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I resti umani delle discariche di epoca romana dello scavo ex Parco Novi Sad (Modena)

p. 281-299

Résumés

Il sito del parco Novi Sad, scavato sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna (2009-2011) subito a N-W del centro storico di Modena, corrispondente alla zona periurbana della città romana di Mutina, ha permesso di documentare la presenza di numerosi reperti umani in contesto non sepolcrale e di formulare ipotesi sulle ragioni del loro accumulo. I resti rinvenuti, essenzialmente crani e ossa lunghe, provengono da tre discariche pubbliche (SE, SW e NW) utilizzate, nel complesso, tra il II sec. a.C. e l’inizio del II sec. d.C., e da una vasca per piscicoltura pertinente ad edifici rustici e successivamente trasformata in discarica, utilizzata per le deposizioni nel I-inizi II sec. d.C. I reperti umani in studio (97 crani, 13 mandibole, 89 ossa lunghe, pochi altri frammenti), rinvenuti sparsi, si riferiscono ad individui di entrambi i sessi, prevalentemente adulti (90% del campione). Molte ossa presentano evidenti tracce di trattamento del cadavere (disarticolazione, scarnificazione). Il carattere secondario dei depositi appare chiaro. L’intero contesto farebbe pensare, nel complesso, allo smaltimento di resti umani di insepolti (giustiziati, gladiatori o vittime di combattimenti), ma la presenza di estese tracce di scarnificazione sulla maggior parte delle ossa lunghe pone problemi interpretativi di non facile soluzione.

The Park Novi Sad site, excavated under the direction of the Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna (2009-2011), is located N-W to the Modena city centre, corresponding to the area just outside the Roman town of Mutina. In this site many human skeletal remains have been found in non-sepulchral context, offering the possibility to investigate the reasons for their accumulation. The remains, especially skulls and long bones, were found in three dumps (SE, SW, NW), overall dating from the 2nd c. B.C. to the beginning of the 2nd c. A.D, and in a basin for fish breeding later transformed in a dump and used for the depositions in the 1st -2nd c. A.D. The scattered remains (97 crania, 13 mandibles, 89 long bones and a few other fragments) refer especially to adult individuals of both sexes (90% of the sample). Many specimens bear traces of treatment of the cadaver (disarticulation and defleshing). The bones were in secondary deposition. The characteristics of the whole context suggest that the human remains belonged to corpses deprived of (proper) burial, maybe also left in the open to decompose, probably executed criminals, gladiators or battle victims. The interpretation of the severe traces of defleshing on most of the long bones remains unclear.

Entrées d’index

Keywords : Bio-anthropology, treatment of the dead body, cut marks, scrape marks, secondary burial, gladiators

Parole chiave : Bio-antropologia, trattamento del cadavere, cut marks, scrape marks, sepoltura secondaria, gladiatori


Texte intégral

1Il mondo romano era caratterizzato da una pluralità di rituali funerari, sia nell’ambito dell’inumazione che della cremazione, e di concezioni sul destino dell’anima e sulla vita oltremondana1. È risaputa l’importanza che rivestivano le esequie svolte secondo il corretto rituale (iusta sepultura), l’integrità del corpo (anche quando si deve poi sottoporlo alla cremazione), il mantenimento della memoria del defunto e la sacralità del sepolcro, come sono noti pure il carattere impuro del cadavere e la paura del ritorno di spiriti inquieti a causa delle circostanze della morte (morti in giovane età, di morte violenta, ecc.) o di inadempienze rituali2. La privazione di sepoltura, come pure una sepoltura non condotta secondo le regole, ad essa equivalente (insepulta sepultura), era riservata ad alcune categorie di persone, come i debitori insolventi e i giustiziati, con lo scopo di prolungarne la pena oltre la morte privando di requie le loro anime ed obliterandone la memoria3. Tuttavia, mentre è facile reperire evidenze archeologiche relative a sepolture, che infatti abbondano, non lo è altrettanto ottenere evidenze sulla privazione di sepoltura, per la natura stessa della pratica che non ne favorisce la conservazione o il riconoscimento.

2Il sito del parco Novi Sad, scavato negli anni 2009-2011 sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna preventivamente alla realizzazione di un parcheggio sotterraneo subito a N-W del centro storico di Modena, ha permesso di documentare la presenza di numerosi reperti umani in contesto non sepolcrale e di formulare ipotesi sulle ragioni del loro accumulo. I resti rinvenuti, essenzialmente crani4 e ossa lunghe, provengono da tre discariche pubbliche (SE, SW e NW) utilizzate, nel complesso, tra il II sec. a.C. e l’inizio del II sec. d.C., e da una vasca per piscicoltura pertinente ad edifici rustici di età augustea-tiberiana e successivamente, in età flavia, trasformata in discarica e utilizzata per le deposizioni o l’abbandono delle ossa. Tali contesti occuparono la zona periurbana della città romana di Mutina5.

3Nel presente contributo, dopo una sintesi delle caratteristiche dei contesti archeologici e dei risultati dell’analisi antropologica dei resti ivi rinvenuti, già più estesamente pubblicati nella monografia sul sito6, si approfondiranno alcune ipotesi interpretative relative alle possibili categorie di persone i cui resti furono smaltiti in discarica, anche nel quadro di pratiche documentate per la società romana e di alcuni importanti eventi che hanno interessato il territorio di Mutina riportati nelle fonti storiche.

Il contesto archeologico

4L'area archeologica, ubicata a circa mezzo miglio (600 m) di distanza dalla cinta di Modena romana, è stata indagata per un'estensione di circa 2,5 ettari in occasione della realizzazione di un parcheggio interrato. Gli scavi hanno restituito, a circa 5,5 m di profondità, un complesso archeologico (fig. 1) costituito da una strada glareata (II-I sec. a.C.), basolata in età augustea, fiancheggiata da una necropoli (I-IV sec. d.C.), da edifici rustici (una villa e due fattorie databili dal I al IV sec. d.C.) con impianti produttivi (vasca per piscicoluta, stercorarium, vasche per abbeveraggio di animali, base di torcularium), e da tre discariche pubbliche (II sec. a.C. - inizio II sec. d.C.): due entro grandi depressioni riferite a cave di argilla (Discarica NW e SE) e una entro il bacino di un torrente non più attivo in età repubblicana (Discarica SW). Una quarta discarica è stata attivata entro la vasca per piscicoltura al momento dell’abbandono e parziale spoliazione della struttura (seconda metà del I-inizi del II sec. d.C.)7 (fig. 1).

Fig. 1 – Modena, scavi Parco Novi Sad: A – stada basolata; B – necropoli inizio I sec. d.C.; D. - discariche; E – fossati; K – buca rituale con cane.

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5La necropoli ha restituito un totale di 293 tombe con 319 individui: una tomba con due inumazioni di età repubblicana (II sec. a.C.); 226 tombe di età alto imperiale (molte ad incinerazione e pochissime ad inumazione, queste ultime da riferire soprattutto ad infanti e juvenes); 66 tombe di fine III-IV sec. d.C. (queste ultime, tutte ad inumazione, alcune delle quali con sepolture multiple, hanno restituito complessivamente 91 individui: quarantotto adulti, dodici juvenes e trentuno infanti)8.Tutte le tombe sono risultate inviolate e in particolare da nessuna di quelle a inumazione è stata evidenziata l'asportazione post mortem di crani e di ossa lunghe. I crani e le ossa lunghe rinvenute in quantità nelle discariche non provengono pertanto dalla vicina necropoli.

6Le tre grandi discariche e la piccola discarica nella vasca per la piscicolura hanno restituito complessivamente 97 crani, 13 mandibole e 89 ossa lunghe. La discarica di SE è quella che ha restituito il maggior numero di reperti (49 crani, 5 mandibole e 68 ossa lunghe) dei quali, su base stratigrafica, il 10% è ascrivibile al II-I sec. a.C. e il 90% al I-inizi II sec. d.C. In particolare alla base di questa discarica è stata rinvenuta la buca rituale (datata col radiocarbonio al II sec. a.C.) con un cane ucciso con un colpo in testa, associato ai crani di una donna anziana e di un’adolescente. In tutte le discariche è presente una bonifica di anfore capovolte sopra le quali sono stati scaricati i rifiuti urbani e con essi, gettati alla rifusa e in giacitura secondaria, numerosi crani ed ossa umane.

Lo studio antropologico

Metodologia di studio

7Il materiale studiato consiste in ossa commiste di diversi individui. Per ogni reperto si sono registrati lo stato di conservazione (in termini di parti conservate, grado di frammentazione, condizioni delle superfici ossee), sesso ed età, lesioni causate da eventi traumatici intra vitam, peri o post mortem9.

8Le lesioni intra vitam si riconoscono qualora sull’osso siano presenti tracce di infiammazione o di riparazione (fig. 2), queste ultime visibili grosso modo una decina di giorni dopo che la lesione si è prodotta10. Lesioni sull’osso fresco ove non siano presenti tali segni sono classificate come peri mortem, in quanto non è possibile stabilire se siano avvenute subito prima o subito dopo la morte11. Può trattarsi di rotture o fratturazioni delle ossa, anche mortali, riconducibili a eventi accidentali (cadute, ecc.) o a episodi di violenza, oppure di lesioni più superficiali come tagli o segni di raschiamento dell’osso, attribuibili ad interventi di trattamento del cadavere (smembramento, disarticolazione, scarnificazione). Le tracce lasciate da lame sono state ricondotte a due categorie principali: 1. tagli (cut marks e chop marks: solchi con sezione trasversale a “V”, i primi prodotti da lame sottili usate per tagliare i tessuti molli, i secondi più grossi, prodotti da colpi inferti in modo più violento; fig. 2, 3); 2. tracce di scarnificazione (scrape marks: serie di strie parallele o subparallele, superficiali, causate dal raschiamento dell’osso per ripulirlo dai tessuti ad esso aderenti, come il periostio; l’operazione di pulizia dell’osso può anche produrre lunghe strisce decorticate per asportazione di uno strato molto superficiale di osso corticale, oppure l’asportazione di vere e proprie schegge ossee; fig. 3). Lesioni sicuramente postmortali sono le tracce di scavenging, cioè dell’azione di animali necrofagi, e quelle di weathering, alterazioni della corticale dovute all’esposizione prolungata agli agenti atmosferici (fig. 4, 5)12.

9Si sono calcolati il numero minimo di individui (NMI) per ogni US, per ogni contesto (discariche e vasca) e in totale, e le frequenze delle caratteristiche rilevate.

Fig. 2 – US 240 (vasca, maschio adulto): cranio in norma posteriore con dettagli delle lesioni da fendente cicatrizzate (lesioni intra vitam). Sulla linea nucale superiore sono visibili due taglietti (cut marks, indicati dalla freccia), probabilmente procurati nel corso di operazioni di disarticolazione del cranio mediante recisione della parte discendente del muscolo trapezio, che collega la testa alla clavicola (foto di M.G. Belcastro e V. Mariotti)

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Fig. 3 – US 2509 (D-SE). In alto: omero destro con vistosi chop marks, che potrebbero essere in relazione con operazioni di smembramento del cadavere. In basso: femore sinistro con strisce di corticale asportata, probabilmente nel corso di operazioni di pulizia dell’osso da tessuti molli ad esso adesi mediante l’uso di una lama (foto di V. Mariotti).

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Fig. 4 – US 2509 (D-SE): diafisi tibiale sinistra con tracce di scavenging alle due estremità (impronte di denti di animali necrofagi, in questo caso carnivori) (foto di V. Mariotti).

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Fig. 5 – US 2485 (D-SE; sesso n.i.; 16-18 anni): ossa in situ e femore sinistro con esfoliazioni superficiali causate da weathering , cioè dall’esposizione agli agenti atmosferici (foto di scavo: Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna; foto del femore di V. Mariotti).

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La composizione del campione

10Una sintesi dei dati relativi alla distribuzione dei reperti craniali e postcraniali (quasi esclusivamente ossa lunghe, a cui si aggiungono solo 2 vertebre cervicali, un semilunare, una falange e pochi altri frammenti), adulti e subadulti, e del NMI nelle tre discariche e nella vasca è riportata nella tabella 1. Gli individui adulti costituiscono l’89% del campione totale, con i subadulti concentrati soprattutto nella discarica SE (9/11=82%) e assenti nella vasca. Entrambi i sessi sono rappresentati, con un’apparente maggiore presenza di uomini, che però potrebbe anche risultare dall’incertezza nell’attribuzione del sesso a reperti scheletrici sparsi13.

Tab. 1 – Numero di reperti ossei craniali e postcraniali e numero minimo di individui (NMI; A = adulti: SA = subadulti) rinvenuti nelle tre discariche, nella vasca e nel totale dell’area di scavo, e percentuale di individui che, oltre al cranio, potrebbero essere rappresentati anche da mandibole e ossa lunghe.

 D-SED-SWD-NWvascatot
 nNMI
(A-SA)
nNMI
(A-SA)
nNMI
(A-SA)
nNMI
(A-SA)
nNMI
(A-SA)
cranio4949
(40-9)
3131
(30-1)
1010
(9-1)
77
(7-0)
9797
(86-11)
mandibola522413
Ossa lunghea681818721118926
% ind. con mandibola10,2 (5/49)6,5 (2/31)20,0 (2/10)57,1 (4/7)13,4 (13/97)
% ind. con almeno un osso lungo36,7 (18/49)22,6 (7/31)10,0 (1/10)14,3 (1/7)26,8 (26/97)
a. Omeri, radii, ulne, femori, tibie, fibule. Il NMI nelle tre discariche fa riferimento al femore sinistro, che è l’osso più rappresentato, mentre nella vasca vi è solo una diafisi fibulare. Il NMI totale calcolato in base alle ossa lunghe è 26, e non 27, in quanto la fibula della vasca potrebbe essere associata ad uno dei femori sinistri delle discariche.

11Il primo dato da mettere in evidenza è che in tutti i contesti esaminati (tre discariche e vasca) vi è un numero sproporzionatamente alto di crani (N=NMI=97) rispetto a ossa lunghe (N=89; NMI=26) e mandibole (N=NMI=13) (tab. 1). Tra le ossa lunghe prevalgono i femori (46%), seguiti da tibie (21%) e omeri (19%). La maggior parte di ossa lunghe in rapporto ai crani si trova nella discarica SE, dove circa il 37% degli individui potrebbe essere rappresentato, oltre che dal cranio, da almeno un osso lungo, mentre nel caso delle mandibole, esse si trovano maggiormente rappresentate nella vasca (57%; tab. 1). Occorre notare che nessun elemento si trovava in connessione anatomica con altri, se si esclude un cranio femminile con relativa mandibola e prime 2 vertebre cervicali (D-SW, US 1826; F, adulta matura). I reperti dell’US 2485 (D-SE) (cranio, mandibola, femori e ossa coxali) sono stati trovati in posizione grosso modo anatomica e potrebbero appartenere ad uno stesso individuo (NI, 16-18 a.) (fig. 5).

12Lo stato di conservazione dei reperti craniali è risultato, in generale, migliore per la vasca, dove si sono rinvenuti gli unici due crani completi. Il basioccipitale (base del cranio) si conserva in circa la metà dei casi in tutti e quattro i contesti, anche se spesso in condizioni frammentarie. Nei mascellari conservati si osserva la perdita post mortem di almeno uno degli incisivi superiori nell’88% (30/34) degli individui delle tre discariche e nel 100% (6/6) di quelli della vasca. Le ossa lunghe sono rappresentate quasi sempre dalla sola diafisi.

13In tutte le aree considerate, la netta prevalenza di crani rispetto alle ossa lunghe, l’esiguo numero di mandibole e il carattere sparso dei ritrovamenti sono fortemente indicativi di giacitura secondaria14. L’alta frequenza di perdita post mortem degli incisivi superiori è tipica di questo tipo di depositi, in quanto questi denti cadono facilmente una volta decomposto il legamento periodontale che li mantiene nell’alveolo e rimangono quindi, di norma, nel luogo in cui è avvenuta la decomposizione15. L’unico possibile caso di deposizione primaria di una testa è rappresentato dall’US 1826 (D-SW; F, adulta), in cui il cranio è stato trovato in associazione con atlante, epistrofeo e mandibola; nessuna di queste ossa presenta alcuna traccia di interventi di decapitazione. L’unica deposizione primaria, incompleta e disturbata, potrebbe essere il ragazzo/a della US 2485 (fig. 5). Potrebbe trattarsi di un corpo gettato intero in discarica e attaccato dagli animali che ne avrebbero disperso parte delle ossa, mentre le rimanenti sarebbero rimaste esposte agli agenti atmosferici, come dimostrato dalle evidenze di scavenging e weathering sulla loro superficie.

14Sembra anche probabile una selezione di ossa, prima di tutto crani. Sebbene femori, tibie e omeri siano le ossa più resistenti agli agenti tafonomici responsabili della distruzione o dispersione postdeposizionale, la loro preponderanza rispetto non solo alle ossa più piccole e fragili (vertebre, bacino, ossa delle estremità, ecc.), ma anche alle altre ossa lunghe, non sembra il frutto di un campionamento casuale, fosse esso di origine naturale (tafonomica), o artificiale, legata, per esempio, a distruzione di sepolture preesistenti. Una selezione involontaria durante il recupero, pur non potendosi escludere, sembra piuttosto improbabile, almeno come unico elemento esplicativo; infatti, molte delle diafisi recuperate sono integre o quasi. Difficile anche considerare questa eventualità per le mandibole, ossa di solito ben conservate nei contesti di scavo e riconoscibili anche da archeologi senza una specifica preparazione antropologica, che quindi di solito non sfuggono al recupero.

Lesioni intra vitam

15Le lesioni che hanno interessato gli individui qui studiati nel corso della loro vita si possono suddividere in tre categorie:

  1. lesioni riconducibili a colpi alla testa ricevuti con oggetti contundenti o taglienti;
    La frequenza maggiore si osserva nella vasca (2/7=28,6%; nelle discariche, anche includendo un paio di lesioni dubbie, non si raggiunge il 19%; queste lesioni sono un po’ più frequenti nella D-SW e assenti dalla D-NW). Gli individui colpiti sono in prevalenza maschi, tranne nella discarica SW in cui si hanno 4 femmine (in un caso l’attribuzione del sesso è incerta). I due uomini colpiti della vasca mostrano l’esito dell’asportazione di schegge ossee in seguito a fendenti (US 309: sulla bozza frontale sinistra; US 240: tre lesioni nella regione parieto-occipitale sinistra; fig. 2);
  2. tracce di possibili interventi chirurgici e/o trapanazioni;
    Tali lesioni si sono osservate in tre crani: US 2467 (D-SE; fossa regolare di circa 1 cm di diametro, probabilmente una trapanazione non perforante), UUSS 2524 (D-SE) e 1907 (D-SW; questo cranio presenta anche una lesione della categoria 1), con lesioni simili (una fossetta più profonda circondata da un’areola depressa rispetto alla superficie del cranio). Potrebbero avere avuto un significato magico e/o terapeutico;
  3. cribra orbitalia: forellini sul tetto delle orbite che si generano in risposta a condizioni anemiche o carenze nutrizionali di varia origine. Questi presentano una distribuzione disomogenea, con frequenze decisamente maggiori nella discarica NW (tab. 2).

Tab. 2 – Distribuzione dei cribra orbitalia nelle tre discariche e nella vasca.

 adulti%subad%tot%
D-SE4/2416,72/633,36/3020,0
D-SW5/2025,0--5/2025,0
D-NW2/540,01/1100,03/633,3
Vasca1/616,7--1/616,7

16La distribuzione di queste lesioni nei quattro contesti permette una qualche caratterizzazione degli individui ivi deposti. Le lesioni del primo tipo (colpi alla testa) possono derivare da eventi accidentali o dovuti a violenza interpersonale. A quest’ultima fattispecie possiamo attribuire le lesioni da fendente dei due crani maschili della vasca, che potrebbero dunque appartenere a soldati o gladiatori. L’assenza di lesioni dalla discarica NW, pur potendo essere di natura campionaria, risulta interessante in relazione alla frequenza particolarmente alta di cribra orbitalia, tanto più significativa, al contrario, visto l’esiguo numero di reperti che questa discarica (l’unica completamente indagata, diversamente dalle altre due che si estendevano oltre l’area di scavo) ha restituito. Dato il possibile legame di queste alterazioni con carenze nutrizionali, gli individui qui deposti potrebbero appartenere ad indigenti, o comunque a strati sociali economicamente svantaggiati.

Lesioni peri mortem

17Riguardo alle tracce di trattamento del cadavere (smembramento e scarnificazione; tab. 3; fig. 2, 3), la frequenza maggiore si trova sulle ossa lunghe (solo 17 reperti della discarica SE ne sono privi) rispetto ai crani. I tagli interessano le diverse superfici della diafisi delle ossa lunghe, come si rileva nei casi di smembramento16. Molte diafisi presentano pattern di frattura tipici dell’osso fresco. Le ossa lunghe animali presentano le stesse alterazioni delle ossa umane. Nel caso di chop marks vistosi (ad esempio, una singola, grossa lesione sul cranio) non si può escludere che rappresentino l’esito di colpi di arma da taglio durante attacchi di particolare violenza.

Tab. 3 – Distribuzione delle lesioni peri mortem (tagli, scarnificazione) e post mortem (scavenging) dei reperti craniali di adulti (A) e subadulti (SA) e delle ossa lunghe delle tre discariche pubbliche e della vasca.

 Crani ACrani SAMandibole (A+SA)Ossa lunghe
  tagliscarnifscavtagliscarnifscavtagliscarnifscavtagliscarnifscav
D-SE%10,52,62,50,00,022,220,00,060,044,160,363,2
n/N4/381/381/400/90/92/91/50/53/530/6841/6843/68
D-SW%25,96,910,30,00,00,00,00,00,0100,052,977,8
n/N6/272/293/290/10/10/10/10/10/118/189/1714/18
D-NW%0,00,00,00,00,00,00,00,00,0100,00,0100,0
n/N0/90/90/90/10/10/10/20/20/22/20/22/2
Tot-D%13,53,95,10,00,018,212,50,037,556,857,567,0
n/N10/743/764/780/110/112/111/80/83/850/8850/8759/88
Vasca%14,30,042,9 100,00,075,0100,0
n/N1/70/73/7 4/40/43/41/1

18Per quanto riguarda i crani, le frequenze maggiori di tracce di trattamento si riscontrano nella discarica SW, mentre sono assenti dalla NW. Tutte le mandibole della vasca mostrano lesioni che ne suggeriscono la disarticolazione dopo la morte (fig. 6). Non si è trovata evidenza di lesioni craniali sicuramente mortali (ad esclusione di due casi da approfondire) o di decapitazione (un taglio sul condilo craniale destro US 1907-D-SW indica piuttosto una disarticolazione della testa).

Fig. 6 –Tracce di disarticolazione su mandibole della vasca. Tagli sotto al condilo (UUSS 215-2 e 309) e sul coronoide, sito di inserzione del muscolo temporale (US 215-1) (foto di M.G. Belcastro e V. Mariotti).

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19Riguardo alle ossa lunghe, tralasciando la discarica NW con solo due reperti, una differenza si osserva tra le discariche SW e SE, con maggiori segni di intervento nella prima, dove tutte le ossa presentano qualche traccia. Tale differenza risulta tanto più notevole in quanto la discarica SE è quella che ha restituito il maggior numero di reperti.

20Se i resti rinvenuti appartenessero ad individui uccisi, giustiziati, o per qualche motivo decapitati, non si può dire. Lo scenario più probabile è che i loro corpi si siano decomposti altrove, interrati o esposti, e che siano poi stati recuperati e in molti casi smembrati e scarnificati. Le tracce di pulitura dai tessuti molli sono risultate meno frequenti e intense nei crani rispetto alle ossa lunghe, probabilmente perché i primi, possedendo una massa minore di tessuti molli, hanno richiesto un minore tempo di scheletrizzazione e, di conseguenza, interventi più blandi.

Lesioni post mortem

21Tracce di scavenging, dubbie, lievi e sporadiche nei crani delle discariche (ma molto evidenti in quelli della vasca), interessano circa il 67% delle ossa lunghe (tab. 3; fig. 4). Il fatto stesso che si conservino praticamente solo diafisi è già di per sé abbastanza indicativo dell’azione di animali necrofagi (carnivori e roditori) che, a scheletrizzazione avanzata, attaccano le parti più tenere delle ossa, come appunto le epifisi, dalle quali è più facile trarre nutrimento. Le impronte dei denti di questi animali si osservano infatti prevalentemente alle estremità delle diafisi, mentre la parte centrale ne è per lo più priva (fig. 4). Alcune ossa mostrano anche alterazioni della corticale dovute all’esposizione prolungata agli agenti atmosferici (weathering) (fig. 5).

22L’assenza di tracce di denti nella parte centrale delle diafisi induce a ritenere che l’azione degli animali necrofagi si sia esplicata successivamente all’intervento umano di recupero e ripulitura delle ossa. Le ossa sembrano dunque essere state trattate intenzionalmente disarticolandole e ripulendole dai residui organici, e successivamente gettate in discarica in balia degli animali e degli agenti atmosferici.

Ipotesi interpretative

23Chi erano dunque gli individui i cui resti furono gettati in immondezzai e per quale motivo subirono questa sorte?

24Una possibilità è che si trattasse di resti raccolti dalla bonifica di antiche aree cimiteriali o fosse comuni17, smaltiti in discarica. Qualche reperto potrebbe anche essere stato trafugato per essere usato per scopi magico-religiosi (negromanzia, preparazione di medicamenti o pozioni) e gettato poi via.

25Potrebbe anche trattarsi di giustiziati e/o corpi non integri, cui la sepoltura era vietata da antiche prescrizioni; dal I sec. a.C. queste sono talvolta disattese, ma rimangono nondimeno valide fino al IV sec. d.C.18. Nonostante l’integrità del corpo fosse considerata fondamentale per assicurare la quiete all’inumato (e per salvaguardare i vivi dalle inquiete anime vaganti), potevano verificarsi casi in cui questa integrità non era rispettata, proprio per prolungare la pena oltre la morte: vittime di esecuzioni capitali (decapitazione, crocifissione, rogo, sbranati dalle belve; le discariche potevano trovarsi in prossimità di un luogo di esecuzione, che nelle colonie e nei municipi era fuori dall’abitato), proscritti o nemici uccisi potevano venire mutilati e decapitati (anche post mortem) e le teste o altre parti esposte; nel caso dei proscritti, la consegna delle teste era oggetto di ricompensa19. I resti potevano poi essere conferiti in fosse comuni, e forse anche trattati come rifiuti e gettati negli immondezzai.

26Anche i corpi dei gladiatori non ricevevano, di norma, onori funebri e potevano venire gettati, come dimostrano i rinvenimenti di scheletri parziali in fosse frettolosamente approntate nell’anfiteatro di Treviri20. I resti commisti di giovani uomini con vari esiti di traumi cranici sono stati rinvenuti in un cimitero di gladiatori (I-III sec. d.C.) a Efeso21. Interessante è notare che nessuno di questi reperti presentava cribra orbitalia, probabilmente in relazione alle buone condizioni nutrizionali e di salute che si cercava di garantire a questi uomini per lo svolgimento della loro faticosa, oltre che pericolosa, attività22. Come abbiamo visto, in base ai nostri dati non tutti i crani da noi studiati sembrano compatibili con resti di gladiatori, in particolare quelli della discarica NW, privi di lesioni craniali e spesso colpiti da cribra orbitalia. La discarica NW, nell’ipotesi che i resti in essa rinvenuti appartenessero effettivamente a individui di classi socialmente ed economicamente disagiate, potrebbe apportare nuovi dati sulla sorte dei defunti indigenti, che, sulla base di alcune fonti e ritrovamenti archeologici, si ritiene fossero gettati in fosse comuni23.

27Resti di gladiatori o soldati potrebbero invece trovarsi, come abbiamo ipotizzato sulla base delle lesioni craniali, nella vasca, che appare come un contesto particolare, anche se anch’essa fu poi utilizzata come discarica. I reperti ivi deposti sembrano scelti e preparati in modo più accurato: le mandibole sono state tutte disarticolate (fig. 6) e i crani, meglio conservati, sono stati forse deposti con una maggiore cura o magari si sono trovati in condizioni più protette rispetto a quelli delle discariche; tuttavia essi hanno subito un’azione più marcata degli animali necrofagi rispetto ai reperti delle discariche: dovevano essere meno “secchi” e più appetibili. Tutto ciò permette di ipotizzare che potrebbe trattarsi di una sorta di deposito rituale per divinità ctonie, anche considerando che la deposizione più antica potrebbe risalire al periodo in cui la vasca era ancora attiva. L’ideologia sottesa a questi comportamenti potrebbe anche affondare le radici in ambito celtico24.

28Sulla base della datazione dei quattro contesti, si può cercare di identificare qualche episodio storico che potrebbe essere in relazione al formarsi dei depositi da noi studiati:

  • D-SE: II-I sec. a.C./fine I sec. d.C.
  • D-NW: fine I sec. a.C./fine I-inizio II sec. d.C.
  • D-SW: I sec. d.C./fine I-inizio II sec. d.C.
  • Vasca: I - inizio II sec. d.C.

29I reperti più antichi provengono dalla D-SE. Qui potrebbero trovarsi resti di vittime degli scontri tra Romani e Boi, che ebbero luogo nella pianura padana dall’ultimo quarto del III sec. a. C. fino alla deduzione della colonia romana di Mutina nel 183 a. C., nel corso dei quali sono citati vari episodi che coinvolgono direttamente la città e i suoi dintorni25. Voisin ha dimostrato che la tradizione delle têtes coupées non può essere attribuita solo ai Celti, ma che anche i Romani usavano esporre le teste dei nemici uccisi26. Il nostro sito potrebbe dunque rappresentare un luogo di smaltimento di teste-trofeo appartenute tanto a Galli quanto a Romani. Una simile ipotesi è stata avanzata per interpretare il ritrovamento, in fosse per i rifiuti collegate ad attività relative alla lavorazione del cuoio nell’antica Londinium, di una quarantina di crani maschili risalenti al I-II sec. d.C. e che presentano diverse lesioni da violenza interpersonale e decapitazione27 (ci sembrerebbe più proprio parlare di disarticolazione della testa, considerando le lesioni mandibolari, simili a quelle da noi osservate nei reperti della vasca). Al parco Novi Sad, tuttavia, sono presenti individui di entrambi i sessi, oltre a (pochi) subadulti. Considerando, inoltre, la quantità di resti e l’estensione cronologica dei depositi, ci sembra inverosimile una spiegazione univoca della loro presenza. Appare più probabile che le varie ipotesi proposte precedentemente possano spiegare, ciascuna, la provenienza di una parte dei resti rinvenuti.

30Il I sec. a. C. vede la battaglia di Modena tra gli eserciti di Marco Antonio e Ottaviano Augusto (43 a.C.; le truppe di Ottaviano attaccarono l’accampamento di Antonio, che stava assediando la città, nella quale si era arroccato Decimo Bruto, che aveva rifiutato di cedergli la Cisalpina) e le proscrizioni del secondo triumvirato28. Spesso i Romani avevano attorniato le città assediate delle teste tagliate dei nemici come attestano, tra l’altro, i bassorilievi della colonna Traiana, dove in una scena le teste appaiono ad un grado di scheletrizzazione evidente29. Tali pratiche di lunga esposizione dei resti potrebbero spiegare la bassa frequenza di tracce di trattamento sui crani delle discariche. Ad esempio, la US 2509 (D-SE; II-I sec. a.C.) ha restituito crani senza segni di trattamento (teste recuperate in avanzato stato di scheletrizzazione), mentre le ossa lunghe presentano chop marks anche vistosi, che potrebbero essere colpi ricevuti nel corso dei combattimenti con armi da taglio, o, più probabilmente, segni di depezzamento del cadavere condotto in maniera brutale, senza attenzione o cura (fig. 3).

31I contesti considerati potrebbero anche contenere vittime degli scontri seguiti alla morte di Nerone (68-69 d.C.). Si potrebbe dunque ipotizzare che i reperti delle discariche siano da riferire a queste persone, i cui cadaveri giacquero insepolti per un certo tempo prima che i resti umani, più o meno decomposti, fossero grossolanamente raccolti e gettati irrispettosamente via.

32Mentre le tracce di smembramento osservate sulle ossa postcraniali rientrano in un quadro interpretativo coerente e sensato, alla luce di quanto riportato dalle fonti sulla sorte dei cadaveri di nemici (di guerra o proscritti), gladiatori o giustiziati, quelle di pulitura rimangono più difficili da spiegare. Si trattò forse di rendere quiete a spiriti inquieti eliminando dai loro resti insepolti la materia putrescibile e rendendoli così definitivamente stabili?30 O di interventi con finalità igieniche per limitare i cattivi odori, il raccogliersi di pericolosi carnivori (che in effetti in qualche misura si sono presentati) e la proliferazione di animali indesiderati (topi, uccelli, insetti)31? Allo stato attuale delle ricerche non sembra possibile dirimere questi dubbi, tuttavia si spera che ulteriori ritrovamenti e ulteriori studi possano fornire spunti per illuminare pratiche che rimangono, al momento, oscure.

Bibliographie

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Notes de bas de page

1 Nock 1932; Davies 1999, p. 127-154; Graham 2006; Ortalli 2011.

2 Jobbé-Duval 1923; Davies 1999, p. 139-154; Purpura 2009; Ortalli 2010.

3 Aubert 2005; Fasolini 2007; Purpura 2009; Ortalli 2010. Vedi anche Rodríguez Martín, nel presente volume.

4 Al fine di evitare ambiguità, nel presente testo il termine «cranio» verrà riferito al solo scheletro della testa privo di mandibola che, se presente, verrà espressamente indicata.

5 Labate et al. 2017; Malnati 2017; Mariotti – Belcastro 2017. Il complesso comprendeva anche una buca, al fondo della discarica SE, contenente lo scheletro di un cane e due crani umani, contesto chiaramente rituale che non verrà qui trattato e per il quale si rimanda alla bibliografia citata.

6 Labate – Malnati 2017.

7 Labate et al. 2017.

8 Labate 2017.

9 Per i dettagli sui metodi di studio e la relativa bibliografia si rimanda a Mariotti – Belcastro 2017. Trattandosi di ossa isolate, molte delle attribuzioni di età e sesso che è stato possibile effettuare rimangono generiche (es. adulto vs subadulto) o dubbie (es. M?). In questa sede sarà considerata, per l’età, solo la suddivisione in adulti e subadulti.

10 Sauer 1998.

11 Maples 1986, p. 221. Le lesioni che hanno interessato l’osso ancora fresco si distinguono da quelle avvenute sull’osso secco in virtù delle diverse caratteristiche morfologiche che assumono in conseguenza del fatto che il tessuto è ancora ricco di acqua e sostanze organiche, che si perdono via via con il passare del tempo.

12 Lovell 1997; White 1992; White – Folkens 2005.

13 V. Tabella 3 in Mariotti – Belcastro 2017.

14 Con questo termine intendiamo la presenza del reperto in un luogo non corrispondente a quello in cui è avvenuta la decomposizione, che indicheremo come primario. Non stiamo parlando, qui, di sepolture (Cf. Boulestin – Duday 2006).

15 Roksandic 2002.

16 Symes et al. 2002, p. 407.

17 Fasolini 2007. Mecenate aveva impiantato giardini sull’ex area cimiteriale dell’Esquilino.

18 Voisin 1984; Aubert 2005.

19 Voisin 1984; Hinard 1987; Cantarella 2007; Fasolini 2007; Ortalli 2010; Redfern – Bonney 2014.

20 Redfern – Bonney 2014.

21 Kanz – Großschmidt 2006; Kanz – Großschmidt 2009; Redfern – Bonney 2014.

22 Kanz – Großschmidt 2009.

23 Cf. Aubert 2005; Graham 2006.

24 Cf. Green 1994; Kruta 2006; Malnati 2017.

25 Grassi 1991, p. 27-39; Kruta – Manfredi 1999, p. 161.

26 Voisin 1984.

27 Redfern – Bonney 2014.

28 Voisin 1984; Blösel 2016, p. 215-218; Calzolari 2017.

29 Voisin 1984, p. 286-297.

30 Presso varie culture e secondo alcune interpretazioni di contesti preistorici, la fase liminale, il viaggio del defunto dalla vita alla morte, termina con la scomparsa dei tessuti molli (Cf. Hertz 1905-1906; Metcalf – Huntington 1991; Mariotti – Condemi – Belcastro 2014; 2018; Mariotti – Belcastro – Condemi 2016). Non sappiamo se tali credenze appartenessero al mondo romano, ma è stato proposto che ne rimanga traccia nelle epoche successive e nel folklore eurasiatico, e anche emiliano (Cf. Ariès 1980; Mariotti 2017).

31 Cf. Aubert 2005. Un amico che lavorò come necroforo in un cimitero della provincia di Bologna negli anni Novanta del secolo scorso raccontò a V.M. di avere visto, sul luogo di lavoro, lunghi coltelli che i necrofori anziani riferirono essere usati al momento delle esumazioni per ripulire le ossa da eventuali residui organici prima del conferimento in fossa comune. In effetti, strisce decorticate lasciate dal passaggio di un coltello sono state osservate dalla stessa autrice nelle ossa lunghe degli scheletri della collezione del cimitero della Certosa di Bologna (inizio XX sec.).

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