«Un nobilissimo e sottilissimo ingegno»
Tracce di balli nelle opere del Teatro Colonna (1683-1688)
p. 223-238
Résumés
I balli teatrali, che costituiscono un elemento fondamentale del dramma per musica dell’età primo moderna a Roma, sono tra le forme più effimere di spettacolo e, ancora oggi, tra le più difficili da ricostruire. Lo studioso che voglia esaminare la performance dei balli, infatti, deve spesso affrontare la difficoltà metodologica costituita non solo dalla quasi totale assenza di tracce di coreografie, ma anche da quella di partiture che trasmettano la musica che le accompagnava, nella maggior parte dei casi andata perduta. Attraverso il raffronto incrociato delle tracce materiali che i balli hanno lasciato nei documenti d’archivio della famiglia Colonna, trattati coevi e libretti d’opera, mi propongo di recuperare e rievocare aspetti considerati persi della performance dei balli delle opere prodotte nel teatro della famiglia romana tra il 1683 e il 1688.
Still today, theatrical balli, a fundamental element of the dramma per musica in early modern Rome, are some of the most ephemeral and difficult to reconstruct forms of performance. In fact, a scholar seeking to analyse the performance of balli must often tackle the methodological challenge posed by the almost complete absence not only of evidence for choreography but also of musical scores. Through the cross-referencing of material traces of balli in the Colonna family archives, in contemporary treatises, and in opera librettos, this essay recovers and recreates aspects—previously considered to be lost—of the performance of balli in the operas produced in the Colonna family’s theatre from 1683 to 1688.
Entrées d’index
Keywords : Dance, dancers, opera, costumes, Il Corago, Colonna theatre, performance, Rome
Parole chiave : Balli, ballerini, opera, costumi, Il Corago, Teatro Colonna, performance, Roma
Note de l’auteur
Vorrei ringraziare Barbara Nestola, Christine Jeanneret, José María Domínguez, Anne-Madeleine Goulet ed Élodie Oriol per i loro generosi suggerimenti durante la preparazione di questo lavoro.
Texte intégral
1Se l’opera del Seicento ci appare oggi come un evento effimero, le cui tracce giunte fino a noi ci permettono solo una comprensione molto parziale della natura della sua esecuzione, una ricostruzione di aspetti della performance dei balli, che costituivano una parte essenziale di queste opere, sembra essere ancora più ardua per la quasi totale assenza di coreografie scritte e, nella maggior parte dei casi, di partiture che ne trasmettano la musica.1 Numerose testimonianze coeve ci ricordano, però, che balli ed intermedi svolgevano un ruolo fondamentale nell’opera. Giovanni Battista Doni, nel suo Trattato della musica scenica degli anni Trenta del Seicento, collega balli ed abbattimenti nell’opera a simili azioni coreutiche del teatro degli antichi, ribadendo quell’essenziale legame che servì come ragion d’essere dei primi esperimenti di teatro in musica.2 Ma i balli e gli intermedi dell’opera del Seicento erano anche il retaggio degli spettacoli di corte rinascimentali, vestigia di intrattenimenti nobili e grandiosi che divennero spesso il simbolo della raffinatezza e ricercatezza dell’aristocrazia che produceva e assisteva a tali eventi.3 «La sera di detto giorno», leggiamo in un avviso di Roma del 23 febbraio 1669,
nel salone del palazzo del signore contestabile Colonna in Borgo si diede principio dal signor cavaliere Filippo Acciaioli a far rappresentare da migliori cantori la sua opera reggia intitolata L’empio punito con sontuoso apparato, ricchissimi abiti, vaghe e bellissime mutazioni di scena e prospettiva, sinfonie e balli superbi alla presenza della maestà della regina di Svezia, di quasi tutti li signori cardinali, ambasciatori, principi, e nobiltà, sendo riuscita di piena sodisfazione di tutta la corte.4
2I migliori cantanti di Roma, quindi, ma anche i sontuosi apparati, gli abiti, le scene che conferivano varietà e senso di prospettiva, la musica strumentale e infine i balli, qui definiti «superbi»: tutto contribuiva alla piena riuscita di un evento così magnifico.5
3La maggior parte degli studi sul ballo teatrale in Italia in epoca primo moderna si è finora concentrata sul ruolo dell’azione coreutica negli intermedi rinascimentali, nelle opere della prima metà del Seicento, in particolare sui lavori di Monteverdi, e sull’opera veneziana durante i primi anni di attività dei teatri commerciali.6 Questa enfasi sui primi esempi di teatro per musica non deve sorprenderci: l’aspirazione ad imitare gli antichi, la coesistenza dell’opera con gli intermedi negli stessi ambienti ed ambiti intellettuali che li avevano visti fiorire, e la scelta di temi mitologici, che spesso invocavano la danza e la musica, hanno fatto sì che questi balli lasciassero tracce più evidenti in partiture, scenari, libretti e trattati a cavallo tra il Cinque e il Seicento.
4La situazione cambia intorno alla metà del XVII secolo, quando il teatro musicale comincia ad abbandonare le “favole per musica” a carattere mitologico per prediligere drammi di argomento storico o basati su commedie spagnole “di cappa e spada” e, contemporaneamente, i nuovi sistemi di produzione che si diffondono nella penisola italiana e la maggiore domanda di drammi per musica impongono ritmi più serrati, che portano all’abbandono graduale della pratica di stampare dettagliati scenari e descrizioni o partiture che commemorassero l’evento spettacolare. Se consideriamo il caso dell’opera a Roma nel secondo Seicento, per esempio, le fonti sui balli appaiono davvero esigue: la maggior parte delle partiture giunte fino a noi non include la musica dei balli e in molti libretti, come a volte accade anche per i prologhi, i balli non sono nominati. Ma nella maggior parte dei casi il libretto menziona almeno l’argomento del ballo, solo nelle pagine iniziali o, più frequentemente, anche alla fine dell’atto, come nel caso de La Dori di Apolloni e Cesti, data a Roma nel 1673 al Teatro Tordinona, dove leggiamo «Ballo di eunuchi e fine dell’atto primo».7 Ma cosa può dirci il libretto della performance del ballo? Quanto fedelmente la breve descrizione che troviamo nel libretto ci racconta della presenza fisica sul palco dei ballerini, della maniera in cui si muovevano e si alternavano o interagivano con i cantanti?
5Fortunatamente la performance di intermedi e balli ha lasciato nelle fonti d’archivio preziose tracce di cultura materiale che possono rivelarci dettagli su aspetti pratici della loro esecuzione e produzione e, in molti casi, attestare la presenza di balli anche in assenza di altre fonti. Nelle pagine che seguono mi propongo di esaminare alcuni esempi di balli teatrali romani della seconda metà del Seicento prendendo come esempi opere prodotte tra il 1683 e il 1688 nell’ambito del mecenatismo del principe di Paliano, Lorenzo Onofrio Colonna, membro di una delle famiglie aristocratiche più antiche ed illustri di Roma. Interrogando i documenti contabili dell’Archivio Colonna e interpretandoli alla luce di libretti a stampa e trattati coevi, è possibile recuperare aspetti considerati persi della cultura materiale legata all’esecuzione dei balli e ricostruire il loro ruolo all’interno della produzione operistica di questo periodo, osservando come l’insieme degli elementi – azione drammatica, canto, musica, coreografia e aspetti scenici della produzione – contribuisse all’evento spettacolare.8
Il Teatro Colonna (1683-1688): repertorio, fonti e influenze
6Prima di affrontare questioni legate all’esecuzione dei balli varrà la pena di presentare brevemente il repertorio in esame. Uno dei luoghi più importanti per la produzione ed esecuzione di opere e commedie a Roma durante gli anni Ottanta del Seicento fu sicuramente il teatro fatto costruire a partire dal 1681 da Lorenzo Onofrio Colonna, principe di Paliano e contestabile del Regno di Napoli, nel suo palazzo di Piazza Santi XII Apostoli. Questo teatro, che è stato l’oggetto di uno studio molto approfondito da parte di Elena Tamburini, costituisce un esempio di importanza straordinaria nel panorama delle attività teatrali di quegli anni per la frequenza con la quale ospitò opere e commedie all’improvviso in un momento in cui l’aristocrazia romana, data la restrittiva politica papale di Innocenzo XI Odescalchi nei confronti di opera e teatro, aveva ormai perso ogni speranza di una riapertura imminente del Teatro Tordinona, il primo teatro commerciale a Roma che aveva prodotto varie opere, prevalentemente dal repertorio veneziano, tra il 1671 e il 1674.9
7La costruzione di un teatro nel proprio palazzo, come già rilevato da Tamburini, assumeva per il contestabile un’importanza strategica politica oltre che sociale. La famiglia Colonna, una delle più antiche famiglie stabilitesi a Roma, rivestiva un ruolo di gran rilievo non solo nella politica romana, ma su più larga scala nella politica europea. Lorenzo Onofrio Colonna fu viceré d’Aragona tra il 1679 e il 1681 e quando tornò a Roma decise, anche per sancire l’inizio di una nuova fase per la propria famiglia che iniziava con il matrimonio tra suo figlio, il futuro contestabile Filippo II, e Lorenza de la Cerda, giovanissima nobildonna spagnola, figlia del primo ministro del re di Spagna Juan Francisco de la Cerda, VIII duca di Medinaceli, di costruire un nuovo teatro per la città di Roma.
8Il repertorio del teatro riflette il mecenatismo, le influenze, i gusti, le ambizioni e l’identità politica e sociale della famiglia e in particolare di Lorenzo Onofrio Colonna, uno dei mecenati più attivi nell’ambito del teatro d’opera del secondo Seicento non solo a Roma ma anche a Venezia e, successivamente, a Napoli.10 Durante la sua vita Lorenzo Onofrio Colonna, insieme a sua moglie Maria Mancini (almeno fino alla sua fuga da Roma nel 1672) protesse e promosse l’attività dei più notevoli compositori e poeti del momento: i poeti Nicolò Minato e Giovanni Filippo Apolloni, e l’impresario e uomo di teatro Filippo Acciaioli furono a loro legati per moltissimi anni; insieme, marito e moglie promossero le opere di Antonio Cesti e Francesco Cavalli e commissionarono lavori ad Alessandro Stradella, Alessandro Melani, Alessandro Scarlatti e Bernardo Pasquini, per citare solo i compositori più attivi nel loro ambito di patronage. La partenza da Venezia del poeta Nicolò Minato nel 1669 e la sua successiva residenza a Vienna determinarono un nuovo forte interesse da parte di Lorenzo Onofrio Colonna, motivato anche da ragioni politiche, per il repertorio operistico delle corti imperiali.
9Le opere prodotte nel Teatro Colonna tra il 1683 e il 1688 comprendono, dunque, lavori molto rappresentativi dei gusti e degli interessi del contestabile.11 Il Pompeo (1683) di Alessandro Scarlatti è basato su un libretto di Nicolò Minato che era stato messo in musica per la prima volta a Venezia nel 1666 e dedicato a Maria Mancini Colonna; La Tessalonica (1683) e Il silenzio d’Arpocrate (1686), entrambi su libretto di Minato con nuove vesti musicali di Bernardo Pasquini, sono di provenienza viennese; L’Arianna (1685), un dramma romanzesco di vaga ispirazione mitologica dell’abate Cosimo Bani, L’antro, o vero l’inganno amoroso (1686), una piccola pastorale del veneziano Teofilo Orgiani su libretto di Francesco Maria Santinelli, e I giochi troiani (1688), di Carlo Sigismondo Capece, sono tutte creazioni nuove per il Teatro Colonna (tab. 1).12
Tab. 1 – Opere eseguite nel Teatro Colonna (1683-1688).
Anno | Titolo dell’opera | Librettista/Compositore | Atto/Ballo |
1683 | Il Pompeo | Minato/Scarlatti | I: «delle lavandare» |
II: «di ciechi e zoppi» | |||
La Tessalonica | Minato/Pasquini | I: «degli schiavi» | |
II: «di un’ombra» | |||
1685 | L’Arianna | Bani/Pasquini | I: «mostri marini» |
II: «sileni e bacchetti» | |||
III, 7: combattimento | |||
1686 | Il silenzio d’Arpocrate | Minato/Pasquini | Balli non indicati nel libretto |
L’antro overo l’inganno amoroso | Santinelli/Orgiani | Balli non indicati nel libretto | |
1688 | I giochi troiani | Capece/Pasquini | I: «di sogni» |
II: «intermedio del ballo, lotta, abbattimento, et altri giochi» |
10Non solo il repertorio e la provenienza dei libretti, ma anche la varietà dei generi di dramma rappresentati nel Teatro Colonna riflette gli interessi e i gusti poliedrici del contestabile. Mentre Il Pompeo è un dramma basato su argomento eroico-regio, La Tessalonica dello stesso anno segue il modello del teatro spagnolo di cappa e spada e Il Silenzio d’Arpocrate è un dramma a chiave di natura filosofica. Il libretto de L’Arianna si basa sul mito di Arianna e Teseo anche se, come notato da Arnaldo Morelli, è in linea con le convenzioni dell’opera regia, mentre L’Antro è una breve «pastorale» per pochi personaggi.13 Il libretto de I giochi troiani, infine, è una complessa riscrittura da parte del poeta Carlo Sigismondo Capece di una commedia a tema storico-mitologico di Agustín de Salazar.
11A questa varietà di tipi di dramma, provenienze ed influenze corrisponde una simile varietà di personaggi e situazioni nei balli. Mentre nel Pompeo e nella Tessalonica incontriamo in prevalenza personaggi umani – lavandaie, ciechi e zoppi, schiavi – nel libretto dell’Arianna incontriamo, non a caso, personaggi che appartengono al mito – mostri marini, satiri e sileni – mentre ne I giochi troiani troviamo speciali tipi di balli che appartenevano al campo dell’arte della scherma e che rappresentavano lotte e combattimenti che sviluppano i temi guerreschi del dramma.14
12Sopravvivono le partiture di solo due delle opere in esame, Il Pompeo e La Tessalonica, ma nessuna include la musica dei balli.15 E benché tutti i libretti stampati in occasione delle produzioni delle opere di Palazzo Colonna siano giunti fino a noi, anche queste fonti tramandano informazioni spesso incomplete sui balli: delle due opere di provenienza viennese, per esempio, il libretto di Tessalonica indica quali balli vennero eseguiti e quando, ma quello de Il silenzio d’Arpocrate non ne fa menzione (si veda Tab. 1).16
Vestire i ballerini per la scena
13Durante tutto il periodo in cui il teatro operò sotto Lorenzo Onofrio Colonna, dal 1683 al 1688, il contestabile poté contare su un vasto numero di persone che lavorarono per lui, dai compositori, cantanti, poeti, musicisti e ballerini, agli artigiani che realizzarono scene, costumi e macchine teatrali. A svolgere la funzione di intermediari, impresari, garanti, e coraghi furono due uomini che conoscevano molto bene il teatro nei suoi aspetti più spettacolari: Filippo Acciaioli, famoso ideatore di numerosi intermedi, balli, prologhi e spettacoli di burattini, e l’architetto Carlo Fontana, responsabile della costruzione di vari teatri a Roma, tra cui quello del contestabile Colonna. Le attività di questo nutrito e vario gruppo di persone hanno generato numerose voci di spesa nei libri contabili della famiglia Colonna che possono aiutarci a ricostruire alcuni aspetti dell’esecuzione di intermedi e balli.
14Tali documenti d’archivio possono riguardare una varietà di spese, da quelle per la costruzione del palco, a quelle che testimoniano la commissione di maschere, costumi e scarpe. Ne Il corago, trattato anonimo attribuito agli anni Trenta del Seicento dal taglio molto “pratico” e quindi utile per lo studio di aspetti della performance, per esempio, si specifica che il palco ideale per i «balli, tornei e tumulti militari» dovrebbe avere
pavimento fermo e massiccio di mattoni e marmi che non è di tavole, quali alzano polvere e fanno talora tanto rumore che impediscono l’armonia de’ suoni e delle voci, né si può communemente impetrare che dalli ascoltanti non si senta il rumore continuo che fanno i recitanti dietro la scena con l’andare in qua et in là preparandosi a quello che hanno da fare.17
15Che i balli potessero essere esibizioni di salti e coreografie esuberanti, acrobatiche e rumorose è confermato da un avviso di Roma del 1672 che, nominando la commedia Le sventure fortunate, ci dice che alla fine «vi fu un ballo di 7 persone con forze e salti mortali non mai più veduti in questa città».18 Ma come specifica Il corago, tra tutte le categorie di balli teatrali i più rumorosi dovevano essere proprio i combattimenti o abbattimenti, non solo per la loro natura particolarmente dinamica ma anche per il numero dei partecipanti. È il caso dell’abbattimento nel III atto dell’Arianna del 1685, per il quale Elena Tamburini ha già segnalato la nutrita lista di più di 20 partecipanti, tra cui il maestro di ballo Pietro Paolo Brandolisi.19 Un’altra lista, finora sconosciuta ed emersa solo recentemente, conferma che anche il numero di ballerini de I giochi troiani del 1688, opera anche questa che includeva un combattimento, arrivava a 23, incluso il maestro Brandolisi. Tra questi, 4 vengono definiti «picoli balarini» e altri 3 «più picoli», probabilmente un riferimento alla presenza di ballerini di diversa statura o età. Infatti, il prezzo delle scarpe commissionate per i ballerini cambia a seconda della misura: dai 70 giuli per un paio di scarpe per il maestro e gli altri adulti si scende a 60 per i «picoli» e a 50 per i «più picoli».20 Possiamo immaginare che il palco del Teatro Colonna, relativamente piccolo come segnalato da Tamburini, risultasse volutamente affollato durante queste scene di battaglia, una caratteristica che secondo Il corago andrebbe sempre ricercata:
I balletti che si rappresentano su le scene vorrebbono essere fatti di molte persone, poiché maggior diletto arreca il vedere molti in una scena che tre o quattro solamente.21
16Sicuramente i documenti che più frequentemente fanno riferimento ai balli sono quelli per la realizzazione dei costumi. I costumi usati nei balli dovevano avere un aspetto molto peculiare e diverso da quello di altri costumi teatrali se in un inventario del 1689 il redattore è riuscito a distinguere così bene tra:
cappelli, beretti, berettoni alla turchesca, teatrali, uno di essi con maschera, girelli, calzoni, gioppone, vestiti da ballerino.22
17La funzione dei costumi usati per i balli era molto diversa da quella di altri costumi teatrali e doveva consentire maggiore libertà di movimento.23 Per esempio, un esame dei documenti Colonna rivela che mentre per i cantanti si commissionavano sempre copricapi più o meno elaborati, parrucche e pesanti pennacchiere adornate di gioielli finti, piume, merletti e stoffe preziose, quando si tratta dei ballerini il copricapo non viene mai commissionato. Al contrario, però, mentre per i cantanti la maschera non sembra in uso a Roma negli anni Ottanta del Seicento, a giudicare dai documenti Colonna in alcuni casi la maschera, insieme ad altri materiali di scena, si commissiona per i ballerini.24 È il caso del «ballo dell’ombra», alla fine del II atto de La Tessalonica del 1683, per il quale si commissionano un vestito nero, «quattro dozzine di sonagli» e «due maschere per la su detta ombra».25 Il corago ci torna nuovamente in aiuto, confermando quello che i documenti suggeriscono. I ballerini dovranno essere, infatti, vestiti
di maniera che la vita non resti impedita e la gamba rimanga scoperta e libera, e perciò non dovranno adornarsi le gambe con i borzacchini, ma con semplice calzette e scarpe.26
18E per quanto riguarda le scarpe, sicuramente l’elemento che distingue il costume del ballerino in maniera più chiara da quello dei cantanti, Il corago, con attenzione alla sicurezza dell’esecutore oltre che all’effetto visivo, suggerisce per il ballerino
scarpa bianca fatta col suolo arrovescio e senza calcagnino acciò non possa sdrucciolare.27
Balli, spettacolarità e aspetti della messinscena
Il lamento ed il sogno di Enone nel fine del primo atto è ancora mio ritrovamento per dar motivo all’intermedio, nel quale un nobilissimo e sottilissimo ingegno ti farà vedere e travedere con meraviglia quanto possa la forza dell’arte.28
19L’avvertimento del poeta Carlo Sigismondo Capece al lettore del libretto de I giochi troiani, eseguito nel Teatro Colonna nel 1688 con musica di Bernardo Pasquini, sposta ora la nostra attenzione sulla funzione e l’importanza che avevano gli intermedi, di cui i balli potevano essere una componente fondamentale, nell’esecuzione del dramma per musica. Nell’adattare la commedia spagnola Los juegos olímpicos di Agustín de Salazar y Torres al genere del dramma musicale, il librettista dichiara di aver creato lui stesso l’occasione per un intermedio che potesse suscitare meraviglia e occasioni per fare sfoggio della «forza dell’arte» della messinscena.29 Come vedremo, il sogno di Enone prenderà la forma di un ballo particolarmente spettacolare, almeno a giudicare dalla descrizione che troviamo nel libretto a stampa.
20Che si ricercasse un certo livello di continuità tra l’azione drammatico-musicale e quella coreutica, come ribadito da Capece, è evidente anche se si considerano alcune delle strategie che troviamo impiegate nei drammi di questo periodo. Nelle opere romane non è insolito, per esempio, che un personaggio buffo chiami i ballerini sul palco o evochi la loro presenza nel canto, esempi che ritroviamo ne La Dori del 1672, in cui l’eunuco Bagoa e la vecchia Dirce motivano i balli di eunuchi alla fine del primo atto e di vecchi e vecchie alla fine del secondo. Ma a volte il trait d’union tra la fine dell’atto e l’inizio del ballo è costituito da elementi della scenografia ed in questi casi i documenti d’archivio si rivelano estremamente preziosi per una ricostruzione di aspetti della messinscena.
21Si consideri, per esempio, il «ballo delle lavandare» alla fine del I atto de Il Pompeo (1683). L’opera venne scelta con grande attenzione da Lorenzo Onofrio Colonna per la prima ufficiale stagione del suo nuovo teatro. Nella dedica del libretto non mancano i riferimenti al magnifico teatro appena inaugurato, alla grandezza di Pompeo alla quale fa eco quella della famiglia Colonna, con tutte le sue conquiste militari e politiche, tra cui il matrimonio celebrato nel 1681 tra il figlio di Lorenzo Onofrio, Filippo Colonna, e Lorenza de la Cerda, nobildonna proveniente da una delle famiglie più influenti e potenti di Spagna e dedicataria del libretto. L’argomento eroico e il complesso intreccio romanzesco creano un contrasto, certamente voluto, con il tema decisamente prosaico del «ballo delle lavandare». Questo è particolarmente evidente soprattutto quando si pensi che la scena che precede il ballo è una delle più dense di azione e dramma di tutta l’opera (I, 12): Pompeo si addormenta in un giardino e Mitridate, il re da lui sconfitto, coglie l’occasione per tentare di assassinarlo. A questo punto Farnace, figlio di Mitridate, interviene per fermare la mano del padre nell’atto di uccidere il detestato nemico. Pompeo si risveglia mentre Isicratea, moglie di Mitridate, madre di Farnace e ora schiava di Pompeo, interviene in palcoscenico restando basita alla vista dell’accaduto. Pompeo, come ridestato da un incubo, chiede spiegazioni a Farnace e Isicratea mentre il loro adorato Mitridate scappa a nascondersi. Qui Farnace trova l’ispirazione per inventare una storia: una serpe, uscita da un cespuglio, avrebbe impaurito gli astanti. Quando Pompeo, sollevato e grato al fanciullo che lo avrebbe salvato, invita tutti a lasciare il giardino, si dà inizio all’intermedio con «ballo delle lavandare».
22L’intreccio drammatico in sé non lascerebbe immaginare la motivazione per un «ballo delle lavandare». Eppure, al lettore del libretto non sarebbe sfuggito che l’azione si svolge in un «giardino con fontana da lavare», così giustificando la presenza delle «lavandare» nel ballo che segue. Ma a chi avesse assistito all’opera senza aver consultato il libretto, il nesso non sarebbe sfuggito comunque: i conti del Teatro Colonna attestano che esso era dotato di un complesso sistema idraulico che portava acqua sul palcoscenico, dove venne costruita per questa stagione un’ampia fontana e vari giochi d’acqua.30 Quale modo migliore di sfruttare questa caratteristica del teatro recentemente aperto se non un ballo di donne che, in un giardino, lavano il bucato ad una vera e propria fontana alimentata da acqua corrente?
23In alcuni rari casi il libretto ci trasmette non solo l’argomento del ballo ma anche alcuni dettagli in più su come azione cantata, recitazione e ballo si alternassero in scena. È il caso di solo due libretti in tutto il repertorio Colonna in esame: L’Arianna (1685) di Bani e Pasquini e I giochi troiani (1688) di Capece e Pasquini.31 Il libretto dell’Arianna presenta ben tre occasioni di ballo, ma la più eccezionale per dettagli e senso di spettacolarità sembra essere quella che si presenta alla fine dell’atto II, in cui il libretto ci dà una descrizione di come canto, uso di macchine teatrali e ballo si alternino in scena.32 La scena II, 16 vede «Arianna sopra una balza circondata da soldati per esser precipitata in mare». A questo punto il dio Bacco «in carro maestoso seguitato da un coro di satiri e sileni» entra in scena come un vero e proprio deus ex machina mentre Arianna canta il suo lamento («Crudelissime ritorte»).
24L’arrivo del carro di Bacco e l’incontro del dio con la disperata eroina ha sempre rappresentato il momento chiave nella storia, come si vede da un numero straordinario di rappresentazioni iconografiche ma anche letterarie e poetico-musicali del mito.33 Basti pensare ad una delle rappresentazioni romane più celebri del mito di Arianna, l’affresco di Annibale Carracci sulla volta della Galleria di Palazzo Farnese, che immortala l’incontro tra Bacco e Arianna. Anche se la storia del libretto in questione in realtà ha poco a che fare con il mito (l’azione dell’opera si svolge dopo che Arianna, che è stata abbandonata da Teseo, si traveste da uomo e va a cercarlo insieme alla sua fedele amica Floralba), il poeta decise di includere questo momento comunque, in una versione a dir poco “anomala” del mito. Bacco arriva anche in questo caso su un maestoso carro coperto, secondo l’iconografia più diffusa, da «molte fronde di vite finte» e circondato da baccanti, anch’esse vestite di fronde di vite di stoffa verde tenute insieme da fil di ferro, e da un corteo di satiri e sileni, i satiri vestiti di stoffe e pelli rivestite di peli, probabilmente di cavallo.34 Arianna è interrotta: «si oscura il cielo, cresce la tempesta in mare, e con lampi e tuoni cadendo un fulmine, restano estinti i soldati». Il fulmine in questione ha lasciato una traccia molto chiara nei documenti d’archivio, in cui leggiamo che si spesero 6 giuli per «libre quattro di trementina la quale servì per dare sopra ad una tela che finse il fulmine nella comedia in musica».35
25Arianna, incredula, riprende a cantare («E qual propizio dio») quando Bacco si manifesta alla fanciulla e si unisce a lei in un inno a Imeneo alla fine del quale Arianna, con un coup de théâtre che diverge dalle fonti classiche del mito, viene restituita a Teseo. Partita Arianna, Bacco finalmente richiama i satiri e sileni che l’avevano seguito:
Bacco
Miei seguaci su, che fate?
festeggiate:
e coi pampini alle chiome
i trofei preparate al mio gran nome.
26Ora il ballo può avere inizio. «Parte Bacco, le di lui comparse introducendo una botte in scena con un sileno sopra, cavano artifiziosamente da essa sei bacchetti, che cantando intrecciano un ballo, col quale termina l’atto secondo».36 Si noti che se l’uscita di scena di Bacco a questo punto conferma che era un cantante e non un ballerino, il fatto che i bacchetti escano dalla botte cantando e ballando sembrerebbe suggerire che in questo caso i due ruoli fossero sovrapposti. E a segnare la fine dell’atto e del ballo nel testo stesso del libretto lo stampatore, «eredi del Corbelletti», aggiunge una piccola rappresentazione a stampa del carro di Bacco trainato da due belve, secondo la versione del mito tramandata da Ovidio (Fig. 1).
27Tornando ora al già menzionato sogno di Enone alla fine della scena I, 13 de I giochi troiani, nel libretto troviamo un’altra descrizione particolarmente rivelatrice.37 Enone, sola e abbandonata, è intenta in un lamento in cui invoca la morte. La morte non arriva, ma la coglie il sonno: «Si addormenta. Viene Morfeo sopra una conca del mare attorniato da molti sogni di diverse figure», leggiamo nel libretto. Se l’apparizione di Morfeo sopra la conchiglia ci ricorda l’arrivo provvidenziale di Bacco sul suo carro, qui Morfeo trova Enone dormiente e quindi non può che cantare da solo, incitando i sogni del suo seguito a rivelare ad Enone gli arcani:
Qui i sogni intrecciano il ballo con varii cambiamenti di figure mutandosi in donne mostri, uccelli, fontane, vasi, ed altre, e nel fine si rappresenta lontano l’incendio della città di Troia doppo quale sparisce il tutto e torna il teatro come prima a campagna con seno di mare ed Enone si desta.
28Andando oltre il modello di Arianna e introducendo una variante, la protagonista Enone canta dopo il ballo, accesa da nuova speranza:
Enone
False larve del fiume d’oblio
se la vostra minaccia s’avvera
pur che Paride un giorno sia mio
non mi cale che poi tutto pera.
29L’atto I, quindi, si conclude con il canto della protagonista, non le acrobazie dei sogni, introducendo una variante sul modello usato in Arianna tre anni prima. Il canto di Enone crea una cornice intorno al sogno, sogno che rende giustificabili e plausibili le fantasiose trasformazioni e le visioni dell’eroina.
30Queste pagine offrono un’indagine preliminare sulla cultura materiale del ballo teatrale in produzioni dell’aristocrazia romana negli anni in esame. Più in particolare, questo studio conferma che un’attenta lettura dei documenti d’archivio e un raffronto incrociato con libretti e trattati coevi può permetterci di ricostruire aspetti della messinscena di eventi teatrali considerati persi. Uno studio sistematico del ballo di questo periodo a Roma potrà chiarire ancora molte questioni estetiche, drammaturgiche e di produzione che rimangono aperte. Soprattutto gli esempi de L’Arianna e I giochi troiani ci offrono numerosi spunti di riflessione sul ruolo dei balli e degli intermedi nello spettacolo teatrale-musicale, rivelando che, come già osservato da Wendy Heller a proposito di esempi veneziani della metà del Seicento, lungi dal costituire solo un’occasione per dimostrare le capacità acrobatiche, mimiche e coreografiche di ballerini e maestri di ballo, o di sfoggiare speciali macchine, scenografie ed effetti speciali, i balli espandevano, approfondivano e davano una forma a temi che spesso non trovavano spazio nell’azione drammatica e che richiedevano un mezzo d’espressione diverso da quello del canto, quali una celebrazione bacchica o un sogno rivelatore.38
Notes de bas de page
1 Vale la pena di ricordare che esistono delle eccezioni e che gli studi di Irene Alm hanno portato alla luce numerose pagine musicali per i balli delle opere veneziane del Seicento. Si veda il fondamentale studio di Alm 1993b.
2 Doni 1763, p. 2-3. Si veda Murata 1981, p. 180-182, 220, per l’importanza del trattato di Doni sull’opera a Roma. Si veda anche Fenlon 1995. Per una panoramica sul ballo nell’opera italiana si veda Kuzmick Hansell 1988.
3 Per il ruolo sociale della danza nella vita dell’aristocrazia nell’Europa primo moderna si veda Lecomte 2014.
4 V-CVbav, Barb. lat. 6371, avvisi di Roma (1668-1669), Roma 23 febbraio 1669, c. 88r. Si tratta dell’opera L’empio punito di Alessandro Melani su libretto attribuito a Giovanni Filippo Apolloni e Filippo Acciaioli.
5 Per la danza a Roma si veda Sardoni 1986. Per i balli nelle opere di Rospigliosi si rimanda a Murata 1981, p. 180-182 e passim.
6 Oltre agli studi già citati, si ricordano Nevile 1998 e 1998; Heller 2003; Alm 1993b; Lamothe 2008.
7 Esistono delle rare eccezioni. Per esempio, alcuni dei libretti di opere date al Teatro Tordinona tra il 1671 e il 1674, tra cui Scipione affricano (Minato e Cavalli) e L’Alcasta (Apolloni e Pasquini) trasmettono delle descrizioni più dettagliate di intermedi e balli.
8 La mia impostazione teorica si rifà a studi basati su «metodi indiziari» per la ricostruzione di eventi performativi per i quali non sopravvivono fonti più complete. Si veda Ginzburg 1992.
9 Tamburini 1997. Il Teatro Tordinona venne chiuso dopo la stagione del 1674 per l’Anno Santo 1675, dopo il quale papa Innocenzo XI ne impedì la riapertura. Per il rapporto tra teatri e Chiesa negli anni che ci interessano si veda Murata 2012.
10 Lorenzo Onofrio Colonna fu anche viceré del Regno di Napoli ad interim dal novembre 1687 al gennaio 1688. Per i suoi contatti con Napoli, soprattutto quelli legati alla sua attività di mecenate di cantanti e promotore di opere, si veda De Lucca 2020.
11 L’attività del teatro iniziò, in realtà, nel 1681/82, con una stagione apparentemente slegata dal mecenatismo di Lorenzo Onofrio Colonna in cui il teatro venne affittato e gestito dal duca Caffarelli e dal cavalier Filippo Acciaioli. Si veda Tamburini 1997, p. 11-26. Per questo motivo ho scelto di concentrare la discussione sugli anni 1683-1688.
12 Per l’identificazione dell’autore del libretto Arianna 1685 in Cosimo Bani si veda Morelli A. 2016, p. 68-69. I giochi troiani (1688) venne prodotta da Lorenzo Onofrio Colonna sicuramente con il contributo dell’ambasciatore spagnolo, alla cui moglie è dedicato il libretto. Si veda Domínguez 2013a, p. 57-89.
13 Morelli A. 2016, p. 180-181. Il precedente più illustre è da ricercarsi nell’Arianna, opera di Ottavio Rinuccini messa in musica da Claudio Monteverdi ed eseguita per la prima volta a Mantova nel 1608 (della musica dell’opera ci rimane solo il lamento di Arianna, in varie “versioni” musicali, nel momento in cui viene abbandonata da Teseo). A parte rari casi, il dramma musicale italiano andò discostandosi, nell’arco del Seicento, dai temi mitologici, prediligendo, a partire dagli anni Quaranta, temi storici o di soggetto romanzesco. Ci sono, ovviamente, delle eccezioni. Per esempio, nel 1653 il dramma musicale L’Arianna di G. di Palma venne eseguito a Napoli e dedicato al viceré Ognate. Va notato che in Francia i temi mitologici vennero usati con molta più frequenza e proprio il mito di Arianna ebbe un momento di particolare successo negli anni Settanta del Seicento. Il mito di Teseo, per esempio, venne utilizzato nel 1675 da Quinault e Lully nella tragédie en musique Thésée (1675). Sono molto grata ad Anne-Madeleine Goulet per questi riferimenti al repertorio francese di questi anni.
14 Corago 1983, p. 102. Il corago dedica ampio spazio ai balli teatrali – un capitolo a balli e passeggi (XVIII) e uno a barriere e abbattimenti militari (XIX) – offrendo un confronto tra i balli degli antichi e quelli dei moderni, dando suggerimenti di carattere estetico ma anche pratico che vanno dalla strumentazione ideale per accompagnare i balli ad aspetti della coreografia. Ai fini di questo studio mi interessa considerare in particolare i riferimenti sparsi nelle pagine del trattato ad aspetti materiali della messa in scena dei balli, quelli cioè che ci possono aiutare a cucire insieme i documenti frammentari che si trovano nell’Archivio Colonna per ricostruire un’immagine più completa possibile della performance di questi. Va notato che Il corago appartiene ad un periodo precedente a quello in esame ma che documenti d’archivio e cronache dimostrano la rilevanza di questo trattato anche per gli anni successivi. Per questo motivo, e per l’assenza di un documento di simile respiro per il periodo e la città in esame, farò spesso riferimento a questo trattato nelle pagine che seguono.
15 Sono grata ad Arnaldo Morelli per questa informazione sulla partitura Tessalonica 1683b. Si veda anche Morelli A. 2016, p. 175-180. Per una discussione delle fonti e della circolazione del Pompeo si veda Micheletti 2015; sulla drammaturgia della Tessalonica, si veda il contributo di Sara Elisa Stangalino in questo stesso volume, “Strategie parasinestetiche” nella “Tessalonica” di Nicolò Minato (Vienna 1673 / Roma 1683).
16 Va notato che anche se i balli de Il silenzio d’Arpocrate non vengono menzionati nel libretto, documenti d’archivio attestano che ricchi «intermedi» vennero preparati per quella stagione. Tra questi un «intermedio di burattini», una delle specialità di Filippo Acciaioli, e un intermedio dei mappamondi. Si veda Tamburini 1997, p. 167-168.
17 Corago 1983, p. 28.
18 V-CVbav, Barb. lat. 6408, avvisi di Roma (1672), Roma 5 marzo 1672, c. 212r.
19 Tamburini 1997, p. 162. Sul maestro di ballo in Italia nel Rinascimento si veda Nevile 2005. Pietro Paolo Brandolisi fu maestro e ideatore di balli attivissimo a Roma, dove fu impiegato al Seminario Romano come maestro di balli italiani oltre che in produzioni del Teatro Tordinona negli anni Novanta. Si veda Sasportes 2011, p. 106-108.
20 I-SUss A. C., I.A.76. La lista inedita include tra i ballerini: Brandolisi, Gian Domenico Alegnani, Gian Batista Ruegi, Giuseppe Falseti, Francesco Santi, Antonio Pendora, Antonio Sala, Antonio Picioni, Catado de Angelis, Felipo Pier Simoni, Silvestro Pepoli, Giovan de Angelis, Salvatore Gendia, Giovan Batista Protra, Tomaso Falseti, Antonio Buda. Tra i piccoli: Giovan Batista Anegnani [forse figlio o fratello del sopra citato “Alegnani”?], Filipo Bandiera, Giusepe Albertini, Giovan Bartolomeo Fornari. E tra i più piccoli: Flavio, Francesco Gori, Giuseppe Budici. Un confronto con la lista pubblicata da Tamburini per L’Arianna del 1685 rivela che nel 1688 vennero impiegati per la maggior parte ballerini diversi. Per un confronto, si vedano anche i documenti relativi ai balli e combattimenti dell’Arsate di Scarlatti prodotto da Flavio Orsini nel 1683 nel Palazzo di Pasquino scoperti da Anne-Madeleine Goulet. Goulet 2014, in particolare p. 160-161.
21 Corago 1983, p. 101. Tamburini 1997, p. 12, 24, 40, 327 e passim.
22 I-SUss A. C., Inventario III. QB.19.
23 L’eccezione è costituita da quei balli teatrali che venivano eseguiti da dame e cavalieri, dai bambini dei principi romani, o dalle nobildonne, per i quali i costumi commissionati sembrano essere più ornati e quindi più pesanti. Sui costumi dei balli teatrali si vedano De Lucca 2019 e il contributo di Barbara Nestola in questo stesso volume, I ruoli femminili per Bartolomeo Montalcino in due opere romane di Alessandro Scarlatti. Indagine sulla relazione tra repertorio e interprete. Vedi anche Mourey 2007, p. 44-45 dove l’autrice mostra quanto il criterio di comodità sia secondario rispetto ad altri criteri: proprietas, varietas e uniformitas.
24 De Lucca 2013, p. 470.
25 I-SUss A. C., I.A.66.
26 Corago 1983, p. 114
27 Corago 1983, p. 114.
28 Giochi troiani 1688, p. 9.
29 Sull’adattamento di Los juegos olímpicos si veda Profeti 2009, p. 175-186.
30 Tamburini 1997, p. 149, in particolare il «Conto Col.81», e p. 152.
31 Come notato precedentemente (n. 7), i casi in cui il libretto ci dà una descrizione dettagliata di intermedi e balli sono rari, ma questo ovviamente non indica che questo non accadesse anche in altre opere in cui il riferimento al ballo è solo accennato.
32 Tutti i riferimenti che seguono si trovano in Arianna 1685, p. 42-43.
33 Sulla ricezione e interpretazione seicentesca di questo cruciale momento nel mito di Arianna si veda Heller 2017 che offre una panoramica del mito di Arianna dall’antichità all’Italia del Seicento.
34 I-SUss A. C., I.A.68. Documenti che attestano la costruzione del carro di Bacco e la commissione di costumi per i ballerini – sette vestiti da satiri e sette da bacco – si trovano in I-SUss A. C., I.A.70 e alcuni sono trascritti parzialmente in Tamburini 1997, p. 162-163.
35 I-SUss A. C., I.A.68.
36 Balli di satiri e sileni dovevano essere un topos e vengono nominati anche ne Il corago: «Avevono ancora certe saltazioni nelle quali intervenivano i Sileni et intorno intorno i Satiri che andavano saltando, né questa manca appresso di noi essendosi visto in palazzo rappresentare balletti da Satiri così ben concertati». Corago 1983, p. 100.
37 I riferimenti che seguono si trovano in Giochi troiani 1688, p. 29-31.
38 Heller 2003, p. 290.
Le texte seul est utilisable sous licence Licence OpenEdition Books. Les autres éléments (illustrations, fichiers annexes importés) sont « Tous droits réservés », sauf mention contraire.
Spectacles et performances artistiques à Rome (1644-1740)
Ce livre est cité par
- Carrió-Invernizzi, Diana . Gómez, Consuelo . Aterido, Ángel . Roe, Jeremy . (2022) Madrid as an urban nexus for seventeenth-century diplomacy. Culture & History Digital Journal, 11. DOI: 10.3989/chdj.2022.001
Spectacles et performances artistiques à Rome (1644-1740)
Ce livre est diffusé en accès ouvert freemium. L’accès à la lecture en ligne est disponible. L’accès aux versions PDF et ePub est réservé aux bibliothèques l’ayant acquis. Vous pouvez vous connecter à votre bibliothèque à l’adresse suivante : https://0-freemium-openedition-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/oebooks
Si vous avez des questions, vous pouvez nous écrire à access[at]openedition.org
Référence numérique du chapitre
Format
Référence numérique du livre
Format
1 / 3