Il Tempio Rotondo a Ostia
Tra culto imperiale e culto della Grande Madre
p. 119-132
Résumés
In questo articolo consideriamo il Tempio Rotondo sotto due aspetti che evidenzierebbero il suo carattere ibrido. Il primo aspetto è quello di luogo di culto imperiale della nuova dinastia severiana che è messa in relazione con i predecessori; il secondo, che presentiamo in via ipotetica, è quello di luogo di culto delle divinità orientali Sol e Magna Mater. In particolare, la grande corte rettangolare antistante alla cella richiama tradizioni architettoniche orientali. La cupola visibile parzialmente al di sopra del pronao supera il modello e le suggestioni derivate dal Pantheon. Essa richiama altre rotonde, quali l’Asklepieion di Pergamo o il «Tempio di Venere» a Baalbek, dove già osserviamo la completa autonomia della pianta centrale. Il tempio a nostro parere rifletterebbe una tendenza eclettica che segna il regno di Eliogabalo, che ne ha iniziato la costruzione. Vediamo una manifestazione di tale tendenza anche nel Tempio del Sole sul Palatino. In questo edificio l’imperatore aveva fatto radunare non solo la pietra nera di Emesa, ma anche quella di Cibele del tempio palatino della Magna Mater, e altri importanti segni legati alle origini di Roma. Riteniamo possibile che anche nel Tempio Rotondo la colonia ostiense abbia riposto importanti significati e messaggi.
In this article we consider the Round Temple under two aspects that highlight its hybrid character. The first aspect is that of an imperial place of worship of the new Severian dynasty that is related to its predecessors; the second, which we hypothetically present, is that of a place of worship for the eastern divinities Sol and Magna Mater. In particular, the large rectangular courtyard in front of the cell recalls oriental architectural traditions. The dome partially visible above the pronaos exceeds the model and the suggestions derived from the Pantheon. It recalls other roundabouts, such as the Asklepieion of Pergamon or the «Temple of Venus» in Baalbek, where we already observe the complete autonomy of the central plan. The temple in our opinion could reflect an eclectic tendency that marks the reign of Heliogabalus, who started its construction. We see a manifestation of this tendency also in the Temple of the Sun on the Palatine Hill. In this building the emperor had made to gather not only the black stone of Emesa, but also that of Cybele of the Palatine temple of the Magna Mater, and other important signs connected to the origins of Rome. We believe it possible that even in the Round Temple the Ostian colony has placed important meanings and messages.
Entrées d’index
Keywords : Ostia, Templar architecture, Imperial cult, religious meanings
Parole chiave : Ostia, Architettura templare, culto imperiale, significati religiosi
Texte intégral
1Riprendiamo il tema del Tempio Rotondo (fig. 1 e 2), che ho già trattato nel mio lavoro del 2007 sull’architettura e la decorazione architettonica di Ostia1, in quanto ancora qualcosa sfugge sulla sua interpretazione. Come abbiamo rilevato nel titolo di questo contributo si oscilla tra il considerarlo un grande tempio di culto imperiale dedicato ai Severi, e un santuario della Grande Madre, ispirato al culto di Emesa strettamente legato alla famiglia imperiale.
2Nel primo caso gli Ostiensi volevano esprimere la loro gratitudine per i favori ottenuti: basti ricordare che Alessandro Severo aveva ripristinato le distribuzioni di olio e di grano a Roma sospese da Elagabalo e concesso sgravi fiscali alla categoria dei negotiatores frumentarii, molti dei quali evidentemente si occupavano del reperimento per l’Annona di prodotti agricoli, in particolare africani, ed è noto l’interesse dei Severi per la riorganizzazione dell’Annona2. La costruzione a Ostia di un grande tempio di culto imperiale in questo periodo sarebbe da vedere, dunque, all’interno della politica severiana sugli approvvigionamenti alimentari per la capitale e degli stretti rapporti tra Ostia e l’Annona3 e in questo senso si spiega la proposta avanzata nella storia degli studi che il tempio fosse in parte dovuto a finanziamenti ed anche a direttive imperiali. Ciò parrebbe confermato dal quasi certo ritrovamento in esso di due teste di Alessandro Severo, di Gordiano III4, da statue colossali ricostruite per un’altezza di almeno tre metri e mezzo (fig. 3 a, b) e della base di una grande statua di Furia Sabinia Tranquillina, la moglie di Gordiano III5. Un altro dato che si deve tenere in mente è l’utilizzo nel santuario di numerosi elementi architettonici in marmo, quali le colonne in cipollino erette nel pronao del tempio e all’entrata della corte antistante, e i relativi grandi capitelli corinzi di stile microasiatico molto simili ad alcuni di quelli messi in opera nel Colosseo durante i restauri della summa cauea promossi da Alessandro Severo: tali elementi per il loro alto costo più facilmente sono da considerare donativi imperiali.
3Tuttavia, che alla sua costruzione partecipasse anche la colonia, risulta evidente per il reimpiego come inerti nella muratura di numerosi fusti e capitelli tuscanici in travertino, provenienti da un edificio demolito nelle immediate vicinanze e di cui la riutilizzazione degli elementi architettonici era certamente iniziativa del governo ostiense. A ciò si aggiunge l’attribuzione a officine ostiensi e non urbane delle superstiti trabeazioni e relativi capitelli corinzieggianti, appartenenti agli ordini sovrapposti addossati alle pareti della corte6. Si tratterebbe dunque di un cofinanziamento –imperiale e locale- secondo formule ben note nell’architettura pubblica delle province e presumibilmente di città italiane, dove per edifici come i teatri ricorre spesso quest’evenienza.
4Nel secondo caso proponiamo, anche se in via ipotetica, che nel culto celebrato nel Tempio Rotondo, data proprio la sua forma – cella circolare sopraelevata e grande corte antistante – sarebbe avvenuta sincretisticamente la convergenza di vari filoni religiosi, non ultimo quello del culto di Cibele, che a Ostia non disponeva ancora di un luogo pubblico dove l’élite politica della città potesse celebrare degnamente e pubblicamente i taurobolia in onore degli imperatori. Infatti il campo della Magna Mater presso la porta Laurentina, dove certamente avvenivano taurobolia7, era in posizione periferica e riservato soprattutto all’attività religiosa dei collegi. Il culto di Emesa e quello di Cibele a Pessinunte e a Roma sono accomunati dalla venerazione di una pietra nera aniconica, probabilmente di origine meteoritica. Alcune monete che raffigurano il tempio di Emesa lo mostrano con pronao dal frontone triangolare sostenuto da colonne che al centro si distanziano per fare spazio e lasciare vedere la sacra pietra nera (fig. 4). Anche nel tempio di Ostia, con pronao rettilineo – pur non avendo le colonne un interasse maggiore al centro nel caso si ricostruisca un frontone triangolare, o invece disponendo di una visuale più ampia, nel caso si ricostruisca un frontone siriaco in quanto non sarebbero più necessarie le colonne centrali – era consentita la contemplazione di un oggetto di culto al centro della cella circolare del Tempio attraverso il largo portale (vedi oltre fig. 6b). Va ricordato che proprio negli anni della sua erezione Eliogabalo aveva fatto trasportare e depositare la pietra nera di Emesa in un grande tempio sul Palatino, ridedicato al Sol Invictus, dove ordinò che fossero radunate anche altre sacre reliquie come la pietra nera del tempio palatino della Magna Mater, il fuoco di Vesta, gli Ancilia dei Salii e il Palladio, poi tutte restituite ai luoghi di origine dopo la morte dell’imperatore nel 2228. Ci si è chiesti se l’edificio ostiense non sia stato progettato anche per risonanza e atto di omaggio da parte del governo coloniale verso l’impresa di Eliogabalo da cui si voleva riottenere quei favori, poi concessi a Ostia da Alessandro Severo. Eliogabalo, come è noto, si era fatto iniziare al culto di Cibele, arrivando, pare, a legarsi i genitali, come atto simbolico per evocare l’evirazione di Attis, e si era sottoposto al rito del taurobolium9. Proprio nel periodo severiano avviene la costruzione o l’ampliamento a Roma sulle colline Vaticane di un grande Frigiano, adibito ai taurobolia, caratterizzato da una pianta circolare e connesso con il Circus Gai che fungeva da campus della Magna Mater10: Eliogabalo condusse una processione proprio in questo santuario con quadrighe tirate da elefanti11. Da qui la nostra ipotesi che il Tempio Rotondo, vero omaggio degli Ostiensi a Eliogabalo, proponesse anche uno spazio in cui si potessero svolgere taurobolia imperiali e che la sua pianta circolare dovesse ubbidire a suggestioni provenienti forse dal Tempio del Sole di Emesa, ma anche dalla forma scelta per la fase severiana del Frigiano vaticano (v. sopra).
5Un’ultima osservazione sulle emissioni monetali del periodo severiano, tra cui quelle di Giulia Domna, madre di Caracalla e Geta e di Giulia Soemia madre di Eliogabalo in cui compaiono le leggende: MATRI DEVM, MATRI MAGNAE e MATER AVGVSTORVM (fig. 5), che vengono considerate non tanto una manifestazione della propaganda imperiale, quanto della identificazione con la madre universale, cioè Cibele. Se Cibele, che possiede anche un carattere poliade, non compare direttamente nelle emissioni monetali di Eliogabalo, poiché questi era, per diritto ereditario, l’alto sacerdote del dio Sole di Emesa (anche se, come abbiamo visto, era devoto alla dea), la si ritrova, invece, su sesterzi di Giulia Soemia (m. 222 d. C.), madre dell’imperatore, con la leggenda MATER DEVM. Anche qui ritorna il riferimento alla maternità, segno del favore divino (fig. 27). Il tipo di Cibele, dopo il 222 d. C., non è più presente nella monetazione imperiale, ma è sostituita da altre tipologie come Hilaritas, messa in relazione con le Hilaria, feste primaverili che celebravano Attis risorto e dunque legate sempre al culto di Cibele.
6Infine sull’associazione tra la Magna Mater e un tempio circolare a Roma si ha anche l’indizio dai noti versi di Marziale sulla presenza di una tholos di Cibele in cui è dipinto un coribante che si troverebbe sul clivo palatino12, mentre non è definibile sicuramente come tholos il tempietto che compare su contorniati di Faustina Maggiore in cui la successione di archi su colonne potrebbe far pensare ad una pianta circolare 13.
7Qualunque siano le motivazioni della sua costruzione, il tempio ostiense è architettonicamente nel pieno gusto barocco dell’epoca severiana, con le sue componenti microasiatiche e siriane, e manifesta l’abbandono del tradizionale impianto templare a cella rettangolare e pronao, a favore di una cella rotonda e sopraelevata, preceduta da una grande corte, con tutte le implicazioni simbolico-religiose connesse a tale forma, che ribadiamo ci sembra scelta in ossequio alla nuova dinastia.
8La cella14, che ha il diametro interno di m 18,30 (60 piedi), sorge su un podio a tamburo in laterizio, alto m 3,80 ca., distinto tramite una cornice in laterizio dall’elevato sia della cella circolare, sia del muro di fondo del pronao, questo rettilineo e largo quanto la corte antistante (fig. 6 a-b). La parete circolare interna, sempre in laterizio, è articolata in nicchie rettangolari (sugli assi e sporgenti esternamente) e absidate (sulle diagonali): ai lati delle nicchie, davanti a setti di muro che le separano, vi erano otto larghi piedistalli in travertino su cui dovevano poggiare alte colonne sostenenti gli ordini applicati e la cupola. Davanti, vi è un ampio pronao decastilo più largo del diametro della cella (come nel «Tempio di Venere» a Baalbek), con colonne in cipollino e capitelli corinzi asiatici, che, tramite una larga scalinata di 11 gradini originariamente in marmo e con abside ai lati, comunica con la grande corte quadrangolare antistante.
9La corte, di m 35 × 41, a ovest confina con il vico del Tempio Rotondo, mentre a est si addossa direttamente al muro ovest della Basilica, di cui occlude quattro delle cinque porte che in origine si aprivano su questo fianco e che evidentemente immettevano in uno spazio strettamente connesso con la Basilica: i resti delle strutture che lo occupavano si trovano sotto il piano della corte, che è rialzato rispetto al decumano con cui doveva comunicare con una breve scalinata. Non è nota, comunque la facciata della corte verso il decumano, a cui il Calza attribuisce strutture in marmo o in travertino e di cui restano solo parti delle fondazioni e il nucleo di tre gradini ora fortemente restaurati che portavano dal piano dell’entrata a quello inferiore del decumano: il gradino più basso presenta rientranze rettangolari di ca. cm 20 × 30, che dovevano servire a ospitare transenne o cancellate.
10Le pareti interne dei fianchi della corte erano articolate in due file di sei nicchie rettangolari probabilmente per statue, inquadrate da due ordini sovrapposti di colonne; solo la nicchia al centro del lato ovest era absidata (fig. 7), mentre sul lato opposto, in corrispondenza, vi era una porta che consentiva l’accesso alla basilica. Le colonne con basi attiche, a cui corrispondevano sulla parete lesene con capitelli corinzieggianti, poggiavano sugli angoli rinforzati a pilastro di banconi in muratura addossati alle pareti e alternati alle nicchie ottenute con la loro sporgenza: i banconi erano rivestiti da lastre marmoree bianche che seguivano la leggera sporgenza degli angoli a pilastro e la rientranza delle nicchie. Per la fase del Tempio Rotondo, non vi sono, dunque, resti archeologici che testimonino la presenza di sottobasi per un eventuale colonnato che sarebbe corso sui fianchi e sul lato nord della corte, né vi è traccia di un canale per l’acqua piovana, come è consueto nei casi di portici colonnati aperti verso una corte. Sembrerebbe dunque che le edicole su due ordini, che poggiavano sui banconi addossati alle pareti interne dei lati est e ovest della corte, fossero direttamente visibili senza la mediazione di un portico (che tra l’altro avrebbe nascosto con i due bracci est e ovest anche le estremità del pronao).
11Infine vi è una struttura quadrangolare nell’angolo nord-est della parte interna della corte, forse il piedistallo di una statua gigantesca.
12Lungo il perimetro della corte sono stati visti brevi tratti di un pavimento a tessere marmoree irregolari, sopraelevato rispetto al pavimento a lastroni di marmo bianco venato: dell’area centrale: la parte sopraelevata, larga m 4,88, risulta attualmente collegata con l’area centrale attraverso due gradini. Vi è anche l’evidenza di un’ulteriore pavimentazione in lastre di travertino che copriva quella precedente in lastroni di marmo e colmava il dislivello tra essa e il pavimento lungo il perimetro: è certo che la pavimentazione in travertino è contestuale ai sei tombini che si aprono sui lati dell’area perché uno di essi è inserito in un lastrone del tratto di pavimentazione conservato (angolo nord-ovest), mentre un altro è di nuovo ricavato in un lastrone e conserva il chiusino in marmo con decorazione elicoidale (angolo sud-est). Appare molto probabile che la pavimentazione in travertino appartenga alla fase di costruzione del Tempio Rotondo, quando tra l’altro in tutto l’edificio furono reimpiegati blocchi ed elementi architettonici più antichi in travertino, mentre ci sembra da escludere che essa fosse aggiunta in epoca più tarda, quando si è supposto da parte del Briggs che la corte avesse subito un’ulteriore trasformazione in piazza-mercato.
13Il livello della pavimentazione in travertino è inoltre più alto di quello attualmente visibile del pavimento che si è attribuito ad un portico che correva sui lati della corte, appartenente però alla fase precedente, quando l’area era occupata da una corte porticata, connessa strettamente alla basilica e forse da considerare una sorta di chalcidicum, di cui appunto resta parte della pavimentazione in lastroni di marmo (fig. 8).
14Nella corte porticata ora menzionata la storia degli studi avrebbe individuato un primo luogo di culto imperiale a cui legare i ritrovamenti statuari di imperatori e di membri della casa imperiale del II secolo scolpiti in epoca precedente alla costruzione del tempio. È certo che con l’intervento severiano tale funzione è stata trasferita al nuovo tempio, come dimostra il ritrovamento sopraddetto di colossali teste di membri della dinastia severiana (v. sopra fig. 3 a, b). Riteniamo però che la particolare forma circolare assunta dall’aula sia da giustificare non solo per l’eventuale maggiore aura sacrale conferita da tale forma – tra l’altro non sappiamo se sia avvenuta la inauguratio del tempio 15 – o più semplicemente per la conseguenza di mode architettoniche che favorivano l’adozione di questo tipo, ma proprio per le specifiche funzioni religiose che il monumento ebbe, non esauribili soltanto nel culto imperiale. Per comprendere tali funzioni, si deve anche porre attenzione allo stretto collegamento con la piazza antistante, che si sovrappone completamente alla corte porticata precedente: attenuando notevolmente il rapporto con la vicina basilica, e, presentandosi ora come piazza priva di portici, si proietta del tutto in direzione del prospetto della rotonda con il suo largo pronao. Il pronao rimanda al fronte dei templi giganteschi con pronai decastili dell’Asia Minore, anche perché la cupola doveva essere solo parzialmente visibile dalla piazza, in quanto nascosta dal frontone del pronao stesso. Inoltre la corte e il pronao, proprio per la loro larghezza uguale, finiscono per formare un’unità monumentale che non serviva solo di accesso alla rotonda dal diametro minore e isolata: costituiva infatti un nucleo strettamente collegato in quanto le cerimonie che si svolgevano nella piazza avevano il pronao come punto di vista privilegiato. Si spiega così l’esigenza di una corte del tutto scoperta, priva di portici laterali, anche se non si rinuncia all’articolazione delle pareti, suggerendone in analogia ai prospetti architettonici dipinti o resi in stucco, una pseudo profondità tramite due file di sei nicchie rettangolari probabilmente per statue, inquadrate da due ordini sovrapposti di colonne poggianti su banconi addossati alle pareti, alcuni dei quali conservano il rivestimento marmoreo; solo la nicchia al centro del lato ovest era absidata, mentre sul lato opposto, in corrispondenza, vi era una porta che consentiva l’accesso alla basilica. La parete del recinto di un santuario, a cui non si addossa un portico, ma più ordini architettonici sovrapposti, s’incontrerà anche in uno dei due recinti rettangolari, quello con doppio emiciclo, del complesso costruito da Aureliano sulla via Lata al Campo Marzio.
15Abbiamo insistito sull’eccezionalità del Tempio Rotondo nell’ambito dell’architettura ostiense del periodo severiano e del III secolo in quanto le sue dimensioni e il suo arredo contrastano con tutti gli edifici costruiti ad Ostia in quel periodo: superava, dunque, le possibilità finanziarie della città e anche dei collegi, che sappiamo allora attivi nelle costruzioni di templi di culto imperiale nelle loro sedi o come committenti di luoghi di culto nel recinto della Magna Mater presso la Porta Laurentina.
16Il Tempio Rotondo fu tra i primi edifici ostiensi ad essere scavato, essendo stato portato in luce dal Petrini nel 1802-1804 e messo in pianta dal Guattani e da P. Holl. In seguito è stato più volte menzionato e descritto (Nibby, Paschetto) oscillando la sua interpretazione tra palazzo e terme, finché negli anni ’20 del secolo passato venne riscavato dal Calza che lo descrisse brevemente nella sua guida del 1925 con il nome di Tempio Rotondo che rimase l’appellativo corrente dell’edificio, accennando ad una sua interpretazione come Pantheon o Augusteo. Uno dei tentativi più seri di ricostruzione e di interpretazione, nonostante l’enfasi pittoresca che traspare nei disegni, è quello pubblicato da C.C. Briggs nel 193016, mentre alcuni aspetti architettonici del tempio sono trattati diffusamente da B.M. Boyle nel 196817, che affronta anche le linee guida del progetto basato su un modulo misurato sull’interasse delle colonne del pronao. Si è così potuto calcolare che la lunghezza del pronao, di m 32,64, corrisponde ad 11 moduli (11 × m 2,62 più uno spazio di m 1,90 alle due estremità), ma l’impiego di misure precise ottenute con l’impiego del modulo e dei suoi multipli o sottomultipli era già inizialmente reso difficile perché il progetto del tempio era in parte vincolato alle dimensioni del «quadriportico» costruito nella fase precedente.
17Ancora, se consideriamo la distanza tra il primo interasse del pronao e l’ultimo abbiamo 9 moduli, che corrispondono al diametro della rotonda comprendendo i muri esterni delle nicchie est e ovest (m 23,70). Pronao e rotonda, inoltre, risultano iscritti in un quadrato il cui lato, di 11 moduli (m 28,82), con l’eccezione degli spazi posti alla fine del pronao e lo spessore del muro sud della nicchia meridionale, che abbiamo detto sporgeva più degli altri perché ospitava un ambiente con scaletta. Infine il diametro interno della rotonda è di m 18,32 pari a sette moduli, e la sua circonferenza interseca l’asse principale in due punti rispettivamente a tre e a dieci moduli dal fronte nord del pronao.
18Il Tempio Rotondo fu, dunque, progettato secondo una scansione modulare e solo poche parti architettoniche risultano inferiori rispetto al modulo individuato: ove era possibile le proporzioni tenevano conto anche dell’unità di misura del piede (i muri del pronao sono spessi tre piedi, mentre le lesene sono larghe due piedi e spesse mezzo piede); il diametro interno della cella, di m 18,32, pari a sette moduli, corrisponde a 62 piedi, mentre quello esterno, di m 23,68 è pari a 80 piedi.
19Proprio il quadriportico che precedeva la costruzione del tempio e della sua corte è stata attentamente indagato (Zevi, Mar), fino ad arrivare ad una riconsiderazione generale del complesso nelle sue fasi e a nuove interpretazioni da parte di K. Rieger nel 200418 , rispetto a cui diverge la mia ricostruzione in quanto considero il quadriportico più ampio e ricalcato nel suo perimetro dalla corte del Tempio Rotondo19.
20Ma il Tempio Rotondo è anche importante perché è il primo grande edificio pubblico di Ostia in cui viene attuata in modo massiccio la pratica del reimpiego di elementi architettonici più antichi nella muratura (i frammenti di lastre marmoree colorate inseriti nel rozzo mosaico a tessere nere del pavimento della corte sono relativi alla fase di riutilizzo della corte in epoca tarda): in particolare al centro della scala a chiocciola a destra del portale della cella, nel muro rettilineo del basamento posteriore dell’alto podio della cella, furono reimpiegati rocchi di colonna, basi e capitelli di travertino, provenienti da una corte quadrangolare a peristilio rinvenuta nel 1972 accanto alle Terme «bizantine» poco distanti dal retro del Tempio Rotondo, e della quale evidentemente gli elementi architettonici erano stati smontati in occasione dei lavori del tempio, o anche prima, quando l’edificio a cui era pertinente la corte non era più in uso. Elementi di reimpiego devono essere stati presi anche dalla piazza porticata che il tempio sostituisce20 e che era stata appositamente demolita per la costruzione della sua corte e per questo abbiamo ritenuto che gli eventuali marmi dell’elevato architettonico di questa fossero in parte riutilizzati o rilavorati per i rivestimenti marmorei del tempio. In questo senso ribadiamo che il governo della colonia ostiense dové partecipare in modo sostanziale all’erezione del tempio, se fu possibile il riutilizzo di così numerosi elementi da edifici pubblici della città, e come indica la qualità dell’officina probabilmente ostiense che eseguì le decorazioni delle trabeazioni marmoree espressamente realizzate in età severiana per il nuovo santuario.
21S’impongono ora alcune considerazioni finali. Innanzitutto rileviamo che il Tempio Rotondo risulta essere l’ultimo edificio templare costruito ad Ostia su scala monumentale e si è detto che molto probabilmente è da considerare un atto di ossequio da parte della colonia ostiense per accattivarsi la nuova dinastia e in particolare Eliogabalo e Alessandro Severo21. L’importanza della componente di esaltazione della dinastia è testimoniata, come si è detto, dal ritrovamento di teste da colossali statue di imperatori, quella di Alessandro Severo, ma anche quella di Gordiano III (v. sopra fig. 3 a, b) che indica il significato che ancora mantiene il tempio nel corso del III secolo. Il tempio , dunque, sarebbe stato dedicato al momento della sua costruzione al culto della domus Severiana22 e proprio per questo non stupisce, data l’autoadozione dei Severi agli imperatori di II secolo, che all’area del tempio siano stati collegati ritratti imperiali di Traiano e Adriano provenienti da statue gigantesche (ora entrambi ai Musei Vaticani)23, e anche di membri della famiglia antonina: si tratta di scoperte avvenute all’inizio del XIX secolo in una zona ad ovest del Capitolium nella quale si può identificare quella in cui sorgeva il Tempio Rotondo24. Evidentemente, come nella lunga iscrizione dedicatoria di Alessandro Severo e della madre dal Tempio della gens Septimia a Gemila, dove sono citati gli antenati dei Severi a partire da Traiano25, le statue degli antenati così acquisiti servivano a dare legittimità alla nuova dinastia. La connessione con il culto imperiale s’inserisce in una serie d’iniziative che contraddistinguono la città proprio nel periodo severiano: non solo per i tempietti di culto imperiale costruiti dalle prospere corporazioni ostiensi26, ma per la presenza nell’emporium presso la foce del Tevere di una struttura semicircolare (non più conservata, ma vista dal Canina) dotata di statue della dinastia severiana27.
22Ci sembrerebbe però proponibile il carattere ibrido del tempio, luogo di culto imperiale della nuova dinastia severiana messa in relazione con i predecessori e possibilmente luogo di culto delle divinità orientali – Sol, Magna Mater. Saremmo di fronte ad una tendenza eclettica che Eliogabalo, sotto il cui regno è da ritenere sia cominciata la costruzione dell’edificio ostiense, aveva manifestato nel Tempio del Sole sul Palatino: vi aveva fatto radunare non solo la pietra nera di Emesa, ma anche quella di Cibele del tempio palatino, e altri importanti segni legati alle origini di Roma (v. sopra).
23In particolare, la grande corte rettangolare antistante alla cella, per le sue dimensioni e per la forma inconsueta, richiama tradizioni architettoniche orientali. Inoltre con la cupola visibile anche se parzialmente al di sopra del pronao si è di fronte al superamento del modello o comunque delle suggestioni derivate dal Pantheon, mentre possono richiamarsi altre rotonde, quali l’Asklepieion di Pergamo o il «Tempio di Venere» a Baalbek, dove già si era realizzata la completa autonomia della pianta centrale.
24Nella Roma imperiale, piante circolari riconoscibili come tali anche all’esterno perché isolate da altre strutture sono impiegate solo in templi quasi sempre a committenza imperiale o nei mausolei degli imperatori e della loro famiglia: va comunque rilevato che nel Pantheon, nel tempio di Pergamo e in quello di Ostia la visione esterna era mascherata o del tutto nascosta dal pronao, diversamente dal «Tempio di Venere» a Baalbek dove era esaltata attraverso un peristilio che sottolineava il volume circolare della cella. Lo stesso apparentemente nel tempio circolare del complesso del Tempio del Sole nel Campo Marzio a Roma noto da disegni rinascimentali (Palladio), che forse riecheggia il grande Tempio del Sole Invitto Eliogabalo di Emesa, sede del betilo, davanti al quale Aureliano avrebbe pronunciato il voto di dedica del tempio di Roma28. L’altro edificio spesso citato in relazione al Tempio Rotondo di Ostia è il c.d. Tempio di Portunus a Porto29 (fig. 9), dove però al tamburo centrale, articolato all’interno da nicchie, si contrappone la peristasi esterna di 24 colonne con un richiamo alla tradizione della tholos, anche se rielaborata con la fondamentale innovazione del tamburo più alto della peristasi, sottolineando l’importanza assunta da questo elemento architettonico.
25Il Tempio Rotondo, invece, pur mantenendo differenziate la visione interna ed esterna, rappresenta una sorta di sperimentazione di passaggio: la rotonda, infatti, anche se mantenuta come nel Pantheon sul fondo di un complesso, viene in qualche modo isolata sopraelevandola rispetto alla quota dell’antistante piazza30. Inoltre rimane in parte visibile la cupola al di sopra del pronao le cui colonne centrali è possibile sostenessero un frontone siriaco come è stato ipotizzato da noi e da altri autori31. (v. sopra Fig. 6)32. Rotonde templari a Roma sono ancora attestate sul Pincio, dove sono emerse le tracce di un altro tempio circolare (diam. m 22) probabilmente con pronao, ispirato al Pantheon e costruito in epoca tarda (si è proposto agli inizi del IV secolo d.C.)33, e si è già accennato alla probabile forma circolare del Frigiano vaticano (v. sopra).
26Un ulteriore aspetto che poteva in qualche misura legare gli edifici circolari di Ostia, Roma e Pergamo è riconoscibile nella loro funzione e destinazione, se non si sopravaluta il dato che essi sono connessi con il culto imperiale e con le manifestazioni ad esso pertinenti. In ultima analisi è da superare una certa impostazione della più recente storia degli studi di considerare sempre più il Tempio Rotondo di Ostia come un luogo di culto imperiale tout cour, circoscrivendo la sua funzione in una spiegazione politica – del rapporto dei Severi e in particolare di Alessandro Severo con Ostia – , o politico-religiosa riassumendo con questa definizione la valenza del culto imperiale: peraltro crediamo sia meglio non semplificare la ricerca nel canale già ampiamente percorso e codificato del culto imperiale. È vero che i Severi hanno la tendenza a inserire il loro culto un po’ ovunque34, ma la ristrutturazione del Caesareum dei Fratres Aruales che si trovava nel santuario della dea Dia a Roma, o lo stesso limitato intervento nel Pantheon di Roma, messo in evidenza però dall’iscrizione sul frontone35, o ancora il restauro (forse avvenuto sotto Alessandro Severo) dell’Umbilicus Urbis che coinciderebbe con il centro della città fondata da Romolo36, mostrano l’attenzione ai culti a cui ci si associava, nei casi citati legati a Roma e alle sue origini mitiche37, e non la costruzione di un tempio solo dedicato al loro culto. Tra l’altro restaurano le strutture dell’Iseo campense, dove vi era il noto emiciclo antistante il tempio di Serapide, che appunto uetustate corruptum necessitava interventi, prima di Settimio Severo e Caracalla38, poi di Alessandro Severo che lo rifornì di nuovi arredi39.
27Nel caso del Tempio Rotondo di Ostia, ferma restando la sua funzione di luogo di culto imperiale, ben provata dalle sopracitate gigantesche statue di imperatori, ci pare che tale culto vada inquadrato in una più ampia valenza religiosa, di cui un forte indizio nasce dalla forma circolare della cella coronata da una cupola. Non si sarà lontani dal vero se si richiama, come già è stato fatto, il carattere cosmico di tale architettura da collegare ad una divinità celeste, sì garante della vittoria dell’imperatore e della pace nel mondo, ma dotata di un ampio campo d’azione quale può risultare da un complesso processo sincretistico che, come abbiamo visto, mette insieme diverse tradizioni ed esperienze religiose: da quelle del pantheon grecoromano a quelle orientali connesse alle grandi madri e ancora a quelle siro-semitiche promananti dal santuario di Emesa. Era questo la culla delle donne della famiglia imperiale severiana e ne era sacerdote Eliogabalo che continua ad esserlo anche dopo essere salito al trono. Da qui la nostra insistenza anche sul ruolo della grande piazza rettangolare o avancorte, caratterizzata dall’assenza di un portico colonnato, ma dall’essere del tutto aperta e con almeno sei pozzi lungo il perimetro: essa serve a focalizzare la rotonda su un alto podio e con alta cupola intorno a cui non è possibile girare, come avviene invece nei recinti porticati che circondano i templi. L’esaltazione della rotonda come primo scopo della piazza ne determinò l’isolamento maggiore dalla contigua basilica in quanto la differenziazione da essa ne accentua la distinzione tra le funzioni profane connesse agli edifici del foro e la particolare funzione religiosa della rotonda40.
28Insomma vorremmo ripercorrere un cammino già sperimentato per l’Asklepieion di Pergamo, che insieme al Pantheon, è l’edificio templare più simile al Tempio Rotondo: il monumento pergameno ha come motore l’identificazione di Adriano con Asclepio, che era al centro di un movimento sincretista e panteista ben espresso nel suo inno al dio da Elio Aristide41 e che spiega perché la divinità venerata nell’Asklepieion non fosse soltanto Asclepio, ma Zeus-Asclepio, il dio universale, a sua volta da considerare il dio panteista del quale Adriano, che viene ad identificarsi con il neo Asclepio , è la forma visibile - e qui mi riferisco a quanto scriveva Le Glay nel 1976 sui rapporti tra Adriano e l’Asklepieion42. Ritengo quindi non impossibile, anche se mancano tuttora chiare evidenze, che le divinità venerate nel Tempio Rotondo, certamente gli imperatori divinizzati presenti con statue appunto dalle dimensioni gigantesche che si addicono al culto imperiale, abbiano subito un processo sincretistico simile, tanto da apparire l’espressione di un culto universale, la cui essenza potrebbe risiedere nell’ambito, questa è la nostra proposta, della grande madre degli dei.
Bibliographie
Des DOI sont automatiquement ajoutés aux références bibliographiques par Bilbo, l’outil d’annotation bibliographique d’OpenEdition. Ces références bibliographiques peuvent être téléchargées dans les formats APA, Chicago et MLA.
Format
- APA
- Chicago
- MLA
Biering – von Hesberg 1987 = R. Biering, H. von Hesberg, Zur Bau- und Kultgeschichte von S. Andrea apud S. Petrum. Von Phrygianum zum Kenotaph Theodosius d. Gr.?, in RQA, 82, 1987, p. 144-182.
Boulanger 1923, = A. Boulanger, Aelius Aristide et la sophistique dans la province d’Asie au IIe siècle de notre ère, Paris 1923 (BEFAR, 126).
Boyle 1968 = B.M. Boyle, Studies in Ostian Architecture, Ph.D., Yale University, Ann Arbor, 1968.
Briggs 1930 = C.C. Briggs, The “Pantheon” of Ostia, in MAAR, 8, 1930, p. 161-169.
Broise – Jolivet 1999 = H. Broise, V. Jolivet, Horti Luculliani, in E.M. Steinby (a cura di), LTUR, V, Roma 1999, p. 266.
Broise – Jolivet 2015 = H. Broise, V. Jolivet, Les fouilles de l’École française de Rome sur le Pincio (Trinité-des-Montes, Villa Médicis), in Bollettino di Archeologia on line, 6, 2015, p. 71-80.
Calza 1953 = G. Calza (dir.), Scavi di Ostia, I, Topografia generale, Roma, 1953
Castagnoli 1978-1979 = F. Castagnoli, Due disegni inediti di Piro Ligorio e del Tempio del Sole, in RPAA, 51-52, 1978-1979, p. 371-387.
Coarelli 1982 = F. Coarelli, Monumenti dei culti orientali in Roma, in U. Bianchi, M.J. Vermaseren (a cura di), La soteriologia dei culti orientali nell’Impero Romano, Leida, 1982 (Études préliminaires aux religions orientales dans le monde romain, 92), p. 33-67.
Coarelli 1987, La situazione edilizia a Roma sotto Severo Alessandro, in L’Urbs: espace urbain et histoire, Roma, 1987 (Collection de l’École française de Rome, 98), p. 429-456.
Giovagnoli – Ten 2017 = G. Giovagnoli, A. Ten, Il tempio di Serapide in Campo Marzio: nuovi dati da un’iscrizione inedita, in Scienze dell’Antichità, 23, 2017, p. 135-148.
Giuliano 1979 = A. Giuliano (a cura di), Museo Nazionale Romano, Le Sculture, I, 1, Roma, 1979.
Giuliano 1988 = A. Giuliano (a cura di), Museo Nazionale Romano. Le Sculture, I, 9. Magazzini. I ritratti, Roma, 1988.
Habicht 1969 = Chr. Habicht, Die Inschriften des Asklepieions. VIII, 3, Berlino, 1969 (Altertümer von Pergamon, 8, 3).
Heinzelmann 2001 = M. Heinzelmann, Ostia, Regio III. Untersuchungen in den unausgegrabenen Bereichen des Stadtgebietes. Vorbericht zur dritten Grabungskampagne 2000, in MDAI(R), 108, 2001, p. 313-318.
Hülsen 1895 = Chr. Hülsen, Il Tempio del Sole nella regione VII di Roma, in BCAR, 1895, p. 39-59.
Le Glay 1976 = M. Le Glay, Hadrien et l’Asklépieion de Pergame, in BCH, 100, 1976, p. 347-372.
Liverani 2008 = P. Liverani, Il “Phrygianum” vaticano, in B. Palma Venetucci (a cura di), Culti orientali, tra scavo e collezionismo, Roma, 2008, p. 41-48.
Lusnia 2014 = S.S. Lusnia, Creating Severan Rome: the Architecture and Self-Image of L. Septimius Severus (A.D. 193-211), Bruxelles, 2014 (Collection Latomus, 345).
Meiggs 1973 = R. Meiggs, Roman Ostia, 2a ed.Oxford 1973,
Parada 2015 = M.L. Parada, La Serliana en el imperio romano. Paradigma de la arquitectura del poder: una lectura de la arquitectura y la iconografía arquitectónica romanas, Roma, 2015.
Paschetto 1912 = L. Paschetto, Ostia, colonia romana, Roma 1912.
Pavis d’Escurac 1976 = H. Pavis d’Escurac, La préfecture de l’annone, service administratif impérial, d’Auguste à Constantin, Roma, 1976 (BEFAR, 226).
Pavolini 2002 = C. Pavolini, La trasformazione del ruolo di Ostia nel III secolo d. C., in MEFRA 114-2, 2002, p. 325-352.
10.3406/mefr.2002.10699 :Pensabene 1991 = P. Pensabene, Il Tempio della Gens Septimia a Cuicul, in L’Africa Romana, Nuoro 1991, p. 771-802.
Pensabene 2007 = P. Pensabene, Ostiensium Marmorum decus et decor, Roma, 2007 (Studi Miscellanei, 33).
Pensabene 2008 = P. Pensabene, Il culto di Cibele e la topografia del sacro a Roma, in B. Palma Venetucci (a cura di), Culti orientali, tra scavo e collezionismo, Roma, 2008, p. 21-40.
Rambaldi 2002 = S. Rambaldi, Monopteros. Le edicole circolari nell'architettura dell'Italia romana, Bologna, 2002 (Studi e scavi, n.s., 1).
Rambaldi 2013 = S. Rambaldi, L’attività a destinazione pubblica fra i Severi e i Soldatenkaiser: continuità e trasformazioni, dans American Journal of Ancient History, n.s.6-8, 2007-2009 (2013), p. 173-206.
10.31826/9781463214340 :Raming 1999 = E. Raming, Bogen und Gebälk: Untersuchungen zum Syrischen Bogen und verwandten Erscheinungsformen in der antiken Architektur, Friburgo, 1999.
Rasch 1984 = J.J. Rasch, Das Maxentius-Mausoleum an der Via Appia in Rom, Magonza, 1984.
Rasch 1993 = J.J. Rasch, Das Mausoleum bei Tor de’ Schiavi in Rom, Magonza, 1993.
Rieger 2004 = A.K. Rieger, Heiligtümer in Ostia, Monaco di Baviera, 2004 (Studien zur antiken Stadt, 8).
Van Haeperen 2019 = Fr. Van Haeperen, Regio I: Ostie, Porto, Roma, 2019 (Fana, templa, delubra, 6).
Notes de bas de page
1 A questo volume rimando per l’analisi puntuale degli elementi superstiti della decorazione architettonica, con le rispettive misure, del tempio: Pensabene 2007, p. 296-315.
2 Pavis d’Escurac 1976, p. 199 sq.; cf. SHA, Alex. Seu., 22; 39,3.
3 Proprio nel periodo severiano si verifica ad Ostia l’allargamento dei Grandi Horrea, il rinnovamento del Piccolo Mercato e un nuovo Emporio sul Tevere, per non parlare degli interventi severiani a Portus.
4 Giuliano 1979, p. 310, n. 186; I, 9, Giuliano 1988, p. 360, n. R273, e bibl. citata tra cui Paschetto 1912, p. 78, fig. 15. Da ultima ora Rieger 2004, p. 194-198, 306-311, TR 27-42, su tutti i ritratti imperiali ritrovati nel tempio o nei pressi e su attribuzioni al tempio e a strutture precedenti di altri ritratti provenienti dall’area centrale: secondo la Rieger (p. 202) il ritratto di Alessandro Severo a causa della damnatio memoriae, sarebbe stato rilavorato con tratti ideali e dotato di elmo per rappresentare una divinità, forse Marte; al contrario, il ritratto di Gordiano III risulterebbe dalla rilavorazione di un’altra testa.
5 CIL XIV, 4399; Rieger 2004, p. 311, TR 46.
6 Pensabene 2007, p. 304 tav. 90,5.
7 Van Haeperen 2019, s.v. «aire sacrée de Mater magna».
8 SHA, Heliog., 3, 4; 6, 6.
9 SHA, Heliog., 7,1.
10 Se è certa l’esistenza di un Frigiano vaticano, adibito al culto di Cibele e allo svolgimento dei taurobolia per la sua menzione nei cataloghi regionari, per il ritrovamento del 1609 sotto l’angolo sud della facciata di S. Pietro di are tauroboliche dedicate alla Magna Mater, e i cui resti si sono voluti riconoscere nella Rotonda di S. Andrea (Biering – von Hesberg 1987, p.145-182), esso doveva costituire o l’ampliamento o l’integrazione di un santuario di Cibele già esistente al Vaticano (lo testimoniano iscrizioni di età antonina di Lione e di Kastel: CIL XIII, 1751, 7281): Pensabene 2008, p. 21-40; ma contra Liverani 2008, p. 41-48.
11 SHA, Heliog., 23, 1.
12 Coarelli 1982, p. 35. Cf. Rambaldi 2002.
13 L’importanza che ebbe, anche nel caso di Alessandro Severo, la madre è testimoniato dalla costruzione sul Palatino di diaetae a lei dedicate, citate nella Historia Augusta (SHA, Alex., 26, 8): in Palatio faceret diaetas nominis Mamaeae, quas imperitum uulgus hodie “ad Mammam” uocat.
14 La descrizione del tempio che segue in parte riprende, in parte riassume Pensabene 2007, p. 296-315.
15 Cf. Rieger 2004, p. 214.
16 Briggs 1930.
17 Boyle 1968.
18 Rieger 2004, p. 190, 214.
19 Pensabene 2007, p. 300.
20 Pensabene 2007, p. 300, 312.
21 Va inoltre ricordato che Alessandro Severo può considerarsi l’ultimo fautore a Roma di un intervento edilizio e urbanistico (v. forse la riorganizzazione dei uici) di un certo respiro, come osservava F. Coarelli, prima della crisi del III secolo, ed è quindi probabile che anche ad Ostia la costruzione del tempio sia da considerare un suo intervento all’interno di un eventuale programma edilizio di rinnovamenti: Coarelli 1987.
22 Sulla sua funzione di tempio dinastico vedi Rambaldi 2013, p. 179.
23 La datazione di nuovo proposta all’età adrianea di questi due ritratti di Traiano e di Adriano appartenenti a statue gigantesche e trovati nel Tempio Rotondo (Musei Vaticani: SCG 581, inv.37; 575, inv.169) pare condizionata dalla loro attribuzione al luogo di culto imperiale ipotizzato sotto la corte del Tempio Rotondo (Rieger 2004, p. 194, 306, TR 28, 30), mentre i dati stilistici possono consentire una datazione tardo severiana (si veda la differenza con il ritratto di Traiano, ora a Monaco, ma ugualmente di provenienza ostiense e rinvenuto durante gli scavi di Petrini nell’area centrale della città).
24 Già negli scavi Petrini (1802-1804) concentrati sulla zona del Foro sono segnalati ad ovest della Curia, verso il Tempio Rotondo, di cui molto probabilmente costituivano l’arredo, alcuni ritratti imperiali di I e II sec. d.C.
25 Cf. Pensabene 1991 (1992), p. 771-802.
26 Cf. Meiggs 1973, p. 311 sq.
27 Paschetto 1912, p. 355; Pavolini 2002, p. 326. Agli inizi di questo secolo sono stati effettuati nuovi scavi che hanno confermato l’esistenza dell’emporium, segnato in pianta dal Canina, tra il c.d. Palazzo Imperiale e la foce del Tevere, e che è attribuibile all’età severiana: Heinzelmann 2001.
28 Hülsen 1895, p. 39-59; Castagnoli 1978-1979, p. 371-387.
29 Rieger 2004, p. 199 e bibl. citata, cf. CIL XIV, 30, per la possibile identificazione con il tempio di Liber Pater a Porto.
30 Sulle linee di sviluppo degli edifici circolari su podio: Rasch 1984, p. 79; Rasch 1993, p. 84.
31 Raming 1999, cat. I/H2; Parada 2015, p. 152.
32 Tra l’altro va sottolineato il favore di questa forma di frontone nelle monete rappresentanti monumenti dell’epoca severiana e dei primi due terzi del III secolo e in particolare sotto Eliogabalo: Parada 2015, p. 154-190.
33 Broise – Jolivet 1999, p. 266; Broise – Jolivet 2015, p. 75: il tempio riproduce in scala dimezzata il Pantheon (diam. m. 22: esso costituisce l’ultima ricostruzione di un edificio molto più antico che rimonterebbe all’epoca arcaica, forse il tempio della Fortuna dei cataloghi regionari).
34 Cf. Lusnia 2014, p. 214 sul restauro del Tempio di Vespasiano citato nell’iscrizione del tempio; p. 253 su intervento nel Pantheon; p. 311 sugli interventi nell’Iseo Campense.
35 CIL, VI, 896.
36 Cf. Coarelli 1987, p. 443, sulla probabile interpretazione dell’Umbilicus Urbis con il Mundus, il centro della città fondato da Romolo.
37 Se anche il primo Pantheon di Agrippa era stato concepito come Augusteum, tuttavia l’associazione agli altri dei non è da trascurare (Dio., 53, 27, 2 sq.).
38 CIL VI, 40599; NSA 1925, p. 239; Giovagnoli –Ten 2017.
39 SHA, Alex., 26, 8: Iseum et Serapeum decenter ornauit additis signis et Deliacis et omnibus mysticis.
40 Osservazioni simili in Rieger 2004, p. 206.
41 Boulanger 1923, p. 183; Habicht 1969, p. 11-12.
42 Le Glay 1976, p. 147-372.
Auteur
Sapienza Università di Roma – patrizio.pensabene@uniroma1.it
Le texte seul est utilisable sous licence Licence OpenEdition Books. Les autres éléments (illustrations, fichiers annexes importés) sont « Tous droits réservés », sauf mention contraire.
Le Thermalisme en Toscane à la fin du Moyen Âge
Les bains siennois de la fin du XIIIe siècle au début du XVIe siècle
Didier Boisseuil
2002
Rome et la Révolution française
La théologie politique et la politique du Saint-Siège devant la Révolution française (1789-1799)
Gérard Pelletier
2004
Sainte-Marie-Majeure
Une basilique de Rome dans l’histoire de la ville et de son église (Ve-XIIIe siècle)
Victor Saxer
2001
Offices et papauté (XIVe-XVIIe siècle)
Charges, hommes, destins
Armand Jamme et Olivier Poncet (dir.)
2005
La politique au naturel
Comportement des hommes politiques et représentations publiques en France et en Italie du XIXe au XXIe siècle
Fabrice D’Almeida
2007
La Réforme en France et en Italie
Contacts, comparaisons et contrastes
Philip Benedict, Silvana Seidel Menchi et Alain Tallon (dir.)
2007
Pratiques sociales et politiques judiciaires dans les villes de l’Occident à la fin du Moyen Âge
Jacques Chiffoleau, Claude Gauvard et Andrea Zorzi (dir.)
2007
Souverain et pontife
Recherches prosopographiques sur la Curie Romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846)
Philippe Bountry
2002