Premessa
p. VII-X
Texte intégral
1Il Sessantotto: spesso coacervo di luoghi comuni, oppure terreno di battaglia tra ideologie contrapposte nell’approccio politico, nella ricostruzione memorialistica e storiografica.
2Indubbiamente si tratta di un momento decisivo di incrocio e di snodo tra fasi diverse della storia recente, italiana e internazionale, almeno nell’ambito euroamericano. Sul movimento sociale, politico, e soprattutto culturale chiamato Sessantotto, che, come si evince da questo libro, inizia almeno un dodicennio prima, molto si è scritto; per passione evocativa, in qualche caso per protagonismo, ma anche per cominciare a tracciarne un bilancio; ma altrettanto c’è da scrivere, da studiare, riflettere, mettere a punto.
3È quello che, nella collaborazione tra il team della rivista, Historia Magistra e un gruppo multidisciplinare nato in seno al Dipartimento di Studi storici dell’Università di Torino (il GRID, Gruppo di Ricerca sulle Idee politiche), si è cercato di fare, organizzando nel maggio 2015 (27 e 28), un convegno che reca il medesimo titolo del libro che ne è scaturito: Aspettando il Sessantotto. Continuità e fratture nelle culture politiche italiane dal 1956 al 1968. Nel sottotitolo si evidenziava che l’intento di chi aveva pensato il momento di confronto, era insieme di ricostruzione storica e di discussione storiografica, e del resto, non si può non pensare che fare storia implichi contestualmente una riflessione storiografica, ossia una particolare attenzione sul metodo portato avanti e sui risultati delle ricerche precedenti.
4Il Convegno, organizzato secondo la scansione che viene riproposta in questo volume, ebbe luogo presso la Fondazione Firpo, ed ebbe un insperato successo di pubblico. Sono qui presenti la quasi totalità dei testi1; qualche autore ha modificato, seppur di poco, l’angolazione dell’oggetto dell’indagine. Nell’insieme, rispetto al Convegno, il libro ha il pregio di una rimeditazione più attenta e comprensiva sui temi toccati, cercandosi da parte di tutti gli autori e le autrici di fornire chiavi interpretative nuove, o di fare luce su punti rimasti finora in ombra, o ancora di approfondire ricerche solo abbozzate.
5Il risultato appare soddisfacente, pur con i caratteri propri di un lavoro collettaneo, nel quale emergono le diverse personalità di chi ha contribuito ad esso, con diversa attitudine, con diversi linguaggi, con diversi approcci metodologici. Il Sessantotto qui esaminato, in questa pluralità di voci, necessariamente (e fortunatamente) non sempre consonanti, è principalmente quello italiano, che si è individuato dal 1956, l’“anno spartiacque”, al quale, non a caso, è stato dedicato il successivo Convegno del GRID, ancora con la collaborazione di Historia Magistra2, i cui atti saranno pubblicati in questa stessa collana editoriale. Non mancano, naturalmente i riferimenti alla situazione internazionale, ma solo per accenni, per collocare gli eventi, le idee, i singoli movimenti in ambiti più vasti, ai quali son da connettere, pena il rischio di commettere errori sia nella ricostruzione, sia, soprattutto nella interpretazione e nel giudizio.
6Il percorso del libro parte da un saggio introduttivo di Angelo d’Orsi, principale ideatore del Convegno, che traccia una linea generale di analisi storica, collegando il 1968 in Italia a quello di altre realtà nazionali, ma soprattutto connettendolo all’intero dodicennio precedente, tra ideologie, società, modelli culturali, con le forti influenze esercitate da fattori esterni, tra Stati Uniti, America Latina, Cina e “Terzo Mondo”. Segue un secondo testo a carattere generale, di Pietro Adamo, che è una spigolatura tra eventi, figure, ideologie in un libero percorso in una variegata area che potremmo definire di “cultura del dissenso”, quasi una prefigurazione di un allontanamento dalla politica intesa nel modo tradizionale, che non a caso sarà condannata e boicottata dal movimento giovanile sessantottino.
7Seguono le sezioni volte a “coprire” le quattro principali aree politico-culturali presenti nell’Italia del Secondo dopoguerra, ciascuna introdotta da un saggio di respiro più generale. Avvia l’analisi Nicola Antonetti, che incentra la sua relazione sui cattolici, fornendo un disegno critico tra istituzioni, società, teologia e ideologia; seguono le messe a punto di Maurilio Guasco, sulla luminosa figura di don Primo Mazzolari, di Matteo Trufelli, che volge un lucido sguardo sull’Azione cattolica e sul suo ruolo, di Anna Scattigno, che ricostruisce con vivacità e accuratezza il mondo fiorentino del dissenso cattolico, su cui si innalzerà Don Milani, destinato a diventare una delle più suggestive icone del Sessantotto italiano, al pari, come ricorda infatti Angelo d’Orsi, di quella internazionale di Ernesto Guevara, il “Che”.
8Per il mondo comunista, dopo l’approfondita introduzione generale di Alexander Höbel, Marco Albeltaro si è soffermato sulla dimensione esistenziale dei comunisti, per i quali gli effetti del 1956, del quale io stessa ho parlato, furono particolarmente traumatici; Daniele Stasi ha focalizzato l’attenzione su Pietro Ingrao, autorevole dirigente del PCI recentemente scomparso, di cui pure l’autore mette in evidenza oscillazioni e incoerenze (si ricordi che egli era il direttore de «l’Unità» che approvava l’invasione di Budapest nell’autunno del ’56); il capitolo sui comunisti è concluso da Angelo d’Orsi, che ripercorre la vicenda delle riviste militanti legate al PCI, nelle cui pagine nacquero e si svilupparono i più stimolanti dibattiti del tempo, tra politica e cultura3.
9A seguire, la ricca sezione sulle culture socialiste, con la chiara sintesi iniziale di Tommaso Nencioni, a cui seguono gli approfondimenti di Mariamargherita Scotti, con un suggestivo percorso tra intellettuali, editori e periodici nel loro rapporto complesso e via via più dialettico con il Partito socialista, a cui facevano riferimento intellettuali di grande levatura: tra costoro emerge con particolare rilievo Raniero Panzieri, presentato qui da Marco Scavino; egli fu certamente tra i più dotati intellettualmente: il suo lavoro – sebbene in parte mitizzato – ha generato una progenie di discendenti veri o presunti; segue la figura più squisitamente politica di Riccardo Lombardi, personaggio di grande fascino, di cui si è occupato Luca Bufarale; e quella di Vittorio Foa, una sorta di punto di incontro tra politica e cultura, su cui si è soffermato Andrea Ricciardi. Chiude la sezione il testo di Maurizio Pagano, che incentra la sua analisi su tre figure di intellettuali particolarmente rilevanti per la nostra prospettiva di indagine: Aldo Capitini, Guido Calogero e Norberto Bobbio.
10Chiude il percorso, e il volume, la galassia delle “culture laiche”, definizione provvisoria e discutibile, ma sempre utile, come mostra il saggio introduttivo di Paolo Soddu; a cui seguono le messe a fuoco di Andrea Becherucci su una delle più celebri esperienze sopravvissuta a quella stagione, «Il Ponte» di Calamandrei, di Daniele Pipitone su una rivista anomala come «L’Astrolabio», di Cesare Panizza sull’accoppiata quasi obbligatoria di Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone, con la loro testata «Tempo Presente» e infine Elena Savino, che ritorna su un tema sempre presente nel dibattito, come il settimanale «Il Mondo», di cui fu direttore un altro personaggio in un certo senso entrato nel mito, Mario Pannunzio, uno dei centri di aggregazione del Partito radicale.
11Un insieme, come si comprende, assai ricco, vario, sebbene incompleto, eppure capace di restituirci almeno in parte le sorgenti di quella che credo sia stata una grande rivoluzione culturale: il Sessantotto.
Notes de bas de page
1 Daniela Adorni e Davide Cadeddu hanno svolto rispettivamente le relazioni Danilo Dolci, dal cattolicesimo alla nonviolenza e Comunità e la riforma della società italiana. Mi fa piacere ricordare qui i presidenti di ciascuna sessione, che hanno fornito, nelle giornate del convegno, le loro personali testimonianze, oltre alle loro puntuali osservazioni sui temi affrontati: Francesco Traniello, Aldo Agosti, Gian Mario Bravo, Massimo L. Salvadori.
2 Il 1956. Un bilancio storico e storiografico (29-30 novembre 2016).
3 Non a caso D’Orsi richiama il libro di Norberto Bobbio significativamente intitolato Politica e cultura (Einaudi, 1955).
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