Due statue e il populus Ostiensis nei Fasti Ostienses del 152 d.C.
Una nuova interpretazione
p. 61-66
Résumés
Questo contributo presenta una nuova interpretazione di un passo dei Fasti Ostiensi, la cronaca annuale di Ostia, il porto di Roma imperiale. Il testo dei Fasti era iscritto su grandi tavole marmoree, e nelle particolarmente ricche notizie che riguardano l’anno 152 d.C., su quattro righe sono descritti gli spettacoli pubblici organizzati da un benefattore in occasione dell’inaugurazione di una basilica. Non era stato osservato dagli studiosi precedenti che nel 152, cinque anni erano passati (secondo un conteggio inclusivo) dall’erezione, nel 148 d.C., di due statue connesse con il populus Ostiensis: queste statue furono di nuovo oggetto dell’attenzione pubblica nel 152.
This article reinterprets a passage of the annual chronicle of Rome’s harbour town Ostia, the Fasti Ostienses. The text of the Fasti was inscribed on large marble slabs, and in the particularly detailed entry for 152 CE, several lines refer to public spectacles sponsored by a benefactor on occasion of the inauguration of a basilica. Previously not understood is that the Fasti reveal that in 152 five years had passed (counting inclusively) since the erection, in 148 CE, of two statues honoring the people of the town, the populus Ostiensis. These statues received renewed public attention in 152 CE.
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Mots-clés : Ostia, Fasti Ostiensi, evergetismo, statue, populus Ostiensis.
Keywords : Ostia, Fasti Ostienses, munificence, statues, populus Ostiensis
Texte intégral
1Nelle edizioni moderne dei Fasti Ostienses dell’anno 152, sia quella di Vidman sia quella più recente di Bargagli e Grosso, troviamo la seguente ricostruzione delle sette righe, solo parzialmente conservate, che in quell’anno riguardavano la città di Ostia e che furono incise sulla lastra Q dei Fasti (Fig. 1)1:
[IIuir(i) - c. 13 - ]s M. Iulius Seuer[us]
15 [- c. 18 - ]us ob dedicationem basili[cae]
[- c. 11 - quam pec]unia sua extruxit, famili[a]
[glad(iatoria) munus uenatio]ne legitima edidit, in qua [---]
[ - c. 16 - fu]erunt duo; praeterea statu[as]
[dedic(auit) Genii et Fort(unae) po]puli Ostiensis, quas pos(uit)
s(ua) p(ecunia) in [foro?]
20 [ex u(oto) s(uscepto) - c. 14 - ]i pr. K. Iunias Iuliano et Torq[uato cos.]
[= 148 d.C., 31 maggio]
2Come al solito nei Fasti Ostienses, la prima riga (la riga 14 sulla pietra) contiene i nomi dei duouiri in carica. Le sei righe seguenti descrivono le attività di un anonimo benefattore. La perdita della parte sinistra della lastra non ci permette di conoscere il suo nome, che indubbiamente appariva all’inizio della riga 15.
3Il presente contributo si concentra sulle tre ultime righe dell’anno 152, le righe 18-20 del frammento Qc. In una fase precedente, nella sua edizione del testo apparso nel 1947, Attilio Degrassi suggerì di completare l’ultima riga del passo diversamente, proponendo una frase del tipo [ex u(oto) s(uscepto) nomine s(uo) et --- fil]i pr. K. Iunias Iuliano et Torq[uato cos.]2. In realtà questa proposta è impossibile, perché anche senza l’inserimento del nome del filius, il testo da lui inserito contiene sedici lettere. Ma come vediamo sopra nella ricostruzione corrente del testo, si pensa che in totale solo circa diciotto lettere possano trovare spazio nella lacuna. Quindi, il nome del filius non può trovare posto e una frase del genere non è proponibile.
4Come vediamo, all’inizio sia della riga 19 sia della riga 20, il testo è in gran parte stato ricostruito. È comunque chiaro che questo passo dei Fasti presenta la notizia dell’allestimento di alcune rappresentazioni o personificazioni del populus Ostiensis, da parte dell’ignoto benefattore. In questo contributo vorrei proporre una restituzione del testo diversa, che secondo me si adatta meglio al contesto. Se la proposta coglie il vero, il risultato sarà una nuova comprensione di alcuni eventi ad Ostia fra gli anni 148 (la data sull’ultima riga) e 152, l’anno in cui l’evento principale narrato in questo passo ebbe luogo.
5In questo passo dei Fasti, nella forma in cui il testo viene presentato oggi, un aspetto notevole è la menzione del populus Ostiensis. Cronologicamente questa è la prima menzione del populus nelle epigrafi ostiensi note a noi. Il populus Ostiensis appare solo in un gruppetto di altri testi ostiensi, una volta alla fine del secondo secolo, e poi nella Tarda Antichità, nel quarto secolo3. Inizialmente, fu proprio la presenza del populus nei Fasti Ostienses a suscitare la mia curiosità.
6A causa della parola statuas nella riga 18 (il plurale è necessario a causa di quas sulla riga seguente), e il genitivo populi Ostiensis nella riga 19, possiamo indubbiamente assumere che abbiamo a che fare con rappresentazioni o personificazioni del popolo Ostiense nella lacuna della riga 19. La restituzione Genii et Fortunae si deve ad Attilio Degrassi, che non presentò nessun argomento in favore della sua proposta4. Per quanto sappia, la questione non è stata ripresa da nessun studioso dopo il contributo del grande maestro.
7Nella versione corrente – [dedic. Genii et Fort. po]puli – diciotto lettere colmano la lacuna, e seguirò Degrassi per quanto riguarda lo spazio disponibile sulla pietra, che finora non ho potuto studiare in persona. In assenza di una spiegazione per la sua restaurazione, direi che dobbiamo assumere che il Degrassi, insigne epigrafista com’era, fu ispirato tra l’altro dalle seguenti considerazioni:
- il pronome relativo quas, che inizia la clausola secondaria sulla riga 19, ci mostra che dobbiamo usare il plurale della parola statua sulla riga precedente, la riga 18 – cioè statuas.
- Quindi, la menzione di più rappresentazioni o personificazioni del populus Ostiensis deve trovare spazio nella lacuna della riga 19;
- La lacuna della riga 19 deve anche contenere il verbo principale della frase, perché altrove esso non trova spazio e non lo potrebbe trovare;
8Degrassi evidentemente scelse il Genius e la Fortuna del popolo ostiense come i sogetti più probabili a essere rappresentati come statue. Inoltre, egli fu dell’opinione che fosse la dedicatio di queste due statue a essere citata nella lacuna della riga 19 con il verbo abbreviato dedic(auit). Un ragionamento di questo tipo produsse la sua restituzione lunga diciotto lettere, come abbiamo visto sopra.
9Considerando che bisogna trovare spazio per la parola et, e che due immagini devono essere citate, la proposta del Degrassi era certamente ingegnosa, ma non rappresenta l’unica soluzione possibile. Accettando l’idea delle due statue, come anche la presenza di una qualche forma del verbo dedicare, si potrebbe pensare anche a frasi come:
– statuas DVAS DED FORTVNAE POpuli Ostiensis (17 lettere)
– statuas DVAS DEDIC FORTVNAE POpuli Ostiensis (19 lettere)
– statuas DVAS DEDICAV GENI POpuli Ostiensis (17 lettere)
10Le proposte qui elencate (e altre ancora potrebbero essere aggiunte) sono puramente ipotetiche, non ci sono argomenti particolari per nessuna delle frasi. L’intenzione è soltanto di mostrare che ovviamente anche la proposta del Degrassi era solo un suggerimento ipotetico, e lo studioso se ne rese sicuramente conto. Potrebbe sembrare strano che si dedichino due statue della stessa divinità (la situazione nelle mie proposte sopra), ma certamente non è inverosimile. Solo dopo il contributo di Degrassi fu scoperta l’iscrizione di Lucus Feroniae in cui ben nove statue del senatore Volusius Saturninus sono menzionate (AE 1972, 174).
11Mi pare che nella proposta del Degrassi sia da rivedere prima di tutto il suggerimento che fu una statua (o due) della Fortuna del populus Ostiensis ad essere eretta, e che il nome della dea potesse essere abbreviata Fort. Per cominciare con quest’ultimo aspetto, abbreviazioni simili del nome della dea Fortuna sono estremamente rare nell’epigrafia latina, eccetto la frase Bona Fortuna, per cui si usa spesso solo B F nelle provincie orientali dell’impero romano5. Invece nelle fonti numismatiche si trova non di rado l’abbreviazione FORT – normalmente nella combinazione Fort(una) Red(ux) – ma in queste occasioni il nome della dea è accompagnato da una rappresentazione iconografica6. Per quanto riguarda rappresentazioni iconografiche della Fortuna di specifiche città romane, il Lexicon Iconographicum ne cita solo pochissimi esempi7. In base a queste considerazioni, appare poco probabile che nella lacuna fossero menzionate una o due statue della Fortuna del populus Ostiensis. Che si parlasse del Genius del popolo ostiense invece non è da escludere, come vedremo sotto8.
12Bisogna anche rivolgere un pensiero al verbo da inserire nella lacuna. Sia la ricostruzione del Degrassi che l’interpretazione degli studiosi successivi evidentemente presuppongono che il testo che cita le statue descriva un singolo episodio nell’anno 152, un episodio che inizia con praeterea e che occupa le righe da 18 a 20. Perciò gli studiosi inseriscono il verbo dedicauit e, nella clausola relativa introdotta da quas, un altro perfetto, pos(uit).
13La data consolare del 148 alla fine del passo complica la situazione, perché questa data si deve riferire a un qualche evento precedente ma strettamente legato a quanto viene detto nelle righe da 18 a 20. Degrassi risolse la complicazione postulando la menzione di un uotum nella grande lacuna sulla riga 20. Ma qui ci sono problemi non ancora risolti, in particolare l’ultima parola della lacuna nella riga 20 che termina in -i. Si è proposto che si possa trattare del nome della persona autore del uotum, un nome al genitivo, cioè un genitiuus subiecti, ma l’ipotesi non è stata generalmente accettata9. Una proposta alternativa, che in realtà rappresenta una soluzione migliore per accomodare un uotum e una relazione familiare nella lacuna della riga 20, fu presentata nel lontano 1937 da parte di Paul Strack ma è immeritatamente caduta nell’oblio: [ex uoto suscepto patris su]i10. Le lettere sono ventidue, ma con qualche abbreviazione lo spazio disponibile non rappresenterebbe un ostacolo. Ma come vedremo sotto, ci sono altre ragioni per cui anche questa soluzione alla fine non regge.
14In breve, per ricapitolare l’interpretazione corrente prima di introdurre una nuova ipotesi: secondo la proposta di Attilio Degrassi, seguito dagli studiosi successivi, nell’anno 148, il 31 maggio, un uotum fu fatto con la promessa di erigere due statue strettamente connesse con il populus Ostiensis. Questo uotum fu compiuto nel 152, quando le due statue furono dedicate e messe a posto o nel Foro o in qualche altro luogo che si poteva nominare con poche lettere (dato che alla fine della riga 19 c’è poco spazio). Ma in questa ricostruzione c’è qualcosa che non va. L’ordine è tutto sbagliato. Nel mondo romano non si può prima dedicare e poi successivamente (come risulta dalla clausola relativa) ponere. La prassi è bene documentata in un’iscrizione dal sacello degli Augustali a Misenum, in cui si dice di un benefattore hic statuas duas Geni municipi et classis Tutelae in foro posuit, quarum dedicatione decurionib(us) sing(ulis) ((sestertios)) XX n(ummos), Augustalib(us) corporatis ((sestertios)) XII, eis qui in corpore non sunt ((sestertios)) VIII, ingenuis corporatis ((sestertios)) VI, municipib(us) ((sestertios)) IIII dedit11.
15In seguito si presenterà una nuova proposta per integrare il testo, mirando a risolvere almeno alcune delle perplessità. La nuova lettura parte dal verbo abbreviato pos. nella clausola relativa sulla riga 19. Nulla ci vieta di leggere pos(uerat) invece di pos(uit), facendo quindi del contenuto della clausola relativa un evento anteriore a quanto detto nella frase principale. Questo permette l’inserimento di un verbo diverso da dedicare nella prima lacuna. Si possono proporre verbi come, ad esempio, restaurare, decorare, o coronare.
16Postulando che la clausola principale si riferisca ad un evento dell’anno in corso, il 152, mentre la clausola relativa parli di un evento del passato, la presenza di una data del 148 alla fine della riga 20 non presenta più alcun problema. Questa lettura permette anche l’inserimento di un contenuto completamente diverso nella seconda lacuna, quella della riga 20. Invece di assumere un riferimento alquanto contorto a un qualche uotum, un’espressione per cui analogie praticamente mancano, dobbiamo inserire il nome di un edificio o di un luogo che termini in -i. La lettera I molto probabilmente fa parte di un genitivo al singolare. Dall’epigrafia ostiense conosciamo espressioni del tipo traiectus Rusticeli oppure thermae Gavi Maximi, per fare alcuni esempi12.
17Considerando lo spazio a disposizione, abbiamo a che fare con un’espressione abbastanza lunga. Non sono in grado di presentare una proposta concreta, anche e soprattutto perché i toponimi ostiensi a noi noti sono pochi, come lo sono i nomi antichi di edifici ostiensi. Considerando lo spazio di diciotto lettere nella riga 19, sarebbe sicuramente possibile colmare la lacuna. Ci vorrebbe un’espressione di un tipo di cui si darà qui qualche esempio puramente ipotetico, sottolineando che non si vuole affatto proporre l’esistenza di tali toponimi:
... in [uico / templi diu. Vespasian]i (18 lettere)
... in [aede / Herculis fori Vinar]i (17 lettere)
18Si potrebbe certamente pensare ad altri esempi ancora. Credo che si tratti di un’espressione di questo genere, ma purtroppo non è possibile dire niente di preciso in riguardo.
19Avendo quindi, spero, dato uno spunto per ripensare il contenuto della riga 20, rimane da considerare il verbo della clausola principale nella prima lacuna, quella all’inizio della riga 19. Dato che si parla di statuae, i verbi decorare e coronare potrebbero essere adatti, e si possono suggerire varie soluzioni:
– statuas DVAS DECORAVIT GENI POpuli Ostiensis (19 lettere)
– statuas DVAS CORONAV GENII POpuli Ostiensis (18 lettere)
– statuas CORON HON ET VIRTVT POpuli Ostiensis (18 lettere)
– statuas COR DEI PATR ET GENI POpuli Ostiensis (18 lettere)
20Per quanto riguarda la penultima versione, si può notare che i Fasti Ostienses del 146 d.C. fanno menzione della dedica ad Ostia di due statue in argento di Honos e Virtus13. L’ultimo esempio, che presenta l’inserimento di Deus Patrius sulla riga 20, è ispirato da una dedica ostiense di una statuetta di Volcano: Deo Patrio Cn. Turpilius Cn. f. Turpilianus aedil(is) et pr(aetor) sac(ris) Volk(ani) fac(iundis) sigill(um) Volkani ex uoto posuit14. In base alle nostre conoscenze odierne, non è possibile raggiungere certezza in questa materia, e la natura di queste due statue deve per ora rimanere aperta. Il risultato più importante è invece che è stato possibile comprendere meglio la struttura temporale del passo dei Fasti Ostienses. Mi pare ormai chiaro, che si debba inserire il nome di un luogo o di un edificio nella seconda lacuna.
21Nell’ultima parte di questo contributo occorre rivolgere attenzione al significato dell’intervallo fra gli anni 148 e 152. Secondo il modo romano di calcolare inclusivamente, abbiamo a che fare con un quinquennium. Questo fatto spiega bene l’evento descritto nei Fasti Ostienses, perché la celebrazione di un quinquennio è particolarmente importante. Per questo motivo l’ipotesi di inserire un verbo come decorare o coronare trova ulteriore sostegno. In occasione di particolari giorni di festività i Romani solevano decorare le statue con ghirlande e altre decorazioni15. Qui bisogna notare che il famoso calendario militare noto come Feriale Duranum, anche se non coevo con il nostro documento perché datato al periodo 223-227 d. C., indica che il giorno 31 maggio fu il giorno dei Rosalia signorum16. I signa sono ovviamente statue. Non pare fuorviante pensare che una celebrazione del genere sia avvenuta anche ad Ostia.
22È impossibile stabilire con esattezza tutto quello che avvenne il 31 maggio del 148, eventi che risultarono nell’erezione di due statue, almeno una delle quali strettamente connessa con il populus Ostiensis. Forse non si deve trascurare la possibilità che nell’anno 148 si fosse celebrato il novecentesimo anniversario della fondazione di Roma17. Se questo era il caso, le festività sicuramente coinvolsero pure il populus Ostiensis, anche se, come gli ostiensi ben sapevano, la loro città fu fondata solo qualche secolo dopo, dal quarto re di Roma Anco Marcio18. Ma gli ostiensi erano allo stesso tempo cittadini romani, e se il novecentesimo anniversario di Roma fu celebrato nella capitale, c’è da aspettarsi che simili eventi fossero stati organizzati ad Ostia. Mi sia permesso ancora un commento finale a proposito delle erezioni di statue: le iscrizioni dal santuario degli Augustales di Miseno parlano delle statue del Genius Municipi e della Tutela Classis, statue che erano appena state erette nel 148 d.C., proprio come ad Ostia19. Ci si chiede se si tratti di una coincidenza.
23Per riassumere:
Si è cercato di mostrare che il modo corrente di leggere e interpretare un episodio ostiense del 152 d.C. descritto dai Fasti Ostienses è poco plausibile, e in ogni caso è largamente speculativo. Una interpretazione diversa parte dalla semplice rilettura del verbo abbreviato POS. Se questa parola sulla riga 19 viene interpretata come pos(uerat) – ed è questo l’unico contributo epigrafico specifico che mi sento di poter proporre in questa sede – vediamo che la lunga frase che si sviluppa su tre righe nei Fasti si divide in una fase passata e una presente. Allora risulta che, a spese di un ignoto benefattore, nel 148 d.C. furono erette delle statue che alludevano al populus Ostiensis. Nell’anno 152 queste statue divennero di nuovo oggetto di un’azione celebrativa ostiense.
24Come già ripetutamente sottolineato, le proposte concrete qui presentate per recuperare le porzioni mancanti sulle righe 19-20 sono ipotetiche. Il contributo che qui si è voluto dare riguarda soprattutto la struttura del brano. Si spera che si sia così potuto indicare una via migliore per comprendere non solo questo passo dei Fasti Ostienses del 152, ma anche alcuni eventi celebrativi pertinenti all’identità ostiense ai tempi del novecentesimo dies natalis di Roma.
Bibliographie
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Romeo 1997 = I. Romeo, Genius, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae VIII, 1997, p. 599-607.
Strack 1937 = P.L. Strack, Untersuchungen zur römischen Reichsprägung des zweiten Jahrhunderts III. Die Reichsprägung zur Zeit des Antoninus Pius, Stoccarda, 1937.
Vidman 1982 = L. Vidman, Fasti Ostienses, Praga, 1982, 2a ed.
Notes de bas de page
1 Si vedano Vidman 1982, p. 51 e Bargagli – Grosso 1997, p. 50-51, senza commenti in riguardo.
2 A. Degrassi in InscrIt XIII, 1, p. 207.
3 Il populus di Ostia è menzionato in CIL XIV, 300, 474 (= ILS 5233 = AE 1998, 271), 4455, 4499 (= IPO B 336, Portus). Inoltre i ciues Ostienses sono citati in alcune epigrafi; su tutto questo, si veda Bruun c.d.s.
4 A. Degrassi in InscrIt XIII, 1, p. 207, 238, seguito dagli studiosi citati alla nota 1. A p. 238, egli scrisse solamente «Supplementa versuum 19 et 20 sunt quibusdam mutatis ex eis quae proposuit Strack». Il riferimento è a Strack 1937, p. 118, di cui sotto.
5 La formula B(ona) F(ortuna) appare quasi esclusivamente nelle provincie in cui l’uso della lingua greca prevaleva. Nell’Occidente e a Roma gli esempi sono pochissimi, secondo una ricerca nel database Clauss Slaby (consultato nell’aprile 2019): CIL VIII, 8417 (El Ouricia, Mauretania Caesarensis); XII, 993 (Glanum); AE 1940, 75 (Roma); AE 1964, 194 (Shubat, Africa Proconsularis).
6 Si vedano, per i regni da Augusto ad Antonino Pio, i volumi I-III del Roman Imperial Coinage.
7 Si veda Rausa 1997, p. 126-127 per la Fortuna di Praeneste e quella di Antium. A Praeneste pare che si tratti comunque della Fortuna populi Romani.
8 Si veda anche Romeo 1997, p. 603-604, sotto la rubrica Genius loci, per esempi di personificazioni del Genius di varie città.
9 Per esempio, in Bargagli – Grosso 1997, p. 50-51 non si trova traccia della proposta del Degrassi.
10 Strack 1937, p. 117-118 con nota 357.
11 AE 2000, 344a; per il passo e una discussione del contesto, si veda D’Arms 2000, p. 130-131.
12 Cf. rispettivamente CIL XIV, 5327-5328 e AE 1955, 287 = Marinucci 1992, C 106.
13 Bargagli – Grosso 1997, p. 47.
14 CIL XIV, 3 = ILS 3299.
15 Per alcuni esempi epigrafici si vedano CIL V, 7906 = ILS 8364 (Cemenelum): et statuam tergerent et coronarent; CIL VIII, 9052 (Auzia, Mauretania Caesariensis): ut statuam meam et uxoris meae tergeat et ungat et coronet; AE 1954, 168 (Capena): iubeo statuae meae coronas emi. Soprattutto si noti l’iscrizione dell’anno 148 dal santuario degli Augustali di Miseno (di cui sopra): simulacris Geni Municipi et Classis Tutelae tergendis ungendisq[ue] (AE 2000, 344b, r. 16) con il commento di D’Arms 2000, p. 137.
16 Fink 1971, p. 245 (= P. Dura 54, col. II riga 14).
17 Come noto, il 21 aprile veniva celebrato come il dies natalis di Roma, ma festività in altri giorni non sono da escludere. Per quanto riguarda le celebrazioni, ci sono alcune perplessità. Secondo lo Strack 1937, p. 134-140, il novecentesimo anniversario (secondo la cronologia varroniana) cadde nel 147, ma non ci sono segni di festività. Similmente A. Degrassi in InscrIt XIII, 1, p. 237 (ad a. 147): «Silentium fastorum Ostiensium nouum argumentum est ludos quibus Antoninus Pius nongentesimum annum urbis magnifice celebrauit (Aur. Vict. De Caes., 15, 4) in annum 148 incidisse». Birley 2001, p. 154 non ebbe dubbi riguardo all’anno 148: « celebrated with magnificent games », mentre Michels 2018, p. 74-75 mostra come, data la scarsa documentazione antica in materia, la questione rimane alquanto aperta.
18 Cébeillac-Gervasoni – Caldelli – Zevi 2010, p. 80-81 n. 1.
19 Per le statue, AE 2000, 344a, r. 6, e 344b, r. 16, con i commenti di D’Arms 2000, p. 131 e 137.
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Ostia, l’Italia e il Mediterraneo
Ce livre est cité par
- (2022) Books Received 72.2. The Classical Review, 72. DOI: 10.1017/S0009840X22001585
Ostia, l’Italia e il Mediterraneo
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