«Prima non c’è nulla poi all’improvviso». Omaggio a Nanni Balestrini
p. 127-137
Texte intégral
1È per me un grande onore e una grande emozione rendere omaggio in questa sede a Nanni Balestrini. Un grande onore e una grande emozione perché, in realtà, Nanni era stato invitato a partecipare a questo convegno1. Instancabile come sempre, anche se già in non ottime condizioni di salute, il 2 aprile del 2019 mi scriveva: «per il convegno di Parigi potrò esserti preciso soltanto dopo l’estate».
2Che tristissima sorpresa dunque l’annuncio della sua morte il mese successivo, il 19 maggio, del tutto inaspettata malgrado quelli che retrospettivamente mi sono apparsi come indizi da lui stesso seminati: nell’aprile dello stesso anno mi aveva inviato l’inventario di parte del suo archivio e ancora prima, nel giugno 2018, avevo ricevuto da lui un testo poetico intitolato L’esplosione, accompagnato soltanto da queste poche parole: «mio ultimo poemetto». È questo in effetti il suo ultimo testo pubblicato in vita, una riflessione su quel che è stato il Sessantotto e sulla sua eredità oggi, e di cui è essenziale rileggere l’incipit per richiamare le innumerevoli voci che Balestrini ci ha dato modo di ascoltare:
1.
prima non c’era nulla e poi all’improvviso
era tutto proibito sclerotizzato corporativo
poi all’improvviso arriva qualcosa
abbiamo letto tutto quello che c’era da leggere
altri s’affacciano con profili sottili
alzò la testa e vide quello che nessuno aveva più visto
il terremoto culturale il cui epicentro fu
[l’anno ’68
l’ambiente psico-culturale nel quale i ragazzi
[s’incontravano
nelle strade a fare qualcosa che non era mai
[accaduto prima2
[…]
3Tuttavia, come ben sanno gli studiosi di Balestrini, Nanni non ha mai smesso di “farne un’altra”3, tant’è che quel suo ultimo poemetto è stato in realtà il penultimo4. E ne ha fatte talmente tante che non è affatto semplice sapere da dove cominciare. Perché, come recitano alcuni suoi titoli, grazie alla sua estrema generosità Ce n’è per tutti 5, c’è sempre Qualcosapertutti (2010): poeta, narratore, artista visivo, militante politico, operatore culturale, Balestrini è stato figura centrale della cultura italiana degli ultimi sessant’anni, incarnando il ruolo del creatore pionieristico in molteplici campi, costantemente all’origine di nuove opere e progetti tra editoria e comunicazione, arte, politica e società, immagini e video, poesia, narrativa, musica e teatro.
4All’accanito tagliuzzatore e ricombinatore di parole e immagini, maestro del collage, del cut-up e fold-in che è stato, al poeta e romanziere combinatorio che, come lui stesso diceva, non ha mai scritto nulla di suo pugno perché riutilizzava le parole altrui, al lettore e amico di Deleuze e Guattari, non dispiacerà forse il disordine organizzato che ho scelto per questo omaggio. È un avanzare rizomatico, che rifiuta la linearità cronologica nel tentativo di far emergere in che modo la sua scrittura, per riprendere alcune espressioni da lui usate in uno dei rari testi programmatici che ha scritto a commento della sua poetica, Linguaggio e Opposizione, «in un’epoca tanto inedita, imprevedibile e contradditoria», sia stata più che mai «vigile e profonda, dimessa e in movimento»6. Una scrittura che non ha tentato «di imprigionare ma di seguire le cose», evitando di «fossilizzarsi nei dogmi», una scrittura «aperta a una pluralità di significati e aliena dalle conclusioni: per rivelare mediante un’estrema aderenza l’inafferrabile e il mutevole che ci circonda e che viviamo, per contribuire a scongiurare l’atrofia dello spirito che ci assedia instancabile col suo tentativo di separarci dall’umano»7.
5In questa sede non si può non ricordare Vogliamo tutto (1971), il libro-manifesto delle lotte operaie, emblema dell’Autunno caldo. Audace sperimentazione letteraria, pamphlet politico, manuale di sociologia e testimonianza storica, ancora oggi Vogliamo tutto appare come un testo imprescindibile per chiunque voglia comprendere quella straordinaria stagione di ricerche e rivolte che sono stati gli anni Sessanta e Settanta, e rendersi conto di quale inedito strumento teorico sia stato il “rifiuto del lavoro” nato in seno all’operaismo. Ponendo al centro della genesi del romanzo l’emergenza della nuova parola collettiva simboleggiata dallo slogan «vogliamo tutto», che gli operai della Fiat lanciavano come grido di rivolta durante la celebre manifestazione in corso Traiano a Torino, Balestrini riesce a impersonare lo spirito e il linguaggio delle nuove lotte politiche emerse con il Sessantotto e che trovano la loro massima espressione nell’unione fra studenti e operai del secondo “biennio rosso”. All’epoca molto venne scritto sulla svolta rappresentata da questo romanzo. L’autore più radicalmente formalista della Neo-avanguardia proprio colui che agli albori degli anni Sessanta – con la pubblicazione di Tape Mark I (1961), la prima poesia mai realizzata da un calcolatore elettronico, e con il non-romanzo Tristano (1966) composto da rimasugli di romanzi d’appendice – si era accanito contro la figura dell’autore e ogni possibilità di narrazione, sembrava cedere alla tentazione di un ritorno al realismo apparentemente più ingenuo. Poeta “novissimo”, nelle sue prime raccolte poetiche, Il sasso appeso (1961) o Come si agisce (1963) fino a Ma noi facciamone un’altra (1968), Nanni Balestrini si era infatti scagliato ironicamente contro una qualsiasi dimensione referenziale del testo che la sua furia dissacratoria riduceva a puro materiale verbale, smembrato, frantumato, nella volontà di demolire il codice della comunicazione.
6Con Vogliamo tutto, attraverso la rielaborazione e il montaggio del racconto registrato al magnetofono dell’operaio-massa salernitano Alfonso Natella e attraverso il collage sperimentale di documenti prelevati nella realtà delle lotte – volantini, assemblee di operai e studenti – Balestrini orientava la sua pratica scrittoria nel senso della ricerca di una parola sperimentale innervata direttamente nell’esperienza politica rivoluzionaria, nel tentativo di produrre una letteratura «fatta dalle masse e per le masse»8. Ascoltiamo una delle voci del romanzo, dal capitolo 9 intitolato l’Assemblea, che non ha perso di attualità:
E allora diciamo che è ora di finirla con questi porci che tutta questa enorme ricchezza che noi produciamo qua e nel mondo poi oltre tutto non sanno che sprecarla e distruggerla. La sprecano per costruire migliaia di bombe atomiche o per andare sulla luna. Distruggono perfino la frutta tonnellate di pesche e di pere perché ce ne sono troppe e allora hanno poco valore. Perché tutto deve avere un prezzo per loro tutto deve avere un valore che è l’unica cosa che a loro interessa non i prodotti che senza valore per loro non possono esistere. Per loro non possono servire alla gente che non ne ha da mangiare. Con tutta questa ricchezza che c’è la gente invece potrebbe non più morire di fame potrebbe non più lavorare. Allora prendiamoci noi tutta questa ricchezza allora prendiamoci tutto9.
7E se l’operazione è straordinariamente riuscita, sia dal punto di vista politico che letterario, è certamente perché Balestrini produce una «scrittura militante, un intransigente messaggio di rivolta e opposizione, senza mai perdere i connotati di scrittura-scrittura»10. Grazie al montaggio e alla rielaborazione di documenti reali riesce a costruire un congegno poetico che renda «l’effetto di parlato»11 (come Barthes parlava di effet de réel), tutto concentrato sul ritmo: ritmo del linguaggio, ritmo delle lotte. In questo senso egli è certamente uno dei rari scrittori che è riuscito a far convergere coerentemente la critica del linguaggio come riflesso dell’ideologia, critica che si era espressa in seno alla Neoavanguardia, con la radicalità delle rivendicazioni sociali e politiche di cui il “maggio francese” era stato il detonatore.
8Come non ricordare, perlappunto, anche il militante politico, il compagno, che proprio dopo il Sessantotto sceglie la via dell’impegno diretto partecipando alla nascita del gruppo extraparlamentare Potere Operaio, a cui i natali furono dati proprio nell’allora casa romana di Balestrini, in via dei Banchi Vecchi. Utilizzando parte del materiale di «Quindici», di cui aveva diretto gli ultimi numeri, nella primavera del 1970, egli dà vita, con l’appoggio di Giangiacomo Feltrinelli, a una nuova rivista intitolata «Compagni,» per offrire al movimento spazio e visibilità mediatica. E se ne escono solo due numeri è perché nel frattempo egli collabora sempre più attivamente alla nuova rivista «Potere Operaio». È in effetti tramite Nanni Balestrini che Oreste Scalzone incontra il giovane Giovanni Anceschi, figlio di Luciano Anceschi, che realizza la grafica della rivista ed è ancora Balestrini che convince Feltrinelli a comperare cinquemila copie della rivista per distribuirle nelle sue librerie. Del resto, la sua partecipazione alla rivista «Potere Operaio» prende all’epoca delle forme anche molto concrete, come precisava egli stesso rievocando quel periodo:
Ricordo che con una vecchia Citroen DS andavo all’aeroporto a prendere Giairo Daghini e Oreste Scalzone che arrivavano all’ultimo momento con gli articoli del giornale. Ci precipitavamo in tipografia per far comporre i tasti col piombo delle linotypes, correggere le bozze e impaginare. Ci mettevamo due giorni12.
9Nel corso della lunga stagione dei movimenti sarà poi vicino all’area dell’Autonomia operaia e sociale, prima di diventare lui stesso un bersaglio del tristemente noto 7 aprile 1979 e di essere costretto, per evitare il carcere, a fuggire in Francia, attraversando con gli sci il monte Bianco, come evoca il suo magnifico poemetto Blackout (1980). Sul suolo francese, fra Parigi e la Provenza, Balestrini resterà cinque anni, fino alla sua assoluzione nel 1984. Per dirla con Franco Berardi Bifo, amico e compagno di una vita, Balestrini è stato un intellettuale «interno al movimento» non solo in quanto ha partecipato alla sua vita associativa, sociale, in piazza, in assemblea, «Nanni è stato un intellettuale interno al movimento in quanto ha iscritto il proprio discorso all’interno della pratica di emergenza del soggetto, nel desiderio di far sì che, attraverso la scrittura, il soggetto rivoluzionario si renda conto della propria consistenza sociale e la esprima linguisticamente»13.
10Da questo punto di vista, a partire dagli anni Settanta, la scrittura balestriniana, e si pensi a titoli come Vivere a Milano (1975), La Violenza illustrata (1976), Le ballate della signorina Richmond (1977) o il già citato Blackout, si orienta secondo due principali prospettive che non saranno, mi sembra, mai abbandonate. Da un lato continua a esplicare un’azione ironica e corrosiva rivolta a smascherare la violenza simbolica del linguaggio, della doxa, in un rapporto quanto mai provocatorio con “l’ignaro e pacifico lettore”, che Balestrini ama stuzzicare con lo scopo di stanarlo e impedirgli ogni passività. In tale affermazione libertaria di distruzione e riconfigurazione dei linguaggi si esprime del resto pienamente la democraticità del suo fare poetico, il suo proporre al lettore un “fai-da-te”, un “come si agisce” che vale potenzialmente sia per quanto riguarda il linguaggio che per le strutture coercitive della nostra società. E a tale riguardo, vale la pena leggere e rileggere le prime due strofe del celebre e spassoso Prologo epico de Il pubblico della poesia (1992):
Eccomi qua ancora una volta
Seduto di fronte al pubblico della poesia
Che seduto di fronte a me benevolmente
Mi guarda e si aspetta la poesia
Come sempre io non ho niente da dirgli
Come sempre il pubblico della poesia lo sa benissimo
Certamente non si aspetta da me un poema epico
Visto anche che non ha fatto niente per ispirarmelo14
11Dall’altro lato, e malgrado le sconfessioni di cui sopra, la scrittura balestriniana, in particolare quella narrativa, si colora sempre più di una chiara e forte tinta epica, che si nutre al contempo di oralità e coralità, dando voce alle istanze collettive di trasformazione o di resistenza politica. Sono le voci dell’epoca gloriosa dell’autonomia sociale, come ne Gli Invisibili (1987), per salvare dall’oblio un’esperienza ricca e dolorosa che è stata violentemente repressa, e poi cancellata, rimossa dalla coscienza collettiva; sono le voci che sorgono dai luoghi in cui si esprimono le forme di rivolta contemporanee, come quelle degli ultras milanesi degli anni Ottanta ne I Furiosi (1994); sono le voci di una coraggiosa società civile che tenta, come in Sandokan (2004) di opporsi alla camorra e quelle del “popolo della sinistra”, la resistenza spontanea e le risorte speranze all’inizio e alla fine dell’oscura èra berlusconiana, di Una mattina ci siam svegliati (1994) e Liberamilano (2011). Facendosi portatrice di una parola oppositiva attraverso composizioni corali e polifoniche, la scrittura di Balestrini assolve a un’evidente funzione mitopoietica, affonda le proprie radici nei conflitti sociali della nostra contemporaneità con lo scopo di una riattivazione del corpo collettivo.
12E si capisce come, dietro il furore combinatorio, dietro la sua tecnica compositiva per eccellenza, il collage, vi sia la costante volontà di creare legami, tessere rapporti fra le cose, le persone e le voci, di mettere in moto combinazioni macchiniche, attivare “macchine da guerra” verbali e sociali: «Per me il montaggio è la resurrezione» recitano dei versi tratti dalla mirabile raccolta Caosmogonia (2010), «non c’è un’immagine ci sono solo rapporti tra / il montaggio vuol dire vedere la vita»15.
13Per questa ragione vorrei, per concludere, rendere omaggio oggi al ruolo di guida che Balestrini ha assunto nel corso della seconda metà del Novecento e nei primi due decenni del Ventunesimo secolo, in un dialogo sempre aperto e generoso con le nuove generazioni di intellettuali, artisti, poeti e romanzieri. In effetti, il nome di Balestrini è molto spesso all’origine delle principali iniziative che mirano a elaborare, sulla scena italiana e internazionale, un discorso critico e innovativo del fare arte e letteratura. Basta pensare, ad esempio, fra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, alla sua collaborazione con «il Verri» e con «Quindici» o, nel settantasette, al progetto editoriale l’Ar&a, un consorzio di piccole case editrici militanti, più specificatamente letterarie o “di movimento” (fra cui la Cooperativa Scrittori di Elio Pagliarani, le Edizioni delle donne, Multhipla del collezionista d’arte Gino Di Maggio, L’Erba voglio dello psicanalista Fachinelli…); una cooperativa che offriva, mettendoli in comune, i servizi base editoriali (redazione, grafica, promozione, distribuzione)16.
14Per non parlare del suo ruolo nella fondazione della prima serie di «Alfabeta», rivista nella quale aveva coinvolto fra i più importanti intellettuali dell’epoca, da Maria Corti ad Antonio Porta, da Umberto Eco a Pier Aldo Rovatti, e di cui non poté vedere pubblicato il primo numero, a causa dell’istruttoria del 7 aprile 1979. Ma anche nel corso dell’esilio francese Balestrini non ha smesso di essere culturalmente e politicamente attivo, stringendo legami con protagonisti della filosofia – da Félix Guattari a Gilles Deleuze, con cui mette in piedi la rivista «Change International», a Jean-François Lyotard, che lo invita a partecipare alla mostra Les immatériaux a Beaubourg17 – e della poesia, come Jean-Jacques Viton e Liliane Giraudon.
15E una volta ritornato in Italia, lo si trova ancora in prima linea, ma sempre con il suo fare discreto, ovunque si tentino forme coraggiose e sperimentali di letteratura civile e di confronto con il presente, sia come creatore di riviste che ideatore di eventi culturali. Si possono ad esempio ricordare i festival MilanoPoesia con Gianni Sassi (dal 1983 al 1992), la creazione di RicercaRe. Laboratorio di nuove scritture (dal 1993 al 2004) con Renato Barilli, poi rinato nel 2007 come RicercaBo, il Premio di poesia Antonio Delfini (prima edizione 2001 a Modena) fino alla recente manifestazione Generazione Y – Poesia italiana ultima nel dicembre del 2014 al MAXXI di Roma. Fino al suo ruolo centrale nella nascita di «Alfabeta2», che ha poi deciso di congedarsi dal pubblico, con grande rammarico dei suoi lettori, poco dopo la sua scomparsa.
16Come ho osservato in altra sede18, è stupefacente quanto Nanni Balestrini abbia contato nella formazione e nella crescita di generazioni di scrittori, artisti e intellettuali italiani, dagli scrittori del gruppo ’93, per esempio, fino alla costellazione dei poeti detti “di ricerca”19. Nella sua etica contestataria, nella costante tensione dialettica che ha istituito fra realtà e creazione, nel suo contagioso attivismo, risiede il principale insegnamento del suo “come si agisce”. Ci auguriamo quindi che l’explicit de L’esplosione possa valere anche per l’epoca a venire:
nel deserto ghiacciato dell’anima contemporanea senza futuro
non possiamo più desiderare l’avventura dato che l’avventura
simulata ha saturato l’attenzione e l’immaginazione
l’importante è sentire di esistere
poi all’improvviso arriva qualcosa
prima non c’è nulla poi all’improvviso20
Bibliographie
Annovi, Gian Maria (2018), Prove di scrittura: Balestrini, Lyotard e la scrittura elettronica (1961-1985), in La ricerca infinita di Nanni Balestrini, il verri, n. 66, pp. 50-64.
Balestrini, Nanni (1961), Linguaggio e opposizione, in A. Giuliani (a cura di), I Novissimi. Poesie per gli anni ’60, Rusconi e Paolazzi, Milano.
Balestrini, Nanni (1961), Il sasso appeso, Scheiwiller, Milano.
Balestrini, Nanni (1961), Tape Mark I, Almanacco Bompiani.
Balestrini, Nanni (1963), Come si agisce, Feltrinelli, Milano.
Balestrini, Nanni (1966), Tristano, Feltrinelli, Milano.
Balestrini, Nanni (1968), Ma noi facciamone un’altra, Feltrinelli, Milano.
Balestrini, Nanni (1969), La rivoluzione dei pifferi, in «Quindici», n.17, maggio 1969.
Balestrini, Nanni (1971), Vogliamo tutto, Feltrinelli, Milano.
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Balestrini, Nanni (1976), La Violenza illustrata, Einaudi, Torino.
Balestrini, Nanni (1977), Le ballate della signorina Richmond, Edizioni della Cooperativa scrittori, Milano.
Balestrini, Nanni (1980), Blackout, Feltrinelli, Milano.
Balestrini, Nanni (1987), Gli invisibili, Bompiani, Milano.
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Balestrini, Nanni (1999), Le avventure complete della signorina Richmond, Testo&Immagine, Torino.
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Tosatti, Ada (2019), Poesia e contestazione dalla neo-avanguardia alle scritture di ricerca: il filo rosso balestriniano, in S. Contarini - C. Milanesi (a cura di), Controculture italiane, Franco Cesati Editore, Firenze, pp. 45-53.
Campo, Rossana (a cura di) (2006), Abecedario di Edoardo Sanguineti, regia di Uliano Paolozzi Balestrini, DeriveApprodi, Roma.
Notes de bas de page
1 Colloque international 1969-2019: 50 ans d’Autunno caldo entre historiographie, héritage et témoignage organisé du 15 au 18 octobre 2019 par Christophe Mileschi, Elisa Santalena, Marie Thirion, Université Grenoble Alpes e Université Paris Nanterre.
2 N. Balestrini, L’esplosione, Edizioni del Verri, Milano 2019, p. 5.
3 Se c’è un titolo che ci parla di Nanni Balestrini e della sua inarrestabile energia è giustamente quello della sua seconda raccolta poetica, Ma noi facciamone un’altra, pubblicata perlappunto nel 1968.
4 Come ricorda Andrea Cortellessa, «all’Esplosione ha fatto seguito allora un nuovo poemetto, Le radiazioni del corpo nero, datato “17 agosto-11 novembre 2018”», pubblicato postumo su «Alfabeta2» il 20 maggio 2019, giorno successivo alla sua morte; Cortellessa, Nanni Balestrini, o del passare bruciando, in http://www.doppiozero.com/, 20 maggio 2019.
5 Ce n’è per tutti è il titolo della serie di collage, del 2017, che chiude il terzo volume della sua opera poetica completa per DeriveApprodi, Caosmogonia e altro (2018). I due precedenti volumi sono Come si agisce e altri procedimenti (2015) e Le avventure della signorina Richmond e Blackout (2016).
6 N. Balestrini, Linguaggio e opposizione, in A. Giuliani (a cura di), I Novissimi. Poesie per gli anni ’60, Einaudi, Torino 1965 [1961], pp. 197-198.
7 Ibid.
8 «Fatta dalle masse e per le masse una nuova arte rivoluzionaria, a differenza del realismo stalinista, può nascere solo da un salto rivoluzionario, cioè dal rifiuto, dalla rottura con la cultura di classe e repressiva della borghesia. Non si tratta perciò di “accantonare l’esteticità”, come insinua Barilli, si tratta di accantonare l’esteticità borghese; e di operare politicamente per la nuova cultura rivoluzionaria», N. Balestrini, La rivoluzione dei pifferi, in «Quindici», n. 17, maggio 1969.
9 N. Balestrini, Vogliamo tutto, DeriveApprodi, Roma 2004 [1971], pp. 143-144.
10 P. Echaurren, C. Salaris, Controcultura in Italia 1967-1977. Viaggio nell’underground, Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 121.
11 Riprendo l’espressione «effetto di parlato» a Edoardo Sanguineti che l’utilizza in particolare nel capitolo «Oralità (nella scrittura)» in una serie di interviste realizzate da Rossana Campo (Abecedario di Edoardo Sanguineti, regia di Uliano Paolozzi Balestrini, Derive Approdi, Roma 2006).
12 N. Balestrini, Editoria e movimento. Da «Quindici» a L’orda d’oro, in S. Bianchi, L. Caminiti (a cura di), Gli autonomi. Le storie, le lotte, le teorie, Vol. III, DeriveApprodi, Roma 2008, p. 72.
13 Intervista con Franco Berardi Bifo del 24 settembre 2007.
14 N. Balestrini, Antologica. Poesie 1958-2010 (a cura di Ada Tosatti), Mondadori, Milano 2013, p. 107.
15 N. Balestrini, Caosmogonia e altro, DeriveApprodi, Roma 2018, p. 293.
16 «Era stata creata una società tra me, il giovane Luigi Durso che aveva procurato il finanziamento iniziale, e Gianni Sassi, personaggio dell’underground milanese, proprietario della casa discografica Cramps per cui incidevano gli Area, che ne hanno suggerito il nome. Alcune sigle editoriali coinvolte preesistevano, come la Cooperativa Scrittori, le Edizioni delle donne e Multhipla di Gino Di Maggio, grande collezionista d’arte. Altre sono nate come emanazioni di riviste: L’Erba voglio di Elvio Fachinelli, le Edizioni Aut aut di Pier Aldo Rovatti. Lavoro liberato di Francesco Leonetti era legata ai gruppi marxisti-leninisti, I libri del No di Dario Paccino ai Comitati autonomi operai di via dei Volsci, mentre Librirossi di Aldo Bonomi all’area dell’autonomia milanese. Più anomale le edizioni di Squilibri condotte da Dario Fiori detto Varechina che proponeva pamphlet provocatori come Un risotto vi seppellirà, materiali di lotta dei circoli proletari giovanili di Milano, e Profondo rosso dedicate al thriller e inaugurate con i Racconti sanguinari curati da Dario Argento. Si producevano 7-8 titoli al mese, quanto un buon editore medio. […]», N. Balestrini, Editoria e movimento. Da «Quindici» a L’orda d’oro, art. cit., pp. 73-74.
17 G. M. Annovi, Prove di scrittura: Balestrini, Lyotard e la scrittura elettronica (1961-1985), in La ricerca infinita di Nanni Balestrini, «il verri», 2018, n. 66, pp. 50-64.
18 A. Tosatti, Poesia e contestazione dalla neo-avanguardia alle scritture di ricerca: il filo rosso balestriniano, in S. Contarini, C. Milanesi (a cura di), Controculture italiane, Franco Cesati Editore, Firenze 2019, pp. 45-53.
19 La posterità balestriniana è un vasto campo di ricerche che merita d’essere presto dissodato.
20 N. Balestrini, L’esplosione cit., p. 37.
Auteur
È professore associato di Lingua, letteratura e civiltà italiana all’Università Sorbonne Nouvelle-Paris 3. Ha pubblicato studi su vari autori del XX e XXI secolo, tra cui Balestrini, Cucchi, d’Eramo, Villa, Vittorini. Ha prefato Antologica. Poesie 1958-2010 di Balestrini (Mondadori, 2013). Fra i volumi da lei codiretti: L’Italie vue d’ici: la traduction-migration (con Jean-Charles Vegliante), L’Harmattan, 2012; Forme moderne della narrazione: parole, immagini, serialità (con Giorgia Bongiorno), «Quaderni del Novecento», 2014; Nuovi realismi: il caso italiano. Definizioni, questioni, prospettive (con Maria Pia De Paulis e Silvia Contarini), Transeuropa, 2016: Luce d’Eramo. Un’opera plurale crocevia dei saperi (con Maria Pia De Paulis e Corinne Lucas Fiorato) Sapienza Università Editrice, 2019. Traduce poesia e narrativa dall’italiano e dal francese. Ha partecipato alla traduzione collettiva delle canzoni di Giacomo Leopardi, Chansons (a cura di Jean-Charles Vegliante), Lavoir Saint-Martin, 2014 e al blog www.uneautrepoesieitalienne.blogspot.com
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