Trent’anni di studi sulle migrazioni di genere in Italia
Un bilancio storiografico
p. 19-39
Texte intégral
Premessa
1In Italia il tema delle migrazioni ha registrato negli ultimi decenni importanti contributi storiografici e le donne migranti sono state oggetto di centinaia di studi. Tuttavia, fino a poco tempo fa, alla stregua della storia delle migrazioni italiane, che non era riuscita a entrare a pieno nel canone ufficiale della storiografia nazionale, la storia delle donne migranti non era stata incorporata in quella delle migrazioni. Si è assistito al perdurare della doppia esclusione delle donne dalla storia: minoranza all’interno degli studi migratori che a loro volta registravano una scarsa visibilità nella storia d’Italia. La limitata presenza può essere addotta anche alla mancanza di dialogo interdisciplinare e intergenerazionale tra chi si occupa di storia delle donne e chi delle migrazioni1.
2Prima dello sviluppo della nuova ricerca sulle donne italiane coinvolte nel processo migratorio, le migranti italiane sembrano caratterizzate da una immobilità più che fisica, secondo lo stereotipo della sedentarietà, direi culturale. L’immobilità per un verso consisteva nella trasmissione dei valori e della cultura della tradizione alle generazioni successive, attraverso una lettura di pura inerzia e, per l’altro, in senso più letterale, in una passiva attesa in patria del ritorno degli uomini.
3Tale immobilità venne denunciata da Catherine Wihtol de Wenden, politologa e direttrice del Centre d’études et de recherches internationales di Parigi, che oggi si occupa di migrazioni contemporanee, nel primo numero monografico su donne migranti italiane apparso su Studi emigrazione nel 1983:
4L’immagine della donna migrante, il cui ruolo al paese nell’accudire alla casa e nella supplenza del lavoro agricolo maschile, era normalmente quello della donna che seguiva il marito e che, tagliata fuori dal mondo esterno dalle barriere della lingua e della cultura dell’organizzazione economica e sociale dei Paesi industrializzati, si consacrava alla vita domestica e alla trasmissione dei valori tradizionali2.
5Questo fascicolo, che presentava gli atti di un convegno organizzato da alcuni geografi a Cagliari su Il ruolo della donna nei movimenti migratori internazionali, denunciò che «la presenza femminile nei movimenti migratori era stata spesso sottovalutata o analizzata in funzione della presenza maschile, in conformità ad una stereotipata immagine della figura femminile “dipendente” e “improduttiva”»3. Gli studi sulle italiane in quell’occasione si focalizzarono prevalentemente sui casi regionali, sull’impatto dei mutamenti indotti dall’emigrazione, sui ruoli delle donne che restavano e del ritorno, anticipando temi che sarebbero stati in seguito ripresi dalla storiografia4.
6Le cause di questa immagine passiva delle donne possono essere individuate nella scarsa attenzione da parte degli studiosi del fenomeno migratorio – italiani e stranieri – nei confronti dei paesi di partenza, nell’isolamento della storia della famiglia italiana e in una sostanziale assenza di ricerca sulla storia delle donne dei ceti subalterni in Italia5.
7Quando si parla di storia delle migrazioni è difficile mantenersi nei confini della ricerca italiana per le, fortunatamente, numerose influenze derivate dalla ricerca transnazionale. Il complesso percorso storiografico della storia delle migrazioni di genere ha infatti coinvolto non solo varie discipline, all’interno di quella che potremo definire la nuova storia sociale, ma è stato reso possibile grazie allo sviluppo della ricerca transnazionale che ha visto studi italiani condotti o pubblicati all’estero. Ciò detto cercherò quanto più possibile di mantenere questo mio intervento all’interno dell’analisi della produzione storiografica italiana.
8Prima di entrare nel merito delle interpretazioni storiografiche, può essere opportuno effettuare una panoramica quantitativa sulle pubblicazioni italiane riguardanti le migrazioni delle donne italiane negli ultimi trent’anni6.
Il quadro generale
9Dall’analisi dei saggi comparsi sulle principali riviste storiche: Altreitalie, Archivio Storico dell’Emigrazione Italiana (asei), Areia, Cirsde, Quaderni di Donne & Ricerca, Genesis, Passato e Presente, Quaderno di Storia Contemporanea, Studi Emigrazione e dei cataloghi delle Biblioteche specializzate (Centro Studi Emigrazione di Roma e Centro Altreitalie), da cui sono stati esclusi per lo più i testi generali in cui si è affermata la lettura di genere delle migrazioni, emerge una costante crescita.
10In essa si registra un grande interesse per le aree transoceaniche, con gli Stati Uniti che primeggiano, ma anche un aumento di pubblicazioni sulle migrazioni in Europa.
Gli anni ottanta
11Negli anni ottanta si assiste al decollo degli studi di genere sulle migrazioni: accanto ai primi studi demografici e della famiglia, iniziati negli anni sessanta da Massimo Livi Bacci7, cominciarono a essere pubblicate alcune ricerche sulla storia delle emigrate italiane negli Stati Uniti che però non riuscirono ad abbattere lo scollamento della ricerca tra paese di partenza e aree di emigrazione. Anche i primi studi italiani sulle donne migranti si focalizzarono prevalentemente sulle aree di insediamento, in particolare sugli Stati Uniti8, paese in cui le indagini delle studiose statunitensi si stavano sviluppando in alcune nicchie aperte dall’interesse, emerso nel decennio precedente, per gli women’s studies e gli ethnic studies9. Il primo nodo da sciogliere fu quello del rapporto tra genere ed etnicità, letto in modo affatto diverso dalle studiose italiane e da quelle statunitensi. Le prime, sull’onda di un approccio femminista agli studi sulle donne, tendevano a dare una lettura che metteva in luce le valenze emancipatorie che il passaggio da una società per molti versi preindustriale a una industriale avanzata poteva comportare nella vita delle donne emigrate e in quella delle loro figlie. Le seconde, sempre in un’ottica di storiografia militante, ricostruivano la storia delle immigrate italiane, sottolineando la forza della cultura etnica, dei legami familiari e della capacità delle donne di mantenere in vita le tradizioni10.
12Come si vede, già negli anni ottanta, agli albori degli ethnic women studies, si poneva una domanda oggi imprescindibile per chi affronta la questione dell’immigrazione in Italia e in tutti i paesi industriali avanzati, quella del rapporto tra continuità e mutamento delle culture d’origine.
13La storiografia sulle donne immigrate poté avvalersi della ricerca sino ad allora portata avanti in vari campi e discipline che avevano affrontato separatamente la questione della donna immigrata. Il filone principale della ricerca sugli italiani negli Stati Uniti, che col revival dell’etnicità negli anni settanta portò a decine di pubblicazioni aventi per oggetto gli italoamericani, prendeva quasi sempre in considerazione la famiglia, e quindi anche le donne. Si trattava tuttavia di un’inclusione delle donne nella storia di solito meramente descrittiva, tesa spesso a tracciare un ritratto stereotipato che esaltava il ruolo delle donne italiane all’interno della famiglia, descritto spesso come subordinato ancorché essenziale.
14Dal canto suo la storia della famiglia, che fu una delle prime discipline a prendere in considerazione le donne, ignorò a lungo la prospettiva di genere, come notò Carl Degler in un saggio del 198011. Un contributo importante in questo campo fu quello di Heidi Hartman che denunciò la disciplina per aver considerato la famiglia come un gruppo di interessi unificato, mentre le esigenze dei suoi membri erano diverse a seconda del sesso e dell’età12. Il suo modello di assimilazione della famiglia italiana immigrata nella società statunitense era stato anticipato da Lydio Tomasi. Il lavoro di quest’ultimo aveva delineato con chiarezza uno dei principali mutamenti che toccò la famiglia italiana immigrata negli Stati Uniti: lo spostamento da una concezione familistica a una di individualismo, ma non aveva approfondito i ruoli esercitati dai singoli membri nel processo di inserimento nella società statunitense, e tantomeno dalle donne13. La miglior teorizzazione in questo senso venne effettuata da Tamara Hareven che, nei suoi studi sulla modernizzazione della famiglia, indicò la necessità di studiare separatamente il mutamento dei ruoli femminili al suo interno, secondo variabili di classe e etnia. Hareven giunse alla conclusione, per noi di estrema rilevanza oggi, che la famiglia non solo non si modernizzò come unità, ma addirittura che «se la modernizzazione comporta cambiamenti nei comportamenti e nei ruoli familiari, nei valori personali, nell’allevamento dei figli e nei modi di socializzazione, le donne possono aver avuto un ruolo altrettanto importante, e persino più importante [degli uomini] in qualità di modernizzatrici ed agenti del cambiamento»14. Non è casuale che uno dei primi testi che ha messo in discussione il concetto di positività del mantenimento culturale sia stato quello scritto da Marie Hall Ets in base a colloqui con un’immigrata: Rosa, come è stato più volte rilevato da alcune studiose italiane15. Nelle pagine del libro si trovano ben delineati i motivi emancipatori apportati dall’esperienza migratoria.
15Giulia Calvi, in un saggio del 1980, «Da paesani a cittadini», mise in discussione il concetto che il lavoro fuori di casa fosse intrinsecamente emancipatorio per le donne, come già avevano fatto molti osservatori sociali durante gli anni venti e trenta quando avevano denunciato l’abitudine delle famiglie italiane a impossessarsi dei salari dei figli, in particolare delle figlie16. Alcune storiche statunitensi, trattando del lavoro delle donne, si erano preoccupate di sottolineare il ruolo svolto dalla cultura etnica nel determinare le scelte, più che di guardare alle aspettative delle donne. Sempre in tema di lavoro femminile, Calvi si era anche chiesta come venisse vissuto dalle donne il rapporto con il lavoro industriale, che percezione avessero della propria attività, quale uso facessero del tempo, del denaro e dello spazio. Sottolineando nei testi autobiografici la realtà della socialità femminile che passava attraverso i canali dei mass media e della moda, mostrava come essa esprimesse «una libertà apparentemente molto elementare… ma già, almeno embrionalmente, lontana dai codici costrittivi della cultura etnica di appartenenza»17. In una mia ricerca su americanizzazione e donne italiane di seconda generazione negli Stati Uniti avevo esaminato il ruolo esercitato dalla società dei consumi sulle giovani immigrate18. Sempre partendo da un’ottica di genere, Elisabetta Vezzosi aveva denunciato le contraddizioni nelle quali si trovava a vivere l’immigrata italiana, divisa tra coscienza etnica con la sua difesa dei valori ancestrali e il desiderio di affermazione personale che la affrancava dai vincoli del gruppo etnico e le dava un ruolo nella società americana19.
16La ricerca sulle donne in emigrazione è ovviamente legata anche all’iter degli studi sul fenomeno migratorio italiano, che ha seguito un percorso che cercherò di sintetizzare al massimo. Gli albori in Italia si ebbero durante gli anni settanta, non a caso gli anni che videro l’inizio dell’immigrazione nel nostro paese. I grandi temi affrontati furono quelli legati alle cause economiche del fenomeno migratorio, del rapporto tra il mancato sviluppo della società meridionale e l’emigrazione, emigrazione politica e movimento operaio20, aree di indagine caratterizzate nel loro complesso da una scarsa attenzione per le società di insediamento. La ricerca sulle due sponde fu inoltre caratterizzata dall’assenza di un’attenzione nei confronti delle donne migranti, cui solo negli anni ottanta si cominciò a ovviare.
17Sul fronte statunitense segni incoraggianti della convergenza dei due diversi approcci si cominciarono cogliere in saggi che si occupavano di questioni sociali di più ampio respiro, come nei lavori di Linda Gordon che, analizzando i rapporti tra assistenti sociali e assistiti in centri che a Boston si occupavano della violenza sui bambini, mostrò come l’attacco alle teorie del controllo sociale, condotto dalla storiografia di sinistra in quel periodo, non valeva se venivano presi in esame i più deboli. I casi che riportava mostravano una sorta di patologia della struttura familiare che non permetteva più di condannare intromissioni esterne21. Nei lavori di Gordon il tipo di fonti usate assunse una rilevanza particolare. Esse le consentirono di ricostruire squarci di vita, conflitti e contraddizioni all’interno della famiglia immigrata, che spesso negli anni trenta era italiana, che le descrizioni impressionistiche, o basate su analisi quantitative, non erano riuscite a dare. Veniva così smantellato lo stereotipo del familismo italiano che aveva fino ad allora inficiato tanta storiografia sugli italoamericani e stabilito un ponte tra la ricerca italiana e quella statunitense. Ricerche coeve sull’assistenza sociale delle immigrate italiane negli Stati Uniti portarono a conclusioni analoghe e sottolinearono la necessità di risalire alle condizioni di vita in Italia per ricostruire la figura della donna italiana in emigrazione. Fino a quel momento solo Donna R. Gabaccia, destinata come vedremo a prendere in mano le redini dell’approccio transnazionale, in una ricerca di storia locale del 1984, From Sicily to Elisabeth Street. Housing and Social Change among Italian Immigrants, 1880-1930, aveva mostrato le potenzialità della ricerca svolta sui due lati dell’Atlantico ed esaminato i processi di cambiamento secondo un’ottica di genere22.
18Guidate da lei e da Franca Iacovetta, alcune studiose si riunirono alla fine degli anni ottanta per svolgere una ricerca transnazionale, Foreign, Female and Fighting Back: Italian Women Around the World sfociata poi nella pubblicazione del 2002 Women, Gender and Transnational Lives. Il volume prende in esame: le donne degli emigranti che restarono in Italia analizzando l’impatto dell’emigrazione nel paese di partenza; il lavoro delle donne e la questione dell’identità nella diaspora italiana; l’identità femminile in Canada e Australia; il radicalismo delle donne e la militanza sindacale in vari contesti nazionali. L’approccio transnazionale della ricerca partiva da un’accezione di diaspora italiana intesa come pluralità di diaspore. Tale approccio permise di mettere a confronto le esperienze migratorie in diversi contesti e di smantellare in modo organico numerosi stereotipi sulle migrazioni femminili italiane. Le autrici imputarono molti degli errori di lettura nella storia delle emigrate italiane all’approccio anglosassone della ricerca, che venne denunciato dalle curatrici come responsabile della distorsione della figura dell’emigrata italiana. L’inclusione della dimensione della ricerca sull’Italia aiutò a mostrare come fosse inadeguato applicare il concetto di sfere separate alle donne italiane per le quali non c’era soluzione di continuità tra casa e lavoro, lavoro salariato e non, posizione subordinata e intraprendenza, sia economica che legale, quando i mariti partivano, per citare solo alcuni dei campi esaminati. Il paradigma statunitense, che vedeva le donne italiane docili e sottomesse, venne ulteriormente messo in discussione dai saggi che esaminavano la militanza politica in vari contesti europei e americani. Attraverso questa analisi venne mostrato che, lungi dall’essere disinteressate alle azioni collettive, le donne si fecero portavoce di una militanza che andava a intrecciarsi con l’identità etnica e che non escludeva la famiglia e la comunità. Lo studio transnazionale mostrò anche l’infondatezza dell’assunto della ricerca statunitense sulla riluttanza delle donne italiane a svolgere lavori salariati, in particolare quello di domestica. È vero che negli Stati Uniti le donne italiane scelsero piuttosto di andare in fabbrica, ma in altri contesti di immigrazione il lavoro di domestica veniva subito dopo quello agricolo. Le curatrici denunciarono qui che il modello di famiglia wasp, che si era tentato di imporre durante la campagna per l’americanizzazione degli anni venti e trenta, era stato ripreso dalla prima storiografia femminista statunitense che aveva considerato le donne immigrate come «sorelle minori» a cui prospettare valori di una domesticità di classe media che rifiutavano per se stesse23.
19Alla fine degli anni ottanta, lo scollamento della ricerca sulle donne migranti sui due lati dell’Atlantico cui accennavamo iniziò così a ricomporsi.
20Sul fronte italiano questo decennio fu caratterizzato anche dall’avvio della ricerca sostenuta dalle neonate Regioni, che videro nelle migrazioni un modo di rafforzare la propria identità. Lo sviluppo delle tematiche migratorie a livello locale e regionale, e in particolare quelle sul mondo rurale e montano italiano che produsse l’emigrazione, era destinato a dare un forte impulso allo studio delle donne nei fenomeni migratori24.
21Se andiamo poi a vedere dove è stato svolto il maggior numero di ricerche regionali sulle migrazioni delle donne primeggiano Piemonte, Toscana e Veneto.
Gli anni novanta
22Lo sviluppo delle ricerche regionali e locali evidenziò i fenomeni di pendolarismo e l’esistenza di numerosi percorsi migratori non lineari: le emigrazioni potevano essere prima interregionali, poi transfrontaliere e/o transoceaniche, conferendo un’inedita visibilità alle donne all’interno del processo migratorio italiano. Penso, in particolare, alla ricerca interdisciplinare sostenuta dalla Fondazione Sella sul Biellese, cui ha partecipato un nugolo di studiosi che ha sviluppato in seguito parte della ricerca sulle migrazioni di genere – Paola Corti e Patrizia Audenino, Franco Ramella, Ada Lonni, Dionigi Albera e Chiara Ottaviano – e a quella di Adriana Dadà sull’emigrazione delle balie dalla Lunigiana25. Le ricerche locali hanno recuperato testimonianze da cui è emersa la vasta gamma di lavori femminili; contribuito a correggere l’immagine di un’emigrazione alimentata principalmente da masse contadine provenienti dall’Italia meridionale, che il prevalere degli studi sull’emigrazione negli Stati Uniti aveva nutrito e, infine, sottolineato l’importanza, non solo numerica, delle migrazioni europee.
23Come già accennato, approfondire lo studio del paese di partenza non è stato affatto facile poiché la storia delle donne italiane era ancora quasi tutta da scrivere. Il decollo degli studi sulle donne in Italia avvenne grazie ad alcune storiche del settore che ruotavano attorno alle rivista Memoria (1981-1993)26, la prima di storia delle donne in Italia assieme a dwf (1975-), sulle cui pagine comparvero saggi e recensioni sulle donne emigrate.
24Un importante convegno del 1990, Le donne nelle campagne italiane del Novecento. Società rurale e ruoli femminili in Italia tra Ottocento e Novecento, organizzato da Paola Corti per l’Istituto Alcide Cervi, segnò un’inversione di tendenza27. Raffigurando le attività delle donne italiane nella società contadina, il principale bacino della grande emigrazione italiana, i risultati delle ricerche presentate contribuirono a smantellare lo stereotipo delle «casalinghe» delle statistiche ufficiali facendo vedere come le donne fossero lavoratrici almeno al pari degli uomini: ricostruendo le condizioni di vita del periodo mostrarono poi quanto il termine casalinga non si addicesse loro. Ulteriori ricerche sulle donne che emigravano o che restavano in patria in attesa del ritorno degli emigrati, le «americane», hanno rivelato l’ampia gamma di lavori svolti dalle donne: domestiche, balie, filatrici e operaie al centro-nord, donne che contribuivano alla metà circa del lavoro agricolo dell’intero Paese, le «americane» che ben lungi dall’essere mantenute dalle rimesse dovevano amministrarle oculatamente e mantenere la famiglia addossandosi il lavoro agricolo dei mariti che si trovavano oltreoceano come ha ricostruito Linda Reeder, studiosa statunitense che ha svolto la sua ricerca in Italia con una borsa della Fondazione Agnelli negli anni novanta che cito anche per testimoniare l’importanza del dialogo transnazionale28. Tali conclusioni erano state di fatto anticipate cento anni prima dai relatori delle Inchieste agrarie condotte da Stefano Jacini e Eugenio Faina29. La pluriattività delle donne ha una lunga storia anche nella storiografia.
25Parallelamente, il dialogo transnazionale sulla ricerca delle donne italiane migranti andava avanti. Nel 1993 venne compiuto, sulla rivista Altreitalie, un primo embrionale tentativo di esaminare le emigrate italiane in prospettiva comparata, includendo anche l’analisi delle condizioni di vita in Italia, e mostrando come cambiassero le esperienze migratorie a seconda dei paesi di insediamento. Vi parteciparono studiose statunitensi, latinoamericane, australiane e canadesi: Franca Iacovetta, Roslyn Pesman Cooper, Ellie Vasta, Loraine Slomp Giron, Alicia Bernasconi e Carina Frid De Silberstein, Maddalena Tirabassi, Donna R. Gabaccia e Virginia Yans-McLaughlin. Nel caso dell’America Latina si dovette constatare l’assenza di elementi per effettuare la ricerca in dimensione comparata, ma costituì un inizio di riflessione30.
26Per concludere su questo importante decennio, la ricerca sulle donne è partita cercando di dare un volto alle donne italiane delle classi subalterne del periodo del grande esodo, andando a vedere chi erano e cosa facevano le donne citate nei censimenti e nelle liste di sbarco denunciando le carenze delle statistiche ufficiali che le inserivano sotto la generica dizione di «casalinghe». La ricostruzione del ruolo esercitato dalle donne in campo economico, sia attraverso il lavoro domestico che extradomestico, ha fatto emergere un articolato panorama di modelli migratori al femminile e ha consentito di far uscire le donne migranti dall’anonimato. Sono entrate così a far parte degli studi sui fenomeni migratori le donne che restarono in patria a casa a garantire il successo dell’esperienza migratoria, le vedove bianche, e sono state poi incorporate nell’agenda della ricerca migratoria le donne invisibili che partirono con tutta la famiglia e le donne che emigrano da sole, magari temporaneamente.
Gli anni zero del 2000
27L’inizio del nuovo secolo ha visto importanti iniziative collettanee sulle migrazioni italiane, a partire dal 2002 con la pubblicazione degli Atti dei colloqui di Roma, su L’emigrazione italiana 1870-1970 a opera del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, che in realtà registrò un gran ritardo nella stampa, essendosi le conferenze svolte tra il 1989 e il 199331. I convegni, focalizzandosi sulle fonti per lo studio delle migrazioni, consentirono di delineare con maggior precisione attività e ruoli delle donne migranti.
28Da segnalare poi l’uscita dei due volumi Storia dell’emigrazione italiana. Partenze (2001) e Arrivi (2002) editi da Donzelli, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi e Emilio Franzina, e il volume Migrazioni, Storia d’Italia. Annali 24 (2009) a cura di Paola Corti e Matteo Sanfilippo, in cui le emigrate trovarono un loro spazio, anche se forse sono di maggior interesse i saggi che hanno adottato un’ottica di genere nella lettura delle varie esperienze migratorie32.
29Campi di indagine innovativi sono stati quelli che hanno studiato le migrazioni religiose da parte delle donne, e penso agli studi su Madre Francesca Cabrini di Mary Louise Sullivan e al volume curato da Maria Susanna Garroni, Sorelle d’Oltreoceano33. E a quelli sui matrimoni a distanza, o per procura di Oriana Bruno, Susanna Scarparo e Silvia Cassamagnaghi, rispettivamente in Argentina, Australia e Stati Uniti, argomento che era stato magistralmente affrontato, per le migrazioni interne, da Nuto Revelli ne il Mondo dei vinti (1977) e L’anello forte (1985)34.
30Gli anni 2000 segnano anche l’affermarsi di aree di indagine trascurate nei due decenni precedenti come quella sulle migrazioni europee, a parte alcuni studi anticipatori35, e quella sulle migrazioni interne. Quest’ultimo campo si è ampliato grazie ai lavori di Angiolina Arru e Franco Ramella, Anna Badino, Laura Sudati e Sara Tagliacozzo per citarne solo alcuni36.
31Oltre alle pubblicazioni, anche le mostre hanno esercitato un ruolo importante. Tra le oltre cinquanta mostre dedicate alle migrazioni italiane, parlando solo di quelle a respiro nazionale, che si tennero nei trent’anni che stiamo esaminando, è da citare Balie italiane e colf straniere, curata da Ada Lonni e Mara Tognetti, che rappresenta, nel 2000, un primo tentativo di affrontare il discorso emigrazione immigrazione in chiave di genere37.
32Parlando sempre di mostre, nel 2011 Fare gli italiani, a cura di Walter Barberis e Giovanni De Luna, ha assunto un’ottica di genere senza sezioni riservate alle donne, mentre ha dedicato «le isole» di approfondimento ai momenti più rilevanti della storia d’Italia, tra cui le migrazioni38.
33Uno dei campi emergenti in questo decennio è quello della conservazione e recupero della memoria. Vorrei a questo proposito riprendere il caso di Rosa: la sua autobiografia, uscita negli Stati Uniti nel 1970, è stata alcuni anni fa tradotta e pubblicata in italiano dalle donne del suo paese di origine, Cuggiono39.
34Un’esperienza analoga si è avuta recentemente quando un gruppo di donne di origine piemontese in Argentina, riunite nel Foro delle donne piemontesi d’Argentina, presieduto da Laura Moro, si rivolse alla Regione Piemonte per aver scritta la propria storia. La Regione si rivolse al Centro Altreitalie. Organizzammo una ricerca attraverso un questionario a cui, grazie all’impegno delle associazioni femminili argentine, risposero quasi mille persone, ed effettuate cinquanta interviste. Il risultato fu un libro I motori della memoria40. Ma la storia non finisce qui. Nel 2013 le donne del Foro hanno tradotto e pubblicato il volume in spagnolo, Los motores de la memoria41.
35Se per il passato le storiche e gli storici si sono dovuti confrontare con la scarsità di testimonianze dirette da parte delle emigrate – poche lettere e documentazioni iconografiche – ricorrendo a fonti secondarie per la ricostruzione delle loro vite, oggi la consapevolezza dell’importanza della conservazione della memoria migratoria, e non solo naturalmente, è uscita dall’ambito accademico, come testimonia la ricchissima letteratura postcoloniale42. Le migranti contemporanee si raccontano ogni giorno sui blog, ma non solo. Il premio Conti, Racconti dal mondo, organizzato dalla Regione Umbria in collaborazione con la filef a scadenza biennale, vede aumentare costantemente il numero di testi scritti da parte delle nuove migranti e delle immigrate.
Le emigrate di oggi
36Vorrei ora gettare un rapido sguardo sulle donne italiane migranti oggi. Innanzitutto occorre registrare l’abbattimento del gender gap: oggi le donne emigrano quasi quanto gli uomini, come si vede dal confronto delle partenze del passato con quelle odierne.
37Ma, se andiamo a vedere da quali regioni le donne emigrano di più, osserviamo che il gender gap è ancora è ancora presente nelle regioni meridionali e nelle isole.
38Anche nella ricerca che il Centro Altreitalie ha completato sulle nuove mobilità per delineare un profilo delle migrazioni contemporanee, emerge che il 52,5% è costituito da donne43. La piccola discrepanza rispetto ai dati ufficiali, che vedono gli uomini in leggero aumento, può essere spiegata col fatto che l’aire, ad esempio, registra le iscrizioni anagrafiche e non i flussi in arrivo e comprende anche le acquisizioni di cittadinanza.
39Dalla nostra analisi emerge inoltre che le nuove migranti presentano alcuni tratti affatto nuovi rispetto alle vecchie migrazioni: istruite, plurilingue, emigrano prevalentemente da sole, mentre altri vengono riconfermati, come il coraggio e l’intraprendenza. Ma questa è una storia ancora agli inizi, anche se i migranti e le migranti dell’epoca globale offrono agli osservatori la possibilità di intervistarli, ascoltare le loro voci e ragioni. La differenza rispetto al passato, in cui guerre e migrazioni avevano costituito la spinta a raccontarsi delle classi subalterne, è costituita dai numeri: a fronte delle poche autobiografie che ci sono state tramandate, oggi, potenzialmente, grazie alla tecnologia, potremo avere la storia di ogni singolo migrante.
40Possiamo quindi segnalare tra le tematiche emergenti anche le nuove mobilità che stanno attirando l’interesse delle giovani studiose, soprattutto perché esse stesse ne sono spesso protagoniste44.
Conclusioni
41Prima di concludere vorrei osservare che dalla rassegna, ancorché incompleta, degli studi sulle donne in emigrazione emergono varie sovrapposizioni nella ricerca. Forse sarebbe il caso di tener conto di ciò che è stato fatto per andare avanti, procedendo con la ricostruzione e l’analisi di nuove fonti e casi.
42La storia delle donne in emigrazione negli ultimi anni è passata da campo descrittivo compensatorio, seguendo un itinerario imprescindibile per un soggetto nuovo alla storiografia, a categoria interpretativa con l’assunzione dell’analisi di genere per lo studio dei fenomeni storici, sociologici e così via. Resta, però, ancora da affrontare l’inclusione dei risultati della ricerca nell’agenda del dibattito contemporaneo su donne e migrazioni. Non è infatti sufficiente aggiungere un paragrafo, di solito descrittivo, alle nostre ricerche rivolto alle donne immigrate. Alcune delle domande che ci ponevamo sulle donne della grande emigrazione non sono più valide per le nuove mobilità italiane, ma restano aperte per le migranti di molti paesi. Forse dovremmo confrontarci maggiormente con chi si occupa di immigrazione poiché questioni come seconde generazioni, consumismo, impatto con società industriali avanzate, rapporti di genere all’interno della famiglia sono state oggetto della nostra ricerca di questi ultimi trent’anni. In particolare, per quello che riguarda l’analisi degli elementi di mantenimento e di trasformazione delle culture di origine, l’esame delle esperienze migratorie delle donne italiane in oltre un secolo e mezzo può offrire spunti importanti per elaborare le strategie dell’accoglienza e comprendere le dinamiche di inserimento delle migrazioni contemporanee.
Notes de bas de page
1 Per un’analisi storiografica sulla mancata inclusione delle donne nella storia delle migrazioni negli Stati Uniti si veda Gabaccia, Donna R., «Le immigrate italiane in prospettiva comparata», Altreitalie, 9, 1993, pp. 154-62.
2 Wihtol de Wenden, Catherine, «Presentazione», Studi Emigrazione, xx, 70, 1983, pp. 130-31.
3 Leone, Anna, «Simposio internazionale su “Il ruolo della donna nei movimenti migratori”», Studi Emigrazione, 70, 1983, pp. 231-36, p. 231.
4 Brunetta, Giovanna, «La donna e l’emigrazione: il caso Veneto», Studi Emigrazione, xx, 70, 1983, pp. 154-62; Saraceno, Elena, «Evoluzione del ruolo della donna nell’emigrazione temporanea in Friuli Venezia Giulia», ivi, xx, 70, 1983, pp. 163-76.
5 Fanno eccezione le pionieristiche indagini di Revelli, Nuto, Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina, Torino, Einaudi, 1977; Id., L’anello forte. La donna: storie di vita contadina, Torino, Einaudi, 1985.
6 Il data base è il risultato di una ricerca bibliografica avviata in occasione del convegno Lontane da casa. Donne italiane e diaspora globale nel xx secolo, Padova, 12-13 dicembre 2013, ora confluita in un data base nel sito di Altreitalie (www.altreitalie.it).
7 Livi Bacci, Massimo, L’immigrazione e l’assimilazione degli italiani negli Stati Uniti secondo le statistiche americane, Milano, Giuffré, 1961; Di Comite, Luigi e De Candia, Michele, «L’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti d’America, il caso della Sicilia, 1880-1914», Analisi Storica, vi, 10, 1988, pp. 5-33.
8 Cetti, Luisa, «Donne in fabbrica: comunità femminile e socialità del lavoro in America 1900-1915», Quaderni Storici, 51, 1982, pp. 817-51; Id., «Donne italiane a New York e lavoro a domicilio (1910-1925)», Movimento Operaio e Socialista, iii, 7, 1984, pp. 291-303; Vezzosi, Elisabetta, «L’immigrata italiana alla ricerca di un’identità femminile nell’America del primo Novecento», Movimento operaio e socialista, vii, 3, 1984, pp. 305-19.
9 Per il quadro generale tra storia dell’emigrazione e storia delle emigrate si rimanda a Franzina, Emilio, «Emigrazione transoceanica e ricerca storica in Italia: gli ultimi dieci anni (1978-1988)», Altreitalie, 1, 1989, pp. 6-56; in particolare si vedano Calvi, Giulia, «Da paesani a cittadini: gli italiani immigrati negli Stati Uniti (1900-1920)», Rivista di Storia Contemporanea, ix, 4, 1980, pp. 535-51; Tirabassi, Maddalena, «Un decennio di storiografia statunitense sull’immigrazione italiana», Movimento Operaio e Socialista, ii, 1-2, 1981, pp. 145-60; Garroni, Maria Susanna, «Coal Mine, Farm and Quarry Frontiers: The Different Americanization of Italian Immigrant Women», Storia Nordamericana, v, 2, 1988, pp. 115-36.
10 Le pagine del paragrafo sugli anni ottanta sono un aggiornamento di Tirabassi, Maddalena, «Gender e ethnicity: lo studio delle immigrate italiane negli Stati Uniti», Il Veltro, xxxiv, 1-2, 1990, pp. 135-46.
11 Degler, Carl «Family History», in Kammen, Michael (a cura di), The Past Before Us. Contemporary History Writings in the United States, Ithaca, ny, Cornell University Press, 1980, pp. 308-26.
12 Hartman, Heidi, «The Family as a Locus of Gender, Class and Political Struggle: The Example of Housework», Signs, vi, 3, 1981, pp. 336-94. Uno studio di Paul J. Campisi del 1948 aveva messo in evidenza le dinamiche del mutamento della famiglia italiana trapiantata negli Stati Uniti, senza però sviluppare sufficientemente il ruolo svolto dai singoli membri della famiglia. Si veda Campisi, Paul J., «Ethnic Family Patterns: The Italian Family in the United States», American Journal of Sociology, liii, 6, 1948, pp. 443-49.
13 Tomasi, Lydio, The Italian American Family. The Southern Italian Family’s Process of Adjustment to an Urban America, Staten Island, ny, Center for Migration Studies, 1972.
14 Hareven, Tamara K., «Modernization and Family History», Signs, ii, 1, 1976, pp. 190-206, pp. 205-6.
15 Ets, Marie Hall, Rosa. The Life of an Italian Immigrant, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1970; De Clementi, Andreina, «L’America di Rosa», in Arru, Angiolina e Chialant, Maria Teresa (a cura di), Il racconto delle donne, Napoli, Liguori, 1990, pp. 27-49; Tirabassi, Maddalena, «Not to Be Afraid, Rosa’s Travel», in Corona, Mario e Lombardo, Giuseppe (a cura di), Methodologies of Gender, Quaderni dei Nuovi Annali, 31, 1993, pp. 603-13.
16 Calvi, «Da paesani a cittadini» cit.
17 Ivi, p. 140.
18 Tirabassi, Maddalena, «Prima le donne e i bambini: gli International Institutes e l’americanizzazione degli immigrati», Quaderni Storici, li, 3, 1982, pp. 67-94; Id., «The American Pie. L’americanizzazione degli immigrati e la nascita della società dei consumi», Movimento Operaio e Socialista, viii, 2, 1985, pp. 201-18.
19 Vezzosi, «L’immigrata italiana alla ricerca di un’identità femminile» cit., p. 316.
20 Franzina, «Emigrazione transoceanica e ricerca storica in Italia» cit.
21 Gordon, Linda, Heroes of Their Own Lives. The Politics and History of Family Violence, Boston 1880-1960, New York, Viking, 1988.
22 Gabaccia, Donna R., From Sicily to Elisabeth Street. Housing and Social Change among Italian Immigrants, 1880-1930, Albany, State University of New York Press, 1984.
23 Gabaccia, Donna R. e Iacovetta, Franca (a cura di), Women, Gender and Transnational Lives, Toronto, University of Toronto Press, 2002. Gli autori del volume sono: Linda Reeder, Andreina De Clementi, Maddalena Tirabassi, Paola Corti, Diane del Vecchio, Carina Frid Silberstein, Angelo Principe, Ros Pesman, Jose Moya, Caroline Waldron, Franca Iacovetta, Jennifer Maria Guglielmo, Robert Ventresca, Anne Morelli.
24 Piselli, Fortunata, Parentela e emigrazione. Mutamenti e continuità in una comunità calabrese, Torino, Einaudi, 1981; Saraceno, «Evoluzione del ruolo della donna» cit.; Brunetta, «La donna e l’emigrazione» cit.; Aa.Vv., «Emigrazione e lavoro femminile», numero monografico, Archivio Sardo del Movimento Operaio Contadino e Autonomistico, 17-19, Istituto Storico Politico della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Cagliari, 1983; Teti, Vito, «Note sui comportamenti delle donne sole degli “americani” durante la prima emigrazione in Calabria», Studi Emigrazione, xxiv, 85, 1987, pp. 13-46; De Giorgi, Antonietta, Diario di un’emigrata, Ravenna, Longo, 1988; Zoldan, Carlo (a cura di), Via a sarvìr. Storie di emigrazione femminile dal comune di Caneva, Trieste, Stella Arti Grafiche, 1988.
25 Castronovo, Valerio et Al., L’emigrazione biellese fra Ottocento e Novecento, Milano, Electa, 1986; Barberis, Guido et Al., Biellesi nel mondo. Dizionario biografico, 2 voll., Milano, Electa, 1987-1993; Audenino, Patrizia et Al., L’emigrazione biellese nel Novecento, Milano, Electa, 1988; Rosoli, Gianfausto et Al., Identità e integrazione. Famiglie, paesi, percorsi e immagini di sé nell’emigrazione biellese, Milano, Electa, 1990; Ostuni, Maria Rosaria (a cura di), Studi sull’emigrazione. Un’analisi comparata, Milano, Electa, 1991; Id., La diaspora politica dal biellese, Milano, Electa, 1995; Audenino, Patrizia, Corti, Paola e Lonni, Ada, Imprenditori biellesi in Francia tra Ottocento e Novecento, Milano, Electa, 1997; Dadà, Adriana, «Partire per un figlio altrui: racconti delle balie nel Novecento», in Corsi, Dinora (a cura di), Altrove. Viaggi di donne dall’Antichità al Novecento, Roma, Viella, 1999, pp. 111-34.
26 Signorelli, Amalia, «Dai taccuini di ricerca sulle contadine meridionali», Memoria, iii, 6, 1982, pp. 3-13; Ferrante, Lucia, Palazzi, Maura e Pomata, Gianna, Ragnatele di rapporti. Patronage e reti di relazione nella storia delle donne, Torino, Rosenberg & Sellier, 1988.
27 Corti, Paola (a cura di), «Società rurale e ruoli femminili in Italia tra Otto e Novecento», Annali dell’Istituto Alcide Cervi, xii, 1990; Id. (a cura di), «Le donne nelle campagne italiane del Novecento», Annali dell’Istituto Alcide Cervi, xiii, 1991.
28 Reeder, Linda, Widows in White. Migration and the Transformation of Rural Italian Woman, Sicily, 1880-1920, Toronto, University of Toronto Press, 2003.
29 Jacini, Stefano, I risultati della inchiesta agraria. Relazione pubblicata negli Atti della Giunta per la inchiesta agraria, Roma, A. Sommaruga e C., 1884; Faina, Eugenio, Relazione finale del presidente della Giunta parlamentare d’inchiesta sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia, Roma, Tipografia Nazionale Bertero, 1911.
30 Aa. Vv., «Le emigrate italiane in prospettiva comparata», numero monografico, Altreitalie, 9, 1993, pp. 5-183.
31 Aa.Vv., L’emigrazione italiana 1870-1970. Atti dei colloqui di Roma, Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 2002.
32 Bianchi, Bruna, «Lavoro ed emigrazione femminile (1880-1915)», in Bevilacqua, Piero, De Clementi, Andreina e Franzina, Emilio (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. Partenze, Donzelli, Roma, 2001, pp. 257-74; Ramella, Franco, «Reti sociali, famiglie e strategie migratorie», ivi, pp. 143-60; Vezzosi, Elisabetta, «Sciopero e rivolta. Le organizzazioni operaie italiane negli Stati Uniti», in Bevilacqua, Piero, De Clementi, Andreina e Franzina, Emilio (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana. Arrivi, Roma, Donzelli, 2002, pp. 278-81; Dadà, Adriana, «Balie, serve, tessitrici», in Corti, Paola e Sanfilippo, Matteo (a cura di), Storia d’Italia. Annali, 24. Migrazioni, Torino, Einaudi, 2009, pp. 107-21; Corti, Paola, «Famiglie transnazionali», ivi, pp. 303-16; Garroni, Maria Susanna e Vezzosi, Elisabetta, «Italiane migranti», ivi, pp. 449-65.
33 Sullivan, Mary Louise, «Madre Cabrini e le sue missionarie negli Stati Uniti», in Aa. Vv., L’emigrazione italiana 1870-1970 cit., pp. 1170-90; Garroni, Maria Susanna (a cura di), Sorelle d’oltreoceano. Religiose italiane ed emigrazione negli Stati Uniti: una storia da scoprire, Roma, Carocci, 2008.
34 Bruno, Oriana, «“Le navi delle mogli”: le donne calabresi in Argentina», Altreitalie, 38-39, 2009, pp. 61-84; Scarparo, Susanna, «Italian Proxy Brides in Australia», ivi, 38-39, 2009, pp. 85-108; Cassamagnaghi, Silvia, Operazione Spose di guerra. Storie d’amore e di emigrazione, Milano, Feltrinelli, 2014; Revelli, Il mondo dei vinti cit.; Id., L’anello forte cit.
35 Corti, Paola, «Women Were Labour Migrants Too: Tracing Late-Nineteenth-Century Female Migration from Northern Italy to France», in Gabaccia e Jacovetta (a cura di), Women, Gender and Transnational Lives cit., pp. 133-60; Macioti, Maria Immacolata, «Donne italiane e migrazioni», in Ugolini, Noemi (a cura di), Quale futuro per lo studio dell’emigrazione? L’attività dei Centri di ricerca: bilanci e prospettive. Atti del convegno di studi, San Marino, Antico Monastero Santa Chiara, 4-5 ottobre 2002, San Marino, Edizioni del Titano, 2003, pp. 69-85; Reeder, Widows in White cit.; Todisco, Enrico, Cristaldi, Flavia, Cariani, Claudia e Tattolo, Giovanna, «La skilled migration al femminile: il caso delle donne italiane in Svizzera», Studi emigrazione, xli, 156, 2004, pp. 831-67; Mazzi, Lisa, Donne mobili. L’emigrazione femminile dall’Italia alla Germania (1890-2010), Isernia, Cosmo Iannone, 2012; Courtecuisse, Claire, «Une politique d’immigration francaise “genrée”: le sort des italiennes face au travail, en Isère dans l’après guerre», Altreitalie, 45, 2012, pp. 24-38. Per gli studi anticipatori si veda Schiavo, Myrthia, Italiane in Belgio. Le emigrate raccontano, Prefazione di Maraini, Dacia, Napoli, Tullio Pironti Editore, 1984; Allio, Renata, Da Roccabruna a Grasse. Contributo per una storia dell’emigrazione nel Sud-Est della Francia, Bonacci, Roma, 1984; Pettini, Roberto, Le signore di Albion Street, Sidney, Randwick College of tafe, 1987; Massarotto Raouik, Francesca, Oltre la nostalgia. L’emigrazione trentina al femminile, i, Belgio e Canada, Trento, Provincia Autonoma di Trento, 1991; Lonni, Ada, «I percorsi dell’integrazione dal Piemonte alla Francia: le scelte coniugali», in Corti (a cura di), «Società rurale e ruoli femminili in Italia tra Ottocento e Novecento» cit., 289-305; Grandi, Casimira, «Le ciode: una corrente migratoria femminile tra Austria e Italia (1870-1915)», Bollettino di Demografia Storica, 19, 1993, pp. 145-60; Canovi, Antonio, Roteglia, Paris: l’esperienza migrante di Gina Pifferi, Reggio Emilia, Istoreto, 1999. Per i testi di carattere generale che hanno trattato le migrazioni europee assumendo un’ottica di genere si vedano Colucci, Michele, Lavoro in movimento. L’emigrazione italiana in Europa 1945-57, Roma, Donzelli, 2008; Sala, Roberto e Massariello Merzagora, Giovanna, Radio Colonia: emigrati italiani in Germania scrivono alla radio, Torino, utet, 2008; Ricciardi, Toni, Associazionismo ed emigrazione. Storia delle Colonie Libere e degli Italiani in Svizzera, Roma-Bari, Laterza, 2013; Prontera, Grazia, Partire, tornare, restare? L’esperienza migratoria dei lavoratori italiani nella Repubblica federale tedesca nel secondo dopoguerra, Milano, Guerini e Associati, 2009; Rinauro, Sandro, Il cammino della speranza. L’emigrazione clandestina degli italiani nel secondo dopoguerra, Torino, Einaudi, 2009; De Clementi, Andreina, Il prezzo della ricostruzione. L’emigrazione italiana nel secondo dopoguerra, Bari, Laterza, 2010.
36 Arru, Angiolina e Ramella, Franco (a cura di), L’Italia delle migrazioni interne. Donne, uomini, mobilità in età moderna e contemporanea, Roma, Donzelli, 2003; Badino, Anna, Tutte a casa? Donne tra migrazione e lavoro nella Torino degli anni Sessanta, Roma, Viella, 2008; Id., «Oltre il “sogno domestico”. I progetti migratori femminili e il lavoro negli anni del boom», in Arru, Angiolina, Caglioti, Daniela Luigia e Ramella, Franco (a cura di), Donne e uomini migranti. Storie e geografie tra breve e lunga distanza, Roma, Donzelli, 2008, pp. 277-97; Badino, Anna, «Le donne e il lavoro negli anni della grande immigrazione interna», Società e storia, 127, 2010, pp. 131-36; Sudati, Laura, Tutti i dialetti in un cortile. Immigrazione a Sesto San Giovanni nella prima metà del ‘900, Milano, Guerini e Associati, 2008; Tagliacozzo, Sara, «Emigrazione femminile e famiglia», in Berti, Fabio e Zanotelli, Francesco (a cura di), Emigrare nell’ombra. La precarietà delle nuove migrazioni interne, Milano, Franco Angeli, 2008, pp. 138-63.
37 Lonni, Ada e Tognetti, Mara (a cura di), Balie italiane e colf straniere, 2000, http://www.comune.torino.it/intercultura/s1.asp?p1=SERVIZI&p2=Mostre%20e%20kit%20didattici&temp=_hom
38 Barberis, Walter e De Luna, Giovanni (a cura di), Fare gli italiani, 1861-2011. 150 anni di storia nazionale, Torino, Officine Grandi Riparazioni, 17 marzo - 20 novembre 2011. Per l’isola «Le migrazioni» si veda anche il catalogo della mostra: Barberis, Walter e De Luna, Giovanni (a cura di), Fare gli italiani. 150 anni di storia nazionale, Torino, Umberto Allemandi & C., 2011, pp. 42-43.
39 Ets, Marie Hall, Rosa, vita di una emigrante italiana, Cuggiorno, Ecoistituto della Valle del Ticino, 2003.
40 Tirabassi, Maddalena, I motori della memoria. Le piemontesi in Argentina, Torino, Rosenberg & Sellier, 2010.
41 Id., Los motores de la memoria. Las Piemontesas en Argentina, Còrdoba, Dictum Ediciones, 2013.
42 Si veda a questo proposito Comberiati, Daniele, La quarta sponda. Scrittrici in viaggio dall’Africa coliniale all’Italia di oggi, Roma, Caravan, 2009; Id., Scrivere nella lingua dell’altro. La letteratura degli immigrati in Italia, Bruxelles, Peter Lang, 2010.
43 Tirabassi, Maddalena e Del Pra’, Alvise, La meglio Italia. Le migrazioni italiane nel xxi secolo, Torino, Accademia University Press, 2014. La ricerca è stata effettuata attraverso il reperimento e l’analisi di: dati statistici riguardanti dinamica e sviluppo delle nuove migrazioni in partenza dall’Italia attraverso l’incrocio di fonti italiane e straniere; la somministrazione di un questionario - diretto ai «nuovi mobili» di un’età anagrafica compresa tra i 20 e i 40 anni, suddivisi per genere e paesi di residenza - «Nuove mobilità o nuove migrazioni italiane?» via web a cui hanno risposto oltre 1500 persone (1.111 risposte complete), e 50 interviste in profondità nelle Americhe, Oceania e Asia.
44 Prandstraller, Francesca, Per amore, per lavoro. Storie di donne espatriate, Milano, Guerini e Associati, 2006; Verrocchio, Ariella e Tessitori, Paola (a cura di), Il lavoro femminile tra vecchie e nuove migrazioni. Il caso del Friuli Venezia Giulia, Roma, Ediesse Editrice, 2009; Cucchiarato, Claudia, Vivo altrove. Giovani e senza radici, gli emigranti italiani di oggi, Milano, Bruno Mondadori, 2010.
Auteur
Direttore del Centro Altreitalie sulle Migrazioni Italiane e direttore scientifico di Altreitalie. È vicepresidente dell’Association of European Migration Institutions. Le sue pubblicazioni comprendono I motori della memoria. Le donne piemontesi in Argentina, Torino, Rosenberg & Sellier, 2010 e, con Alvise Del Pra’, La meglio Italia. Le mobilità italiane nel xxi secolo, Torino, Accademia University Press, 2014. Ha curato Itinera. Paradigmi delle migrazioni italiane, Torino, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 2005.
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