Nota editoriale
p. XI-XIV
Texte intégral
Sul teatro yiddish sono stati pubblicati molti pregevoli libri, saggi e articoli, soprattutto in inglese. L’opera che qui si propone sarebbe stata impossibile senza quegli insostituibili lavori di prima mano, condotti su fonti d’archivio e testimonianze dirette, che approfondivano singoli aspetti e figure della vicenda, oltretutto prima che molti materiali fossero disponibili in rete; altrettanto utili sono state le prime ampie panoramiche e gli approfondimenti critici approntati da autori quali Nahma Sandrow, Michael C. Steinlauf, David S. Lifson, Jeffrey Veidlinger, Joel Berkowitz, Steven Lasky e più ancora le memorie di alcuni protagonisti. Dagli anni Settanta a oggi l’editoria e le università di tutto il mondo hanno rivolto un interesse crescente a questo fenomeno, nel quadro di una rivalutazione generale della cultura yiddish. I saggi-racconto di cui si compone la nostra serie sarebbero impossibili senza una tale varietà di contributi precedenti. La presente serie di concise monografie cerca di dare conto compiutamente di questo panorama, proponendo una sintesi aggiornata in base alle acquisizioni più recenti, ma soprattutto ha l’obiettivo di spostare l’asse della riflessione sul dato teatrologico o, più precisamente, sulla vicenda riguardante alcuni protagonisti di quella vicenda finora rimasti piuttosto in ombra: i vari artisti della scena, attrici e attori in primis. Per questo motivo è stato dato alla serie e a questo primo volume il titolo Tutto era musica, derivato da Kafka – autore che costituisce il punto di partenza di questa ricerca e la cui visione del teatro sarà oggetto di uno studio a parte –, o meglio da uno dei suoi racconti non pubblicati in vita che appunto, attraverso la metafora dei cani, segnala il nucleo della questione teatrale, vale a dire il suo modo particolare di connettere la significazione alla vita.
1Si potrebbe parlare in questo caso di una euristica meta-filologica, ovvero, per dirla più semplicemente, di una interpretazione di differenti ricerche e studi. Questo primo volume è diverso da tutti gli altri della serie perché concepito come un indice-sommario del fenomeno nel suo complesso, con rimandi a tutt’orizzonte che comportano, tra l’altro, un rilevante apparato di note. Quando su una personalità non si sono potuti segnalare i dati essenziali è perché nessuna delle molte fonti consultate, specialistiche e non, li fornisce. Resta il vantaggio di poter confrontare diversi testi e intervenire su eventuali contraddizioni, nonché, essendo gli ultimi arrivati, di avere a disposizione aggiornamenti e correzioni resi possibili dai vari studi e dai documenti che man mano stanno vedendo la luce. Dunque anche il nostro contributo è soltanto il tassello di un mosaico in via di perenne composizione, il che comporta, tra l’altro, che il lettore sia invitato a compiere una performance particolare, poiché a partire da questo “indice commentato” potrà procedere tanto a ulteriori approfondimenti quanto a tracciare di volta in volta un proprio percorso di riflessione sui molti personaggi e temi che sono presentati in queste pagine. I nomi e i titoli compaiono in diversi capitoli e le informazioni relative sono distribuite secondo un criterio di pertinenza che, si spera, almeno a posteriori dovrebbe risultare chiaro. Uno strumento indispensabile in questo senso è l’indice dei nomi e dei titoli, ricorrendo al quale ognuno potrà ricostuire il profilo di un attore o di una compagnia, la fortuna critica di un testo, l’attività teatrale di una città eccetera.
2Ciò detto, è bene sottolineare che ognuno dei volumi in programma non basterebbe nemmeno a elencare tutte le opere scritte e messe in scena con i relativi cast artistici. Tutti i tentativi enciclopedici sul teatro yiddish sono destinati al fallimento perché è l’idea stessa di enciclopedia a non avere più una ragion d’essere, sia relativamente a fenomeni contemporanei sia riferita a fenomeni storicamente esauriti, come nel nostro caso. L’unificazione di tutte le informazioni disponibili, oltretutto non avendo mai fine, porterebbe a risultati scarsamente agibili. Meglio dunque richiamare costantemente la pluralità delle fonti e degli studi particolari, in costante evoluzione, e procedere nel lavoro di interpretazione che, per quando svolto su base documentaria, è sempre molto personale e affronta domande specifiche.
3Il nostro è dunque un esercizio di collazione, sintesi e aggiornamento, nonché di interpretazione e commento. Già dal titolo si è voluto chiarire che non si pretende di esporre la Storia del teatro yiddish ma ci si dedica all’osservazione delle realizzazioni artistiche intese come conseguenze di questa patologia virale che è la vita, qui declinata in una miriade di bio-grafie. I volumi della serie raccontano una odissea, un epico viaggio nello spazio e nel tempo, odissea fisica dal vecchio al nuovo mondo e odissea culturale di un popolo, nel contesto della quale la breve tradizione teatrale yiddish si è manifestata in una moltitudine di vite che intrecciano tragedia e commedia, farsa e dramma. Sulla scena yiddish le estasi e i tormenti che hanno caratterizzato la Diaspora ebraica tra xix e xx secolo hanno assunto una forma particolare, esaltando la funzione del teatro come produzione di differenza tra la realtà e il desiderio, tra il noto e l’ignoto, tra le intenzioni e le realizzazioni, tra la conoscenza e il mistero, e così via. Vedremo come il teatro yiddish abbia sintetizzato l’istanza gnosica della comprensione con quella patica del sentire in un nuovo e peculiare stile grottesco che ha influenzato in modo decisivo le arti, il teatro e il cinema dei decenni successivi.
4Un’ultima nota per segnalare una dolorosa lacuna, l’assenza di un apparato iconografico, dovuta al costo dei diritti. Sia detto non per finire con un rimpianto ma per rilanciare una speranza.
Diverse persone devono essere qui ricordate.
5La prima doverosa e sentita gratitudine è rivolta naturalmente a tutti gli autori qui citati, che hanno lavorato nei decenni scorsi su una mole imponente di documenti, soprattutto in yiddish, raccogliendo tra l’altro le ultime preziose testimonianze dei protagonisti principali e secondari di quel teatro e facendosene in molti casi editori e biografi. Oltre agli autori occorre pensare alle molte istituzioni, dalle più ricche alle più povere, sempre piattaforme aggregatrici di varie personalità impegnate nella ricostruzione, cura e diffusione della memoria. Tra queste le più importanti per il nostro lavoro sono state The Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, il Museum of Family History, il Jewish Women’s Archive, la Jewish Virtual Library, il Centre for Jewish History, la Jewish Encyclopedia, Yiddishkayt e, last but not least, il Digital Yiddish Theatre Project. Anche Wikipedia è stata d’aiuto, quando tutte le altre fonti non davano risposte su alcune biografie.
6Un ringraziamento personale è dovuto ai collaboratori a questo volume, Veronica Belling, Marida Rizzuti e Luca Valenza, i cui capitoli hanno sopperito a quelle che altrimenti sarebbero state gravi lacune. A essi si è aggiunto Raffaele Esposito, la cui competenza di yiddishista, insieme al suo spirito di amichevole collaborazione, ha permesso di evitare parecchi errori e incoerenze lessicali.
7Un pensiero costante è rivolto ad Ala Perelman, figlia del grande attore Veniamin Zuskin e autrice di un’appassionante biografia del padre la cui traduzione, di Claudia D’Angelo, è prevista in questa serie.
8Un sorridente grazie, infine, a Claudia D’Angelo e Giulia Randone, un tempo mie studentesse, ora studiose in progress che oltre a preparare i rispettivi contributi a questa serie mi affiancano nel lavoro con discrezione ma in modo decisivo.
Si ringraziano sentitamente per la collaborazione ricevuta le seguenti istituzioni: Beit Hatfutsot - The Museum of the Jewish People, Tel Aviv; Bibliothèque Medem - Maison de la culture yiddish, Paris; Yivo - Institute for Jewish Research, New York.
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