazzi di Ottoboni (libretto in I-Rn, 35.9.K.18.2);24 una seconda versione modificata, dal titolo La costanza nell’amor divino, overo la Santa Rosalia. Dramma sacro per musica per l’anno 1696, verosimilmente con musica di Severo De Luca, Flavio Lanciani e Francesco Gasparini, venne eseguita il 15 gennaio 1696 al Palazzo della Cancelleria (libretto in I-Rn, 34.1.A.6.7).25 A queste fece seguito nel febbraio 1699 una terza versione rappresentata al Collegio Nazareno con il titolo L’amante del Cielo. Dramma sacro per musica da rappresentarsi nel Collegio Nazzareno per le Vacanze dell’Anno 1699 (libretto in I-Rn, 35.4.K.9.7) e dedica datata 13 febbraio 1699.26 Il fatto che sul frontespizio del manoscritto per il secondo cembalo appaia la data del 1698, che «Nel Colleg.o Naz.o Rappresentata» sia stato aggiunto da altra mano e che vi siano numerose modifiche, fa pensare che il manoscritto fosse stato usato per una rappresentazione precedente.27 Il sonetto pubblicato su un foglio volante del 1699, conservato nella Biblioteca nazionale di Roma, è una testimonianza della rappresentazione al Collegio Nazareno: «In lode del signore Nicola Nicolai musico del eminentissimo prencipe Pietro Otthoboni per la virtuosa, e gentil maniera, con la quale rappresenta la parte di Balduino, nell’opera intitolata S. Rosalia che si recita nel Collegio Nazareno».28 Il primo atto inizia con l’aria di Balduino Dal mio sol l’alba che sorge, come nella parte di cembalo. Lindgren suppone che la musica fosse un rifacimento di Gasparini, che in questa circostanza è menzionato (senza nome proprio) in qualità di violinista.29 Un avviso del 7 febbraio 1699 recita: «Nel Collegio Nazareno Sua Eminenza Ottobonj fa recitare in musica la rappresentazione di S. Rosalia con buone scene e migliori habiti, e con voci mediocri».30 Diversi conti del 1698 nella Computisteria Ottoboni fanno riferimento alla copiatura di partiture intere dell’opera;31 non però alle parti, che il collegio verosimilmente ereditò da una rappresentazione anteriore. Si veda ad esempio il conto del copista Giovanni Paolo Anguilla, in cui si accenna alla partitura del dramma sacro: «Adì 31 detto [settembre 1698] per due copie della commedia di S. Rosalia di facciate 165 l’una, in tutto facciate 330, sc. 3».32 E ancora: «E adì 30 detto [marzo 1699] sc. 1,80 moneta pagati a Santi Frelli Copista per una copia della commedia di S. Rosalia fatta per servizio di Sua Eccellenza Padrone, come per ricevuta sc. 1,80».33 Seguono spese «per cartoni fini per legare […] un originale in musica della Santa Rosalia, sc. 0,15 […]. A 2 febraro 2 cartoni fini per legare l’opera di S. Rosalia in musica, e due libri d’ariette, sc. 0,10».34 Da un «Conto dell’eminentissimo signor cardinale Ottoboni con Giuseppe Fiorese cartolaio» risulta che ancora a fine anno al copista Lanciani venisse fornita carta per copiare la Santa Rosalia, un’opera a cui Ottoboni certamente attribuiva particolare importanza: «Adì 8 decembre 1699 per quinterni di carta rigata cinque per l’opera di S. Rossaria [sic] data al signor Flavio Lanciani, sc. 1,50».35
30La cantata di Valentini Fama e Fede è tramandata solo attraverso le parti, che pertanto rappresentano l’unico mezzo per attingere informazioni sull’esecuzione. Le parti vocali recano traccia di una rielaborazione del testo: il nome di Benedetto XIII è infatti cassato e sostituito da quello di Clemente XII.36 La cantata venne eseguita una prima volta, verosimilmente nel 1724, come suppongono Lanfranchi e Careri,37 e successivamente replicata, probabilmente nel 1730, anno in cui fu fatta un’accademia in lode del nuovo papa Clemente XII.38
c. Concezione orchestrale
31Su 27 manoscritti visionati, 14 comprendono una parte di concertino: 12 di questi, databili tra il 1692 e il 1718, presentano la tipica struttura con due pentagrammi per il violino I e II ed uno per il basso; i righi si riducono a due quando i violini suonano all’unisono. In corrispondenza di un recitativo accompagnato, la voce sostituisce il basso o vi si aggiunge. Talvolta il basso viene tralasciato, altre volte viene solo accennato. In un solo caso è presente anche un quarto rigo per la voce: si tratta della parte segnata con «violini» nell’Idaspe di Melani (1675), concepita in forma di originaletto, senza recitativi.
32Si veda qui una tipica parte di concertino, tratta da Humanità e Lucifero di Pietro Scarlatti:
33Le restanti due parti di concertino (Fama e Fede, 1724/1730; Maria e Amor Divino, 1733) hanno quadernetti divisi per il violino I e II, e constano ciascuno di due righi per violino e basso, quest’ultimo spesso solo abbozzato. I recitativi accompagnati presentano la parte di canto al posto del basso.
34Le parti di violino di concerto grosso, come ogni altro strumento dell’orchestra, sono generalmente notate su un solo rigo. Fanno eccezione Le gare festive, Humanità e Lucifero, Diana e Apollo, in cui i violini di concerto grosso hanno due pentagrammi, per violino e basso, o talora tre, con la linea vocale nei recitativi accompagnati.
35In due casi solamente troviamo un unico quadernetto espressamente intestato al concerto grosso e contenente le parti di violino I, violino II e basso, alla stregua del concertino: si tratta dei due manoscritti di Bencini, Aminta e Dori e Le gare festive. Della prima cantata, per cui Lindgren e Murata propongono una datazione compresa tra il 1700 e il 1738, si conserva anche una parte di concertino. Per Le gare festive ci troviamo verosimilmente di fronte a materiale utilizzato per una ripresa della versione del 1704: tutte le parti, difatti, sono ritoccate e presentano arie mutate. Delle due partiture la prima ha una scrittura più corsiva, con arie con segni di Da Capo e modifiche. La seconda sembra essere la bella copia della precedente, con le arie scritte per esteso. Forse le parti possono suggerire una datazione più tarda. Comunque, quale che sia la datazione, esse suggeriscono che nel concerto grosso i violini I e II leggessero insieme, quindi con una disposizione diversa da chi leggeva dalle parti con un rigo di violino solo.
36Ignoriamo la data della prima esecuzione della cantata anonima Maria e Amor Divino per il Collegio Nazareno (dopo il 1726?),39 ma apprendiamo dalle parti che fu «rifatta l’anno 1733, con nuove arie».40 Ne sono testimonianza anche le numerose cuciture di sezioni nuove che sostituiscono due arie di Maria ed eliminano una di Amor Divino. Ciò che salta immediatamente all’occhio è che non esiste più una parte di concertino che riunisca i due violini e il basso continuo in un unico quadernetto, ma le parti di violino I e II di concertino sono separate, ciascuna con il proprio rigo di violino e di basso, presente ove necessario, come nei momenti di silenzio del violino. Inoltre le parti di violino di concertino coincidono esattamente con quelle di violino del concerto grosso, che però hanno solo il rigo di violino. Non c’è dunque una reale distinzione tra concertino e concerto grosso a livello di concertazione, e la definizione di “concertino” sta solamente ad indicare le parti di violino conduttore. Ciò potrebbe far ipotizzare anche una disposizione degli archi con i due violini di concertino non più in posizione preminente, mentre leggono da uno stesso leggio,41 bensì ciascuno col proprio gruppo di primi o secondi violini. La tradizionale terminologia del concerto grosso si sovrappone dunque ad una nuova concezione compositiva e di disposizione spaziale. Tornando alla ripresa di Maria e Amor Divino, una nota di spese «per l’accademia del 1733»42 ci informa che i due protagonisti furono Domenico e Pasqualino (certamente Ricci e Betti, gli stessi che abbiamo incontrato nella cantata natalizia Tirsi e Mopso) e che intervennero dieci violini, due violoncelli, due contrabbassi, «due oboi con flauti», «due Trombe con Corni da Caccia», con Antonio Montanari a capo degli strumenti e Vincenzo Leonelli al clavicembalo.
37Analogamente, nella cantata di Valentini Fama e Fede vista innanzi, troviamo le parti di violino I e II di concertino separate. Anche in questo caso (e siamo dopo il 1724) il termine “concertino” è da intendersi come diremmo oggi “di spalla”. E quando nell’aria È simile alla sua rosa troviamo l’alternanza di solo e tutti, in realtà ci troviamo di fronte ad un solo concertato virtuosistico, dove i secondi accompagnano in staccato. Non c’è più un concertino contrapposto al concerto grosso, ma il gruppo dei violini primi contrapposto al gruppo dei violini secondi. Al cambiare della scrittura musicale, cambia così intorno agli anni Venti anche la concezione orchestrale.
d. Organici strumentali
38Nella cantata Sapienza e Amore di Giuseppe Amadori (1709) le parti di concertino e oboe fanno chiarezza sugli interventi dell’oboe. In partitura l’oboe è prescritto solamente per due arie, mentre complessivamente ne suona quattro: non vi sono cioè esplicite indicazioni di organico nelle arie La speranza lusinghiera e Nella regia che mi aprì. Non solo la parte di oboe contiene entrambe le arie, ma nella parte di concertino vi è un solo rigo per i violini, corrispondente al secondo della partitura, ed uno per il basso continuo: se ne desume che i violini primi e secondi suonassero all’unisono il secondo rigo della partitura, mentre il primo era riservato all’oboe. Dalle parti di violino I e II del ripieno ricaviamo infine che tutti i violini accompagnano l’oboe solista (nella seconda aria vi è l’aggiunta «Unisono»), cosa che non ricaviamo dalla partitura.43 Della cantata di Scarlatti Abramo il tuo sembiante si conservano a Münster la partitura, le cinque parti vocali e quella dell’oboe secondo. Abbiamo già osservato come le parti vocali forniscano i nomi dei cantanti. Anche l’unica parte strumentale ci offre utili informazioni assenti in partitura. Gli oboi, ad esempio, suonano sempre nei ritornelli, anche se in partitura non è specificato.
39L’aria di Geremia A poco a poco mostra, infine, come possano esserci indicazioni discordanti tra partitura e parti. Nella partitura infatti sta scritto «Violino solo», mentre nella parte di Geremia «con flauto». Poiché l’aria veniva suonata dall’oboe I non la ritroviamo nella parte di oboe II, unica superstite:
40Nel ritornello finale della stessa aria, la parte di oboe testimonia una variante. Annotato in fondo al foglio troviamo lo stesso ritornello che ricorre in partitura:
41Immediatamente di seguito, però, troviamo un secondo ritornello di cui non vi è traccia in partitura:
42Il secondo ritornello sembra rimandare ad una stesura precedente.
43Nell’aria di Isaia Gioie sono i pianti suoi, in partitura troviamo l’indicazione «oubuè solo | senza cimbalo» (il clavicembalo entra dove entra la voce), mentre nella parte di Isaia si legge «alla francese. Con flauto ò vero oubuè», aggiungendo quindi la possibilità di accompagnare l’aria anche col flauto.
44Allo stesso modo la parte di oboe della cantata Gratia e Mondo di Amadori (1706) ci informa sui numeri in cui lo strumento partecipava: nelle arie Certo che in stille e Spandi pure con violini e oboe concertante, l’oboe è indicato anche in partitura; non lo è invece nell’aria con violini e oboe La speme è un fiore, dove però raddoppia sempre i violini, anche nei soli del concertino. L’oboe tace infine nel duetto conclusivo Care stelle/Chiari soli, che in partitura reca l’indicazione «Unisono».
45Dalle parti staccate ricaviamo la strumentazione dell’aria Dimandai all’augellino con violini, oboe e continuo nella cantata Eliso, amico Eliso di Amadori (1712). L’intestazione «Primo violino e oboè» in partitura è da intendersi come oboe con tutti i primi violini: il violino I di concerto grosso, infatti, partecipa a tutti questi passaggi; ma in presenza della scritta «Oboè solo» tutti i violini suonano la parte del violino II.
46Nella cantata Hor che all’aure del giorno di Amadori vi sono alcune sezioni di oboe cassate nelle parti di concertino e dei violini: potrebbero essere errori del copista, tratto in inganno dalla mancanza dell’indicazione di oboe nella partitura originale, ma anche essere espressione di un ripensamento nella strumentazione, con l’aggiunta dell’oboe in un secondo momento. La stessa ambiguità la incontriamo nelle parti vocali duplicate: mentre nelle due parti di Angelo e Grazia che hanno la stessa grafia elegante della partitura non c’è indicazione di strumentazione, nelle parti duplicate in altra grafia, verosimilmente per l’esecuzione al Nazareno, troviamo indicazioni come «Aria con V. V., Obuè, e Violoncello» (Giuste leggi), «Segue l’Aria con due Violoncelli» (prima di Bella fede), oppure «Segue l’Aria con V. V.» (prima di Ma che mi giova), «Segue l’Aria con V. V.» (prima di In van si lagna), «Segue l’Aria con Obuè» (prima di Povero core). Maggiore puntiglio del copista delle nuove parti, oppure l’oboe venne aggiunto in un secondo momento?
47Non essendo giunta a noi alcuna partitura completa della Santa Rosalia di Gasparini, non possiamo sapere se la parte di clavicembalo dell’Archivio generale delle Scuole pie fornisse informazioni aggiuntive.44 È verosimile però che alcune indicazioni come quelle nelle arie Il cor è l’alma mia («Violino solo | Qui sona il primo Cembalo solo»), Voi piaghe, voi spine («Aria. Primo Cimbalo solo») e La speme del mio cor («Violino solo | Cimbalo primo solo») fossero peculiari della parte di secondo cembalo. Dette arie, comunque, sono riportate per intero, forse perché servivano di orientamento per il cembalista o perché le scritte furono aggiunte successivamente:
48Non sempre il cembalo II suona nei recitativi e nelle arie: in genere in un contesto triste e malinconico, il cembalo tace. Presumiamo che «senza cimbalo» sia riferito a entrambi i clavicembali: infatti nelle sezioni con tremolo d’archi o nei recitativi accompagnati, dove era usanza far tacere il cembalo, la scritta «senza cimbalo» è riferita senz’altro a entrambi gli strumenti. Si veda il recitativo accompagnato O vago rio:
49Nel seguente duetto la scritta «senza cimbalo» potrebbe essere stata aggiunta in un secondo momento, anche se non è evidente:
50L’aria Morirò, ma nella morte reca l’indicazione iniziale «all’Unisono | Senza Cimbalo». Ma probabilmente il tutti era accompagnato anche dai cembali (o almeno da uno), come suggeriscono gli accenni di basso continuo nella mano sinistra:
51Due arie con viola della cantata L’Innocenza e Cherubino di Amadori (1707) attirano la nostra attenzione: dalle parti siamo informati che le viole erano suonate dai violinisti. Nella parte di violino II dell’aria Pellegrino che solingo, infatti, troviamo l’indicazione «Viola» nella sezione A dell’aria, notata in chiave di contralto; nella sezione B torna la chiave di violino. Nella sezione A dell’aria Tronco durissimo sia la parte di violino I che quella di violino II suonano la viola e sono notate in chiave di contralto, mentre nella sezione B, senza viola, ciascuno torna a suonare la propria parte. Dovevano dunque esserci altre parti, oggi perdute, in cui violini I e II suonavano la propria parte anche nella sezione A.
52In cinque casi su dieci, il contrabbasso partecipa sempre, anche nei recitativi. Su quattro delle sette parti di violoncello o violone, lo strumento suona sempre; in due casi si tratta del violoncello di concertino e in due del violoncello di ripieno (vedi Appendice, b. Tabella).45
53In un unico caso, nella cantata Gratia e Mondo di Amadori, vi è una parte di trombone, identica a quella di violoncello: suona cioè dall’inizio alla fine, nelle arie e nei recitativi. Di contro la partitura non fa cenno al trombone. Indicazioni di strumentazione per il basso continuo si incontrano in partitura nelle arie Già parve dir così, a violino solo e violoncello solo («Arcileuto solo») e Serenatevi, o torbide cure («Violoncello solo»). Nel catalogo del fondo delle Scuole pie la parte di viola risulta incompleta. In realtà ne esistono tre copie identiche di una carta ciascuna, perché la viola suona solo nell’aria La speme è un fiore, che alterna violini unisoni a violino solo: anche laddove il violino è solo, le viole, stando alle parti, accompagnano tutte e tre insieme.
e. Prassi esecutiva
54Le parti ci informano, generalmente, in maniera più dettagliata rispetto alle partiture su dinamiche, tempi ed organici: così troviamo con maggior frequenza segni di p e f, di soli e tutti. Nell’aria Senza riparo della cantata Diana e Apollo di Amadori troviamo l’indicazione Allegro solo nella parte di contrabbasso. Così la seconda sezione dell’aria Al gran reggitore in Fede e Fortezza di Gasparini ha, nella parte duplicata di Fede per il Collegio Nazareno, l’indicazione Andante che è assente nell’originale.
55Le indicazioni di dinamica o di alternanza tutti/soli sono spesso più precise nelle parti, perché la partitura era quella da cui suonava il cembalista, mentre il violinista del concertino doveva condurre il gruppo degli archi e aveva bisogno di maggiori ragguagli. Qualche indicazione potrebbe essere stata aggiunta durante le prove, ma in nessuno dei casi esaminati ciò si può determinare con sicurezza. Certamente però l’attività compositiva poteva prolungarsi fino all’atto dell’esecuzione, determinando modifiche sia nel testo musicale che nella concertazione e interpretazione. Gli strumenti che non hanno una funzione conduttrice, come i violini di concerto grosso, ricevono pochissima attenzione nei dettagli di dinamiche e strumentazione, non dovendo far altro che seguire le direttive del concertino.
56Un caso esemplificativo di parti che forniscono informazioni aggiuntive è rappresentato da Humanità e Lucifero di Pietro Scarlatti. Nella parte del concertino le dinamiche di piano e forte, gli abbellimenti e le indicazioni di esecuzione, come «staccato e presto», sono più precise. Così l’aria A dispetto delle stelle ha nella parte l’indicazione iniziale di violini «unis.», mancante in partitura. Può verificarsi anche il contrario, che la partitura sia più accurata delle parti: ad esempio, nell’aria La bianca aurora, il violino I in partitura ha «solo for. e staccato», nella parte «solo sempre | for.». Naturalmente le differenze possono anche dipendere da antigrafi diversi o da meri errori di copiatura; nel nostro caso, comunque, il copista della partitura, certamente romano, coincide in alcuni fascicoli con quello del concertino.
57Dettagli aggiuntivi si trovano anche nella parte di concertino della Teodora Augusta di Alessandro Scarlatti: numerose arie e ritornelli hanno infatti le indicazioni di soli e tutti che in partitura non ci sono.
58Le prime otto battute dell’Adagio in 3/4 della Sinfonia di Fede e Fortezza di Gasparini (1718) hanno l’indicazione «soli»; al segno di ripetizione si legge «da Capo tutti».46 Il ripieno dunque suona solo nella ripresa, cosa che raramente si trova indicata. A conferma nelle parti dei violini di concerto grosso troviamo otto battute di pausa. Anche nel violoncello di concertino si legge «solo» e poi «da Capo tutti». Dalla partitura non ricaviamo altrettante informazioni perché la Sinfonia contiene solo la linea del basso, con indicazioni di tutti e solo. Evidentemente la sinfonia originale è stata sostituita: solo la nuova parte di basso, sufficiente per accompagnare, è stata attaccata per comodo di chi leggeva dalla partitura.
59Partitura e parti de Le gare festive di Bencini nella Biblioteca Apostolica Vaticana contengono una singolarità interessante: nelle arie Tutti lieti nel cielo e Al nome illustre si alternano «solo» e «tutti», ma anche «2 soli» su unico pentagramma, intendendo dunque due violini soli, quelli del concertino, che suonano la stessa parte. Le indicazioni potrebbero esser state aggiunte successivamente, in quanto mostrano una scrittura più corsiva, ma non vi è certezza. Vien fatto di chiedersi se anche altrove simili indicazioni di “soli” possano talvolta riferirsi a due violini unisoni.
f. Altre annotazioni marginali
60Nelle parti non sono infrequenti le scritte che richiamano l’attenzione dello strumentista sulle sue entrate. Nella parte di oboe della cantata di Scarlatti Abramo il tuo sembiante, ad esempio, incontriamo note pratiche come «stijno attente alle chiamate» oppure «tace sino che sarà avvisato»:
61Nell’aria Tutti lieti de Le gare festive il violino I di concerto grosso viene avvisato di contare le battute di attesa durante i soli: «V. S. conti le battute».
Conclusioni
62Il numero delle parti “cavate” di cantate, oratori e drammi romani giunte fino a noi è molto esiguo. È stato comunque possibile prendere visione di 27 manoscritti che si concentrano nella Biblioteca Corsiniana e nell’Archivio generale delle Scuole pie, cui si aggiungono fonti sparse nella Biblioteca Apostolica Vaticana e nel fondo Santini di Münster. Essi rappresentano solo un ristretto campionario di quello che doveva essere il mare di carta da musica che alimentava la vita musicale romana tra il 1685 e il 1733. Non esiste, inoltre, alcuna composizione di cui sia pervenuto il set completo delle parti: nel migliore dei casi abbiamo una parte per strumento, qualche rara volta parti duplicate, più spesso alcune parti soltanto. Il confronto di queste con le partiture superstiti ha fornito riscontri interessanti. Che tali parti siano pervenute a noi è mera casualità, perché essendo materiale d’uso scomodo e ingombrante non veniva conservato a lungo. Il repertorio sacro in parti staccate, come abbiamo visto, ha avuto un destino diverso, perché veniva riutilizzato nel tempo e quindi restava depositato negli archivi delle istituzioni religiose: è ciò che deve essere successo anche alle cantate spirituali del Collegio Nazareno, come Humanità e Lucifero, che fu eseguita ben tre volte a distanza di anni (1704, 1719 e 1725). La sopravvivenza di molti dei manoscritti esaminati è quindi spesso dovuta al loro riutilizzo. Al motivo funzionale, poi, deve essersi unito un pizzico di fortuna e disponibilità di spazio in biblioteca, sicché le parti sono potute giungere sino a noi. Per poche che siano, comunque, le parti ci forniscono importanti testimonianze sugli eventi spettacolari e la prassi esecutiva dell’epoca. Il loro stato di conservazione è pressoché ottimo. In nessuno dei casi analizzati ci sono segni inequivocabili di interventi sui manoscritti in sede di prove e di esecuzione. Probabilmente le parti avevano anche un valore economico da salvaguardare: si copiavano, avevano un costo, andavano trattate bene finché servivano.
63Nell’analisi delle parti si è osservato come spesso esse forniscano dati assenti nelle partiture: si va dai nomi degli interpreti alle indicazioni di prassi esecutiva, all’organico impiegato, alle entrate di soli e tutti, alle indicazioni di dinamica e di agogica. Le parti contribuiscono anche alla restituzione di un testo criticamente corretto, e sono dunque imprescindibili dal punto di vista filologico.
64Uno studio incrociato con i documenti d’archivio, ove possibile, ci permette di ampliare ulteriormente le conoscenze di un certo evento spettacolare. È il caso fortunato della Maddalena di Scarlatti, di cui possediamo partitura, parti, testimonianze e documenti (liste e note di maestranze): attraverso la combinazione di questi dati, si rende possibile una ricostruzione abbastanza dettagliata dello spettacolo. Grazie al conto del copista Giovanni Pertica si può dedurre l’organico dell’esecuzione del 1685 presso il Seminario Romano: 3 cantanti, 14 o 16 violini, 6 viole, 5 violoni, 3 contrabbassi, 1 arciliuto, 2 cembali, suonati da Scarlatti e Pasquini. Il numero di parti copiate, ciascuna delle quali letta da due orchestrali, conforta queste stesse conclusioni.47 La ripresa modenese del 1686 è testimoniata dalla partitura conservata presso la Biblioteca Estense universitaria di Modena (Mus. F. 1056), una delle tante copie della Maddalena di mano del Pertica di cui vi è notizia nell’Archivio Pamphilj, su cui si trovano interessanti segni aggiunti in sede di esecuzione, soprattutto riguardanti le entrate di soli e tutti, che nei musicisti modenesi dovevano verosimilmente destare qualche dubbio:
65Altro ambiente, altri usi: quella che era una specificità romana, una dimestichezza con tradizioni ormai inveterate, non necessariamente era facile da decifrare al di fuori di quel luogo.48 Concludendo, lo studio delle parti merita attenzione alla stregua di qualsiasi altra fonte di informazione in nostro possesso e consente di far luce su una quantità di dettagli, storici e musicali, altrimenti inattingibili.
Appendici
a. Elenco delle fonti esaminate
Biblioteca Corsiniana di Roma
66Alessandro Scarlatti, Il martirio di S. Teodosia, oratorio a quattro (Roma, s.d.;49 Modena 1685), in I-Rli, Musica S 14: parti di Teodosia (S), Decio (A), Arseno (T), Urbano (B), violino II, viola; la relativa partitura si trova in I-MOe, MUS.F.1058. Il copista di partitura e parti è lo stesso de La Maddalena di Scarlatti in I-Rli
67Alessandro Scarlatti, La Maddalena, oratorio a tre (Roma, Seminario Romano, 18 marzo 1685), in I-Rli, Musica S 15: parti di Maddalena (S), Gioventù (S), Penitenza (A), violino I [di concerto grosso], violino II [di concerto grosso], viola50
68Francesco Mancini, L’amore divino trionfante nella morte di Cristo, oratorio a cinque (Roma, Archiconfraternità della Pietà della Nazione de’ Fiorentini, 21 marzo 1700)51, in I-Rli, Musica A 19: parti di Lucifero (B), violino I di concerto grosso, violetta, violoncello di concerto grosso
69[Francesco Mancini], Il bianco piè della più bella diva (“La Rosa”), cantata a voce sola con violini, su testo di Benedetto Pamphilj, in I-Rli, Musica A 20: partitura e parte di soprano; una seconda partitura, datata 1712, è in I-Nc, Cantate 182/3552
70Antonio Caldara, Daliso, intorno a queste (“Daliso e Nice”), cantata a due con violini (1710?),53 in I-Rli, Musica C 13: parti di Nice (S), Daliso (A) e concertino
71Anonimo, Or che dal morto giorno, cantata a due con violini, in I-Rli, Musica A 23: parti di Fileno (A), violino I [di concerto grosso], violino II [di concerto grosso], viola54
72Anonimo, aria Sorge l’alba dall’«Oratorio con stromenti» in I-Rli, Musica A 19bis: parti di violoncello di concertino (una sola carta) e violoncello di concerto grosso
Biblioteca Apostolica Vaticana
73Alessandro Melani, Idaspe, favola pastorale a tre (ca. 1675), in V-CVbav, Chigi Q.VI.91-95: partitura e parti di Idaspe (T), Laurindo (A) Arbante (B), originaletto («violini» con violino I-II, canto, basso continuo, senza recitativi)
74Alessandro Scarlatti, Teodora Augusta, dramma per musica (Napoli, Palazzo Reale, 6 novembre 1692; Roma, Teatro Capranica, 3 gennaio 1693), in V-CVbav, Chigi Q.VII.103-110: due partiture per primo e secondo cembalo e parte di concertino (violino I, violino II, basso)
75Pietro Paolo Bencini, Nell’onda d’occidente (“Aminta e Dori”), cantata a due con violini e basso continuo, in V-CVbav, Barb. lat. 4227: due partiture (una dal tratto corsivo con segni di Da capo – un autografo pulito? – e l’altra elegante con arie scritte per esteso) e parti di Aminta (A), Dori (S), «concertino» (violino I, violino II, basso), «concerto grosso» (violino I, violino II, basso),55 violino I, violino II, violone56
76Pietro Paolo Bencini, Qui dove sorge il Tebro (“Le gare festive in applauso alla real casa di Francia”), serenata a tre con violini, trombe, oboe e basso continuo, su libretto di Giacomo Buonaccorsi (Roma, 24-25 agosto 1704, fatta eseguire da Urbano Barberini, principe di Palestrina), in V-CVbav, Barb. lat. 4228: due partiture (una riveduta e una in bella copia) e parti di Giunone (S), Fama (S), Pallade (S), «concerto grosso» (violino I, violino II, basso), violino I di concerto grosso (due esemplari), violino II di concerto grosso, violone (due esemplari, di cui la seconda in bella copia)57
77Pietro Paolo Bencini (?),58 Dagli inganni alle nozze, pastorale (Roma, 20 maggio 1714, per il matrimonio di Maria Teresa Boncompagni con Urbano Barberini), in V-CVbav, Barb. lat. 4224-26: partitura e parti di Dorinda (S), Clori (S), Narete (S), Tirsi (A), Silvio (A), concertino (violino I, violino II, basso), violino I (violino I e basso), violino II (violino II e basso)
Archivio generale delle Scuole pie di Roma
78Severo De Luca, Flavio Lanciani, Francesco Gasparini, Santa Rosalia, dramma spirituale in tre atti (Roma, Collegio Nazareno, febbraio 1699),59 in I-Rps, REG. M. 10e: parte di clavicembalo II
79Pietro Scarlatti, E qual d’intorno io miro all’alte sfere (“Humanità e Lucifero”),60 cantata a due con violini, oboe, tromba e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, settembre 1704, per la nascita della Beata Vergine; replicata ivi nel 1719 e 1725), in I-Rps, REG. M. 35: partitura e parti di Humanità (S), Lucifero (T), concertino (violino I, violino II, basso), violino I di concerto grosso (due esemplari), violino II di concerto grosso (due esemplari), violetta, oboe, tromba (due esemplari), contrabbasso
80Giuseppe Amadori, E quali odo d’intorno, cantata a due con violini, trombe e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, 20 settembre 1705, per la nascita della Beata Vergine), in I-Rps, REG. M. 1b: partitura e parti di Innocenza (S), Colpa (A), concertino (violino I, violino II, basso), violino I [di concerto grosso] (due esemplari), violino II [di concerto grosso] (due esemplari), tromba I, tromba II, contrabbasso
81Giuseppe Amadori, Torna, deh torna omai (“Gratia e Mondo”), cantata a due con violini, viola, oboe e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, 1706), in I-Rps, REG. M. 1c: partitura e parti di Grazia (A), Mondo (S), concertino (violino I, violino II, basso), violino I di concerto grosso, violino II di concerto grosso, viola (in triplice copia), oboe, trombone, violone 61
82Giuseppe Amadori, Care delizie (“L’Innocenza e Cherubino”), cantata a due con violini, trombe e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, 18 settembre 1707), in I-Rps, REG. M. 2a: partitura (per il cembalista)62 e parti di Innocenza (S), Cherubino (A), concertino (violino I, violino II, basso), violino I [di ripieno], violino II [di ripieno], tromba I, tromba II, contrabbasso
83Giuseppe Amadori, Hor che all’aure del giorno, cantata a due con violini, oboe e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, s.d., per la nascita della Beata Vergine), in I-Rps, REG. M. 1a: partitura e parti di Angelo (S, due esemplari), Grazia (A, due esemplari), concertino (violino I, violino II, basso), violino I [di concerto grosso], violino II [di concerto grosso], oboe, contrabbasso
84Giuseppe Amadori, O bel foco di quel Dio (“Sapienza e Amore”), cantata a due con violini, oboe e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, 1709), in I-Rps, REG. M. 2b: partitura e parti di Sapienza (S), Amore (T), concertino (violino I, violino II, basso), violino I [di ripieno], violino II [di ripieno], oboe, contrabbasso
85Giuseppe Amadori, O selve amiche (“Diana e Apollo”), cantata a due con violini, oboi e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, settembre 1710, per la Natività della Beata Vergine), in I-Rps, REG. M. 3a: partitura e parti di Diana (S), Apollo (A), concertino (violino I, violino II, basso), violino I di concerto grosso, violino II di concerto grosso, contrabbasso
86Giuseppe Amadori, Eliso, amico Eliso, cantata a due con violini, oboe e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, settembre 1712, per la Natività della Beata Vergine), in I-Rps, REG. M. 3b: partitura e parti di Dafni (S), Eliso (A), concertino (violino I, violino II, basso), violino I (violino I e basso), violino II (violino II e basso),63 violoncello II, oboe, contrabbasso
87Francesco Gasparini, A mia stanca navicella (“Fede e Fortezza”),64 cantata a due con violini, oboe e basso continuo (Roma, s.d.; Roma, Collegio Nazareno, maggio 1718), in I-Rps, REG. M. 16c: partitura mutila (solo la prima parte) e parti di violino I [di concertino], violino II [di concertino], violino I di concerto grosso, violino II di concerto grosso, oboe I, oboe II, basso del concerto grosso. Partitura e parti sono un rifacimento della precedente versione “Fede e Giustizia” e presentano varianti di testo, fogli cuciti, inserti, cancellature e recitativi sostituti in altra grafia su carte aggiunte65
88Giuseppe Valentini, Son l’origine di tutti (“Eternità e Tempo”), cantata a due con strumenti ([Roma, Collegio Nazareno], 1 ottobre 1723), in I-Rps, REG. M. 37a: solo parti di Eternità (S) e Tempo (S)
89Giuseppe Valentini, Amica e cara Fede, ascolta (“Fama e Fede”), cantata a due con violini, trombe, corni e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, 21 settembre 1724; replicata ivi il 19 settembre 1730), in I-Rps, REG. M. 37b: parti di Fama (A), Fede (S), violino I di concertino, violino II di concertino, violino I [di ripieno] (due esemplari), violino II [di ripieno] (due esemplari), corno da caccia/tromba I, corno da caccia/tromba II, contrabbasso
90Anonimo, Or che dal sen della Divina mente (“Maria e Amor Divino”), cantata a due con violini, oboi, flauti e basso continuo (Roma, Collegio Nazareno, 15 settembre 1733, «con nuove arie» rispetto ad una precedente versione non datata), in I-Rps, REG. M. 7a: parti di Maria (S), Amor Divino (A), violino I di concertino, violino II di concertino, violino I di concerto grosso (due esemplari), violino II di concerto grosso (due esemplari), oboe/flauto I, oboe/flauto II, violone
91Anonimo, Ecco l’alba, e sereno più dell’usato (“Tirsi e Mopso”), cantata a due con violini66 (Roma, Collegio Nazareno, s.d., per la Natività della Beata Vergine), in I-Rps, REG M. 7b: particelle di Tirsi (S) e Mopso (A)
Diözesanbibliothek Münster
92Alessandro Scarlatti, Abramo il tuo sembiante (“La gioia nel seno d’Abramo”), cantata a cinque, con violini, oboi e basso continuo per la notte di Natale (Roma, Palazzo Apostolico, 24 dicembre 1705), su testo di Silvio Stampiglia, in D-MÜs, Hs. 3926 I. II.: partitura e parti di Ezechiele (S), Daniele (S), Geremia (A), Isaia (T), Abramo (B), oboe II
b. Tabella
93Vengono qui di seguito elencati gli strumenti impiegati al basso nelle composizioni esaminate, con la dicitura originale.
Suona sempre (in arie, duetti, ritornelli e recitativi) | Non suona sempre (solo in arie, duetti, recitativi accompagnati) | |
Innocenza e Cherubino (1707) | Contrabbasso | |
Hor che all’aure del giorno, s.d. | Contrabbasso | |
Sapienza e Amore (1709) | Contrabbasso | |
Humanità e Lucifero (1704; 1719; 1724) | Contrabbasso: suona la linea del basso continuo solo nelle arie piene (generalmente quelle con l’oboe), non in quelle con violini unisoni e basso, né nei recitativi semplici e accompagnati; in tutto è presente in 8 numeri | |
Fede e Fortezza (?; 1718) | Basso del concerto grosso | Basso del concerto grosso: nella prima versione il basso suonava nel tutti e non nei recitativi. Nella versione riveduta del 1718 il basso suona sempre, anche nei recitativi: viene dunque snaturata la sua funzione di “ripieno”. Nella sinfonia (chiaramente di nuova composizione) ha funzione di basso di concerto grosso: presenta pause e non coincide con la parte di violoncello di concertino. Presumibilmente si tratta di una parte di contrabbasso, come la troviamo anche in altre cantate per il Collegio Nazareno |
E quali odo d’intorno (1705) | Contrabbasso | |
Diana e Apollo (1710) | Contrabbasso: nell’aria L’infelice rondinella, con «Oboè» e «Violoncello», il contrabbasso raddoppia la parte di violoncello | |
Eliso, amico Eliso (1712) | Contrabbasso: non suona nell’aria a due violoncelli | |
Fama e Fede (1724) | Contrabbasso | |
Gratia e Mondo (1706) | Violone: suona anche nei soli e nei recitativi, ma non nelle arie Già parve e Serenatevi, dove interviene appena nel tutti finale. Si tratta dunque del violoncello di concerto grosso | |
Eliso, amico Eliso (1712) | Violoncello [II] | |
Maria e Amor Divino (rifatta nel 1733) | Violone | |
Aminta e Dori (1700-1738) | Violone: potrebbe essere la parte del violone principale. Infatti nell’aria Temo suona sempre e ha le indicazioni «viol.o solo» e «tutti» | |
L’amore divino trionfante (1700) | ||
Le gare festive (1704) | Violone | |
Sorge l’alba | Violoncello di concerto grosso: non suona in tutte le arie (il confronto con la parte di violoncello di concertino non è possibile perché incompleta) |
Notes de bas de page
1 Sull’analogo concetto di “parti scannate”, termine impiegato in ambito teatrale, si rimanda al contributo di Usula 2018.
2 Ringrazio cordialmente Arnaldo Morelli e Alessandro Lattanzi per i numerosi suggerimenti e la acribia nella rilettura del presente contributo; Aldo Roma per le preziose informazioni sull’Archivio del Collegio Nazareno di Roma, oggetto delle sue attuali ricerche; il personale delle biblioteche e degli archivi che mi hanno facilitato la consultazione del materiale musicale, in particolare Susanna Panetta della Biblioteca Corsiniana, Alessandra Merigliano dell’Archivio generale delle Scuole pie e Gertrud Gaukesbrink della Diözesanbibliothek di Münster. I miei ringraziamenti alle suddette istituzioni e alla Biblioteca Estense universitaria di Modena anche per l’autorizzazione a pubblicare le immagini qui riprodotte.
3 Gli ultimi decenni hanno visto una ricca fioritura di pubblicazioni riguardanti simili documenti. Senza pretendere di fornire una bibliografia esaustiva, si vedano almeno i classici studi di Kirkendale 1967 e 2003; Della Seta 1983; Marx 1983a e 1993. Ulteriori documenti saranno presto disponibili sul database del progetto PerformArt.
4 V-CVaav, Archivio Ruspoli-Marescotti, Giustificazioni di Roma, b. 64, fasc. 118, n° 33; I-Rdp, sc. 2, b. 9, n° 217 (in Marx 1983a, n° 63).
5 Piperno 1981, p. 199-200, suppone che nelle note di spesa di Lanciani le cantate anonime siano con ogni verosimiglianza da attribuire a Gasparini, in quegli anni maestro di cappella del principe Ruspoli.
6 Piperno 1981, p. 201.
7 Nigito 2016, p. 160.
8 V-CVbav, Archivio Chigi, b. 489, c. 863 (anche nella scheda PerformArt D-001-531-591).
9 I-Rdp, sc. 2, b. 5, n° 577, in Marx 1983a, n° 40.
10 I-Rdp, sc. 3, b. 15, n° 94 (1713).
11 La carta era comunque una voce di spesa importante, sia per i privati che per le collettività, e non veniva sprecata. Il riutilizzo delle parti staccate come rilegature di materiale archivistico è documentato alla corte modenese nella seconda metà del Settecento. Cf. Lattanzi 2007, p. 222-223.
12 Entrambi i manoscritti sono dello stesso copista. Si tratta forse di un uso grafico caratteristico? Apparentemente no, visto che anche L’amore divino di Mancini della Biblioteca Corsiniana è nella stessa grafia, ma l’unica parte vocale superstite presenta in aggiunta la linea del basso.
13 I-Rdp, sc. 3, b. 7, n° 171. Nigito 2016, p. 157.
14 Careri 1998, p. 7.
15 Per una descrizione del fondo vedi Careri 1987 e Lanfranchi – Careri 1987.
16 Per la documentazione archivistica del Collegio Nazareno si rimanda agli studi in corso di Aldo Roma.
17 Il Collegio Nazareno era diretto dai padri scolopi ed era separato dall’Ordine delle Scuole pie. Il rettore del collegio fece forse trasportare per sicurezza parte della biblioteca presso la Curia Generalizia dell’ordine, che non rischiava la soppressione. Cf. Careri 1987, p. 7. Sull’attività di questo collegio, si veda il contributo di Aldo Roma in questo stesso volume, «Per allevare li giovani nel timor di Dio e nelle lettere». Arti performative, educazione e controllo al Collegio Nazareno di Roma nel primo Seicento.
18 Careri 1987, p. 29.
19 Careri 1987, p. 88, 92 e 113.
20 V-CVbav, Archivio Chigi, Q.VII.106 e 107 riportano nel frontespizio il nome del «Signor Giovanni Francesco Garbi primo Cimbalo», mentre Chigi Q.VII.108, 109 e 110 quello del «Signor Simonelli 2o Cimbalo».
21 Teodora Augusta 1692 (Sartori 1990-1994, n° 23023). Dedica dell’impresario Andrea Del Po, Napoli, 5 novembre 1692.
22 Teodora Augusta 1693 (Sartori 1990-1994, n° 23024). Dedica di Carlo Giannini, Roma, 3 gennaio 1693.
23 V-CVbav, Chigi Q.VII.103 e 105.
24 Chirico 2014, p. 38-41. In un conto di copiature si fa riferimento alla successiva rielaborazione dell’opera che avrebbe generato La costanza nell’amor divino: cf. Volpicelli 1989, vol. 2, p. 710: «A dì 25 Nov.re 1695 S. Rosalia tutta composta di novo Parole e Musica» (documento in V-CVbav, Comp. Ott. 31, nº 62).
25 Franchi 1988, p. 696-698; Della Libera – Domínguez 2012, doc. 125, p. 158.
26 Careri 1987, p. 48, 86. La data riportata sul libretto è il 13 febbraio 1699, mentre un avviso fa riferimento al 7 febbraio (Careri 1987, p. 22).
27 Careri 1987, p. 86, ritiene che la data sia quella dell’epoca della revisione.
28 Sartori 1990-1994, n. 20977; le parti di Rosalia e Balduino furono interpretate da Giovanni Breccia e Nicola Nicolai: cf. Franchi 1988, p. 740-741.
29 Lindgren 1981, p. 174-175, 177; Careri 1987, p. 86. Negli stessi anni, peraltro, è documentata l’attività di vari membri della famiglia Gasparini (Lorenzo e Michelangelo, fratelli di Francesco, nonché un Giovanni Battista). Sonneck 1914, vol. 1, p. 75, fraintendendo Ademollo 1888, p. 207, attribuisce la musica a Francesco Minissari.
30 Il documento in I-Rli, Cod. 1693, 35.A.11, c. 15r, è in Careri 1987, p. 22.
31 V-CVbav, Comp. Ott. 16, conti non numerati.
32 V-CVbav, Comp. Ott. 16, n.n.
33 I conti della Computisteria Ottoboni 16 sono accompagnati da altre spese per la commedia con riferimenti al Collegio Nazareno: «A dì detto [1 febbraio 1699] sc. 0,60 moneta dati di mancia a due staffieri che stiedero per guardia alla porta del Collegio Nazzareno in tempo che si recitava l’opera in musica di sua eminenza padrone, sc. 0,60. E adì detto [14 febbraio] sc. 0,50 moneta per tanti spesi in n. cinque opre della commedia recitata al Nazzareno sc 0,50. E adì detto [23] sc. 3 moneta dati di mancia alli falegnami che assistivano al teatro del Nazzareno d’ordine di sua eccellenza sc. 3».
34 V-CVbav, Comp. Ott. 16, conti non numerati.
35 V-CVbav, Comp. Ott. 16, conti non numerati.
36 Nell’aria della Fama Son felice e son contenta, i versi «non ho petto | consacrare a Benedetto | lodi degne, lodi care» è corretto in «non ho mente | consacrare al pio Clemente, | lodi degne, lodi care»; nel recitativo Sopra la sacra il testo «e in Benedetto» è cassato e sostituito con «ed in Clemente»; il recitativo Regni dunque Benedetto è corretto in Regni dunque Clemente. Nella parte di Fede ci sono analoghe correzioni. Anche singole parole vengono modificate, come ad esempio «sue gloriose terre» in «sue gloriose gesta» e «in petto» in «ardente». Oltre alle rielaborazioni del testo e alcune note cambiate, vi sono anche variazioni nelle indicazioni di tempo, come allegro in allegrissimo nell’aria No, non temere.
37 Lanfranchi – Careri 1987, p. 331-332, sulla base di un conto di quell’anno per una «erudita Accademia con nobile Apparato e scelta musica, in lode di Nostro Signore Papa Benedetto XIII».
38 Lanfranchi – Careri 1987, p. 332, n. 25, fa cenno a un testo di Laudibus Clementis XII del 1730 (cf. la scheda di Aldo Roma nel database PerformArt E-019-200-107). Suppongo che la cantata fosse collegata a questa circostanza. Lanfranchi – Careri 1987, p. 333, propongono invece la data del 1736 in quanto una giustificazione di quell’anno riporta il pagamento «al Sig.r Valentino Compositore della Musica, fatta di nuovo». Si può però opinare che “di novo” o “nuovamente” sta normalmente ad indicare “con musica nuova”, mentre la musica non è cambiata dalla prima esecuzione.
39 Vedi la lista delle esecuzioni al Collegio Nazareno in Lanfranchi – Careri 1987, p. 332.
40 La cantata fu riveduta da Giuseppe Valentini. Ringrazio Aldo Roma per la segnalazione del documento da lui rinvenuto in I-Rcn, vol. 82, cc. 121r-126v, consultabile nel database PerformArt D-062-810-177.
41 Si veda in proposito la celebre stampa di Cristoforo Schor dell’Applauso festivo di Pasquini, eseguito in piazza di Spagna il 25 agosto 1687, con l’orchestra disposta sulle gradinate a mo’ di teatro e i violini di concertino (Corelli e Fornari) su un podio in posizione preminente; cf. Nigito 2016, p. 168-173.
42 Careri 1987, p. 84.
43 Troviamo informazioni aggiuntive anche nell’aria con oboe e basso continuo Chi perfido già fu: nella parte di contrabbasso vi sono annotazioni di «viol.[oncello] solo» e «tutti» che mancano in partitura. Potrebbero esser state aggiunte posteriormente, in sede di esecuzione, ma dalla grafia è difficile stabilirlo.
44 Alcune arie del 1696 sono contenute in un manoscritto di Arie del S.r Card. Otthoboni in GB-Ob, Mus. Sch. E.388.
45 Quanto venisse concertato sul momento, ovviamente, non possiamo saperlo.
46 I movimenti sono i seguenti: Vivace C – Presto 3/8 – Adagio C – Allegro C – Adagio 3/4 – Allegro C).
47 Le parti non sono nella grafia di Pertica, né corrispondono alla sua lista di copiatura dell’8 marzo 1685. Però sono verosimilmente di mano dei suoi compagni di lavoro, Flavio o Tarquinio Lanciani.
48 Su La Maddalena di Scarlatti cf. Nigito 2016, p. 148-158.
49 L’oratorio a cinque voci di Alessandro Scarlatti Il martirio di S. Orsola in F-LYm, 133.948, non è stato accolto nel presente studio perché le parti allegate sono di chiara provenienza francese. Il manoscritto consiste di partitura, cinque parti vocali, violino I, violino II, violetta, tromba e basso continuo. Ringrazio Elodie Oriol per l’assistenza fornitami nel procurarmi una riproduzione. Dell’«oratorio di Roma», come viene definito nel libretto mantovano del 1686, non conosciamo né la data, né le circostanze della prima esecuzione. Limitatamente agli anni Ottanta, sono giunti fino a noi soltanto i libretti del 1685 per Modena (Sartori 1990-1994, n° 20990) e del 1686 per Mantova (Sartori 1990-1994, n° 15036), oltre alle partiture in A-Wn, B-Br, F-Pn, I-MOe, I-Rli.
50 Sui dettagli dell’allestimento vedi Nigito 2016, p. 148-158.
51 Sartori 1990-1994, n° 1589.
52 Wright 1975, p. 96.
53 Kirkendale 2007, p. 45, n. 70, riporta un conto di copiatura del dicembre 1710 in cui si fa riferimento a una cantata Daliso a due voci con violini.
54 La parte smarrita di Daliso era per soprano, come si evince dai duetti della parte di Fileno.
55 Le parti di concertino e concerto grosso sono identiche.
56 Il manoscritto è dettagliatamente descritto in Lindgren – Murata 2018, p. 462-464.
57 Lindgren – Murata 2018, p. 464-468. Di questa serenata esistono copie anche in B-Bc, Ms. 15188 (descritto come autografo) e in V-CVbav, Barb. lat. 4179, entrambe con una diversa introduzione strumentale di Carlo Ferrini.
58 Lindgren – Murata 2018, p. 455-462, attribuiscono la musica a Bencini sulla base di altri suoi manoscritti di mano dello stesso copista.
59 Il libretto porta il titolo L’amante del Cielo (Sartori 1990-1994, n° 1000). Il I atto è di De Luca, il II di Lanciani, il III di Gasparini.
60 Un altro manoscritto della cantata, in D-MÜs, Hs. 3863 I. II., datato 1706, attribuisce la composizione ad Alessandro Scarlatti. Lanfranchi – Careri 1987, p. 329, ritengono si tratti di una composizione di Alessandro per via dei suoi documentati rapporti col Collegio Nazareno. In assenza di riscontri archivistici ed essendo lo stile musicale non caratteristico di Alessandro Scarlatti, come gentilmente mi comunica Alessandro Lattanzi, preferiamo, fino a prova contraria, mantenere il nome di Pietro Scarlatti.
61 Stesso copista di Humanità e Lucifero in I-Rps.
62 Nei due volumi della partitura, corrispondenti alle due parti della cantata, la prima reca la scritta «Cembalo», la seconda «Originale».
63 Il contenuto delle due parti di violino è identico a quello del concertino.
64 Nella prima versione Fede e Giustizia.
65 Da un documento del Nazareno si evince che Gasparini ricevette 21 scudi per la composizione e direzione, che la parte di Fede fu cantata da Francesco Finaja (Checchino) e che la cantata fu copiata da padre Giovanni Antonio (cf. Careri 1987, p. 93). La grafia di gran parte della cantata originale è di mano del Lanciani.
66 Si trattava di una cantata con violini, come si desume dal recitativo accompagnato della seconda parte Tutto lice sperare.
Auteur
Programma PerformArt, École française de Rome - alexandra.nigito@gmail.com
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