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    Plan détaillé Texte intégral Panorami urbani Bologna dei miei tempi A colpi d’obiettivo La città archivio di Osti Notes de bas de page

    Lost Landscapes

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    Table des matières

    Capitolo 4. Lo sguardo archivistico. La città che cambia nelle immagini di Luciano Osti

    p. 88-110

    Texte intégral Panorami urbani Bologna dei miei tempi A colpi d’obiettivo La città archivio di Osti Notes de bas de page

    Texte intégral

    Panorami urbani

    1Se Marzadori filma la Bologna che vede e sogna, una città che guarda al futuro con speranza, un altro cineamatore, Luciano Osti, si preoccupa di filmare le trasformazioni del paesaggio, in particolare delle aree della città soggette al riassetto urbano, con il preciso intento di produrre una documentazione visuale e di restituire il ritratto della città tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Marzadori mi ha permesso di introdurre la città amatoriale e attraverso le sue immagini sono state indicate le direzioni della ricerca, Osti ne amplia le possibilità dello sguardo sviluppando temi simili e mostrandone altri.

    2Della “città amatoriale” che stiamo indagando, con Osti cominciano a precisarsi forme e fisionomie. Il filmmaker, come nessun altro prima e dopo di lui, testimonia con la cinepresa uno status in transizione tra il “vecchio” – una Bologna che va scomparendo sotto i suoi occhi – e il “nuovo” – la prospettiva moderna che risana le ferite della guerra e lancia una trasformazione irreversibile. La città, infatti, cresce come dimensione territoriale, economica e urbanistica e cancella alcuni segni identitari di un passato ormai da lasciarsi alle spalle, in nome del progresso.

    3Luciano Osti, nato nel 1922 in una famiglia della media borghesia bolognese, dopo aver lasciato gli studi universitari di ingegneria, subentra al padre nella ditta di famiglia per il commercio dei tessuti e si dedica alle sue passioni: la fotografia e il cinema in formato ridotto1. Pur non essendo strettamente cinefilo di formazione, aderisce al movimento dei cineamatori e partecipa alle attività dei cineclub. Nella maggior parte dei casi realizza film assemblando le riprese in completa autonomia, ma è impegnato anche in produzioni più articolate. Collabora, infatti, alla realizzazione di film che circolano nei circuiti dei cineamatori, spesso girati in 16mm. Conosce e frequenta Giampaolo Bernagozzi e Pier Luigi Buganè, figure di filmmaker note nel mondo dei cineclub e dei festival amatoriali e indipendenti2.

    4Osti, scomparso nel 2004, ha lasciato un patrimonio inestimabile di immagini della sua città, un archivio cinematografico che consta di una ricchissima e inedita documentazione visuale. Postuma, emerge la figura di un filmmaker originale3: le sue immagini diventano, a distanza di tempo, formidabili tasselli per ricostruire un catalogo cinematografico urbano degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta, un periodo cruciale della storia della città.

    Bologna dei miei tempi

    5Il corpus cui fare riferimento per scoprire l’immagine della Bologna di Osti si concentra sul periodo che va dal 1953 al 1964, gli anni in cui il cineamatore è più attivo nel filmare la sua città. Le medesime inquadrature di scorci e particolari aree vengono riprese più volte nel corso del tempo, in sequenze 8mm raccolte e montate successivamente, anche a distanza di anni. Osti concepisce il cinema in formato ridotto principalmente come dispositivo capace di cogliere e sottolineare i mutamenti del paesaggio urbano. Il suo archivio di sequenze cinematografiche, oggi, offre l’opportunità di ricostruire l’immagine della città proprio come lui l’ha filmata.

    6Guardiamo da vicino le pellicole più significative realizzate da questo sconosciuto “cronachista” delle trasformazioni urbane attraverso le immagini in movimento. Prima fra tutte merita la nostra attenzione Bologna dei miei tempi, film miscellaneo in tre parti che raccoglie immagini girate in anni diversi, senza sonoro aggiunto. L’intento è dichiarato fin dal titolo: Osti inscrive su pellicola i luoghi della città che cambia in un decennio chiave della sua storia. Si tratta di tre pellicole realizzate con l’idea, svelata dal titolo, di comporre un “quadro” della città in un periodo di trasformazione e crescita, cruciale per Bologna ma anche per la vita dell’autore. Alla metà degli anni Sessanta Osti, che nel frattempo si è sposato, sposta progressivamente l’obiettivo dalla città agli affetti famigliari.

    7Nulla sappiamo dell’origine del “progetto” di Osti, se avesse avuto fin dall’inizio l’idea di assemblare immagini girate con un criterio ben preciso, coerente nel corso di anni, o se abbia deciso solo in un secondo momento, né se avesse pensato a una destinazione ulteriore oltre all’uso strettamente privato delle immagini.

    8Bologna dei miei tempi può essere letto come un film d’archivio composto da parti girate appositamente da Osti e dagli scarti di altri suoi film. Il risultato è un “saggio visuale” sulle trasformazioni urbanistiche e sociali in atto. La prima pellicola4 si apre con la didascalia del titolo, il cartello “a partire dal novembre 1953” e le riprese effettuate da un punto alto della città, il convento di San Michele in bosco, che si affaccia sulla città dalla fascia collinare posta a sud. Una lunghissima panoramica e alcune inquadrature fisse abbracciano e dominano il centro storico e condensano, in poche decine di secondi, il ritratto di Bologna (ritroveremo questa introduzione quasi identica nella seconda pellicola). Osti si sofferma sulla torre Asinelli e successivamente inquadra le nuove emergenze architettoniche della periferia che ridefiniscono il paesaggio, rispettivamente a ovest e a est: l’Ospedale Maggiore (costruito tra il 1955 e il 1963) e il grattacielo di San Vitale (1958-1960).

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    9Nelle inquadrature successive Osti ci porta nel cuore della città storica, sotto la torre Asinelli, tra le vie Rizzoli, Orefici, Ugo Bassi e Indipendenza. Si susseguono riprese diurne, e più brevi notturne, delle insegne luminose, delle vetrine, dei semafori e degli orologi che scandiscono le ore. Le immagini colgono la mobilità di pedoni, automobili, biciclette e altri mezzi di locomozione nelle arterie principali della Bologna dei primi anni Cinquanta (l’asse via Rizzoli – via Ugo Bassi corrisponde alla via Emilia nel tratto di attraversamento del centro), tra i luoghi chiave del cinema topografico di Osti.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    10Cambia lo scenario e siamo proiettati in un angolo della città in trasformazione. Osti si sofferma su un edificio che di lì a breve sarà demolito: si tratta della Casa della GIL (Gioventù italiana del littorio), costruzione fascista posta nell’area compresa tra Porta Galliera e il Parco della Montagnola, a nord del centro storico, vicino alla stazione ferroviaria. Osti è incuriosito dall’architettura e dallo stato dell’edificio, parzialmente riadattato ad abitazione per coloro che hanno perso la casa a causa dei bombardamenti. Un enorme cartello pubblicitario della Coca-Cola con la parola “ospitalità” appare a Osti come un segno dei tempi. La GIL, filmata da Osti, rappresenta quella sospensione tra passato e futuro che l’autore cerca di cogliere costantemente. L’identità “fluida” dell’edificio, che contiene un passato da rimuovere e vive un presente frutto della necessità, è perfettamente registrata dal filmmaker che ci offre un’immagine totalmente inedita (e il luogo di una memoria dimenticata) del paesaggio urbano.

    11Queste riprese rimandano ad altre sequenze presenti nell’archivio Osti. Il paesaggio circostante emerge infatti in una pellicola senza titolo del 19555: una lunga panoramica girata dal Pincio della Montagnola, proprio sopra la GIL di cui si intravede il retro, abbraccia l’area che va dalla chiesa del Sacro Cuore all’Officina del gas: in quel momento appare completamente spoglia, solo nel 1967 sarà occupata dall’Autostazione. Un’altra panoramica, più breve, mostra Porta Galliera e l’inizio di via Indipendenza. Altrove6, invece, Osti filma una carrozza che passa vicino alla stessa Porta e piani ravvicinati della GIL, mostrata nei dettagli7. Le sequenze di Osti ci aprono scorci di un panorama sopravvissuto solo grazie alle sue riprese.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    12Nelle sequenze successive il ritratto della città in fieri di Osti si chiarisce ulteriormente, con inquadrature di cantieri, edifici sistemati provvisoriamente, scavi, spazi vuoti a causa dei bombardamenti, nuove costruzioni e angoli della città in attesa di ridefinizione. Nelle riprese tra via Riva di Reno, via Polese e via Marconi, un’area su cui il filmmaker insiste molto, convivono quegli aspetti che conferiscono una forma cangiante allo spazio urbano, affiancandosi e fronteggiandosi vetusti caseggiati popolari di uno o due piani e imponenti palazzi residenziali e per gli uffici che di piani ne hanno almeno sei o sette.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    13Alcuni palazzi con ardite soluzioni architettoniche moderniste, Palazzo Lancia (all’angolo tra via Marconi e via Riva di Reno) e il Palazzo del Gas (tra via Marconi e via Lame), risalgono alla pianificazione urbana del periodo fascista, di quella che allora si chiamava la nuova via Roma, altri li vediamo crescere dalle fondamenta nelle immagini di Osti8.

    14In via Marconi, di fronte alla Camera del Lavoro (ex Casa del Contadino, 1940-42) si apre allo sguardo il canale del Cavaticcio e l’area limitrofa, che sarà presto coperta alla vista e che qui appare in una prospettiva inaspettata per il cittadino/spettatore contemporaneo.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    15Inquadrature di via Ugo Bassi all’altezza del Mercato delle erbe svelano gli sventramenti di guerra: una parte della facciata dell’Hotel Brun (il palazzo rinascimentale Ghisilieri) ancora in piedi grazie a un sostegno (sarà poi inglobata nella nuova struttura architettonica della Galleria del Toro). Una panoramica mostra l’angolo con piazza Malpighi, dove sorgeva l’edificio, uno dei punti del centro storico più colpiti dalle bombe.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    16A dieci anni circa dalla fine del conflitto, nella sua quotidianità, la città fa i conti con questo lascito storico: le ferite sono ancora a cielo aperto, nonostante si lavori, incessantemente, per ricucirle.

    17Le gru e i cantieri della ricostruzione operano anche nella vicinissima via Lame. Qui Osti mette a fuoco le architetture, filmate con panoramiche dal basso verso l’alto, e viceversa, o da destra a sinistra, e al contrario, cogliendo solo raramente i volti dei suoi abitanti e mai in primo piano. Protagoniste sono le architetture e gli spazi, gli abitanti fanno parte del panorama urbano e diventano interessanti in quanto pedoni, ciclisti o guidatori di mezzi che l’attraversano.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    18Una voragine in via Rizzoli è immediatamente identificata come il cantiere del sottopassaggio pedonale, la cui costruzione dovrebbe facilitare la viabilità (sarà inaugurato nel 1960)9.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    19Una sequenza, datata all’incirca al 1959 (grazie all’inquadratura di un manifesto Du Rififi chez les femmes [Rififi fra le donne, Alex Joffé, 1959]), prefigura la demolizione di un palazzo storico di fianco a Palazzo d’Accursio, dietro a piazza Maggiore, come segnalano gli avvisi posti sullo stabile di via IV Novembre 6. I cartelli sono affissi nella vetrina del Bottegone del filato, che vende tutte le sue merci a prezzi scontatissimi a causa dell’imminente liquidazione.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    20La parte finale del film è dedicata a una ripresa da un tram della linea n. 3. Facendo sua una strategia di appropriazione del paesaggio che affonda le sue radici alle origini del cinema10, Osti rende ancora più manifesto il suo impulso a mappare la città con la cinepresa 8mm, trasformando la cinepresa in veicolo e adottando un punto di vista frontale. Così il tragitto filmato dal tram è un attraversamento dello spazio e, a posteriori, del tempo storico, sfruttando le possibilità di un dispositivo di simulazione che ci rende partecipi del viaggio. Osti filma il percorso del tram da capolinea a capolinea, partendo da via Montegrappa, in pieno centro, e arrivando a Borgo Panigale (nella periferia ovest) per poi fare il tragitto inverso. Passando per via Nazario Sauro, via Ugo Bassi, via San Felice, Porta San Felice, via Saffi e la via Emilia. Assumendo il suo punto di vista, in modo soggettivo e immersivo, ritroviamo il panorama urbano esattamente come si presenta all’autore delle riprese, ai viaggiatori dell’epoca e addirittura al guidatore del tram. Il viaggio del tram di Osti rappresenta un’occasione unica per percepire visivamente lo spazio urbano della Bologna degli anni Cinquanta11.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, I parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    21La seconda pellicola di Bologna dei miei tempi12 raccoglie immagini girate tra il 1955 e il 1964. Le sequenze sono dedicate prevalentemente proprio alla mobilità urbana, un tema che ritorna e viene approfondito. Tra via Marconi, via Lame, via Ugo Bassi e via Rizzoli, sfrecciano biciclette, motoveicoli, automobili, tram e autobus. Osti vuole sottolineare quanto il traffico cittadino stia cambiando. Tanto che per regolare il flusso dei pedoni che attraversano la strada sono necessari i vigili e i nuovissimi semafori che si presentano con le forme consuete ma anche, in taluni casi, avveniristiche. L’attraversamento della centralissima via Rizzoli, strada di cui Osti offre scorci notevoli, comincia a essere un problema.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, II parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    22Si prefigura la necessità di nuove soluzioni, come il sottopassaggio pedonale di cui è stato presentato il cantiere nella pellicola precedente. Se l’elemento umano sembra prevalere su quello architettonico, presto ci rendiamo conto che i pedoni per Osti non sono che insetti di quel formicaio che è il tessuto urbano del centro e il nostro filmmaker torna a occuparsi delle sovrastanti gru e delle nuove costruzioni che crescono dalle fondamenta.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, II parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    23Appaiono altri angoli di Bologna destinati a essere rimossi presto, come il bar Venezuela sotto le due torri13. In piazza Cavour una carrozzella turistica trainata da un cavallo porta dei passeggeri. La vediamo allontanarsi per via Farini verso via Santo Stefano. Un intermezzo: Osti riprende brevemente i tipi umani, gli anziani e i questuanti, che gravitano nei dintorni della scalinata di San Petronio e in piazza Maggiore.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, II parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    24Figure che egli intende mostrare come se fossero in estinzione? Subito fa seguire altre immagini di un paesaggio destinato a sparire con inquadrature lunghe e insistite sui canali di via Riva di Reno, di cui conosce il prossimo destino, determinato anche dalle esigenze del traffico.

    25Gli ultimi canali, un elemento per secoli caratterizzante lo spazio urbano bolognese, saranno coperti di lì a poco, occultati alla vista e necessariamente obliati. Osti imprime su pellicola il ricordo di questi luoghi. Di fianco ai canali, che ancora resistono e che all’altezza di via della Grada vedono le lavandaie all’opera, la città presenta una voragine che è un cantiere a cielo aperto.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, II parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    26A distanza, si notano gli edifici storici e quelli nuovi, ma Osti mette al centro un’architettura che sta prendendo forma, lo scheletro di quello che sarà un simbolo della nuova Bologna del sindaco Dozza: il Palazzo dello Sport di piazza Azzarita14.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, II parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    27In questa parte del film di Osti è particolarmente evidente il contrasto tra il vecchio e il nuovo e il passaggio di una linea d’ombra per la città, a segnare una mutazione del paesaggio senza ritorno. Il nostro testimone con cinepresa lo percepisce come un frangente ineluttabile ma da fissare, se non altro nei fotogrammi di una pellicola 8mm15.

    28Poco distante il traffico delle automobili sembra prendere il sopravvento, auto parcheggiate nei dintorni riempiono lo spazio urbano, persino i percorsi interni ai Giardini Margherita sono affollati da diversi mezzi, mentre passano due carabinieri a cavallo. Il viale di circonvallazione all’altezza dell’ingresso dei giardini, a Porta Castiglione, da luogo di passeggio è diventato uno dei percorsi nevralgici del traffico, ormai completamente riempito dalle automobili. Un uomo a piedi con cavallo e carretto a fianco attraversa il viale all’altezza della porta e dai colli si dirige verso il centro. Ancora una volta ciò che scompare e ciò che irrompe. Osti chiude in modo perentorio questo secondo film.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, II parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    29La terza pellicola sulla Bologna dei suoi tempi16, che assembla immagini girate nell’estate del 1959, è molto più breve e meno strutturata rispetto alle precedenti. Appare incompiuta, in forma di bozza. Nell’incipit manca la didascalia con il titolo e la parte introduttiva con le vedute del panorama urbano dai colli: sembra più che altro un’appendice delle altre due. Il filmmaker si sofferma su alcuni particolari dei portici di via Sant’Isaia, filmati dal punto in cui un tempo sorgeva l’omonima porta, e di via San Felice.

    30Un’architettura caratteristica di Bologna, quella del portico, spazio aperto e chiuso allo stesso tempo, che Osti mostra come passaggio pedonale e luogo di socialità, con le persone sedute ai tavolini esterni dei bar. Lo sguardo di Osti insiste curiosamente sul portico e i cortili del numero civico 147 di via San Felice, probabilmente disabitato. Uno stabile che una perlustrazione contemporanea ha rivelato non esistere più. Pertanto è presumibile che Osti l’abbia filmato proprio perché destinato a essere abbattuto. La sequenza successiva ci porta al caotico via vai di gente e mezzi di trasporto all’angolo tra via Ugo Bassi e via Indipendenza, ripresi da piazza del Nettuno. Rapidamente poi ci spostiamo in via Marconi, all’altezza del canale del Cavaticcio, non ancora interrato, ripreso da diversi punti di vista. Una volta di più, Osti è particolarmente interessato a filmare i canali, come retaggio e simbolo di un’antica identità cittadina progressivamente sotterrata.

    Fotogrammi di Bologna dei miei tempi, III parte (Luciano Osti, 1953-1964, 8mm)

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    A colpi d’obiettivo

    31Nella produzione filmica di Osti la città è una costante. Come abbiamo visto, alcune pellicole dell’archivio Osti ruotano attorno ai temi di Bologna dei miei tempi. Tra di esse ci sono collegamenti continui, che ho già evidenziato nel paragrafo precedente. Un altro gruppo di pellicole, invece, si differenzia dal corpus dedicato alle trasformazioni urbanistiche e richiede un approfondimento. Si tratta di cortometraggi documentari e di fiction, in alcuni casi realizzati insieme ad altri cineamatori e collaboratori nell’ambito del cineclub bolognese. Infine, il terzo nucleo dell’archivio, su cui non mi soffermerò, ha una connotazione prettamente famigliare, dove l’immagine della città rimane sullo sfondo. Nel suo complesso, l’archivio di Osti restituisce una grande quantità di immagini e situazioni notevoli. Vedremo ora una selezione di pellicole dei film a soggetto per evidenziare i temi ricorrenti e meglio rappresentare i contenuti dell’archivio.

    32Quello del “tempo che passa” è un tema che Osti sviluppa non solamente filmando gli stessi luoghi a distanza di anni. Una particolare attenzione è rivolta allo svolgersi delle stagioni nell’ambiente urbano, tra la calura estiva e il rigido clima invernale. Diversi film sono ambientati d’estate. Nel documentario 34 gradi all’ombra17, titolo che richiama la temperatura segnata dal termometro di una farmacia nella prima inquadratura, si scopre il centro di Bologna “invaso” di turisti: sorprendenti le automobili e i pullman con targhe straniere parcheggiati in piazza Maggiore e dei pedoni che si aggirano nei dintorni, spesso ripresi da Osti mentre (si) fotografano.

    Fotogrammi di 34 gradi all’ombra (Luciano Osti, 1955-1956, 8mm)

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    33In questa pellicola come in altre Osti usa un espediente per fendere il paesaggio urbano (e umano): filma con la cinepresa figure femminili, che camminano per le strade, riprendendole da vicino e da lontano, da dietro o anticipandole18. L’interesse di Osti non si limita alle architetture, è qui rivolto al paesaggio antropologico, per quanto riguarda gli abiti, le fogge e le acconciature femminili.

    Fotogrammi di Ferragosto 1956 (Luciano Osti, 1956, 8mm)

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    34In Ferragosto 195619 Osti propone scorci del centro storico vuoti e così spogli che in alcune inquadrature la città sembra addirittura abbandonata, mentre in 37 gradi all’ombra20 il torpore di luglio viene sconvolto da un acquazzone preannunciato da un forte vento che soffia sugli alberi dei Giardini Margherita, poi la pioggia batte sulle strade del centro e i pochi pedoni si allontanano precipitosamente21.

    35Infine, due pellicole sempre canicolari, sospese tra il documentario e la fiction. In Le ferie22 Osti mostra diversi angoli della città, i portici vuoti, le serrande abbassate, i cartelli “chiuso per ferie”, insegne pubblicitarie di agenzie di viaggio, le finestre tappate, i treni in partenza. Poi segue il procedere di un uomo, indeciso su dove andare, e il film si conclude con immagini della affollata piscina comunale dello Stadio.

    36In 10 minuti d’estate23, realizzato da Pier Luigi Buganè, Dario Melotti e Osti per il Cine Club Bologna, si racconta in modo ironico il tentativo di una coppia, il signore e la signora Rossi, di andare in vacanza in agosto. Il desiderio dei due si scontra con le poche finanze a loro disposizione (e la difficoltà della coppia a gestirle). In questo film, l’immagine della città è trasmessa da una sequenza (con i titoli sovraimpressi) che mostra l’attraversamento dello spazio urbano del protagonista, che così si ripara dal sole. Pochi i luoghi filmati facilmente riconoscibili, tra cui la scalinata di via de’ Toschi e via del Monte dove c’è il banco dei pegni.

    Fotogrammi di Le ferie (Luciano Osti, s.d., 8mm)

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    37Passando al freddo e all’inverno, si va da Quando a Bologna nevicava sul serio24, titolo attribuito da Osti più tardi (come molti altri), che documenta gli effetti delle grandi nevicate tra gennaio e febbraio del 1954 soprattutto nelle strade e nelle piazze del centro storico, a Inverno25, breve documentario poetico, realizzato per il concorso a tema fisso (per l’appunto “l’inverno”) del Cine Club di Bologna, che mostra i Giardini Margherita in mezzo alla nebbia, attraverso immagini cariche di suggestione e malinconia, a suggerire un luogo popolato da rari individui, alcuni animali e, forse, fantasmi. Natale 195826 invece descrive bene l’atmosfera ritraendo le strade di varie zone della città e gli addobbi urbani nel periodo delle feste.

    Fotogrammi di Quando a Bologna nevicava sul serio (Luciano Osti, 1954, 8mm)

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    38A saldare i temi delle due stagioni, una curiosa pellicola che assembla scene girate nel novembre del 1958 e nell’estate del 195927, una sorta di montaggio ironico (probabilmente di scarti): l’immagine di un uomo ripreso in primo piano da dietro nello scenario spettrale dei Giardini Margherita d’inverno è seguita da riprese della piscina comunale affollatissima d’estate e dai treni in partenza dalla stazione, situazioni che appunto ritroviamo in altre pellicole di Osti, e che nella mente dell’uomo della prima inquadratura potrebbero rappresentare ricordi o desideri di essere in un altro luogo e in un altro momento.
    Un altro tema presente nella città di Osti è quello religioso, in particolare in una pellicola collettiva del 1960, La processione28, prodotta dal Cine Club Bologna e realizzata da un gruppo di cineasti, tra cui Osti: C.G. Bettini, P. Buganè, P. Gelli, G. Lelli. Si tratta della cronaca filmata, sonorizzata ma senza un testo (si odono le campane e dei canti liturgici), della processione della Madonna di San Luca. Il film è una piccola perla in 8mm, frutto del montaggio ineccepibile delle riprese dei cineamatori che firmano la pellicola29.

    Fotogrammi di La processione (C.G. Bettini, P. Buganè, P. Gelli, G. Lelli, L.Osti, 1960, 8mm)

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    39La processione si svolge in primavera, in occasione della discesa della Madonna di San Luca, attraverso le vie del centro di Bologna: dal santuario di San Luca al duomo di San Pietro. Le riprese si soffermano sulla gente e colgono molto bene i volti, i gesti, i drappi, il passaggio del cardinal Lercaro, vescovo di Bologna, che accompagna l’effige della Vergine e molti dettagli, offrendo uno spaccato di grande interesse del corpo sociale cattolico bolognese, dispiegato lungo la stretta via Nosadella.

    40A integrazione di questo film, è presente in archivio una pellicola, la cui responsabilità è apparentemente del solo Osti, sulla fiera della Madonna di San Luca, sempre del 196030: sono filmati i luoghi, nei dintorni del duomo e della Curia (tra via Indipendenza e via Altabella) e le persone, su cui la cinepresa indugia. Non molto distante, davanti alla chiesa di San Giacomo (in piazza Rossini), un nuovo rito: la benedizione delle automobili.

    41Lo sguardo di Osti si sofferma di frequente su avvenimenti cittadini che si svolgono al parco della Montagnola, uno dei luoghi privilegiati per gli eventi cittadini negli anni Cinquanta. Datato 1954 è il piccolo documentario Arriva il circo: il film mette insieme, uno dopo l’altro, il circo Togni e il circo Orfei31. Situazioni filmate: il tendone in via di allestimento, i carri e il brulicare dei lavoratori in un clima invernale sotto una coltre di nebbia; all’interno del tendone, i numeri dello spettacolo.

    42L’arrivo del circo è filmato brevemente anche in un’altra pellicola (datata 1953): il circo si presenta alla città con un carosello di animali, tra cui elefanti e zebre, e clown per le centralissime vie limitrofe alla Montagnola (le stesse che di consueto servono alle parate)32.

    Fotogrammi della pellicola n. inv.1 (Luciano Osti, 1953, 8mm)

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    43In un’altra stagione, d’estate, e in un altro documentario senza data ma coevo33, vediamo invece lo svolgersi di un appuntamento fisso per i bolognesi alla Montagnola: il luna park. Osti perlustra con la cinepresa lo spazio per bambini e adulti animato dalle giostre, gli autoscontri e i tanti giochi presenti e coglie espressioni e piccoli gesti delle persone che lavorano al luna park e che lo frequentano. Non mancano le riprese delle luci notturne.

    Fotogrammi della pellicola n. inv. 120 (Luciano Osti, s.d., 8mm)

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    44Osti filma qualche istante del passaggio del Giro d’Italia tra la folla34, sempre nei pressi della Montagnola, e poi si sofferma sul tradizionale mercato della “piazzola”, dove la cinepresa indugia sui banchi dei robivecchi con oggetti di tutti i tipi e sui volti dei venditori. In questi film lo sguardo di Osti è rivolto soprattutto ai particolari, mancando una visione d’insieme dello spazio urbano che si fatica a riconoscere, tuttavia queste immagini rappresentano bene il paesaggio antropologico e sociale della città, cogliendo momenti quotidiani ed eccezionali che si svolgono nel tessuto urbano.

    Fotogrammi della pellicola n. inv.119 (Luciano Osti, s.d., 8mm)

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    45Un discorso a parte meritano le immagini di altri tradizionali appuntamenti del calendario cittadino, a cadenza annuale, poi scomparsi come riti collettivi. Le riprese della festa delle matricole universitarie degli anni 1956 e 1957 sono condensate in un’unica bobina35. La goliardia bolognese occupa letteralmente piazza Maggiore e via Rizzoli, con costumi, carri, giochi, blocchi del traffico veicolare, fino a cambiare momentaneamente l’aspetto urbano. Persino la statua del Nettuno viene travestita nei modi più bizzarri.

    Fotogrammi della pellicola n. inv. 41 (Luciano Osti, 1956-1957, 8mm)

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    46Scorci di carnevale in piazza Nettuno e via Indipendenza, invece, sono visibili in Colpi d’obbiettivo (1954/1955)36, interessante per il punto di vista adottato da Osti, che filma le persone ad altezza di bambino, tenendo nascosta la piccola cinepresa 8mm e sfruttandone al meglio la maneggevolezza e la possibilità di divenire un’estensione del corpo oltre che dell’occhio (per l’appunto un occhio ad altezza variabile). Ne risultano inquadrature spesso oblique di persone che camminano per le strade e sotto i portici. Le riprese dal basso, come abbiamo visto una modalità utilizzata altre volte dal nostro filmmaker “segugio”, svelano la visuale di angoli nascosti della città, e sono alternate alle riprese dall’alto (dalla torre degli Asinelli). Anche in questo caso la cinepresa segue le persone in cammino.

    Fotogrammi di Colpi d’obbiettivo (Luciano Osti, 1954-1955), 8mm)

    Image

    47Una bobina assembla sequenze della Mille Miglia dal 1954 al 1957, l’ultima edizione di una corsa mitica ormai troppo pericolosa per i centri urbani. Le riprese di Osti documentano, sotto il sole e la pioggia, le automobili ferme e in corsa, l’attesa degli spettatori, ma anche i momenti della preparazione, lungo via Murri e via Toscana, fuori dal centro storico in direzione sud ovest.

    48Un altro tema topografico importante per Osti è legato ai luoghi che vedono la presenza dei treni: le stazioni e gli scali ferroviari. In particolare, Biancarosa e i treni (1958), un affettuoso ritratto della moglie filmata su un ponte allo scalo ferroviario di San Donato (a nord est) e uno sguardo incuriosito sui treni a vapore ed elettrici e sull’ambiente circostante, che affascina la donna e il cineamatore. Più tardi, nel 1964, Osti raccoglie altre immagini di treni e rotaie, di operai e ferrovieri al lavoro, e di qualche passeggero presso la Stazione centrale e, ancora, allo scalo37.

    Sopra 3 fotogrammi della pellicola Biancarosa e i treni (Luciano Osti, 1958, 8mm) e sotto tre fotogrammi della pellicola n. inv. 98 (Luciano Osti, s.d., 8mm)

    Image

    49Nella produzione filmica di Osti, la città e il paesaggio urbano spesso prendono il sopravvento, diventando il soggetto principale. Quando non è così, la città emerge sempre, sullo sfondo o nei dettagli.

    La città archivio di Osti

    50Osti incarna un soggetto a metà strada tra il cineamatore tipico, che come molti negli stessi anni si dota della cinepresa per evolvere il proprio occhio fotografico e mettersi alla prova sperimentando con le immagini in movimento, l’archivista di immagini da lui stesso prodotte, mostrando così una prospettiva di conservazione della memoria per sé e gli altri come necessità di trasmissione futura, e l’“uomo della strada”, il cittadino comune, figura che in qualche modo è il prototipo dell’osservatore urbano.

    51Osti è il nostro uomo con la macchina da presa, che filma una stagione di Bologna. Ce lo si immagina in ogni angolo di strada, a fagocitare immagini della città per la sua personale kino-pravda. Osti raccoglie repertorio per il suo archivio, dove finisce tutto quel che gli capita sotto gli occhi. Non cessa di montare le immagini per lungo tempo, forse neppure rassegnandosi all’evidenza di una città trasformata. Dobbiamo immaginarci scatole di film, spezzoni di pellicole che pazientemente conserva lasciandole stagionare. Che il tempo faccia il suo corso, che le immagini filmiche preservino un ritorno impossibile, la nostalgia di una città che non c’è più.

    52La mappa bolognese del cinema di Osti è molto estesa, dal momento che raccoglie l’interesse coltivato per anni dal cineamatore nei confronti delle trasformazioni in corso, oltre che la costante volontà di documentare luoghi ed eventi sociali. Un lavoro che evidenzia anche una forte affettività per la città e la sua vita.

    53Negli anni Cinquanta, momento in cui Osti inizia a filmare, da oltre mezzo secolo lo spazio urbano è uno dei soggetti privilegiati del cinema: anche il filmmaker bolognese vive, per almeno un decennio, lo stesso intenso rapporto tra cinema e città, in un contesto urbano medio.

    54L’archivio Osti si presta a diversi possibili interpretazioni per la ricerca, a conferma delle ipotesi avanzate per il caso esemplare di Bologna democratica di Marzadori. L’autore stesso indica le direzioni da seguire, utilizzando particolari punti di vista e strategie di rappresentazione nei suoi saggi visuali sullo spazio urbano. Naturalmente anche questa volta siamo aiutati dalla scelta di fotogrammi chiave e dalla possibilità di rimontare i materiali. Allo stesso modo, come vedremo in seguito, possiamo scegliere delle inquadrature di Osti e andare a cercare oggi il suo punto di vista e sovrapporre l’immagine della città del cineamatore bolognese a quella attuale. La percezione visiva di volumi e forme del paesaggio urbano è profondamente mutata nel tempo, e i dispositivi tecnologici di registrazione dell’immagine sono cambiati e si sono moltiplicati.

    55Un’altra possibile ipotesi di lavoro è la ricomposizione dell’archivio su base geografica. Si è avuto modo di vedere che nella città di Osti il centro storico tra piazza Maggiore, via Rizzoli e le due torri, via Indipendenza e via Ugo Bassi, è un punto di continuo ritorno, mentre la zona a nord ovest del centro è la più perlustrata (trattandosi, non a caso, di quella più soggetta alle ricostruzioni post belliche). I due principali parchi cittadini sono luoghi che attirano Osti per diverse ragioni: quando diventano palchi teatrali per lo svolgimento della vita sociale cittadina (soprattutto la Montagnola) e quando si mostrano luoghi emblematici del passaggio delle stagioni (in particolare i Giardini Margherita). L’occhio di Osti si spinge ai margini e al di fuori del centro storico, privilegiando luoghi come la zona dello stadio (in particolare la piscina comunale), la stazione e lo scalo ferroviario di San Donato. Osti si sposta anche verso ovest (Borgo Panigale) e verso est, via Murri e via Toscana (nei cui dintorni a un certo punto va ad abitare). Ma la bussola con la quale si muove lo porta ripetutamente presso i cantieri, luoghi in divenire della trasformazione urbana. Ne abbiamo individuati diversi: il sottopassaggio di via Rizzoli, il grande cantiere della Galleria del Toro e il cantiere del Palazzo dello Sport e altri principalmente posti in via Marconi e in zona Lame.

    56La città di Osti, al contrario di quella di Marzadori, non vuole essere dichiaratamente una città politica e militante. Se la città di Marzadori è (ben) governata, quella di Osti ci appare come un organismo a sé, sembra vivere di vita propria. Tuttavia è immersa in un destino che pare ineluttabile agli occhi del cineamatore. Il suo sguardo è quello del testimone, talvolta ironico, più spesso carico di partecipazione e affetto. Ma è soprattutto uno sguardo spinto dalla ricerca di un’idea documentaria sulla rappresentazione del paesaggio urbano. E l’immagine che emerge è quella della città cangiante, una città cantiere, che Osti vuole mantenere nella sua memoria e, in parte consapevolmente e in parte no, consegnare ai posteri. Gli archivi di Osti e Marzadori, in definitiva, ci regalano fonti visuali potentissime per il lavoro degli storici e degli urbanisti, un tesoro che allo stesso tempo accende lo stupore degli spettatori contemporanei.

    57Ma la Bologna di Osti, come detto più volte, non è la stessa città dall’afflato idealistico di Marzadori, ed è anche molto distante dalla cine-città, sognata e trasfigurata, di Mauro Mingardi, che vedremo a breve. Tre figure di autori per altrettante identità della città filmata. Ma cercata tra i fotogrammi quale di queste città è reale? Una, nessuna, centomila.

    Notes de bas de page

    1 Le informazioni biografiche sono state trasmesse dal figlio Paolo Osti.

    2 I fondi audiovisivi di Bernagozzi, figura di rilievo anche come docente, operatore culturale e saggista, e Buganè, coautori di film in formato ridotto di forte impegno politico e sociale, sono conservati presso l’Istituto per la Storia e la Memoria del Novecento Parri Emilia Romagna e ANFF.

    3 Il fondo archivistico Luciano Osti (ANFF) è composto da 168 pellicole 8mm e Super8 (bianco e nero e a colori, mute), girate tra il 1953 e il 1984, ma soprattutto negli anni Cinquanta e nella prima metà dei Sessanta. Prenderò in considerazione solo pellicole 8mm in bianco e nero, identificate con un titolo o con il solo numero d’inventario.

    4 N. inv. 3.

    5 N. inv. 16.

    6 N. inv. 36.

    7 Il film è datato al 1956 da Osti, ma la Casa della GIL risulta abbattuta nel 1955.

    8 La pellicola n. inv. 48 (1957) è collegata a queste sequenze essendo interamente dedicata alle nuove costruzioni tra via Polese, via Riva Reno e via Marconi. Simili o analoghe inquadrature, a completare la mappatura cinematografica dell’area, sono presenti nelle pellicole n. inv. 63 (1958) e n. inv. 72 (1959).

    9 In altre pellicole del 1957 (n. inv. 51, 52, 53) sono documentati gli scavi e la costruzione del sottopassaggio nel periodo estivo, mentre nella pellicola n. inv. 93 del 1962, è presente un inquadratura della torre degli Asinelli ripresa dall’uscita del sottopassaggio.

    10 La macchina da presa collocata su mezzi di trasporto in movimento come treni, tram imbarcazioni produce nello spettatore l’impressione di muoversi nello spazio, di entrarci. Un modello di esperienza in soggettiva inaugurato dai Lumière, in particolare dal loro operatore Eugène Promio, e utilizzata in varie forme negli anni seguenti. Vedi Michele Guerra, Il paesaggio in azione: note su alcune idee filmiche di paesaggio, in Giulio Iacoli (a cura di), Discipline del paesaggio. Un laboratorio per le scienze umane, Mimesis, Milano-Udine, 2012, pp. 195-208 (in particolare pp.197-199).

    11 Osti è attratto dal sistema tramviario, come dimostrano altre sequenze. Alle linee n. 2 e 7 dei tram è infatti dedicata la bobina n. inv. 131, che presenta altre soggettive girate dall’interno dei tram in corsa.. Le bobine n. inv. 95 (una delle poche a colori) e la 132 invece sono dedicate alla linea n. 13, ormai rimasta la sola funzionante, nell’anno della sua dismissione (1963). Osti filma i tram come presenze mobili del paesaggio urbano, la cui memoria viva è da salvare su pellicola prima che sia troppo tardi (al contrario di Marzadori che vede con ottimismo il passaggio dai tram agli autobus). Nel capitolo 6 il commiato al tram ritornerà nelle riprese dei bolognesi.

    12 N. inv. 32.

    13 Un’altra sequenza (pellicola n. inv. 30, 1955), è dedicata al bar Venezuela: è evidente lo stato di semidistruzione in cui si trova l’angolo tra via Zamboni e via San Vitale.

    14 Osti filma anche l’inaugurazione del Palazzo dello sport (n. inv. 40), nel 1956.

    15 Poi il film torna sotto le due torri, nello stesso posto dove sorgeva il bar Venezuela, che ora non c’è più. Il passaggio è stato compiuto con l’abbattimento dell’edificio.

    16 N. inv. 73.

    17 N. inv. 29, 1955-1956.

    18 Ritroviamo questa “tecnica” voyeuristica in molte pellicole con scene “estive”, per esempio in Colpi d’obbiettivo (n. inv. 13, 1954-1955), Abiti a sacco (n. inv. 67, 1958) e Mi sono cotonata per te (n. inv. 114, senza data).

    19 N. inv. 39.

    20 N. inv. 50, 1957.

    21 Situazioni analoghe nelle pellicole n. inv. 65 e 66, sul ferragosto del 1958, dove si scoprono altri scorci di città deserta e uno sguardo sociologico sui Giardini Margherita.

    22 N. inv 129: in alcune riprese vediamo situazioni filmate presenti anche in Bologna dei miei tempi, parte terza.

    23 N. inv. 130, 1957.

    24 N. inv. 14.

    25 N. inv. 44, 1957.

    26 N. inv. 68.

    27 N. inv. 28.

    28 N. inv 133.

    29 Uno degli autori, Pier Luigi Buganè, ricorda La processione («un film che amo ancora molto») nel quadro delle produzioni del Cine Club di Bologna: Gli ‘enfants’ terribles della Fedic, in Roberto Chiesi (a cura di), Lo sguardo liberato. Fedic 1949-1999. Itinerari di una federazione di cinema indipendente, Manent, Firenze, 1999, pp. 143-145.

    30 N. inv. 81.

    31 N. inv. 8.

    32 N. inv. 1.

    33 N. inv. 120.

    34 N. inv. 119.

    35 N. inv. 41.

    36 N. inv. 13.

    37 N. inv. 57 e n. inv. 98.

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    1 Le informazioni biografiche sono state trasmesse dal figlio Paolo Osti.

    2 I fondi audiovisivi di Bernagozzi, figura di rilievo anche come docente, operatore culturale e saggista, e Buganè, coautori di film in formato ridotto di forte impegno politico e sociale, sono conservati presso l’Istituto per la Storia e la Memoria del Novecento Parri Emilia Romagna e ANFF.

    3 Il fondo archivistico Luciano Osti (ANFF) è composto da 168 pellicole 8mm e Super8 (bianco e nero e a colori, mute), girate tra il 1953 e il 1984, ma soprattutto negli anni Cinquanta e nella prima metà dei Sessanta. Prenderò in considerazione solo pellicole 8mm in bianco e nero, identificate con un titolo o con il solo numero d’inventario.

    4 N. inv. 3.

    5 N. inv. 16.

    6 N. inv. 36.

    7 Il film è datato al 1956 da Osti, ma la Casa della GIL risulta abbattuta nel 1955.

    8 La pellicola n. inv. 48 (1957) è collegata a queste sequenze essendo interamente dedicata alle nuove costruzioni tra via Polese, via Riva Reno e via Marconi. Simili o analoghe inquadrature, a completare la mappatura cinematografica dell’area, sono presenti nelle pellicole n. inv. 63 (1958) e n. inv. 72 (1959).

    9 In altre pellicole del 1957 (n. inv. 51, 52, 53) sono documentati gli scavi e la costruzione del sottopassaggio nel periodo estivo, mentre nella pellicola n. inv. 93 del 1962, è presente un inquadratura della torre degli Asinelli ripresa dall’uscita del sottopassaggio.

    10 La macchina da presa collocata su mezzi di trasporto in movimento come treni, tram imbarcazioni produce nello spettatore l’impressione di muoversi nello spazio, di entrarci. Un modello di esperienza in soggettiva inaugurato dai Lumière, in particolare dal loro operatore Eugène Promio, e utilizzata in varie forme negli anni seguenti. Vedi Michele Guerra, Il paesaggio in azione: note su alcune idee filmiche di paesaggio, in Giulio Iacoli (a cura di), Discipline del paesaggio. Un laboratorio per le scienze umane, Mimesis, Milano-Udine, 2012, pp. 195-208 (in particolare pp.197-199).

    11 Osti è attratto dal sistema tramviario, come dimostrano altre sequenze. Alle linee n. 2 e 7 dei tram è infatti dedicata la bobina n. inv. 131, che presenta altre soggettive girate dall’interno dei tram in corsa.. Le bobine n. inv. 95 (una delle poche a colori) e la 132 invece sono dedicate alla linea n. 13, ormai rimasta la sola funzionante, nell’anno della sua dismissione (1963). Osti filma i tram come presenze mobili del paesaggio urbano, la cui memoria viva è da salvare su pellicola prima che sia troppo tardi (al contrario di Marzadori che vede con ottimismo il passaggio dai tram agli autobus). Nel capitolo 6 il commiato al tram ritornerà nelle riprese dei bolognesi.

    12 N. inv. 32.

    13 Un’altra sequenza (pellicola n. inv. 30, 1955), è dedicata al bar Venezuela: è evidente lo stato di semidistruzione in cui si trova l’angolo tra via Zamboni e via San Vitale.

    14 Osti filma anche l’inaugurazione del Palazzo dello sport (n. inv. 40), nel 1956.

    15 Poi il film torna sotto le due torri, nello stesso posto dove sorgeva il bar Venezuela, che ora non c’è più. Il passaggio è stato compiuto con l’abbattimento dell’edificio.

    16 N. inv. 73.

    17 N. inv. 29, 1955-1956.

    18 Ritroviamo questa “tecnica” voyeuristica in molte pellicole con scene “estive”, per esempio in Colpi d’obbiettivo (n. inv. 13, 1954-1955), Abiti a sacco (n. inv. 67, 1958) e Mi sono cotonata per te (n. inv. 114, senza data).

    19 N. inv. 39.

    20 N. inv. 50, 1957.

    21 Situazioni analoghe nelle pellicole n. inv. 65 e 66, sul ferragosto del 1958, dove si scoprono altri scorci di città deserta e uno sguardo sociologico sui Giardini Margherita.

    22 N. inv 129: in alcune riprese vediamo situazioni filmate presenti anche in Bologna dei miei tempi, parte terza.

    23 N. inv. 130, 1957.

    24 N. inv. 14.

    25 N. inv. 44, 1957.

    26 N. inv. 68.

    27 N. inv. 28.

    28 N. inv 133.

    29 Uno degli autori, Pier Luigi Buganè, ricorda La processione («un film che amo ancora molto») nel quadro delle produzioni del Cine Club di Bologna: Gli ‘enfants’ terribles della Fedic, in Roberto Chiesi (a cura di), Lo sguardo liberato. Fedic 1949-1999. Itinerari di una federazione di cinema indipendente, Manent, Firenze, 1999, pp. 143-145.

    30 N. inv. 81.

    31 N. inv. 8.

    32 N. inv. 1.

    33 N. inv. 120.

    34 N. inv. 119.

    35 N. inv. 41.

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    Simoni, P. (2018). Capitolo 4. Lo sguardo archivistico. La città che cambia nelle immagini di Luciano Osti. In Lost Landscapes (1‑). Edizioni Kaplan. https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/books.edizionikaplan.1611
    Simoni, Paolo. « Capitolo 4. Lo sguardo archivistico. La città che cambia nelle immagini di Luciano Osti ». In Lost Landscapes. Torino: Edizioni Kaplan, 2018. https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/books.edizionikaplan.1611.
    Simoni, Paolo. « Capitolo 4. Lo sguardo archivistico. La città che cambia nelle immagini di Luciano Osti ». Lost Landscapes, Edizioni Kaplan, 2018, https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/books.edizionikaplan.1611.

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    Simoni, P. (2018). Lost Landscapes (1‑). Edizioni Kaplan. https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/books.edizionikaplan.1581
    Simoni, Paolo. Lost Landscapes. Torino: Edizioni Kaplan, 2018. https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/books.edizionikaplan.1581.
    Simoni, Paolo. Lost Landscapes. Edizioni Kaplan, 2018, https://0-doi-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/10.4000/books.edizionikaplan.1581.
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