«Balconi dorati per i musici»
La prassi rappresentativa dell’oratorio alla corte del cardinale Pietro Ottoboni tra il 1690 e il 1708
p. 151-166
Résumés
Documenti inediti e altre fonti – tra le quali due disegni di Filippo Juvarra creati intorno al 1708 – svelano in quale sala del Palazzo della Cancelleria avevano luogo gli allestimenti oratoriali patrocinati dal cardinale Pietro Ottoboni (1667-1740) e su quali strutture prendevano posto esecutori e spettatori. Gli oratori erano eseguiti con scenografie e macchine ma senza attori “viventi” mentre i cantanti si esibivano dietro le grate. Lo studio indaga su quel genere di “teatro”, sull’impatto che ebbe sul pubblico e sulla sociabilità dei nobili a Roma, riflettendo sulle motivazioni che sottendevano i rapporti tra la musica e il visibile / invisibile nella performance oratoriale.
Through unpublished documents and other sources – including two drawings created by Filippo Juvarra around 1708 – this essay reveals which room in the Palazzo della Cancelleria was used for the staging of oratorios sponsored by the Cardinal Pietro Ottoboni (1667-1740), as well as which structures were used for both performers and spectators. Oratorios were produced with sets and stage machinery, but without actors; meanwhile, the singers performed behind screens. This study examines this “theatrical” genre, its impact on the audience, and its role in noble sociability in Rome. It also discusses the motivations underlying the relationship between music and the visible/invisible in oratorio performances.
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Keywords : Pietro Ottoboni, oratorio, Filippo Juvarra, Alessandro Scarlatti, scenography
Parole chiave : Pietro Ottoboni, oratorio, Filippo Juvarra, Alessandro Scarlatti, scenografie
Note de l’auteur
Desidero ringraziare per i preziosi suggerimenti: José María Domínguez, Anne-Madeleine Goulet, Élodie Oriol, Guy Spielmann.
Texte intégral
1La storia dell’oratorio romano – legato all’idea archetipica di rigore performativo – presenta ancora molti punti oscuri sugli allestimenti degli “oratori di palazzo”, dati appunto nei palazzi delle famiglie romane più importanti.1 Un imprescindibile caso di studio è costituito dalla committenza del cardinale Pietro Ottoboni (1667-1740) – uno dei maggiori mecenati delle arti e della musica a Roma dalla fine del 16892 – sulla quale gettano luce inedite notizie d’archivio,3 testimonianze iconografiche e cronache. Oggetto di questo studio è il periodo storico tra il 1690 (anno in cui Ottoboni inaugurò la sala degli oratori in Cancelleria) e il 1708 (data presunta di due disegni di Filippo Juvarra che ritraggono quella sala)4 quando, alla corte del porporato, operavano compositori come Arcangelo Corelli, Alessandro Scarlatti, Flavio Lanciani, Filippo Amadei. L’indagine si concentra in particolare sulla prassi rappresentativa degli oratori – genere molto importante in ambito ottoboniano, denso di sperimentalismi5 – con particolare attenzione all’uso degli spazi e ai confini generici fra oratorio e teatro.
2Durante il pontificato del prozio Alessandro VIII, il giovane cardinale Pietro Ottoboni fece rappresentare al teatro del Palazzo della Cancelleria l’oratorio Il martirio di Sant’Eustachio (Quaresima del 1690) su proprio testo che – in modo più o meno esplicito – celebrava la propria famiglia. L’oratorio, musicato in gran parte da Flavio Carlo Lanciani, ebbe un pubblico di altissimo rango anche internazionale, contribuendo a rafforzare l’immagine del mecenate Ottoboni e della sua famiglia nella Città Eterna e all’estero.6
3Nella seconda metà dello stesso anno il porporato fece allestire nel suo palazzo una sala per gli oratori7 che diversi studiosi identificarono erroneamente con la Sala Riaria al primo piano del palazzo: in realtà, cronache e documenti indicano che gli oratori ottoboniani erano eseguiti in un’«anticamera» dell’appartamento cardinalizio, sempre al primo piano della Cancelleria.8
4Nella sala degli oratori Ottoboni fece costruire il «coro delli musici»9 e un palco per gli spettatori.10 Filippo Juvarra ritrasse il coro in un disegno che reca la didascalia E.o Ottoboni per l’oratorii della 7.a [Settimana] Santa nella sua gran sala,11 creato probabilmente intorno al 1708, anno di molti allestimenti oratoriali in Cancelleria.12 Il disegno mostra una struttura a gradoni sul coro secondo l’uso romano di palchi a scalinata per cantanti e strumentisti: alcuni precedenti si riscontrano nel «coro de musici e sonatori» di Cristina di Svezia a Palazzo Riario e nella grande scalinata per l’orchestra approntata per l’oratorio Santa Beatrice d’Este del cardinale Benedetto Pamphilj, musicato da Lulier con le sinfonie di Corelli (31 marzo 1689, Palazzo di via del Corso).13 L’assetto sopraelevato del «coro delli musici» ottoboniano “emulava” cori e palchi per i musicisti nelle chiese14 oltre – probabilmente – a offrire vantaggi acustici per la posizione alta degli esecutori e il conseguente ampliamento dei suoni. Nel 1690 il cardinale fece innalzare il soffitto della sala degli oratori forse per migliorare l’acustica; di certo per creare spazio per i palchi e per l’installazione di scenografie e macchine teatrali.15
5Il porporato veneziano fece costruire anche un «palcho in faccia al coro [dei musici]»16 per gli spettatori di riguardo, con una «bussola»,17 detto anche – in un solo documento – «palco delle dame».18 Tale definizione – presente anche nei conti del principe Francesco Maria Ruspoli del 1708 («palchettone delle dame»)19 – avrebbe costituito il retaggio dell’uso di riservare un palco per le donne di alto rango. In realtà il «palco delle dame» ottoboniano era utilizzato dal cardinale e dai suoi ospiti di riguardo. Forse su quel «palco reggiamente adornato» prese posto la regina di Polonia Maria Casimira durante l’esecuzione dell’Oratorio per la Santissima Annunziata di Scarlatti e Lulier (25 marzo del 1700).20
6La sala degli oratori era dotata anche di «palchi» più “ridotti” detti «coretti», protetti da gelosie, alcuni dei quali erano destinati ai musicisti e altri a ospiti di particolare riguardo come l’ambasciatore cesareo (1694).21
7Gli oratori ottoboniani erano allestiti con scenografie e macchine. Ad esempio, documenti del 1690 citano la «stanza della rapresentatione»,22 «una scena dell’oratorio»23 e due «prosceni» per un oratorio non precisato;24 un testimone del 1691 nomina la «stanza dove si mette il teatro per l’oratorio».25
8I “teatri” per allestimenti oratoriali erano creati con gli stessi «fusti» e «telari» utilizzati per le macchine delle Quarantore nella Chiesa di San Lorenzo in Damaso (inglobata nel Palazzo della Cancelleria) e per le serenate in giardino. Le maestranze (tiratele, pittori ecc.) lavoravano su quelle “ossature” elaborando scenografie che venivano distrutte alla fine delle performances.26 Molto probabilmente lo stesso cardinale Ottoboni suggeriva le linee-guida degli allestimenti scenografici oratoriali, similmente a quanto avveniva per i soggetti delle macchine delle Quarantore a San Lorenzo in Damaso27 nell’ambito delle quali venivano messe in movimento alcune «figure» (forse a tutto tondo): ad esempio, nel 1690, degli angeli si muovevano su una scala al suono di mottetti, cori imponenti, sinfonie28 e nell’anno giubilare 1700 un’«anima» attraversava la porta del paradiso per mano di un angelo.29 A quanto pare quelle «figure» non erano così diverse dai cosiddetti «pupazzi» – a grandezza quasi “naturale” – del teatrino ottoboniano della Cancelleria (1694-1712).30
9Uno stop negli allestimenti oratoriali ottoboniani si verificò tra febbraio e i primi giorni di luglio del 1691 a causa della morte di Alessandro VIII e del conseguente lungo conclave. Subito dopo, Ottoboni fece allestire diversi oratori scenografici per i quali si utilizzarono fusti e i «telari» di una macchina;31 il palco per la musica fu ampliato con travi e pilastri provvisori «scorniciati», «scannellati» e dipinti da Domenico Paradisi e da altri artisti perché si “mimetizzassero” con i pilastri fissi.32 Per un oratorio natalizio del 1691 fu creata una scenografia importante con una tela lunghissima – ingessata, incollata e fissata al muro per «crescere il coro dell’oratorio»33 –, uno splendore dorato e una croce illuminata.34
10Il cardinale commissionò diversi allestimenti oratoriali “pseudoteatrali” (simili a quelli organizzati nella sala degli oratori) anche nel cortile e nel giardino del Palazzo della Cancelleria per la festa di San Lorenzo con la costante partecipazione dell’orchestra di Corelli: ad esempio, il 10 agosto 1693 fu allestito un oratorio (o cantata sacra) a tre personaggi (Fede, Costanza e Merito) in un teatro effimero nel cortile illuminato.35
11A volte, nella sala degli oratori, si montavano ulteriori palchi come nel 169436 per l’allestimento de Il trionfo della gratia su testo di Benedetto Pamphilj con musica di Scarlatti,37 di un «oratorio di Santa Indegonda»38 e del «sontuosissimo» La Giuditta (21 marzo 1694) su testo ottoboniano e musica scarlattiana.39 In quest’ultimo oratorio cantarono i «musici del Serenissimo di Parma» Pistocchi, Antonio Romolo Ferrini e Valentino «con infiniti strumenti et illuminatione di tutto il maestoso appartamento»40 e furono messi in opera meccanismi di scenotecnica dall’alto come indica l’amovibilità di «tavole» dal soffitto della sala.41 L’ambasciatore cesareo Anton Florian von Liechtenstein fu ospitato nei «coretti»42 similmente a quanto avveniva in alcune cerimonie religiose durante le quali l’ambasciatore dell’Impero prendeva posto in un palco a lui riservato.43
12Nell’estate del 1694 furono eseguiti in Cancelleria degli oratori – con scenografia? – dei quali sappiamo molto poco;44 in giardino si eseguirono una «cantata» (sacra?) in uno scenario “naturale” composto da moltissime piante (31 agosto)45 e una serenata in cui era messa in opera una macchina (25 settembre).46
13Diverse testimonianze degli ultimi anni del XVII secolo indicano interessanti particolari come, a Natale del 1697, l’impiego di alcune «figure» nell’ambito di una macchina.47 Durante gli anni successivi, nella sala degli oratori, palchi amovibili si “incastravano” con il palco della musica;48 una «soffitta» era evidentemente adibita alle manovre dei dispositivi scenotecnici (1699).49
14Dall’Anno Santo del 1700 gli allestimenti “scenografici” oratoriali supplirono all’assenza di rappresentazioni teatrali vere e proprie, proibite a causa di vari eventi quali il terremoto del 1703, la crisi tra la Santa Sede e Giuseppe I d’Asburgo, l’inondazione del Tevere.50 Nel 1700 il cardinale Ottoboni affrontò ingenti spese per le Quarantore e per gli oratori, per i quali si usarono molti teli di «brocatello di Venezia» e un sipario («tenda da alzare»).51 Alcuni materiali della macchina delle Quarantore del 1700 (legnami, canapi e traglie) furono riutilizzati per un allestimento oratoriale, probabilmente L’oratorio per la Santissima Annunziata (27 marzo 1700) di Scarlatti e Lulier.52 Nel 1705 l’uso di «corda mancina» nell’allestimento del S. Filippo Neri (26 marzo) su testo del cardinale con musica di Scarlatti indica la presenza di un sipario o anche di meccanismi di scenotecnica.53 Il 23 agosto dello stesso anno Il Regno di Maria Vergine assunta in cielo (sempre su testo ottoboniano e musica di Scarlatti con sinfonie di Corelli) fu allestito in un «teatro» di legno magnificamente addobbato nel cortile della Cancelleria alla presenza del popolo.54
15Una struttura detta «barracca» fu utilizzata sia nella sala degli oratori sia nel teatrino dei pupazzi almeno dal 1707.55 Ad aprile di quell’anno, nella sala preposta, si allestirono gli oratori quaresimali – entrambi su testi di Pietro Ottoboni – l’Introduzione all’oratorio della Passione di Pier Paolo Bencini (Giovedì santo) e Per la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo (Venerdì santo) di Alessandro Scarlatti;56 il martedì 19 era stato dato un oratorio sconosciuto nella sala sontuosamente paludata con damaschi viola e un «cielo» di stoffe panneggiate mentre il palco era decorato da stoffe nere.57
16Un altro disegno juvarriano (1708 ca.), intitolato L’oratorio nella 7.a [Settimana] Santa in Teatro del s.r card. Ottoboni,58 mostra un allestimento scenografico compatibile con le informazioni tratte dai documenti ottoboniani (fig. 2): il palco a scalinata che sembra addossato a un palco fisso, un crocifisso in uno «splendore», le stoffe che pendono dal soffitto, due figure angeliche volanti che reggono un cartiglio con la scritta «INRI» (fig. 3, dettaglio).
17Gli oratori scenografici promossi da Ottoboni costituirono precedenti importanti per l’allestimento de La Resurrezione di Händel, organizzato a Pasqua del 1708 (8 aprile) dal principe Francesco Maria Marescotti Ruspoli – amico del cardinale veneziano – nella grande sala al piano nobile di Palazzo Bonelli. Per l’assetto “pseudoteatrale”, quell’oratorio ricordava decisamente gli allestimenti ottoboniani: un palco per la musica in forma di «teatro a scalinata», un’ampia tela in fondo al palco con un dipinto al centro, un telone sopra il proscenio che si estendeva per tutta la larghezza della sala, il sipario, un «cielo» di damasco trinato. L’allestimento de La Resurrezione era chiaramente “debitore” dello sperimentalismo “scenico” che aveva contraddistinto gli oratori del Palazzo della Cancelleria. Inoltre – come è stato rilevato – Ottoboni e Ruspoli avrebbero concepito quegli allestimenti del 1708 come un ciclo: agli oratori sulla Passione di Bencini e di Scarlatti dati alla Cancelleria seguì un oratorio sulla Resurrezione a Palazzo Bonelli59 secondo un progetto nato dalla sociabilità di due rappresentanti della più alta nobiltà di Roma, caratterizzato dagli allestimenti “scenografici”.
18È importante riflettere sul significato che documenti e cronache attribuiscono al termine «teatro» in riferimento alle Quarantore e agli allestimenti oratoriali ottoboniani,60 ma anche ad apparati effimeri e delle Quarantore costruiti in altri ambiti quali quello gesuitico61 e del Collegio Romano.62 Generalmente la parola «teatro» rimanda all’idea di un ambiente attrezzato con strutture teatrali stabili dove recitano attori anche non in carne e ossa (si veda il caso dei burattini del teatrino ottoboniano); gli allestimenti oratoriali ottoboniani – e delle Quarantore in generale – divergono da quel concetto di teatro per l’assenza di strutture “fisse” (come, ad esempio, un vero e proprio palcoscenico) similmente a quello che avveniva per alcune rappresentazioni teatrali date nelle case di altri nobili (si veda il caso dei Lante).63 Se gli spettacoli allestiti in un teatro stabile si avvalevano di una “cornice” fissa che delineava precisamente i “confini spaziali” della performance, gli oratori ottoboniani erano delimitati da “contorni” sempre nuovi che potevano dilatarsi fino a “lambire” o “invadere” gli spazi occupati dagli spettatori o i luoghi di passaggio: ad esempio, nel 1690 alcuni operai crearono delle decorazioni – forse per i palchi – nella sala degli oratori in Cancelleria inchiodando tele sulle porte e «sopra il coretto per fianco e dove bisognava».64 L’assenza di un “guscio” contenitivo stabile per gli allestimenti oratoriali nella sala preposta della Cancelleria era in sintonia con la costruzione di «teatri» in luoghi aperti – come il giardino e il cortile – dello stesso palazzo.
19Quel genere di teatro funzionava in assenza non solo della “quarta parete”, ma anche delle consuete tre pareti che potevano essere sostituite, di volta in volta, da tele ingessate e dipinte o da stoffe pendenti. Il «teatro» oratoriale ottoboniano era sempre “ricreato” a ogni evento – come si evince dalla significativa frase: «stanza dove si mette il teatro per l’oratorio»65 – con l’ausilio di materiali vari (legno, tela, gesso, colla, pittura, stoffe, tendaggi, lumi, candele ecc.) e di strutture “prefabbricate” come il palco a gradoni per l’orchestra o la «barracca». In un certo senso, non era lo spettatore ad andare a teatro, ma era il teatro che si presentava allo spettatore in modi sempre nuovi e in luoghi diversi.
20I mutamenti continui, a ogni singolo allestimento, del «teatro» oratoriale ottoboniano erano in linea con i rinnovamenti continui della veste musicale degli oratori. Per forza di cose, ognuno di quegli allestimenti assumeva carattere di unicità (a maggior ragione nel caso di riallestimenti in altre case nobiliari o in collegi), in sintonia con la tendenza a presentare al pubblico performances musicali sempre diverse; si veda, per esempio, il caso de La Giuditta di Scarlatti-Ottoboni, riallestita nel 1694 con aggiunte musicali dello stesso autore.66 Tendenza che non si limitava agli oratori, ma che investiva anche le opere teatrali in musica promosse dal cardinale veneziano.67
21Il «teatro» oratoriale ottoboniano mancava di attori “vivi”. Gli interpreti vocali non si mostravano all’interno della “cornice” teatrale ma cantavano su coretti chiusi da grate, rimanendo quasi invisibili agli spettatori. Alcune «figure» delle quali sappiamo ben poco (a parte gli angeli volanti, fig. 3) erano usate in sostituzione degli attori ma non è certo che questo avvenisse in tutti gli allestimenti. In ogni caso, l’assenza di attori in carne e ossa rispondeva – ovviamente – al rigore insito nel genere oratoriale e non solo: nel 1692 il cardinale Ottoboni fu costretto a smantellare il suo teatro su ordine del pontefice Innocenzo XII ma successivamente trovò un escamotage servendosi dei «pupazzi» del teatrino.68 L’uso di “surrogati umani” permetteva, in generale, di rappresentare una storia senza mostrare il corpo degli esecutori che avrebbe suscitato desiderio o scandalo.
22Le citate informazioni documentarie sulla scenotecnica e sui lavori di pittura nell’ambito degli allestimenti oratoriali ottoboniani suggerirebbero dei cambi di scena sul filo dello svolgimento della storia; se realmente fosse stato così, si sarebbe trattato di performances decisamente originali, basate sulla sequenzialità di “segmenti pittorici” della vicenda.
23Un aspetto di rilievo relativo agli allestimenti oratoriali in ambito ottoboniano è costituito dalla sistemazione del pubblico. Sappiamo che il cardinale e gli ospiti di maggiore riguardo erano accomodati in alto nel «palcho in faccia al coro» o nei coretti, mentre il pubblico “comune” (e forse anche parte della nobiltà) prendeva posto nel parterre della sala.69 La collocazione del pubblico su due piani di altezza diversa rappresentava la metafora della diversa importanza sociale. Come testimoniano le cronache – a volte imprecise sui compositori delle musiche ma, al contrario, affidabili su notizie e descrizioni dell’audience d’élite – l’immagine degli spettatori socialmente più accreditati, abbigliati lussuosamente e sistemati in alto nella sala, avrebbe costituito di per sé una performance importante almeno quanto quella dello stesso spettacolo.
24La distribuzione spaziale del pubblico su due piani rispondeva anche a una diversa percezione della musica e dello spettacolo. Gli spettatori privilegiati ascoltavano la musica alla stessa altezza delle fonti sonore e ne erano addirittura “immersi” per la loro vicinanza ad alcuni interpreti; o addirittura percepivano i suoni da una postazione più alta, quando l’orchestra – come in uno dei disegni di Juvarra – era collocata sul palco a gradinata al di sotto della scena. Il pubblico sul palco o sui palchetti viveva la sensazione di essere all’interno di una “cornice teatrale”, immerso in uno spettacolo visivo e uditivo. Comunque, tutti gli spettatori assistevano alla performance di un «teatro» “meccanico” mentre ascoltavano musica “fuori campo” da fonti sonore collocate in punti diversi della sala: cantanti invisibili – sistemati anche in palchetti differenti – e un’orchestra posizionata sul coro della musica oppure sotto la scenografia sul palco a gradinata. Lo spettatore di quel «teatro» viveva così l’esperienza di uno “scollamento” tra la percezione visiva e quella uditiva: voci senza corpi viventi e – forse – corpi non viventi cui corrispondevano voci avrebbero “traslato” idealmente il pubblico in un mondo irreale e ultraterreno.
Notes de bas de page
1 Per il genere oratoriale, tradizionalmente non rappresentato, cf. Smither 2001. Sugli oratori di palazzo, si vedano Morelli A. 2004b, p. 334; Morelli A. 2018. Sugli oratori a Roma, cf. Franchi 2002a e, in particolare per la committenza oratoriale del principe Francesco Maria Ruspoli, Franchi 2002b; Kirkendale 2017b.
2 Per gli allestimenti oratoriali ottoboniani alla Cancelleria e sul cardinale, cf. La Via 1995; Chirico 2018a, p. 185-199; Chirico 2018b.
3 Moltissimi dei documenti citati sono conservati presso V-CVbav nei fondi Computisteria Ottoboni e Barberiniani latini. Vari vol. della Comp. Ott. non recano il numero di folio; in alcuni casi si fornisce il numero di folio interno (int.) al fasc. per facilitare l’identificazione del documento.
4 Per i disegni di Filippo Juvarra: I-Tn, Ris.59.4, rispettivamente c. 81r [1], E.o Ottoboni per l’oratorii della 7.a [Settimana] Santa nella sua gran sala e c. 23r [1], L’oratorio nella 7.a [Settimana] Santa in Teatro del s.r card. Ottoboni. Per la datazione dei disegni juvarriani, vedi Smither 1977, p. 270, fig. VI-4: «A stage design by Filippo Juvarra for an oratorio performance in the gran salon […]. The design may have been made in 1708 for a Holy Week performance of Alessandro Scarlatti’s Passion [Oratorio per la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo; Palazzo della Cancelleria, 4 aprile 1708]»; Viale Ferrero 1970.
5 Si veda la convergenza tra i generi dell’oratorio e della serenata nella committenza ottoboniana, Chirico 2018b. Sui teatri effimeri nei palazzi romani, Manfredi 2010, p. 312-313.
6 Per l’attribuzione delle musiche de Il martirio di Sant’Eustachio, l’omaggio del cardinale alla madre Maria Moretti nel prologo dell’oratorio e l’identificazione della famiglia di Pietro Ottoboni con la famiglia dei santi (padre - madre - figlio) nel testo, vedi Chirico 2018a, p. 156-176. L’oratorio fu rappresentato anche al Collegio Nazareno a febbraio del 1694, V-CVbav, Comp. Ott. 30, n° 15; Marx 1968, p. 139 n° 61-62; Volpicelli 1989, p. 704; Chirico 2014, p. 36.
7 Ad esempio una cronaca del 9 dicembre 1690, V-CVbav, Ott. lat. 3356, c. 25r: «Il card.le Ottobono ha fatto inalzare in una delle sale della Cancellaria un nobilissimo teatro per l’accademie di musica» (anche in scheda PerformArt D-005-430-118).
8 Per l’erronea identificazione con la Sala Riaria, cf. Schiavo 1964, p. 188; Smither 1977, p. 270, fig. VI-4: «A stage design by Filippo Juvarra for an oratorio performance in the gran salon, the Sala Riaria of Cardinal Ottoboni’s palace, the Cancelleria»; Volpicelli 1989, p. 683. Invece per la sala degli oratori ricavata da un’anticamera, cf. ad es. il doc. in V-CVbav, Comp. Ott. 57, n° 50, Conto e misura de lavori fatti […] cominciati a dì 10 Xbre 1704 a tutto maggio 1705, f. int. 10: «26 marzo. Per l’orat(orio) in antic(amera)». Diverse testimonianze comprovano questa identificazione, cf. Rossini 1704, p. 82: «Nell’anticamera, nella quale il sig. cardinale suol fare l’oratorio vi sono balconi per musici, e altri ornamenti»; Posterla 1707, p. 251-252: «Nell’anticamera mirasi varii balconi dorati per i musici, essendo questo luogo stabilito per gl’oratorii, degni parti di quell’eminentissimo ingegno»; Deseine 1713, p. 368: «Dans l’antichambre où mr. le cardinal Ottoboni, à présent vice chancelier, a coutume de faire les oratoires en musique»; Marx 1968, p. 106 e n. 15. Chirico 2018a, p. 186-193.
9 V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 658, c. 408r, Conto di diversi lavori […]; c. 430r: «Coro delli musici».
10 V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 658, c. 408r, Conto di diversi lavori […]; c. 428r: «Palcho in faccia al coro». Si veda una cronaca del 9 dicembre 1690, Staffieri 1990, p. 95 n° 106: «Alla Cancelleria […] attorno la sala di detto palazzo si lavorano palchi per farvi in quest’Avvento e nella Quadragesima li oratorii».
11 I-Tn, Ris.59.4, c. 81r [1]. Il palco è sovrastato da un gran Crocifisso, particolare che richiama l’interno dell’Oratorio del SS.mo Crocifisso a Roma, celebre luogo di allestimenti oratoriali in latino.
12 Per gli oratori del 1708: Abelle 1708 (in Lindgren 2001 si pongono dubbi sulla paternità del testo a P. Ottoboni; fonte musicale irreperibile); Convito di Baldassar 1708; David penitente 1708 (cf. Franchi 2006b); Martirio di Santa Caterina, musica di A. Caldara; forse in Cancelleria si diede il Martirio di Santa Cecilia 1708 (già allestito alla Chiesa Nuova, 6 marzo 1708), partitura in CH-CObodmer, Ms.11635 (Pagano – Boyd – Hanley 2001, dove non si segnala la musica dell’oratorio); Sacrifitio di Abramo 1708; la ripresa dell’Oratorio per la Santissima Annunziata 1708; Introduzione all’oratorio 1708; Per la Passione 1708. Vedi Franchi 1997, p. 53, 56-59.
13 Il palco era nella stanza «dove si faceva l’accademia» di Palazzo Riario (abitato dalla regina di Svezia dal 1662). Vedi Morelli A. 2012b, p. 315. Per palchi romani a gradinata, cf. Spitzer 1991; Nigito 2016.
14 A Roma, dal tardo Cinquecento, cantori, strumentisti e organi erano ben visibili all’assemblea su cantorie e palchi. Vedi Morelli A. 2004a, p. 299-300.
15 Doc. s.d. (ma da giugno fino a novembre-dicembre 1690), V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 658, c. 408r, Conto di diversi lavori fatti […]; c. 427v: «Per haver disfatto tutto il cornicione di legno sotto il soffitto per alzarlo, levato d’opera, calato abasso e tornato a remetterlo in opera di novo, più alto con ferri nel muro». Per tavole del soffitto amovibili, V-CVbav, Comp. Ott. 30, n° 61, Conto di lavori di pittura fatti dalli 19 marzo 1694 […]: «due tavole che si levano nel soffitto della stanza quando si fa l’oratorio».
16 V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 658, c. 408r, Conto di diversi lavori […]; c. 428r: «Palcho in faccia al coro».
17 Chirico 2018a, p. 195.
18 La definizione «palco delle dame» compare unicamente nel documento di una maestranza, il chiavaro Natalini, V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 656, c. 381r, A dì 10 giugno 1690. Conto de diversi lavori […]; c. 387r: «A di 21 novembre [1690]» «il palco delle dame […]»; c. 388r: «[12 dic.] palco delle dame dell’oratorio»; c. 389r: «quattro sportelli del palco delle dame»; c. 391r: «Ripartim(en)to d’un conto […] dalli 10 giugno 1690 a tutto li 18 Xbre d.o anno».
19 Kirkendale 2017b, p. 64, doc. del 12 aprile 1708: «[…] il vano di una porta per entrare nel palchettone delle dame […]».
20 Staffieri 1990, p. 142-143 e n. 114, n° 239. Per l’attribuzione della seconda parte dell’oratorio a Lulier, vedi Chirico 2007, p. 429; per l’ed. critica dell’oratorio, vedi Della Libera 2011a.
21 Ad es. V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 656, c. 381r, A dì 10 giugno 1690. Conto de diversi lavori […]; c. 387r: «A dì 21 novembre [1690]»; «le gelosie delli coretti». Per i musicisti nei coretti cf. Rossini 1693, p. 216; Posterla 1707, p. 251-252; Deseine 1713, p. 368. Su La Giuditta, testo di Ottoboni e musica di Scarlatti, 21 marzo 1694, Foglio di Foligno, n° 13, 26 marzo 1694: «[…] ne’ coretti v’era l’eccellentissimo ambasciator dell’impero», la cronaca attribuisce erroneamente la musica dell’oratorio a Pasquini; Morelli A. 2002, p. 90-91. Per un coretto a parte destinato all’ambasciatore austriaco e ad altri notabili della stessa nazione, V-CVaav, Fondo Bolognetti, vol. 77, c. 59, parzialmente pubblicato in Della Libera – Domínguez 2012, p. 136.
22 V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 694, c. 782r, Conto di diversi lavori di muro […] 3 giug(n)o [1690] per tutto il mese di febraro Xm(b)re del 1690; c. 785r: «travicellini nella stanza della rapresentatione che reggono il coro delle musiche».
23 V-CVbav, Comp. Ott. 15, n° 656, c. 381r, A dì 10 giugno 1690. Conto de diversi lavori […]; c. 388r: «A dì 21 novembre 1690 […] una scena dell’oratorio».
24 V-CVbav, Comp. Ott. 19, n° 70, c. 479r, Per lavori fatti in Cancelleria e per le Quarant’hore di S. Lorenzo in Damaso et altri lavori […]: «A dì 13 d.o [nov. 1690] per haver tirato et ingessato al muro due tele per due prosceni long. p.mi 20 [ca. 4,4 metri] e larg. p.mi 9 [ca. 1,98 metri] imp(or)ta per gesso, colla e fattura sc. 2». Per le unità di misura, vedi Marconi 2004, p. 15-16: 1 canna = 2,22 metri circa; 1 palmo romano = 0,22 metri circa. Forse uno degli oratori con scenografia dati in questo periodo fu La conversione della beata Margherita da Cortona: Tarquinio Lanciani copiò le parti per Ottoboni entro settembre del 1690, Marx 1968, p. 125 n° 8c, testo di Giardini (1696), musica perduta di Antonio Giannettini, maestro di cappella del duca di Modena Francesco II d’Este; vedi Luin 1931, p. 45-46, 62; Walker – Glixon 2001.
25 Doc. del 31 marzo 1691, V-CVbav, Comp. Ott. 19, n° 32, c. 237r, Conto delli camini politti in Cancelleria […]: «il camino nella stanza dove si mette il teatro per l’oratorio»; Volpicelli 1989, p. 693.
26 Chirico 2015; Chirico 2018b.
27 Chirico 2015, p. 323-324.
28 Chirico 2015, p. 301.
29 Chirico 2015, p. 317.
30 Volpicelli 1989, in particolare p. 704-752.
31 V-CVbav, Comp. Ott. 19, n° 73, c. 489r, Conto de lavori fatti da m.ro Francesco Catanio capo mastro mu(rato)re in fare l’armatura et in mettere in opera la machina per l’espositione del SS.mo nella Chiesa dei SS. Lorenzo e Damaso nel prossimo passato anno 1691 […]; c. 492r: «Per giornate n. sette […] in levare li fusti e i telari di d.a machina che stavano nella stanza della pallacorda, e portati su le loggie, e di lì nel salone per comodo delli pittori»; mandato di pagamento firmato da Felice Delino.
32 V-CVbav, Comp. Ott. 22: 1) n° 301, c. 207r, tele e gesso; 2) n° 394, c. 626r, Conto di pitture diverse fatte da Domenico Paradisi […] di luglio passato 1691 a dì 31 dicembre 1691, c. 637r-v: «Nella sala grande dell’oratorio».
33 V-CVbav, Comp. Ott. 22, n° 301, c. 208v: «A dì 20 d.o [dic. 1691] per haver tirato et ingessato al muro d.o 12 canne [circa 27 metri] di tela alta p.mi 4 [circa 90 cm] che servì per crescere il coro del oratorio, e poi schiodata et retirata in opera importa per tre giornate di dui homini e gesso e colla sc. 4,60».
34 V-CVbav, Comp. Ott. 22: 1) n° 313, c. 354v: «A dì 22 d.o [dic. 1691] per havere indorato di oro di Germania a mordente uno splendore con raggi longhi assai […] servì per l’oratorio che fece s.a em.a in Cancelleria la notte di Natale»; 2) n° 296, c. 171r, Lista di spese minute fatte per servitio di s.a em.za […] nel mese di dicembre 1691: «A dì 23 ba. 60 […] cera da squagliare per otto lumini che furono messi nell’oratorio per far risplendere la S(anta) Croce».
35 Conto del festarolo, V-CVbav, Comp. Ott. 30, n° 165, c. 252r: «telari nel cortile per la prospettiva et il quadro di S. Lorenzo per l’altare fatto in d(ett)o cortile con damaschi, e trine riportate et haver parato d.i arazzi attorno il palco»; Chirico 2018b, p. 154. In ambito ottoboniano – e non solo – è molto difficile distinguere tra oratorio, cantata sacra e perfino serenata di soggetto sacro e agiografico; si veda ad es., per la produzione di Pasquini, Morelli A. 2016, p. 252.
36 V-CVbav, Comp. Ott. 30, n° 200, c. 507v, Dal primo genn.o 1694 a tutto giugno Xmbre 1694. Conto e misura delli lavori di legnami, et altro […] di m.ro Sebastiano Cartone capo mastro falegname in haver fatto l’infrascritti lavori per servitio del em.mo e rev.mo sig.r card.l Ottoboni vice Cancelliere fatti nel Palazzo della Cancellaria, et altri luoghi spettanti a s. Em.za […]; f. 520r: «per havere fatto un palco per fare l’oratorio nel salone dove si fa [in] Cancellaria centinato rustico».
37 V-CVbav, Comp. Ott. 31, n° 5, c. 6v: «A dì 7 marzo […]. Per la Settimana Santa. […]. Cavate le parti della Maddalena». Il conto di copiatura elenca le parti di Maddalena, Gioventù, Penitenza, violini e viola del concertino, violini e viole del concerto grosso, violini secondi, violoni e contrabbassi con il relativo numero di fogli. Marx 1968, p. 140 n° 66d. Nella prima versione per il Collegio Romano (18 marzo 1685) l’oratorio era intitolato Il trionfo della gratia, successivamente anche La Maddalena pentita e La conversione di Santa Maria Maddalena, cf. Pagano – Boyd – Hanley 2001; partiture in D-Dl, GB-Cfm, I-MOe, I-Rli; cf. Montalto 1955, p. 323 e 567.
38 Marx 1968, p. 141 n° 66i: «Oratorio di Santa Indegonda originale». L’oratorio sarebbe da identificare con il Sant’Ermenegildo del 1678 su testo di Sebastiano Lazarini e musica di Francesco Beretta; copie del testo ad es. in Oratori musicali, I-Vgc, Rolandi MUS 2A LAZ e ne Il Theatro spirituale, vedi Morelli A. 1986, p. 87, 108, 110, 115. Beretta morì il 6 luglio 1694, vedi Harper 2001 (dove non si cita l’oratorio in questione).
39 Testo autografo del 1693, La Giuditta oratorio a 5 voci, V-CVbav, Ott. lat. 2360, cc. 142r-153v; c. 153v: «Fine dell’oratorio li 20 febraro 1693 a hore 5 ¾». Per i testi a stampa de La Giuditta: 1693, vedi Sartori 1990-1994, n° 12112; 1695, Sartori 1990-1994, n° 12114; Franchi 1988, p. 664-665 e 693-694. Per documenti del 1694, vedi Marx 1968, p. 141, n° 66k e h.
40 Per cronache sull’oratorio: Il corriere ordinario, n° 30, 14 aprile 1694, notizia del 27 marzo 1694 (sabato): «Domenica sera [21 marzo 1694] con l’intervento di 12 cardinali, e degli ambasciatori cesareo, cattolico, e di Venezia, come di altri prencipi, e principesse, oltre la prelatura, si cantò nel Palazzo della Cancelleria un oratorio superbo intitolato La Giuditta»; Staffieri 1990, p. 115; Della Libera – Domínguez 2012, p. 130-131; Morelli A. 1984; Morelli A. 2002, p. 90-91; Van Der Linden 2011, p. 47.
41 V-CVbav, Comp. Ott. 30, n° 61, c. 216r, Conto di lavori di pittura fatti dalli 19 marzo 1694 […]: «due tavole che si levano nel soffitto della stanza quando si fa l’oratorio». Si veda più avanti, nel 1699, l’esistenza di una «soffitta».
42 Foglio di Foligno, n° 13 del 26 marzo 1694: «e ne’ coretti v’era l’eccellentissimo ambasciator dell’Impero».
43 L’ambasciatore imperiale assistette alle cerimonie religiose celebrative di vittorie militari per la festa della Dedicazione a Santa Maria dell’Anima su un palco con le grate di legno dorato (1703) e su un «coretto» nella Chiesa di San Bernardo alla Colonna Traiana (1704); Valesio 1977-1979, rispettivamente vol. 2, p. 709 e vol. 3, p. 178; Morelli A. 2004a, p. 316-317 e 321-322. In altri contesti, altri spettatori di riguardo prendevano posto nei coretti; cf. Della Libera – Domínguez 2012, p. 136, doc. 4.
44 Forse il 13 giugno 1694 fu allestito in Cancelleria l’oratorio La Fede trionfante per l’Eresia soggiogata da S. Antonio da Padova (la musica, di autore ignoto, è perduta) il cui testo suggerirebbe un allestimento “teatrale”; vedi Chirico 2019a. Il 9 agosto dello stesso anno si diede nel giardino della Cancelleria un oratorio sconosciuto con un’orchestra di una settantina di elementi dislocati in due o più punti («con echi replicati sonori, e plausibili») in un «teatro» paludato di arazzi. Vedi Chirico 2018b, p. 160-163.
45 V-CVbav, Comp. Ott. 29, cc. n.n.: 1) Spese e pagamenti […] nel mese di Agosto […]: «A dì d.o [31 agosto 1694] […] porto e riporto di vasi dalla loggia al giardino, ed altri vasi levati, e poi riposti in suo luogo in occasione della Cantata fatta in d(ett)o giardino la sera»; 2) Spese e pagamenti […] nel mese di Settembre […]: «A dì d.o [15 sett. 1694] […] a Gio(vanni) Aurelio falegname per recognit(ion)e dell’assistenza prestata con altri compagni la sera della cantata fatta in giardino».
46 Per gli uomini, Spese e pagamenti […] nel mese di Settembre […]; «A dì 25 settembre [1694] Lista delli [sei] omeni che sono stati à sistere per la machina della Serenata in giardino».
47 V-CVbav, Comp. Ott. 37, s.n., c. 103r, Conto con fachini della piazza de viaggi fatti per la notte di Natale […]: «Et per haver riportato tutte le figure della machina [delle Quarantore] in guard(arob)ba et aiutati li muratori a rimettere la machina nel magazzino. […] saldo e final pagamento sino li 27 feb(bra)ro 1697 […]». Il magazzino era a piano terreno e la guardarobba a uno dei piani superiori come dalla seguente dicitura: «E più per haver salito dal magazzino in guard(arob)ba da 300 candelieri […]».
48 V-CVbav, Comp. Ott. 38, n° 11, A dì primo genn(ar)o 1698 a tutto d.o anno. Conto di lavori […]; fol. int. 16v: «Per havere rimesso in opera li palchi nella sala che fanno gionta al coro stabile con n. tre huomini mezza giornata chiodi e fattura e per haverli disfatti e mezza giornata di un huomo»; doc. del 1699, V-CVbav, Comp. Ott. 40, n° 34, c. 147v: «Per haver portato il legname di sopra l’app(artamen)to e rimesso in opera la gionta del coro in dove si fa l’oratorio con armatura e tavole».
49 V-CVbav, Comp. Ott. 40, n° 34, c. 147v: «rimbollettato la tela dipinta […] sotto alla soffitta».
50 Per l’argomento cf. ad es. Piperno 1995, in particolare p. 806-807, 815, 819, 820, 825, 828, 829, 833; Franchi 1997, p. 14-18; Cairo 1989, p. 783; Chirico 2007; Chirico 2018b.
51 V-CVbav, Comp. Ott. 41, s.n., Conto de denari spesi […]: «Per sette salciccioni di corde per il tendone fatto da alzare, e bassare per l’oratorii»; V-CVbav, Comp. Ott. 40, n° 40, c. 218r, Conto dell’em.mo sig.r cardinale Ottobono: «A dì 17 marzo dato per l’oratorii di Quaresima teli quara(n)ta di brocatello di Venetia sc. 2. E più a dì d(ett)o teli quattordici di damasco cremesi sc. 1. E a dì d(ett)o dato pezzi otto d’arazzi sc. 2. Rea(v)uto le d(ett)i robbe a dì 20 aprile 1700». Tot. sc. 102,[?] (baiocchi illeggibili per cucitura).
52 V-CVbav, Comp. Ott. 45, Libretto delle spese fatte nell’Anno Santo 1700 per la machina, e sepolcro in S. Lorenzo, e Damaso et altre spese, fol. int. 3v: «Conto delle giornate di falegnami, muratori, pittori e mercanti e colloraro per il Sepolcro e disfarlo e riponerlo, e rimandare tutti li legnami, traglie e chanapi, et altro per l’oratorio».
53 V-CVbav, Comp. Ott. 51, n° 33, acquisto di «corda mancina» per l’oratorio. La corda mancina era usata nel teatro della Cancelleria, si veda un doc. del 1690 per Il martirio di Sant’Eustachio, V-CVbav, Comp. Ott. 13, n° 180, c. 438r, Spese diverse […] 1690 li 20 febbraio; c. 438v: «Per un mazzo di corda mancina per alzare la tenda grossa».
54 Franchi 1997, p. 34.
55 V-CVbav, Comp. Ott. 57, n° 50, Conto de lavori […] principiato li 3 gen(nai)o 1707; fol. int. 6v: «E a dì 12 d.o [aprile] per essere andato al Teatrino con tre huomini a disfare l’armatura della barracca fatta per l’apparatura di d.a per l’oratorio della Quadragesima, e rimessa d(ett)a armatura sopra il celo della volta».
56 Per i testi degli oratori, rispettivamente Introduzione all’Oratorio 1707 e Per la Passione 1707; Franchi 1997, p. 47-48, 50. Una partitura di questo è in D-Dl, Mus.2122-D-5; cf. Pagano – Boyd – Hanley 2001.
57 V-CVbav, Comp. Ott. 53, n° 51, Conto delli lavori […] in SS.i Lorenzo e Damaso […]: «E a dì 19 d.o [aprile 1707] per haver apparato e sparato tutto l’oratorio con damaschi pavonazzi, e sopra il palco con panni neri, e fatto il cielo, e trinati, e fattoci diversi tripponi a panneggio e trinati, et appa(ra)to d’avanti il core, e sotto, e lavoratici molti giorni […]. E più per nolito di n. 91 teli di panni neri serviti per il sud.o oratorio, che fu il Martedì santo». I due oratori furono replicati il 3 e il 4 aprile del 1708: vedi Introduzione all’Oratorio 1708 e Per la Passione 1708; Franchi 1997, p 58.
58 I-Tn, Ris.59.4, c. 23r [1]; vedi Viale Ferrero 1970, p. 294; Smither 1977, p. 271, fig. VI-5 dove la didascalia è erroneamente trascritta: «Oratorio nella 7.a [settimana] santa in teatro del s.r cav.e Antonio».
59 Per l’oratorio in casa Ruspoli e i dettagli sugli aspetti rappresentativi: Franchi 2002b; Kirkendale 2017b, in particolare p. 19-20, 62-65. Per l’influenza della musica de Il giardino di rose (1707) di Alessandro Scarlatti su La Resurrezione di Händel, cf. Maccavino – Magaudda 2013, p. 318.
60 Esattissima descrizione 1690: «L’altar maggiore, e ’l coro di detta Chiesa [S. Lorenzo in Damaso] formavano un bellissimo teatro»; vedi Chirico 2015, p. 301. Si veda anche una cronaca di gennaio del 1692: «Il cardinale Ottoboni fa gran preparamenti per l’espositione del Santissimo il giovedi grasso, […] dove fa lavorare indefessamente un bellissimo teatro» (Staffieri 1990, p. 101, n° 122); vedi Chirico 2015, p. 308. Per le Quarantore del 1700, vedi Della Libera – Domínguez 2012, p. 170; Chirico 2015, p. 317.
61 Si veda la didascalia di una stampa di Carlo Rainaldi: Teatro eretto nella Chiesa del Giesù [sic] di Roma nella quinquagesima l’Anno Santo M. D. CL, cf. Tozzi 2002, p. 13. Per l’argomento, vedi Martinelli 1996; Noehles 1985; per gli apparati effimeri in generale, Fagiolo dell’Arco – Carandini 1977-1978; Fagiolo dell’Arco 1997.
62 Dichiarazione 1706; per gli apparati effimeri di Antonio Colli, vedi Farneti – Lenzi 2006, p. 92.
63 Goulet 2014, p. 140.
64 V-CVbav, Comp. Ott. 22, n° 301, c. 208r, Conto di diversi lavori fatti in Cancelleria […]: «A dì 27 d.o [settembre 1691] per havere rinchiodato tutte le tele schiodate del oratorio sopra le porte e sopra il coretto per fianco e dove bisognava».
65 31 marzo 1691, V-CVbav, Comp. Ott. 19, n° 32, c. 237r, Conto delli camini politti in Cancelleria […]: «Prima politto e raccomodatto il camino nella stanza dove si mette il teatro per l’oratorio». Volpicelli 1989, p. 693.
66 Nel 1694 Scarlatti inviò da Napoli «aggiunte» a La Giuditta; cf. Marx 1968, p. 141 n° 66k e h. L’oratorio fu rieseguito nel 1695; vedi Franchi 1988, p. 693-694.
67 Si vedano, ad esempio, le «aggiunte» di Scarlatti a L’Amor eroico frà pastori di P. Ottoboni (musicato nel 1696 da C. Cesarini, G. L. Lulier, G. Bononcini) per La pastorella, 5 febbraio 1705, Palazzo San Marco, arie in GB-Lbl, Add. 22101.
68 Avviso di Roma, 12 marzo 1692, V-CVbav, Ott. lat. 3279, cc. 218r e 221v: «Vi sono molti i quali credono che il papa gli abbia fatto dire che i teatri non sono da ecclesiastici […]. Il d.o cardinale Ottoboni già ha dato principio a far disfare il suo Teatro nella Cancelleria»; Volpicelli 1989, p. 699; Pastura Ruggiero 1994.
69 V-CVbav, Comp. Ott. 30, n° 200, c. 508v: «Per haver fatto n. 24 banchi centinati che servono per sedere nell’audienza in d.o oratorio». Sull’argomento, in generale, Morelli A. 2004a.
Auteur
Conservatorio di musica “S. Cecilia”- techiri@libero.it
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