Vita umana, lavoro e sviluppo tecnologico (obiettivi 3,8 e 9 Agenda Onu 2030)
p. 243-248
Texte intégral
1Potrebbe sembrare superfluo parlare della responsabilità ebraica per il benessere della società, dal momento che gli storici hanno già da tempo convenuto che le idee ebraiche hanno rappresentato un elemento formativo della civiltà occidentale, e che numerosi ebrei individualmente, specie in tempi moderni, hanno ricoperto un ruolo centrale nel suo sviluppo1.
2Nel celeberrimo saggio Confrontation Rav Soloveitchik delineava il duplice compito del popolo ebraico, da una parte quello di esseri umani che condividono il destino di Adamo nel suo incontro con la natura, e quello di membri di una comunità che ha mantenuto la propria identità in condizioni avverse2. In un saggio, significativamente intitolato Straniero e residente, espressione che riprende le parole di Abramo in Gn. 23,4, Rav Soloveitchik riassume il suo pensiero su questo punto:
Il nostro approccio al mondo esterno è sempre stato ambivalente: collaboriamo con persone appartenenti ad altre fedi in tutti i campi dello sforzo umano, ma nello stesso tempo cerchiamo di preservare la nostra distinta identità, che inevitabilmente comprende aspetti di separazione. Questa è una situazione paradossale. Tuttavia, parafrasando le parole del nostro primo antenato Abramo, noi siamo molto presenti nella più vasta società ed al tempo stesso ci manteniamo stranieri ed esterni nel nostro persistente sforzo di preservare la nostra identità storico-religiosa.3
3Rav Sacks analizza i primi versi del cap. xii della Genesi, nei quali viene descritto l’inizio del viaggio di Abramo. D. promette (Gn. 12 ,3) che per mezzo di lui tutte le famiglie della terra saranno benedette4. Una parte importante della missione di Abramo concerne la sua missione all’interno della società.
4In Confrontation, che ha come tema principale quello del rapporto con la fede cristiana, poco prima che vedesse la luce la dichiarazione Nostra Aetate, Rav Soloveitchik pone alcuni punti fermi, che sono tutt’oggi pienamente validi, come l’impegno per il benessere generale e il progresso del genere umano, per la lotta alle malattie e all’alleviamento della sofferenza umana, per la protezione dei diritti umani, per l’aiuto dei bisognosi, ecc.5. Come è noto Rav Soloveitchik non era un sostenitore del dialogo di ordine teologico, ma credeva tuttavia che vi fossero delle aree di azione comune che dovrebbero essere indirizzate verso l’esterno: «come combattere il secolarismo, il materialismo, la negazione ateistica della religione e dei valori trascendenti che minacciano l’esistenza di parametri morali all’interno della nostra società»6.
5Tutto oggi è tremendamente complicato, e non si può pretendere che le religioni, che sono sorte migliaia di anni fa, molto prima della nascita della modernità, possano fornire una risposta puntuale ai problemi attuali; le religioni tuttavia hanno molto da dire circa dove stiamo andando o dove dovremmo andare7. Ad esempio, su larga scala, è possibile indicare il chesed, nella sua accezione fisica e materiale, come un obiettivo concretizzabile su una scala universale8.
6La necessità di un impegno in questo senso oggi è quanto mai pressante. La politica da sola non è in grado di fornire delle risposte soddisfacenti alle persistenti domande che attanagliano buona parte dell’umanità. Fame, malattia, assenza di libertà fondamentali sono condizioni quantomai diffuse nel mondo contemporaneo. La differenza rispetto al passato è che per via delle recenti innovazioni ne siamo consapevoli. Sino a non molto fa la distanza rispetto a certe situazioni indeboliva la nostra empatia. Oggi non ci sono più distanze, sebbene subentri un senso di impotenza9. Non possiamo sostenere di non sapere. La piega assunta dall’economia globale ha privilegiato la libertà di scelta a discapito della ricerca del bene comune10, ampliando sempre di più, anziché attenuare, la forbice tra ricchi e poveri. La nuova economia ha la tendenza apparentemente inguaribile a ricompensare un numero ristretto di persone diminuendo le possibilità per la base della scala economica di avere un salario ragionevole11.
7I sistemi economici devono essere giudicati in base al loro impatto sulla dignità umana. Non è possibile continuare a difendere un ordine che deprime buona parte della popolazione mondiale. Ciò non significa necessariamente abbandonare il mercato globale, ma riconoscere un corpus di valori non derivanti dal mercato che deve essere tenuto in conto nelle nostre scelte sul nostro futuro12. La letteratura rabbinica riporta la discussione fra R. Aqivà e Tinneio Rufo: l’aiuto fornito al povero da parte degli altri esseri umani secondo il romano mette in discussione la provvidenza divina, che di fatto viene resa inutile. R. Aqivà ribatte che D. desidera sì che il povero venga aiutato, ma vuole che gli esseri umani, e presumibilmente non solo gli ebrei, abbiano il merito dell’atto13. Si narra che il nonno di Rav Soloveitchik, Chayim di Brisk, interrogato da un allievo circa il compito di un rabbino, rispose che consiste nel porre rimedio ai motivi di lamentela da parte di coloro che sono abbandonati e soli, proteggere la dignità dei poveri e salvare gli oppressi dalle mani dell’oppressore. Era sempre indebitato e dava la maggior parte del suo stipendio ai poveri. Di inverno lasciava il suo negozio di legna aperto affinché i poveri potessero servirsi senza chiedere. Quando l’amministrazione della comunità si lamentò, perché per via di questo suo comportamento loro stavano perdendo denaro, rispose che in realtà stava risparmiando loro il costo delle spese mediche, perché altrimenti si sarebbe preso una polmonite, dal momento che non avrebbe potuto accendere un fuoco nella propria casa se i poveri stavano congelando14.
8Rav Sacks cita una norma di Maimonide secondo la quale, quando si tratta di violare lo Shabbat per salvare una vita umana, non lo si fa impiegando non ebrei, bambini o schiavi, ma devono essere i grandi saggi di Israele a violare lo Shabbat in questa circostanza. Perché? Perché salvando una vita si insegna la Torà fondamentale di tutti, che le norme della Torà non sono una forma di vendetta contro il mondo, ma sono volti a portare compassione, pace e gentilezza nel mondo15.
9La tradizione ebraica ha elaborato il concetto di tzedaqà, un concetto difficile da esprimere secondo le categorie concettuali del mondo occidentale, trovandosi a metà fra la giustizia e la carità. Il livello supremo di tzedaqà, scrive Maimonide, è quello di chi assiste il povero dandogli un dono o un prestito o accettandolo come socio d’affari o aiutandolo a trovare un lavoro, ovvero mettendolo in una situazione in cui può fare a meno dell’aiuto di altre persone16.
10La sanità è un campo dove le disparità nei servizi resi fra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo è innegabile, sia in termini di percentuale del Pil investita in tale ambito, sia in termini di spesa pro capite. La relazione fra malattia e povertà è purtroppo lampante e deprimente. Ogni anno milioni di persone muoiono di fame e malattie prevenibili. Non è possibile oggi che centinaia di milioni di persone nel mondo non abbiano accesso all’acqua potabile. Scrive Rav Soloveitchik:
L’umanità dei tempi antichi, che, con degradante impotenza, non riusciva a combattere le malattie e che a moltitudini soccombeva per la febbre gialla o per qualsiasi altro flagello, non poteva rivendicare la dignità. Unicamente l’uomo che costruisce ospedali, che scopre tecniche terapeutiche e che salva vite è benedetto con la dignità.17
11La velocità e l’estensione delle moderne tecnologie di comunicazione hanno cambiato irreparabilmente le condizioni di vita della maggior parte degli abitanti del pianeta. L’interconnessione è divenuta più immediata di quanto non fosse mai stata in passato18. Internet ha abolito le distanze. Per molte economie emergenti la tecnologia si è mostrata la chiave per attenuare il divario, ma altresì le politiche economiche mondiali non sono state immaginate a vantaggio dei più poveri19. È evidente come la diminuzione del divario esistente dipenda in buona parte dall’introduzione e dall’implementazione degli strumenti tecnologici e dalla creazione di infrastrutture adeguate. La crescita dei redditi e dei prodotti lordi dipende in buona misura dalla diffusione della cultura, e internet in tal senso, se usato correttamente, si è rivelato uno strumento formidabile.
12Vorrei concludere riassumendo un brano molto affascinante di uno dei principali maestri di Israele del secolo scorso, Rav Kook, che scrive20 che le anime più grandi non possono staccarsi dalla totalità più comprensiva. L’altezza di questa totalità è determinata solo dalla pienezza dei suoi individui e dei piccoli e grandi gruppi che la completano. Gli individui dotati dello spirito più alto sentono che gli individui necessitano di essere migliorati, che le migliori forme sociali devono essere innalzate. Desiderano che ogni individuo particolare sia preservato e sviluppato e che la collettività sia unita e in pace. In lui si fondono in ogni momento quattro canti, quello della propria anima, del proprio popolo, dell’umanità e del mondo.
Notes de bas de page
1 G.J. Blidstein, Tikkun Olam, Tradition 29:2, 1995, p. 5.
2 J.B. Soloveitchik, Confrontation, Tradition 6,2, 1964, p. 17.
3 J.B. Soloveitchik, Riflessioni sull’ebraismo, Firenze 1998, p. 185.
4 Citato in J. Sacks, Tikkun Olam: Orthodoxy’s Responsibility to Perfect G.d’s World, 1997, in https://advocacy.ou.org/tikkun-olam-orthodoxys-responsibility-to-perfect-g-ds-world/.
5 J.B. Soloveitchik, Confrontation cit., pp. 20-21.
6 Id., Riflessioni cit., p. 185.
7 J. Sacks, La dignità della differenza, Milano 2004, p. 21.
8 G.J. Blidstein, Tikkun cit., p. 13.
9 J. Sacks, La dignità cit., pp. 41-42.
10 Ivi, pp. 20-21.
11 Ivi, p 121.
12 Ivi, p. 26.
13 Si veda G.J. Blidstein, Tikkun cit., p. 13.
14 Citato da N. Zion, Tikkun Olam as the Mastery of Nature: Rabbi J. B. Soloveitchik, 2013, in https://hartman.org.il/Blogs_View.asp?Article_Id=1245&Cat_Id=413&Cat_Type=
15 Citato in J. Sacks, Tikkun cit..
16 Si veda J. Sacks, La dignità cit., pp. 128-135.
17 J.B. Soloveitchick, La solitudine dell’uomo di fede, Livorno 2016, p. 21.
18 J. Sacks, La dignità cit., p. 39.
19 Ivi, p. 123.
20 Orot ha-qodesh 2, p. 442-445, citato in D. Linzer, Jewish Social Justice: A Universalist Mandate?, 2016, in https://library.yctorah.org/2016/08/jewish-social-justice-a-universalist-mandate/.
Auteur
Ha conseguito il titolo rabbinico presso il Collegio Rabbinico Italiano e la laurea in filosofia presso l’università “La Sapienza”, occupandosi delle dottrine non scritte nel pensiero di Platone. Ha svolto per vari anni l’attività di Chazan, abbinandola all’insegnamento presso il Liceo Levi ed il Collegio Rabbinico e alla collaborazione con l’Ufficio Rabbinico di Roma. Dal 2014 è Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Torino. Dal 2016 è nel Consiglio dell’Assemblea Rabbinica Italiana (ARI). Collabora con diverse riviste di argomento ebraico. È coautore di un libro di introduzione all’ebraismo e di un testo sulle regole ebraiche di lutto. Partecipa ad incontri volti ad illustrare svariati aspetti della cultura ebraica. È attivo nel campo del dialogo interreligioso.
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