Ascesa e caduta del soprintendente Spinazzola (1911-1924)
p. 189-210
Texte intégral
1Uomo di ampia formazione culturale e di molteplici ed eclettici interessi, Vittorio Spinazzola1 non risulta aver mai dedicato una specifica attenzione agli Etruschi; anche i suoi sporadici interventi in tema di antichità dell’Italia preromana, rimasti circoscritti e senza ulteriori seguiti, furono legati a sollecitazioni occasionali: l’attività svolta a Roma nel secondo anno di frequenza della Scuola archeologica nel caso della pubblicazione sulle patere falische iscritte, una missione a Cagliari per il riordinamento del locale museo in quello dello studio sui bronzi sardi2.
2Perché parlare allora di Spinazzola nell’ambito di un incontro di studio sull’etruscologia al tempo del fascismo e del nazismo? Perché Spinazzola fu rimosso dall’amministrazione per le antichità e belle arti nel 1924 dal governo presieduto da Benito Mussolini con un provvedimento che si è detto fosse stato preso per motivi ideologici. Una vicenda che potrebbe ritenersi emblematica dell’esordio di un rapporto prevaricato rio del nascente regime sull’archeologia e sugli studi di antichità in generale, quindi di possibile interesse anche nel campo delle indagini sugli Etruschi in quel periodo; una prospettiva che, come vedremo, non sembra trovare rispondenza in questo caso specifico. Una triste vicenda comunque nella quale, sullo sfondo di un’Italia che approdava al fascismo nel tentativo – nella tragica illusione – di superare in qualche modo lotte, instabilità e contrasti politico – sociali del primo dopoguerra, s’intrecciano – come cercherò di illustrare – ambizioni, favoritismi, contese, tenaci avversioni, intemperanze caratteriali a formare un coacervo di circostanze dalle quali la carriera di Spinazzola uscì distrutta e la sua persona profondamente ferita3.
3“Spinazzola dott. comm. Vittorio, Direttore, è dispensato dal servizio a decorrere dal 1° giugno 1924 per aver dimostrato scarsa assiduità e diligenza e per aver esercitato le sue funzioni in modo da demeritare la pubblica stima e fiducia nell’opera sua”; con queste poche parole, alquanto evasive nella loro stringata indeterminatezza, il Bollettino del Ministero della pubblica istruzione dava l’annuncio dell’allontanamento dall’amministrazione per le antichità e le belle arti dell’archeologo Vittorio Spinazzola4. Un allontanamento sorprendente; dal contrastato conseguimento nel 1910 della nomina a direttore del Museo nazionale di Napoli5, la carriera di Spinazzola aveva conosciuto una costante ascensione inanellando una serie di incarichi di grande prestigio: la direzione della Soprintendenza agli scavi e musei delle province di Napoli, Caserta, Avellino, Salerno, Benevento e Campobasso nel 1911 e di quella ai monumenti e gallerie delle stesse province nel 1920, la nomina a consigliere del presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti nel 1919-1920, l’elezione infine nel 1921 nel Consiglio superiore di belle arti, l’organo consultivo del Ministero della pubblica istruzione in materia di tutela artistico-antiquaria. Un allontanamento ancor più sorprendente negli anni in cui il fascismo di fresco giunto al potere propagandava e diffondeva il culto della romanità, in quanto la notorietà dell’archeologo era legata in particolare agli scavi di Pompei, portati avanti per oltre un decennio con grandi risultati, scavi che avevano fortemente innovato l’immagine stessa della città vesuviana e fatto parlare unanimemente di una Pompei con Spinazzola risorta a nuova vita (Appendice 1)6.
4Prodighi di lodi per l’attività pompeiana dell’amico soprintendente erano tra gli altri Gabriele d’Annunzio, che coniò per lui l’epiteto “rivelatore di sotterra”7, e Margherita Grassini Sarfatti8. Consigliera culturale e amante di Mussolini, la Sarfatti si era fatta promotrice di una visita del Duce a Napoli e Pompei nell’agosto del 19239, visita che nelle intenzioni avrebbe dovuto suonare da alto riconoscimento dei meriti dell’archeologo e dissipare alcune nubi che da qualche tempo e con una certa insistenza andavano addensandosi sul suo capo in riferimento proprio a Pompei e alla sempre rinviata apertura al pubblico dei nuovi magnificati scavi10.
5Significativa delle grandi attese di Spinazzola per la visita di Mussolini a Pompei è una testimonianza di Benedetto Croce:
“Nell’estate del 1923 villeggiavo in Piemonte, e lo Spinazzola mi scrisse di aver ottenuto, per mezzo della signora Sarfatti, che il ‘Duce’ visitasse gli scavi di Pompei, nei quali aveva introdotto nuovi metodi e nuovi modi di conservazione e di restauro; ed era fuor di sé per questo onore e per questo solenne riconoscimento che aspettava del suo lavoro, perché egli dimenticava ogni considerazione politica quando era toccato sul punto della sua opera di archeologo e di ordinatore di musei e riformatore di scavi”11.
6Quella visita a Pompei non ebbe luogo (Mussolini si sarebbe recato poi nella città vesuviana nel ’27, e ancora nel ’31, con la guida di Amedeo Maiuri, succeduto a Spinazzola). Pochi giorni dopo invece, ai primi di settembre del 1923, giunsero improvvisi il trasferimento di Spinazzola a Modena, il commissariamento degli uffici cui era preposto, l’avvio di un’inchiesta sull’operato del soprintendente rimosso. L’inchiesta si protrasse per molti mesi, fra grandi echi di stampa data la notorietà del personaggio, senza giungere a quanto pare alla formulazione di gravi addebiti nei suoi confronti; al termine di essa tuttavia, su proposta del ministro Gentile, l’archeologo venne esonerato dal servizio12.
7Secondo l’autorevole testimonianza di Salvatore Aurigemma, genero di Spinazzola e archeologo egli stesso13, la rimozione del suocero dall’amministrazione delle antichità e belle arti ebbe essenzialmente motivazioni ideologiche: “decisa – come è notorio – per ragioni di carattere politico, data la netta adesione dello Spinazzola alle idee liberali, e dati gli stretti legami che lo univano con uomini politici nettamente estranei al fascismo, e specie con F. S. Nitti”14.
8Sui motivi prossimi e remoti del forzato allontanamento di Spinazzola dall’amministrazione delle antichità e belle arti è ora possibile formulare una valutazione più distaccata, meno netta e altrimenti articolata, grazie in primo luogo al citato scritto di Benedetto Croce, reso noto in anni recenti15. Secondo la dettagliata ricostruzione del filosofo napoletano la destituzione del soprintendente dipese essenzialmente dalla tenace avversione della duchessa Elena d’Aosta, furente con Spinazzola per un articolo, senza firma ma a lui attribuito, molto spregiativo nei confronti del consorte accusato di trescare col fascismo e di aspirare a soppiantare il re suo cugino (Appendice 2). Stando a Croce, la duchessa solo in seguito sarebbe riuscita ad ottenere la rimozione di Spinazzola per la complice ignavia del ministro Gentile, fattosi strumento di vendette altrui, e in seguito a pressioni esercitate sul capo del governo Mussolini. Una ricostruzione sostanzialmente accolta da Francesco Scotto di Freca nella recente biografia dedicata all’avo ove si fa altresì menzione di ulteriori screzi fra i duchi d’Aosta e il soprintendente per la vigile tutela da questi esercitata sui beni della corona passati al demanio dello stato e di loro pesanti interventi contro Spinazzola (viene inoltre adombrato che l’ostilità del ministro Gentile nei confronti dell’archeologo potesse derivare anche da gelosia per un antico rapporto affettivo che si disse fosse intercorso tra questi ed Erminia Nudi, divenuta in seguito moglie del filosofo)16.
9In questa ricostruzione le “ragioni di carattere politico” dichiarate da Aurigemma, pur non ininfluenti, rimangono sullo sfondo; in primo piano è l’astio per Spinazzola di personalità altolocate, fatte bersaglio di insinuazioni e sarcasmi oltraggiosi imputati all’archeologo, e forse la personale avversione dello stesso ministro (indicativo al riguardo quanto riportato da Croce circa le sprezzanti parole sfuggite a Gentile nel replicare alle sue insistenti
10esortazioni in favore di Spinazzola: che “quell’uomo” gli era “antipatico” e “odioso”)17. Appare del resto significativo che nell’interessarsi allo’’affare Spinazzola” Mussolini non facesse cenno all’antifascismo di questi, che pure doveva essergli noto18, preoccupandosi solo del discredito che poteva cadere sul suo governo per l’inconcludente trascinarsi di un’inchiesta che gli sembrava poco o punto fondata (Appendice 3).
11Scritta con tutta probabilità a seguito della sollecitazione di Mussolini è una lettera inviata da Gentile a Ugo Frascherelli, alto funzionario del ministero dell’istruzione nominato commissario della soprintendenza napoletana (Appendice 4). Nel distinguere fra “una questione principale” ed il “riordinamento dei servizi amministrativi” e nell’insistere perché Frascherelli conducesse celermente “la sua inchiesta”19, indipendente da quella della “Commissione archeologica incaricata di esaminare i servizi archeologici e numismatici”20, in modo che il ministro potesse “essere sicuro che l’inchiesta stessa abbia un risultato serio e concreto” parrebbe rivelarsi il carattere strumentale di quell’iniziativa che si direbbe principalmente volta al reperimento di motivazioni per rendere proponibile la rimozione di Spinazzola, auspicata e forse già decisa in pectore. La lettera di Gentile sembrerebbe dunque confermare la fondatezza delle riserve e delle critiche più e più volte espresse da Croce all’amico ministro, per scritto e a voce, tra l’ottobre e il dicembre del ’2321 circa il provvedimento, i suoi obiettivi, il suo dilatarsi a nuovi ed altri aspetti dando “l’impressione che si vuol colpire a ogni costo non la colpa, ma l’uomo”22.
12L’attenzione pettegola, spesso malevola, della stampa quotidiana e periodica nei confronti del soprintendente contribuì non poco a diffondere e rilanciare quelle accuse contro di lui che ebbero un ruolo determinante nell’avvio dell’inchiesta sul suo operato. Significativa al riguardo la serie di ritagli di stampa raccolti dal ministro Gentile circa “l’affare Spinazzola”, concernenti la persistente inaccessibilità dei nuovi scavi di Pompei (già da tempo lamentata come si è visto), la mancanza di adeguate pubblicazioni su di essi e, in maggior numero, l’acquisto a Napoli da parte del barone Maurizio Rothschild di una statua di Venere, ritenuta un pregevole originale greco, la cui esportazione a Parigi veniva addebitata alla negligenza o peggio del soprintendente e dei suoi collaboratori23. Non mi soffermo su questo episodio24, né più in generale sul fondamento o meno di altre contestazioni mosse a Spinazzola, aspetti che richiederebbero ulteriori approfondite ricerche documentarie; annoto solo che in un’altra occasione Spinazzola agevolò in effetti esportazioni di antichità del barone Rothschild mediante il rilascio di una dichiarazione mendace; lo attesta una lettera del soprintendente alle antichità di Roma Roberto Paribeni al ministro dell’istruzione Croce del novembre 1920 (Appendice 5)25.
13Su Spinazzola da molto tempo e con insistenza correvano in effetti brutte voci. Dicerie a volte diffuse in lettere anonime, in quanto tali apparentemente rubricabili come calunnie26, a volte propalate da autorevoli colleghi dell’archeologo. Epiteti quanto mai aspri nei riguardi di Spinazzola ed espressioni malevole, sintesi di giudizi estremamente negativi, costellano ad esempio alcune lettere di Paolo Orsi27 a Carlo Fiorilli28: “uomo nefasto e temibile”, “intrigante malvagio”, "pieno di debiti, ed intrigante di professione”, “triste arnese il quale [...] perturba ed ammorba da 6 anni l’ambiente archeologico di Napoli”, “minaccia perpetua se una buona volta e per sempre non gli si tagliano le gambe”29. Con minore violenza verbale ma sostanzialmente sulla stessa linea Corrado Ricci, direttore generale delle antichità e belle arti dal 1906 al 1919, nello scrivere di aver precluso a Spinazzola l’ingresso nel Consiglio superiore di antichità e belle arti “per ovvie ragioni di moralità”30.
14Note a Croce, queste od analoghe accuse erano dal filosofo liquidate, forse troppo frettolosamente, come frutto “del pettegolissimo mondo archeologico napoletano ed italiano, delle sue feroci divisioni partigiane, delle calunnie e dei rancori che vi si coltivano”31. Quella liquidazione, sorprendentemente coincidente con le impressioni riportate da Mussolini circa “l’affare Spinazzola” (cf. Appendice 3), era almeno in parte riflesso dell’antica amicizia tra Croce e Spinazzola32 e soprattutto della sintonia rinnovatasi tra loro negli anni’20, dopo un lungo appannamento, in seguito alla fattiva collaborazione assicurata dal soprintendente al filosofo per il trasferimento dell’Archivio di casa reale presso l’Archivio di stato di Napoli e poi della Biblioteca dai locali del Museo a quelli del Palazzo reale, resisi disponibili non senza fatiche e contrasti. In precedenti occasioni Croce non aveva lesinato critiche e giudizi piuttosto severi nei confronti di Spinazzola, pur come si è detto amico di antica data, definito in una lettera a Corrado Ricci del dicembre 1907 “un mattoide” “il quale intriga sempre nei giornali”33. Più significativa una lettera del filosofo a Ricci del 5 settembre 1919 con una dura requisitoria sul persistere di gravi disfunzioni nel Museo di Napoli con la maggior parte di esso, tra cui intere collezioni (quella dei mosaici da sette anni) preclusa al pubblico, e con l’irreperibilità di direttore e funzionari, disfunzioni di cui Croce faceva carico al soprintendente concludendo in tono sarcastico:
“Ed ecco come vanno le cose nel Museo Nazionale di Napoli diretto da un animo fervido che non pensa se non a svelare e a fare rifulgere agli occhi di tutti le ascose bellezze dell’arte classica, indiana, di tutti i tempi... Come asseriscono i giornali”34.
15L’iniziativa del ministro Gentile di un’inchiesta per “porre termine in un modo qualunque a polemiche e dicerie che da tanti anni turbano l’ambiente napoletano e la coscienza di tanta gente”35 non era dunque di per sé del tutto immotivata o peregrina; lo stesso Croce del resto non ebbe inizialmente a sollevare perplessità particolari in proposito36.
16Un aspetto trascurato e rimasto in ombra nelle ricostruzioni di Croce e di Scotto di Freca circa la rimozione di Spinazzola dall’amministrazione delle antichità e belle arti è quello del rapporto tra le polemiche e dicerie che correvano sul conto dell’archeologo e i molti favoritismi, frutto di solidarietà massoniche e/o regionalistiche, che costellarono la sua carriera in una lunga e quasi ininterrotta sequenza iniziatasi nel 1892-1893 col ministro Ferdinando Martini, proseguita nel 1894-1895 col sottosegretario Settimio Costantini, nel 1896 col ministro Emanuele Gianturco, nel 1897 col ministro Nicolò Gallo, nel 1901 col ministro Nunzio Nasi, nel 1919-1920 infine con Francesco Saverio Nitti, amico di Spinazzola fin dagli anni giovanili e da sempre suo protettore, asceso alla guida del governo37. Croce, per il solito sensibile ed attento a questi aspetti, sembra sorprendentemente non essersi avveduto di essi, non cogliendo ad esempio che l’opposizione di Spinazzola alla conservazione della chiesa della Croce di Lucca, strenuamente sostenuta dal filosofo, anziché derivare – come riteneva – dal desiderio dell’archeologo di fargli un dispetto (una sorta di ritorsione per il mancato sostegno avuto alle sue aspirazioni per la direzione del Museo di Napoli), nasceva presumibilmente dal ben più concreto intento di favorire l’abbattimento dell’edificio, secondando quanto richiesto e sostenuto con forza dai professori delle cliniche universitarie di Napoli, per la gran parte massoni (e Croce non mancava di sottolinearlo), con il sostegno dello stesso ministro della pubblica istruzione Luigi Rava, anche lui massone38.
17Un aspetto importante quello delle protezioni e degli appoggi di cui Spinazzola poté valersi in quanto essi ebbero un ruolo rilevantissimo nel suscitare il clima di polemiche e di sospetti che diedero innesco e alimento all’inchiesta da cui l’archeologo finì con l’essere travolto. Favoritismi che ebbero un’impennata con l’ascesa di Nitti al governo (1919-1920)39. Grazie a Nitti Spinazzola ottenne allora la reggenza anche della soprintendenza ai monumenti e alle gallerie concentrando così nelle proprie mani ogni potere sui beni archeologici, artistici e monumentali dell’intera Campania. Chiamato da Nitti al suo fianco come consigliere, Spinazzola estese la sua influenza fino a divenire il non troppo occulto moderatore del sottosegretariato di stato alle antichità e belle arti allora istituito, scalzando dalla direzione generale alle antichità e belle arti Corrado Ricci, spinto a dimettersi, sostituito con Arduino Colasanti, funzionario molto legato al soprintendente napoletano40.
18Le molte responsabilità di cui Spinazzola era allora investito non solo gli toglievano necessariamente tempo, attenzione ed energie per occuparsi del museo (come testimoniato dalla citata lettera di Croce a Ricci del settembre 1919), degli scavi di Pompei e delle relazioni su di essi, ma attiravano su di lui l’attenzione della stampa e lo facevano divenire, insieme al suo protettore, facile bersaglio di critiche e sarcasmi. L’autorevole Giornale d’Italia del 9 novembre 1919 pubblicava ad esempio un irridente quanto motivato articolo, a firma Bach, in cui si scriveva tra l’altro:
“Ora posso ammirare l’ingegno del Direttore degli scavi di Pompei, ma non approvo il sistema degli irresponsabili che si sovrappongono ai Ministri e agli Uffici responsabili. Di questo suo aiutante di campo l’on Nitti faccia quel che crede, arconte, console, dittatore, autocrate, imperatore dell’archeologia e dell’arte d’Italia, ma gli dia una responsabilità chiara e definita. Le deleghe di poteri motu proprio del Capo del Governo [...] sono sopravvivenze dei vecchi assolutismi, oltraggi alla lealtà costituzionale [...]. Noi non facciamo questione di persone, si badi bene, ma di correttezza di Governo [...]”41.
19Poco più di due anni dopo sul medesimo giornale lo stesso articolista lamentava il persistere della preclusione al pubblico dei nuovi scavi di Pompei, addebitata al soprintendente, fatto oggetto di pesanti critiche e sarcasmi:
“Perché questa ostinazione? Il lavoro è forse troppo gravoso, che il direttore non riesce a condurlo a termine? Ma non è proprio lui che ha brigato per ottenere insaziabilmente incarichi, uffici e nuovi territori da sottoporre alla sua giurisdizione? Proprio per lui la compiacente Direzione di Belle Arti non ha costituito, contro ogni ragione e norma, un’autentica satrapía in quasi tutta l’Italia Meridionale? Entro la cerchia del despotato ogni arbitrio, ogni capriccio del despota è legge. Se Pompei e il Museo di Napoli sono proprietà della Nazione e non di un ufficio o di un privato, provvedano i ministri, non escluso quello delle Finanze e del Tesoro, cui stanno a cuore le sorti dell’erario ancor più che gl’interessi degli studiosi. [...]
Rimane il fatto che il sistema della satrapía permane da parecchi anni. Quattro ministri della Pubblica Istruzione si sono succeduti nel palazzo della Minerva dopo l’on. Alfredo Baccelli, ministro nel Gabinetto Nitti, e il satrapetto dell’archeologia, che in quel gabinetto aveva messo le ali con la parlantina del giocatore di bussolotti, è riuscito a mantenersi in equilibrio e nel suo esarcato a continuare a farla da padrone, come aveva tentato a Roma. [...]”42.
20Nelle vicende legate all’ascesa e alla caduta di Spinazzola il suo stretto rapporto con Nitti ebbe un ruolo essenziale. In uno snodo cruciale della sua carriera – il concorso per la direzione del Museo di Napoli bandito nel gennaio 1908 – l’archeologo si rivolse con estrema insistenza all’influente amico chiedendone l’appoggio. Spinazzola aspirava con forza a quel posto forse già nell’intraprendere gli studi archeologici sul finire degli anni ’8043, certamente dal 1900 come documentano alcune sue lettere al direttore generale delle antichità e belle arti Carlo Fiorilli44; aveva poi patito come “un’infamia” nei suoi confronti la nomina di Ettore Pais alla direzione del Museo nel 190145, gioito per la campagna di Croce ed altri che aveva finito nel 1904 per sbalzare di sella lo storico, provato frustrazione per l’indefinito protrarsi della gestione commissariale dell’istituto e irritazione nei confronti di Croce cui imputava un mancato sostegno alle sue aspirazioni46. Il concorso veniva dunque ad offrire a Spinazzola un’occasione forse irripetibile e assolutamente da non perdere: di qui la lettera al “fraterno amico” Nitti del 5 aprile 1908 che trascrivo integralmente: documento a suo modo esemplare di maneggi disinvolti quanto spudorati – non rari, purtroppo, ieri come oggi – nel tentare di perseguire con ogni mezzo le proprie ambizioni (Appendice 5). Il concorso si concluse peraltro con un nulla di fatto; Spinazzola dovette attendere altri due anni per giungere all’agognata direzione del museo e poi ad altri ancor più elevati traguardi47.
21Spinazzola, a detta di Croce, “aveva molto e vivo ingegno, ma anche un agitato e burrascoso temperamento, con una sorta di eccitato egotismo, con una continua sospettosità verso coloro ch’egli immaginava che l’avversassero, sicché si faceva sorgere tutt’intorno nemici [...]”48. Se con Eraclito può dirsi che “il carattere di un uomo è il suo destino”, converrà dedicare attenzione anche a questo aspetto.
22La fortissima concezione di sé nutrita dall’archeologo traspare in effetti in molti suoi scritti, accompagnata spesso, quasi a contrappunto, da giudizi quanto mai aspri e negativi sui colleghi. Così tra il finire del ’93 e gli inizi del ’94 quando, conclusa la Scuola archeologica, reclamava dal ministro Martini un inquadramento nell’amministrazione delle antichità e belle arti conforme ai “suoi diritti che riteneva calpestati” e superiore a quello di colleghi entrati in ruolo prima di lui, con l’arrogante e quanto mai bislacca argomentazione di non potere essere posposto a persone la cui intelligenza non andava “oltre la creta primigenia” (tra costoro annoverava Dante Vaglieri, libero docente di epigrafia latina all’Università di Roma)49; in quella stessa circostanza Spinazzola rifiutava sprezzantemente che la sua richiesta fosse sottoposta al giudizio di Pigorini e Loewy, tra i più illustri docenti della Scuola archeologica, pregando il ministro “di risparmiargli l’umiliazione di essere discusso da chi o nulla sapeva di lui o della sua scienza o disprezzava”50. Così ancora quando sulla stampa si peritava di insolentire il senatore Francesco Brioschi, presidente dell’Accademia dei Lincei, chiamandolo “facitore d’affari lombardo” perché reo di condurre per incarico del ministro Guido Baccelli nel 1895 un’inchiesta sui progetti di ampiamento del Museo di Napoli conclusasi con forti censure nei suoi confronti51.
23Dello “eccitato egotismo” dell’archeologo e dello sprezzo per tanti suoi colleghi ampia documentazione è in lettere inviate da Spinazzola a Fiorilli; così ad esempio scrivendo dal Museo di San Martino in cui si sentiva ingiustamente relegato:
“Anche qui fo però il dover mio, che io intendo come pochi intendono nella vita. Ma quando, sino a che resteranno impuniti i buffoni della scienza e della vita, i cinici della vita con i parassiti della scienza, i volgarissimi in tutte le cose, i disonesti di tutti i minuti, quando verrà il momento della riparazione per i buoni, per gli onesti, per i volenterosi, per i sinceri?”52.
24Così pure quando, apprendendo della nomina di Pais alla direzione del Museo di Napoli, esprimeva a Fiorilli con toni accesi la sua “profonda amarezza” e il suo “invincibile disgusto” nel vedere vanificata d’un tratto:
“Una magnifica lotta, una lotta fatta di sacrifizio, di energia, di abnegazione; una così bella azione spesa tutta a benefizio delle cose, dell’amministrazione, dello stato; tanta forza, tanto sentimento del dovere, dieci anni d’indomabile coraggio contro tutto e contro tutti per l’onestà e la rettitudine, perduti e sacrificati così, in un giorno, per ignobili ragioni ed infamie e calunnie oscure di uomini senza coscienza, impasti putridi di tutte fangose cose”53.
25In proseguo di tempo quell’egotismo sembra accentuarsi ulteriormente ed assumere toni sempre più perentori e per così dire muscolari; nel dicembre del 1917 ad esempio, a Felice Barnabei che l’informava di riserve espresse nel Consiglio superiore circa provvedimenti da lui presi, Spinazzola replicava:
“Quanto mi dite del Consiglio Superiore pel lago d’Averno non mi commuove affatto. Io sono più forte, per tutte le ragioni, del Consiglio Superiore unito insieme non che dell’Accademia dei Lincei [...]. Posso domani scaraventare contro l’una e contro l’altro tali cose ed in tale forma da fare sbalordire l’Italia su quanto di ignoranza e di mala fede i due sullodati corpi rappresentano, per quanto rispetta la sezione Antichità e Belle Arti. Ciò fatalmente avverrà e voi, solo allora, vedrete quel che ho accumulato e quel che sono chiamato a rappresentare nelle cose di cui con tanto sacrificio della vita mi occupo [...]”54.
26Dall’insieme delle testimonianze riportate e delle considerazioni effettuate sembra potersi concludere che se il dimissionamento di Spinazzola fu certamente un atto politico “fascista”, in quanto deliberato su proposta di Gentile da un Consiglio dei ministri presieduto da Mussolini, non sembrano invece esservi evidenze che esso fosse stato determinato da motivazioni ideologiche, come a suo tempo affermato da Aurigemma. Sulla scorta della ricostruzione di Croce e delle ulteriori informazioni date da Scotto di Freca appare senz’altro plausibile che causa prossima ed efficiente del duro provvedimento sia stata l’avversione per l’archeologo dei duchi d’Aosta (con il supposto, ma non provato, eventuale concorso di una personale ostilità di Gentile). Sulla base poi di quanto qui passato in rassegna è pure da ritenere verosimile che sul provvedimento abbiano influito non poco le tenaci inimicizie procacciatesi da Spinazzola stesso con il suo costante ricorso a protezioni e favoritismi in danno di colleghi e con l’egotismo, l’aggressività e le ombrosità spigolose che connotarono il suo carattere.
27Come già detto non intendo pronunciarmi sul fondamento o meno delle accuse mosse all’archeologo nel corso dell’inchiesta e, conseguentemente, sul provvedimento preso nei suoi confronti, forse troppo severo; mi limito solo ad osservare che la vaga ed evasiva formula utilizzata – “scarsa assiduità e diligenza in modo da demeritare la pubblica stima e fiducia” – non è priva in effetti di riscontri nella documentazione.
Annexe
Appendice
1. Felice Barnabei, relazione a Corrado Ricci sugli scavi di Pompei
Illustrissimo signor Direttore Generale, mi fu concesso l’onore di essere mandato in Pompei per ammirare le recenti scoperte e dare su di esse il mio giudizio toccando anche le condizioni dell’Amministrazione preposta agli scavi per quanto concerne le relazioni sui rinvenimenti di antichità pompeiane. Compio il dovere di esprimere il mio parere intorno a quello che ho veduto ed ho esaminato.
Comincio col dichiarare che le recenti scoperte pompeiane sono assolutamente mirabili e tali da superare sotto ogni riguardo l’importanza di tutte quelle che furono fatte finora; né soltanto per la rarità degli oggetti e l’importanza degli edifizi rimessi in luce; ma anche e specialmente per il metodo che è stato adottato e che costituisce somma lode per l’attuale Soprintendente prof. Vittorio Spinazzola. Si può dire, senza tema di errare, che giammai si è avuto esempio di tanta scrupolosa diligenza, di tanta minuta osservazione, di tanta cura come quello di cui siamo debitori all’attuale direzione, e che costituisce uno dei capisaldi nella storia delle indagini pompeiana. La strada dell’Abbondanza mercé questi ultimi scavi è diventata un luogo che può dirsi di attualità antica, se mi è permessa la frase. Non vi mancano che le persone antiche le quali vi si muovano; per tutto il resto ogni cosa è restata al suo posto o vi si è fatta restare. Le impalcature in legno nei balconi che si affacciavano sulla strada, essendo riapparse carbonizzate, l’opera della direzione si è affrettata a sostituirle con pezzi di legno nuovi, ma facendo occupare loro il posto preciso dei pezzi antichi dei quali si era conservato lo spazio e che in molti casi rimaneva trasformato in carbone. Sicché mentre tutto è restato al proprio posto nulla si può dire che sia stato aggiunto per capriccio; e così la vita antica è riapparsa in tutti i suoi più minuti particolari.
[...]55
Nel fatto nostro non si può disconoscere che né lo Spinazzola pregherebbe il Sogliano né il Sogliano accetterebbe la collaborazione. Lo stesso dicasi per quanto riguarda il prof. Rizzo. Sventuratamente si sono formate in Napoli due correnti assolutamente ostili: quella degli amici del prof. Spinazzola e quella dei suoi avversari: queste correnti hanno portato i loro funesti effetti perfino nei corpi scientifici. L’Accademia Reale che dovrebbe prendere parte vivissima alle esplorazioni pompeiane è in massima avversa all’attuale direzione degli scavi di Pompei; così l’Accademia Pontaniana, ed i funesti effetti si diramano anche fuori [...].56
(Roma, Biblioteca nazionale di archeologia e storia dell’arte, Carte Barnabei, sezione VIII.4.2, fasc. 11[L. Cozza, b. 43])
2. Il Duca
Nella identificazione degli ispiratori, dei mandanti e degli alti protettori della delinquenza fascista è ormai necessario mettere da parte ogni riserva e riguardo ed indicare francamente il Duca d’Aosta: Egli stesso, irretendosi in un groviglio di intrighi faziosi sconvenienti al suo rango e alla sua situazione, ha assolto ogni cittadino italiano dal dovere del riserbo e dai riguardi convenzionali.
Noi affermiamo che il Duca d’Aosta è diventato un elemento pericoloso per la pace e per le pubbliche libertà in Italia; e se egli non si porrà spontaneamente o non sarà messo nella impossibilità di nuocere, noi documenteremo con inesorabile specificazione la nostra accusa. Se certi sacri cocci dovranno andare rumorosamente infranti, non ne avremo colpa, poiché saremo stati posti nella necessità di servire la causa della pace internazionale e delle istituzioni democratiche italiane.
A molti è noto che da qualche anno il Duca d’Aosta ha smesso di occuparsi in avventure galanti, che a Napoli gli procurarono un tempo una boccaccesca celebrità, per tuffarsi nella politica, nei cui retroscena egli porta il suo spirito ancien regime ed un’infaticabile attività di intrighi. Notoriamente egli posa a pretendente al trono e non certo per naturale e pacifica aspirazione ereditaria. Una consorteria di generali, di dame sfiorite, di vecchi e nuovi legittimisti – che si specchiano nei fulgenti diademi ostentati con troppa frequenza dalla Principessa Borbonica di Francia – assiste con zelo cortigiano e con incosciente imprudenza il sogno regale del Duca. Per adularlo e per lusingare aspirazioni non si evita neppure di punzecchiare in ogni circostanza il regale cugino l’attuale Sovrano. Nell’agosto scorso a Capri – ove un figlio del Duca d’Aosta, il Principe Aimone, andava a presiedere la consorteria in raduni conviviali – alla presenza di qualche generale molto altolocato, ci fu un brindisi nel quale si augurava, fra l’altro, all’Italia un regime “meno debole e più cosciente della missione moderna del monarcato”. Il più cosciente era rappresentato al banchetto dal suo giovane figliuolo: all’altro erano dedicati i lazzi ironici dei convitati! Alcuni giorni or sono, inaugurandosi a Napoli la Fiera Campionaria (dalla quale il Duca ha prelevato numerosi... campioni) il Sindaco di Napoli ebbe la... graziosa idea di deplorare, alla presenza del Duca cugino, gli ingiustificati oblii del Re!
Nella lamentata condotta dell’autorità politica di fronte alla violenza fascista bisogna soprattutto vedere una grave rilassatezza dell’Arma dei carabinieri, i cui ufficiali sono in gran parte aderenti al fascismo. Ora i comandanti supremi di quest’Arma sono notoriamente creature devote del Duca d’Aosta, che a Napoli ha trovato modo di collocare un colonnello già dei carabinieri anche nella guardia regia.
Basta per oggi. Ma vi è un lungo rosario da sciorinare. Confidiamo di essere dispensati dal farlo. E’ necessario che il Duca faccia... il Duca, e niente altro. Se no sarà un dovere per ciascuno e per tutti discuterlo dal punto di vista politico, nella cui attività egli ha l’imprudenza di mescolare la sua persona.
(Il Paese, 28-29 settembre 1921)57
3. Benito Mussolini a Giovanni Gentile
Caro Ministro, ci sono tre questioni sulle quali desidero richiamare la sua attenzione. 1° Affare Spinazzola. Ho l’impressione che si tratti di massone d’ordine provinciale e, forse, di rivalità più o meno archeologiche. E’ necessario che l’inchiesta arrivi rapidamente ad una conclusione. I governi precedenti hanno al loro passivo lo ‘scandalo’ sempre finito come Lei sa; l’affare Maglietta, anche quello finito colla proclamazione dell’innocenza dell’imputato; desidero che non ci sia uno “scandalo” Spinazzola a lieto fine per l’accusato, ma con evidente discredito per il governo. Anche quella perquisizione al domicilio dell’amante, è di brutto stile. Io, sino a prova contraria, credo che non ci sia nulla. A quest’ora se faccende sporche esistessero, sarebbero saltate fuori. Comunque, la prego di volermi informare del punto a cui sono arrivate le cose. [...]58.
(Roma, Fondazione Giovanni Gentile, Archivio di Giovanni Gentile, serie Corrispondenza, sotto serie Carteggi principali, UA 21, Mussolini a Gentile, lettera n. 13, s. d.)
4. Giovanni Gentile a Ugo Frascherelli
18. X. ‘23
Caro Comm. Frascherelli,
a quest’ora dev’essere a Napoli la Commissione archeologica incaricata di esaminare i servizi archeologici e numismatici. Essa certamente riferirà alla fine del corrente mese. Ma io ho bisogno di pregarla che anch’Ella, come già ebbi a dirle a voce, conduca la sua inchiesta con la maggiore possibile rapidità, per poter essere sicuro che l’inchiesta stessa abbia un risultato serio e concreto. Troppa gente guarda con passione a questa inchiesta e troppe forze sono mobilitate pro e contro; e perciò mi occorre aver presto una relazione precisa che mi metta in grado di risolvere la questione principale.
Per queste considerazioni riterrei necessario che Ella, mettendo da parte tutto ciò che può giovare al riordinamento dei servizi amministrativi ma non sia urgente, si occupasse sopra tutto della inchiesta sulle eventuali responsabilità. E la prego di dirmi se in questo modo Ella non mi possa presentare almeno le prime conclusioni dentro un breve periodo di tempo: magari dentro novembre.
Credo inutile pregarla di astenersi da ogni comunicazione non necessaria ai giornali: finché allo Spinazzola non si sia fatta nessuna contestazione, finché egli non sia stato interrogato e messo in grado di rispondere, non deve poter dire che gli si lanciano contro accuse per mezzo della stampa, alle quali non ha possibilità di rispondere. Sento dal Severi che le interviste pubblicate sui giornali napoletani non sono autentiche. La prego, ove si ripetessero, di smentirle. [...].59
(Roma, Fondazione Giovanni Gentile, Archivio di Giovanni Gentile, serie Corrispondenza, sotto serie Lettere di Gentile, UA 264, lettera in data 18 ottobre 1923)
5. Roberto Paribeni a Benedetto Croce
Nel 23 dicembre 1918, l’ispettore dott. Giuseppe Moretti, che durante la mia assenza per servizio militare reggeva la direzione del Museo nazionale romano, avuto sentore dello scavo clandestino di una statua antica e di tentativo di trafugamento all’estero, ne chiedeva e otteneva il sequestro presso lo spedizioniere sig. Roesler Franz che l’aveva già pronta per la esportazione. Risultò che la statua era stata rinvenuta sulla Via Tiburtina in località “Sette Camini”, e che venuta in possesso dell’antiquario sig. Alfredo Barsanti era stata da questo venduta per lire sessantamila al sig. Maurizio Rothschild. Si iniziò procedimento contro il sig. Barsanti, ma ad un certo momento in seguito a insistenti richieste del Rothschild il precedente Presidente del Consiglio on. Nitti in seguito a deliberazione del Consiglio dei Ministri emanò ordine di dissequestro e di sospensione del procedimento penale.
Questa singolare deliberazione fu presa in seguito a un parere giuridico esteso da S.E. Mortara allora ministro di Grazia e Giustizia e ad una relazione storico-artistica firmata dal prof. Vittorio Spinazzola. La relazione di S.E. Mortara consigliava il dissequestro, perché riteneva provata la buona fede del compratore Rothschild il quale aveva acquistato la statua in una pubblica bottega, la relazione del prof. Spinazzola dichiara la statua priva di valore archeologico e artistico.
Ambedue questi pareri non possono in alcun modo ritenersi validi. Non voglio entrare nella questione giuridica per la quale la buona fede del compratore dovrebbe esser sufficiente a sanare qualunque viziosa origine dell’oggetto acquistato. Ma ritengo mio dovere informare l’E.V. che la presunta buona fede non sembra potersi accordare con fatti che S.E. Mortara non conosceva. Non solo infatti esiste (disgraziatamente non in mia mano) un carteggio Rothschild-Barsanti che esclude in modo assoluto la buona fede, ma quasi negli stessi giorni in cui il Rothschild trattava di questo acquisto, la Dogana di Modane gli sequestrava una grossa valigia piena di oggetti d’arte dei quali il Rothschild stesso tentava la clandestina esportazione dall’Italia. La valigia suggellata è tuttora in sequestro presso questo Museo Nazionale Romano.
Quanto al secondo parere sul valore della statua, debbo con rincrescimento dichiarare, che il prof. Vittorio Spinazzola non ha mai chiesto di vedere la statua che dal giorno del sequestro è chiusa nei magazzini di questo museo.
Così stando le cose, reputo necessario che il Consiglio dei Ministri debba tornare ad esaminare la concessione già fatta. Se il Consiglio dovesse giudicare che sia utile pel bene del Paese dare una soddisfazione al sig. Rothschild si dovrà dire, che si vuole non tener conto della legge e si vuol donare una statua di legittima proprietà dello Stato italiano al sig. Rothschild, ma non dovrà tentarsi di girare alle spalle della legge con dei pretesti che non potranno sembrare decorosi. La statua mutilata nelle gambe è quasi certamente un originale greco che riproduce in proporzioni meno poderose e più raggentilite il Dorifero di Policleto, merita perciò l’interessamento dell’E.V. la cui alta autorità saprà efficacemente proteggere in Consiglio dei Ministri le sorti.
[...]60
(Napoli, Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce”, Archivio di Benedetto Croce, serie Carteggio, per anno e corrispondente, 1920, n. 1671 lettera di R. Paribeni a B. Croce, Roma [17 nov. 1920]) (la data è ricavata, perché scritta a matita da altra mano)
6. Vittorio Spinazzola a Francesco S. Nitti
Napoli, 5 aprile 1908
Mio caro Ciccio,
eccoti gli appunti pel discorso da tenere al Rava.
L’avviso di concorso ai posti di Direttore di Musei, Gallerie etc. etc. tra cui quello per la Direzione di Napoli, pubblicato dalla Gazzetta del 3 febbraio, stabilisce che potranno esservi ammessi i direttori effettivi, e gli incaricati, e gl’ispettori che prestano servizio da due anni in tale qualità.
Naturalmente non può non intendersi, dove parla di direttori effettivi od incaricati, se non che possono esservi ammessi quei direttori effettivi od incaricati che si trovino in tale qualità a far parte del ruolo al momento del concorso.
Nel ruolo organico ultimo il Rizzo non è compreso in nessuna maniera: egli, quindi, non può prendere parte al concorso. Avendo concorso per la Università di Torino ed avendo ottenuto il posto egli è stato ad esso regolarmente assunto ed è uscito, in conformità della legge, dal ruolo, abbandonando anche la città dove aveva tenuto l’incarico, Roma.
E’ bene che tu sappia poi, in linea subordinata, che egli, oltre all’esser uscito dal ruolo, non è stato incaricato mai con alcun decreto, ma solo comandato, che è altra cosa. Ed è bene che tu sappia che, dopo la pubblicazione del ruolo e contro ogni disposizione più chiara di legge, egli è stato nominato ispettore e non si sa come abbia potuto il suo decreto essere approvato dalla Corte dei Conti: così che ora, contro ogni legge umana e divina, ha due posti e due stipendii. Egli era professore di liceo ed è nell’amministrazione da tre o quattro anni! ! Come ispettore, però, non può concorrere, non avendo i due anni di servizio.
Questi gli appunti, ma non è il caso, caro Ciccio, di lasciare memoranda. E’ necessario solo, caro Ciccio, che tu parli forte, che tu domandi al Ministro che, in conformità del bando di concorso, non passi le carte alla Commissione, perché ciò avrebbe contro tutte le norme di legge. La legge (che è quella del 27 giugno 1907 n. 3330) agli articoli 30 e 71 dice che possono concorrere, oltre i direttori effettivi, gl’incaricati attualmente in servizio, ma è naturale che a chi è uscito completamente dal ruolo quell’attualmente non si può riferire e che chi ha rinunziato al posto ha rinunziato ad ogni diritto ed esso inerente.
In quanto alla Commissione, cerca di sapere; abbi presente che Patroni ed Orsi, miei avversari personali ed ex aspiranti al Museo, e l’ultimo esaltatore degli inetti o farabutti da me denunziati, non possono e non debbono essere miei giudici. Ma più di tutto, mio caro Ciccio, è necessario che tu convinca apertamente il Ministro che tu credi nella sua buona fede, ma non hai nessuna ragione per credere in quella di altri; che tu non hai mai chiesto nulla per me e neppure ora chiederai nulla, sebbene tu sappia che tutta Napoli creda atto di giustizia la mia nomina al Museo di Napoli, ma che a palazzo della Minerva come a palazzo Venezia, debbono convincersi che tu non sei disposto a fare impunemente ferire l’amico tuo e fratello Vittorio Spinazzola e che chi ferirà ingiustamente me ferirà te e molti altri con te, Colajanni, Giustino Fortunato, Arcoleo, Martini etc. Questa è la convinzione che devi ingenerare nel Ministro. Ed ogni altra parola che paresse raccomandazione o non avesse questo significato sarebbe vana ed inefficace, se non forse dannosa. Niente memorandum, dunque, ed è così che tu devi darmi, in questo momento solenne, il tuo aiuto fraterno.
Non aggiungo parole. Fido in te e caramente ti abbraccio
Tuo
Vittorio
P.S. Una commissione composta di De Petra, Giuseppe Gatti, Milani, Cantalamessa o Frizzoni, Gherardini potrebbe esser giusta. Giudica tu dell’opportunità o meno di qualunque passo in questo senso. Quel che importa è, soprattutto, quanto sopra ed in ultimo ti ho detto e vivamente torno a raccomandarti61.
(Torino, Fondazione Luigi Einaudi, Archivio storico, Fondo Francesco S. Nitti, sezione 2 Corrispondenza, Spinazzola Vittorio, lettera del 5 aprile 1908).
Notes de bas de page
1 Per un compendioso profilo biografico di Vittorio Spinazzola: Delpino 2012; cf. inoltre Scotto di Freca 2012 che avvalendosi di un’ampia documentazione ed attingendo anche a memorie famigliari ha dedicato all’avo una estesa biografia da utilizzare tuttavia con cautela per il carattere apologetico e per l’uso selettivo e antologico delle fonti documentarie.
2 Spinazzola 1891; Spinazzola 1903.
3 Sono lieto di esprimere un vivo ringraziamento a Marie-Laurence Haack e a Martin Miller per aver accolto il mio contributo in questa sede. Ringrazio inoltre le Fondazioni “Biblioteca Benedetto Croce” (Napoli), Luigi Einaudi (Torino), Giovanni Gentile (Roma) per le agevolazioni accordatemi nella consultazione dei loro fondi archivistici e per l’autorizzazione a pubblicare in questa sede alcuni documenti significativi, ringraziamento che rivolgo altresì alle Edizioni Le Lettere in riferimento ai documenti dell’Archivio di Giovanni Gentile e all’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del MiBACT per la concessione di riprodurre una foto (fig. 8) del Gabinetto Fotografico Nazionale.
4 Bollettino Ufficiale del Ministero di pubblica istruzione, II, Atti di amministrazione, 51, 22, 28 maggio 1924, 1031.
5 Delpino 2001, 53.
6 Oltre al testo di Felice Barnabei trascritto in appendice (non datato, ma riferibile agli anni del conflitto mondiale), cf. gli encomiastici articoli di Calza A. 1912, Conti, A. 1912, Calza G. 1923.
7 Scotto di Freca 2011; Scotto di Freca 2012, 49.
8 Grassini Sarfatti 1924.
9 Sull’articolo della Sarfatti e il suo rapporto con l’annunciata visita di Mussolini a Napoli e Pompei: Scotto di Freca 2012, 200-201, 356 nota 16. Per un profilo biografico della Grassini Sarfatti: Urso 2002; Ferrano 2015.
10 Cf. alcuni articoli apparsi tra la fine di febbraio e i primi di marzo del 1923 sul Giornale d’Italia: “Da Tebe a Pompei” (23 febbraio), “Il satrapetto dell’archeologia” (28 febbraio), “Una lettera di B. Croce e la difesa di Pompei” (2 marzo), “Risposta a Croce sulla questione degli scavi di Pompei” (2 marzo): Napoli, Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce”, Archivio di Benedetto Croce, serie Miscellanea di scritti concernenti B. Croce, UA 26, nn. 150-151.
11 Croce [1944] 2005, 676.
12 Rimosso “per scarso rendimento di lavoro” fu anche l’ispettore del museo Ferdinando Russo, addetto all’Ufficio esportazione degli oggetti d’antichità e d’arte di Napoli (Bollettino Ufficiale del Ministero di pubblica istruzione, II, Atti di amministrazione, 51, 22, 29 maggio 1924, 1021). Sulle tormentate vicende del museo di Napoli cf. gli accenni, fondati su tradizioni interne all’istituto, di Maggi 1974, 44-47, 67-68. Altrimenti documentate le ricostruzioni della vicenda di Croce [1944] 2005 e di Scotto di Freca 2012, cap.21, 197-206 e note alle pagine 354-358 (sarebbe stato peraltro opportuno pubblicare per esteso gli atti dell’inchiesta, come del resto era stato a suo tempo auspicato da Spinazzola stesso, per consentire una diretta valutazione dei fatti, degli addebiti mossi al soprintendente e delle repliche di questi, delle procedure seguite).
13 Per un suo profilo: Bruni & Desantis 2012.
14 Aurigemma 1953, XI.
15 Croce [1944] 2005; cf. anche l’informato ed equilibrato compendio della vicenda tracciato da Bertoni 2009, CLXI-CLXVI.
16 Scotto di Freca 2012, capitoli 19 e 21, 179-185, 197-206.
17 Croce [1944] 2005, 677.
18 Non fosse altro che per lo strettissimo legame tra Spinazzola e Francesco Saverio Nitti, tra i più tenaci oppositori del fascismo. Va menzionata inoltre una segnalazione (cf. Scotto di Freca 2012,197, 354-355 nota 1) sul rapporto di Spinazzola con un sostenitore di un altro strenuo antifascista, l’on. Giovanni Amendola, ricevuta da Mussolini (presumibilmente nel corso del 1923) e da questi inviata al ministro Gentile: “A Sarno, luogo di nascita dell’on. Amendola e base principale della sua influenza, spadroneggia un tale Pauzano, impiegato subalterno degli scavi e monumenti, creatura notoria dello Spinazzola e pessimo arnese della malavita politica locale [...]” (Roma, Fondazione Giovanni Gentile, Archivio di Giovanni Gentile, serie Corrispondenza, sotto serie Carteggi principali, UA 21, Mussolini a Gentile, nota allegata alla lettera n. 12 s. d.).
19 Nella quale era coadiuvato dall’architetto Carlo Calzecchi Onesti e dall’archeologo Antonio Minto: Bertoni 2012, CLXI nota 371.
20 Composta da Alessandro Della Seta, Luigi Pernier e dalla numismatica Secondina Cesano: Scotto di Freca 1912, 203.
21 Cf. in particolare le lettere del 23 e 30 ottobre, del 7 novembre, del 9, del 13 e del 17 dicembre 1923: Croce [1896-1924] 1981, 654-656, 658-662.
22 Lettera del 9 dicembre 1923: Croce [1896-1924] 1981, 660.
23 Roma, Fondazione Giovanni Gentile, Archivio di Giovanni Gentile, serie Gentiliana, sotto serie Ritagli di giornali raccolti e conservati da G. Gentile, UA185, raccolta di articoli e notizie sull’affare Spinazzola (11 maggio-11 ottobre 1923), in particolare articoli e trafiletti pubblicati su Il Mattino (Napoli, 8-9 giugno e 10-11 giugno), Il Messaggero (Roma, 12 giugno, 14 giugno, 11 ottobre), L’idea nazionale (Roma, 13 giugno) La Nazione (Firenze, 13 giugno), La Scintilla (giugno 1923).
24 Su cui v. le ulteriori notizie e le osservazioni di Scotto di Freca 2012, 200, 355-356 note 11-15.
25 La vicenda si concluse con l’ordine del ministro di consegnare a Rothschild la statua posta sotto sequestro in ottemperanza a precedenti disposizioni governative: cf. infra nota 60. Su R. Paribeni, in anni successivi direttore generale delle antichità e belle arti: Bruni 2011; Bruni 2012; Paribeni 2014.
26 Così ad esempio un biglietto anonimo in cui si imputava a Spinazzola un ammanco di 800 lire nel bilancio della Società promotrice di belle arti di cui egli era segretario (Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Fiorilli, scat. 41, fase. 1518 “Spinazzola Vittorio”, sotto fasc. 5,1895).
27 Direttore del Museo di Siracusa, Orsi era ottimo conoscitore dell’ambiente archeologico partenopeo per gli incarichi svolti a Napoli e Pompei nel 1900-1901 (inchiesta sugli scavi privati De Prisco e gestione commissariale del Museo e dell’Ufficio scavi di Napoli e Pompei); suoi profili biografici: Schenal Poleggi 2012; Calloud 2013.
28 Alto funzionario della Direzione generale delle antichità e belle arti alla cui guida fu dal 1900 al 1905; per un profilo biografico: Orbicciani 2011, 67-73 (con qualche cautela).
29 Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Fiorilli, scat. 41, fasc. 1200, sotto fasc. 10, lettere 12 e 18 agosto, 6 settembre 1895; sotto fasc. 16, lettere 28 febbraio e 28 marzo 1901.
30 Bertoni 2009, CXXXVI. Spinazzola entrò poi a far parte del Consiglio superiore nel 1921, dopo che a Ricci era subentrato un funzionario molto legato al soprintendente napoletano, Arduino Colasanti, che guidò l’ufficio dal 1919 al 1928. Per profili di Colasanti e di Ricci: Orbicciani 2011, 48-53; Sicoli 2011.
31 Così in lettera del 19 aprile 1924 al geologo Giuseppe De Lorenzo, citata da Bertoni 2009, CXLIII nota 175; cf. anche lettera a Gentile del 4 marzo 1923: “[...] parecchie delle accuse che gli si fanno sono calunniose” (Croce [1896-1924] 1981, 635).
32 Amicizia risalente alla giovinezza di entrambi, segnata dalla partecipazione al sodalizio “dei nove musi” su cui da ultimo Ruggiero 2004.
33 Bertoni 2009, 291-292, 299-301: lettere del 1907 in cui si parla della opposizione fatta da Spinazzola con anonimi articoli sui giornali all’iniziativa di Croce per scongiurare la demolizione di una chiesa napoletana, la Croce di Lucca, episodio su cui mi soffermo oltre. Nel risentimento di Spinazzola per Croce doveva rientrare anche il giudizio negativo su di lui espresso dal filosofo nel concorso del 1903 per la cattedra di estetica presso l’ateneo partenopeo; su quelle vicende: Bertoni 2009, CXIV-CXV, CXX-CXXII.
34 Bertoni 2009, CXXXVII, 442.
35 Così Gentile a Croce nell’informarlo del trasferimento di Spinazzola e dell’avvio dell’inchiesta (Gentile [1915-1924] 1990, 389-391: lettera del 5 settembre 1923).
36 Croce [1896-1924] 1981, 649: lettera del 7 settembre 1923.
37 Non mi soffermo oltre sulle solidarietà e sui favoritismi di cui Spinazzola si giovò rinviando in proposito ai miei precedenti contributi in cui questo aspetto è già sufficientemente documentato: Delpino 2001; Delpino 2012.
38 Per un’attenta ricostruzione di questa vicenda, di cui trattano varie lettere del carteggio tra Croce e Ricci: Bertoni 2009, XCVI-CIV. Da notare come gli interventi sulla stampa a favore della demolizione dell’edificio, attribuiti a Spinazzola, sono del dicembre 1907, alla vigilia quasi della pubblicazione del bando di concorso per la direzione del Museo di Napoli cui l’archeologo aspirava.
39 Per un’ampia e informata biografia dello statista lucano: Barbagallo 1984.
40 Sul ruolo avuto da Spinazzola nelle dimissioni di Ricci rinvio all’accurata ricostruzione di Bertoni 2009, CXXXIII-CXXXVII.
41 Articolo citato e in parte trascritto (con altri apparsi in quello stesso periodo su Epoca e il Travaso delle idee) da Bertoni 2009, CXXXIV-CXXXVI; l’articolo è menzionato anche in Scotto di Freca 2012, 165, 347 nota 48.
42 Bach., “Risposta a Croce”, Il Giornale d’Italia, 2 marzo 1923 (Napoli, Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce”, Archivio di Benedetto Croce, serie Miscellanea di scritti concernenti B. Croce, UA 26, n. 150).
43 A quanto riferito molti anni dopo dallo stesso Spinazzola questa aspirazione, decisamente temeraria, sarebbe nata da lusinghe del pittore Gioacchino Toma che nell’indirizzario agli studi archeologici gli preconizzava il più brillante avvenire: “Dopo il Fiorelli nessuno vi è a Napoli che possa arrivare molto in alto. Gli archeologi De Petra, Sogliano ecc. non erano persone d’ingegno. Io sarei potuto arrivare dove avessi voluto”: Scotto di Freca 2012, 25 (da uno scritto memorialistico di Spinazzola: “Come mi detti agli studi archeologici”).
44 Esplicito in particolare il passo qui trascritto: “Io non so se è nelle intenzioni vostre, se è in quelle del ministro di richiamarmi sic et simpliciter alla mia sede o piuttosto di destinarmi ad una nuova immane fatica, quale sarebbe quella di riodinar tutta la vasta baracca di questa amministrazione di Napoli, opera a cui basterà appena la mia vita, la mia energia, il mio sentimento del dovere, la mia forza di volere e di lavoro [...]” (Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Fiorilli, scat. 51, fasc.1518, sotto fasc. 10, lettera del 23 settembre 1900).
45 “Quel che mi fu fatto è infame, infame verso di me, disastroso per l’Istituto [...]” scriveva Spinazzola in una risentita lettera al direttore generale, accusandolo di aver tradito promesse fattegli da gran tempo nominando alla direzione del museo non lui ma Pais (Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Fiorilli, scat.. 51, fasc.1518, sotto fasc. 11, lettera del 16 marzo 1901).
46 “C’è da strabiliare, egli [scilicet: Spinazzola] è irritato con me per essermi ricusato più volte di sostenerlo nelle sue pretese alla direzione del Museo di Napoli [...]”: così Croce a Ricci il 16 dicembre 1907 (Bertoni 2009, 300).
47 Per il contrastato successo al concorso del 1910: Delpino 2001.
48 Croce [1944] 2005, 675.
49 Sull’archeologo ed epigrafista triestino: De Vico Fallani & Shepherd, ed. 2014.
50 Le espressioni tra virgolette sono riprese da Scotto di Freca 2012, 30-31 ove è citato e/o riassunto il contenuto di lettere inviate da Spinazzola al ministro Martini.
51 L’epiteto è riportato da Scotto di Freca 2012, 35; sulla relazione di Brioschi al termine dell’inchiesta: Delpino 2011, 720.
52 Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Fiorilli, scat. 51, fascicolo 1518, sotto fasc. 8, lettera del 14 luglio 1898.
53 Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Fiorilli, scat. 51, fascicolo 1518, sotto fasc. 11: lettera del 16 marzo 1901.
54 Roma, Biblioteca Angelica, Carte Barnabei, b. 416/1, lettera del 9 dicembre 1917. Per una ricostruzione della vicenda cui il brano riportato nel testo si riferisce: Scotto di Freca 2012, 172-173.
55 Nel brano omesso la relazione prosegue con la descrizione delle più rilevanti scoperte effettuate (criptoportico con pitture e stucchi, ecc. ecc.) per passare poi a illustrare le ragioni del deplorato ritardo delle pubblicazioni su questi nuovi scavi, ritardo dovuto a difficoltà contingenti (carenza di tecnici e indisponibilità dei funzionari a causa anche della guerra in corso), superabili solo mediante la collaborazione del mondo accademico napoletano, purtroppo improponibile per la netta contrapposizione con la direzione degli scavi.
56 Minuta di mano incognita con aggiunte e correzioni autografe di F. Barnabei, già citata in Delpino 2001, 54.
57 Trascritto da ritaglio di stampa allegato ad una lettera inviata dal giornalista Nicola Ruggiero a F.S. Nitti (Torino, Fondazione Luigi Einaudi, Archivio storico, Fondo Francesco S. Nitti, sezione 2 Corrispondenza, Nicola Ruggiero, lettera del 29 settembre 1921).
58 Originale autografo su carta intestata “Il Presidente / del Consiglio dei Ministri”, senza data; già citato in Scotto di Freca 2012, 197, 354-355 nota 1.
59 Minuta autografa su carta intestata “Il Ministro / della Pubblica Istruzione”.
60 Originale dattiloscritto con firma autografa; carta intestata “R. Soprintendenza / Ai Musei ed agli Scavi / della Provincia di Roma”; oggetto “Statua di Efebo di via Tiburtina”. In una successiva lettera Paribeni informò il ministro Croce che la valigia sequestrata alla dogana di Modano era stata trovata tra il bagaglio del corriere diplomatico francese che ne aveva disconosciuto la proprietà dichiarando che altri aveva “frammisto ai suoi bagagli quella valigia”. Croce diede poi ordine di procedere “senz’altro indugio alla consegna al sig. barone Maurizio Rothschild del noto torso di statua d’Efebo rinvenuta in contrada Sette Camini, giusta la comunicazione che al Rothschild venne fatta di tale consegna dal sottosegretario di Stato per le Antichità e le Belle Arti del precedente Gabinetto, on. Molmenti, in data 20 aprile 1920” (Napoli, Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce”, Archivio di Benedetto Croce, serie Carteggio per anno e corrispondente, 1921, n. 563: copia dattiloscritta di lettera di Croce alla Direzione Generale AA.BB.AA., Roma 7 genn. 1921).
61 Originale autografo; carta intestata “Museo Nazionale di S. Martino e Scavi di Antichità/il Direttore".
Auteur
CNR-ISMA; filippodelpino@yahoo.it
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