Il molo est-ovest a Portus
Un’analisi preliminare sugli aspetti architettonici della struttura
p. 201-209
Résumés
Nel quadro del protocollo d’intesa siglato tra il Parco Archeologico di Ostia Antica e l’Università di Huelva, è stato avviato un progetto di ricerca su uno dei moli interni est-ovest di Portus, quello detto «Molo della Lanterna». Si espongono i risultati della prima campagna di studi, in particolare, l’analisi della struttura del molo in un’area della testata, che permettono di avere una conoscenza preliminare di un aspetto molto significativo del principale sistema portuale dell’impero. I dati finora ottenuti riguardano principalmente il sistema di costruzione della testata del molo, le ultime fasi di utilizzo delle strutture ad essa annesse, riconducibili ad un periodo successivo al V sec. d. C., nonché informazioni relative al paleoambiente circostante.
In the framework of the memorandum signed between the Parco Archeologico di Ostia Antica and the University of Huelva, a research project has been started on one of the internal east-west piers of Portus, the one known as «Molo della Lanterna». We present in this paper the results of the first excavation campaign, in particular the analysis of the structure in the front area of the pier, which allow to have a preliminary knowledge of a very significant part of the main port system of the Roman Empire. Data were obtained concerning the construction of the quay head and the last phases of use of the structures, following the 5th century C.E. Finally, were obtained data on the paleo-environment and sea levels during the life of the structure.
Entrées d’index
Keywords : Portus, molo della Lanterna, Late Antiquity, paleoenvironment
Parole chiave : Portus, molo della Lanterna, tarda Antichità, paleoambiente
Texte intégral
Il molo est-ovest: il progetto di ricerca e i suoi obiettivi
1In questo contributo vengono presentati i risultati preliminari della prima campagna di indagini svoltasi nel mese di settembre 2017 nell’ambito del progetto di ricerca sul cosiddetto «Molo della Lanterna», oggi inserito in un protocollo d’intesa siglato tra l’Università di Huelva e il Parco Archeologico di Ostia Antica1. Il suddetto progetto, caratterizzato da un marcato aspetto interdisciplinare, si avvale della collaborazione di archeologi, geomorfologi, paleobotanici ed epigrafisti, e sulla scia della più recente linea di ricerca sviluppatasi nell’area sud-ovest ispanica, è focalizzato principalmente sullo studio dell’architettura portuale in tutti i suoi aspetti. L’intento è di mettere in luce le connessioni del quadrante sud occidentale iberico con le coste del Tirreno e in particolare con Portus e Roma attraverso le molteplici testimonianze materiali pervenute sino a noi2. La capitale dell’impero era rifornita, attraverso Portus e Ostia, dai diversi porti dell’Atlantico, da cui arrivava una grande quantità di merci, alcune delle quali erano economicamente necessarie alla buona sopravvivenza dell'Urbs come nel caso dell’olio e dei metalla3. Inoltre il traffico commerciale con il Tirreno permise lo sviluppo di modelli architettonici portuali ben definiti in numerose enclavi betiche come Gades, Hispalis e Onoba, i cui porti furono dotati di infrastrutture come portici, lanterne e stationes4. Alla luce di quanto sopra esposto, appare indispensabile poter approfondire la conoscenza di Portus come centro di estrema importanza per il resto delle enclavi marittime e fluviali del Mediterraneo e dell’Atlantico. In questo contesto il «Molo della Lanterna» diventa un’interessante oggetto di analisi dal quale sono stati estratti finora una serie di dati preliminari certamente da approfondire nelle prossime campagne di scavo.
2Gli obiettivi della prima campagna di ricerca sono consistiti essenzialmente nella raccolta delle notizie di archivio, nella creazione di una rete di inquadramento topografico ancorata al sistema di capisaldi istituita dall’Ufficio Cartografico del Parco Archeologico di Ostia Antica per poi procedere sul campo ad attività di scavo e di rilievo architettonico5. I dati momentaneamente acquisiti consentono una serie di considerazioni preliminari relative alla sua costruzione ed evoluzione, in particolar modo, in merito al processo di realizzazione della testata del molo e delle sue prime fasi costruttive. È stato possibile stabilire sommariamente la fase di abbandono e di crollo della struttura mentre lo scavo di un settore sul versante nord della banchina, ha permesso di individuare i livelli del mare nelle fasi subito precedenti al processo di insabbiamento dell’area.
Il contesto di studio e le ricerche precedenti
3Con una lunghezza di circa 150 m e per una larghezza di 8 m, il «Molo della Lanterna» delimitava verso sud la parte più interna del grande bacino di Claudio, proteggendo dalle mareggiate l’area occupata dai Grandi magazzini Traianei, il canale di accesso alla darsena interna e al canale trasverso di collegamento con la Fossa e il Tevere.
4Le indagini si sono per ora concentrate lungo l’estremità ovest e sul versante nord-ovest della banchina. Nel primo settore è stato al momento effettuato un intervento di pulizia delle strutture e un saggio di scavo molto superficiale. Le prime notizie di cui disponiamo riguardo il «Molo della Lanterna», si devono a Lanciani, nei suoi rendiconti6. Successivamente, attorno agli anni trenta del XX secolo, il molo è nuovamente oggetto di attenzioni da parte di Lugli e Filibeck, i quali individuano sulla testata strutture riconducibili ad un faro o a una lanterna e dalle quali il complesso di strutture prende appunto il nome. I due studiosi rilevano inoltre l’esistenza di una scala di accesso alla lanterna, descrivendone la tipologia costruttiva ed evidenziando i molteplici interventi di restauro e le modifiche strutturali eseguite sotto il regno di Diocleziano o di Costantino, le quali avrebbero modificato l’aspetto originario7.
5Dalla lettura della cartografia storica, questa struttura la si può riconoscere nella Tabula Peutingeriana. Essa risulta posizionata dinanzi ad un grande emiciclo con porticato aperto verso il mare dove si riconoscono delle strutture riconducibili a due fari; uno chiaramente isolato e un altro posto al di sopra di un molo, probabilmente, il medesimo individuato da Lugli e Filibeck.
6I tempi e i modi di costruzione del molo sono ancora ad oggi oggetto di dibattito; le ricerche condotte da Patrizia Verduchi hanno evidenziato la presenza di un tratto di banchina tra il casale Torlonia e il bacino esagonale. Tale elemento ha fatto supporre che il molo sia stato realizzato sotto Traiano8. Di tutt’altro esito sono state le indagini archeologiche condotte da Lidia Paroli; un saggio effettuato lungo il molo e all’altezza delle cd Terme della Lanterna ha restituito materiale riconducibile ad una fase claudio-neroniana, ricollocando la realizzazione della struttura in un periodo iniziale dello scalo portuense9.
7Sulla stessa linea si collocano le ricerche del gruppo dell’Università di Southampton e della British School at Rome che, sulla base di diverse testimonianze, indicano come appartenenti allo schema originale del porto di Claudio diverse infrastrutture come il «Molo della Lanterna», la Darsena e il canale trasverso10.
La metodologia costruttiva
8Il progetto di ricerca ha previsto nelle sue fasi iniziali l’analisi architettonica del versante nord, da cui derivano dati sulla costruzione, sul materiale e sull’evoluzione della struttura.
9Dai primi risultati si evince che la banchina nord sia stata realizzata mediante la gettata di grandi masse di cementizio rivestito in opera laterizia, la quale, è stata individuata per alcuni tratti presso il versante sud della medesima struttura11. Le impronte delle casseforme lignee di costruzione evidenziano uno schema modulare: catenae trasversali disposte ad intervalli regolari di circa 2 m e fissate molto probabilmente a pali verticali perimetrali interne alla cassaforma (destinae). Nonostante la scarsa profondità del saggio di scavo, dovuta all’immediata vicinanza del «Canale Traianello» è stato possibile stabilire che la struttura poggia su una fondazione continua, mentre le impronte delle catenae rinvenute in fase di scavo trovano confronti stringenti con quelle già ritrovate presso il troncone A del molo settentrionale. Il livellamento tra le gettate di cementizio era invece assicurato dalla messa in opera di un filare di embrici, così come riscontrato anche presso molo sud-nord. Nella parte superiore e presso gli angoli della testata, si rileva la presenza di due blocchi di travertino, probabilmente gli stessi già descritti da Lugli come ciò che rimaneva di un ballatoio sospeso su mensole12. Tuttavia, vista la loro diposizione, potrebbero anche essere riconducibili a pietre di ormeggio fratturate.
10La pulizia degli alzati ha permesso di evidenziare la presenza di due strutture appoggiate agli angoli della testata le quali gli conferiscono il suo aspetto attuale. Sebbene il sistema costruttivo risulti del tutto simile a quello adottato nella costruzione del corpo principale, la differente fuoriuscita del caementum suggerisce un differente impiego di maestranze. Per quanto concerne la loro funzione appare piuttosto plausibile che si tratti di strutture volte al consolidamento della testata costantemente soggetta al moto ondoso, ma proporre una datazione non risulta al momento possibile, nonostante non sia da escludere che possa trattarsi di interventi previsti nell’ambito del grande progetto di restauro compiuto a Portus nel periodo severiano.
Le indagini condotte presso il versante nord e la pulizia del settore occidentale
11La pulizia della testata del molo ha reso possibile determinare con una certa precisione le sue dimensioni nonché di documentare i resti di un rivestimento in opera mista13.
12L’area sul versante nord è stata oggetto di uno scavo di circa 24 mq nel quale si è raggiunta una profondità di circa 50 cm rispetto al piano di campagna intercettando una concentrazione di materiali di vario genere.
13Al di sotto dell’attuale piano di calpestio si rileva uno strato a matrice terrosa poco compatto misto a materiale edilizio di risulta riconducibile alle strutture poste al di sopra del piano di camminamento del molo. Di seguito è stato intercettato un deposito di sabbie sciolte che copriva alcune semicolonne di varie misure in marmo bianco così come diversi crolli, probabilmente anch’essi pertinenti a manufatti innalzati sopra la testata.
14Questi ultimi erano avvenuti in un momento in cui probabilmente si era formata una spiaggia sul versante nord. Il livello di battigia è riconoscibile per la presenza di esemplari di molluschi bivalvi della specie Ostrea individuati ad un determinato livello della struttura.
15A tagliare il deposito sabbioso vi era una fossa di spoglio riempita in pietrame, quasi certamente riconducibile ad attività di recupero delle semicolonne non andate a buon fine. Tra il materiale diagnostico recuperato in una unità sottostante il suddetto deposito, si segnala la presenza di frammenti anforici del tipo LR1A; Keay 25c; cosí come ARSW tipo D (78; 94b; 101) i quali propongono un terminus post quem di metà V secolo d. C. alle fasi di crollo e insabbiamento dell’area.
Risultati
16La lettura congiunta dei diversi componenti della testata del molo porta a formulare una serie di ipotesi soggette a conferme o smentite durante le prossime campagne di scavo, le quali permetteranno di leggere con più esattezza il succedersi delle fasi costruttive, nonché di definire il suo aspetto originario. I dati finora ottenuti dall’analisi edilizia, congiuntamente a quelli acquisiti dall’esecuzione dei due saggi di scavo, inducono a collocare la realizzazione della struttura nella prima metà del I secolo d. C. adottando un modello costruttivo simile a quello del molo settentrionale, a sua volta riscontrato in altri contesti portuali dell’area tirrenica e risalenti all’età claudio-neroniana.
17L’utilizzo del calcestruzzo nell’ambito delle strutture di drenaggio fluvio-marittime è una costante in tutto l’impero, così come l’impiego delle polveri vulcaniche aventi la peculiarità di potersi solidificare sott’acqua14. Per quanto riguarda il sistema di costruzione, l’uso di casse o strutture lignee è stato ampiamente utilizzato nella realizzazione dei porti romani come attestato nel porto di Anzio o presso Caesarea Maritima dove l’esito delle indagini eseguite negli anni ‘80 del XX secolo hanno evidenziato infrastrutture realizzate in calcestruzzo con un sistema di costruzione a casseforme15. Particolarmente calzanti sono gli esempi del settore G del porto di Cesarea il quale trova puntuali confronti con le strutture del vecchio Portus Cosanus ad Ansedonia16. In merito all’evoluzione della struttura della parte terminale del «Molo della Lanterna», sottolineando il carattere preliminare di queste osservazioni, si individuano almeno due fasi; la prima di realizzazione del corpo principale e una successiva volta al consolidamento della testata mediante la realizzazione dei due corpi laterali.
Fase I
18La prima fase è rappresentata dalla costruzione della banchina adottando il sistema delle casseforme. Attraverso questo sistema di edificazione e attraverso l’uso del calcestruzzo è stata costruita una diga mantenuta in funzione per tutta la durata del cantiere. I campioni di fauna marina e i sedimenti estratti in diversi punti della fondazione, consentono di stabilire in via preliminare come la costruzione del molo abbia avuto luogo in un ambiente paludoso, confermando in parte quanto ricordato da Cassio Dione17 e avvalorando l’ipotesi che il «Molo della Lanterna» fosse già previsto dal programma edilizio di età claudio-neroniana18.
Fase II
19La seconda fase è rappresentata dalla realizzazione delle due strutture ubicate agli angoli della testata del molo. La funzionalità delle stesse, così come la loro cronologia, allo stato attuale delle conoscenze sono difficili da specificare, tuttavia possono essere forse considerate strutture di rinforzo realizzate sul lato più esposto al moto ondoso.
Fase III
20Una terza fase potrebbe essere individuata nel periodo di abbandono e crollo delle strutture portuali. Il processo sembra lentamente iniziare in momenti successivi al V secolo d. C., e terminare solamente durante il IX secolo d. C., momento in cui la Darsena interna risulta ormai completamente in disuso19.
Bibliographie
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Notes de bas de page
1 Questa ricerca è strutturata all’interno di un progetto scientifico finanziato dal Regno di Spagna denominato DEATLANTIR “Del Atlántico al Tirreno”; Los Puertos Atlánticos Béticos y Lusitanos y su relación commercial con el Mediterráneo nonché inserita nel programma di Archeologia all’estero del Ministerio de Cultura Español.
2 In merito a questo argomento è stata pubblicata una monografia con i risultati della prima fase del progetto in cui viene messa in evidenza l’importanza di Portus e la sua relazione con i distretti portuali occidentali della Betica, per un approfondimento vd. Campos Carrasco – Bermejo Mélendez 2017.
3 Lo Cascio 2002.
4 Campos Carrasco – Bermejo Mélendez – Marfil Vázquez 2018.
5 A tale proposito si coglie l’occasione per ringraziare per la disponibilità mostrata il Funzionario responsabile dell’Ufficio Cartografico del Parco Archeologico di Ostia Antica, Marco Sangiorgio.
6 Lanciani 1868, p. 168.
7 Lugli – Filibeck 1935, p. 81-82.
8 Verduchi 2004, p. 237-241.
9 Panzieri – Sebastiani c.d.s.
10 Keay – Millett 2005, p. 275.
11 Dai rilevamenti finora effettuati si stima una larghezza della banchina di circa 7,50 m.
12 Lugli – Filibeck 1935, p. 81.
13 Il fronte del molo ha una lunghezza di circa 8,30 m e un’altezza di circa 2,30 m.
14 Oleson 1977; Delatte 2001; Oleson et al. 2004; Brandon et al. 2005.
15 Hohlfelder 1999, p. 159-160; Oleson et al. 1984.
16 Oleson et al. 2004, p. 204.
17 «... Da una parte scavò un non piccolo tratto di terraferma, tutto intorno lo armò con banchine e vi fece entrare il mare. Dall’altra parte, verso il largo, innalzati grandi moli da entrambi lati, recinse un vasto specchio di mare», (Dio., 50, 11).
18 Testaguzza 1970, p. 23-50; Keay – Millett 2005, p. 275; Felici 2012.
19 Paroli 2004, p. 253.
Auteurs
Universidad de Huelva. Centro de Investigación en Patrimonio Histórico, Cultural y Natural - javier.bermejo@dhis1.uhu.es
Universidad de Huelva. Centro de Investigación en Patrimonio Histórico, Cultural y Natural - campos@uhu.es
Universidad de Huelva. Centro de Investigación en Patrimonio Histórico, Cultural y Natural
Universidad de Huelva. Centro de Investigación en Patrimonio Histórico, Cultural y Natural - crisdam@hotmail.it
Universidad de Huelva. Centro de Investigación en Patrimonio Histórico, Cultural y Natural
Universidad de Huelva. Centro de Investigación en Patrimonio Histórico, Cultural y Natural
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