Got, mentsh un tayvl / Dio, l’uomo e il diavolo
p. 438-442
Texte intégral
1In un clima onirico, in un tempo indefinito e sullo sfondo di un cielo assai nuvoloso, Dio (invisibile, voce baritonale nascosta tra le nubi, attore che non figura nel cast) e Satana (Gustav Berger) discutono. L’uomo in quanto tale può essere considerato una entità comunque corruttibile? Dio porta ad esempio di purezza d’animo e devozione lo scriba Hershele Dubrovner (Michał Michalesko) e il suo interlocutore, con un sogghigno che forse agli spettatori del tempo metteva i brividi, afferma che lo metterà alla prova per dimostrare la propria tesi dell’impotenza divina contro il fascino del denaro. Dio, distaccato e sereno, accetta la sfida.
2Passiamo ora nella povera casa dello scriba. I familiari parlano di lui, che si è recato al bagno rituale prima di apporre l’ultima parola alla Torah che sta scrivendo da sei mesi. Il clima è di mistica eccitazione per il compimento dell’impresa, cui seguirà una festa con amici e vicini a base di aringhe, patate, vino e acquavite. I preparativi sono ormai agli sgoccioli, le donne, specie le più giovani, sono intente a farsi belle per l’evento. Non manca qualche segno di disturbo e premonitore, come il forte mal di denti che affligge la moglie di Hershele, Pese (interpretata da Bertha Gersten). I due sono sposati da ventidue anni e non avendo ricevuto il dono di figli propri hanno adottato due sorelle, loro nipoti che erano rimaste orfane. Freida (Shifra Lerer) e Tsipe (Esta Salzman) sono ora in età da marito e la prima è in attesa che sia ufficializzato, dopo l’evento religioso, il suo fidanzamento con Motl (Joshua Zeldis), unico figlio dei vicini di casa e amici di famiglia, Choskel (Leon Shachter) e Dobe (Lucy Gehrman). La famiglia dello scriba è completata dal suo anziano padre Lazar (Max Bozyk).
3Dopo aver solennemente apposto, in un partecipato climax spirituale, l’ultima parola sul rotolo della Torah, ha inizio il festeggiamento decisamente più mondano, nel quadro di una serena, benché indigente, famiglia ebraica, con il capofamiglia nel ruolo di riconosciuta autorità morale e le donne come sagge curatrici della vita quotidiana. In quel momento, si sente l’ulutato di un lupo e le lampade e persino il fuoco nel camino si spengono. Appena fanno di nuovo luce, ecco bussare alla porta un estraneo, elegante e affabile, che secondo i dettami della tradizione viene benevolmente accolto. Si presenta con il nome di Uriel Mazik, venditore di biglietti della lotteria, ma in realtà è Satana, che in un serrato quanto da un punto di vista logico dialogo (come spesso accade nella drammaturgia gordiniana) riesce a vincere le resistenze di Hershele e dei suoi garantendo che il biglietto da lui portato procurerà loro una grande vincita con la quale potranno trascorrere il resto della vita in ricchezza e felicità. Satana in borghese non ha le buffe corna dell’inizio, ma conserva l’aspetto mefistofelico secondo l’iconografia ottocentesca. Il suo imbonimento in favore del materialismo si fa sempre più audace e dopo avere ammonito il proprio “cliente” di «non essere ebreo, non essere ipocrita» arriva fino a suggerirgli di ripudiare, ricorrendo alla tradizione, la moglie che non gli ha dato figli per sposare la propria figlia adottiva Freida. Anche i famigliari dimenticano il pericolo che avevano presagito e a fronte di Hershele che tenta ripetutamente di rifiutare l’offerta, sono le donne a convincerlo ad accettare il biglietto che avrebbe portato denaro e fortuna in quell’ambiente tanto umile e povero.
4Gli eventi si susseguono frenetici e a scatti, secondo una scansione teatrale qui evidentemente incongrua. Il biglietto della lotteria è naturalmente vincente e il disegno diabolico comincia a realizzarsi.
5 Il nuovo ricco apre una fabbrica di scialli di preghiera su suggerimento di Mazik, che ora è suo socio. La famiglia, invidiata e un poco derisa dalla comunità ebraica locale, si è sistemata in un alloggio lussuoso e il carattere di Hershele Dubrovner, uomo buono, prima ammirato da tutti i compaesani per la sua fede smisurata, ora restio a concedere prestiti e generoso soltanto nell’assoldare per un salario irrisorio chiunque lo voglia. Lonnipresente socio satanico lo incita continuamente a ulteriori mete e in questa prospettiva Hershele annuncia ai turbati famigliari di esigere il divorzio da Pese e di voler sposare Freida così da avere infine figli propri. Freida acconsente alla decisione del patrigno, facendo intendere di esserne stata sempre innamorata e rompendo a cuor leggero il legame con Motl.
6Nessuna parola di condanna esce dalla bocca di Pese ripudiata, la quale anzi ringrazia il marito per gli anni sereni trascorsi insieme, si rivolge gentilmente alla figliastra invitandola a prendere il suo posto e si dichiara felice per i futuri nipotini che senz’altro le darà. Freida si dice sicura che questo sia l’unico modo per ottenere la felicità, per sé e per il futuro sposo, e ringrazia la matrigna della comprensione. Motl, da giovane povero e orgoglioso non si lamenta ed è contento di essere immediatamente scelto come sposo dalla più piccola Tsipe.
7In realtà sono tutti molto turbati dal cambiamento del capofamiglia, ma chi lo esprime più apertamente è l’anziano Lazar, figura topica del teatro e del cinema yiddish, qui interpretato da Max Bozyk, l’attore più noto e apprezzato in questo senso: un vecchietto molto religioso e attaccato alla vita, spesso incline al bere, amante dei proverbi e dei canti tradizionali, spiritoso e sincero, un equivalente ebraico e popolare del Fool shakespeariano. Lazar-Bozyk a un certo punto recita per la nipote più giovane, montando su una sedia come in un famoso dipinto di Chagall, il buffo monologo rivolto dal badkhen alla sposa, divertente per tutti salvo che per la destinataria in quanto le ricorda i diversi motivi per cui i suoi giorni spensierati sono finiti e comincia ora una vita piena di problemi e difficoltà. Tsipe, che lo ascolta, dapprima piange per finta, per compiacerlo, poi si commuove davvero. La scena è interrotta dal brusco arrivo del capofamiglia. È un intermezzo poetico tenerissimo, che rimanda al sontuoso grottesco del teatro yiddish.
8 Il tempo passa e dopo un breve periodo di euforia anche la maggior beneficiaria dei cambiamenti, Freida, coperta di regali lussuosi e regina della casa, ha iniziato a patire la nuova situazione tutta fatta di apparenze, di un vuoto di sentimenti che ha determinato persino la sua decisione di non avere figli e portato alla cacciata di Lazar perché ogni tanto si lasciava andare a commenti impertinenti. Hershele è a sua volta inaridito e lo rivela, oltre che con i propri bruschi sbalzi di umore, con il fatto che non suona più l’amato violino, lo strumento che un tempo lo legava a Dio, è cambiato e tristemente legato all’ “uomo-Diavolo”, vale a dire che ormai vive per il denaro, fino al punto di gestire cinicamente la fabbrica di arredi sacri che avrebbe dovuto dare benessere al paese e in particolare agli amici più stretti, costretti invece a lavorare per salari di fame. Tra essi vi è Motl, ora marito di Tsipe e i due costituiscono una coppia serena, con ciò aumentando lo sconcerto e le perplessità di Freida. Lazar è stato accolto come un pensionante da gente semplice, con cui si sente in famiglia come mai prima.
9Questo sprofondamento negli inferi dello sfruttamento e dell’egoismo indigna tutta la comunità, incapace di reagire sotto il tallone di ferro della crescente oppressione economica e della conseguente degradazione morale. Un giorno l’operaio Motl, a causa degli esasperanti ritmi di lavoro, si ritrova con una mano maciullata da un ingranaggio e viene portato a casa, dove giace in delirio tra i paesani sconvolti. Satana-Mazik, commentando la notizia con il suo socio, afferma che quell’ingranaggio è «come la ruota della vita», il cui movimento si conclude con la morte e che comunque la fabbrica può contare su una continua offerta di manodopera giovane e a buon mercato. Dopo di ciò si presenta in veste di dottore al capezzale del giovane e fingendo di operarlo ne provoca la morte, altro peccato decisivo da addossare all’ex scriba. Questi, ancora ottenebrato dagli eventi, torna dalla nuova moglie, si toglie l’abito sporco del sangue di Motl e si immerge di nuovo nei propri calcoli, contando fasci di banconote con gli stessi gesti accurati che prima dedicava alla Torah. Nell’altra stanza le donne commentano amare: «Dio aiuta Mazik [Satana], non gli operai».
10Freida viene a sapere della morte di Motl e, se già prima chiedeva di tanto in tanto al marito di suonare ancora per lei, sperando che il quel modo avrebbe manifestato la propria redenzione, adesso sembra progressivamente sprofondare nel pentimento e nel dolore. Su Hershele la notizia della morte del giovane operaio, suo genero e cognato, ha un effetto devastante. In un lungo monologo confessa di trovarsi nell’oscurità, di non sapere come uscirne, chiede perdono a Dio per i propri peccati irrimediabili e al padre per averlo cacciato, e conclude desolato di avere ormai paura di vivere.
11A questo punto ecco arrivare il padre di Motl, sconvolto e inconsolabile, e a proposito della morte del figlio gli contesta che «il dottore ha concluso il lavoro della fabbrica», gli intima di non nominare Dio e gli getta addosso lo scialle di preghiera insanguinato della vittima dicendogli che lo pagherà.
12Hershele Dubrovner, rimasto solo nella penombra dei propri peccati, prende lo scialle e se lo porta al viso, meditando sulla irreparabilità dei gesti compiuti. Non gli resta che invocare il perdono del cielo, consapevole che una soltanto può essere per lui la via della salvezza. Freida, dal piano di sotto, lo sente suonare il violino e cantare, poi subentra un inquietante silenzio. Sale le scale sperando di sentire ancora quel suono che le ricorda il passato felice, ma entrando nella stanza scorge l’ombra del marito impiccato e lancia un urlo straziante. Hershele Dubrovner si è impiccato trasformando in cappio lo scialle intriso di sangue.
13A suggellare di quest’ultimo evento, appare Satana, costretto a riconoscere di avere perduto la scommessa. Al prezzo della perdita di due vite umane e di tanta irrimediabile sofferenza, Dio ha vinto. Ma ha vinto il bene? E chi trionfa davvero nel mondo, il sentimento religioso o il materialismo più cinico? In questa sofferta ambiguità sta il messaggio supremo di Jacob Gordin.
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