Prologo
p. 3-7
Texte intégral
Vortice
1Una folla danzante si muove con decisione verso di me dal fondo del palcoscenico. È guidata da Reb Yekl, un badkhen, un intrattenitore,1 per metà spirito della gioia, per l’altra della tristezza. È Veniamin Zuskin, mio padre.
2Il 23 luglio 1945, due mesi e mezzo dopo la sconfitta della Germania nazista, il Teatro Ebraico di Stato di Mosca debuttò con lo spettacolo Freylekhs (il termine indica la melodia di una danza gioiosa utilizzata soprattutto in occasione dei matrimoni).
3Zuskin spazzava via la folla danzante che lo seguiva, volava. Non è un lapsus, si librava in aria come le figure volanti di Chagall.
4Ho visto lo spettacolo Freylekhs innumerevoli volte, è rimasto in cartellone fino a quando il teatro ha cessato di esistere. A quel punto ero cresciuta, ormai. Ecco perché mi è così facile immaginarmi come spettatrice tra il pubblico in sala mentre quella storia fantastica va in scena.
5Risuonava una melodia nuziale, sempre più forte. Ci era familiare come qualcosa che non si sente da tempo, che si pensava di avere dimenticato e invece è sempre stata nel cuore.
6Il volo di Reb Yekl e la danza della folla che lo seguiva ondeggiando al ritmo della musica si facevano sempre più leggeri, più rapidi, più esaltati.
7Reb Yekl si fermava e la folla si arrestava. Si appoggiava alla porta della scenografia dipinta. Niente era privo di significato in questo spettacolo: «Dietro le porte e nei luoghi hai la tua memoria» (Isaia 47: 8). Questo spettacolo meraviglioso riguardava proprio la memoria. La voce di Reb Yekl era carica di dolore, calore e angoscia, si rivolgeva al pubblico con una rievocazione delle sofferenze passate, delle anime dei parenti e dei cari che non c’erano più.
8All’improvviso la storia commovente era rimpiazzata da quella di un matrimonio. Le parole di Reb Yekl sgorgavano come da dentro di lui, senza arrestare il suo volo. Prorompeva in una canzone popolare: «C’era una volta Elimelech / e suonava una musica gioiosa (freylekh)». Zuskin cantava questa canzone in modo indimenticabile! Viveva quel personaggio in modo unico! L’Elimelech della canzone suonava il violino o il flauto e le intonazioni vocali di Zuskin, i suoi movimenti, i gesti rivolti all’orchestra, tutto si fondeva con il suono del violino e del flauto.
9Mentre si udiva la melodia nuziale in sottofondo, gli invitati al matrimonio affollavano il palcoscenico, il calice in mano. Tutto lo spettacolo aveva luogo in una scenografia splendida ed era accompagnato da una musica eccezionale.
10A osservare tutto ciò dall’alto, con un po’ di sufficienza ma facendosi prendere dall’entusiasmo ed esprimendo un trasporto spirituale, davanti a tutti, c’era Reb Yekl, Veniamin Zuskin, mio padre.
11Zuskin-Yekl faceva salti con cui sembrava alzarsi in volo, cantava e danzava, sogghignava e scoppiava ridere. Era lo spirito della gioia e della tristezza, che porta sulle spalle il proprio fardello di dolore. Leggero nei movimenti e vivace come un bambino, sapeva come celebrare ed elevare l’espressione dello spirito eterno del popolo ebraico.
12Zuskin calcava le scene da un quarto di secolo. Il ruolo di Reb Yekl conteneva tutto ciò che per lui aveva valore: una teatralità smisurata e di grande profondità. Così si sentiva ancora vivo.
13Viveva la vita di un attore tragicomico.
14Verso la fine dello spettacolo era ancora leggero, non vi era alcuna imprecisione nel suo discorso, nei movimenti o nelle canzoni. Mazel tov! Zuskin-Yekl esultava con esuberanza contagiosa: «Dopo il dolore ancora gioia ci sarà / La nostra gente altri matrimoni festeggerà!».2
15Il sipario si chiudeva. Il pubblico applaudiva Zuskin esultando e ringraziandolo. Lui tornava in scena, si inchinava rispettosamente al pubblico e usciva, stanco, libero della tensione che lo aveva posseduto fino a poco prima. In camerino sedeva nella propria poltrona e prima di togliersi il trucco si studiava nello specchio. Forse anche Zuskin, come il protagonista di Poema senza eroe di Anna Achmatova non si identificava con la creatura che lo guardava, forse anche lui vedeva che dalle profondità dello specchio
«Si stava avvicinando il Ventesimo secolo, Non quello del calendario, quello vero».
Zuskin era nato nel 1899 e la sua vita è corsa in parallelo con il xx secolo secondo il calendario, ma “il vero xx secolo” gli avrebbe teso un agguato verso la metà del suo cammino.
Certificato
16La sentenza del Collegio Militare della Corte Suprema dell’Urss del 18 luglio 1952 riguardante Veniamin Zuskin, nato nella città di Ponevež in Lituania e condannato alla misura punitiva più severa. L’esecuzione, ha avuto luogo in data 12 agosto 1952.3
Per Zuskin, “il vero xx secolo” iniziò quattro anni e mezzo prima che l’inimmaginabile e inaccettabile verdetto fosse pronunciato. Tutto ebbe inizio la notte tra il 12 e il 13 gennaio 1948, l’anno dell’assassinio di Solomon Michoels, al quale era inscindibilmente legato.
Zuskin soffriva di insonnia. I medici lo avevano ricoverato per curarlo con l’anestesia; nella loro ingenuità, credevano di curare ciò che a loro sembrava una malattia.
17Nel letto d’ospedale, avvolto dalle lenzuola inamidate, per la prima volta dopo lunghi mesi, sul suo volto era comparso un sorriso. Questo sonno benedetto sarebbe durato soltanto quattro dei dieci giorni prescritti. Sarebbe infatti giunta la quarta notte, quella tra il 23 e il 24 dicembre 1948.
1811-12 giugno 1952. Processo. Testimonianza di Veniamin Zuskin.
19Presidente del Collegio Militare: «Quando è stato arrestato?».
20Zuskin: «Il 24 dicembre 1948».
21Presidente: «Quel giorno lei ha affermato ciò di cui oggi discutiamo. Nel corso di quella testimonianza ha confessato di essere un nazionalista».
22Zuskin: «Perché sono stato portato all’interrogatorio in stato confusionale con addosso una camicia da notte da ospedale. Sono stato arrestato in ospedale, mentre dormivo, e soltanto quando mi sono svegliato mi sono accorto di trovarmi in una cella e ho capito di essere stato arrestato. Mi hanno definito un “criminale di Stato”».4
2324 dicembre 1948. Istruttoria. Interrogatorio di Veniamin Zuskin.
24Zuskin: «Il mio arresto è il risultato di un equivoco».
25Giudice istruttore: «Nessun equivoco, ci sono prove riguardanti la sua attività ostile».5
2611-12 giugno 1952. Processo. Testimonianza di Veniamin Zuskin.
27Presidente: «Ho la sua testimonianza qui davanti a me».
28Zuskin: «Ritratto ogni mia affermazione, ora sto dicendo la verità. Dovete giudicarmi in base alle mie azioni, non per i verbali degli interrogatori».6
29Presidente: «Arrivi al punto».
30Zuskin: «Sono un attore.7 Vorrei raccontare cose che non sono contenute nei quarantadue faldoni dell’Istruttoria».8
31Presidente: «Velocemente. Dove è nato?».
32Zuskin: «A Ponevež».9
Notes de bas de page
1 Cfr. in proposito il primo volume di questa serie.
2 Cfr. Solomon Michoels, Note per Freylekhs. Dattiloscritto in russo, 1945. Courtesy Natalia e Nina Vovsi-Michoels. La descrizione di Freylekhs è basata su questa fonte.
3 Joshua Rubenstein, Vladimir Naumov, eds and introduction, Stalin’s Secret Pogrom: The Postwar Inquisition of the Jewish Anti-Fascist Committee, trans. Laura Esther Wolfson, Yale University Press, New Haven 2001, p. 495 (trad. it. parziale, La notte dei poeti assassinati. Antisemitismo nella Russia di Stalin, a cura di Francesco Mattia Feltri, intr. Joshua Rubenstein, Sei, Torino 2009).
4 Ivi, p. 389.
5 V. Koljazin, Vernite mne svobodu cit., p. 335.
6 J. Rubenstein, V. Naumov, eds, Stalin’s Secret Pogrom cit., p. 387.
7 Ivi, p. 389.
8 Vladimir Naumov, ed, Nepravednyj sud: poslednij stalinskij, Nauka, Mosca 1994, p. 331.
9 Ivi, p. 305. Dal 1917 Ponevež si è chiamata Panevežys, in lituano, ma gli ebrei hanno continuato a chiamarla con il vecchio nome. Nel corso del libro appare nella seconda versione quando si cita dai documenti sovietici.
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