Azioni di coesistenza
p. 418-428
Texte intégral
1Nel 2001, in risposta alla domanda di un intervistatore, Derrida affermò che
(la questione dell’animalità) rappresenta il limite sul quale tutte le altri grandi questioni sono formate e determinate, così come i concetti che delimitano cosa è proprio dell’uomo, l’essenza e il futuro dell’umanità, l’etica, la politica, la legge, i diritti dell’uomo, i crimini contro l’umanità, il genocidio. (Derrida-Roudinescu 2004, 93).
2Avevo 4 anni quando incontrai in una fattoria un giovane pony, che stava per essere macellato, Fulmine (fig. 1). Con mia madre riuscimmo a salvarlo, e lui rimase con me per tutta la sua vita, per 29 anni, finché morì tra le mie braccia. Io penso che questo piccolo episodio abbia cambiato per sempre la mia prospettiva riguardo all’altro, aprendo una serie di quesiti. Non solo riguardo all’animale, ma soprattutto su chi sia per me l’altro. Ho iniziato a investigare i parallelismi e le connessioni esistenti tra diverse forme di oppressione e dominio quali colonialismo, razzismo, sessismo, specismo, capitalismo, violenza sugli ecosistemi e specismo. E la possibilità di coesistenza in una prospettiva più biocentrica e, forse, postumana.
3Per poter trasformare qualcosa è necessario agire, ma l’atto deve essere inaspettato e tangibile allo stesso tempo: una nuova prospettiva si tramuta in un interrogativo sociale e fisico. Una filosofia del corpo richiede essenzialmente una filosofia dell’azione, includendo, e superando, il momento simbolico.
4Art_History rappresenta uno dei progetti cardine della mia ricerca, e, in modo forse anche più radicale, del mio quotidiano.
5Consiste nello scambiare un mio dipinto con un animale che era destinato a essere macellato: cavallo, asino, coniglio, agnello, pollo, maiale, anatra, capra, mucca, oca... a seconda del progetto. Il dipinto ha la medesima altezza o dimensioni dell’animale salvato. È un atto reale che permette di aprire diversi interrogativi: è possibile dare un valore economico a un essere senziente? e a un’opera d’arte? E allo stesso tempo si chiede: può l’arte salvare una vita?
6Oggi siamo piuttosto consapevoli del devastante impatto degli allevamenti animali: dal terribile carico di violenza e dolore che comportano per milioni di esseri senzienti fino al cambiamento climatico, dagli squilibri nella distribuzione delle risorse all’enorme spreco idrico, dalla deforestazione fino all’attuale pandemia che ha coinvolto ciascuna e ciascuno di noi. Eppure le scelte collettive restano per lo più immutate.
7La performance quindi, focalizzandosi di volta in volta su di un individuo specifico, si interroga sui nostri gesti quotidiani, su quanto incidano su ogni vita, e sugli ecosistemi nel loro complesso (figg. 2, 3, 4).
8Da dieci anni questa pratica performativa ha dato forma anche a una modalità partecipativa differente: io e mia sorella Isabella abbiamo infatti coniugato le nostre ricerche e fondato RAVE East Village Artist Residency (fig. 5), metaprogetto che apre il dialogo sul ruolo dell’arte contemporanea nei confronti dell’alterità animale e sulla necessità di ripensarsi in una prospettiva biocentrica e antispecista. A RAVE prendono vita nuove ricerche artistiche e dialoghi multidisciplinari in un borgo dove vivono gli animali salvati dal macello e gli alberi salvati dall’abbattimento. Qui il gesto di cura verso gli animali e gli alberi è quotidiano, e resistere significa coesistere, una coesistenza che si rinnova continuamente nell’agire.
9È un momento esperienziale collettivo che si interfaccia costantemente con il dato reale, in cui la condivisione di spazio e tempo tra animali umani, animali di altre specie, e gli alberi salvati permette di immaginare una prospettiva differente, dove la vita, ogni vita, viene posta al centro.
10Questo fa dello spazio un luogo caratterizzato da un’inedita autenticità dove è possibile interagire senza filtri nella fisicità, e dove gli artisti possono condurre la propria ricerca immersi in questo contesto, caratterizzato anche da un’alimentazione vegana.
11Insieme agli artisti ogni estate vengono invitati curatori, filosofi, attivisti, scienziati e altri studiosi per dare vita a dialoghi e approfondimenti multidisciplinari che possano aprire nuovi quesiti e riflessioni.
12Fare ed essere resistenza significa anche uscire dai limiti dell’utilitarismo e del preconcetto, riconoscere le similitudini e i legami tra le diverse strutture discriminatorie e oppressive, e riuscire a vedere come queste forme agiscono su molteplici livelli, spesso in modo simultaneo e sovrapposto. Significa quindi condividere questa esperienza nel dibattito artistico, e guardare in modo intersezionale e interdisciplinare, agendo poi sul gesto quotidiano verso un altro mondo immaginabile rispetto a quello dominante nella nostra contemporaneità.
13Si tratta di un’esperienza collettiva e condivisa, che si interroga sui margini di un’utopia possibile (fig. 5).
14Nel 2018 ero stata invitata a partecipare a Manifesta a Palermo, nell’ambito di Border Crossing, con una performance all’interno della mostra e residenza Memoria Collettiva. Casa Spazio ospita Casa Sponge, a cura di Lorenzo Calamia e Serena Ribaudo, nel cuore della Vucciria.
15Il nome del quartiere Vucciria deriva dal francese boucherie, macelleria. Per secoli questa zona ha costituito il mercato centrale, il centro palermitano per eccellenza di vendita di carne e pesce. Famoso è il detto: quannu s’asciucanu i balati ‘ra Vucciria, espressione usata per indicare un fatto impossibile, come pensare che un giorno le lastre di marmo (balati, dall’arabo balat) della Vucciria, cariche di pesce e perennemente bagnate dal ghiaccio tritato, avrebbero mai potuto essere asciutte.
16Ma in tempi recenti questo ruolo si è piano piano affievolito, e le bancarelle di carne e pesce si sono negli anni diradate.
17Di pari passo centinaia di specie di pesci si stanno avvicinando all’estinzione a causa principalmente della pesca, ma anche della plastica nei mari, e di molteplici altri fattori totalmente imputabili a un’unica specie: l’uomo.
18Fino a pochi anni fa molti animali venivano tenuti in centro città a Palermo, attorno e dentro alla Vucciria, in attesa del loro destino. Tantissimi occhi ‘altri’ si aprivano dall’interno del cuore di uno dei quartieri più celebri in tutto il mondo. Spesso al buio, in spazi troppo umani, in una continuità di vissuti tra specie differenti, inclusa un’umanità complessa che sviluppava, come sviluppa, molti dei suoi aspetti sociali proprio su questi stessi balati, e in queste strette strade e piazze.
19L’azione, con mia grande sorpresa, è stata accolta non solo dal pescivendolo, ma dall’intero quartiere, e si è ripetuta per quattro albe.
20Ogni mattina di più, la performance andava costruendo una contronarrazione, una sorta di ‘favola del quartiere’, dove un’artista riportava al mare dei pesci che dovevano essere morti, e invece continuavano a vivere.
21Quando salvo degli animali dai mattatoi poi me ne devo prendere cura, fino al loro recupero. Soprattutto se provengono da allevamenti intensivi, le loro condizioni fisiche sono di solito piuttosto critiche: parassiti interni ed esterni, batteri, virus, debilitazione, debolezza ossea e muscolare... Quindi il tempo della cura diviene piuttosto lungo. Successivamente poi, a recupero ultimato, si cerca un’adozione consapevole. Se questa non viene individuata, l’animale resta con me.
22In ogni caso, sia che si tratti di animali che rimangono con me sia che trovino adozione, non potranno mai essere reinseriti in natura, dal momento che l’uomo ha antropizzato ogni luogo. E le loro specie hanno subito modifiche tali da rendere le loro stesse vite intrecciata con quella umana, in una squilibrata coevoluzione: l’uomo ha affinato le proprie tecniche di dominio, e gli animali non umani hanno sofferto la volontà del dominatore, come strumenti nelle mani di chi ha persino modificato loro i connotati.
23Ma questi animali, invece, erano appena stati pescati, sottratti violentemente dal loro mondo.
24È stata la prima volta, quindi, nella quale ho potuto restituire la libertà agli animali che salvavo, proprio perché il loro habitat esiste, nonostante tutto, ancora (figg. 6, 7).
25Credo che mai come negli ultimi due anni siamo stati vicini, come specie, a comprendere il significato di habitat e, in opposizione, di prigionia. Ci siamo visti rinchiusi nelle nostre tane, mentre fuori la primavera del 2020 raccontava di tante vite che riprendevano spazi che l’uomo aveva sottratto senza diritto.
26Quando mi recavo a RAVE a occuparmi degli animali e delle piante, sulle strade deserte gli unici incontri che facevo quotidianamente erano con i caprioli, le lepri, le volpi, i falchi e i cervi. Ogni giorno dovevo guidare più piano, perché man mano che il tempo passava prendevano coraggio, credendo che la nostra contrazione sarebbe rimasta tale. E ricordo di aver pensato a quanto sarebbe stato doloroso per loro ricredersi sulla nostra arrogante presenza, in ogni dove.
27E mentre fuori sbocciava la vita, i monitor ci rimandavano le immagini dei wet market, e il mondo si scagliava contro barbarie lontane, senza guardare alle barbarie nelle nostre città, nei mattatoi e negli allevamenti intensivi così attentamente sottratti alla vista.
28Spesso si è paragonato il covid19 alla Spagnola della prima guerra mondiale, senza citare però che la Spagnola era un’influenza aviaria, derivante da un salto di specie. Allo stesso modo molti altri virus (ebola, sars, nipah, etc.) sono zoonosi connesse sia al commercio di selvatici che agli allevamenti intensivi (pensiamo anche all’influenza suina, o alla BSE, ovvero morbo della mucca pazza, all’aviaria, etc.) e alla distruzione degli habitat, deforestati per far spazio a coltivazioni destinate ai mangimi per i nostri allevamenti, fenomeno che ha spinto i selvatici rimasti ad approssimarsi agli insediamenti antropizzati. Poi, come è stato recentemente dimostrato, gli allevamenti intensivi con le loro cariche batteriche hanno costituito terreno fertile per la trasmissibilità del virus, soprattutto laddove sono più diffusi. Ancora una volta il dolore si lega ad altro dolore, il mangiare l’altro si chiude a cerchio su di noi, in un eterno ritorno. Nelle radici del virus, nel possibile spillover da un wet market, o da un laboratorio di vivisezione, risiede lo scarto da superare, la necessità di un immaginario di riferimento diverso.
29Il dipinto Pipistrelli bruciati per prevenire il diffondersi di nuove pandemie, Indonesia marzo 2020 è stato realizzato in dialogo con il Modello della cancellata per le Fosse Ardeatine di Mirko Basaldella, nell’ambito della mostra Contrappunto, al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Casa Cavazzini di Udine (figg. 8, 9).
30Il dipinto riprende nelle forme e nei contenuti l’opera scultorea: l’astrazione di questa cancellata, in tutta la sua drammaticità, rende l’episodio stesso un concetto non solo calato nel dato storico, ma ampliato a ogni eccidio, a ogni strage.
31La necessità di immaginare dinamiche nuove, che scardinino l’alterigia della posizione antropocentrica (che ci ha condotti fin dove ci troviamo adesso), razzista, specista, sessista, coincide con la necessità di nuove narrazioni e, in una certa misura, con la responsabilità dell’arte stessa verso gli immaginari che saprà offrire in questo momento tanto delicato, nel quale ci siamo scoperti improvvisamente fragili, e indissolubilmente interdipendenti con tutto ciò che vive. Incapaci di vedere al di là del nostro respiro, ci ossigeniamo attraverso filtri, per non aver compreso il soffio dell’altro, il suo desiderio come il nostro: l’alito inascoltato di una pluralità interconnessa, sopra e sotto la terra, e in ogni dove. E guardiamo ai nostri figli e figlie, della nostra e di ciascuna specie, ai nascituri di domani e a ogni vivente sulla terra, con la vertigine di chi non sa, e non sa cosa volere.
32Quando sarebbe così semplice, invece, «alzare la testa dalle schermaglie quotidiane e guardare più in alto e più lontano» (Bobbio 1994), dove gli occhi si moltiplicano, dove cadono frantumate le barriere tra l’io e il noi, in un luogo e in un tempo ancora da immaginare (fig. 10).
Bibliographie
Bobbio N. 1994, Destra e Sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli, Roma
Derrida J., Roudinesco É. 2004, Quale domani?, trad. it. G. Brivio, Bollati Boringhieri, Torino
Sitografia
Auteur
È un’artista visiva. PhD in letterature comparate, lavora con differenti media sulla questione animale e sui parallelismi tra le diverse forme di dominio.Co-ideatrice del metaprogetto RAVE East Village Artist Residency ha collaborato con filosofi, poeti e storici dell’arte in differenti pubblicazioni. Sue opere e perfomance sono state presentate in numerosi musei ed istituzioni. Tra questi: Biennale dell’Arcipelago Mediterraneo Palermo; Ludwig Museum Budapest; Arkad / MANIFESTA13 Marsiglia; Museo Casa Cavazzini Udine; PAC Milano; Museo MAXXI Roma; Museo Nazionale di Storia Naturale Sofia (BG); EDRA50 Brooklyn NYU; Biennale di Architettura e Urbanistica Seoul; Musée de la Chasse et de la Nature Parigi; PAV Torino; Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea; Prix-Pictet Palais de Tokyo Parigi; 53 Biennale di Venezia e.c.; Project Room Museo MADRE Napoli.
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