Ogni cosa al suo posto
I libri maleficiorum nell’Italia comunale (secoli XIII-XV): produzione, conservazione e tradizione
p. 37-94
Résumés
In presenza di nuovi strumenti inventariali, nonché di una diffusa disponibilità delle Soprintendenze archivistiche a mettere a disposizione i dati in loro possesso, anche se non ancora editi on line o a stampa, questo contributo costituisce l’occasione per riprendere il censimento della documentazione criminale avviato da Andrea Zorzi all’inizio degli anni Novanta. È parso inoltre opportuno ripensare alcuni degli interrogativi suggeriti al termine del convegno senese su La documentazione degli organi giudiziari nell’Italia tardo-medievale e moderna, i cui atti sono stati editi nel 2012, per riflettere ulteriormente e chiarire meglio i quesiti posti in merito ad aspetti legati alla produzione e conservazione di documentazione giudiziaria d’ambito criminale, nei suoi rapporti col contestuale sistema documentario notarile d’ambito civile e privato, nonché con le linee di tradizione rappresentate dai sistemi archivistici diffusi in quasi tutti gli Stati italiani a partire dalla prima Età moderna.
Having available new archival instruments (guides and inventories), as well as a wide helpfulness of the Soprintendenze archivistiche to share their own data, even if not yet published on line or in print, this paper aims to represent a chance to resume the census of mediaeval criminal documents started by Andrea Zorzi in the early nineties. It seemed also appropriate to think back some of the questions suggested at the end of the Sienese conference on The documents of the judiciary courts in late-mediaeval and early-modern Italy, whose proceedings were published on 2012. This in order to reflect even more and better clarify some issues concerning the production and preservation of criminal judicial documentation, in its relationship with the context of civil and private notarial documents and with the main archival systems almost everywhere widespread in the Italian states since the early modern age.
Entrées d’index
Keywords : Archival science, mediaeval history, criminal justice, criminal judicial documentation
Parole chiave : Archivistica, storia medievale, giustizia penale, documentazione di organi giurisdizionali
Texte intégral
1
Premessa
2Piuttosto intensa è stata l’attenzione rivolta negli ultimi decenni alla documentazione giudiziaria di età medievale e moderna nell’ambito di convegni, seminari di studio e progetti di ricerca interdisciplinari – dal convegno su Grandi tribunali e rote nell’Italia di antico regime del 1989, al convegno bolognese del 2001 su La diplomatica dei documenti giudiziari, sino a quello senese su La documentazione degli organi giudiziari nell’Italia tardo-medievale e moderna, i cui atti sono stati editi nel 2012 – occasioni talvolta contestuali a iniziative di ordinamento e descrizione inventariale d’importanti complessi archivistici.1 E forte è stato l’impegno di quanti si sono cimentati nello studio di alcuni dei più rilevanti fondi archivistici d’ambito giudiziario (Bologna, Perugia, Firenze), con particolare attenzione nei confronti della documentazione ‘criminale’ di età medievale, fatta oggetto dei noti saggi di Andrea Zorzi e Massimo Vallerani.2 Purtuttavia è mancato – e manca ancora – un censimento complessivo proprio della documentazione d’ambito criminale prodotta nelle curie podestarili e capitaneali, feudali e vescovili attive nel corso dell’età medievale, sino all’impianto dei Grandi tribunali e dei tribunali collegiali ‘rotali’ di Età moderna. Come a suo tempo sottolineato da Paolo Cammarosano, la Guida generale degli Archivi di Stato italiani – disponibile in forma completa dalla metà degli anni Novanta3 – «non fa l’en plein» dei fondi archivistici contenenti documentazione giudiziaria, pur costituendo un’importante «ossatura» intorno alla quale costruire «una recensione archivistica» che la integri, acquisendo riferimenti a fondi conservati in archivi comunali, diocesani o in alcune delle più importanti biblioteche civiche.4 A questo scopo, oltre che dei più recenti progetti di descrizione on line di quanto conservato negli Archivi di Stato (Sistema Informativo degli Archivi di Stato),5 ci si può giovare della pur sintetica e disomogenea Guida degli archivi diocesani d’Italia,6 come pure delle guide settoriali che riferiscono di altre tipologie di archivi (comunali, notarili) conservati in specifiche realtà geografiche (Toscana, Umbria, Marche, Emilia Romagna, Trentino ecc.),7 nonché del sistema di descrizione on line degli archivi vigilati dalle Soprintendenze archivistiche (Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche).8 Dal sistema SIUSA è inoltre possibile accedere a più analitici lavori di inventariazione, oggi consultabili on line, i quali si aggiungono alle più ‘tradizionali’ collane edite a stampa in vari contesti regionali o provinciali (Toscana, Veneto, Trentino ecc.),9 nel cui ambito si è spesso provveduto autonomamente al censimento del patrimonio archivistico conservato sul territorio (LombardiaBeniCulturali, Guarini Archivi, Ast Toscana, RInASCo, Trentinocultura Archivi ecc.).10
3In presenza di strumenti inventariali rinnovati, nonché di una diffusa disponibilità delle Soprintendenze archivistiche a mettere a disposizione i dati in loro possesso, anche se non ancora editi on line o a stampa, gli atti di questo convegno potrebbero costituire l’occasione per rispondere all’invito avanzato a più riprese proprio da Paolo Cammarosano,11 riprendendo così il lavoro di censimento avviato da Andrea Zorzi all’inizio degli anni Novanta12 e ancora allo stato aurorale nell’utile volume di Elena Maffei del 2005.13 Pare inoltre opportuno riprendere alcuni degli interrogativi suggeriti al termine del convegno senese testé citato, che vide tra i partecipanti alcuni dei presenti in questa sede (Cammarosano, Giorgi, Vallerani, Zorzi). E ciò non tanto per cercare risposte definitive, quanto per riflettere ulteriormente e chiarire meglio i quesiti posti in merito ad aspetti legati alla produzione e conservazione di documentazione giudiziaria d’ambito criminale, nei suoi rapporti col contestuale sistema documentario notarile d’ambito civile e privato, nonché con le linee di tradizione rappresentate dai sistemi archivistici diffusi in quasi tutti gli Stati italiani a partire dalla prima Età moderna.14
4Entrando subito in medias res, definiamo innanzitutto il campo d’indagine: i libri maleficiorum.
5Ogni singolo atto, sia esso dotato di funzione meramente procedimentale oppure esecutiva, come nel caso delle sentenze, «nella serie processuale» è collocato «in un determinato posto», dando luogo nel complesso a una forma diplomatica ‘a sequenza’ – e questo indipendentemente dal fatto che il procedimento conosca una sua materializzazione fisica in scritti sciolti, riuniti in rotolo o in filza, oppure inseriti di seguito in un quaternus o in un liber, eventualmente destinati a dare luogo a una specifica serie archivistica.15 Tutto ciò considerato, Giovanna Nicolaj ha sostenuto quindi che «la forma principale di questo tipo di documentazione è data dal modulo/schema ‘sequenza-posizione’».16 Possiamo quindi immaginare i libri maleficiorum – così come gli altri registri di ambito giudiziario – quali ‘luoghi’ nei quali atti generati separatamente, ma destinati a svolgere la loro funzione ‘in sequenza’, possono trovare posto tutti assieme: la documentazione in forma scritta dell’azione processuale non avrebbe strettamente richiesto ciò, tanto è vero che ancora nei primi decenni del Duecento troviamo gli atti processuali ‘dispersi’ all’interno di protocolli notarili, ma con l’adozione della registrazione ‘su libro’ si riesce a offrire migliore contezza della corretta ‘sequenza’ degli atti, dando luogo a un modo più razionale di gestione di tale documentazione.17
6Per quanto concerne il periodo oggetto d’indagine, possiamo collocare il punto di partenza in corrispondenza di quella ‘rivoluzione documentaria’ di fine XII-inizio XIII secolo evocata da Paolo Cammarosano («non già come la prosecuzione di un’attività documentaria sempre esistita, bensì come una struttura nuova dei testi scritti»), cui già a suo tempo faceva cenno Marino Berengo con una metafora, per così dire, ‘idraulica’ (dai «rivoli» documentari al «torrente» al «maestoso fiume»), ma si potrebbe risalire sino ad osservazioni di Scipione Maffei),18 rivoluzione caratterizzata dalla «preponderanza delle scritture di andamento corrente e continuativo rispetto alle scritture puntuali e discontinue: un mutamento del quale il trionfo del registro sulla pergamena sciolta non rappresenta se non la fisica espressione».19 Una rivoluzione che si colloca nella fase di ripresa di una cultura amministrativa e giurisdizionale scritta, nell’età dell’avvento del regime podestarile, e che si ‘nutre’ della rinascita dello studio del diritto, della definizione del cosiddetto ‘processo romano-canonico’, della soluzione data al problema dell’autenticità della documentazione in funzione probatoria tra l’età di Alessandro III e quella di Innocenzo III, del Concilio Lateranense IV (Tam in ordinario iudicio quam extraordinario iudex semper adhibeat aut publicam, si potest habere, personam aut duos viros idoneos, qui fideliter universa iudicii acta conscribant, recita il canone 38) e del Liber extra (X.2.19.11: Iudex debet habere notarium vel duos viros idoneos, qui scribant acta iudicii; alias, si quid difficultatis emerserit per superiorem punietur, nec creditur ei super processu nisi in quantum per acta vel alias per legitima documenta constabit).20 A partire da questa fase – documentata inizialmente da cartulari notarili, con esempi in ‘civile’ a Genova (1154) e Savona (1203) e anche in ‘criminale’ a Siena (1228) e Trento (1235-1236), poi da più specifici libri potestatis o libri curie verso la metà del secolo21 – tutto il procedimento verrà redatto in scriptis apud acta, come raccomanda Tancredi (1216).22 E sarà proprio la manus publica uno dei presupposti teorico-giuridici del sistema di produzione documentaria basato sul ricorso al notaio, alla ricerca di una credibilità legittimante verso un rapporto privilegiato destinato a evolvere nel corso del Duecento in forme funzionariali.23 In prospettiva, sarà proprio la possibilità di disporre di abbondante documentazione prodotta mediante una publica manus a sollecitare la predisposizione di misure atte a garantirne l’integrità e la conservazione nel tempo.24 Si giunge così ad abbracciare tutta la fase podestarile del comune cittadino, caratterizzata in ambito processuale dalla maturazione del modello accusatorio e dall’affiancarsi ad esso di quello inquisitorio nel pieno Duecento, sino al successivo rifluire del ruolo del podestà forestiero verso un esclusivo ambito giurisdizionale, in un contesto documentario ancora dominato dalla figura del notaio, estensore e conservatore della documentazione giudiziaria.25 Si arriva infine all’estremo cronologico ‘basso’, rappresentato dalla radicale trasformazione sul piano procedurale, come pure su quello della produzione e conservazione documentaria, costituito dall’avvento dei cosiddetti grandi tribunali e dei tribunali collegiali rotali di primo Cinquecento, dotati di strutture proto-cancelleresche caratterizzate da una crescente propensione all’auto-conservazione della documentazione e spesso bisognose di aver memoria dei precedenti gradi di giudizio sotto forma di fascicoli processuali.26 Tale trasformazione risulta peraltro contestuale a una complessiva ridefinizione degli assetti archivistici d’ambito notarile, ovvero all’aprirsi di un’ulteriore fase periodizzante da giustapporre a quella delineata in corrispondenza della ‘rivoluzione documentaria’ di primo Duecento: la stagione caratterizzata dall’istituzione di archivi prevalentemente ad opera di autorità pubbliche di natura statuale, stagione decisiva anche per la conservazione di documentazione d’ambito giudiziario, come visto in un convegno senese di qualche anno fa.27
7Volendo definire il panorama delle fonti disponibili per una ricerca inerente ai libri maleficiorum, pare imprescindibile, come avremo modo di vedere, il ricorso diretto ai fondi, alle serie o ai singoli registri superstiti. Tuttavia, stante il carattere fortemente standardizzato assunto dal processo criminale – soprattutto secondo il modello accusatorio28 – importante è il riferimento alla trattatistica, tanto in ambito procedurale (ordines iudiciarii) quanto, soprattutto, in ambito documentario (artes notariae). I testi più diffusi sin dai primi decenni del Duecento presentano riferimenti a procedure e forme documentarie adottate in ambito giudiziario: assenti nel formulario pseudo-irneriano, formule processuali fanno la loro comparsa in quello di Ranieri da Perugia – limitatamente all’ambito civile – e soprattutto nella sua successiva Ars notariae, comprendente anche una sommaria trattazione del processo de maleficiis, per conoscere poi un’esposizione completa – tanto in civile quanto in criminale – nella Summa rolandiniana, sebbene senza espliciti riferimenti a un impiego di tali formule finalizzato a forme di scrittura su registro.29 Altrettanto importante pare il riferimento alla normativa statutaria, in quanto il tema in questione – la produzione e la conservazione documentaria d’ambito criminale – è in essa oggetto di specifica trattazione, come parte essenziale del più generale meccanismo amministrativo-giurisdizionale che proprio gli statuti comunali regolavano.30
Nella fase podestarile del comune cittadino: dall’inserimento di acta nei più antichi cartulari notarili alla produzione di libri potestatis a quella di libri actorum per tipologia di attività procedimentale (sec. XIII)
8Nel saggio di apertura di un volume dedicato alcuni anni or sono ad Archivi e comunità, Attilio Bartoli Langeli ricordava le riflessioni di Gian Giacomo Fissore volte a valorizzare anche sul piano diplomatistico la scrittura notarile degli acta d’ufficio, che nell’ambito comunale italiano – proprio in quel contesto spazio-temporale quanto mai vario e strutturato in cui Cammarosano situa la ‘sua’ rivoluzione documentaria – ha dato luogo alla documentazione seriale su registro tipica degli archivi di età basso medievale e moderna.31 Se da un lato non pare quindi possibile comprendere questo particolare tipo di produzione documentaria senza fare riferimento agli studi che hanno messo in luce i più importanti aspetti procedurali, nel loro rapporto tanto con la dottrina (da Hermann Kantorowicz a Giovanna Nicolaj)32 quanto con la prassi giuridica – la «storia della giustizia criminale» cui faceva riferimento Mario Sbriccoli33 – colta nei suoi risvolti sociali e politici,34 altrettanto rilevante pare il confronto con la prassi documentaria attestata dalle fonti ancor oggi disponibili.
9Se in ambito comunale la condizione per l’esistenza stessa di una memoria scritta dotata di una credibilità costante nel tempo è costituita dal recupero della funzione probatoria della scrittura attuato attraverso l’instrumentum prodotto per mano di notaio e dotato di fides explicita, con importanti riflessi anche in ambito processuale,35 è con la ‘rivoluzione documentaria’ di XII-XIII secolo e il recupero di scritture ‘ordinarie’ di sedimentazione su registro che viene completamente superato il sistema di memoria giurisdizionale basato sulla produzione e conservazione di scritti sciolti inerenti a quella porzione di memoria che le parti interessate avevano cura di tramandare.
10Non troviamo atti d’ambito criminale nei più antichi cartulari notarili genovesi conservati. Frammisti a imbreviature d’ambito privato, troviamo altresì sentenze d’ambito civile dei consoli di Genova e lodi pronunciati da consoli di alcuni centri limitrofi, nonché atti di volontaria giurisdizione e un bando inerente a diritti di legnatico nei cartulari di Giovanni Scriba (1154-1158) e Oberto Scriba de Mercato (1190);36 analoga documentazione consolare e podestarile d’ambito civile, ma anche sentenze in materia matrimoniale del tribunale ecclesiastico genovese e sentenze di arbitri e giudici delegati apostolici trovano spazio nel cartulario di Guglielmo Cassinese (1191-1192);37 materiale documentario similare è contenuto pure nel cartulario di Bonvillano (1198) e nel cosiddetto cartulario di Giovanni di Guiberto (1200-1211),38 in realtà un composito. Quest’ultimo comprende, tra l’altro, anche dieci carte un tempo consecutive con registrazioni risalenti a un periodo compreso tra il dicembre 1200 e il febbraio 1201 e contenenti nove sequenze di atti variamente intrecciate tra loro, relative a quattro distinte cause civili (A-B-A-[B]-A-B-C-D-C):39 probabilmente le più antiche sequenze di atti procedurali conservate in forma di ‘libro’, a conferma di come fosse già in atto il processo di scritturazione sistematica della materia giudiziaria ben quindici anni prima del Concilio Lateranense IV che lo avrebbe conclamato. A distanza di pochi anni (1203-1206) è il cartulario di un altro notaio ligure, il savonese Martino, edito da Dino Puncuh40, a recare acta d’ambito processuale civile, non certo distinti per «ogni singolo procedimento in successione cronologica di redazione», ma ripartiti in base al contenuto in quaderni «destinati solo in un secondo momento ad essere rilegati insieme dando origine al cartulario»,41 con una similitudine, in questo aspetto puramente materiale, rispetto al coevo caso genovese testé citato. Pochi cenni indiretti all’amministrazione della giustizia civile e qualche riferimento in più alla giurisdizione dei tribunali ecclesiastici, anche in relazione alla materia matrimoniale, si riscontrano tra le imbreviature del notaio senese Appulliese risalenti al 1221-1223,42 mentre in quelle poco più tarde di Ildibrandino (1228-1229) troviamo riferimenti indiretti a cause civili d’ambito laico ed ecclesiastico, ma anche sentenze civili del giudice del podestà e quietanze rilasciate dai Pretori – attivi in relazione alla Biccherna, l’ufficio finanziario del comune – per il pagamento di decime e condanne, anche penali, relative ai periodi in cui lo stesso Ildibrandino svolgeva funzioni attuariali al loro servizio.43 Potremmo quindi concludere, con Paolo Cammarosano, che nel corso del Duecento «al modo che gli atti di giurisdizione potevano continuare a essere tràditi in fogli sciolti, allo stesso modo essi si trovarono ad essere inseriti nei registri d’imbreviature e nei protocolli notarili […]. Ciò vale non solo per i momenti formalmente chiusi quali la redazione della sentenza, ma per gli atti giudiziari preliminari, paralleli e consecutivi».44
11Una realtà parzialmente diversa riscontriamo nel caso del cartulario ‘trentino’ prodotto tra l’ottobre 1235 e il dicembre 1236 dal notaio Oberto da Piacenza, edito a suo tempo da Hans von Voltelini e recentemente analizzato da Franco Cagol.45 Nella medesima temperie culturale in cui prende avvio la scritturazione continua su registro delle varie fasi procedimentali d’ambito giurisdizionale, anche in Trentino «nasce e matura un nuovo modello burocratico-notarile all’interno dei tribunali», tale da prevedere l’inserimento degli atti procedimentali d’ambito giudiziario ‘civile’ e ‘criminale’ nei registri d’imbreviature notarili46. Nelle parole di Giuseppe Chironi, riferite al caso senese ma con valenza senz’altro generale, si tratta di un modello funzionale non tanto «alla futura redazione in mundum, ma alla semplice memoria delle fasi procedurali propedeutiche alla sentenza»47. Le conseguenze dell’adozione di questo nuovo sistema hanno rilievo «tanto sotto il profilo della produzione documentaria in giudizio, quanto sotto quello conservativo, allorché il notaio, nel trattare gli organi giudiziari al pari dei committenti privati, registrava nelle proprie imbreviature tutti gli atti indipendentemente dalla loro natura e dal loro autore». Di conseguenza, «la produzione delle scritture in giudizio non si ferma […] alla memorizzazione delle fasi procedurali sui registri d’imbreviature, ma si estende a una più ampia gamma di documenti, acta e instrumenta, prodotti nel corso del procedimento giudiziario e che, solamente in tarda età, tra il XV e il XVI secolo, troviamo riuniti in un fascicolo direttamente gestito e conservato dal notaio». Nella fase aurorale che si colloca nei decenni centrali del XIII secolo sono le parti stesse a conservare la documentazione inerente alla causa – il «fascicolo della causa», per così dire –, nell’interesse che esse hanno a conservare «quei documenti che sono utili e necessari all’espletamento dell’azione giudiziaria» e che talvolta troviamo «come membra disiecta all’interno di thesauri archivistici. […] È nella dialettica tra le parti e tra queste e gli organi giudicanti che il notaio trova spazio per mettere a punto un modello gestionale delle procedure in giudizio centrato sulla registrazione delle medesime nei registri di imbreviature». E la gestione delle procedure giudiziali tramite registri d’imbreviature costituisce il prius logico della sistemazione di acta e instrumenta prodotti durante lo svolgersi dell’azione giudiziaria – inizialmente gestiti dalle parti secondo logiche di tesaurizzazione – in altrettanti fascicoli gestiti dai notai.48 In particolare, il registro di Oberto contiene due libri bannorum di altrettanti podestà e 553 registrazioni redatte tra giugno e dicembre 1236, prevalentemente relative all’attività giurisdizionale svoltasi nel palazzo episcopale di Trento.49 La ricostruzione delle fasi procedurali e l’individuazione delle forme documentarie prodotte in giudizio, oggetto delle ricerche di von Voltelini e Cagol, consente di verificare come la registrazione degli atti competesse alla decina di notai operanti ad bancum iuris, così che gli atti di uno stesso procedimento potevano finire inseriti tra le imbreviature di diversi notai, rendendo di fatto necessario disporre di più registri per ricostruire la sequenza procedimentale di ogni singolo processo. In effetti, per quanto il registro di Oberto presenti alcune sequenze sostanzialmente complete, in generale anch’esso presenta solo un numero limitato di atti per ciascun procedimento, registrati in ordine cronologico.
12In un recente contributo, con particolare riferimento al caso bolognese, Massimo Vallerani ha insistito sull’importanza della trattatistica per lo studio della trasformazione qualitativa e quantitativa delle pratiche di scritturazione del processo criminale verificatasi nel corso dei decenni centrali del Duecento.50 Notando come «nel corso del Duecento scrittura e procedura tendono a coincidere» («gli atti scritti “sono” il processo»), Vallerani ha altresì rilevato una sostanziale «coincidenza testuale e procedurale», ad esempio, tra il formulario rolandiniano e gli atti presenti nei registri giudiziari bolognesi.51 L’Ars notariae di Ranieri da Perugia, attivo a Bologna nella prima metà del secolo, ed ancor più la Summa totius artis notariae di Rolandino presentano le forme degli atti giudiziari in una sequenza logico-temporale che tende a ricalcare gli schemi procedurali correnti e la necessità di distinguere il processo criminale accusatorio da quello civile,52 del quale sin dall’origine mutua la struttura, tanto da poter costituire il preludio a una ‘pace giurata’.53 Risulta inoltre evidente l’importanza dei modelli notarili nel definire la procedura accusatoria, volta a perseguire i crimini privati, rispetto a quella inquisitoria ex officio e a quella ‘straordinaria’, derivante dalle denunce di corpi di polizia, destinate a colpire i crimini pubblici. Sul piano documentario, lo schema-tipo del processo accusatorio bolognese segue «sequenze fisse di atti-scritture, applicate in maniera tutto sommato fedele da tutti i notai forestieri che si succedono nell’ufficio de maleficiis».54 In particolare, dopo la registrazione dell’accusa e delle fideiussioni e la citazione dell’accusato, «si tiene il libro aperto per registrare gli atti seguenti», con la possibilità di tentare una schematizzazione delle numerose registrazioni da tenere sotto controllo così da «salvare l’unità del formato del registro».55 Lo schema-tipo del processo accusatorio proposto da Vallerani – «accusa (almeno in una prima fase con presentazione del ‘libello accusatorio’), giuramento, fideiussione, termine di presentazione delle prove, citazione, responsio, fideiussione, termine di difesa, secondo termine all’accusatore, promessa dell’accusatore, fideiussione, citazione dei testimoni, promessa dei testimoni, fideiussione dei testimoni, interrogatorio, apertura dei testi»56 – si sostanzia in una produzione documentaria ‘contestuale’, podestà per podestà, poi scomposta nel corso dell’Ottocento a creare serie archivistiche ‘tipologiche’ artificiali.57 Mentre i cosiddetti «libri di accuse […] contengono la verbalizzazione degli atti compiuti o certificati dall’autorità giudicante», le carte sciolte recanti gli atti a carico delle parti sono talvolta allegate ai registri, ma più frequentemente legate in filze, attualmente a Bologna conservate nel fondo Carte di corredo.58 Diversa è la prassi di registrazione nel processo inquisitorio, con la sua «pretesa di trovare una verità come riflesso della “realtà” oggettiva, esterna al processo, da scoprire ad ogni costo […] per impulso del giudice» – intimamente unito con la respublica e il potere ‘pubblico’ – «e non della parte lesa».59 Con riscontri diretti anche in altre realtà, tra cui quella senese,60 non troviamo il grande registro pergamenaceo nel quale mediante una costante ri-scrittura di carte volanti vengono ‘inseriti’ gli atti costituenti l’ossatura del procedimento accusatorio, bensì i più agili e meno costosi Libri inquisitionum et testium cartacei ‘in quarto’, nei quali la complessa sequela di atti che seguono l’avvio dell’inquisitio ex officio una volta che il rumor e la fama del fatto sono giunti alle orecchie del podestà o a quelle del giudice – secondo una logica mutuata dal processo canonico (Qualiter et quando debeat prelatus procedere) –, vengono redatti direttamente «secondo lo svolgimento giornaliero dell’attività inquisitoria, con un calcolo approssimato delle pagine da riempire», ma senza poter prevedere il numero e la tipologia degli atti.61
13Nello specifico, tra gli esempi più risalenti di registrazione di atti criminali in forma di liber è sicuramente il cartulario savonese esteso da due diverse mani nel 1250, al tempo del podestà Riccardo de Adversano.62 Si tratta verosimilmente di un composito redatto in forma di liber potestatis, non solo in quanto esplicitamente datato existente potestate […] in Saona domino Richardo de Adversano, ma soprattutto perché elaborato da due distinti scriventi, ad indicare come il vincolo di produzione non potesse in tal caso risiedere nella mano del notaio estensore, quanto piuttosto nel titolare dell’ufficio podestarile. Ciononostante, gli acta inseriti nel cartulario, analizzato alcuni anni or sono da Lorenzo Sinisi, risultano ordinati cronologicamente all’interno delle sezioni in cui esso si articola, corrispondenti ad altrettanti quaderni in origine verosimilmente autonomi, in ciascuna delle quali gli atti stessi sono ripartiti in base al tipo di attività cui si riferiscono: nella prima e più importante, relativa alle accusaciones, defensiones et inquisiciones facte ex officio potestatis, troviamo la verbalizzazione di attività ricondotte a singoli procedimenti identificati dal nome delle parti, ma prima ancora dalla qualificazione che rende esplicito se si tratta di un processo iniziato per viam accusacionis da un privato o, meno di frequente, per viam inquisicionis, ex officio potestatis. Nelle altre sezioni risultano verbalizzate altre attività processuali, anche relative a procedimenti sviluppati nella prima sezione (precepta, preconizationes, intercessiones), ad eccezione delle sentenze, verosimilmente già raccolte in libri separati. Sebbene a Savona si conservino libri di condempnaciones, forestaciones, banna et absoluciones et sententiae condempnacionum, forestacionum, bannorum et absolucionum solo dopo la metà del Trecento,63 come ricorda Paolo Cammarosano i libri funzionali alla registrazione di condanne criminali, bandi o loro sospensioni e ribandimenti «sono spesso fra i più precoci testi di matrice giudiziaria, e per alcune città e alcuni periodi rappresentano le uniche scritture superstiti dell’attività giudiziaria stessa»,64 anche in ragione del rilevante ruolo da essi rivestito in ambito fiscale e finanziario, come avremo modo di vedere, lasciando quindi ipotizzare che anche nel caso savonese già alla metà del Duecento dovesse esisterne un’autonoma serie.
14Non molto dissimile dal caso savonese testé citato, sebbene di ben più rilevante consistenza, pare il perugino Liber Rolandini del 1258, oggetto del saggio di Massimo Vallerani sul Sistema giudiziario del comune di Perugia edito nel 1991.65 Anch’esso intitolato al podestà dell’anno cui le registrazioni si riferiscono, documenta lo svolgimento di processi accusatori e inquisitori come pure altre attività svolte contestualmente dall’autorità giudiziaria, assumendo così la forma di liber potestatis («registrazione scritta dell’operato giurisdizionale della massima istituzione politico-giudiziaria del comune»),66 ma fors’anche di liber curie – ne parleremo più avanti con riferimento all’ambito ecclesiastico –, documentando tutta l’attività della curia podestarile, della quale erano parte anche due iudices maleficiorum, ciascuno dei quali assistito da un notaio, un ulteriore notaio per i danni dati e un miles et socius, tutti di Parma come il podestà.67 La registrazione degli atti non prevede una loro suddivisione per procedimento penale, bensì l’inserimento cronologico in libri o quaterni ‘tematici’ (accusationum, relationum, condempnationum etc.), con una netta separazione dei libri di ciascuno dei giudici, destinati ad essere legati in registro solo in un secondo momento.68 Come rilevato da Vallerani, certamente «la suddivisione del processo in fasi separate, registrate su unità documentali autonome, doveva creare difficoltà di collegamento e di riscontro» anche all’epoca, sebbene il sistema non risultasse privo di una propria razionalità interna, prevedendo che la scrittura degli atti fosse «organizzata secondo passaggi logico-giuridici determinati, nonché funzionali all’identificazione rapida del processo in corso».69 La prassi di legare in forma di registro ‘del podestà’ o ‘del capitano’ i libri e quaterni prodotti nell’ambito di ciascuno dei periodi di carica verrà meno in Perugia a partire dagli anni Settanta, quando prenderà piede l’uso di lasciare autonome e distinte le singole unità documentarie prodotte in forma di libro da singoli notai per singoli ufficiali,70 con evidenti riscontri anche in altre realtà, tra cui Siena e Bologna, e secondo una tendenza già evidenziata a suo tempo da Hermann Kantorowicz.71
Dall’apogeo delle curie degli ufficiali forestieri al loro lento declino: l’ampia congerie di libri actorum per ‘tipologia di attività’ verso una progressiva semplificazione (fine XIII sec.-inizio XVI sec.)
15Nel corso dell’ultimo ventennio del Duecento il lavoro delle corti di giustizia conobbe un deciso incremento in molti dei principali comuni cittadini italiani, nello stesso contesto in cui nella prassi di gestione politica della giustizia il processo ex officio tese ad acquisire centralità, di pari passo con il potere di arbitrium del podestà: regolare il suo arbitrio equivaleva a incrementare o ridurre la sua azione inquisitoria.72 Ciononostante, tanto nella Bologna di Alberto da Gandino studiata da Massimo Vallerani quanto nelle altre città comunali dell’Italia centro-settentrionale sono riscontrabili limiti strutturali all’incremento indefinito della prassi procedimentale ex officio: un numero relativamente contenuto di ufficiali addetti ad maleficia (non più di due-tre giudici e altrettanti notai), limiti al novero dei gravi reati che potevano essere perseguiti, lunghezza delle fasi procedurali tali da richiedere un impegno costante e diretto dei giudici. Nondimeno, proprio per la sua forte carica politica – la civitas stessa è la parte lesa – l’inquisitio ex officio costituisce «un filtro sensibilissimo per decidere chi poteva (e voleva) affrontare un giudizio pubblico e chi non era in grado di farlo; chi era degno di avere assistenza e di giovarsi delle garanzie del sistema ordinario e chi invece doveva restare ai margini del sistema processuale, per iniziare subito un percorso punitivo».73 Sempre nell’ambito di quella sorta di ‘disciplinamento sociale’ cui la tarda età comunale va incontro, nel corso del Trecento non è infrequente l’istituzione di nuovi collegi giudicanti che si affiancano alle magistrature tradizionali quali organi funzionali al sistema di controllo dell’‘ordine pubblico’, «inteso nel significato più stretto e pesante», come nel caso dei veneziani Signori di notte.74 Al contempo, in luoghi e momenti diversi, sin dal Duecento altre giurisdizioni erano venute ad affiancarsi a quelle degli ufficiali forestieri – podestà e capitano – nell’ottica dello sviluppo di corpi intermedi d’ambito mercantile e artigianale, capaci di dotarsi talvolta di strumenti atti al perseguimento di reati d’ambito penale. È ancora nella stessa temperie politica, prendendo sovente impulso dall’attività di sindacato dell’operato degli ufficiali forestieri, svolta tradizionalmente da magistrature cittadine, che cominciano a diffondersi in quasi tutte le città italiane giurisdizioni d’appello che tendono a riportare sotto il controllo degli ufficiali cittadini l’esercizio della potestà d’ambito criminale.
16E sempre nel generale contesto caratterizzato dal progressivo contenimento delle competenze degli ufficiali forestieri manifestatosi con evidenza già nel corso del Trecento, stante una progressiva erosione della giurisdizione podestarile e capitaneale ad opera di nuove magistrature ‘settoriali’ o d’appello sviluppatesi in ambito cittadino, s’inquadra l’esemplare vicenda fiorentina quattrocentesca ricostruita da Andrea Zorzi.75 In presenza di un progressivo ridimensionamento dell’attività svolta dalle corti ordinarie, stante una riduzione della «capacità di informazione affidata agli organi e alle strutture di vigilanza d’origine trecentesca […] rispetto agli strumenti informativi esterni alla corte (accuse di privati)», con una decisa ripresa del procedimento su accusa in quanto azione penale comportante il minor carico di lavoro per la corte, «il nuovo sistema venne supplendovi affidando competenze specifiche e settoriali a nuove magistrature», trasferendo «la centralità fattuale del sistema dai rettori forestieri al massimo organo di sicurezza».76 Nei decenni centrali del Quattrocento si assiste così all’affermazione degli Otto di guardia quale magistratura composta da cittadini e destinata ad assumere competenze e poteri giurisdizionali d’ambito penale, nonché una sostanziale autonomia nel modo di procedere nelle indagini e nell’azione processuale, di pari passo con la riduzione dell’autonomia dei tribunali ordinari a fronte delle sempre più forti ingerenze da parte degli organi di governo cittadino, sino alla definitiva soppressione di podestà e capitano e all’incardinamento degli stessi Otto nella riforma in senso collegiale e «rotale» del sistema giurisdizionale fiorentino attuata nel 1502.77
17Un esame della documentazione ancor oggi conservata nei ricchissimi fondi archivistici ‘criminali’ di Bologna e Perugia,78 ma anche in quelli dei centri toscani di Prato e San Gimignano,79 come pure una scorsa all’inventario della Camera actorum bolognese80 o al più sintetico ma non meno rilevante elenco della documentazione giudiziaria conservata a metà Duecento nell’archivio sangimignanese – elenco compreso tra le Carte Strozziane dell’Archivio di Stato di Firenze e recentemente analizzato da Leonardo Mineo81 – lasciano intravedere quanto ampia e diversificata fosse la produzione di sequenze di atti in forma di registri ‘tipologici’ relativi a ciascuna delle fasi procedurali in cui a fine Duecento si articolava il processo criminale, tanto nella forma accusatoria quanto in quella inquisitoria. E gli studi di Massimo Vallerani non hanno mancato di sottolineare questo aspetto.82 Volendo in questa sede dar conto del manifestarsi di alcuni sviluppi successivi, che già nel corso del Trecento portarono in taluni casi a una progressiva semplificazione del complesso sistema documentario articolato sull’ampia congerie di libri actorum predisposti sin dagli ultimi decenni del secolo precedente, sia consentito esemplificare sul caso senese. Città tanto rilevante sul piano politico quanto non particolarmente ricca di fonti d’ambito giurisdizionale, soprattutto se paragonata coi casi testé citati, Siena può comunque vantare un sedimento di libri maleficiorum d’ambito podestarile che dall’ultimo decennio del Duecento giunge sino alla riforma ‘rotale’ di primo Cinquecento ed è in grado d’illustrare con sufficiente chiarezza proprio quella progressiva semplificazione di cui si è detto, da porre paradigmaticamente in relazione con la crisi socio-politica e demica che la città conobbe a metà Trecento,83 nonché con gli ulteriori sviluppi quattrocenteschi nel senso del progressivo contenimento del ruolo degli ufficiali forestieri d’ambito giurisdizionale, poc’anzi riscontrato in relazione al caso fiorentino.84
18Possiamo innanzitutto osservare come prima dell’estate 1348 nella curia criminale senese, nell’ambito di ogni podesteria, generalmente semestrale, i due notai attivi in città e i tre notai operanti nel contado, al servizio dei due giudici dei malefici che si alternavano ogni tre mesi in città e contado, producessero – ciascuno lavorando sui propri registri in maniera esclusiva – almeno dieci diverse tipologie di libri o quaterni (per accuse, inquisizioni e denunce, testi «ad offesa» su accuse, testi «ad offesa» su inquisizioni, testi «a difesa» su accuse o inquisizioni, prosecuzioni di processi, assoluzioni, condanne, bandi e banditi, straordinario),85 articolate in due libri distinti per «città» e «contado».86 E di più, almeno sino al 1305 alcune tipologie risultano addirittura articolate in ben tre libri, uno per ciascuno dei «terzi» in cui proprio città e contado erano suddivisi (inquisizioni e denunce, testi «ad offesa» su inquisizioni, assoluzioni).87 Un primo significativo accorpamento si verificò proprio tra il primo e il secondo semestre del 1348, quando vennero definitivamente unificate le due tipologie di libri di «testi ad offesa, su accusa e inquisizione», peraltro ancora distinti tra «città» e «contado»,88 distinzione venuta meno già entro il 1365, quando risulta accorpata a questa tipologia anche quella dei «testi a difesa».89 Quando la documentazione ‘criminale’ su registro esce dal relativo ‘deserto archivistico’ della seconda metà del XIV secolo (solo 17 registri conservati tra il 1355 e il 1400),90 dall’inizio del Quattrocento le serie superstiti prodotte nella curia podestarile sono solo cinque (accuse, inquisizioni e denunce, testi, sentenze assolutorie e condannatorie, straordinario)91 e tali rimarranno sino alla riforma ‘rotale’ del 1503.92
19Un’analoga tendenza alla semplificazione del sistema documentario d’ambito giurisdizionale nel passaggio dal XIV al pieno XV secolo è stata osservata da Leonardo Mineo in relazione ad alcuni rilevanti ‘centri minori’ della Toscana fiorentina (Colle Val d’Elsa, San Gimignano, San Miniato)93 e in una prospettiva più generale da Lorenzo Tanzini.94 Quest’ultimo ha sottolineato come pur con alcune significative eccezioni, tra cui San Gimignano, Prato ma anche Fucecchio,95 ‘terre’ ove il sistema di registrazione due-trecentesco sembra ‘tenere’ anche ad alcuni decenni di distanza dalla conquista fiorentina, in quasi tutti gli altri centri si sia proceduto già nel corso del Trecento ad accorpare tipologie di registrazione un tempo distinte (accuse, inquisizioni, testi, sentenze e bandi ecc.). In particolare, è stato osservato come anche in tali località, caratterizzate dalla conservazione in loco, spesso fino ai nostri giorni, della documentazione prodotta dal giusdicente tanto in civile quanto in criminale, l’esito documentario dell’attività svolta dalla familia podestarile – nel corso del Trecento composta in genere da un giudice, un miles socius e due notai, uno dei quali ad offitium malleficiorum96 – dal primo Quattrocento passi dalla registrazione in libri distinti per tipologie d’atto a quella in un solo liber malleficiorum dell’ufficiale, sostanzialmente standardizzato.97 Più in generale, a partire dai decenni centrali del secolo la tendenza riscontrabile in queste ‘terre’ sarà quella «ad accorpare tipologie documentarie – prima distinte – in unità di condizionamento relative al ‘civile’ o al ‘criminale’ o addirittura in un’unica unità dall’ultimo quarto del secolo, secondo una tendenza riscontrabile nello stesso periodo in molti complessi documentari del dominio fiorentino».98 La riduzione delle competenze d’ambito criminale di alcuni degli ufficiali periferici – meno eclatante nel caso dei ‘nuovi’ vicariati, ma certo evidente per i più tradizionali uffici podestarili – può certo essere chiamata in causa, ma non è da escludere, sostiene Mineo, che «dietro la tendenza alla semplificazione delle forme documentarie […] si celasse la volontà di contenere le spese di cancelleria», limitando il numero delle scritture col ridurre le formalità, «come s’è facto per le cause civili circa la brevità delle scripture», secondo quanto recita una provvisione fiorentina del 1478.99 È un fatto, come sottolinea infine Tanzini, la «focalizzazione sull’ufficiale piuttosto che sul territorio, dal momento che lo stesso registro riguarda due circoscrizioni – penale e civile –, concentriche ma distinte», tra le quali l’unità aggregante non è più quella penale, «che nelle prime fasi di costruzione territoriale aveva dettato il modello documentario della gestione del territorio, ma piuttosto quella civile», stante un complessivo ridimensionamento dell’attività svolta in ambito ‘criminale’ dai giusdicenti locali.100
20Punti di contatto con la situazione presente nella Toscana fiorentina risultano dal confronto con la realtà ancora quattrocentesca della Terraferma veneta descritta da Giorgetta Bonfiglio Dosio e analizzata da Gian Maria Varanini, caratterizzata da sedimenti documentari d’ambito giurisdizionale conservati nei ‘centri minori’ ove patrizi veneziani esercitavano la giurisdizione civile e penale.101 Ben pochi sono tuttavia gli archivi locali che attualmente conservano documentazione ‘rettorale’ almeno quattrocentesca di una certa consistenza – una significativa eccezione è costituita da quello di Noale102 –, mentre ben più consistente – come vedremo – è la documentazione di curia attualmente conservata negli Archivi di Stato competenti per territorio.103 In questo contesto, una fonte di grande interesse è costituita dal ‘manuale di cancelleria’ del notaio padovano Giovanni da Prato della Valle, redatto poco prima della metà del secolo XV (1448-1450) e contenente specimina di diciotto distinte tipologie di registrazione, almeno due delle quali possono essere considerate di esclusiva pertinenza dell’ambito penale (il quaternus actorum criminalium e il quaternus condemnationum et sententiarum criminalium).104 Con una certa analogia rispetto a quanto osservato per il caso toscano, nel corso del secolo successivo – ma si vedano i precoci casi attestati in area istriano-dalmata sin dai decenni centrali del Quattrocento105, come pure quello del cancelliere veronese Virgilio Zavarise (1498-1499)106 – anche in area veneta si sarebbe comunque assistito alla tendenza ad accorpare ulteriormente la documentazione d’ambito giurisdizionale – civile o criminale che fosse – con la diffusione della prassi di «avvolumare» in un’unica unità archivistica la documentazione prodotta durante il periodo di carica di ogni singolo giusdicente, generando le serie archivistiche denominate «Reggimento».107 Analogie che sarebbe opportuno indagare ulteriormente mostra infine la situazione rilevata da Ilaria Curletti per il XV e XVI secolo nel rilevante centro piemontese di Carmagnola, ancora parte del marchesato di Saluzzo, ove la produzione documentaria del clavarius marchionale «era incentrata sul liber curie, ovvero su quella composita tipologia documentaria destinata a contenere gli atti civili e criminali frutto dell’attività giudiziaria del castellano».108
Conservazione e tradizione documentaria: dalle botteghe dei notai alle camere communis agli archivi (sec. XIII-XVIII)
21Nelle considerazioni conclusive della relazione di apertura del ricordato convegno senese del 2008 su La documentazione degli organi giudiziari si è avuto modo di osservare una «diversità degli esiti conservativi in base alla natura della documentazione d’ambito giudiziario: […] cesura che sembra passare tra la documentazione di natura civile – quanto a conservazione spesso assimilata alla documentazione notarile privata» ed affidata quindi ai notai, singoli o associati in collegi – «e quella di natura criminale […], nei cui confronti l’autorità sembra manifestare una maggiore attenzione», sia sul piano della produzione sia su quello della conservazione.109 Così, per rimanere ad alcuni esempi d’area ligure e lombarda, la normativa savonese trecentesca prevedeva la conservazione di registri di acta e condanne criminali presso l’archivio degli Anziani e non presso i notai110 e a Genova, nel 1462, gli atti della curia dei Consoli della ragione e di quella dei malefici vennero eccettuati dall’affidamento alle cure del Collegio notarile, incaricato di conservare gli atti giudiziari civili e i protocolli di notai morti senza successori.111 Analogamente, gli statuti cremonesi trecenteschi, che pure riconoscevano ai notai la proprietà di tanta parte della documentazione giudiziaria da essi redatta (cum acta sua sint), si sforzavano d’imporre loro la scrittura in uno libro ligato di accuse, querele, inquisizioni e altri atti criminali, in vista di una loro consegna ai notari dell’Armarium comunale,112 e analoga specifica attenzione per le scritture criminali esprimeva la più tarda normativa milanese.113 Quanto poi la realtà possa esser stata diversa da quella prefigurata nella normativa locale si può peraltro apprezzare scorrendo documentazione più tarda che riferisce della mancata osservanza delle norme, tentando al contempo di ribadirla,114 oppure semplicemente constatando nei fatti gli esiti odierni di quelle antiche politiche di conservazione. Ma avremo modo di tornare più avanti sugli aspetti legati alla tradizione della documentazione criminale.
22Se concentriamo adesso la nostra attenzione sulla produzione documentaria imperniata sull’ufficio podestarile ‘al criminale’ e sull’attività dei suoi giudici ad maleficia, notiamo innanzitutto come il ruolo dei notai al loro diretto servizio sia nei fatti assai più significativo di quanto potrebbe apparire se considerassimo esclusivamente il fatto che essi si collocano alla base della piramide istituzionale con la quale possiamo raffigurare la familia del podestà. Basti infatti pensare che ogni liber o quaternus prodotto in curia è direttamente riferibile al notaio estensore, esclusivo responsabile della sua redazione (il registro è redatto al tempo del podestà X, per il giudice Y, ma esclusivamente dal notaio Z). Se passiamo poi dall’ambito della produzione a quello della conservazione del materiale prodotto, la nostra piramide addirittura s’inverte: i condizionamenti derivanti dall’operato del notaio estensore – generalmente forestiero –, come pure dall’attività di quelli che prendono in carico la documentazione – di norma autoctoni – risultano ancor più rilevanti. Ed è proprio la frequente provenienza forestiera dei notai ad maleficia, le cui scritture in assenza di obblighi di versamento sarebbero con ogni probabilità finite fuori dalla portata di eventuali interessati a richiederne copia, a consigliare ai governanti cittadini di non far inserire più le sequenze di atti procedimentali d’ambito criminale nei ‘normali’ registri d’imbreviature, bensì in registri specifici (libri potestatis, libri curie, libri maleficiorum), nonché la conservazione di tali registri in strutture pubbliche.115
23Necessità irrinunciabile pare quindi essere stata quella di organizzare la conservazione a fini di custodia e di copia, così da renderla funzionale alla gestione di un vero e proprio archivio di sedimentazione quale servizio per una potenziale utenza. Esemplare è il caso della Camera actorum bolognese, attiva sin dal pieno Duecento nella conservazione e gestione di documentazione amministrativa e giurisdizionale d’ambito criminale, prodotta prevalentemente dagli ufficiali forestieri delle curie cittadine e dai loro notai.116 Quest’ultima, in particolare, è costituita da sequenze documentarie inserite in registri tipologici (di accuse, inquisizioni, testimonianze, bandi, condanne e assoluzioni i più numerosi, ma anche di relazioni di ministeriali e difese) prodotti nel periodo di carica di ciascun giusdicente dai notai al servizio dei due iudices malleficiorum.117 L’inventario e i successivi elenchi di consegna redatti al termine di ogni mandato podestarile mostrano un ordinamento coincidente con la sedimentazione fisica dei registri ‘per giusdicente’, nell’ambito di casse numerate in progressione ed altri ricettacoli funzionali alla conservazione corrente di materiale continuamente gestito al fine di permetterne la consultazione per scopi pratici. Così, nelle parole di Diana Tura riportate da Massimo Vallerani, i notai che gestiscono l’archivio «diventano titolari di un potere di mediazione fra gli organi di governo e i cittadini». Va da sé, quindi, che l’attuale ordinamento della documentazione per serie tipologiche costituisce un’artificiale creazione del secolo XIX.118
24Forse quello che oggi appare come un monumento all’archivistica medievale non doveva essere un caso isolato nell’Italia del Duecento. Significative analogie si riscontrano, ad esempio, nel caso dell’importante ‘centro minore’ di San Gimignano, certamente uno dei meglio documentati: come ricostruito da Leonardo Mineo grazie al confronto tra la normativa statutaria ed alcuni elenchi di consegna risalenti alla metà del Duecento, oggi conservati tra le Carte strozziane, la documentazione giurisdizionale era affidata a un tenitor actorum incaricato anche della custodia delle masserizie del comune e sedimentava ‘per giusdicente’ sin dagli anni Venti del XIII secolo.119 Come nel caso bolognese, «la successione inventariale era incentrata sulla distinzione dei successivi versamenti operati dai podestà» (ad esempio, tempore domini Alberti comitis), così come prescritto dalla normativa statutaria verosimilmente già a inizio Trecento, mentre più sinteticamente e senza alcuna indicazione in merito al loro condizionamento o cartulazione venivano elencati i libri (liber maleficiorum, liber condepnationum, liber treuguarum, liber testium, liber intratarum et expensarum, liber consilii, liber intratarum et expensarum, liber intratarum et expensarum, liber intratarum et expensarum, liber licterarum, liber intesinarum, liber causarum, liber preceptorum et tenutarum, liber bannitorum), il cui ordinamento non era quindi impostato sulla base di serie tipologiche, bensì su di un vincolo che risiedeva nella figura del podestà e della sua carica di durata semestrale. Ulteriore analogia col caso bolognese è rappresentata dal «vero e proprio servizio di copia direttamente gestito da ufficiali del comune» previsto dagli statuti sangimignanesi del secondo decennio del Trecento. Struttura e funzioni non dissimili pare aver avuto il sistema di conservazione e gestione documentaria delle scritture degli ufficiali forestieri conservate nell’Armarium communis previsto nel vicino centro di San Miniato dagli statuti del 1337.120
25Per quanto più in generale riguarda le modalità di organizzazione delle carte d’ambito giurisdizionale, è possibile ancor oggi rilevare tracce di antichi sistemi di archiviazione ‘per giusdicente’ o ‘per notaio’ delle carte prodotte dagli attuari di banco. Si tratta di sistemi verosimilmente connessi – come abbiamo visto – all’uso attestato in Toscana e in Veneto, ma anche nello Stato pontificio (con esempi a Perugia, Narni e nella Marca d’Ancona), di condizionare registri e filze di atti in ‘pacchi’ semestrali o annuali corrispondenti al periodo di carica dei giusdicenti ‘serviti’ dai notai, prassi di produzione che talvolta orientava anche le modalità di conservazione. Peraltro, l’abbandono di sistemi di conservazione ‘per giusdicente’ o ‘per notaio’ sembra essersi verificato già nel corso dell’Età moderna per motivi connessi a una diversa prassi di gestione delle carte, dando luogo a ordinamenti ‘topografici’ – come per la documentazione giudiziaria della Toscana senese – o basati sulla creazione di serie tipologiche di registri ed atti, quest’ultime particolarmente frequenti nel caso di rimaneggiamenti otto-novecenteschi di fondi un tempo organizzati ‘da’ o ‘per’ notaio.121
26E andiamo infine a cercare le ragioni più profonde della conservazione di libri e acta d’ambito ‘criminale’, come pure della successiva tradizione documentaria: quel «potente ed esteso filtro» evocato da Paolo Cammarosano,122 tale da comprendere tanto gli spurghi settecenteschi e di primo Ottocento – tra i «vuoti» più clamorosi ricordiamo la quasi completa distruzione di decine di migliaia di unità archivistiche ‘criminali’ attuata per la Toscana senese da Pietro Leopoldo nel 1774123 – quanto la selezione ‘originaria’ in itinere attuata tra Medioevo ed Età moderna,124 privilegiando spesso proprio la conservazione di registri di sentenze o bandi, ma talvolta anche di ‘riepiloghi’ tali da lasciar memoria degli aspetti ‘finanziari’ inerenti all’amministrazione della giustizia ‘criminale’. Già qualche anno fa proprio Cammarosano poneva il problema della diversa tradizione della documentazione civile rispetto alla criminale: le ricerche in seguito condotte su numerosi testi normativi e, soprattutto, l’esame di altrettanto numerosi fondi archivistici ancor oggi conservati indicano come sin dal XIII secolo si sia manifestata la tendenza a una diversa e più diretta attenzione da parte delle autorità comunali verso le scritture criminali rispetto alle civili.125 Di tale attenzione sono prova tanto le prescrizioni inerenti alla salvaguardia del materiale giurisdizionale prodotto da ufficiali e notai forestieri delle quali si è detto poc’anzi, quanto la dettagliata normativa volta ad assicurare la produzione e la consegna agli ufficiali comunali della documentazione criminale, nonché l’effettiva tradizione di unità o serie archivistiche, nei casi più antichi anche solo di semplici elenchi di condanne e assoluzioni, bandi e banditi, da conservare presso gli uffici del comune, forsanche in relazione alle loro competenze finanziarie.126 Ampi sono i riferimenti bibliografici ai libri exbannitorum, da Peter Raymond Pazzaglini su Siena ad Attilio Bartoli Langeli su Perugia o, più recentemente, da Laura Baietto per i comuni piemontesi a Giuliano Milani per Bologna.127 Con riferimento alla documentazione fiorentina duecentesca, ormai perduta, Andrea Zorzi ha ricordato come si abbia notizia di libri exbannitorum (significativamente pro maleficio e per debito) «sin dal terzo decennio del Duecento, in coincidenza con il consolidamento del sistema podestarile di amministrazione della giustizia».128 E Massimo Vallerani ricorda come tra la documentazione conservata con maggior continuità nel pur ricco ambito perugino vi siano i registri di bandi e condanne, attribuendo tale sopravvivenza non solo a una selezione casuale, bensì al duplice valore di tali tipologie di registrazione: «giudiziario per un verso, […] finanziario per l’altro».129 E proprio la valenza politica ed economica di tali serie documentarie ha favorito in taluni casi una loro conservazione (come a Perugia, ma anche a Siena), talaltra provocandone una loro violenta dispersione, come nella Firenze del 1343.
27In particolare, testimoniano di una specifica attenzione da parte dei comuni cittadini per la conservazione di documentazione criminale presso uffici ‘di camera’ i peraltro ricordati casi di Siena e Genova,130 ma anche quelli di Savona, Cremona, Milano, Bologna, Perugia, Foligno, Assisi, Gubbio e Città di Castello,131 come pure Chieri,132 Bassano,133 Albenga,134 ai quali casi si possono affiancare anche quelli di Reggio Emilia e Treviso,135 mentre un più generale interesse per la conservazione di documentazione giudiziaria civile e criminale nell’ambito di strutture comunali è attestata, ad esempio, anche nei casi di Lodi, Lucca, Siena, Firenze e Padova.136
28Come a suo tempo suggerito, un’ulteriore linea di ricerca potrebbe quindi verificare proprio l’esito di tali prescrizioni sui complessi documentari d’ambito criminale tràditi da alcune camere communis, da considerare per questo rispetto – stante la funzione di ufficio finanziario rivestita dalle Camere stesse – come ‘archivio-thesaurus’ di destinazione e non solo come ‘archivio-sedimento’ di natura giurisdizionale: possiamo pensare che tali registri e atti criminali fossero conservati nell’archivio, per così dire, ‘privato’ del comune in quanto utili in primo luogo alla difesa dei suoi diritti – quali ad esempio l’esazione di multe – e che la loro preservazione non fosse dunque concepita esclusivamente in funzione di supporto all’autorità giudiziaria.137 A questo proposito, con riferimento agli Stati sabaudi (ove a una quasi totale assenza di libri maleficiorum si accompagna la conservazione dei ‘conti delle castellanie’, per alcune sedi con continuità da fine Duecento o primo Trecento), si veda quanto recentemente suggerito da Ilaria Curletti e Leonardo Mineo, con riferimento alla prima Età moderna: «La ratio di fondo rimaneva, in ogni caso, quella di mantenere il controllo sulla catena conservativa degli atti relativi agli emolumenti che le casse ducali dovevano percepire dall’azione della giustizia criminale, più per salvaguardare e attestare i diritti patrimoniali del Fisco che non per finalità di autodocumentazione a supporto dell’attività repressiva statuale».138 Ancor più esplicito è Lorenzo Tanzini, con riferimento alla documentazione giudiziaria prodotta e conservata nel territorio fiorentino: «la dimensione puramente contabile-finanziaria dell’esercizio della giustizia, sia penale sia civile, risulta preponderante nell’orientare le pratiche documentarie, e assume anzi un ruolo chiave nel giustificare anche le scelte di conservazione».139
29In definitiva, sul piano degli esiti archivistici sembra quindi confermata quella sorta di ‘gerarchia’ della conservazione della documentazione giudiziaria proposta anni or sono: da quella più frequentemente considerata di proprietà del notaio (deposizioni testimoniali) a quella spesso presente negli archivi notarili – ‘pubblici’ o ‘personali’ – al fianco dei protocolli di atti privati o, a seconda dei casi, ‘commista’ con essi (atti civili, in filza o in registro), fino a quella prodotta anche nell’interesse delle curie in forma di registro, comunque talvolta conservata nell’archivio del notaio (registri di cause civili), sino a quella quasi sempre conservata dal ‘pubblico’ in qualità di ‘parte in causa’, sia in forma di registro che di atti (documentazione d’ambito criminale).140
30Per quanto riguarda gli esiti concreti delle ‘strategie’ di conservazione e, quindi, della tradizione documentaria, il confronto di quanto prefigurato dalla normativa con le prassi effettivamente poste in essere, nonché l’analisi di quanto sino ad oggi effettivamente conservato possono suggerire varie linee d’interpretazione di una ‘geografia delle fonti’ quanto mai articolata. È certo che le città più fortunate sul piano della densità documentaria ‘al criminale’, con serie sostanzialmente continue sin dal XIII secolo – Bologna, Perugia141 – come pure le altre che conservano la più consistente massa di libri maleficiorum, sia pur in maniera preponderante dal secolo successivo – Firenze e Lucca,142 ma anche Siena143 – rientrano nel novero dei centri maggiori dell’Italia comunale. È però vero che una densa conservazione di ‘criminali’ duecenteschi o di primo Trecento è riscontrabile anche nel caso di ‘quasi città’ o piccole città, quali San Gimignano, Prato e Volterra.144 E lo stesso potremmo osservare scendendo di uno o due gradini, tanto sul piano della densità di conservazione di libri maleficiorum quanto su quello della scala demica e politico-sociale dei centri interessati. Troviamo infatti sia rilevanti città con una tradizione documentaria d’ambito giurisdizionale assai esile145 e, di contro, centri che possiamo definire ‘minori’ caratterizzati da una ricchezza archivistica che in taluni casi non può non sorprendere: per rimanere al caso toscano, Arezzo,146 Montepulciano, Fucecchio, Massa Marittima o Castiglion Fiorentino,147 nonché i Vicariati lucchesi i cui archivi – spesso molto copiosi – si conservano presso il locale Archivio di Stato.148
31Pare quindi evidente come, pur non potendo prescindere da considerazioni inerenti alla ‘scala’ dei rispettivi centri di produzione all’epoca in cui tale produzione ebbe luogo (città, ‘quasi città’ e città minori, terre, castra e burgi), ogni tentativo di ‘geografia della conservazione’ dei libri maleficiorum debba necessariamente incrociare tale dato con considerazioni inerenti a una tradizione che spesso si è nutrita di norme e prassi sviluppatesi nel tempo o di eventi particolari verificatisi in epoche ben più recenti. A uno stadio ancora aurorale della ricerca, che grazie alla preziosa collaborazione di colleghi e amici impegnati in Soprintendenze archivistiche, Archivi di Stato, archivi comunali, biblioteche e archivi diocesani spero possa un giorno portare a un censimento ‘completo’ dei libri maleficiorum, pare significativo considerare come oltre i due terzi degli archivi che ancor oggi conservano unità archivistiche d’ambito criminale risalenti al XIII secolo siano collocati nelle regioni dell’Italia centrale, e in particolare nei territori degli antichi Stati toscani (Firenze, Siena) e dello Stato Pontificio (Romania, Umbria, Marche), con solo una mezza dozzina di casi ‘esterni’ a quest’area.
32Tra i casi toscani si segnalano, oltre a quello di San Gimignano, i pur significativi esempi di Prato, Siena e Pistoia, nonché le sporadiche presenze di registri duecenteschi rilevabili a Volterra, Colle Val d’Elsa e Castiglion Fiorentino;149 per l’area umbro-marchigiana, oltre all’eccezionale caso di Perugia, ove si conservano oltre 200 registri, si segnalano quelli di Orvieto e Todi,150 nonché le presenze più contenute riscontrabili a San Ginesio, Matelica, Macerata e Gubbio;151 su tutti si staglia com’è noto il caso delle curie bolognesi,152 cui sono da riferire oltre 1.300 unità archivistiche, costituenti circa i tre quarti della documentazione ‘criminale’ duecentesca conservata. Ben poco troviamo al di fuori dell’area testé delineata: presenze significative di registri duecenteschi si riscontrano in corrispondenza delle sedi giurisdizionali di Murano e Torcello, entro il Dogado,153 laddove sporadiche sono quelle rilevabili a Venezia stessa e nella città dalmata di Ragusa/Dubrovnik;154 un numero significativo di registri ‘criminali’ è presente a Pinerolo, nel Piemonte sabaudo,155 mentre assumono carattere episodico le presenze rilevate in altri centri, quali Savona,156 Mantova e Reggio Emilia.157
33La proporzione sostanzialmente non cambia se estendiamo l’analisi alla documentazione risalente al secolo successivo.
34Allargando lo sguardo alla documentazione trecentesca, il panorama toscano si arricchisce sensibilmente e giunge a comprendere, oltre ai pur rilevanti casi citati alla nota precedente, centinaia di registri conservati negli archivi lucchesi e relativi tanto alle curie cittadine quanto ai centri giurisdizionali del territorio,158 migliaia di registri prodotti dalle curie fiorentine,159 nonché alcune centinaia di registri prodotti da giusdicenti periferici (podestà e vicari) dello Stato fiorentino – con la sola eccezione della città ‘senese’ di Massa Marittima160 – e conservati come da tradizione presso i locali archivi; si tratta, in particolare, dei cospicui casi di Arezzo, Montepulciano e Fucecchio, quest’ultimo comprendente anche registri risalenti al periodo anteriore alla dominazione fiorentina,161 delle presenze più contenute, talvolta sporadiche, rilevate a Santa Croce sull’Arno, Monsummano, Anghiari e Certaldo, nonché a Palazzuolo sul Senio e Modigliana nella Romagna fiorentina,162 o nei centri di Foiano della Chiana e Poppi, all’epoca ancora soggetti rispettivamente al comune di Perugia e ai Conti Guidi.163 Ai rilevanti casi citati alla nota precedente, per l’area umbra si aggiungono – estendendo lo sguardo al Trecento – quello altrettanto rilevante di Spoleto,164 nonché i più modesti complessi documentari conservati a Montone, Cannara – anche con riferimento alla sede giurisdizionale di Colle Mancio – e Cascia,165 ai quali si affianca il caso alto-laziale di Acquapendente.166 Le considerevoli realtà documentarie marchigiane di Recanati e Fano,167 Tolentino e Montalboddo (oggi Ostra)168 – quest’ultime tardo-trecentesche – si aggiungono a quelle altrettanto rilevanti segnalate poc’anzi con riferimento al Duecento,169 assieme a quella più modesta di Arcevia.170 È comunque ancora Bologna a tramandare la gran parte della documentazione ‘criminale’ trecentesca, tanto nei fondi delle curie cittadine quanto in quelli prodotti da vicari e capitani del territorio,171 una parte dei quali si conserva presso l’archivio comunale di Bazzano,172 mentre in quelli di Bagnacavallo e Imola, nella Romagna pontificia, troviamo registri di condanne del podestà risalenti alla prima metà del Trecento e documentazione ‘criminale’ prodotta in località dell’Imolese nella seconda metà del secolo.173 Alla situazione presente in alcuni dei maggiori centri marchigiani e romagnoli è possibile accostare quella riscontrabile a San Marino, ove dagli anni Sessanta del XIV secolo prende avvio una consistente e articolata serie di registri ‘criminali’ destinata ad accrescersi considerevolmente nel corso del Quattrocento.174
35Al di fuori dell’area così individuata, per quanto concerne i domini veneziani si aggiungono ai significativi nuclei documentari di XIII secolo testé citati175 i fondi relativi ai podestà di Lio Mazor e Chioggia entro il Dogado,176 il materiale ‘criminale’ trevigiano della cosiddetta Miscellanea giudiziaria d’ambito notarile e i frammenti più antichi relativi alla podesteria di Cordignano,177 una serie vicentina di bandi e sentenze criminali178, ma soprattutto la documentazione prodotta dai giusdicenti del cosiddetto Stato da Mar sin dal secolo XIV.179 Non molto consistenti sono i sedimenti documentari ‘criminali’ prodotti nei centri del Patriarcato di Aquileia prima della conquista veneziana, limitati di fatto ad alcuni frammenti provenienti dalla curia udinese e ad alcuni registri cividalesi,180 mentre è invece piuttosto rilevante la documentazione criminale risalente alla dominazione di Pandolfo III Malatesta su Brescia nel primo Quattrocento – conservata grazie a una tradizione archivistica marchigiana181 – ed è di notevole consistenza la serie di registri criminali prodotti nel corso del Trecento presso la corte di giustizia triestina.182 Solo un frammento di quanto le corti di giustizia di Trento hanno prodotto ‘al criminale’ nel corso del Trecento è giunto sino a noi,183 mentre poco più articolato risulta il panorama documentario per il secolo successivo, comprendente una mezza dozzina di registri relativi anche alle giurisdizioni di Stenico e delle valli di Fiemme, di Non e di Sole, nonché alcuni registri roveretani e un inventario librorum criminalium della cancelleria di Riva del Garda prodotti durante il dominio veneziano.184 Piuttosto ampio è il panorama dei fondi archivistici degli Stati sabaudi recanti registri criminali trecenteschi: accanto alla documentazione presente a Pinerolo, della quale si è detto poc’anzi185, si collocano le ben più consistenti serie di registri ‘criminali’ prodotte a Chieri, Moncalieri e Vercelli e custodite nei rispettivi archivi comunali,186 nonché quella relativa alla giurisdizione temporale dell’abate di San Giusto di Susa conservata presso l’Archivio di Stato di Torino;187 altrettanto consistente risulta la serie contabile recante memoria, tra l’altro, di entrate derivanti da pene pecuniarie e conservata nel fondo Camera dei conti di Savoia del medesimo Archivio di Stato,188 mentre appare frammentaria la poca altra documentazione criminale trecentesca presente in alcuni fondi (Camera dei conti di Piemonte e Camera dei conti di Savoia) dello stesso Archivio torinese, nonché presso l’Archivio storico del Comune di Torino e presso quello di Cherasco.189 In area ligure, accanto all’ancor poco consistente documentazione savonese,190 dalla seconda metà del Trecento si collocano tanto la serie di registri ‘criminali’ del comune di Albenga quanto le ancor più consistenti serie genovesi, costituite però dagli esiti contabili di condanne a pene pecuniarie, nonché da una copiosa miscellanea giudiziaria originatasi dall’attività svolta dai notai al servizio delle curie cittadine.191 Nel contesto lombardo, dagli ultimi decenni del Trecento una serie di registri ‘criminali’ vogheresi e alcuni registri di sentenze ‘criminali’ del podestà di Milano si affiancano alla frammentaria documentazione mantovana citata in precedenza.192 Per ciò che concerne i domini estensi, sono verosimilmente i loro diretti risvolti contabili ad aver determinato l’interesse per la conservazione dei registri della serie Malefizio del fondo Contabilità e uffici particolari dell’Archivio camerale di Modena, mentre decisamente più consistenti appaiono le serie ‘criminali’ reggiane, con alcune tracce sin dall’età viscontea.193
36Il quadro complessivo non muta di molto se giungiamo a comprendere nella nostra analisi i libri maleficiorum quattrocenteschi.194 Ancor più ‘sbilanciato’ in favore dell’area centro-italiana testé individuata sarebbe il risultato della nostra analisi se considerassimo esclusivamente le serie consistenti e continue di registri, tralasciando la presenza in archivio di unità archivistiche isolate, per non parlare del risultato che potrebbe derivare da un’analisi meramente ‘quantitativa’ del numero delle unità archivistiche conservate: per la maggior parte, in assoluto, nei soli fondi di Bologna, Perugia, Lucca e Firenze. Radicalmente diversa sarebbe invece la situazione se estendessimo le nostre considerazioni alla documentazione prodotta a partire dalla prima Età moderna, caratterizzata da una distribuzione tendenzialmente sempre più omogenea in relazione al progressivo diffondersi di strutture archivistiche – centralizzate o decentrate – finalizzate a una conservazione sistematica della documentazione d’ambito giurisdizionale.
37È noto come in questo genere di ricerche ad ogni considerazione di natura quantitativa debba essere attribuito un valore puramente indicativo e come la reale consistenza di ogni eventuale fenomeno di cui si ipotizzi l’esistenza debba essere verificata e provata mediante uno scavo documentario sistematico. Lungi quindi da me ogni possibile deriva ‘deterministica’ in merito alla conservazione e alla tradizione di archivi e documenti. Può tuttavia sembrare non casuale la corrispondenza di alcuni aspetti significativi della ‘geografia della conservazione’ proposta a suo tempo nel convegno senese del 2008 ricordato in apertura,195 prevalentemente sulla base di un’analisi a tappeto della normativa di età basso-medievale e moderna e della verifica su alcuni ‘campioni’, coi risultati dell’abbozzo di ‘censimento’ tentato in questa sede. In particolare, la densità di libri maleficiorum di età medievale appare oggi più consistente laddove, sin da epoche piuttosto risalenti, alla memoria ‘notarile’ si è precocemente affiancata la conservazione di documentazione su registro assicurata da autorità comunali o signorili in archivi di natura pubblica – prevalentemente nei centri maggiori – e, soprattutto, laddove sin dalla prima Età moderna si è proceduto alla conservazione sistematica dell’intera produzione documentaria notarile, sia ‘privata’ sia ‘giudiziaria’, tanto in grandi archivi centralizzati (Lucca e Toscana senese, per quanto si debba ancora ricordare il rovinoso ‘spurgo’ del 1774), quanto in una fitta rete di archivi dispersi sul territorio a beneficio di un’utenza ‘locale’ (Toscana fiorentina, Stato pontificio).196
38Per quanto concerne i territori emiliano-romagnoli compresi in Età moderna entro la giurisdizione dello Stato pontificio, oltre all’eclatante caso bolognese,197 una quantità piuttosto consistente di registri ‘criminali’ risalenti alla tarda età medievale si riscontra a Cesena,198 mentre una decisa rilevanza assume la documentazione ‘criminale’ tre-quattrocentesca prodotta in alcune decine di centri giurisdizionali del territorio e attualmente perlopiù conservata presso l’Archivio di Stato di Bologna.199 In area umbra, oltre all’eccezionale caso perugino,200 documentazione ‘criminale’ di una certa entità si conserva per l’età medievale in quelli di Assisi, Orvieto, Spoleto, Terni e Todi,201 ma anche in una nutrita serie di centri meno cospicui.202 Piuttosto consistente è anche il patrimonio documentario ‘criminale’ di età medievale ancor oggi capillarmente distribuito nella porzione centrale dell’antica Marca d’Ancona, in realtà quali Macerata, Matelica, Recanati, San Ginesio, San Severino e Tolentino,203 Montalboddo (oggi Ostra),204 Fermo205 o più a nord, sino a Fano.206 Non molto ricca la superstite documentazione quattrocentesca delle curie cittadine di Roma,207 una concentrazione significativa di registri ‘criminali’ di età basso-medievale si riscontra invece, con ben poche eccezioni,208 nell’Alto Lazio, ove tale documentazione è presente in alcuni fondi dell’Archivio di Stato di Viterbo e nella biblioteca civica di quella città209, nonché negli archivi comunali di Acquapendente, Capranica, Nepi e Orte.210
39Per ciò che riguarda l’articolato contesto toscano, abbiamo già segnalato il caso della città di Lucca e delle giurisdizioni del suo territorio,211 nonché quello comunque significativo della città di Siena,212 cui è da affiancare la documentazione prodotta dai giusdicenti del contado, tràdita in misura invero minimale dal grande Archivio pubblico notarile costituito intorno alla metà del Cinquecento,213 nonché quella ancor oggi conservata nei due centri maremmani di Massa Marittima e Orbetello,214 caratterizzati da autonome forme di conservazione documentaria. Infine, oltre alla ricca documentazione criminale prodotta dalle magistrature operanti in Firenze e ai casi comunque significativi di Arezzo, Castiglion Fiorentino, Fucecchio, Montepulciano, Pistoia, Prato, San Gimignano e Volterra testé ricordati,215 numerosi sono i centri ‘minori’ dello ‘Stato vecchio’ fiorentino ove è attestata la presenza – talvolta sporadica – di documentazione ‘criminale’ anteriore al XVI secolo.216
40Non pare quindi un caso che livelli di conservazione piuttosto elevati, sebbene sensibilmente inferiori rispetto a quelli dell’area ‘centro-italiana’ testé individuata, siano rilevabili in aree caratterizzate da sistematici interventi di natura statale di poco successivi rispetto a quelli testé evocati, come ad esempio nei casi del Dogado, dei Domini di Terraferma e dello Stato da Mar della Repubblica di Venezia.217 In tale contesto è nella compresenza di poteri locali e interventi centrali, rappresentati rispettivamente da giudici e notai di collegio e rettori veneziani che si gioca la conformazione del sistema archivistico, sempre in bilico tra conservazione notarile, all’uso locale, e strutture cancelleresche al servizio dei rettori, le quali richiamano, se vogliamo, quelle presenti nei domini fiorentini. In particolare, gli archivi dei rettori veneti conservati presso le strutture comunitative tendono ad assumere caratteristiche ricorrenti, comprendendo registri (libri) di atti civili, criminali e/o lettere e fascicoli di processi, legati in volumi organizzati ‘per reggimento’ (ovvero ‘per pacchi’ intitolati al rettore) o, a seguito d’ordinamenti successivi, ordinati in ‘serie’ secondo la tipologia degli atti. Pur in presenza di tentativi d’istituzione di archivi destinati alla conservazione di tutta la documentazione notarile privata e giudiziaria, civile e criminale, è dopo il provvedimento generale del Senato che nel 1612 ordinò l’istituzione di un Archivio generale delle scritture dei notai defunti in tutte le città dello Stato – per quanto distintamente da questa iniziativa – che cominciò ad essere conservata sistematicamente anche la documentazione dei rettori veneti.
41Per quanto concerne i territori della Serenissima, oltre al caso della città di Venezia,218 nel Dogado si riscontra la presenza di documentazione medievale d’ambito ‘criminale’ di una certa consistenza relativamente ai centri di Chioggia, Murano, Torcello e Lio Mazor,219 mentre nella Terraferma una significativa conservazione di tale documentazione risulta circoscritta ad alcune città, quali Padova, Treviso, Pordenone, Udine, Cividale, Verona, Vicenza, Brescia e Bergamo,220 nonché a un’ulteriore serie di centri meno cospicui, tra i quali si segnala quello di Noale, unico in area veneta in cui un rilevante fondo ‘criminale’ di età medievale risulta conservato in un archivio comunale.221 Un certo rilievo assume infine la documentazione ‘criminale’ prodotta dai giusdicenti dello Stato da Mar: di notevole consistenza quella del duca di Candia222 e quella degli ufficiali di Pirano d’Istria/Piran,223 decisamente sporadica – ma significativa proprio per la sua ampia ‘disseminazione’ – quella prodotta nella Ragusa/Dubrovnik ancora veneziana e nelle località di Spalato/Split, Curzola/Korcula e Traù/Trogir sin dal XIV secolo224 o in quelle di Cittanova/Novigrad, Parenzo/Porec, Pinguente/Buzet, Rovigno/Rovinj, Ossero/Osor e Capodistria/Koper dal secolo successivo,225 mentre un esame più approfondito sembrano richiedere i fondi conservati in altri centri d’oltremare, come ad esempio a Corfù.226
42Se infine dall’Italia dei comuni maggiori, delle ‘quasi città’ e dei ‘centri minori’ e dall’Italia degli Stati di Antico regime passiamo all’Italia contemporanea, ovvero alla ‘geografia della conservazione’ definita nel corso dell’Ottocento e fotografata tanto dalla Guida generale degli archivi di Stato italiani e dalle altre guide ‘settoriali’ delle quali si è detto, come pure dai portali che l’amministrazione archivistica statale e le amministrazioni locali hanno predisposto e stanno tuttora incrementando, non possiamo esimerci da un’ultima considerazione complessiva: sebbene in alcuni casi gli archivi comunali – e in taluni casi le biblioteche civiche, come nel caso di Trieste227 – conservino fondi ‘criminali’ di eccezionale ricchezza e costituiscano in certe aree della Penisola una porzione determinante della ‘rete’ di archivi giurisdizionali presenti sul territorio (Toscana ‘fiorentina’, Italia centrale ‘pontificia’), non possiamo non considerare come la porzione preponderante dei libri maleficiorum di età medievale si conservi attualmente presso gli Archivi di Stato, sebbene in alcuni casi – tra cui quelli di Arezzo e Perugia – si tratti di depositi di documentazione ancor oggi di proprietà comunale (e qui potremmo offrire argomento per un ulteriore convegno, di archivistica stavolta). In definitiva, se è noto il carattere urbanocentrico della produzione, conservazione e tradizione documentaria di età basso- e tardo-medievale228, tale carattere risulta ancor più evidente in relazione alla documentazione d’ambito giurisdizionale, massimamente nel caso di quella ‘criminale’.
43Una condizione del tutto particolare contraddistingue infine molte giurisdizioni feudali, ove la patrimonialità delle scritture – elemento che in termini archivistici si configura come un aspetto del vincolo istituzionale – perteneva più frequentemente al feudatario che non all’estensore della documentazione, come attestato ad esempio, sin dentro l’Età moderna, per molti feudi toscani o nei ‘luoghi baronali’ dello Stato pontificio, anche nel caso in cui di quelle giurisdizioni fossero titolari enti ecclesiastici. E a questo proposito si pensi ai fondi relativi al feudo episcopale senese di Murlo o alla giurisdizione dell’abate di San Giusto di Susa, comprendenti documentazione ‘criminale’ di età tardo-medievale, mentre quello relativo alla giurisdizione episcopale novarese della Riviera d’Orta ne conserva solo a partire dall’Età moderna.229
Documentazione giurisdizionale d’ambito criminale negli archivi ecclesiastici (sec. XIII-XVI)
44Centrale è la presenza del notaio nel sistema documentario ecclesiastico tardo-medievale, quale estensore e conservatore-proprietario della documentazione: con la definitiva perdita della publica fides da parte del vescovo a seguito del Concilio lateranense IV (1215) e il contestuale avvio della strutturazione del tribunale vicariale, prende avvio quella che Giuseppe Chironi ha definito – in relazione al caso senese, ma con valenza francamente generale – la ‘fase notarile’ nel processo di strutturazione del sistema documentario della Chiesa cittadina.230 S’inquadra certamente in questo contesto il processo di fidelizzazione dei notai al servizio della curia diocesana descritto magistralmente da Gian Giacomo Fissore per il caso astigiano di Giacomo Sarraco.231 In un contesto di tal genere – suggerisce Chironi – non siamo dinanzi a una vera cancelleria, in cui la documentazione prodotta è di proprietà dell’ente o ‘soggetto produttore’: in presenza di un sistema documentario affidato integralmente a notai laici, questi restano proprietari della documentazione e la trasmettono ad altri notai, con la conseguenza che l’«autore del documento in senso diplomatistico non genera un archivio», se non un archivio thesaurus di destinazione, nel quale ricoverare documentazione a difesa di diritti, ma non registrazioni ordinarie di tipo seriale, sino ad epoche piuttosto recenti.232
45Chironi svolge quindi considerazioni inerenti all’avvento di documentazione su registro con riferimento all’ambito giurisdizionale ecclesiastico, con evidenti riscontri anche nel contesto giurisdizionale laico di età basso-medievale. Considerando come «l’esercizio della giurisdizione contenziosa comportasse da un lato l’esigenza di produrre documenti dispositivi (sentenze), e dall’altro di testimoniare le varie fasi procedurali che la tecnicizzazione del diritto aveva elaborato», si rileva come la forma dell’instrumentum probativo risultasse «non perfettamente funzionale alla comunicazione all’esterno delle decisioni prese dal giudice nell’ambito del procedimento (decreti, citazioni, sentenze), né […] alla memorizzazione ‘interna’ delle fasi, come l’esibizione di strumenti e altre prove testimoniali». Se la pratica notarile poteva offrire un modello valido per la redazione in scriptis delle prove testimoniali, «per gli altri documenti il riferimento più ovvio era nelle litterae».233 Se in presenza di un’attività giudiziaria relativamente contenuta il notaio poteva recuperare dai propri protocolli le informazioni necessarie,234 nel caso di un incremento di tale attività la soluzione più semplice parve quella di utilizzare nell’ambito della funzione attuariale per conto del tribunale un registro specifico, sostitutivo del protocollo personale: «è la funzione stessa dei documenti ad aver imposto il passaggio dai protocolli ai registri, cioè verso un luogo di memorizzazione specifico, fatto peraltro reso evidente già nei primi registri giudiziari conservati».235
46In un contesto ancora dominato da ‘bastardelli’, ‘protocolli’, e libri extensorum di proprietà notarile – per quanto talvolta finiti in mano ecclesiastica in epoche successive in seguito a lasciti o donazioni –, ai quali si affianca la tesaurizzazione di atti sciolti in pergamena relativi ai diritti episcopali, dagli ultimi decenni del Duecento comincia quindi a delinearsi la formazione delle prime serie documentarie su registro di proprietà vescovile certa. Tra questi, in ambito giudiziario, i libri actorum curie: «una sorta di diario giornale del tribunale» nelle parole di Antonio Olivieri,236 destinato ad accogliere registrazioni pertinenti a tutti gli ambiti di attività del vicario – in verità non solo in relazione alla giurisdizione contenziosa, ma anche a quella volontaria – in sequenza cronologica, acquisendo carattere di sedimentazione nel corso del Trecento.237 Come nel sistema notarile, il registro risulta ancora collegato a un unico notaio redattore, ma prefigura il modello cancelleresco nel suo legame univoco con l’organo produttore: la definizione di libri curie evidenzia tanto il vincolo istituzionale quanto la caratteristica di «registro indistinto riguardo alla materia».238 Si passa così da forme di conservazione legate prevalentemente all’archivio thesaurus verso una sempre più intensa sedimentazione di documentazione su registro. Il collegamento di un più stabile tribunale del vicario con un numero limitato di botteghe notarili e la contestuale tendenza del notaio stesso verso una marcata funzionarizzazione (notarius et nunc officialis curie episcopalis) costituiscono le condizioni per il passaggio dal protocollo al registro.239 Se da un punto di vista funzionale il legame essenziale è quello col vicario, il vincolo determinante è in realtà quello col bancum iuris.240
47Rimane dubbia la questione della proprietà: se i protocolli sono certamente di proprietà notarile (anche se possono essere ceduti o lasciati dai notai negli archivi degli enti ecclesiastici che hanno servito), i libri curie non sono necessariamente di proprietà del notaio, sebbene il vincolo col singolo notaio sia esclusivo. Possiamo comunque affermare che stante il rapporto fiduciario intercorrente tra vicario e curia coi notai al loro servizio, la disponibilità dei registri è assicurata indipendentemente dal regime di proprietà che li caratterizza.241
48Gli sviluppi successivi nel sistema documentario ‘di curia’ paiono caratterizzati – per lo più tra fine Trecento e pieno Quattrocento – da un’articolata produzione fondata su serie di registri tematici di proprietà dell’episcopato: libri «delle lettere», «delle collazioni», «delle visite», «degli inventari», «del criminale», «delle citazioni», mentre la serie dei libri curie evolve verso una serie di registri di «atti civili». Siamo in presenza di una vera e propria fase di transizione verso «il superamento del modo tipicamente notarile» di produzione documentaria: una sorta di «fase notarile intermedia» caratterizzata dall’introduzione di «alcune caratteristiche formali, oltre che organizzative, derivanti dal modello cancelleresco», in un contesto di relazioni di tipo schiettamente funzionariale tra il vicario generale e i ‘suoi’ notai.242
49È solo dal pieno Cinquecento, ma talvolta anche molto dopo, che i vescovi cominciano a servirsi in modo stabile di una cancelleria organizzata intorno alla figura del ‘notaio ecclesiastico’, punto di arrivo della progressiva funzionarizzazione dei notai di curia. La cancelleria è ora ad un tempo preposta alla produzione documentaria e alla gestione dell’archivio: un archivio «di sedimentazione» caratterizzato da una forte capacità ‘attrattiva’; contestuale a questo fenomeno, anche in ambito ecclesiastico, è il formarsi del fascicolo di atti tipico dell’Età moderna e contemporanea. Più in generale, come suggerito da Mario Montorzi, la publica fides del notaio, in grado di conferire fides explicita al documento con l’apposizione del signum, lascia gradualmente il campo a una cancelleria che si configura come «ufficio deputato alla produzione e conservazione dei documenti», capace di attribuire alla documentazione una fides implicita, derivante ora dal ruolo stesso e dall’autorità dell’ente produttore. Viene in definitiva sottratta al diretto controllo degli interessati la documentazione che li riguarda, in favore dell’adozione di un sistema di conservazione della memoria gestito dall’autorità emanante: nelle parole di Chironi, «un assetto del modo di conservazione della memoria che possiamo definire indubitabilmente moderno».243
50Se anche per quanto concerne la documentazione delle curie ecclesiastiche operiamo un confronto tra quanto prefigurato dalla normativa canonica e dalle prassi effettivamente poste in essere con l’analisi di quanto oggi conservato, possiamo tentare un primo abbozzo di una ‘geografia delle fonti’ peraltro assai ardua da tracciare. Disponiamo infatti di uno strumento d’inquadramento generale – la Guida agli archivi diocesani d’Italia244 – assai meno omogeneo, preciso e dettagliato rispetto alla Guida generale degli Archivi di Stato italiani, pur in presenza di rilevanti progetti di descrizione on line di quanto conservato negli archivi ecclesiastici italiani.245
51La ‘geografia’ così delineata presenta nondimeno alcune interessanti ‘sovrapposizioni’ con quella relativa alla documentazione criminale d’ambito laico, ma anche significative differenze: delle varie centinaia di archivi diocesani censiti, solo una ventina sembrano conservare documentazione su registro d’ambito giurisdizionale ‘criminale’ anteriore al XVI secolo. Un buon numero di tali archivi ha sede in Toscana o nelle terre dello Stato pontificio,246 ma sono ben rappresentate anche Venezia e la Terraferma,247 il Piemonte e l’area dei Ducati padani.248 Tracce di un’indubbia rilevanza dell’originaria memoria notarile sono evidenti in una dozzina di casi, ove le più antiche serie contenenti atti di curia sono costituite proprio da registri d’imbreviature (Fiesole, Pisa, Arezzo, Imola, Todi, Vicenza, Treviso, Padova, Ferrara, Torino e Mantova), ma per la conservazione ‘in sede’ e la nascita di veri e propri archivi appare determinante la nascita di cancellerie popolate di notai ecclesiastici individuata da Giuseppe Chironi nel periodo immediatamente precedente e contestuale all’assise conciliare tridentina.249 La presenza di documentazione giurisdizionale comincia così ad essere diffusa in un numero molto elevato di archivi diocesani a partire dai decenni centrali del Cinquecento, ovvero – e con una significativa similitudine rispetto ai coevi ambiti laici testé esaminati – nel momento in cui la normativa canonica e la prassi rendono inevitabile la creazione di stabili strutture di produzione e, conseguentemente, di conservazione di natura schiettamente pubblica.
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Abbreviazioni
AAV = Archivio Apostolico Vaticano
AS seguito dalla sigla corrispondente alla provincia = Archivio di Stato di
ASC = Archivio storico del comune di
ASD = Archivio storico diocesano di
ASRSM = Archivio di Stato della Repubblica di San Marino
SAS = Sezione di Archivio di Stato di
BNCF = Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
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Varanini 2012 = G. Varanini, Gli archivi giudiziari della Terraferma veneziana. Città e centri minori (secoli XV-XVIII), in Giorgi – Moscadelli – Zarrilli 2012, p. 337-357.
Viggiano 1990 = A. Viggiano, Fonti e studi su istituzioni giudiziarie, giustizia e criminalità nel Veneto del basso Medioevo, in Ricerche storiche, 20, 1990, p. 131-149.
Vitali 2011 = S. Vitali, Gli archivi di Stato italiani fra memoria nazionale e identità locali, in Le carte e la storia, 17-2, 2011, p. 119-129.
Zaninoni 1992 = A. Zaninoni, Fonti e studi su istituzioni giudiziarie, giustizia e criminalità nell’Emilia occidentale del basso Medioevo, in Ricerche storiche, 22, 1992, p. 175-186.
Zorzi 1988 = A. Zorzi, L’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina. Aspetti e problemi, Firenze, 1988.
Zorzi 1989a = A. Zorzi, Giustizia criminale e criminalità nell’Italia del tardo Medioevo: studi e prospettive di ricerca, in Società e storia, 12, 1989, p. 923-965.
Zorzi 1989b = A. Zorzi, Per una rassegna a base regionale delle fonti e degli studi su istituzioni giudiziarie, giustizia e criminalità nell’Italia del basso Medioevo, in Ricerche storiche, 19, 1989, p. 403-406.
Zorzi 1990-1992 = A. Zorzi, Rassegna delle fonti e degli studi su istituzioni giudiziarie, giustizia e criminalità nell’Italia del basso Medioevo, in Ricerche storiche, 20, 1990, p. 127-129; 21, 1991, p. 469-472; 22, 1992, p. 173-174.
Zorzi 2003 = A. Zorzi, Diritto e giustizia nelle città dell’Italia comunale (secoli XIII-XIV), in P. Monnet, O. G. Oexle (a cura di), Stadt und Recht im Mittelalter. La ville et le droit au Moyen Âge, Gottinga, 2003, p. 197-214.
Zorzi 2007 = A. Zorzi, Pluralismo giudiziario e documentazione. Il caso di Firenze in età comunale, in J. Chiffoleau, C. Gauvard, A. Zorzi (a cura di), Pratiques sociales et politiques judiciaires dans les villes de l’occident à la fin du Moyen Âge, Roma, 2007, p. 125-187.
Notes de bas de page
1 Sbriccoli – Bettoni 1993; Nicolaj 2004a; Giorgi – Moscadelli – Zarrilli 2012, nonché riferimenti in Giorgi – Moscadelli 2012, in particolare p. 37-39.
2 Zorzi 1988; Vallerani 1991; Vallerani 2005.
3 Guida generale 1981-1994.
4 Cammarosano 2012, citazioni alle p. 24-25.
5 All’epoca della prima stesura del contributo su http://archivi.beniculturali.it/index.php/archivi-nel-web/sias-sistema-informativo-degli-archivi-di-stato (versione dismessa il 24 aprile 2019), oggi – limitatamente a una ventina di Archivi di Stato – su http://sias.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl; questi siti e tutti quelli citati successivamente sono stati consultati il 9 giugno 2020.
6 Guida degli Archivi diocesani 1990-1998.
7 Per la Toscana, Notizie degli archivi toscani 1956; Prunai 1963, nonché le più recenti guide agli archivi comunali delle province di Siena, Firenze, Pistoia, Pisa e Livorno, edite dalla Sovrintendenza archivistica per la Toscana tra il 1981 e il 1996; per l’Umbria, Sandri 1957 e il più recente Santolamazza 2008; per le Marche, Lodolini 1960 e Lodolini 1969; per l’Emilia Romagna, Rabotti 1991; per il Trentino, Casetti 1961.
8 http://siusa.archivi.beniculturali.it/
9 Si vedano, tra gli altri, gli inventari apparsi nella collana di Inventari e cataloghi toscani edita dalla Regione Toscana, nella Biblioteca dell’Assessorato alla cultura della Provincia di Firenze, nella collana di Inventari degli archivi comunali della provincia di Siena e quelli pubblicati nell’ambito del Progetto archivi della Provincia di Arezzo, nonché gli inventari editi nella collana degli Archivi non statali della regione del Veneto e quelli prodotti dal Servizio, poi Soprintendenza per i beni librari e archivistici, oggi Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento.
10 http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/, http://www.regione.piemonte.it/guaw/MenuAction.do, http://ast.sns.it/index.php?id=2, http://archivicomunali.lazio.beniculturali.it/comunali/HAPConsole.aspx?AspxAutoDetectCookieSupport=1, https://www.cultura.trentino.it/Luoghi/Tutti-i-luoghi-della-cultura/Archivi
11 Cammarosano 1991, p. 166 ss., 201, nonché Cammarosano 2012, p. 17, 23 ss.
12 Zorzi 1989a, nonché le rassegne su Fonti e studi su istituzioni giudiziarie, giustizia e criminalità basso medievali promosse da Andrea Zorzi ed edite nelle pagine di Ricerche storiche in Vallerani 1989; Viggiano 1990; Panero 1990; Baronio 1991; Corrao 1991 e Zaninoni 1992, con presentazioni dello stesso Zorzi 1989b e Zorzi 1990-1992. Si vedano inoltre le riflessioni svolte in Lazzarini 1992.
13 Maffei 2005, p. 65-71.
14 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 115 ss., riferimenti variamente ripresi in Tavola rotonda 2012; Bonfiglio Dosio 2012 e Fissore 2012.
15 Nicolaj 2004b, p. 22, con citazioni da Fazzalari 1986.
16 Nicolaj 2004b, p. 22.
17 Si vedano pure le considerazioni svolte in Vallerani 1991, p. 20-24, anche con riferimento a Bartoli Langeli 1983, p. XXXI-XXXIII.
18 Cammarosano 1991, p. 18 e 26-27, con citazioni da Berengo 1976-1977, p. 149.
19 Cammarosano 2012, p. 16-17.
20 Riferimenti, anche bibliografici, in Giorgi – Moscadelli 2009, p. 19-24, con specifico richiamo a Nicolaj 2002, testo successivo al § 42, e a Nicolaj 2004b, p. 19-21.
21 Si vedano i riferimenti contenuti infra, testo corrispondente alle note 36-45.
22 Tancredi Bononiensis Ordo iudiciarius 1842, tit. 15, par. 5, p. 267 (citato in Nicolaj 2004b, p. 20-21).
23 Giorgi – Moscadelli 2009, p. 23, con riferimento a Fissore 1977, p. 123 ss.; Fissore 1989 e Bartoli Langeli 1998, p. 159 ss.
24 Giorgi – Moscadelli 2009, p. 25.
25 Ampi riferimenti, anche bibliografici, in Vallerani 1991; Vallerani 2005, nonché in Cortese 1996, p. 77; Cortese 2000, p. 426; Quaglioni 2012.
26 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 116.
27 Si vedano le considerazioni svolte in Giorgi – Moscadelli 2012, p. 113-115 e i riferimenti contenuti in molti dei contributi editi in Giorgi – Moscadelli – Zarrilli 2012, nonché nel più recente Giorgi et al. 2014.
28 Riferimenti in Vallerani 2005, p. 31 ss, come pure, con specifico riferimento alla Toscana fiorentina, in Tanzini 2012, p. 789 ss.
29 Giorgi – Moscadelli 2009, p. 16-18; Vallerani 2012, p. 277-285.
30 Giorgi – Moscadelli 2009, p. 15-16, nonché Tanzini 2012, p. 791 ss.
31 Bartoli Langeli 2009, p. IX-X.
32 Si vedano i riferimenti a Kantorowicz 1907-1926 contenuti in Cammarosano 1991, p. 167-168, 201, nonché i ricordati studi di Nicolaj 2002 e Nicolaj 2004b.
33 Riflessioni e riferimenti, anche bibliografici, in Sbriccoli 1988, citazione a p. 484.
34 Con riferimento precipuo ai saggi di Massimo Vallerani e Andrea Zorzi citati supra alla nota 2.
35 Riferimenti, prevalentemente bibliografici, in Giorgi – Moscadelli 2009, p. 7.
36 Chiaudano – Moresco 1935, nn. 2, 38, 42-43, 45-46, 57, 66, 75, 80, 95, 103, 206, 268, 278, 293, 312, 314, 316, 325, 344, 450 (1154 dicembre-1158 agosto 22); Chiaudano – Morozzo della Rocca 1938, nn. 58-65, 80, 87, 102, 454 (1190 gennaio 29-1190 maggio 1°).
37 Hall – Krueger – Reynolds 1938, nn. 90, 702, 1293, 1364, 1467, 1500, 1507, 1509, 1544, 1553, 1641 (1191 gennaio 18-1192 febbraio 29).
38 Eierman – Krueger – Reynolds 1939, nn. 211, 219 (1198 dicembre 4-13); Hall Cole – Krueger – Reinert – Reynolds 1939, nn. 24, 44, 75, 134, 145, 151, 343, 433, 1469, 1498, 1576, 1956, 2044, 2058, 2063, 2083 (1200 novembre 10-1211 settembre 20).
39 Hall Cole – Krueger – Reinert – Reynolds 1939, p. VIII-IX e nn. 93-101, cc. 147-148 e 187-194 del manoscritto originale (1200 dicembre-1201 febbraio); si vedano anche i riferimenti presenti in Costamagna 1956, p. 15-16.
40 Puncuh 1974; riferimenti, anche bibliografici, al cartulario in Puncuh 2006.
41 Sinisi 2012, p. 521-523, da cui sono tratte le citazioni.
42 Bizzarri 1934, p. xxxiii-xxxiv e n. 218, giurisdizione civile (1221 ottobre 28), 138, 155, 226, 254, 435, 476, giurisdizione d’ambito ecclesiastico (1221 settembre 30-1223 aprile 16).
43 Bizzarri 1938, p. xxx-xxxi, xli e nn. 201, 300, 325, cause civili d’ambito laico ed ecclesiastico (1228 giugno 10-1229 marzo 28); p. xxxii-xxxiii e nn. 75, 160, sentenze civili del giudice del podestà (1228 gennaio 5-aprile 26); p. xxxiii-xxxvii e nn. 147, 205, 206, 218, 236, 241, quietanze pretorili (1228 aprile 7-ottobre 27). Sulla serie di quattordici registri degli anni 1231-1259 recanti memoria di pene pecuniarie inflitte dal podestà di Siena e dei relativi pagamenti effettuati ai pretori (ASSi, Biccherna. Pretori 698-711), si veda il contributo di Paolo Cammarosano edito nel presente volume, nonché il riferimento contenuto infra alla nota 83.
44 Cammarosano 2012, citazione a p. 20. Per un tardo caso toscano di metà Trecento, in cui la registrazione tra le imbreviature appare limitata alle sentenze, si veda il saggio di Lorenzo Tanzini edito nel presente volume.
45 von Voltelini 1899, su cui Cagol 2012, p. 158-169.
46 Ivi, p. 155.
47 Chironi 2005, p. 59, citato in Cagol 2012, p. 155.
48 Per le riflessioni testé svolte, come pure per le citazioni, ivi, p. 155-158.
49 Per le riflessioni che seguono, ivi, p. 159, 162-163.
50 Vallerani 2012, p. 277-285.
51 Vallerani 2005, citazioni a p. 31; Vallerani 2012, p. 280 ss.
52 Ivi, p. 282 ss.
53 Si vedano in merito le riflessioni svolte a più riprese da Andrea Zorzi, secondo il quale si può sostenere che «il penale nacque sostanzialmente per essere negoziato» e che, d’altra parte, «il processo di pubblicizzazione della giustizia» non può essere considerato «come alternativo alla diffusione delle pratiche infragiudiziarie»: Zorzi 2003, citazioni alle p. 201 e 207.
54 Vallerani 2012, p. 285.
55 Ibid.
56 Ivi, p. 286.
57 Un riferimento ivi, p. 287, nota 31.
58 Ivi, p. 290.
59 Vallerani 2005, citazione alle p. 11-12; nell’ottica di un riassorbimento delle differenze procedurali tra accusa e inquisizione nell’unità del sistema, «all’interno di una nuova funzione politica della giustizia» (ivi, p. 43), si consideri comunque quanto sostenuto da Alberto da Gandino in merito alla funzione punitiva del processo accusatorio: «qui accusat tendit ut maleficium puniatur, et iudex, qui inquirit, similiter, et ius commune est, ne maleficia remaneant impunita» (Kantorowicz 1907-1926, II, p. 46, passo citato in Vallerani 2005, p. 43; sul trattato gandiniano si vedano almeno i riferimenti presenti in Cortese 1996, p. 75-78 e Cortese 2000, p. 426 ss; Sbriccoli 1998 e Quaglioni 1999). Sull’impossibilità d’interpretare «l’affermazione […] delle procedure penali ed ex officio […] come tappe di uno sviluppo verso assetti di potere più stabili, o quali prodromi di affermazione di funzioni dello Stato moderno» insiste Zorzi 2003, p. 207-208.
60 Per il caso senese si veda la serie ASSi, Podestà (su cui cfr. infra il testo corrispondente alle note 85-91), i cui più antichi registri d’ambito criminale risalgono solo al tardo Duecento e nel cui ambito è presente solo un Liber accusationum pergamenaceo anteriore alla metà del Trecento (ASSi, Podestà 32, 1342; si veda comunque anche ASSi, Podestà 39, liber accusationum cartaceo risalente al 1344).
61 Vallerani 2012, p. 292-295, citazione a p. 295.
62 ASSv, Comune di Savona, Serie I, n. 25. Per le considerazioni e le citazioni che seguono, Sinisi 2012, p. 523 ss.
63 Ivi, p. 524-525.
64 Cammarosano 2012, p. 21.
65 Vallerani 1991.
66 Ivi, citazione a p. VII.
67 Ivi, p. 9 ss.
68 Ivi, p. 21.
69 Ivi, p. 26.
70 Ivi, p. 152-153.
71 Sull’argomento si vedano i riferimenti presenti in Zorzi 2007, p. 131-132. Sul caso senese, si vedano i riferimenti contenuti infra, testo corrispondente alle note 85-91.
72 Con riferimento al significativo caso bolognese, si veda, anche per le riflessioni che seguono, Vallerani 2012, p. 295 ss.
73 Ivi, p. 296.
74 Per le riflessioni che seguono, Cammarosano 2012, p. 28-30, citazione a p. 28; sulla conservazione della documentazione giurisdizionale prodotta dai veneziani Signori di notte, un cenno in Maffei 2005, p. 69.
75 Zorzi 1988, p. 32 ss.
76 Ivi, citazioni alle p. 54-55, 56, 66.
77 Ivi, p. 65 ss.
78 Archivio di Stato di Bologna 1981, p. 571-573: Curia del podestà. Giudici ad maleficia (Accusationes, Vacchettini o bastardelli, Libri inquisitionum et testium, Carte di corredo, Sententiae), Notai forensi, ma anche Ufficio del giudice al disco dell’orso e Ufficio corone ed armi; Capitano del popolo. Giudici del capitano del popolo, Ufficio del giudice ai beni dei banditi e ribelli; Archivio di Stato di Perugia 1986, p. 491 (Comune. Podestà, Capitano del popolo, Giudice maggiore di giustizia, Giudice sgravatore) e 496 (Miscellanea di atti giudiziari, ora Atti e procedure giudiziarie). Una descrizione dei fondi degli Archivi di Stato di Bologna e Perugia testé citati è disponibile su http://www.archiviodistatobologna.it/it/bologna/patrimonio/complessi-archivistici e su http://www.archiviodistatoperugia.it/ricerca-e-consultazione.
79 Una descrizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Prato contenenti documentazione ‘criminale’ anteriore al XVI secolo è disponibile su http://www.archiviodistato.prato.it/accedi-e-consulta/aspoSt002/tree#n: Comune di Prato. Atti giudiziari (Filze di atti criminali, Processi criminali ed atti relativi, Frammenti di atti civili e criminali, Criminali di gabelle, Filze di sentenze criminali). Per una descrizione della documentazione ‘criminale’ sangimignanese di età medievale si vedano Carapelli – Rossi – Sandri 1996, p. 235-283 (Podesteria. Civile e criminale, 1261-1499) e 379 (Sentenze criminali, 1471-1505) – riproposto on line in AST Toscana su http://ast.sns.it/index.php?id=show_ca&uid=10108&type=CA&sign=227_SanGimignano_preunitario_CA_06_PodesteriadiSanGimignano, ove però la documentazione ‘criminale’ è descritta per lo più nell’ambito delle serie d’ambito ‘civile’ (sic!) –, nonché Archivio di Stato di Firenze 1983, p. 123 (San Gimignano), con riferimento ad ASFi, Inventari di sala di studio N 198 (Carte di San Gimignano del senatore Carlo Strozzi).
80 Se ne veda l’edizione in Romiti 1994.
81 Mineo 2009, p. 400-401, con riferimento ad ASFi, Comune di San Gimignano 69, cc. 1r-5r.
82 Si veda supra il testo corrispondente alle note 61 e 65-70.
83 Archivio di Stato di Siena 1994, p. 116 (Podestà. Malefizi); altra documentazione ‘criminale’ anteriore alla riforma ‘rotale’ di primo Cinquecento, caratterizzata da una certa frammentarietà, si conserva sempre nel fondo Podestà (Sbanditi, Straordinario), nonché nei fondi Biccherna (Pretori, Banditi e carcerati), Capitano del popolo (Sentenze penali), Maggior sindaco (Atti processuali, Atti processuali e sentenze), Senatore (Atti processuali) ed Esecutore poi Capitano di giustizia (Processi criminali, Processi penali risoluti), sui quali si veda ivi, p. 106, 117, 119-120. Una descrizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Siena testé citati è disponibile su http://www.archiviodistato.siena.it/fondi-archivistici/. Sulla crisi senese di metà Trecento si vedano i riferimenti presenti già in Bowsky 1964. Riferimenti al rapporto intercorrente tra la produzione documentaria – colta tanto sul piano quantitativo quanto su quello qualitativo – e la dimensione socio-insediativa, demica ed economica di comunità del Senese di piccole e medie dimensioni, verificando fenomeni di contrazione o aumento delle unità prodotte anche in relazione alla contestuale evoluzione degli assetti istituzionali, sono contenuti in Giorgi – Moscadelli 2009, p. 4, nonché nei contributi ivi citati alla nota 9.
84 Si veda supra il testo corrispondente alle note 75 e ss.
85 ASSi, Podestà 2-3, 5-8, 10-18, 20-43, 47-49, 380-383 (1294 agosto-1348 giugno).
86 Alcune eccezioni si riscontrano per le «condanne», che almeno in un paio di casi non prevedono libri distinti per città e contado (ASSi, Podestà 11 e 43, 1305 giugno-1306 dicembre, 1348 gennaio-giugno).
87 ASSi, Podestà 6-8, 10, 380 (1298 giugno-1305 agosto).
88 Si confrontino i registri del primo semestre del 1348, ASSi, Podestà 47 (testi «ad offesa» su inquisizioni) e 49 (testi «ad offesa» su accuse), con quello relativo al secondo semestre, ASSi, Podestà 46 (testi «ad offesa» su accuse e inquisizioni) e gli analoghi successivi ASSi, Podestà 53 e 55 (1358 luglio-dicembre e 1359 luglio-ottobre). Per un caso di testi «ad offesa» su accuse e inquisizioni anteriore al 1348 si veda comunque ASSi, Podestà 38, relativo al secondo semestre del 1343.
89 ASSi, Podestà 62 (1365 luglio-dicembre); si veda anche ASSi, Podestà 63, relativo al primo semestre del 1380.
90 ASSi, Podestà 51-63, 384-387.
91 Per i registri ‘d’avvio’ di ciascuna tipologia si vedano ASSi, Podestà 64 (testi, 1401 marzo-agosto), 66 (condanne e assoluzioni, 1412 gennaio-giugno), 73 (inquisizioni e denunce, 1421 luglio-dicembre), 76 (accuse, 1421 agosto-novembre), 388 (straordinario, 1401 maggio-ottobre).
92 Archivio di Stato di Siena 1994, p. 120-121 (Ruota, Giudice dei malefizi). Come si è accennato poc’anzi (si veda supra la nota 83), documentazione d’ambito criminale, anche su registro, si conserva in forma assai frammentaria nei fondi Biccherna, Capitano del popolo (nn. 3-8) e Senatore, nonché in misura più consistente nei fondi Maggior sindaco e soprattutto Esecutore poi Capitano di giustizia (nn. 1-51 e 154-155).
93 Mineo 2009, p. 366-368.
94 Tanzini 2012, p. 796 ss.
95 Sul sistema documentario prefigurato dagli statuti di Fucecchio di primo Trecento, Giorgi – Moscadelli 2009, p. 50-53.
96 Mineo 2009, p. 346.
97 Tanzini 2012, p. 796.
98 Mineo 2009, citazione a p. 368. Un’analoga tendenza all’accorpamento di tipologie documentarie d’ambito giurisdizionale in un numero sempre più ridotto di unità di condizionamento si riscontra nel corso del Quattrocento anche nel caso non troppo distante di San Marino: se ancora nella seconda metà del Trecento la situazione appare caratterizzata dall’esistenza di serie ben distinte (ASRSM, Atti giudiziari 353/1-4; si veda anche l’edizione del più antico registro di condanne in Conti 2004), a partire dai primi decenni del XV secolo si assiste dapprima all’accorpamento ai libri malleficiorum dei registri di sentenze (ASRSM, Atti giudiziari 356), seguiti dai libri del civile nel corso degli anni Quaranta (ASRSM, Atti giudiziari 365) e da quelli del danno dato dalla fine degli anni Cinquanta (ASRSM, Atti giudiziari 368).
99 Mineo 2009, citazioni alle p. 368-369, nota 94, con riferimento ad ASFi, Provvisioni 169, cc. 33r-34r (1478 maggio 23).
100 Tanzini 2012, citazioni alle p. 830-831.
101 Bonfiglio Dosio 1996; Bonfiglio Dosio – Covizzi – Tognon 2001; Varanini 2012, p. 349-356.
102 Fersuoch – Zanazzo 1999; si vedano anche i casi segnalati infra alla nota 221.
103 Riferimenti infra, testo corrispondente alle note 219-220.
104 Varanini 2012, p. 352-353, 357.
105 Državni arhiv u Pazinu (Archivio di Stato di Pisino), Opcina Porec. Akta stare Porecke Kancelarije, ‘volume reggimento’ del podestà Matteo Gradenigo (1444-1446); Opcina Novigrad. Akta Novigradske Kancelarije, ‘volume reggimento’ del podestà Lorenzo Giustinian (1492-1494); Državni arhiv u Rijeci (Archivio di Stato di Fiume), Opcina Osor. Acta cancellariae Ausseri, ‘volumi reggimento’ dei conti di Cherso e Ossero Agostino Morosini (1459-1462), Vittore Valier (1466-1467), Giovanni Longo e Dionisio Duodo (1487-1491), Luigi Corner e Marco Paradiso (1492-1497), Alvise Badoer e Girolamo Bembo (1497-1501), nonché i riferimenti al ‘volume reggimento’ del podestà di Capodistria Davide Contarini (1448-1449) presenti in Majer 1904, p. 42.
106 Varanini 2012, p. 344-346.
107 Ivi, p. 353.
108 Curletti 2009, p. 310-311, citazione a p. 311.
109 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 117.
110 Ivi, p. 60, con riferimento a Roccatagliata 1996, p. 19, 25, 29 e 57.
111 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 57, con riferimento a Puncuh 1966, p. 298 e Sinisi 2012, p. 528-529.
112 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 63-64.
113 Ivi, p. 61.
114 Ivi, p. 57-58 e 64, nota 82, con riferimento ai casi cinquecenteschi di Genova e delle città del Ducato di Milano.
115 Riferimenti ivi, alle p. 67-68, 76-79 e 118.
116 Ivi, p. 66-67 e Vallerani 2012, p. 276 ss, con riferimento a Fasoli 1933; Cencetti 1935; Archivio di Stato di Bologna 1981, p. 559-564; Tamba 1988; Tamba 1998; Romiti 1994; Giansante – Tamba – Tura 2006.
117 L’edizione dell’Exemplar Bononiense III (1290-1303) dell’Inventario della Camara Actorum è in Romiti 1994.
118 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 67 e Vallerani 2012, p. 276-277, citazione a p. 277, da Tura 2006, p. 7.
119 Mineo 2009, p. 384-385.
120 Ivi, citazioni alle p. 385, 400-401, con riferimento a Pecori 1853, rubr. XLIII, p. 681-682; Brogi 1995, rubr. I.11, p. 94-95 e ASFi, Comune di San Gimignano 69, cc. 1r-5r.
121 Riferimenti in Giorgi – Moscadelli 2012, p. 80-81, 103-106, 120.
122 Cammarosano 1991, citazione a p. 10.
123 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 89.
124 Cammarosano 1991, p. 24.
125 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 117-118, con riferimento a Cammarosano 1991, p. 166-174.
126 Ibid.
127 Zorzi 2007, p. 182-184, con riferimento a Pazzaglini 1979, p. 6 ss e 100 ss; Bartoli Langeli – Corbucci 1978; Baietto 2000, p. 162-165; Milani 1997, p. 504-505 e Milani 2003, p. 136.
128 Zorzi 2007, p. 125-126.
129 Vallerani 1991, citazione a p. 151.
130 Registri pergamenacei dell’ufficio finanziario senese della Biccherna recano memoria dagli anni Trenta del XIII secolo di condanne per una vasta congerie di reati di natura ‘criminale’ o amministrativa, con evidente contiguità tra i contenuti giudiziari delle registrazioni e il loro riflesso fiscale (Cammarosano 2012, p. 19, nonché il contributo dello stesso autore edito nel presente volume), mentre a Genova l’assenza di libri maleficiorum di età medievale fa da pendant alla conservazione di una copiosa serie di registri di condanne dalla metà del Trecento, con evidente ‘intersezione’ tra criminalia e fonti di matrice finanziaria e fiscale (Cammarosano 2012, p. 19, nota 11).
131 Riferimenti in Giorgi – Moscadelli 2012, p. 67-68, nota 95 e p. 117-118, nota 245.
132 Gli statuti chieresi del 1313 prevedevano la registrazione in forma abbreviata delle condanne superiori a cinque soldi (Giorgi – Moscadelli 2009, p. 55, con riferimento a Cognasso 1913, rubr. CXVI, p. 40).
133 A Bassano, gli statuti del 1295 prevedevano che i quaderni delle condanne e delle assoluzioni compilati in ambito giurisdizionale fossero utilizzati nell’ufficio del canipario addetto alla riscossione delle pene pecuniarie (Giorgi – Moscadelli 2009, p. 57, con riferimento a Fasoli 1940, rubr. I.XI, p. 192-194).
134 Gli statuti di Albenga del 1288 prevedevano la registrazione nel liber Comunis di condanne, entrate e proventi, ragioni dei clavigeri ed elenchi di ufficiali comunali, nonché la registrazione in un cartulario di assoluzioni e condanne, indicando il loro ammontare complessivo (Giorgi – Moscadelli 2009, p. 61-62, con riferimento a Costa Restagno 1995, rubrr. 140 e 160, p. 142, 155-157).
135 Riferimenti in Giorgi – Moscadelli 2012, p. 67-68, nota 95.
136 Riferimenti ivi, p. 118, nota 245. In particolare, a Padova gli statuti imponevano dal primo Duecento la tenuta di un libro dei banditi o dei debitori, mentre dal 1275 venne imposto il versamento nell’archivio del comune degli atti giudiziari e degli elenchi di carcerati, condannati e banditi, rendendo evidente lo scopo fiscale della conservazione (Cammarosano 2012, p. 21).
137 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 118.
138 Curletti – Mineo 2012, citazione a p. 559.
139 Tanzini 2012, citazione a p. 792.
140 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 119-120.
141 Si vedano i fondi archivistici bolognesi e perugini individuati supra alla nota 78.
142 Archivio di Stato di Firenze 1983, p. 59-63 (Podestà, Capitano del popolo e difensore delle arti, Pareri dei savi, Giudice degli appelli e nullità, Esecutore degli ordinamenti di giustizia, Otto di guardia e balia, Ufficiali di notte e conservatori dell’onestà dei monasteri) e Archivio di Stato di Lucca 1983, p. 606-608 (Potestà di Lucca, Capitano del popolo e della città, Quattro sui danni e le ruberie), 612-613 (Capitano o bargello del contado, Sentenze e bandi). Una descrizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Lucca testé citati è disponibile on line all’url http://www.easlu.beniculturali.it/ips/nodes/832483?open=%2FD[01]%2F&tab=Albero.
143 Sul caso senese si vedano i riferimenti contenuti supra alla nota 83.
144 Su San Gimignano e Prato si vedano i riferimenti contenuti supra alla nota 79; sulla documentazione ‘criminale’ di Volterra, Notizie degli Archivi Toscani 1956, p. 672 e Capannelli – Marucelli 1992, p. 171. Sul caso comunque significativo di Pistoia, riferimenti in Archivio di Stato di Pistoia 1986, p. 731-732 (Podestà. Curia dei malefici e danni dati; Maggior sindaco. Appelli), 738-739 (Capitano di custodia poi Commissario poi Governatore. Atti e sentenze criminali), 759 (Opera di San Iacopo. Sentenze e bandi contumaciali, Sentenze del capitano del popolo); una descrizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Pistoia testé citati è disponibile su http://www.archiviodistatopistoia.beniculturali.it/index.php?it/145/patrimonio-documentario.
145 È questo, ad esempio, il caso di Pisa, su cui si veda Archivio di Stato di Pisa 1986, p. 657 (Capitano di custodia e balia. Atti criminali), 660 (Nove di guardia. Atti criminali); una descrizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Pisa testé citati è disponibile su http://www.aspisa.beniculturali.it/index.php?it/145/patrimonio-documentario.
146 Sulla documentazione ‘criminale’ aretina, Archivio di Stato di Arezzo 1981, p. 373 (Podestà di Arezzo. Atti di competenza ed atti esecutivi del cavaliere, Registri di atti criminali, Sentenze criminali, Specchietti di condnne criminali e Capitano poi Commissario. Atti esecutivi di competenza del cavaliere, Atti criminali), nonché BNCF, Fondo nazionale, II, I, 353 (su cui Mazzatinti 1898, p. 101).
147 Una sintetica descrizione dei fondi ‘criminali’ poliziani, attualmente in corso di ordinamento a cura di chi scrive e di Francesca Cenni, è contenuta in Notizie degli Archivi Toscani 1956, p. 489. Per una descrizione della documentazione ‘criminale’ fucecchiese, Nannipieri – Orlandi 2007, p. 193-204 (Podesteria di Fucecchio, riproposto anche on line in AST Toscana su http://ast.sns.it/index.php?id=show_ca&uid=4452&type=CA&sign=107_Fucecchio_preunitario_CA_14_Podesteria), ove essa è descritta – commista a quella ‘civile’ – nella serie di Documenti relativi all’amministrazione della giustizia del comune non soggetto alla dominazione fiorentina, ma anche nell’ambito della successiva serie di Atti civili di epoca fiorentina. Una sintetica descrizione della documentazione ‘criminale’ delle podesterie di Castiglion Fiorentino (ASC Castiglion Fiorentino, Podesteria. Criminali) e Massa Marittima (infra nota 214) è contenuta in Notizie degli Archivi Toscani 1956, p. 372 e 475, mentre per una descrizione analitica si può fare riferimento agli inventari conservati presso i locali archivi comunali e presso la Soprintendenza archivistica e bibliografica per la Toscana.
148 Per una sintetica descrizione dei fondi relativi ai vicari, commissari e podestà presenti in territorio lucchese, Archivio di Stato di Lucca 1983, p. 608-611. Una descrizione di tali fondi è disponibile on line all’url citato supra alla nota 142.
149 Riferimenti contenuti supra alle note 79, 83, 144 e 147, nonché infra nota 216.
150 Supra nota 78 e infra nota 201.
151 Infra note 201 e 203.
152 Supra nota 78.
153 Archivio di Stato di Venezia 1994, p. 1006-1008, Podestà di Murano, Podestà di Torcello e contrade.
154 Infra nota 218, con particolare riferimento al fondo Signori di notte poi Signori di notte al criminal; su Ragusa si vedano anche i riferimenti contenuti nel contributo di Nella Lonza edito nel presente volume.
155 ASC Pinerolo, Registri della curia di Pinerolo.
156 Si veda il registro citato supra alla nota 62.
157 Archivio di Stato di Mantova 1983, p. 771 (Tribunale di giustizia civile e criminale e dipendenze) e Archivio di Stato di Reggio Emilia 1986, p. 966 (Atti delle curie della città. Atti e condanne dei militi di giustizia). Si consideri che, salvo diversa indicazione, i dati sui fondi archivistici citati da ora in avanti sono stati ricavati da inventari disponibili in loco, presso le competenti Soprintendenze archivistiche o su sistemi informativi, nonché dall’eventuale esame diretto dei fondi in assenza di strumenti inventariali.
158 Supra note 142 e 148, con riferimento alle giusdicenze di Barga, Camaiore, Camporeggiana, Casoli oltre Giogo, Castiglione di Garfagnana, Coreglia e Borgo a Mozzano, Gallicano, Massa, Montecarlo, Pietrasanta, Valdilima o Bagni di Lucca e Villa Basilica.
159 Supra nota 142.
160 Supra nota 147.
161 Supra note 146 e 147.
162 Infra nota 216.
163 ASAr, Podestà di Foiano. Atti civili (un registro di condanne di metà quattrocento relativo alla giurisdizione di Foiano e Marciano si conserva in BNCF, Fondo nazionale, II, III, 186, su cui Mazzatinti 1899, p. 187); ASC Poppi, Archivio del vicariato e Biblioteca Rilliana di Poppi, Manoscritti; si vedano in merito Tanzini 2012, p. 794 e il contributo dello stesso Lorenzo Tanzini edito nel presente volume, nonché i riferimenti presenti in Barbagli 2017, p. 33 ss.
164 Infra nota 201.
165 Infra nota 202.
166 Infra nota 210.
167 Infra note 203 e 206.
168 Infra note 203 e 204.
169 Infra nota 203.
170 Infra nota 204.
171 Archivio di Stato di Bologna 1981, p. 582-584, con riferimento ai centri giurisdizionali di Altedo, Argile, Bagnarola, Bruscolo, Budrio, Caprara sopra Panico, Capugnano, Montagna di Casio, Castagnolo Maggiore, Castelfranco, Castel San Pietro, Cento, Crevalcore, Croara, Galliera, Ligliano, Massalombarda, Minerbio, Capitanato della Montagna, Montalto, Monzuno, Pieve di Cento, Rocca Pitigliana, Sant’Agata, San Giorgio di Piano, San Giovanni in Persiceto, San Pietro in Casale, Savignano, Montagna di Scaricalasino, Solarolo, Varignana.
172 ASC Bazzano, Vicariati e capitanato della Montagna di Bazzano. Libri actorum civilium et criminalium. Vicariati di Savigno, Monteveglio, Mongiorgio, Serravalle e San Lorenzo in Collina (una descrizione è disponibile su https://drive.google.com/file/d/1Nw52nCxQEPbm4kmRmTbwa4jP_EoX3FBA/view).
173 ASC Bagnacavallo, Podestà. Condanne e ASC Imola, Atti criminali di varie località.
174 ASRSM, Atti giudiziari, Atti delle appellazioni e Produzioni.
175 Supra note 153 e 154.
176 Archivio di Stato di Venezia 1994, p. 1006-1008.
177 Archivio di Stato di Treviso 1994, p. 734-735 (Podesteria poi Contea di Cordignano e le serie Maleficio, Testimoni e Mandati, ordini, citazioni, sentenze della Miscellanea giudiziaria del cosiddetto Archivio civico antico, il cui inventario è disponibile su http://www.archiviodistatotreviso.beniculturali.it/index.php?it/146/archivi-conservati).
178 Biblioteca civica Bertoliana, Archivio di Torre 1102, 1108-1113; sulla serie si veda Bortolan 1888, mentre sull’unico registro anteriore alla dominazione veneziana (il n. 1102) si vedano i riferimenti contenuti in Varanini 1988, p. 214-215.
179 Infra note 222, 223 e 224.
180 Biblioteca civica di Udine, Manoscritti, Fondo principale, ms. 886, Liber bannitorum terrae Utini (si veda anche Mazzatinti 1893, p. 196, n. 95) e Biblioteca civica di Cividale, Archivio storico del comune di Cividale del Friuli. Processi e condanne. Querele e sentenze.
181 Sezione di Archivio di Stato di Fano 1986, p. 572, Codici malatestiani, su cui Zonghi 1888, p. 67-125, nonché lo studio dedicato a tale documentazione in Bonfiglio Dosio 1978.
182 Biblioteca civica di Trieste, Archivio diplomatico triestino, Banchus Malleficiorum, su cui da ultimo il contributo di Miriam Davide edito nel presente volume.
183 ASTn, Principato vescovile di Trento, Codici 22, Liber inquisitionum.
184 ASTn, Principato vescovile di Trento, Sezione latina, capsa 8, nn. 79-80; capsa 9, nn. 120-121; capsa 24, n. 6; capsa 85, nn. 5-6; ASTn, Principato vescovile di Trento, Sezione latina, capsa 5, n. 43; Archivio Famiglia Rosmini e Casa rosminiana di Rovereto, XXXV.1.1-3 (Documenti pubblici. Protocolli dell’Ufficio pretorio di Rovereto, su cui si veda Bonazza 2007, p. 468).
185 Supra nota 155.
186 ASC Chieri, Articolo 114: Criminali materie e contravvenzionali. § 1: Registri di atti del vicario e dei giudici dei malefici, § 2: Registri di sentenze e di condanne criminali pronunciate dai vicari e dai giudici dei malefici e i quattrocenteschi Registri di accuse per contravvenzioni in bandi (Articolo 115); ASC Moncalieri, Serie «C». Giudicati; Tibaldeschi 2013, p. 328-339.
187 ASTo, Sezioni riunite, Camera dei conti di Piemonte, Articolo 706, § 16 (Abbazia di San Giusto di Susa. Atti diversi civili e criminali dinanzi alle Curie abbaziali). Una descrizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Torino è disponibile su http://archiviodistatotorino.beniculturali.it/inventari/.
188 ASTo, Sezioni riunite, Camera dei conti di Savoia. Inventario 47. Comptes des emolumens des seaux et des compositions des peines déclarées par le Conseille de Chambéry, de la ferme du greffe d’icelui et de leur registres.
189 ASTo, Sezioni riunite, Camera dei conti di Piemonte, Articolo 660, § 22 (Sentenze criminali del vicario, giudice e tribunale di Savigliano); ASTo, Sezioni riunite, Camera dei conti di Savoia. Inventario 172. Provinces de la Savoie. Procés et informations en criminel; ASTo, Corte, Paesi, Città e provincia di Torino, m. 1, n. 9 (Liber processuum prodictorum); ASTo, Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche ed altre, m. 8, n. 3; ASC Torino, Carte Sciolte 3212, Liber Malleficiorum 1379-1380; Liber Malleficiorum 1381-1383; Carte Sciolte 3211, Liber Condepnationum 1372; ASC Cherasco, Serie 44: Diversi volumi di atti civili e criminali. Liber processuum. Sulla documentazione giurisdizionale d’area piemontese si vedano anche Curletti – Mineo 2012; Buffo 2015, coi riferimenti bibliografici alle p. 60-61, nota 5, e il contributo di Paolo Buffo edito nel presente volume.
190 ASSv, Comune di Savona, Serie I, n. 1173, regg. 1897 e 1898, su cui Sinisi 2012, p. 524-525.
191 ASC Albenga, Criminalium e Archivio di Stato di Genova 1983, p. 310 (Antico comune. Condemnationum Communis introitus et exitus, Condemnationum Conservatorum) e 345 (Notai giudiziari).
192 ASC Voghera, Libri di condanne e assoluzioni e Libri di inquisizioni e processi; Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana, Fondo Cimeli 146-152 e supra la nota 157, su cui si veda Covini 2012, p. 483.
193 Archivio di Stato di Modena 1983, p. 1019; ASRe, Giudiziari. Curie della città. Atti e condanne dei militi di giustizia, Atti e processi civili e criminali, Libri delle denunzie e querele, delle inquisizioni, degli indizi, dei costituti, delle difese e d’altri atti criminali e Podestà, giudici, governatore: sentenze e condanne corporali e pecuniarie (una descrizione dei fondi dell’Archivio di Stato di Reggio Emilia è disponibile su http://www.archiviodistatoreggioemilia.beniculturali.it/index.php?it/103/fondi-archivistici). Si vedano inoltre i riferimenti, anche bibliografici, presenti in Covini 2012, p. 483-484.
194 Considerando che i fondi e le serie già avviate nel corso del Trecento proseguono in gran parte anche nel secolo successivo, al panorama tracciato poc’anzi per gli Stati sabaudi occorre aggiungere la serie di Libri maleficiorum conservata nell’Archivio storico del Comune di Ivrea (ASC Ivrea, Serie I, Categoria 56, 2943-2952) e pochi altri registri conservati ad Acqui (ASC Acqui Terme, Serie LI. Carte giudiziarie. Liber actorum potestatis), nonché in ASTo, Camera dei conti di Piemonte, Articolo 660, § 24 (Sentenze criminali del giudice di Susa, sua Valle e Canavese) e § 27 (Sentenze criminali della Curia ducale del Contado di Ventimiglia e Lantosca). Per quanto concerne l’area ligure, nel corso del Quattrocento accanto ai fondi genovesi e albenganesi dei quali si è detto poco sopra si fa certamente più consistente la documentazione ‘criminale’ savonese (ASSv, Notai antichi del Collegio di Savona; Comune di Savona. Atti giudiziari e Acta maleficiorum) e si segnalano alcuni registri ‘criminali’ negli archivi comunali di La Spezia e Moneglia (ASC La Spezia, Antichi regimi. Capitanato. Curia criminale. Libri criminali, inventario consultabile su http://antico.erasmo.it/wp-content/uploads/2011/11/archivio_storico.pdf; ASC Moneglia, Diversorum), ma la ‘novità’ più significativa è certamente costituita dal ricco Antico archivio giudiziario conservato presso l’ASC Chiavari. Nel contesto lombardo, al panorama documentario delineato alla nota precedente possiamo aggiungere alcuni registri prodotti nel corso del XV secolo a Bormio (ASC Bormio, Cartella XV-XVI secolo. Fascc. 1-4. Quaderni delle inquisizioni e Miscellanea. Accuse e condanne) e Vigevano (ASC Vigevano, Materie contravvenzionali e criminali. Articolo 227). Con andamento analogo a quello riscontrato in area piemontese, ligure e lombarda, uno sguardo al panorama documentario quattrocentesco mostra anche in area emiliana un modesto incremento delle sedi giurisdizionali che hanno conservato documentazione ‘criminale’, per quanto assai frammentaria, con particolare riferimento alla contea di Correggio (ASC Correggio, Atti penali e processi), al centro gonzaghesco di Novellara (ASC Novellara, Atti civili e criminali) e ad alcune giusdicenze dei Ducati estensi (ASMo, Giusdicenze. Carpi. Criminale. Inquisizioni e ASRe, Giudiziari. Curie del ducato. Feudi Manfredi poi Frosini. Atti civili e criminali e Castelnuovo ne’ Monti. Atti civili e criminali). Per quanto riguarda il panorama documentario presente nelle aree centro-italiane (Toscana, Stato Pontificio) e nei domini della Repubblica di Venezia, si confronti il quadro tracciato alla nota precedente con le considerazioni svolte nelle pagine che seguono, testo corrispondente alle note 197-226.
195 Giorgi – Moscadelli 2012, p. 54 ss.
196 Ivi, p. 115.
197 Supra nota 78.
198 Una trentina di libri malleficiorum cesenati si conservano in ASFc, Sezione di Cesena, Podestà e pretore di Cesena. Libri sive quaterni malleficiorum e Sentenze criminali, mentre solo uno se ne conserva per Imola (SAS Imola, Podesteria e pretura di Imola. Quaternus seu liber malleficiorum communis Imole).
199 Oltre ai fondi citati supra alle note 171 e 172, conservano documentazione quattrocentesca quelli di Castel Bolognese, Castel de’ Britti, Casalfiumanese, Dozza, Frassineto, Medicina, Ozzano, Roncastaldo, Vergato (Archivio di Stato di Bologna 1981, p. 582-584), nonché quelli dei Vicariati di Bazzano e Piumazzo, presso l’ASC Bazzano.
200 Supra nota 78.
201 SAS Assisi, Archivio del Comune. Giudiziario. Podestà. Atti penali; SAS Orvieto, Giudiziario. Otto rettori, Podestà, Capitano del popolo, Vicario di Orvieto, Governatore e Conservatori della pace; Miscellanea di atti amministrativi e giudiziari; Archivio comunale. Parte III – Giudiziaria: atti misti; SAS Spoleto, Archivio del Comune. Giudiziario. Registri dei malefici e Filze dei malefici; ASTr, Comune. Processi coram potestate e Atti giudiziari del podestà e del giudice della curia podestarile (Maleficiorum); ASC Todi, Giudiziario. Inquisizioni, processi e condanne criminali, Atti proessuali civili e penali, Carte giudiziali. Più contenuta a Foligno (SAS Foligno, Archivio del comune. Archivio priorale. Serie V: Giustizia. Categoria I: podestà e pretori e Archivio notarile mandamentale. C – Serie speciali. Notai di Foligno. Processi criminali), la presenza di documentazione ‘criminale’ di età medievale risulta sporadica a Gubbio (SAS Gubbio, Comune. Libri di banditi e condannati).
202 Si vedano i casi di Amelia (ASC Amelia, Inquisizioni e comminamenti, Denunce e processi penali), Cannara (ASC Cannara, Atti del podestà. Atti e cause civili, criminali e di danno dato, Cause criminali), Cascia (ASC Cascia, Atti criminali davanti al podestà), Colle Mancio (ASC Cannara, Comune di Colle Mancio. Libri del podestà; ASPg, Comune di Colle Mancio. Atti civili e criminali), Colle Scipoli (ASC Terni, Archivio dell’ex comune di Collescipoli di Terni. Giudiziario. Atti criminali e del danno dato), Massa Martana (ASC Massa Martana, Atti del podestà, dei vicari e dei commissari), Monteleone (ASC Monteleone di Spoleto, Registri del podestà e del notaio cancelliere), Montone (ASC Montone, Atti civili e criminali).
203 ASMc, Archivio priorale. Malefizi; Curia generale della Marca di Ancona. Registri. Registri vari di cause. Registro degli appelli; Registri. Giudici e notai; Registri. Frammenti di archivi aggregati. Registri del podestà di Urbisaglia; Buste. Atti criminali; ASC Matelica, Processi e condanne; ASC Recanati, Malefici; ASC San Ginesio, Atti criminali, Iura diversa e Cancellerie civile e criminale; ASC San Severino Marche, Malefizi; ASC Tolentino, Malefici. Documentazione ‘criminale’ si conserva anche in altri centri del Maceratese, quali Civitanova Marche (ASC Civitanova Marche, Atti civili e criminali), Montecassiano (ASC Montecassiano, Atti criminali), Sarnano (ASC Sarnano, Atti civili e criminali).
204 ASC Ostra, Podestaria di Montalboddo. Atti criminali. Documentazione criminale si conserva anche in altri centri di area anconetana, quali Arcevia (ASC Arcevia, Fondo giudiziario membranaceo. Atti criminali), Corinaldo (ASC Corinaldo, Giudiziario. Atti e cause criminali), Jesi (ASC Jesi, Processi criminali), Monte San Vito (ASC Monte San Vito, Libri del podestà), Sassoferrato (ASC Sassoferrato, Atti civili, criminali e di danno dato), Serra San Quirico (ASC Serra San Quirico, Inquisizioni e sentenze, ora Miscellanea di atti di varia amministrazione e corrispondenza giudiziaria).
205 ASFm, Comune. Malefici. Atti criminali, nonché la meno consistente documentazione ‘criminale’ conservata in ASAp, Comune. Malefici. Atti criminali e in ASC Amandola, Atti giudiziari.
206 Sezione di Archivio di Stato di Fano 1986, p. 571 (Podestà di Fano e suo vicario. Malefici) e 572 (Codici malatestiani, su cui si veda anche supra la nota 181, nonché Podestà di Senigallia. Malefici).
207 ASRoma, Tribunale criminale del senatore. Investigazioni, querele, testimoni. Relativamente al contesto romano, si deve comunque tener presente la concentrazione di documentazione processuale ‘criminale’ costituita dalle autorità pontificie presso l’Archivum Arcis (AAV, Archivum Arcis); si pensi soprattutto ai notissimi processi conservati negli Armaria B, C e D, tra i quali quelli contro Ludovico il Bavaro, Michele da Cesena, Poncello Orsini, Matteo e Bernabò Visconti, Castruccio Castracani e i cavalieri Templari) o i pur scarsi riflessi in ambito criminale dell’attività della Sacra Romana Rota (AAV, Sacra Romana Rota, su cui Hoberg 1994, p. 17, 54, 186 e 192, con riferimento alle serie I. Manualia actorum et citationum, VII.1. Commissiones e VII.5. Sententiae).
208 Si consideri il caso di Ferentino, nel Frusinate (ASC Ferentino, Sentenze, Libri maleficiorum), nonché la frammentaria documentazione ‘criminale’ conservata negli archivi della Sabina: ASRi, Comune di Rieti. Atti criminali e ASC Magliano Sabina, Podestà di Magliano Sabina. Sentenze del podestà.
209 ASVt, Governatore di Vetralla, Podestà di Vitorchiano, Pretura di Bagnoregio, Pretura di Orte; Biblioteca comunale degli Ardenti di Viterbo, Libri maleficiorum, su cui Sguario 2000.
210 ASC Acquapendente, Archivio del podestà. Atti criminali; ASC Capranica, Podestà di Capranica. Registri criminali, Testimoni in cause criminali; ASC Nepi, Podestà. Atti criminali, Iura diversa civilia et criminalia et interrogatoria; ASC Orte, Atti criminali.
211 Supra note 142 e 148; oltre ai fondi citati supra alla nota 158, conservano documentazione quattrocentesca quelli di Carrara, Montignoso, Monteggiori e Minucciano (Archivio di Stato di Lucca 1983, p. 608-609, 611).
212 Supra nota 83.
213 Si veda quanto conservato nel fondo ASSi, Notarile antecosimiano (riferimenti a registri giudiziari anteriori al XVI secolo in Catoni – Fineschi 1975, p. 47-106), nonché il manipolo di registri ‘criminali’ conservati in ASSi, Giusdicenti dello Stato. Fondo antecosimiano, attualmente in corso di ordinamento a cura di chi scrive e di Mario Brogi. Sulla costituzione dell’Archivio notarile, riferimenti in Giorgi – Moscadelli 2012, p. 87 ss.
214 ASC Massa Marittima, Fondo giudiziario. Podesteria e capitanato di Massa Marittima. Atti civili (sic) e Atti criminali; frammentaria è la documentazione ‘criminale’ conservata in ASC Orbetello, Podesteria di Orbetello. Atti civili e criminali, come pure quella relativa alla podesteria ‘senese’ di Sarteano, anch’essa anticamente conservata in loco e oggi presso l’ASC Montepulciano.
215 Supra note 146, 147, 144, 79.
216 Si vedano i casi di Anghiari (ASC Anghiari, Vicariato di Anghiari. Condanne pecuniarie), Campiglia Marittima (BNCF, Fondo nazionale, II, XI, 72, su cui Mazzatinti – Pintor 1902-1903, p. 87), Certaldo (ASC Certaldo, Podesteria di Certaldo. Atti civili e criminali, nonché Tanzini 2012, p. 803 e Vicariato della Val d’Elsa poi vicariato di Certaldo. Atti civili e criminali), Civitella in Val di Chiana (ASC Monte San Savino, Vicariato di Civitella. Atti civili e criminali, si veda anche Tanzini 2012, p. 813), Colle Val d’Elsa (ASSi, Comune di Colle Val d’Elsa. Podesteria di Colle fino al 1772. Cause e atti dei podestà, su cui Mineo 2007, p. 500-502), Monsummano (ASC Monsummano Terme, Giusdicenti di Monsummano. Atti criminali di Monsummano), Monte San Savino (ASC Monte San Savino, Vicariato di Monte San Savino. Atti civili e criminali), Montecarlo (ASC Montecarlo, Vicariato di Montecarlo. Atti civili e criminali), San Miniato (ASC Fucecchio, Vicariato di San Miniato. Atti criminali; ASC San Miniato, Vicariato di San Miniato. Atti criminali), Santa Croce sull’Arno (ASC Santa Croce sull’Arno, «Ufficialato». Condanne pecuniarie), Castrocaro e Terra del Sole, Modigliana e Palazzuolo sul Senio, nella Romagna fiorentina (ASC Castrocaro-Terra del Sole, Capitanato di Castrocaro. Atti criminali; ASC Palazzuolo sul Senio, Vicariato poi capitanato di Marradi e Palazzuolo. Entrata e uscita e pene pecuniarie; Sezione di Archivio di Stato di Faenza 1986, p. 902, Podestà poi vicario di Modigliana. Atti criminali), nonché quelli di varie podesterie e vicariati di area pisana (ASPi, Vicariato di Valdarno e Val di Serchio, Vicariato di Valdera e Colline inferiori e superiori, Podesteria di Cascina, Podesteria di Marti, Vicario di Lari, su cui Archivio di Stato di Pisa 1986, p. 657-658, 669-670) e della Valdinievole (SAS Pescia, Vicariato di Valdinievole, con documentazione prodotta per le località di Pescia, Montecarlo e Uzzano, su cui si veda Tanzini 2012, p. 821).
217 Anche per le considerazioni che seguono, Giorgi – Moscadelli 2012, p. 105 ss., nonché i riferimenti presenti nel recente Talamini 2020.
218 ASVe, Quarantia criminale o Quarantia o Consiglio di quaranta al criminal. Parti criminali, Parti criminali e altre del Consiglio; Consiglio di Dieci. Deliberazioni miste, Proclami; Avogaria di comun. Raspe, Miscellanea penale; Cariche da mar. Processi; Signori di notte poi Signori di notte al criminal. Sentenze di sangue del proprio, Testimonianze, Processi penali, bandi di assenti per omicidio, bandi di ladri, pene pecuniarie, Banditi, Multe; si veda Archivio di Stato di Venezia 1994, p. 891-892, 898-899, 921-923, 1002-1003, nonché i riferimenti presenti in Giorgi – Moscadelli 2012, p. 103-104.
219 ASVe, Podestà di Chioggia. Atti civili e criminali, Sentenze criminali, Raspa criminale; Podestà di Murano. Atti civili e criminali; Podestà di Torcello e contrade. Atti civili e criminali; Podestà di Lio Mazor e contrade. Atti civili e criminali (Archivio di Stato di Venezia 1994, p. 1006-1008), nonché ASVe, Podesteria di Caorle, contenente documentazione, piuttosto frammentaria, prodotta dal podestà di Caorle nel corso del XV secolo (ivi, p. 1006).
220 Si vedano i casi di Padova (ASPd, Foro criminale o del malefizio. Libri maleficiorum), Treviso (supra, nota 177), Pordenone (ASPn, Comune. Processi. Libro reggimento, nonché frammenti di documentazione ‘criminale’ in ASPn, Archivio Montereale-Mantica, 19.16.54; 24.17; 29.4.1.7; 29.4.1.10; 77.11; 86.1.1; 121.24.2, su cui si veda G. Cruciatti, Da archivio familiare a collezione gentilizia. Il fondo Montereale-Mantica, tesi di dottorato di ricerca in Storia e Archeologia del Medioevo, Istituzioni e Archivi, Università degli Studi di Siena, XXV ciclo, 2019), Udine (ASVe, Luogotenente alla Patria del Friuli. Atti e registri civili e criminali; ASUd, Notarile. Notai cancellieri del Capitano e del Luogotenente; Biblioteca civica di Udine, Manoscritti, Fondo principale, mss. 886, Liber bannitorum terrae Utini; 1064 e 2473/I-IV, Sentenze criminali dei luogotenenti; 2649, Liber criminalium, su cui si veda anche il contributo di Lorenzo Freschi edito nel presente volume), Cividale (Biblioteca civica di Cividale, Archivio storico del Comune di Cividale del Friuli. Processi e condanne. Querele e sentenze e Atti giurisdizionali dei gastaldi e consigli di Cividale. Liber criminalium), Verona (Archivio di Stato di Verona 1994, p. 1254, Rettori veneti. Atti dei rettori), Brescia (ASBs, Cancelleria del podestà, ora Curia pretoria di Brescia. Cancelleria pretoria. Atti), Vicenza (Biblioteca civica Bertoliana, Archivio di Torre, unità citate supra alla nota 178) e Bergamo (Biblioteca Angelo Mai, Rettori di Bergamo. Cancelleria pretoria. Atti e Cancelleria prefettizia. Atti; Comune di Bergamo. Processi. Processi penali, una descrizione dei fondi testé citati è disponibile su http://legacy.bibliotecamai.org/cataloghi_inventari/archivi/archivio_comunale_bg/inventario_antico_regime/sommario.html).
221 Su Noale (ASC Noale, Libri del reggimento) si veda supra la nota 102; si vedano inoltre i casi di Monfalcone (ASC Monfalcone, Atti del podestà), San Daniele del Friuli (ASC San Daniele del Friuli, Atti di cancelleria della comunità e Gastaldo. Giurisdizione criminale), Venzone (ASC Venzone, Cause discusse dal capitano), Orzinuovi (ASC Orzinuovi, Podesteria), Rovato (ASC Rovato, Giustizia), Rovereto (unità citate supra alla nota 184), nonché quelli delle curie feudali di Zumelle, oggi Mel (ASC Mel, Libro del reggimento del vicario feudale, su cui si veda Salvador 1999; Talamini 2020, p. 232, 244) e Cordignano, sul cui consistente fondo conservato presso l’Archivio di Stato di Treviso si veda supra la nota 177.
222 ASVe, Duca di Candia. Sentenze criminali del Reggimento, ma si vedano anche la consistente serie di Memoriali e quelle di Quaterni Consiliorum e Bandi, recanti rilevanti riflessi dell’attività giurisdizionale dell’ufficiale (Archivio di Stato di Venezia 1994, p. 1008-1009).
223 Pokrajinski Arhiv Koper, Enota Piran (Archivio regionale di Capodistria, Sezione di Pirano), Komuna Piran. Liber forbannitorum e Kataverske Knige, quest’ultima costituita da registri di condanne e pene pecuniarie riscosse dai locali ufficiali al Cattaver.
224 Državni arhiv u Zadru (Archivio di Stato di Zara), Mletacka uprava u Dalmaciji/Periodo veneziano, Opcina Korcula; Opcina Split; Opcina Trogir. Salvo pochi registri, la ricca documentazione ‘criminale’ ragusana di età medievale (su cui si veda il contributo di Nella Lonza edito nel presente volume) è quasi integralmente successiva al periodo di dominazione veneziana e risale in gran parte al XV secolo. Sul contesto istituzionale e sul sistema giurisdizionale, nonché sui principali riflessi documentari delle prassi di amministrazione della giustizia nella Dalmazia veneziana, si veda Orlando 2013; riferimenti alle implicazioni d’ambito documentario conseguenti alle relazioni tra Venezia e le città dalmate sono presenti anche in Raukar 2013; Jens Schmitt 2013 e Bettarini 2013, editi in Israel – Jens Schmitt 2013.
225 Državni arhiv u Pazinu (Archivio di Stato di Pisino), Opcina Novigrad. Akta Novigradske Kancelarije; Opcina Porec. Akta stare Porecke Kancelarije; Državni arhiv u Rijeci (Archivio di Stato di Fiume), Opcina Buzet; Opcina Rovinj; Opcina Osor. Acta cancellariae Ausseri. A seguito degli eventi succedutisi dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, la documentazione prodotta dai giusdicenti di Capodistria è stata asportata dal locale archivio e non è attualmente disponibile; se ne veda un’accurata descrizione in Majer 1904, in particolare alle p. 42-43 per la descrizione dei libri criminalium all’epoca ancora conservati.
226 A questo proposito, si vedano i riferimenti contenuti in Guèze 1970, p. 27-32.
227 Supra nota 182; documentazione ‘criminale’ si conserva anche nelle biblioteche civiche di Bergamo, Cividale, Milano, Udine, Vicenza, Viterbo e nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (supra note 220, 180, 192, 178, 210, 146, 163 e 216).
228 Si pensi alle riflessioni di cui è permeato Cammarosano 1991, in particolare p. 20 ss, nonché alla ricostruzione degli ‘esiti’ otto-novecenteschi di tale urbanocentrismo offerta in Vitali 2011.
229 Riferimenti, anche bibliografici, in Giorgi – Moscadelli 2012, p. 116-117, nonché, per le giurisdizioni di Murlo, San Giusto di Susa e San Giulio d’Orta, rispettivamente ASSi, Feudi. Murlo e Vescovado (Archivio di Stato di Siena 1994, p. 151); ASTo, Sezioni riunite, Camera dei conti di Piemonte, Articolo 706, § 16 (supra nota 187); ASVb, Castellania vescovile della Riviera d’Orta e ASD Novara, Giurisdizione temporale della Riviera di San Giulio d’Orta (Sezione di Archivio di Stato di Verbania 1986, p. 194 e Archivio diocesano di Novara 1990, p. 223).
230 Chironi 2005, p. 46 ss e 239-240, nonché i riferimenti presenti in Giorgi 2015, p. 483.
231 Fissore 2003.
232 Chironi 2005, p. 53 ss, citazione a p. 56.
233 Chironi 2012, citazioni a p. 939, nonché i riferimenti presenti in Giorgi 2015, p. 489-490.
234 Si vedano, ad esempio, i casi di Genova, Savona, Siena e Trento citati supra, testo corrispondente alle note 36 e ss.
235 Chironi 2012, citazione a p. 943, anche con riferimento a Fissore 2003, p. 369 e Puncuh 1964.
236 Olivieri 2003, p. 21, citato in Chironi 2012, p. 934.
237 Ivi, p. 934-935, con riferimento al caso del notaio astigiano Giacomo Sarraco (Fissore 2003, p. 371).
238 Chironi 2012, p. 936-937 (citazione a p. 937), anche con riferimento a Nicolaj 1995, p. 378-379.
239 Chironi 2012, p. 944-945, citazione a p. 945.
240 Ivi, p. 946, con riferimento a Della Misericordia 2003, p. 106-107. Segue, alle p. 946-947, un primo elenco di libri curie, attestati a Fiesole (1280-1281), Pisa (1304-1306), Asti (1309), Rieti (1314), Mantova (1316), Siena (1318), Arezzo (1366), Padova (1390) e Como (1438).
241 Chironi 2012, p. 947-948.
242 Chironi 2005, p. 135 ss e 240-243, citazioni alle p. 135, 138, 240; Giorgi 2015, p. 486.
243 Chironi 2005, p. 33, 191 ss, citazioni alle p. 33 e 202, anche con riferimento a Montorzi 1984, p. 93-96; Giorgi 2015, p. 482.
244 Supra nota 6.
245 Si vedano sia il portale Beni culturali ecclesiastici in Web (https://beweb.chiesacattolica.it/beniarchivistici/) sia, nel sistema SIUSA, il progetto Ecclesiae Venetae (http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?RicProgetto=ev), nonché i risultati di singole lodevoli iniziative, come ad esempio nel caso degli Archivi storici delle arcidiocesi di Udine (http://www.archiviodiocesano.it/) e Bologna (https://www.archivio-arcivescovile-bo.it/).
246 Si vedano i consistenti casi di Fiesole (ASD Fiesole, Tribunale vescovile. Cause civili e criminali, Sentenze e condanne, con documentazione dal XIII secolo) e Lucca (ASD Lucca, Tribunale ecclesiastico di Lucca. Sezione criminale, con documentazione dal XIV secolo), nonché quelli pur meno cospicui di Prato, Pisa, Volterra, Arezzo e Siena (ASD Prato, Atti giudiziari. Atti della curia del proposto, con documentazione dal XIII secolo; ASD Pisa, Curia Arcivescovile. Atti straordinari; ASD Volterra, Atti civili 11, in realtà inquisizioni e atti criminali; ASD Arezzo, Atti di curia 12, in realtà inquisizioni e condanne criminali, con documentazione dal XIV secolo; ASD Siena, Cause criminali. Atti e Precetti, con documentazione dal XV secolo; si vedano inoltre supra alla nota 240 i riferimenti ai libri curie presenti negli archivi di Fiesole, Pisa, Siena e Arezzo). Si considerino poi i casi di Bologna (Archivio generale arcivescovile di Bologna, Ricuperi attuariali e Atti vari del foro arcivescovile, con consistente documentazione dal XV secolo), Todi (ASD Todi, Notai e cancellieri, con documentazione dal XIII secolo) e Rieti, ove la presenza di libri curie è attestata dai primi decenni del Trecento (supra nota 240), nonché i quattrocenteschi registri di Imbreviature notarili conservati presso l’ASD Imola.
247 Si vedano i casi di Venezia, Ceneda, Concordia e Udine, con frammentaria documentazione ‘criminale’ risalente al XV secolo (Archivio storico del Patriarcato di Venezia, Actorum, mandatorum, praeceptorum; Diversorum; Causarum delegatarum; Causarum et aliorum diversorum Cleri Veneti; Filciae causarum; Criminalia Sanctae Inquisitionis e Criminalia regularium, su cui si veda Gillen 2014; ASD Vittorio Veneto, Episcopato di Ceneda. Referato I. Materia processuale. Rubrica III. Processi contro ecclesiastici; ASD Pordenone, Curia vescovile di Concordia, Nonnulli processus e Processus criminales; ASD Udine, Acta curiae. Criminalia), nonché i pochi libri actorum quattrocenteschi della curia vescovile di Vicenza e, soprattutto, quelli conservati sin dagli ultimi decenni del Trecento a Treviso e Padova, la cui cospicua serie ne annovera alcune centinaia (ASD Vicenza, Libri actorum; ASD Treviso, Libri actorum e Criminalium; ASD Padova, Libri actorum; anche supra, nota 240).
248 Si veda la documentazione piuttosto frammentaria conservata a Susa, Aosta e Ivrea (ASD Susa, Parte I. Governi abbaziali precedenti all’istituzione della diocesi. 3. Abbazia di San Giusto di Susa. Tribunale abbaziale. Registri di cause criminali, con documentazione risalente al XIII secolo; ASD Aosta, Fonds tribunaux ecclésiastiques. Carton IV. Catégorie 8. Temporalité, Carton LXX. Catégorie 10. Documents de particuliers; Carton LXXVI. Catégorie 14. Officialité; ASD Ivrea, Y. Cause civili e criminali, con documentazione dal XV secolo), i libri curie di Ferrara (ASD Ferrara, Notai di curia, con documentazione risalente al XIV secolo), nonché le consistenti serie di protocolli notarili conservate a Torino e Mantova (ASD Torino, Protocolli notarili e ASD Mantova, Mensa vescovile. Registri notarili, con documentazione risalente al XIII secolo); riferimenti alla presenza di libri curie negli archivi diocesani di Asti, Mantova e Como sono contenuti supra alla nota 240. Si segnala infine un piccolo nucleo di carte processuali ‘criminali’ quattrocentesche relative alla curia episcopale di Bressanone/Brixen (ASBz, Archivio vescovile di Bressanone. Processi criminali).
249 Supra, testo corrispondente alla nota 243.
Auteur
Università di Trento - andrea.giorgi@unitn.it
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