Molti equivoci e troppa disinvoltura
p. 35-40
Texte intégral
11. Le “leggende” completamente infondate riguardanti Gramsci sono state riproposte ciclicamente. Dalla conversione al cattolicesimo in punto di morte (con esplicita preferenza accordata a Santa Teresa del Bambin Gesù) alla domanda di grazia a Mussolini, dal Gramsci violento e persino volgare, fino alle ipotesi di un Gramsci convertitosi alla socialdemocrazia e – infine – al liberalismo. A partire da Gramsci, però, le “leggende” si sono propagate rapidamente alla dirigenza tutta del PCI (coinvolgendo in primis Palmiro Togliatti, ma senza risparmiare altri dirigenti fino allo scoop del Grieco spia fascista). Mi pare si possa rilevare – anno dopo anno – una sorta di “gioco al rialzo” rispetto al dibattito su Gramsci: molte affermazioni – che trovano ampio spazio sui quotidiani – sembrano portatrici di una “nuova proposta culturale” che si inserisce meglio nell’ambito della società postdemocratica, “liquida” e “trasversale”; le istanze di cui il Partito comunista e i protagonisti della sua storia si sono fatti carico non sono più di moda: i concetti (e le parole per esprimerli) lotta di classe, giustizia sociale, uguaglianza, sono sostanzialmente scomparsi dal lessico politico e tutta la loro storia, insieme coi suoi protagonisti – sembra essere divenuta terreno di revisionismo – con tendenze acute verso il “rovescismo”1.
22. Togliatti, in una lettera a Giuseppe Berti del 1930, ricordando i dissensi con Terracini sulla “svolta” di quello stesso anno, inquadrò le divergenze tra compagni come «le cose normali della vita di un partito (si discute, si precisa, ci si mette d’accordo e si constata che esiste un disaccordo e a non farci su dei castelli in aria)»2. Mi pare invece che anche in questa vicenda molti siano stati i castelli in aria costruiti negli anni successivi. Ritengo che il dissenso tra i due leader del Partito dell’ottobre 1926 – che senza dubbio rappresentò il momento di frattura nei rapporti tra i due, che per ragioni oggettive non poté essere risanato – si debba inquadrare nel suo contesto e nella normale dialettica tra due capi di partito; tale contrasto, del resto, era maturato nel corso dell’intero anno, a seguito del Congresso di Lione del gennaio e del trasferimento di Togliatti in URSS. Lo stesso Gramsci era ben consapevole che il «partito non è un club di amici che si sbaciucchiano ad ogni istante»3.
35. Non mi risulta esistano, a tutt’oggi, elementi oggettivi che possano confermare l’ipotesi che esistesse un trentaquattresimo Quaderno, poi scomparso. Oltre alle innumerevoli risposte fornite da gramsciologi e filologici specialisti di testi gramsciani, i risultati presentati dalla Commissione istituita – su richiesta di Franco Lo Piparo – presso l’Istituto Gramsci di Roma per la verifica della numerazione apposta sui Quaderni del carcere di Gramsci di cui fanno parte, oltre al richiedente, Giuseppe Vacca, Luciano Canfora, Gianni Francioni, Giuseppe Cospito e Fabio Frosini, non confermano tale ipotesi4. La struttura stessa dell’opera (mi si passi il termine, in certo senso improprio) gramsciana impedisce del resto la sottrazione di uno solo dei Quaderni, essendo concepita, come è noto, con una serie di rimandi interni, riscritture, sovrapposizioni, ecc. Sebbene la richiesta di ulteriori verifiche filologiche sia assolutamente legittima, l’ipotesi che tale Quaderno contenesse l’abiura del comunismo appare francamente insostenibile.
47. In nessuno dei testi gramsciani ho mai potuto intravedere alcuna traccia di una presunta evoluzione verso la democrazia liberale. Certamente Gramsci ha riflettuto in maniera critica sulla sconfitta della sua parte, durante la detenzione, arrivando a rielaborare il concetto stesso di rivoluzione, ma non mi pare si possa sostenere che il punto di arrivo auspicato fosse la democrazia liberale.
58. Mi pare che l’operazione di cui sopra non possa che portare a inevitabili “equivoci” o letture troppo disinvolte; l’operazione però non ha risparmiato né le Lettere, né i Quaderni (v. canto X dell’Inferno). Lo stesso Gramsci invitava a non “sollecitare i testi”: forse seguire questa avvertenza potrebbe bastare.
69. Quello delle «censure», è stato uno degli argomenti più dibattuti, spesso più in chiave strumentale che scientifica ed è stato indistintamente applicato sia alle Lettere, sia all’edizione tematica dei Quaderni (1948-1951)5; le prime polemiche in tal senso sono contestuali alla pubblicazione delle Lettere6. In occasione della seconda edizione (1965), Giorgio Amendola valutò quelle censure come «un errore di critica storica» e un «errore politico», che si contagiarono a vicenda7. Anche Paolo Spriano, nella stessa occasione, tornò sulla questione dei tagli giustificando le scelte editoriali di allora ed evidenziando soprattutto l’impegno di completezza dell’edizione che veniva allora alla luce8. Mi sembra opportuno ricordare, in questo contesto, che i curatori della prima edizione (formalmente affidata a Felice Platone, ma sotto l’attenta regia togliattiana), nella Premessa, “confessano” esplicitamente:
Il volume […] non contiene tutte le lettere scritte da Antonio Gramsci nei dieci anni della sua prigionia. Alcune, disperse negli anni del fascismo e della guerra, non si sono ancora potute recuperare; altre che trattano argomenti strettamente familiari, non si è ritenuto opportuno pubblicarle. Per considerazioni dello stesso genere, qualche passo è stato espunto dalle lettere passate alla stampa. Si tratta dunque di una scelta […].9
7Non si è dunque voluto “ingannare” il pubblico, facendo credere ai lettori che non esistessero altre lettere in circolazione o che tagli non ne fossero stati fatti. Non credo sia questione di secondaria importanza, in questo contesto10. In effetti, come è noto, molte lettere non erano allora in possesso di Togliatti e del Partito per diverse ragioni: dalla riluttanza dei familiari a consegnarle, al mancato reperimento dei testi, alla necessità di tutelare le persone allora in vita11; è altrettanto vero che molti passaggi contenenti riferimenti ai comunisti allora ritenuti “eretici” (Bordiga, Trockij, Rosa Luxemburg e altri), furono soppressi: un’operazione giustificabile, o quanto meno comprensibile, per un partito che si doveva comunque relazionare a quello sovietico12. Proprio in vista della nuova edizione delle Lettere, Togliatti sollecitò innumerevoli volte sia i familiari (in particolare Carlo Gramsci e Giulia Schucht), sia Piero Sraffa, affinché consegnassero tutte le epistole in loro possesso perché la pubblicazione potesse essere completa e “inattaccabile”13. Mi pare si possa senz’altro affermare che sia per la pubblicazione delle Lettere, sia per i Quaderni, sia stata la determinazione di diffondere il più possibile il pensiero di Gramsci a guidare le decisioni dei vertici del partito (e dell’editore), prima e più che la preoccupazione di adeguarsi alle direttive staliniane.
8In generale, la scelta tematica per la prima edizione è tuttora riconosciuta da più parti come la migliore allora possibile per il raggiungimento del fine suddetto. Valentino Gerratana, emerito curatore dell’edizione critica del 1975, che ribaltò l’impostazione Togliatti-Platone, rinforzò la giustezza delle decisioni allora prese:
La scelta allora compiuta […], era in ogni caso il mezzo più idoneo per assicurare la più larga circolazione al contenuto dei Quaderni […] non solo in Italia». E aggiungeva: «lo stato di frammentarietà in cui il materiale era disposto nei manoscritti originali, e i tentativi dello stesso Gramsci di riordinare le sue note secondo un criterio tematico, sembravano autorizzare la soluzione editoriale prescelta14.
9Non va dimenticato, in conclusione, che la pubblicazione dell’edizione critica fu operazione altrettanto auspicata da Togliatti, che non temeva evidentemente di essere accusato di tradimento nei confronti dell’ex compagno di lotta. Nel 1962 Franco Ferri, l’allora direttore dell’Istituto Gramsci, scriveva all’editore Einaudi:
il nostro Istituto ha da tempo in programma una edizione critica dei “Quaderni” di Gramsci; […]. Si tratterà di riprodurre il testo dei “Quaderni” […] senza intervenire nell’ordinamento della materia, senza omettere i brani che tornano in varie rielaborazioni, ecc… Questa edizione critica fornirà nuovi elementi per uno studio del pensiero di Gramsci negli anni del carcere secondo i dati di una biografia intellettuale che possono essere ricavati dalla originaria disposizione degli scritti.
10Un obiettivo puramente storico-critico, dunque, che rispondeva implicitamente ai sospetti e alle insinuazioni; la nuova edizione avrebbe contribuito a sfatare «una volta per tutte la leggenda dei pesanti tagli di natura diplomatica che sarebbero stati apportati nella raccolta einaudiana delle opere»15. In realtà l’obiettivo fu raggiunto solo in parte, se siamo oggi qui a riparlarne.
1110. Sul piano storico, con le cautele del caso, probabilmente sì; ma sul piano politico, in funzione per giunta dell’attualità, direi proprio di no. Mi limito a citare l’analisi critica – che condivido pienamente – eseguita da Giacomo Tarascio al volume di Alessandro Orsini Gramsci e Turati. Le due sinistre (Rubbettino, 2012), elogiato peraltro sulle pagine di «Repubblica» dall’ormai “tuttologo” Roberto Saviano. Tarascio elenca tutti gli strafalcioni storici e filologici commessi da Orsini, che pare muoversi spinto più da furia ideologica che da passione per la ricerca16. Alla faccia della “storia sacra”.
Notes de bas de page
1 Termine coniato da d’Orsi 2006.
2 Ercoli (P. Togliatti) a Jacopo (Giuseppe Berti), 15 ottobre 1930: APC 825 (I), 5.
3 Sardi (Gramsci) a Lanzi (P. Tresso), aprile 1924, in Togliatti 1962, p. 335.
4 I verbali del gruppo di lavoro nonché i risultati scientifici dell’Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e libraio (ICPRCPAL) sono disponibili sul sito della Fondazione Istituto Gramsci: http://www.fondazionegramsci.org/5_gramsci/ag_antonio_gramsci.htm. V. anche l’articolo di E. Lattanzi, in cui si dà contezza dei risultati delle prime indagini: I Quaderni al microscopio. L’opera di Gramsci all’esame dell’Istituto per il Restauro, in «l’Unità», 27 maggio 2013, p. 18.
5 Chiarotto 2011.
6 Cfr. a titolo esemplificativo L. Dal Pane, A. Gramsci, Lettere dal carcere, in «Giornale degli Economisti», VIII (1947), 11-12, pp. 672-676, il quale rilevò come le omissioni fossero «troppo frequenti».
7 Cfr. G. Amendola, Rileggendo Gramsci, in «Critica marxista», 3, maggio 1967, pp. 3-45, poi ripubblicato, in Amendola 1967 col titolo Gramsci e Togliatti, pp. 133-85.
8 Cfr P. Spriano, Le «Lettere dal carcere» di Antonio Gramsci: un eccezionale monumento morale e intellettuale, in «l’Unità», 13 giugno 1965.
9 F. Platone, Avvertenza, in LC, pp. 5-8.
10 Allo stesso modo, ogni volume dei QdC contiene in premessa i criteri di edizione.
11 Cfr. su questo argomento, Vacca 1994, pp. 126 e sgg.
12 Le epistole raccolte furono 218: alle quali si aggiunsero, per la seconda edizione, 428 testi, di cui 119 inediti.
13 LC 2.
14 V. Gerratana, Prefazione in LC2, p. xxxiii.
15 R. Mordenti, «Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci», in Asor Rosa 1996, p. 80.
16 Cfr. G. Tarascio, A proposito degli elogi di Roberto Saviano a un libro sciagurato. Gramsci e gli odierni esempi di Lorianismo, sul sito di «Historia Magistra»: http://www.historiamagistra.it/hm/index.php?option=com_content&view=article&id=294:a-proposito-degli-elogi-di-roberto-saviano-a-un-libro-sciagurato&catid=92:Giacomo.
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Inchiesta su Gramsci
Ce livre est cité par
- Peretti, Luca. (2017) Gramsci, No Longer a Communist?. Historical Materialism, 25. DOI: 10.1163/1569206X-12341534
Inchiesta su Gramsci
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